Poste Italiane spa - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, CNS S1/BA - Stampa: Sagraf Srl Capurso(BA) - Iscr. al ROC del 27/02/2008 - € 2,00 - Anno 2008 Numero 1
EDILIA2000.it Quotidiano online di edilizia dedicato ai professionisti del settore
Speciale Aprile 2008 “Involucro Edilizio” Le facciate in vetro strutturale Edilizia luminosa ma sostenibile
I processi fotocatalitici Il biossido di titanio e la fotocatalisi
Architettura verde Collaborazione, integrazione, fusione di saperi
I rivestimenti di facciata Materiali e tecnologie innovative
Il MART di Rovereto Quando l’esterno diventa interno
sommario NOTIZIE
Direttore responsabile Arch. Alessandro Robles Direttore editoriale Arch. Lorenzo Margiotta Redazione Hanno collaborato a questo numero: - Arch. Maurizio Corrado - Maurizio Margiotta - Dominika Sochan - Arch. Valentina Caprioli Editore Evolution City Group S.a.S. di Maurizio Margiotta & C. Registrazione Testata giornalistica registrata Registrazione del Tribunale di Bari n. 33/07 del 4 Ottobre 2007 Pubblicità Camilla Maiorano tel. 080-2146234 c.maiorano@edilia2000.it Contatti tel. 080-2146234 fax 080-2146236 email: info@edilia2000.it web: www.edilia2000.it Speciale Aprile 2008 “Involucro Edilizio” Anno 2008 - Numero 1 © Diritti di riproduzione riservati
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Speciale “Involucro edilizio”
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Premio Innovazione e Qualità Urbana 2008 Lamiera 2008 Fullmetalday Componenti delle facciate d’epoca
ARTICOLI
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5 L’involucro edilizio 8 Le facciate in vetro strutturale 12 Il MART di Rovereto 13 Grattacieli Arabi
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14 Architettura verde 16 I processi fotocatalitici 18 I rivestimenti di facciata
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19 Il Parco della Musica a Roma 21 La cultura dell’isolamento termico
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EDITORIALE
L’involucro edilizio
interfaccia tra edificio e ambiente urbano
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i può affermare con serenità che oggi il mondo dell’architettura e dell’edilizia in genere avverte l’esigenza di una comunicazione “integrata” con approfondimenti sempre più rapidi. Ecco quindi come la necessità di aggiornarsi professionalmente non piò lasciare indifferenti chi opera da anni nel campo dell’informazione, dell’aggiornamento, dei contenuti tercnici. In questi ultimi anni l’attenzione generale si è rivolta prevalentemente verso nuove sfide tecnologoche mirate ad un miglioramento della qualità della vita presente e futura. Per l’attualità contingente si è puntato su una diversa concezione dell’edilizia, dando molta importanza al comfort abitativo e alle sue derivanti conseguenze in merito all’economia di produzione e di manutenzione. Per la risoluzione dei vari problemi energetici mondiali e nazionali si è finalmente resa pubblica una esigenza di vera cultura di massa in merito a rischi, obiettivi e soluzioni a medio e lungo termine. E per le previsioni di lungo periodo, ma con interventi che non possono più essere differiti, si discute ormai approfonditamente su sostenibilità ambientale e di sviluppo, toccando inevitabilmente i vari campi del costruire: bioarchitettura, edilizia sostenibile, progettazione bioclimatica, ecc. Tra le problematiche architettoniche più interessanti di questi ultimi anni troviamo il tema dell’involucro edilizio diviso tra soluzioni costruttive tradizionali, contemporanee e futuristiche, con sempre nuove tecnologie realizzative. Le esperienze dell’architettura moderna conquistano per l’involucro edilizio la possibilità di un definitivo affrancamento dalla sua funzione strutturale; infatti, oltre a separare l’interno dall’esterno, funge ormai anche da interfaccia tra edificio e ambiente urbano. Le sue funzioni principali sono sempre quelle di proteggere dagli agenti atmosferici (freddo, caldo, pioggia e vento), definire i volumi e creare una sfera privata. Ma se dal punto di vista architettonico l’involucro edilizio è una pelle ricca di suggestioni, dal punto di vista fisico esso è la superficie di controllo che delimita il sistema termodinami-
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co dell’edificio. Come superficie di confine, quindi, l’involucro ha la funzione di controllare i flussi di energia al fine di garantire le condizioni di comfort termico, visivo, acustico e la qualità dell’aria negli ambienti confinati, contenendo nel contempo i consumi energetici e gli impatti ambientali. E questo ha portato ad avere compresenti, nella normale prassi di costruzione, una svariata possibilità di esecuzione. Se a questo poi si aggiunge che ogni progetto di costruzione è un fatto a sé stante, ci si trova di fronte ad una varietà di costruzioni che rendono difficile una semplificazione di controllo e valutazione anche solo dal punto di vista energetico. Infatti la qualità della costruzione dal punto di vista energetico dipende anche da come l’edificio è stato costruito. L’abbandono dei muri portanti per la realizzazione delle strutture edilizie ha rivoluzionato completamente concezioni consolidate e, fra di esse, quella che vedeva la partizione esterna come barriera visiva tra interno ed esterno. Le architetture trasparenti realizzate da figure operanti all’interno del Movimento Moderno come Le Corbusier o Mies van der Rohe hanno da subito dimostrato la raggiunta possibilità di annullare quasi del tutto la materialità dell’involucro. Negli ultimi trent’anni, poi, l’involucro edilizio è progressivamente divenuto una superficie di confine dinamica. Essa muta le proprie prestazioni al mutare delle esigenze di coloro che vivono l’ambiente interno, ma in grado ormai di interagire con dispositivi impiantistici di varia natura. Ma per rispondere anche ad approcci bioclimatici e sostenibili vengono oggi proposte soluzioni tecnologiche assai complesse che comportano notevoli costi di costruzione e di gestione. Appare opportuno quindi effettuare una lettura critica del propblema, per capire quali vantaggi effettivi possano offrire gli involucri edilizi a tecnologia avanzata. Va ricordato che la ricerca da parte degli specialisti, di soluzioni tecniche per razionalizzare l’uso dell’energia e sfruttare le energie rinnovabili, ha provocato un radicale ripensamento
delle metodologie progettuali. E’ abbandonata la vecchia cultura progettuale energeticamente dissipativa, e si creano importanti innovazioni nella concezione dell’involucro edilizio, che da semplice elemento di protezione diviene dispositivo per lo sfruttamento delle energie naturali. In molti edifici contemporanei l’involucro è realizzato con sistemi di facciata che permettono di accumulare l’energia solare incidente, trasformarla in calore e ridurre il fabbisogno energetico invernale dell’edificio. In altre strutture l’involucro diviene un vero e proprio elemento attivo di produzione di energia, grazie all’integrazione di sistemi tecnologici legati alle fonti energetiche rinnovabili (fotovoltaico e solare termico). Le chiusure verticali opache e trasparenti sono sviluppate come componenti tecnologiche complesse capaci di interagire con le condizioni ambientali a contorno, in grado di ridurre il fabbisogno energetico dell’edificio. Facciate ventilate (opache o doppia pelle), sistemi di schermatura solare, sistemi solari attivi (collettori solari e celle fotovoltaiche) e sistemi solari passivi (serre solari) diventano elementi ricorrenti nella progettazione dell’involucro architettonico. La tecnologia sta progredendo velocemente e si aprono di continuo nuove opportunità. Anche le nostre idee tradizionali sull’aspetto esterno degli edifici vengono messe in discussione e va affermandosi uno spirito di sperimentazione architettonica che rafforza ulteriormente questa tendenza. Tutto ciò, unito all’aumentata autonomia della facciata e della sua struttura di supporto nonchè alle crescenti esigenze di flessibilità, ha portato ad una maggiore attenzione nei confronti delle superfici esterne e delle proprietà dei materiali usati.
