GSA Igiene Urbana 01-19

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SCENARI

ECO IMPRESA

D.lgs. 231/2001: il modello dell’eco-impresa organizzata tra obblighi e opportunità (Seconda Parte) di Antonio Di Cristofaro

Continua la disamina degli scenari aperti dal d.lgs 231/01: una svolta in direzione di nuovi modelli di responsabilità. 48 igiene urbana igiene urbana gennaio-marzo 2019

Nell’intero panorama normativo italiano, l’entrata in vigore del d.lgs. n. 231 del 2001 ha dunque rappresentato, senza alcun dubbio, uno degli eventi più rilevanti e più significativi degli ultimi decenni.

Un punto di svolta Si può dire che abbia segnato una svolta, un punto di non ritorno. Da allora in avanti, i soggetti metaindividuali (con o senza personalità giuridica) sono divenuti coprotagonisti della vicenda punitiva e destinatari immediati di risposte sanzionatorie a contenuto afflittivo, orientate alla prevenzione di reati e dunque strumentali alla tutela di interessi penalmente rilevanti.

Un modello (in parte) d’importazione Il modello di responsabilità messo a punto è come abbiamo accennato, almeno in parte, un modello di importazione. La sua “radice culturale” più caratteristica è rappresentata senza dubbio da quella colpevolezza di organizzazione di cui già aveva parlato Tiedemann intorno alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso. La responsabilità delle società è una responsabilità diretta, autonoma ed eventualmente concorrente con quella dell’autore (o degli autori) del fatto rilevato. Potrebbe dirsi inoltre, al contempo, personale e intrasmissibile, stante la regola posta dall’art. 27 d.lgs. 231, ai sensi

del quale dell’obbligazione per il pagamento della sanzione pecuniaria risponde soltanto l’Ente con il suo patrimonio o con il fondo comune.

La ratio legis La norma, evidentemente, è stata dettata dalla condivisibile preoccupazione di evitare che di tale obbligazione “possano essere chiamati a rispondere anche i singoli soci o associati”, secondo la disciplina valevole in rapporto alle altre obbligazioni dell’Ente (si pensi, tipicamente, ai soci illimitatamente responsabili di società personali). E’ bene sottolineare ancora una volta di come si tratti di una responsabilità totalmente autonoma da quella dell’autore del reato presupposto. L’art. 8 del Decreto 231/2001 stabilisce infatti che la responsabilità dell’Ente sussiste anche quando l’autore del reato non è stato identificato o non è imputabile, nonché se il reato si estingue per una causa diversa dall’amnistia.

“Un fenomeno tipico della criminalità d’impresa” Certo, mentre l’eventualità di un “reato” commesso da un soggetto non imputabile nell’interesse o a vantaggio della società sembra davvero difficile da immaginare- come è scritto nella Relazione ministeriale al d.lgs., essa, in realtà, “ha un sapore più teorico che pratico”- quella della mancata identificazione della persona fisica che ha commesso il fatto illecito è tutt’altro che improbabile e rappresenta, così è scritto ancora nella Relazione, un «fenomeno tipico nell’ambito della criminalità d’impresa: anzi, esso rientra proprio nel novero delle ipotesi in relazione alle quali più forte si avvertiva l’esigenza di sancire la responsabilità degli Enti».

Strutture complesse (e opache) La disposizione nasce, dunque, dalla realistica presa d’atto del modo in cui sono organizzate le imprese di grandi (o medio-grandi) dimensioni: la complessità e l’opacità delle strutture


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