Edilia2000 n.9

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Poste Italiane spa - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, CNS S1/BA - € 2,00 - Anno 2010 Numero 9

LA CITTà SOCIALE “Urbanismo” odierno

Tour virtuali

Conoscenza dei Beni culturali

La perdita del centro

L’architettura scivola nell’immagine

Brasilia

50° anniversario della fondazione



sommario NOTIZIE Direttore responsabile Arch. Alessandro Robles Direttore editoriale Arch. Lorenzo Margiotta Redazione Hanno collaborato a questo numero: - Arch. Nicola Piro - Arch. Marina Zonno - Arch. Roberto Ugo Nucci

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Contra’ Leopardi

Un quartiere di classe A

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Il progetto Xeolo

Turbine eoliche ad asse Verticale

EVENTI

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Technodomus 2010

Arredamento e costruzioni

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La città dell’uomo

L’Italia all’Expo 2010 di Shanghai

Segreteria di Redazione Simona Serpino

ARTICOLI

Editore Evolution City Group S.a.S. di Maurizio Margiotta & C.

Registrazione Registrazione del Tribunale di Bari n. 33/07 del 4 Ottobre 2007 Iscrizione al ROC n. 16655 Pubblicità Camilla Maiorano tel. 080-2146234 c.maiorano@edilia2000.it Contatti tel. 080-2146234 fax 080-4552441 email: info@edilia2000.it web: www.edilia2000.it

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Dipl.Architekt Nicola Piro

La città sociale

“Urbanismo” odierno Arch. Lorenzo Margiotta

Sicurezza dell’abitare

Lettera aperta degli Architetti Arch. Marina Zonno

Tour virtuali

Conoscenza dei Beni culturali

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Arch. Roberto Ugo Nucci

La perdita del centro

L’architettura scivola nell’immagine

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Arch. Lorenzo Margiotta

Brasilia

50° anniversario della fondazione

Aziende VIP presenti su www.edilia2000.it

Numero 9 - Anno 2010 Tipografia GrafiSystem S.n.c. - Bari © Diritti di riproduzione riservati

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NOTIZIE

Contra’ Leopardi

Un quartiere di classe A I centri antichi delle città italiane possedevano caratteristiche spaziali che permettevano ai cittadini attività e stili di vita impossibili da mantenere nei grandi spazi anonimi delle espansioni dell’ultimo secolo. Sotto il profilo sociale, vie e piazze erano luoghi di relazioni spontanee in ogni ora della giornata e contribuivano a far nascere nei cittadini quel necessario senso di appartenenza alla città. La strada era una sorta di estensione della propria casa. Alla sempre crescente richiesta di qualità ambientale degli spazi urbani si associa oggi anche quella della vivibilità in termini di accessibilità e sicurezza. A Olmi di San Biagio di Callalta, in provincia di Treviso, un intero quartiere è stato progettato partendo da queste premesse. Contra’ Leopardi è stato infatti disegnato a “dimensione d’uomo” dall’equipe dell’architetto Toti Semerano. Concepito come un luogo dotato di costruzioni e spazi aperti dove è possibile

svolgere attività comuni senza pericoli, il quartiere al suo interno rinnega i ritmi quotidiani segnati dalla dipendenza automobilistica. Alla base di questa scelta sta la volontà, da parte di committenti e progettisti, di opporsi alla ripetitiva e anonima tipologia residenziale di molte periferie italiane, per recuperare l’esperienza dei borghi antichi fatta di elevate condizioni di vita e un approccio armonioso degli spazi. In pianta il quartiere mostra uno sviluppo articolato che tenta di equilibrare i pieni coi vuoti dati dalle piccole piazze. Tutte le aree interne sono pedonali e tra gli spazi pubblici e quelli privati a verde sono presenti delimitazioni che non si pongono come ostacoli visivi bensì assicurano una continuità spaziale. Molta cura è stata data alla scelta delle essenze vegetali. Il verde è presente sia come decoro che per svolgere delle precise funzioni, come nel caso dei muri passivi. Le abitazioni, se non dispongono di propri giardini, hanno

ampie terrazze con frangisole in legno o ferro. Il quartiere non dispone di spazi privati comuni e ogni unità, che possiede un elevato livello di privacy, è dotata di ambienti spaziosi, luminosi e salubri. I materiali utilizzati per le murature, come l’intonaco di cocciopesto traspirante, sono infatti ecocompatibili e permettono all’abitazione di mantenere un’ottimale condizione termoigrometrica. Quest’ultima è garantita anche da impianti autonomi di riscaldamento: una unità solare piana posta sulla copertura integrata da caldaie a condensazione. L’efficienza dell’involucro edi-

lizio è ottenuta con un sistema muro in blocchi di laterizio da 48 cm di spessore. Il quartiere Contra’ Leopardi, che nel nome è un omaggio al grande poeta italiano, vuol essere un esempio di area urbana progettata secondo le regole della sostenibilità. Anche la raccolta differenziata dei rifiuti è pensata in ogni dettaglio e sono presenti isole ecologiche ben schermate e vicine alle aree di parcheggio. Tutto questo al fine di realizzare un quartiere di “classe A”, per dirla in termini energetici.