Arch. Lorenzo Margiotta
Palazzo di uffici “Spherion” Düsseldorf - Germania Arch. Deilmann Koch Foto: HG Esch
Gruppo DORMA Ennepetal - Germania Architetti KSP Engel e Zimmermann Foto: Stefan Schilling
Speciale “Involucro edilizio”
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notizie
Premio Innovazione e Qualità Urbana 2008
Prorogata al 2 maggio la scadenza al Premio IQU Si svolgerà a Rimini la consegna del Premio IQU 2008, un evento che ve-
de come protagonista la città in considerazione di tutti gli aspetti innovativi e strategici della profonda trasformazione urbanistica che la riguarda. Una città che sappia interrogarsi e rispondere efficacemente alle novità di cambiamento, una città dove l’esternalità riesca ad incontrare le esigenze dei cittadini: un corollario di proposte nel complesso organigramma di sviluppo urbano. Un “ambito di contenuto” per affrontare gli aspetti strategici della trasformazione delle città e dello spazio pubblico. Il pubblico potrà vota-
re i progetti e/o realizzazioni - uno per area tematica (Tecnologie, Mobilità, Città e Architettura) - ritenuti migliori; alla Fiera di Rimini, durante il Salone delle Autonomie Locali: EuroP.A. 2008, dal 4 al 7 giugno. I progetti vincitori saranno presentati nel corso del congresso conclusivo “Innovazione e qualità urbana” che si svolgerà sempre all’interno di EuroP.A. 2008. Saranno assegnati un 1°, 2° e 3° premio per ciascuna delle tre aree tematiche (Tecnologie, Mobilità, Città e Architettura) e per ciascuna delle due sezione “opere già realizzate” e “nuovi utilizzi e progettazioni”. Rimini: 4-7 giugno 2008 Info Contatto: http://www.euro-pa.it
Lamiera 2008 Affermatasi come una delle più qualificate rassegne internazionali del comparto produttore di macchine lavoranti per deformazione, LAMIERA terrà la sua quattordicesima edizione, dal 14 al 17 maggio 2008, nel quartiere espositivo della Fiera di Bologna. Accanto alla sintesi esaustiva della offerta mondiale, la manifestazione promossa da UCIMU-SISTEMI PER PRODURRE, l’associazione dei costruttori italiani di macchine utensili, robot e automazione, presenterà una nuova versione di Lambda, in-
centrata su “RTDI-in-Forming: ricerca, sviluppo tecnologico e innovazione”, e darà spazio al dibattito dei temi di maggior interesse e attualità settoriali. L’edizione 2008 della mostra organizzata da CEU-CENTRO ESPOSIZIONI UCIMU saprà, dunque, concentrare sui propri espositori l’attenzione degli operatori dell’industria utilizzatrice mondiale, proponendosi come irrinunciabile occasione per definire nuovi, più proficui, rapporti tecnico-commerciali.
Fullmetalday
Una giornata interamente dedicata ai progettisti I più importanti produttori di sistemi metallici per coperture e facciate e relativi accessori sono presenti (02-042008) con proprie aree espositive per fornire informazioni di carattere tecnico/applicativo.
FA, le reti in acciaio inox per facciate ARTOS, i rivestimenti Ugitop e Uginox di Arcelormittal (realizzati con la nuova lega di acciaio al molibdeno Kara), e le coperture metalliche per basse pendenze Sintech 530.
Numerosi pannelli espositivi daranno l’opportunità ai visitatori di verificare direttamente e dal vivo la resa estetica e funzionale di ogni tipo di copertura e facciata.
Sede Alpewa Brescia Traversa di Via Caduti del Lavoro, 1 25046 Cazzago S. Martino (BS) Tel. 030 7751429 - Fax 030 7751431 Dalle 09.00 alle 18.00 Ingresso gratuito
Nel corso della giornata avrà luogo un workshop esplicativo di tutti i sistemi e la presentazione delle novità tra le quali: i sistemi fotovoltaici PRE6
Speciale “Involucro edilizio”
Settori e presenze Coperture - ArcelorMittal - Prefa - Puren - Rheinzink - Sintech 530 - Tecu Facciate - Alpewa - Allface - ArcelorMittal - Artos - Montana - Prefa - Promoclad - Rheinzink - Tecu
Componenti delle facciate d’epoca
Porte e portoni vecchi ed antichi Da qualche anno oramai, chi ristruttura (ma anche chi edifica) cerca per la Sua vecchia casa, villa, cascina o rustico, perlomeno una vecchia o antica porta, vuoi per chiudere un passaggio tra ambienti, vuoi per realizzare una piccola dispensa-credenza a muro nell’anticucina (cosiddetto stipo). La domanda di questo tipo di porte vecchie ed antiche è sempre più in crescita e l’offerta diminuisce; lo dimostra anche il fatto che sempre più persone si accingono spesso a salvare, cioè a restaurare, o a laccare a mano, vecchie porte malandate, tarlate, con parti mancanti in basso, tipico del calcione dato per bussare o aprire o far uscire il gatto.
