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La famiglia Liu guarda sempre più Aalto

di Gualtiero Spotti

Foto di Benedetta Bassanelli

Apre a Milano il quarto locale, dopo Ba Asian Mood, Gong, e Iyo. Un’altra stella nel firmamento delle insegne asiatiche d’alto livello

Giulia, Marco e Claudio Liu rappresentano ormai da diversi anni l’eccellenza della cucina asiatica a Milano. A voler fare un paragone azzardato, e scherzando un po’, ma neanche troppo, viene da pensare a un’altra grande famiglia: quella dei Cerea, che a circa cinquanta chilometri di distanza in quel di Bergamo vede impegnati tutti i suoi componenti nella realizzazione di un grande progetto di ristorazione, dove i fratelli sono uniti nel ricordo del padre Vittorio. La famiglia Liu, in realtà, a differenza dei Cerea, si è sempre mossa su progetti ben distinti, con tre ristoranti gestiti autonomamente dai tre fratelli. Giulia, elegante e perfetta padrona di casa si prende cura di Gong Oriental Attitude, un ristorante di cucina cinese con ampi accenni fusion e un approccio contemporaneo perfetto per la piazza meneghina; Marco invece è impegnato al Ba Asian Mood, un indirizzo più agile e metropolitano, rinnovato da poche settimane, che punta l‘attenzione su assaggi di dim sum e dumplings e strizza l’occhio a una clientela più giovane, e infine Claudio, il maggiore dei tre, che gestisce Iyo Taste Experience, l’unico ristorante italiano dallo spirito e dalla cucina fortemente influenzata dal Giap

pone ad aver conquistato la stella Michelin. Ma non è tutto. Lo spirito imprenditoriale, la dedizione al lavoro, la passione e la qualità unite a un pizzico di ambizione ha portato proprio quest’ultimo, Claudio Liu, da un paio di mesi a questa parte, a inaugurare un nuovo ristorante in piazza Alvar Aalto. Iyo Aalto, questo il nome che ricorda certamente il luogo ma anche il legame, in qualche modo, con l’esperienza già avviata dell’altro ristorante, è in realtà un nuovo progetto che può ben essere definito come l’upgrade di Iyo. Si tratta di un ristorante con due sale separate e due percorsi ben definiti: nella prima sala si incontra una cucina contemporanea che unisce sensazioni e gusti internazionali dove materia prima, idee e sollecitazioni asiatiche prendono forma nel piatto. Qui il regno del giovane e intraprendente Domenico Zizzi, cuoco giramondo (ma pugliese doc), che ben conosce il sud est asiatico, essendo transitato da Bangkok e Tokyo oltre che da tavole di prestigio come quelle di Carme Ruscalleda e Heinz Beck a Tokyo, ma solo dopo aver masticato un po’ di clas

sicismo francese chez Robuchon a Parigi. L’altra sala, più piccola, è invece un unicum in città e presenta l’esperienza omakase, dove ci si affida alle scelte e al percorso deciso dal cuoco. In questo caso però ai fornelli sono ben due sushi master (Masashi Suzuki e Luciano Yamashita) che si dividono diligentemente gli otto ospiti che siedono al banco dove si possono osservare le preparazioni certosine di ogni singola portata. Il percorso, in quattordici momenti, ricalca la tradizione Edomae Zushi, ovvero il rigoroso rituale di Tokyo, dettato dalle diverse stagioni e da una sequenza di assaggi dove è la grassezza del pesce a determinare l’ordine dei piatti. Anche se poi questo viaggio gastronomico può variare a seconda del pescato giornaliero a disposizione. Il menu degustazione ha come protagonista assoluto il pesce, interpretato in versione nigiri (canocchia, capasanta, branzino, toro, pagello, ricciola, scampo, anguilla) con inserti di zuppe (Owan), di miso (Misoshiru) e di piatti che evocano incroci gustativi dove le verdure (come le melanzane) e le salse hanno un ruolo sempre determinante. Vedi, ad esempio il delizioso Gindara, un black cod con miso fermentato e castagna. In un ambiente raccolto e quasi mistico, che riporta al Sol Levante, anche se fuori dalla finestra ci sono i palazzi di Porta Nuova, l’angolo di omakase (gettonatissimo e, visti i pochi coperti, da prenotare con largo anticipo) vive di gesti netti e silenziosi dei due sushi master, di perfezione applicata, sia che si tratti di tagliare un tonno o, semplicemente di curare la griglia del Robata o la vaporiera del riso. Qui, comodamente seduti su alti sgabelli, verrebbe istintivo abbinare un sake a tutto pasto, ma per i bevitori

più tradizionalisti c’è anche l’ottima carta dei vini, stilata per entrambi i ristoranti (e curata con gusto dal sommelier Savio Bina), dove ci si può sbizzarrire tra bollicine e grandi etichette, oltre scegliere bottiglie tutt’altro che banali di vini biologici. E forse ancor più interessanti se si vuole entrare nel mood umami che il percorso di assaggi suggerisce. Per Claudio Liu, che ha realizzato Iyo Aalto curando ogni piccolo particolare, dall’ambiente alle luci, passando per la scelta di chopsticks, piatti e arredamento, è un sogno che si realizza e un investimento sul futuro in un momento in cui Milano dimostra di essere, se mai ci fosse stato qualche dubbio, la città più vivace e dinamica d’Italia, quando si tratta di mettere le gambe sotto a un tavolo. Non ci stupiremmo se già fra qualche mese fosse in lizza per accaparrarsi riconoscimenti importanti dalle migliori guide gastronomiche italiane. •

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