Il progetto Xeolo

Turbine eoliche ad asse Verticale La produzione di energia da fonti rinnovabili è al centro delle ricerche di numerose aziende che, negli ultimi anni, stanno cercando di perfezionare sistemi, per uso industriale e civile, più efficienti ed accessibili soprattutto alle utenze domestiche che non possono permettersi investimenti a lungo termine. E se da un lato si sperimentano nuovi sistemi di sfruttamento dell’energia solare, anche l’eolico trova le sue versioni in piccola scala sicuramente più commercializzabili delle tradizionali e mastodontiche pale. Una delle nuove proposte è sicuramente il progetto “Xeolo” della Dealer Tecno (www. xeolo.com), frutto di tre anni di studio e ricerca e immesso da poco sul mercato. Si tratta di un impianto eolico dotato di un rotatore di 6 metri di altezza

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e 3 metri circa di diametro che andrebbe posizionato su un traliccio alto tra i 9 e i 15 metri o su una base a tre piedi, nel caso in cui venga installato in cima ad un palazzo, in genere sulla copertura del vano scale. Rispetto alla tecnica tradizionale, in questo mini impianto sono stati risolti i deficit di avviamento a bassi regimi e l’autocontrollo dal sovra giri. In caso di venti forti, per scelte costruttive la struttura è infatti sicura e protetta. L’accoppiamento assiale con i nuovi motori ad asse passante tipo Bruschless assicurano, inoltre, una produzione direttamente in trifase a 220 Volt da 6 Kwh. L’avvio del rotatore avviene con la presenza di un vento costante di almeno 4 mt/sec. Successivamente, la turbina inizia a roteare in senso antiorario per aumentare costan-

temente fino ad entrare in pieno regime a 20 -25 Mt/sec. A differenza di altri, questo impianto eolico possiede un buon grado di silenziosità e la turbina in movimento produce un rumore inferiore a quello dell’ambiente circostante. Anche i risultati relativi alla produzione annua di energia elettrica sono incoraggianti: in base alle 2000 - 2400 ore di vento utili che vengono considerate nell’arco dell’anno, Xeolo riesce in media a generare circa 12 megawatt. Installabile ovunque, Xeolo si inserisce bene in contesti urbani, sia all’interno di quartieri, contribuendo allo sviluppo di aree a basso impatto ambientale, che in viali o in rotatorie. Tuttavia la massima espressione ed efficienza dell’impianto si può ottenere nell’applicazione in case e ville isolate o

rurali, ove si può raggiungere l’indipendenza energetica o rivendere l’energia prodotta (circa 1,2 / 1,5 Megawatt Anno a seconda dell’esposizione). Nella Campagna Sustainable Energy Europe di Bruxelles, realizzata col patrocinio del Ministero dell’Ambiente Italia, la Comunità Europea ha premiato l’innovativa estetica e il design funzionale ed intrinsecamente sicuro di questo mini impianto eolico di nuova generazione.

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EVENTI

Technodomus 2010

Arredamento e costruzioni Technodomus 2010, il “Salone dell’Industria del Legno per l’Edilizia e il Mobile”, si svolgerà all’interno del quartiere fieristico di Rimini dal 20 al 24 aprile 2010. Il legno come materiale da costruzione e d’arredo è tornato di gran voga per le sue naturali caratteristiche tecniche ed estetiche. Oltre ad essere il più gradevole e e confortevole

materiale per finiture e arredo, si è riscoperto recentemente quale ottimo materiale per doti costruttive e antisismiche. Posizionando l’inaugurazione al 20 aprile, TECHNODOMUS intende raggiungere un target strategico di visitatori, proponendosi subito a seguire la chiusura del Salone Internazionale del Mobile, al quale i produttori di mobili e più in ge-

La città dell’uomo L’Italia all’Expo 2010 di Shanghai “Better city, Better life” è il titolo dell’Expo 2010 in programma dal 1 maggio al 31 ottobre 2010 a Shanghai, sulle rive del fiume Huangpu. Questa edizione è dedicata alle “urban best practices” con sottotemi che riguardano cinque ambiti: molteplicità delle culture urbane; crescita economica e prosperità delle aree urbane; innovazione scientifica e tecnologica per le aree urbane; ri-creazione di comunità urbane armoniose; interazione tra aree urbane e rurali. Si tratta di un’importante occasione d’incontro tra tutti i popoli del mondo che possono così condividere esperienze sulla costruzione delle città ed analizzarne le possibilità di sviluppo futuro per promuovere le diverse eredità culturali. Il tema del padiglione Italia è “La città dell’uomo”, immaginata dall’architetto Giampaolo Imbrigli, che vuole

coniugare armoniosamente il progresso con la tradizione. Il padiglione è composto da uno spazio espositivo di sette mila metri quadrati e rappresenta una sintesi delle eccellenze del nostro Paese nei settori che contribuiscono a migliorare la qualità della vita nelle aree urbane. In queste rientrano le nuove tendenze architettoniche, urbanistiche, ingegneristiche e di design, le tecniche edilizie eco-sostenibili, le infrastrutture, i servizi

nerale il mondo della progettazione, potranno aggiungere l’opportunità rappresentata da una visita a TECHNODOMUS. Architettura e coperture in legno, strutture portanti e case di legno, materie prime (pavimenti e rivestimenti in legno), tecnologie per il legno strutturale, macchinari, accessori e utensili per la prima e seconda lavorazione del legno, scale, vetri e pannelli solari, nonché decorazioni: queste le categorie presenti in questa seconda edizione di Technodomus. Consapevoli tuttavia di un periodo economico che mette a dura prova le imprese nazionali e internazionali, Rimini Fiera e Intesa Sanpaolo hanno siglato un accordo di collaborazione che favorisce l’accesso al credito alle aziende che non intendono perdere l’opportunità di esporre a Technodomus 2010. La finalità di questa proposta è di fornire un sostegno concreto a chi nell’attuale congiun-

sociali, gli eventi culturali. Tutto riunito in un edificio che integra, in un modello tipico di tessuto urbano italiano, vie strette, corti e vicoli che si dilatano all’improvviso negli spazi aperti delle piazze. L’ideazione del padiglione italiano è partita dalla consapevolezza che una profonda crisi di sostenibilità ambientale sta caratterizzando la vita delle grandi metropoli del XX secolo. Crisi data da una progressiva espansione, dall’impoverimento dei luoghi urbani e da una “alienazione” degli abitanti nei confronti del territorio. Il graduale abbandono dello spazio pubblico collettivo, infatti, porta alla nascita di