Tali porte, se ben restaurate, così come si dovrebbe restaurare un bel mobile, con i criteri del restauro classico conservativo ed attenzione alla non tossicità delle sostanze usate, divengono dei veri e propri complementi di arredo di esclusivo sapore e che strappano il sorriso. Portantica a Vignola in provincia di Modena, è una ditta individuale specialistica che si occupa di questo certosino restauro, recupero, acquisto e vendita; in mezzo alle colline dalle quali ci giunge lambrusco, aceto balsamico, tortellini, parmigiano e salumi troviamo anche chi si occupa di sole porte e portoni vecchi ed antichi. Ma anche di ante, antine, stipi murali, di laccatura artistica di porte (alla veneziana), con quella artistica anticatura delle eventuali nuove dipinture e coloriture eseguite solo a mano e realizzando le ombre, il finto uso e consumo tali da www.edilia2000.it
risultare come veramente antiche! Peraltro risulta molto interessante il fatto che a Portantica si restaurano porte e portoni con le tecniche antiche del Restauro Classico Conservativo; cioè con le stesse tecniche con le quali si restaurano i mobili. Gli interventi sono mirati alla conservazione massima delle parti originali, gli stucchi vengono fatti in laboratorio con pangesso e colorati con ossidi e terre. La “vernice” per eccellenza è la gomma lacca e non si usano solventi tossici e non pregiati. Anzi tutti i solventi tradizionali sono stati sostituiti dal Terpene d’arancio, una sostanza profumatissima che si ottiene dalla spremitura delle bucce d’arancio. I trattamenti antitarlo contro gli attacchi biologici (i tarli!) sono trattamenti a bassissima tossicità ed a base di petrolio più altre sostanze... segrete, ma naturali. La laccatura artistica oltre che prevedere l’uso di colori a tempera ed idropitture, viene anticata con terre ed ossidi minerali e cerata con cera d’api e cera carnauba. Poi lì si imparano cose fantastiche, visto che oramai signore e signorine usano i vecchi portoni e portoncini non più all’esterno, ma all’interno, come porta di una cucina magari rustica che dà su una sala! Oppure, a volte, con un’anta di un portone posizionato in orizzontale si realizza una splendida testiera di letto, o ancora il piano di un tavolino da mettere davanti alla televisione! E’ un po’ la logica del riutilizzo di oggetti che in origine sono nati con uno scopo ed ora ne hanno un’altro, peraltro, fantasioso e divertente. Poi a Vignola, con professionalità e se ne avete necessità, Vi daranno gratuitamente tutti i suggerimenti sulla collocazione di queste splendide porte vecchie ed antiche. Cosa dire... andateci è veramente interessante e se amate queste cose, Vi diverterete. Portantica di Tortora Vittorio via per Spilamberto 610 41058 - Vignola(Mo) Tel. 059776633 - Fax 3282733083 www.portantica.com Speciale “Involucro edilizio”
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articoli
Le facciate in vetro strutturale Edilizia luminosa ma sostenibile Arch. Lorenzo Margiotta
Le prime due foto sono del Crystal Palace di Londra (1851), progettato da Joseph Paxton, prima della sua completa distruzione nel 1936 causata da un grande incendio. Le due foto sotto sono della Galerie des Machines (1889) progettata dall’architetto Charles Léon Stephen Sauvestre, anche progettista della Torre Eiffel.
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L’
impiego di vetro e nuovi materiali ha generato anche nell’involucro edilizio una nuova cultura della costruzione. L’idea di realizzare facciate più luminose riducendo al minimo la presenza di telai, montanti e strutture in materiali diversi dal vetro, ha portato allo sviluppo di prodotti o insiemi di prodotti che consentono di creare involucri continui di vetro dall’eccezionale impatto visivo.
Le origini Con la nascita della produzione industriale del vetro all’inizio del Novecento fecero il loro ingresso in architettura le grandi superfici vetrate. L’imponente mole del Crystal Palace, progettata da Joseph Paxton nel 1851 per l’Esposizione Universale di Londra, ad Hide Park, mutò radicalmente l’uso del materiale vetro all’interno dell’architettura civile e in un certo senso il modo stesso di pensare all’involucro edilizio; da “scatola” forata, resa permeabile alla luce in alcuni punti specifici, a vero “involucro” totalmente trasparente. L’impatto del Chrystal Palace fu davvero notevole, soprattutto nel mostrare, come affermato da Zevi, celebre critico dell’architettura, le possibilità di linguaggio totalmente inesplorate che la tecnologia dell’epoca arrivava ad offrire, aprendo ad un periodo di sperimentazione fertilissimo, culminato – verso la fine degli anni ’80 – con l’exploit strutturale della Galerie des Machines, realizzata per l’Esposizione Universale di Parigi. E’ in questo periodo che venne introdotto il processo Forcault, il quale consiste nell’estrarre verticalmente un piano di vetro fuso da un bagno metallico a mezzo di rulli ricoperti di amianto.
Speciale “Involucro edilizio”
Ma l’innovazione importante si ebbe nella metà del Novecento, con la messa a punto del Float System, metodo con il quale il vetro fuso viene colato su un bagno di stagno in fusione, su cui va spandendosi e galleggiando, per poi essere trasformato in una lastra continua. Più o meno nello stesso periodo si può far risalire quella che è l’anticipazione delle odierne facciate strutturali in vetro: la Maison De La Radio di Henry Bernard dove fu usato per la prima volta un sistema che usava controventi verticali in vetro fissati perpendicolarmente al piano della vetrata. La vetrata risultava sospesa e sempre in tensione; il piano di vetro veniva trattenuto da una serie di pinze fissate a bilancieri che assicuravano una uguale ripartizione dei carichi su tutti i punti di sospensione.
costruire. Ed ecco che le facciate strutturali in vetro a lastre appese, con fissaggio puntiforme, diventano un’importante espressione della più alta tecnologia nell’architettura contemporanea, come dimostrano anche i recenti esempi -tra gli altri- della sede degli uffici Torno a Milano: un palazzo dall’impatto decisamente futuristico con progetto curato dalla Dante O.Benini
Oggi L’utilizzo di lastre di vetro (anche forate e con opportuni agganci) consente di realizzare facciate continue interamente in vetro di grande trasparenza ed uniformità, lasciando al contempo varie opzioni al progettista nella scelta delle strutture. Questo concetto di design nell’ingegneria del vetro offre all’architetto un’ineguagliabile libertà creativa nel rivestire qualsiasi superficie, dalle aree più limitate all’intera area esterna di un edificio. I differenti materiali, infatti, hanno sempre condizionato la forma e l’immagine dell’architettura. Oggi però il condizionamento maggiore deriva dalle innovazioni tecnologiche e dallo sviluppo delle tecniche esecutive attraverso le quali sembra che tutto diventi possibile, anche sovvertire le tradizionali norme del buon
& Partners Architects di Milano; il famoso Ferrari Store disegnato da Iosa Ghini a Maranello; l’Ospedale a Forlì del 2004 - Manfroni Engineering Workshop. L’uso delle facciate strutturali infatti permette anche di realizzare facciate di edifici completamente in vetro, grazie ad ancoraggi ai quattro angoli con il sistema di facciata strutturale puntiforme a vetri appesi con elemenTorno International Milano Dante O.Benini & Partners Architecs
ti in acciaio inox, evitando così la posa in opera dei serramenti. Infatti con il termine “vetro strutturale” si definiscono quei sistemi in cui il telaio metallico non è visibile dall’esterno e i pannelli vitrei sono sorretti in corrispondenza dei 4 angoli da appositi morsetti. Dall’esterno si colgono solo le lastre di vetro, il che fa percepire esteticamente l’intera struttura come uniformemente vitrea, interrotta fra l’una e l’altra lastra soltanto dalla fuga dei
Ogni singolo pannello appare indipendente da quelli limitrofi, e la rottura o il danneggiamento di uno o più lastre ha scarse conseguenze sulla facciata. La tipologia a lastre sospese, invece, ha una diversa modalità di trasmissione dei carichi: il peso di ogni elemento di vetro, infatti, viene sostenuto, tramite appositi dispositivi detti “ragni”, da quello immediatamente superiore ad esso fino a raggiungere gli elementi di sospensione. In questo caso, dunque, ogni lastra è sollecitata indipendentemente dall’applicazione dei carichi esterni e costituisce essa stessa il canale statico attraverso il quale i carichi vengono trasferiti alla parte portante. E’ evidente come oggi oltre allo sviluppo architettonico si assiste allo
sviluppo di un notevole bagaglio teorico e tecnologico attorno al vetro come materiale da costruzione. Ormai facciate in vetro, coperture, scale, passerelle, vani ascensore, ed altri elementi di edifici sono sempre più presenti nell’edilizia contemporanea. Non va poi dimenticato il grande contributo di questo materiale nel recupero di edifici storici permettendo interventi poco invasivi ma di grande impatto. Purtroppo tali ricerche, spesso condotte in ambito accademico o dagli stessi produttori, non sono approdate a metodi di calcolo e verifica universalmente riconosciuti come è accaduto per i materiali tradizionali quali il cemento armato o l’acciaio. Questo fatto ha anche portato ad avere una normativa frammentata e lacunosa (attualmente è in fase di sviluppo un futuro Eurocodice ma non è certo quando sarà disponibile). E la situazione italiana purtroppo sconta un ritardo notevole rispetto ad altri paesi europei, ma si spera sempre in una prossima e precisa normativa nazionale.
