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Igiene urbana: acquisto o noleggio mezzi? [di Raphael Rossi
by edicomsrl
Il Centro del Riuso come strumento di riduzione rifiuti in una grande città
di Giorgio Ghiringhelli*, Gianfranco Carraro**, Claudia Colombo**
L’importanza di non produrre rifiuti
Nel 2018 è stato pubblicato dalla UE il cosiddetto “Pacchetto per l’Economia Circolare” costituito da quattro direttive. Esse fanno parte di una più ampia strategia europea che mira a realizzare un profondo cambiamento dei modelli di produzione e di consumo, secondo la nuova ottica della Economia Circolare con l’obiettivo di ridurre il prelievo di risorse naturali, aumentare l’efficienza nell’uso delle risorse e rendere più competitivo e sostenibile lo sviluppo economico del sistema. Il concetto cardine attorno al quale si sviluppa la normativa comunitaria sui rifiuti è la gerarchia dei rifiuti, definita quale ordine di priorità della normativa e della politica in materia di prevenzione e gestione dei rifiuti. La gerarchia dei rifiuti si può rappresentare con una piramide rovesciata che conduce dalla scelta migliore a quella peggiore: all’apice è posta la prevenzione della produzione dei rifiuti, perseguibile sia intervenendo “a monte” nella progettazione dei beni e degli imballaggi (cosiddetto ecodesign), ottimizzando i processi produttivi e nonché a valle favorendo il riuso o riutilizzo.
Il riutilizzo o riuso
Il riutilizzo ai sensi dell’art. 183 del D.lgs. 152/2006 è “qualsiasi operazione attraverso la quale prodotti o componenti che non sono rifiuti sono reimpiegati per la stessa finalità per la quale erano stati concepiti”. Tutti i beni durevoli, finito un primo
Fonte: UE
ciclo di consumo, possono potenzialmente essere avviati a un nuovo ciclo di consumo sempre e quando il loro deterioramento non ne abbia compromesso definitivamente la funzione d’uso. Il termine di un primo ciclo di consumo non corrisponde infatti necessariamente all’obsolescenza degli oggetti. A determinare o meno lo status di rifiuto di un bene durevole non sono né il livello di conservazione né la merceologia del bene durevole, ma bensì l’eventuale intenzione di disfarsene di chi ha terminato il ciclo di consumo (sempre l’art. 183 del D.lgs. n.152/06 definisce rifiuto “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi”): un medesimo bene quindi, al termine di un ciclo di consumo, diventa rifiuto se esiste tale intenzione oppure mantiene il suo status di bene se viene ceduto con un’intenzione di segno diverso. Paradossalmente, e al contrario di quanto a volte si pensi, il flusso dei rifiuti è ricco di frazioni pregiate perché derivante da conferitori con maggiore reddito e maggiore costo opportunità. Occhio del Riciclone ha stimato che il settore del riutilizzo distribuisce ogni anno circa 500.000 tonnellate di beni svolgendo un’attività classificabile come prevenzione dei rifiuti su un totale di oltre 1 milione di tonnellate di rifiuti da beni durevoli preparabili per il riutilizzo senza interventi di riparazione/ricondizionamento/restauro, con un fatturato globale di circa 2 miliardi di Euro annui e un impiego di circa 100.000 addetti (escludendo le attività specializzate in merci antiche o pregiate, l’online e le automobili
usate e autoricambi). I 4 principali macro-segmenti di destino dei beni durevoli usati per il loro recupero sono quindi: • negozi dell’usato conto terzi (usatoteche); • piattaforme on-line di vendita e scambio dell’usato; • operatori degli indumenti usati; • ambulanti dell’usato; • Centri dei Riuso o del Riutilizzo.
I Centri del Riutilizzo
I “centro di riuso” o “centro del riutilizzo” (CdR) sono definiti come aree attrezzate adiacenti a un centro di raccolta comunale dove vengono intercettati, custoditi e distribuiti (venduti e/o donati) beni usati sottraendoli, come ultima chance, dal flusso dei rifiuti urbani. L’obiettivo principale dei centri di riuso è la riduzione dei rifiuti o la preparazione al riutilizzo dei rifiuti, al fine di ridurre i volumi di materiali post-consumo smaltiti, ma anche essere strumenti per favorire l’occupazione, l’integrazione sociale e la solidarietà. Tipicamente i beni raccolti nei CdR sono mobili ed elementi di arredo, elettrodomestici, vestiario, pubblicazioni, utensili, oggetti per sport e svago, stoviglie e suppellettili, altri oggetti e arredi. I CdR sono normati dall’art. 181 del D.lgs 152/2006 così come modificato dal D.lgs. 116/2020 in recepimento del direttive UE del “Pacchetto Economia Circolare”, che prevede che gli enti di governo d’ambito territoriale ovvero i Comuni possano individuare “appositi spazi presso i centri di raccolta […] per l’esposizione temporanea finalizzata allo scambio tra privati di beni usati e funzionanti direttamente idonei al riutilizzo”, prevedendo anche “apposite aree” adibite alla preparazione al riuso e al riutilizzo, anche “nel quadro di operazioni di intercettazione e schemi di filiera degli operatori professionali dell’usato”, ammettendo, quindi, forme
Fonte: Wikipedia
di integrazione tra i vari attori della filiera necessarie a fare rete, principalmente in un’ottica di mercato, non solo no-profit. I dati 2021 elaborati da ISPRA permettono di verificare, su un campione di 325 Comuni italiani che il 24% ospita mercatini dell’usato/punti di scambio e/o centri di riuso, che il 9% dispone presso i centri di raccolta di rifiuti urbani di “apposite aree per la raccolta, da parte del comune, di beni riutilizzabili o da destinare al riutiliz-
Fonte: EconomiaCircolare.com
zo attraverso operatori professionali dell’usato” e l’1% del campione è “dotato di centri di raccolta nei quali sono previsti appositi spazi finalizzati allo scambio tra privati di beni usati e funzionanti direttamente idonei al riutilizzo”. Quasi la metà degli 85 dei centri del riuso che, ad oggi, hanno risposto si trovano in Lombardia (26%) ed Emilia Romagna (20,8%), mentre le altre regioni più rappresentate sono Marche, Veneto e Toscana.