tura economica intende reagire. Si tratta di uno strumento finanziario per affrontare tutte le tipologie di spesa collegate alla promozione fieristica e all’aggiornamento congressuale. I finanziamenti prevedono un importo massimo di 250.000 euro, con rimborso rateale fino a 12 mesi, a condizioni agevolate. Ci si può rivolgere a tutte le 6.100 filiali di Intesa Sanpaolo e presso gli sportelli delle 21 banche che fanno parte della Banca dei Territori del Gruppo. “non luoghi” in molte moderne megalopoli. Al contrario, un sistema urbano basato su schemi dimensionali più contenuti, che mirino ad avere un ottimale rapporto con il contesto naturale esterno ed interno all’abitato, riesce ad ottenere risultati qualitativamente più elevati. Il padiglione Italia è ispirato alla tradizione delle sue città, capaci di evolversi nei millenni conciliando la tutela dell’eredità storica con le sfide della modernità, ed alla dimensione culturale della città, che favorisce lo sviluppo del “vivere all’italiana”. “La Città dell’uomo” è pensata come un centro ecosostenibile, con un funzionamento bioclimatico raggiunto con l’uso di pannelli solari integrati nelle grandi vetrate delle coperture, volti a garantire significativi risparmi energetici. L’Italia aderisce anche all’iniziativa “Expo-on-line”, una versione virtuale della manifestazione che riproduce e sviluppa sul web i contenuti del padiglione.

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ARTICOLI

La città sociale “Urbanismo” odierno

Dipl.Architekt Nicola Piro (Germania)

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In un futuro non lontano nei quartieri della città vivranno a stretto contatto di gomito famiglie e single, immigrati e disoccupati, studenti e pensionati, gruppi sociali con diversi stili di vita: quartieri ad alto rischio di criminalità diffusa e luogo di tensioni sociali nei quali il principio della speranza diventerà una chimera da inseguire nei sogni grazie anche al puntuale, edulcorante e cloroformizzante annacquamento di noiosi programmi televisivi, gossip e programmi canzonettistici di fine settimana che nulla di formativo hanno da offrire ad una società segmentata nella quale le asimmetrie sociali (il divario tra ricchi e poveri) cresceranno in maniera esponenziale. Dalla miseria del suburbio e dei quartieri dormitori privi di infrastrutture sociali e culturali alla decadenza della città storica formatasi nel tempo seguendo ritmi di crescita naturale certamente non così traumatici come oggi. Nei centri minori le cose non vanno per il meglio: strutture urbane che di positivo hanno tramandato un senso di appartenenza al luogo, un rapporto di vicinato dileguatosi nel tempo sino a scomparire, concedendo spazi impropri ad abitudini meccanicistiche connotate da fenomeni turbativi come l’invadenza dell’auto in luoghi (cortili, vicoli e strade) concepiti a misura d’uomo. L’atmosfera tipica del borgo e il fascino delle città-paese di Sicilia - nel secondo caso per ricordare una tipologia urbanistica irripetibile nei suoi tagli dimensionali e rapporti spaziali e di scala - è andata perduta per essere, infine, cancellata dalla memoria collettiva a cagione soprattutto dell’insensibilità di istituzioni politiche e culturali di base. Al centro di questo degrado o pauperismo spirituale a nostro avviso devono essere collocati due di alcuni macro-fenomeni sociali: l’invadenza sfrenata di una politica sostenuta dall’insipien-

za dei cittadini verso il “pubblico” e l’assenza di figure-guida e di propulsione come l’architetto, visto nel suo ruolo di sismografo della società. Una caduta di tensione, insomma, che se da un lato non può che generare un terribile senso di horror vacui, dall’altro non può che sollecitare una carica interiore di ribellione, una mobilitazione delle coscienze da alimentare con il richiamo ai concetti di sane idee e fondamenti politici (non ha importanza rilevante se ispirati dalla rivisitazione di parametri socialisti o corporativisti), purché liberati da ogni forma agnostica e negazionista di valenze morali in assenza delle quali anche certe spinte irrinunciabili di utopia sociale (così è sempre stato in passato) finiscono per atrofizzarsi. Dalle utopie dei due Tommasi, Campanella e Moro, alle visioni delle dittature, rispettivamente, marxista e proto-fascista, da un lato, attraverso la crisi profonda ed irreversibile dell’esperimento comunista, sino ai rimodellamenti di una socialdemocrazia che a nostro avviso non ha finito di recitare il suo rosario, esistono ancora spazi di manovra per un recupero democratico dell’azione politica quotidiana da innestare ai molteplici bisogni di una società irrequieta che attende risposte dal basso in assenza delle quali, oltre alla crescita dei rischi di disgregazione sociale, ha luogo un processo di atomizzazione disorganica di bisogni che dalla vivibilità della città come macrospazio di vita (in senso lato) si estendono all’anelito di una dimora - nelle sue forme tipologiche di case e alloggi - intesa e percepita, assieme al lavoro, come “diritto” fondamentale irrinunciabile. Ed eccoci, così, al tema dell’urbanismo (più che dell’urbanistica). Sino a quando noi identificheremo l’urbanismo con le entità o le categorie fisiche della città, mai giungeremo ad una sua concezione come modus vitae. Poiché la città è in primo luogo una “relativamente grande e densa colonia di individui, socialmente eterogenea” (Louis Wirth, 1938: Urbanism as a Way of Life in “The American Juornal of Socioloy”) e gli architetti “coloro in grado di pensare a tutti gli aspetti scientifici, tecnici,