Al centro pagina il Centro visitatori di St. Patrick Downpatrick, Ireland del Nord Arch. Consarc
Samsung HQ, Seoul
giunti di silicone. Essi di solito misurano 20 mm circa e svolgono sia la funzione di sigillanti resistenti agli agenti atmosferici, sia quella di assorbire i carichi statici e/o dinamici ai quali la struttura è sottoposta. Il reticolo interno, quindi, aggancia solamente il vetro interno, al quale il vetro esterno viene incollato mediante l’impiego di un materiale chiamato sigillante strutturale. Le tipologie di facciate strutturali in vetro più diffuse nell’odierna architettura sono essenzialmente due: quella a “lastre indipendenti” e quella a “lastre sospese”. La soluzione a lastre indipendenti permette di costruire ampie superfici vetrate in cui ogni lastra viene agganciata, tramite elementi intermedi di giunzione alla struttura portante in quattro o più punti a seconda del peso e della dimensione della stessa. www.edilia2000.it
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articoli
Il MART di Rovereto
Quando l’esterno diventa interno
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MART, Museo di arte moderna La grande cupola in vetro e acciaio con i suoi giochi di luce. Foto di Simone Capretti Brescia
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l MART, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, è nato nel 1987, come ente autonomo della Provincia Autonoma di Trento, ma continua ad essere una modernissima realizzazione museale progettata dall’Arch. Mario Botta. Il Mart insiste su un’area arretrata rispetto al fronte strada, alle spalle di due palazzi di pregio del ‘700, che quasi “nascondono” la struttura moderna del museo. Lo spazio che separa i due palazzi è stato trasformato in un largo corridoio d’accesso ad una piazza circolare, coperta da una cupola di vetro e acciaio, dalla quale il visitatore accede al Museo. E’ una scelta di forte impatto sensazionale: un cuore baricentrico di un museo che si organizza tutt’intorno. Infatti siamo in un’area all’aperto, ma già si percepisce di essere entrati in un ambito teatrale: sentiamo di essere già all’interno di una operazione che non è solo architettonica. Immediatamente si apprezzano i giochi di luce che crea la grande cupola in acciaio e vetro che sovrasta la piazza, e si comprende che è il risultato di
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particolari studi statici, in quanto priva di una capriata in coincidenza con l’area pedonale d’accesso al Museo. Scrisse Mario Botta, poco prima dell’inaugurazione del Mart: “La nuova piazza, coperta da una cupola vetrata, diviene il “cuore” baricentrico del nuovo complesso e nel contempo anche immagine dell’insieme museale che si organizza tutto intorno. É quindi lo spazio “vuoto”, la piazza coperta, la vera matrice della composizione architettonica che proprio nella sua centralità focalizza l’idea primaria di questo progetto.” L’immagine del Mart di Rovereto, quale Polo culturale ed architettonico, inaugurato il 15 dicembre 2002 e progettato dall’architetto ticinese Mario Botta in collaborazione con l’ingegnere Giulio Andreolli di Rovereto, è ormai entrata nella galleria ideale delle grandi architetture italiane. Infatti, ricordando le parole dello stesso Mario Botta, il nuovo museo “non potendosi configurare come fronte urbano lungo la viabilità di transito” ricorre all’artificio di una corte interna che disegna un’immagine inconsueta, dove il visitatore al momento dell’in-
gresso si trova protagonista al centro di uno spazio teatrale attorniato dal museo stesso. Come non considerare quest’opera architettonica come una seria risposta progettuale alla grande avanguardia italiana, e quindi proprio al Centro Internazionale di Studi sul Futurismo (CISF) ivi insediato. Non va dimenticato che il CISF ha proprio lo scopo di promuovere la conoscenza del Futurismo Italiano e delle relazioni intercorse tra il Futurismo e le correnti artistiche dell’avanguardia internazionale. Il Mart sviluppa così una delle sue vocazioni originarie. Il museo nasce infatti dalla confluenza del Museo Provinciale d’Arte con il primo museo futurista d’Italia -realizzato da Fortunato Depero- arricchitosi poi del lascito dell’architetto futurista Angiolo Mazzoni. Il Mart quindi, anche con la sua immagine architettonica, ha rilanciato su scala nazionale ed internazionale la valorizzazione dell’opera di Depero e con essa del Futurismo. Non per niente ha organizzato ras-
segne su altri esponenti della vicenda futurista, ha acquisito diversi fondi documentari prodotti da artisti o testimoni del movimento, ha integrato infine le collezioni museali con opere futuriste di Carrà, Balla, Prampolini, Severini, Crali ed altri artisti. Ma il Mart è stato pensato e progettato come un museo adatto a sperimentare oltre che ad ospitare; vi convivono infatti ampi spazi dedicati alla ricerca e alla didattica e sale interne più raccolte e intime in cui prendono vita mostre permanenti e a tema. E questo approccio museale dinamico si materializza proprio nell’edificio grandioso di Mario Botta che si inserisce quasi magicamente nel cuore della Rovereto settecentesca. L’architettura fascinosa di Botta, con la sua grande cupola in vetro e acciaio, sembra quindi dialogare proprio con lo spirito geniale e anticonformista del roveretano Fortunato Depero che aveva a suo tempo mirato all’utopia della ricostruzione futurista dell’universo.