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economici e compositivi del costruire convogliandoli sapientemente in una opera unitaria” (Walter Gropius, 1929). Mai come ora, alla luce del marasma nel quale sono state relegate le politiche formative negli Istituti tecnici superiori e nelle Facoltà di Architettura e d’Ingegneria, da una parte, la gestione delle politiche urbane, la cura del paesaggio e la difesa del territorio nel nostro Paese, dall’altra, si sente la necessità di raccolta di tutte le energie (pressure group) atte a richiamare la politica ai suoi doveri verso la società sia in termini d’impegno legislativo qualificante che operativi e funzionali. In Italia si sono succeduti esecutivi di Governo privi di un Ministero per l’Edilizia, lo Sviluppo, la Pianificazione urbana e per il Traffico, con Assessorati regionali ai LL.PP. trasformati in centri di potere gestiti dalla partitocrazia, dopo aver mortificato lo spirito innovativo della Legge Urbanistica nazionale 17 agosto 1942, n.1150 con l’introduzione d’insignificanti leggi urbanistiche regionali e nell’assenza di un Ordinamento sull’uso dei suoli e dei lotti edificabili (Leggi Urb. e Ordinamento costituiscono il Diritto urbanistico). Mancano rigorosi Regolamenti Edilizi regionali, nel loro ruolo preminente di volano economico ed ambito di ricerca sui materiali da costruzione, delegando all’arbitrio di sedicenti Commissioni edilizie comunali (una mortificazione per i progettisti!) ruoli e funzioni di sensibilizzazione alla composizione ed al decoro precipui degli Statuti urbani (R.E. e Statuti urbani costituiscono il Diritto edilizio pubblico). Le amministrazioni comunali di città metropolitane e di città grandi e medie sono sprovviste di efficienti Uffici Tecnici per il controllo dell’attività edilizia sul territorio ed Uffici per lo Sviluppo, la Pianificazione urbana e per il Traffico dotati di architetti-pianificatori cui delegare la redazione di PRG (Piani Regolatori Generali) con le loro “indicazioni”, e PPG (Piani Particolareggiati Generali) e/o di settore, questi ultimi con le loro “prescrizioni” (indici di superfici con l’esclusione tassativa di indici di cubatura, allineamenti stradali, larghezze

di strade e marciapiedi, numero dei piani fuoriterra, tipologie urbanistiche e tipologie residenziali, forma dei tetti, distanze tra gli edifici, aree per la raccolta ordinata dei rifiuti domestici, etc.) deputati alla costruzione logica e razionale della città. Al contrario una infinità di inutili Uffici tecnici di Comuni minori, a nostro avviso, sono da sostituire con Uffici tecnici e di Pianificazione “comprensoriali” nel quadro di una seria riforma delle autonomie locali con l’abrogazione delle Comunità montane, l’istituzione del “Comprensorio” di più Comuni, l’abrogazione della Provincia “politica” attuale e l’istituzione della Provincia “amministrativa”, posta tra l’Amm.ne regionale e i Comprensori di una stessa Provincia, nel quadro generale di un credibile Federalismo “politico”, prima che “fiscale”. Non si tratta di utopie! Questa è la realtà nella Germania dell’efficienza amministrativa comunale in quella saggia articolazione di Diritto amministrativo, Diritto urbanistico, Diritto edilizio pubblico, Diritto ambientale, ma anche Diritto contrattuale e professionale. Di un Diritto urbanistico regolato da una Legge urbanistica naz.le esemplare che al § 171e, Abs.2-4 ed all’insegna della partecipazione di cittadini consapevoli del loro ruolo, recependo le direttive emanate dall’UE e utilizzando i fondi all’uopo messi a disposizione, ha fatto della “Città sociale”, nel contesto dei grandi interventi di risanamento e trasformazione urbana ed alla scala di quartiere, luogo di analisi, ricerca, studio ed interventi qualificati e mirati al miglioramento della struttura sociale. È nella ritrovata consapevolezza del loro ruolo sociale e culturale, in difesa dei loro interessi professionali e nel segno di quel rigore connaturato all’“ordine” stesso dell’architettura che gli architetti italiani devono trovare la forza per fare della loro presenza nella società una grande forza d’urto anche in termini elettorali, in guisa di convogliare la politica nei binari della moralità, della responsabilità, della legalità e della dignità nazionale. E non è poco.

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articoli

Sicurezza dell’abitare

Lettera aperta degli Architetti Serve una grande riforma per garantire il diritto primario dei cittadini alla “sicurezza dell’abitare”. Lo afferma Massimo Gallione, Presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, in una lettera aperta al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, a nome dei 145mila architetti italiani. “Occorre -si legge nella lettera- una rinnovata unità di intenti, politica e legislativa, tra le istituzioni statali, regionali e comunali; occorrono incentivi che promuovano l’intervento privato; occorre una responsabile accelerazione e semplificazione delle procedure amministrative; occorre investire nella ricerca e nella qualità architettonica e tecnologica per affrontare nuove problematiche strutturali ed energetiche”. In Italia gli edifici esistenti -soprattutto scuole e ospedali- sono spesso deteriorati, per non parlare poi delle numerosissime costruzioni residenziali che sono causa di devastanti eventi calamitosi. Le motivazioni sono varie: dalla mancata manutenzione alla vera e propria trascuratezza, dalle a volte imprecisioni progettuali alle carenze costruttive, dalla poca affidabilità di alcuni materiali alla negligenza di maestranze impreparate o fraudolente. Oggi abbiamo il Piano Casa che ci consente di demolire e ricostruire anche con un incremento di cubatura, ma siamo proprio sicuri che la mentalità diffusa nel nostro paese ci permetta di sperare in un cambio di rotta? A molti mesi dall’approvazione della legge sulle agevolazioni in edilizia, approvata (anche se in ritardo) in molte regioni italiane e che avrebbe dovuto garantire una boccata d’ossigeno all’economia e allo sviluppo industriale e di privati, sono poche le domande pervenute agli Uffici Tecnici dei Comuni. Quello che doveva essere lo strumento per il rilancio dell’edilizia e dell’economia, dunque, stenta a decollare. Forse è giunto il momento di programmare una seria diagnosi degli edifici esistenti. E’bene fare proprie le parole del Presidente Gallione: Occorrono programmi architettonici ed urbanistici che garantiscano il diritto primario dei cittadini alla “sicurezza dell’abitare”. Certamente si tratta di combattere anche molti interessi economici trasversali, dai costruttori agli immobiliaristi, dai piccoli proprietari sprovveduti agli enti locali, ma ormai servono decisioni forti anche in merito alla certificazione statica di tutto l’esistente. Solo così anche il Piano Casa, snaturato della sua originaria funzione per colpa di molte regioni che non hanno colto lo spirito innovativo dell’occasione governativa offerta, potrà essere una irrinunciabile occasione per l’industria e l’economia italiane anche ai fini di contribuire a superare la grave crisi che pesantemente colpisce i professionisti italiani. Ricordiamo che fine ha fatto non molto tempo fa la proposta del cosiddetto fascicolo del fabbricato. Vogliamo continuare a vivere in situazione di pericolo, per non scontrarci contro gli interessi del “blocco edilizio”? Sappiamo benissimo come è stata realizzata la grandissima parte dei 90 milioni di nuovi vani costruiti nel dopoguerra, sui 120 milioni esistenti nel