Grattacieli Arabi
Architettura come icona del tempo
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alla sabbia del deserto sta sorgendo a Dubai il grattacielo più alto del mondo. Negli Emirati Arabi si spreca il denaro di super-ricchi anche con l’ausilio delle superstar dell’architettura. L’architettura segue le vicende del petrolio degli Emirati Uniti. Infatti a Dubai le costruzioni sorgono come funghi e secondo i capricci dei clienti più facoltosi al mondo assecondati dalle idee fantasiose dei progettisti più accreditati. In quelle nuovissime realtà l’Architettura deve essere necessariamente una icona. Ma il vero simbolo dell’architettura icona di Dubai resta l’albergo di lusso Burj Al Arab dello studio SOM (Skidmore, Owings e Merrill) con la sua rigida e gigantesca vela protesa verso il mare. In realtà lo stesso albergo è diventato, oltre che un esempio di architettura locale moderna, un vero e proprio gadget-ufficiale della città: è ormai l’icona di Dubai city. Ma cosa avviene all’intorno? Non c’è bisogno di molta fantasia per immaginare che ci sia una vera e propria frenesia costruttiva. Si deve progettare, proporre ed edificare tutto nel più breve tempo possibile; e le costruzioni sono considerate riuscite solamente se hanno
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un aspetto immediatamente riconoscibile, se fanno parte del nuovo stile del deserto: l’architettura iconica. Ed anche il nuovissimo erigendo grattacielo non fa eccezione. Il Burj Dubai sarà un edificio slanciato e raggiungerà il Guiness dei primati: avrà un’altezza di poco inferiore agli 820 metri. Con la sua altezza primeggerà sullo skyline dell’intera città e vincerà così la massima concorrenza caotica della nuovissima edificazione realizzata. Ma queste icone riusciranno mai a diventare “nuove centralità urbane” come si diceva durante il Convegno internazionale tenutosi a Bologna nel 2004 sul tema: “Abitare il futuro”? Questi cosiddetti “contenitori urbani” riusciranno a generare “innovazione” all’interno della città contemporanea? Credo proprio di no. L’architettura iconica, sperimentando tecnologie e materiali innovativi, dovrebbe determinare nuovi poli attrattivi della vita urbana. Ma ciò non sempre avviene nelle utopie dei super-ricchi da petrolio. Essi si accontentano di realizzare e vivere nuove Disneyland urbane per affermare al mondo che la loro potenza economica non ha limiti. Speciale “Involucro edilizio”
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articoli
Architettura verde Arch. Maurizio Corrado
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ino a quando il ‘verde’ sarà considerato un ‘servizio’ non saremo in grado di fare un salto di qualità. E’ necessario spostare l’attenzione dal come e dal cosa al perché. E’ necessario cominciare a parlare di piante, alberi, mondo vegetale come di qualcosa di intrinsecamente connesso alla natura dell’uomo e in quanto tale non sostituibile con nulla, qualcosa di irrinunciabile, ‘geneticamente’ connesso alla nostra specie, al nostro essere biologico e culturale. Per la maggior parte della nostra evoluzione il nostro ambiente è stato quello delle foreste, si può affermare che più dei 9/10 della vita dell’Homo Sapiens sia trascorsa con una connessione più che intima con i boschi e le praterie, con quello che oggi chiamiamo ‘la natu-
dell’arch. Boeri presentato a PROGETTI & PAESAGGI di Bologna, che magistralmente coniuga la cultura architettonica con quella agraria, mostrando così una ormai inevitabile e auspicata integrazione fra i due saperi. Lo sviluppo dell’agricoltura si legge poi magistralmente nell’idea che ha fatto nascere l’Area della Multifunzionalità in agricoltura di Verona, che coraggiosamente mostra nuove direzioni per un settore che di fatto detiene il controllo del paesaggio italiano. Collaborazione, integrazione, fusione di saperi, culture e discipline limitrofe, di settori commerciali che intravedono in un cammino sostenibile comune una maggiore opportunità di sviluppo. D’altra parte, l’unica vera novità
ra’. Molta parte del senso di ‘spaesamento’ tipico dei nostri tempi deriva dall’abbandono pressoché completo del mondo naturale a totale vantaggio di quello artificiale. In questo panorama, il ‘verde’ assume un’importanza ben diversa che non quella di un semplice ‘servizio’. Si carica di significati che affondano le proprie radici nella nostra evoluzione di specie umana e ci offre al contempo una possibilità di soluzione concreta agli inquinamenti e ai problemi peculiari della modernità e postmodernità. In questa direzione si può leggere il grande interesse che da qualche tempo il ‘verde’ sta riscuotendo. Esempio simbolo di questa nuova considerazione può essere il Bosco Verticale
nell’architettura degli ultimi tempi, viene da un biologo, Patrik Blanc, che ha fatto scoppiare la moda del verde verticale. Non si parla d’altro, il verde verticale è sulla bocca di tutti e sta per arrivare nelle nostre case passando dai negozi più alla moda e dai grandi centri commerciali. Abbiamo chiesto a Christian Inderst, uno dei pochissimi italiani che ha cognizione di causa sull’argomento e che, non a caso, è un agronomo: “Uno scenario fino a poco tempo fa immaginario e virtuale, ora rappresenta una reale necessità per la vivibilità e la qualità estetica nei nostri centri urbani. Una nuova generazione di tecnologie e prodotti rende oggi possibile “coltivare” la salute sfruttando le superfici verticali come veri e
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propri giardini, senza necessariamente ricorrere ai tradizionali rampicanti e proponendo soluzioni modulari e plurifunzionali adatti ad interventi di grandi, medie e piccole dimensioni. Il dato che “per ogni tetto ci sono quattro pareti” ci dà immediatamente il quadro delle grandi proporzioni di questo mercato e della sua potenziale efficacia in relazione ad elementi come la dispersione e assorbimento di calore, e gli interventi di inverdimento interno senza sacrificare lo spazio abitabile, o esterno, in assenza di ampi spazi circostanti. E’ un mercato che non si basa solo su di un trend estetico, ma è strettamente legato all’imperativo ecologico di risparmio energetico, di mitigazione ambientale e della riduzione dell’inquinamento dell’aria, acustico e visivo. Queste ed altre importanti caratteristiche qualitative delle pareti verdi sono state scientificamente convalidate sia nelle applicazione in esterno che in interno.” Ma la frontiera del lusso oggi si chiama biopiscina, un vero e proprio laghetto naturale controllato in cui tuffarsi ad ogni ora del giorno e della notte. “Una piscina biologica è innanzitutto un modo nuovo e antico allo stesso tempo di immergersi nella natura, di diventarne parte. - dice Mauro Lajo, autore insieme a Paull Luther del primo manuale tecnico sulle biopiscine edito da sistemi Editoriali nel 2008 - Un modo nuovo perché utilizza conoscenze moderne, ma molto antico perché non fa che cercare di ricreare ciò a cui la natura aveva già pensato. Nella piscina biologica la depurazione dell’acqua non avviene ad opera di sostanze chimiche, che non sono in alcun modo presenti, ma grazie a principi esclusivamente naturali. Questo grazie all’approfondita conoscenza delle tecniche costruttive e al il sapiente utilizzo delle scienze naturali e dell’esperienza. L’acqua risulta così morbida sulla pelle, leggera, persino profumata. In questo panorama è fondamentale il ruolo della formazione dei tecnici, una formazione che integri le discipline, è quello che propone MAJA natura & architettura, che, oltre a seminari su biopiscine e verde verticale propone temi di grande attualità e novità sul suo catalogo di offerte formative consultabile su www.majaformazione.net.
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professional partner for architecture Nel 2008 Torino ospita il 23° congresso Mondiale di Architettura, il più importante evento dell’anno del settore, che si tiene per la prima volta in Italia. BPB Italia, Isover e Weber del gruppo Saint-Gobain sono Title sponsor (cioè sponsor principali) della manifestazione che terrà a Torino nel quartiere fieristico del Lingotto dal 29 Giugno al 3 Luglio 2008. Un prestigioso evento per ribadire la collaborazione quotidiana con il mondo dell’architettura e per presentare le soluzioni competitive BPB, Isover e Weber. Le tre aziende offrono infatti soluzioni che si basano sui principi dell’architettura, sia nuova che da rinnovare. Durante i giorni del congresso, Weber BPB e Isover saranno promotrici, e parte attiva, di tutta una serie di attività, sia attraverso iniziative creative che di formazione e informazione. Weber, così come BPB e Isover, in occasione del congresso presenteranno anche i loro valori comuni che sono anche quelli dell’architettura moderna: Rispetto ambientale: con la realizzazione di opere a basso impatto energetico Flessibilità e Durabilità: offerte da materiali che consentono la massima libertà creativa, sia in fase progettuale che nel tempo. Qualità della vita: garantita sia nel comfort acustico e termico, che da un’estetica armonica e appagante.
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I processi fotocatalitici Arch. Lorenzo Margiotta
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iteniamo che siano molti i messaggi e le informazioni che riguardano il tema oggi sempre più sentito del benessere abi-
tativo. Il massiccio inquinamento atmosferico è senza dubbio fonte di molteplici problemi per la nostra salute. L’inquinamento da gas di scarico e impianti di riscaldamento è oggi in crescente aumento. E’ perciò indispensabile trovare nuove soluzioni per migliorare la qualità dell’aria e rendere più vivibile la città. Gli ossidi di azoto contenuti nei fumi
di scarico delle auto sono tra i principali fattori che comportano una cattiva qualità dell’aria. Ma da oggi è possibile arginare questi problemi grazie ad un principio attivo contenuto in pitture, intonaci e rivestimenti in grado di abbattere l’inquinamento atmosferico, ed in particolare proprio i biossidi di azoto. I rivestimenti ecoattivi fotocatalitici abbattono gli inquinanti dell’aria (monossido di carbonio, biossido di azoto, biossido di zolfo, benzene, particolato fine) attraverso il processo della fotocatalisi, che si attiva grazie all’azione combinata della luce (solare o artificiale) e dell’aria. La fotocatalisi è un fenomeno naturale in cui una sostanza, detta fotocatalizzatore, modifica la velocità di una reazione chimica attraverso l’azione della luce. Sfruttando l’energia luminosa, i fotocatalizzatori inducono la formazione di reagenti fortemente ossidanti che sono in grado di decomporre le sostanze organiche e inorganiche presenti nell’atmosfera.
La fotocatalisi è quindi un acceleratore dei processi di ossidazione che già esistono in natura. Favorisce così la più rapida decomposizione degli inquinanti presenti nell’ambiente, evitandone l’accumulo. E l’aggravamento del livello di inquinamento delle aree urbane ha recentemente indirizzato la ricerca verso l’impiego della capacità di abbattere le sostanze nocive presenti nell’atmosfera. La fotocatalisi contribuisce quindi in modo efficace al miglioramento della qualità dell’aria perchè utilizza i due principali elementi, luce ed aria, innescando un forte processo ossidativo che porta alla decomposizione e trasformazione in sostanze innocue (sali minerali e calcare) degli inquinanti organici e inorganici che entrano a contatto con superfici trattate con rivestimenti fotocatalitici. Grazie alla fotocatalisi i materiali ecologicamente attivi, gli ecoattivi, hanno comprovate proprietà: - antinquinamento: perchè trasformano le sostanze inquinanti in sali minerali innocui; - antisporcamento: perchè garantiscono caratteristiche estetiche inalterate nel tempo attraverso un processo di autopulizia; - antibatteriche: perchè riducono la
Il Biossido di Titanio e la Fotocatalisi Il biossido di Titanio (TiO2) e’ un semiconduttore che, colpito da una radiazione di lunghezza d’onda inferiore a 385 nm (1 nm = un milionesimo di millimetro), libera un elettrone. La carica elettrica resa disponibile (una negativa e la corrispondente positiva) provoca reazioni elettrochimiche nelle sostanze con cui viene a contatto. In presenza di ossigeno e vapore acqueo, vengono generati due radicali liberi: anione superossido O2- e idrossile OH-. Si tratta di agenti chimici in grado di ossidare i componenti organici volatili (presenti nell’aria inquinata) e persino di uccidere e decomporre i bioaerosoli (come le spore portate dall’aria). In altre parole batteri, virus e funghi vengono attaccati e distrutti. Infatti i radicali liberi rompono la membrana che avvolge la cellula vivente e ne provocano la morte. La lunghezza d’onda di 385 nm cade nella radiazione ultravioletta, presente nella luce solare e in molte lampade di uso domestico. Anche i dannosi ossidi di azoto (NOx) vengono scomposti in componenti meno nocivi. E altre reazioni, dirette e indirette, contribuiscono ad una generale purificazione dell’aria che viene in contatto con il diossido di titanio, in presenza di una minima radiazione ultravioletta. Il biossido di titanio è assolutamente innocuo per gli animali e per l’uomo, in quanto presenta il suo effetto in maniera aggressiva solo nei confronti di organismi di composizione cellulare semplice, quali appunto funghi, spore, batteri, virus etc.
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formazione di batteri, muffe e funghi sulle superfici. In pratica il processo fotocatalitico riproduce ciò che avviene in natura durante la fotosintesi clorofilliana. I catalizzatori contenuti in questi prodotti ecoattivi sviluppano una attività ossidativa in brevissimo tempo, sempre in presenza di luce e aria, trasformando gli inquinanti organici e inorganici in sostanze innocue. Ecco perchè anche la legislazione italiana ha fatto importanti riconoscimenti delle proprietà dei materiali ecoattivi a tutela dell’ambiente, tanto che i prodotti fotocatalitici in grado di abbattere l’inquinamento atmosferico sono stati inclusi nelle “Linee Guida per l’utilizzo di sistemi innovativi finalizzati alla prevenzione e riduzione dell’inquinamento ambientale” indicate dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio con decreto ministeriale del 1 aprile 2004, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 84 del 9 aprile 2004, in attuazione della legge 16 gennaio 2004 n. 45. L’elenco dei Sistemi e delle Tecnologie innovative, redatto dal Ministero dell’Ambiente, riporta infatti con il Codice ST001, i materiali fotocatalitici: “malte, pavimentazioni, pitture, intonaci e rivestimenti contenenti sostanze fotocatalitiche con biossido di titanio per la riduzione di ossidi di azoto, batteri e di altri inquinanti atmosferici”. Del resto i sistemi di mitigazione dell’inquinamento ambientale tramite l’applicazione di materiali fotocatalitici (nello specifico le pitture), fu già introdotto in Giappone circa 20 anni fa. Si riusciva infatti ad ottenere un ef-
fetto di abbattimento dei maggiori agenti inquinanti, organici ed inorganici, mediante l’azione combinata della luce sulle superfici degli edifici che venivano pitturate con apposite vernici contenenti biossido di titanio (TiO2). Anche questi materiali a base di titanio, infatti, consentono un processo di trasformazione delle sostanze inquinanti presenti nell’aria, riducendole a composti biologicamente inerti, e quindi non più dannosi per l’uomo e l’ambiente. Ma l’efficacia del processo di disinquinamento dipende da molti fattori, correlati non solo al materiale fotocatalitico ma anche al sito di applicazione ed alle condizioni meteorologiche locali. Situazioni di stagnazione, ad esempio causate da un ridotto movimento di aria e dalla formazione di vortici che favoriscano il ricircolo locale, sono tipicamente presupposti di alti livelli di inquinamento ma tendono anche ad esaltare l’effetto disinquinante delle superfici fotocatalitiche, perché permettono un maggior tempo di residenza dell’aria trattata.