Paese. Siamo ancora scossi dalla visione sconcertante di ciò che è accaduto in Abruzzo, ma dobbiamo solo rincorrere le emergenze o fare tesoro delle esperienze acquisite? Bisogna quindi attivarsi, tutti insieme e ciascuno con le proprie competenze, per affrontare una buona volta l’annoso problema della sicurezza delle costruzioni. Anche così si può sperare in un vero e proprio sviluppo della qualità architettonica (anche attraverso il contenimento dei consumi energetici e il superamento dell’emergenza geologica) e non soltanto in una nuova era di inevitabili addizioni edificatorie prive di estetica e più ancora di sicurezza, per ridurre al massimo i danni causati dalle calamità sismiche.

Arch. Lorenzo Margiotta

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ARTICOLI

Tour virtuali Arch. Marina Zonno Istituto per le Tecnologie della Costruzione, ITC – CNR Sede di Bari marina.zonno@itc.cnr.it

Fig. 2 Visualizzazione foto panoramica Cattedrale Di Bitonto – Bari

Fig.1 - Foto panoramica, Abbazia Santa Lucia - L’Aquila

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Conoscenza dei Beni culturali

Il patrimonio culturale e naturale rappresenta un elemento chiave dell’identità di un territorio in quanto testimonianza tangibile del passato e della cultura propria di ogni popolo, tanto da costituire uno dei punti fondamentali dei settori della ricerca scientifica. Gli obiettivi alla base di ogni azione mirata alla salvaguardia dei Beni Culturali sono fondamentalmente tre: la tutela, la valorizzazione e la fruizione che diventano, in questo momento storico di globalizzazione, una notevole possibilità di comunicazione e interscambio tra le nazioni nel rispetto delle singole identità. Il raggiungimento di questi importanti obiettivi non può prescindere dalla conoscenza approfondita di un bene che permetta la comprensione di tutti gli aspetti che lo costituiscono e che fornisca una documentazione completa ed esauriente. La consapevolezza dell’importanza del ruolo che oggi assume la conoscenza del patrimonio culturale per ogni paese sta spingendo la ricerca scientifica a trovare nuove strade e nuove tecniche di comunicazione che consentano di coniugare la necessità di documentazione alla volontà di salvaguardia dell’immenso patrimonio culturale mondiale. Il nostro patrimonio culturale, caratterizzato da una grande varietà tipologica e quindi da problematiche specifiche e differenti, necessita, più di quanto accade in altre realtà, di una conoscenza più approfondita di ogni suo aspetto. Gli strumenti che fino a pochi anni fa erano a di-

sposizione delle varie discipline afferenti al settore dei beni culturali sono, nel nuovo panorama, obsoleti e insufficienti, non riuscendo a coprire tutte le esigenze che l’argomento richiede. In questo senso le moderne tecnologie hanno dato negli ultimi anni un apporto considerevole alle metodiche di conoscenza e trasmissione delle informazioni necessarie, fornendo strumenti assolutamente straordinari e attivando modalità di indagine finora assolutamente impensabili. Ausilio importante viene inoltre fornito dalle potenzialità offerte dalle rete che consente una consultazione in tempo reale e uno scambio di informazioni diversamente irraggiungibili. L’utilizzo del web fornisce l’opportunità di estendere la fruibilità delle risorse culturali superando i confini geografici e offrendo la possibilità di’vedere’ e’conoscere’ senza doversi fisicamente spostare. Tutto ciò è reso possibile dai nuovi sistemi multimediali, siano essi di grafica interattiva tridimensionale, rappresentati dalla “realtà virtuale”, o di realizzazione ed elaborazione di particolari immagini fotografiche, dette panoramiche o immersive, che rappresentano invece la “visione virtuale” del bene o ambiente oggetto d’interesse (figura 1). La documentazione fotografica di un bene ha da sempre avuto una funzione importantissima, ponendosi come uno strumento insostituibile per la conoscenza, la tutela e la valorizzazione dei beni culturali; oggi le potenzialità delle nuove tecnologie consentono di andare oltre la semplice rappresentazione permettendo all’utente, attraverso l’immagine, un trasferimento virtuale all’interno dell’ambiente. Attraverso la fotografia panoramica è possibile catturare la visione del

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mondo come è generalmente percepita dai nostri occhi, “immergendosi” nell’ambiente e offrendo all’utente un’esperienza totalmente nuova e più gratificante rispetto alla visualizzazione classica ottenuta mediante descrizioni e immagini tradizionali (figura 2) . Oltre alla visualizzazione delle singole foto panoramiche, si può compiere un ulteriore passo avanti mediante la creazione di un itinerario virtuale interattivo, definito “tour virtuale”, attraverso il collegamento delle singole immagini, che permette all’utente di interagire col territorio navigando al suo interno tramite la visualizzazione di singoli elementi (figura 3).

La fotografia panoramica Possiamo immaginare la fotografia panoramica come un’esperienza nella quale l’osservatore esplora lo spazio che lo circonda volgendo lo sguardo intorno a sè, come se ruotasse su se stesso di 360°. Mentre nella realtà è lo sguardo dell’osservatore che, attraverso la rotazione della testa, percepisce l’ambiente, nella visione virtuale è la scena stessa che ruota dando l’illusione di trovarsi effettivamente in un ambiente tridimensionale. La tecnica con cui viene realizzata una foto panoramica, consistente nello “stitching” ovvero nell’unione di più fotogrammi allo scopo di ottenere un’unica immagine, è oggi relativamente semplice. Fino ad alcuni anni fa questa operazione richiedeva conoscenze specifiche ed attrezzature costose e specialistiche, necessitando di macchine fotografiche ad obiettivo rotante, appannaggio solo di tecnici professionisti; oggi grazie alle fotocamere digitali e ad attrezzature semplici ed economicamente accessibili a tutti, coinvolge un numero sempre più elevato di utenti coniugando

economicità e facilità d’uso ad elevati livelli qualitativi dei risultati. La realizzazione di una foto panoramica si compone essenzialmente di tre fasi: il processo di rilievo fotografico, ovvero lo scatto fotografico, l’elaborazione dei fotogrammi con software dedicati e la visualizzazione e pubblicazione su web. La prima fase, quella di ripresa, costituisce la base per una buona riuscita di tutto il lavoro, poiché richiede di impostare alcuni elementi, propri delle comuni tecniche fotografiche, come la risoluzione dell’immagine, la corretta esposizione e la sequenza degli scatti (figura 4). Una volta effettuata la ripresa fotografica si passa all’elaborazione dei fotogrammi che vengono mosaicati tra loro attraverso operazioni di “stiching” ovvero di unione; questo processo avviene in maniera del tutto automatica grazie all’utilizzo di software, anche open source o low cost, che consentono, con pochi comandi, di ottenere una foto panoramica di alto livello qualitativo. L’immagine fotografica a questo punto si presenta come una lunga strisciata fotografica di sicuro effetto grafico,

Fig. 3 - Tour virtuale, Chiesa Madre di Triggiano – Bari (autore: S. Capotorto, ITC Bari)

Fig. 4 – Sequenza di scatti per la realizzazione di foto immersive

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ARTICOLI

Fig.6 Visualizzazione foto panoramica, Chiesa Santa Maria ad Cryptas - Fossa (AQ)

Fig. 9 Foto panoramica, Chiesa di San Francesco di Paola - L’Aquila

Fig. 5 Foto panoramica, Chiesa Santa Maria ad Cryptas - Fossa (AQ)

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ma che non dà ancora il senso della tridimensionalità e della realtà che si vuole ottenere(figura 5). L’ultima fase è quindi la trasformazione dell’immagine bidimensionale in una visione virtuale immersiva, gestibile con i comandi del proprio pc. Ciò avviene attraverso comuni visualizzatori, come Quicktime o Flash e Java che consentono una visione full screen e un movimento di rotazione totalmente automatico dando effettivamente la sensazione di trovarsi realmente nella scena fotografata (figura 6).

Il tour virtuale Rappresentare i singoli ambienti, pur nella loro completezza visiva, può a volte non soddisfare l’esigenza di un’approfondita conoscenza, che spesso necessita di informazioni aggiuntive e di un inquadramento spaziale e contestuale. La navigazione virtuale si spinge oltre questi limiti attraverso la realizzazione di itinerari virtuali, detti “virtual tour”, che consentono, mediante il collegamento delle foto panoramiche, una vera passeggiata virtuale. Questa integrazione è resa possibile grazie alla presenza di aree sensibili, dette “hot spot”, all’interno delle immagini o su un’apposita planimetria-guida interattiva, attraverso le quali è possibile spostarsi da un ambiente all’altro, percorrendo itinerari diversificati a secondo dei propri interessi e curiosità. Si viene a creare così un ambiente nel quale ci si può muovere passando da una stanza all’altra semplicemente con un clic del mouse, attraverso un puntatore che suggerisce all’utente la possibilità di un transito virtuale tra due spazi diversi o di un approfondimento su eventuali dettagli. Il progetto si completa con la possibilità di richiamare al suo interno informazioni aggiuntive relative al bene in oggetto, nella forma di testi, documenti, immagini, disegni, filmati, pagine web (figure 7 e 8).

Fig. 7- Tour virtuale del Museo della Dom Kulture Srebrenica, Bosnia Erzegovina

Fig. 8 - Tour virtuale del Parco archeologico di Butrinto - Albania

Finalità ed obiettivi Le possibilità offerte dalle nuove tecnologie per la comunicazione e la trasmissione delle conoscenze consentono di perseguire una molteplicità di finalità, da quella didattica agli obiettivi di promozione