In Italia la ricerca sull’argomento segue l’esempio giapponese. Nel corso degli ultimi anni, infatti, l’interesse scientifico sull’applicazione della fotocatalisi è cresciuto esponenzialmente. La letteratura scientifica negli ultimi anni si è soffermata nell’analizzare l’effettiva validità della fotocatalisi confermando le qualità delle superfici fotocatalizzanti e riuscendo a calcolare la capacità effettiva di riduzione dell’inquinamento in aree urbane, attraverso la simulazione matematica e la verifica sul campo. Quindi tali presupposti costituiscono uno stimolo in più per architetti e progettisti, sempre più sensibili alle tematiche ecologiche, affinché anche l’architettura dia il proprio (doveroso) contributo alla sostenibilità.
Chiesa “Dives in Misericordia” Roma Arch. Richard Meier
La Comes, opera da oltre un ventennio nel settore delle costruzioni metalliche, si è specializzata nella produzione di serramenti, facciate continue, facciate puntuali, prefabbricazione a struttura d’acciaio, l’efficienza tecnico-produttiva dimostrata ha ottenuto la fiducia e la preferenza dei più importanti operatori del settore e studi di progettazione. Le realizzazioni sono estremamente diversificate e personalizzate: lo studio di allestimenti è infatti in totale sintonia con le esigenze dell’utilizzatore. Comes è certificata Iso 9001:2000 ed inoltre l’azienda è in possesso dell’iscrizione SOA OS18, OS6, OG1. Comes Metalmeccanica Srl www.comesgroup.it
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I rivestimenti di facciata Per rivestimento di facciata si intende di solito un sistema costruttivo esterno al tamponamento primario dell’edificio, con funzioni essenzialmente di barriera isolante, di schermo ottico o di qualificazione estetica dell’edificio stesso. In generale il rivestimento di facciata
Foto di “The Sly Gentleman” Edificio a Vienna
foto di Patrick Bolduan Prefettura di Tokio Balconi coperti da una facciata in vetro strutturale
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caratterizza e identifica un edificio in maniera molto più evidente rispetto a serramenti, dettagli o rifiniture varie. Il concetto di rivestimento di cui tratteremo non sarà quindi inteso come un sistema tradizionale per coprire semplici strutture industriali: esso richiamerà piuttosto un sistema costruttivo versatile in grado di esprimere differenti concezioni estetiche e progettuali, e che trova la propria applicazione prevalentemente nel settore terziario dell’edilizia commerciale e pubblica. In quest’ottica si tenterà di offrire una
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panoramica sistematica dei prodotti e delle tecnologie presenti sul mercato ponendo attenzione ai vari materiali architettonici quali l’impiego del legno, dei rivestimenti in pannelli di fibre di cemento, dell’alluminio, del metallo o acciaio preverniciato, dei pannelli multistrato in titanio fotocatalitico, quelli in acciaio inox, acciaio smaltato (porcellanato) e rame. I centri storici rappresentano certamente un mercato potenziale enorme, ma spesso si deve intervenire con materiali più o meno tradizionali o quanto meno più inseribili tra l’esistente, mentre il grosso del mercato è oggi nei nuovi centri direzionali e commerciali, nel rifacimento di uffici, nonché negli edifici pubblici in genere (aeroporti, scuole, università, ospedali, centri sportivi, ecc.). Spesso gli edifici di recente realizzazione risultano composti da una parte “solida”, in muratura tradizionale o cemento armato, e una parte “leggera”, costituita da una facciata continua in vetro rivestita sempre più spesso da uno schermo di lamiera forata d’acciaio. Ci troviamo in questo caso di fronte a involucri edilizi con due strati sovrapposti dove gli ulteriori rivestimenti di facciata con pannelli in lamiera forata, bugnata o stirata, rappresentano una soluzione innovativa dal forte tratto tecnologico e d’avanguardia. Un sistema di rivestimento esterno di parete è infatti un insieme, più o meno complesso di strati funzionali, parte delle chiusure verticali, aventi come funzione primaria quella di proteggere gli edifici dagli agenti atmosferici e dalle sollecitazioni esterne cui sono sottoposti nonché di garantire al sistema di chiusura una uniformità di aspetto con eventuale non ultima, funzione decorativa e rappresentativa. Inoltre il sistema di rivestimento, per rispondere a esigenze di resistenza, di sicurezza, di benessere igrotermico ed acustico, di aspetto e durabilità, deve avere particolari requisiti di stabilità, di resistenza al vento, agli urti, al fuoco, di tenuta all’acqua e all’aria. La norma UNI 7959 de-
finisce i requisiti che interessano le pareti perimetrali verticali nel loro complesso, in cui sono compresi tutti gli strati funzionali, individuandoli in base a classi di esigenza. Prevalentemente i nuovi interventi architettonici sono caratterizzati dall’impiego di elementi ciechi o di pannelli compositi coibentati. Tra i pannelli ciechi c’è un largo uso di laminati in alluminio preverniciato in continuo che utilizzano la tecnologia della Verniciatura con speciali polveri termoindurenti a base di resine ad alta flessibilità. La ragione di questa scelta è semplice: l’alluminio, più di qualunque altro materiale, possiede doti mimetiche e di adattabilità che gli consentono di inserirsi adeguatamente in qualunque contesto progettuale. Ma non vanno qui dimenticate intere pareti che fungono da vera e propria “pelle” per l’edificio: sono le facciate ventilate, connubio tra tecnologia e forma, che possono “alleggerire” visivamente pareti di grandi dimensioni, possono riqualificare ogni tipo di tamponamento esistente e dare valore architettonico anche all’involucro edilizio di minor pregio. Dal punto di vista prestazionale fungono da “pelle” esterna, che, staccata dalla muratura retrostante per mezzo di idonea sottostruttura di ancoraggio, crea un’intercapedine areata dove il calore dell’irraggiamento solare viene dissipato e nasconde l’eventuale strato coibente a “cappotto” che può quindi assolvere ad esigenze di isolamento termico, acustico, antincendio. I rivestimenti di facciata hanno infatti tre grandi utilità: - proteggono la costruzione portante dall’umidità, come per esempio nel caso di piogge battenti; - offrono la possibilità di montare un isolamento termico e quindi risparmiare energia; - consentono di configurare un edificio in maniera originale ed esteticamente gradevole. Si spiega così come i suddetti rivestimenti, diventando l’abito di una edificio che ne determina l’immagine in maniera incisiva ma essenziale, hanno ottenuto la preferenza e l’apprezzamento di molti progettisti anche in relazione ad interventi di grande impegno espressivo.