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turistica e non solo; si pensi per esempio a tutti gli eventi devastanti che hanno nel tempo inflitto profonde ferite ai nostri monumenti, come il recente terremoto dell’Aquila o le distruzioni provocate dalla guerra nei territori bosniaci. In questa direzione si sono orientate le attività che l’Istituto per le Tecnologie della Costruzione del Consiglio Nazionale delle Ricerche (ITC CNR) sede di Bari sta portando avanti da diversi anni attraverso la partecipazione a progetti di ricerca di considerevole rilevanza nell’ambito dei beni culturali, in particolare con la partecipazione ai Programmi di Iniziativa Comunitaria e come ente formatore accreditato dalla Regione Puglia. Una delle attività più recenti ha riguardato operazioni di rilievo fotografico a supporto delle attività avviate dall’ITC dell’Aquila in seguito al recente terremoto che ha colpito il territorio abruzzese. La realizzazione dei tour virtuali, nell’immediatezza del sisma, non solo ha assunto valore di testimonianza dello stato dei luoghi, ma fornisce una base di lavoro per un futuro recupero dei monumenti e dei luoghi (figura 9). Altra importante attività, tuttora in corso di svolgimento, ha riguardato il territorio di Srebrenica in Bosnia Erzegovina con una valenza differente, finalizzata non solo a produrre la testimonianza delle distruzioni provocate dalla guerra (figura 10) ma, attraverso la formazione dei tecnici locali,

anche a fornire gli strumenti per consentire la rinascita agli occhi del mondo di una realtà, ormai dimenticata, che invece punta a riottenere una giusta attenzione per ciò che può offrire ad un più vasto pubblico anche, ma non solo, in termini turistici. La diffusione del turismo culturale come strumento per rafforzare la conoscenza e la comprensione di culture diverse e facilitarne l’integrazione ha dato un grande impulso al perfezionamento delle tecniche di fotografia panoramica e di realtà virtuale. Il tour virtuale, in particolare, consente una condivisione del sapere che supera ostacoli e frontiere di diversa natura. Si pensi ad edifici normalmente non fruibili dal pubblico (figure 11 e 12) o oggetti che un museo, per differenti motivi, non può esporre, ma che in questo modo può rendere non solo visibili ma anche pienamente’leggibili’ nel loro significato attraverso le informazioni sui suoi rapporti con il contesto nel quale è collocato. L’aspettativa per gli operatori del settore è che, attraverso la trasmissione della conoscenza, grazie alla diffusione dei tour virtuali, si possa sensibilizzare maggiormente la comunità ad avere massimo riguardo per il proprio patrimonio artistico, culturale ed ambientale, modificando il modo di interagire con esso anche nell’ottica della sua comprensione, conservazione e divulgazione.

Fig. 10 Tour virtuale Memorial Srebrenica, Bosnia Erzegovina

Fig. 11-12 Visualizzazione e strisciata foto panoramica, chiesa di St. Nicholas Mesopotamia, Albania

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La perdita del centro L’architettura scivola nell’immagine Arch. Roberto Ugo Nucci

Le proportions, Le Corbusier

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All’intellettuale di oggi sfugge il senso tragico della storia, la sua complessità e la sua profondità, che era fondamento del sapere tradizionale. L’attualità viene interpretata nella linea del progresso, come sviluppo ed emancipazione continua dagli oscurantismi del passato: la nuova religione razionalista ha rimosso ogni legame con il passato e consegnato al museo della storia il valore della memoria. Si è andato via via affermando una specie di fondamentalismo culturale che ricorrendo a nuove discipline interpretative, come la sociologia e la psicologia, tende a spiegare e a giustificare ogni accadimento dell’oggi, rifiuta un rapporto costruttivo con il passato ed elegge il presente a prometeica visione. Riprendere il filo con la storia, riannodare i lembi spezzati e ricondurre il pensiero nell’alveo della cultura riscattandola dalla condizione involutiva in cui si trova è un passaggio obbligato per un vero rinnovamento. Si tratta di ripensare il significato della scienza e della tecnica, evitando una riduzione a semplice strumento o una deriva a ingannevole scientismo, così da riproporre l’uomo nella sua centralità. L’uomo che era soggetto e protagonista delle sue azioni ora tende a diventare oggetto passivo. Il rischio che si avveri l’uomo robotizzato di Charlie Chaplin, alla mercè della macchina, è possibile, come è possibile che il suo destino sia quello di diventare macchina. La disumanizzazione è un processo irreversibile, se si consegna alla tecnica il dominio sul mondo. Come sostiene Paul Virilio, le regole del mercato e i ritmi del consumo impongono una modificazione antropologica e comportamentale dell’uomo. La corrispondenza con le logiche di un consumismo

sempre più accelerato richiede una modifica delle funzioni reattive dell’uomo. Il pericolo che ciò si avveri non rientra nelle ipotesi possibili, ma rappresenta uno scenario già delineato, se si considera che dalle protesi di sostituzione, applicate nella chirurgia, si è passati alle protesi di accelerazione, già sperimentate negli Stati Uniti, in grado di sollecitare l’immediata reazione dell’uomo, allo scopo di creare un modello-uomo simile ad una macchina. Uno scenario inquietante che interagisce con l’ambiente costruito, che pone il dilemma dell’evoluzione/involuzione dell’architettura moderna. L’architettura scivola nell’immagine, si espone come semplice comunicazione, perde il significato di organicità, si alimenta delle sue possibilità tecniche, diventa tecno-architettura, si manifesta come amorfo contenitore o stalattite informe che esibisce e impone la sua presenza con arrogante indifferenza. In questo contesto l’uomo robot, privato della sua natura di essere pensante e dialogante, viene ridotto alla misura di standard asettico e costretto a vivere nei labirinti di spazi preordinati. L’organizzazione delle funzioni di lavoro, studio, riposo si rifà a un minimalismo di convenienza, estraneo alle reali esigenze dell’uomo, peraltro esposto agli effetti di un processo di concentrazione urbana in continua crescita. In questo quadro il problema bello/brutto si pone come dilemma irrisolvibile, a meno che non si attribuisca alla tecnica un ruolo di dominio incontrastato. La perdita dello stile può significare la rinuncia al disegno di parti decorative ritenute inattuali e all’abbandono di relazioni fra gli spazi come rapporto fra pieno e vuoto senza il vincolo della dimensione utile imposta dalle leggi di mercato.

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Brasilia

50° anniversario della fondazione Ieri ho fatto un sogno. Ho immaginato -ero un giovane architetto del 1956- di fare un viaggio al centro del Brasile. E giungo proprio a Brasilia, la sua capitale, una città pianificata esattamente nella zona centrale del paese. Trovo una distesa immensa, sembra quasi un deserto, poche persone, scarsità di acqua, alcuni animali, pochissime piante, lavoratori sparsi ovunque. Ma vedo anche tracciati di future viabilità, ampi scavi e movimenti terra, cenni di vaste fondazioni, assi paralleli, assi che si intersecano, col binocolo riesco a scorgere anche una selva di picche colorate e picchetti bianco-rossi. Però resto sconcertato. Sicuramente si tratta di una pianificazione urbanistica, si percepisce simmetria in alcuni punti particolari (forse i futuri edifici), ma non riesco a coglierne la sagoma, i punti cardini, i cigli periferici. E’ una capitale da creare ex-novo in un punto strategico nell’entroterra del Paese, e quindi ci sarà tanto lavoro. Qualcuno mi dice che tra gli operai potrei anche incontrare l’urbanista Lucio Costa ideatore e propulsore di questa città di fondazione moderna. Ma mi suggeriscono anche di tornare più in là negli anni per vederne le realizzazioni. E dopo quattro-cinque anni ritorno. E’ estate, c’è un sole abbagliante, si percepisce ancora la frenesia e l’emozione di qualche mese addietro: il 22 aprile 1960 c’è stata l’inaugurazione di Brasilia - la nuova Capitale. E quest’anno, che la Capitale Federale del Brasile celebra il Cinquantesimo anniversario dalla sua fondazione, torno a pensare a questa grande avventura, a quest’unica città al mondo costruita nel XX secolo che è stata riconosciuta dall’UNESCO Patrimonio Storico e Culturale dell’Umanità. Brasilia è il brillante risultato del progetto urbanistico avviato dall’allora Presidente Juscelino Kubitschek e realizzato dagli architetti Lucio Costa, Oscar Niemeyer e Burle Marx (che contribuirono alla formazione del nuovo linguaggio che imporrà, negli anni’40, il Brasile all’attenzione della critica internazionale). Infatti il concorso per il piano urbanistico fu vinto dall’architetto brasiliano e urbanista Lucio Costa, i principali edifici governativi sono stati progettati dall’architetto brasiliano Oscar Niemeyer, mentre il paesaggista Roberto Burle Marx ha progettato la selezione delle varietà vegetali di tutta l’area urbana per aggiungere uno sfondo verde al paesaggio giallo della vegetazione savana. Osservata dall’alto, la pianta della città ricorda intenzionalmente la forma di un aereo o di un uccello in volo e l’idea di fondo, che ha dato origine successivamente a profonde riflessioni nel campo dell’architettura e dell’abitabilità urbana, è stata quella di organizzare i palazzi residenziali in grandi aree urbane, suddividendo la città in ampi settori separati da enormi viali. Paesaggi dechirichiani, luoghi metafisici, pensieri filosofici che si aprono sull’aspetto filosofico della ricerca contemporanea: una pietra miliare nella storia della pianificazione urbanistica. “Brasilia sorse come una magia”, racconta ancora oggi Niemeyer, l’eroico paladino della modernità. Oscar Ribeiro de Almeida Niemeyer Soares Filho (Rio de Janeiro, 15 dicembre 1907), considerato

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Arch. Lorenzo Margiotta

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uno dei più conosciuti ed importanti personaggi nella moderna architettura internazionale, è stato tra i pionieri nell’esplorazione delle possibilità costruttive del cemento armato. E per Brasilia progettò un grande numero di edifici residenziali, commerciali e di governo: tra loro la residenza del Presidente (Palácio da Alvorada), il Congresso Nazionale, la Cattedrale di Brasilia e diversi ministeri. Il Complesso Congressuale e la Cattedrale, divenuti ormai pietre miliari del simbolismo moderno, definiscono l’asse principale della città, e attorno ad esso gli altri edifici governativi si situano nel più ampio rispetto del piano urbanistico originario, ideato da Costa con l’intento di realizzare nella capitale zone urbane ben distinte tra loro e segnate da ampi viali stradali. Dal 1960, il Congresso Nazionale del Paese ha la sua sede a Brasilia. E’ uno dei più spettacolari edifici governativi della città, con il quale Oscar Niemeyer ha pilotato lo stile dell’architettura moderna brasiliana. Un complesso monumentale formato da una semisfera sulla sinistra (sede del Senato) ed una semisfera sulla destra girata verso l’alto che è la sede della Camera dei Deputati. Tra loro si ergono due torri verticali destinate agli uffici. Tutto l’edificio del Congresso Nazionale è situato nel mezzo del Monumental Axis, la strada principale di Brasília, e il 6 dicembre 2007 l’Istituto Storico e Artistico Nazionale del Patrimonio ha deciso di dichiararlo “patrimonio storico del popolo brasiliano”. La Cattedrale di Brasilia (Catedral Metropolitana Nossa Senhora Aparecida) è conosciuta in tutto il

mondo. La sua costruzione durò a lungo (dal settembre del 1958 -posa della prima pietra- al maggio del 1970) ma già nel 1960 era realizzata la sua caratteristica principale consistente in una struttura circolare particolarissima: una struttura iperboloide in cemento armato. Il progetto di Niemeyer si fondò sulla figura dell’iperboloide di rivoluzione in cui le sezioni sono asimmetriche. L’eccezionalità era il risultato dell’unione di 16 pilastri identici in cemento armato, aventi sezione iperbolica e pesanti 90 tonnellate ciascuno, che nell’intento originario dovevano rappresentare due mani in movimento verso il cielo.

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