Il Parco della Musica a Roma
Un progetto di rilancio e riqualificazione della città Un vero centro di iniziativa polivalente, un Auditorium complesso che viene definito, secondo l’espressione di Renzo Piano, una vera “fabbrica di cultura”. Dalla data di inaugurazione, 21 dicembre 2002, l’Auditorium Parco della Musica è infatti una consolidata realtà nel panorama della vita culturale della città di Roma e del Paese. Ma continuando con le parole dell’Architetto Renzo Piano ricordiamo: “La più bella avventura, per un architetto, è quella di costruire una sala per concerti. Però l’Auditorium di Roma non è un semplice Auditorium ma una vera e propria Città della Musica: con tre sale, un anfiteatro all’aperto, delle grandi sale di prova e di registrazione. L’avventura, a Roma, si è quindi arricchita di una importante dimensione urbana: l’Auditorium non è soltanto un impianto musicale; c’è anche una piazza, c’è l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, c’è gente che ci lavora,
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ci sono dei negozi, bar e ristoranti. Funzioni tutte che affidano a questo progetto l’importante funzione di rendere urbano questo luogo (zona ex Villaggio Olimpico) che ha bisogno di urbanità.” Ma occorreva dare al luogo una dignità urbana e territoriale che si integrasse con le altre aree limitrofe: i Parioli a sud, il quartiere Flaminio ad ovest, il Villaggio olimpico a nord ed il verde di Villa Glori ad est. E l’inventiva del progettista non si è fatta attendere. La vasta area, strutturata a luogo di cultura ed incontro, si identifica oggi con i grandi liuti delle tre sale di rappresentazioni: una particolare configurazione dei volumi, costruiti seguendo la intrinseca funzionalità degli stessi, che riesce a coprire tutte le esigenze musicali richieste. I tre volumi, fortemente connotati, sono tre “casse armoniche” immerse nel verde ma rivestiti totalmente di un materiale insolito: il rame, con il suo
fortissimo potere attrattivo. Sono trascorsi quasi sei anni dalla inaugurazione dell’Auditorium Parco della Musica, ma il fascino del luogo non è mutato. Sono sì cambiati i colori predominanti dell’involucro totale delle tre sale, ma sicuramente era anche questo previsto. Il progetto di Renzo Piano voleva sfruttare la caratteristica stessa del materiale: l’ossidazione del tempo ha reso infatti il grande complesso musicale perfettamente inserito nel contesto urbano. Una bellezza plurale, fatta di tanti elementi, per attraversare la Storia ed entrare da protagonista nella contemporaneità.
Foto di “Di Ianni” Comune di Roma
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La cultura dell’isolamento termico Bisogna porre rimedi anche al Paese del Sole
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ffrontare seriamente le problematiche connesse con l’involucro edilizio significa anche dover constatare che in Italia c’è molta disinformazione tecnica. Anche il tema delle impermeabilizzazioni e coibentazioni è poco conosciuto dall’italiano medio. Le riviste di settore o le riviste a larga diffusione ne parlano spesso, ma non basta. Se si facesse un’indagine statistica in merito ad una vera cultura sulla coibentazione e l’isolamento termico, si avrebbero dei risultati alquanto disarmanti. E qui non parliamo certamente di tecnici e specialisti. Proprio in questi ultimi anni l’aggiornamento professionale ha evidenziato la necessità di adeguare tutte le costruzioni italiane ad un uso più razionale dell’energia, ad una scelta più oculata dei materiali, ad un miglioramento generale del comfort abitativo. In Italia vi è uno scarso impegno per l’isolamento termico, ed ancor più grave gli italiani non hanno una grande conoscenza delle varie normative di settore. E’ anche vero che la Giurisprudenza italiana è nota per le disposizioni legislative laboriosissime, spesso in contrasto tra loro, ed ancor più spesso con previsione di tempi troppo lunghi (basta ricordare l’uso indiscriminato dei decreti attuativi da emanare sempre in fasi successive). Ma pochissimi sanno esattamente quando le abitazioni nuove o ristrutturate devono rispettare i parametri energetici minimi o quante possibilità ci sono per le agevolazioni ad interventi di risparmio energetico. In Europa, infatti, l’Italia è fanalino di coda per l’isolamento degli edifici seguito da Turchia, Slovacchia e Polonia. Una leggerezza che determina uno spreco di energia di oltre il 40%, con conseguenze enormi per l’inquinamento ambientale. A breve ogni immobile edilizio dovrà essere dotato di un certificato energetico per poter essere venduto o acquistato, quindi ci sarà la possibilità di avere abitazioni che consentano di risparmiare energia e di diminuire i costi per il riscaldamento e il raffrescamento. L’isolamento termico degli edifici in-
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fatti permette di ridurre i consumi energetici e di conseguenza anche l’inquinamento atmosferico; consente di eliminare il rischio condensa in corrispondenza dei ponti termici; protegge dall’umidità e dalle muffe; ecc. Bisogna in primo luogo intervenire su materiali adeguati, certificati e di largo consumo già in fase di costruzione, e per tutti gli interventi sull’esistente ormai si sono sviluppate tecnologie altamente collaudate. La tecnica più conosciuta consiste nell’isolamento delle pareti dall’ester-
no dell’edificio, di norma tramite l’applicazione di pannelli isolanti sui quali verrà poi applicato l’intonaco o il rivestimento. Tramite questa soluzione, chiamato isolamento a cappotto esterno, si può ottenere la continuità dell’isolamento sulla facciata anche in corrispondenza di travi e pilastri. Con opportuni accorgimenti la continuità può proseguire anche sulla copertura e in corrispondenza di even-
tuali aggetti. Inoltre posizionare all’esterno l’isolante consente di sfruttare la massa delle pareti al fine di incrementare l’inerzia termica dell’edificio. Ciò, oltre a garantire migliori prestazioni di Comfort Termico estivo, comporta vantaggi energetici anche nel periodo invernale con la riduzione dei moti convettivi di aria legati alla temperatura superficiale delle pareti perimetrali. Ma questo è solo un esempio, c’è molto da sensibilizzare e da operare,
anche perchè la disponibilità di energia a basso costo ha fatto sì che tutti (costruttori e non) non si siano mai preoccupati troppo dell’isolamento termico degli edifici. E l’aumento indiscriminato dei costi petroliferi ci fa temere il peggio, quindi non si può fare altro che intensificare gli sforzi per raggiungere almeno le attuali situazioni energetiche degli altri Paesi europei.
Immagine termica di un edificio da cui si evidenziano le zone calde con maggiore dispersione (in rosso) e le zone fredde (in blu)
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