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TurismoAffari d’
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OSSERVATORIO BUSINESS TRAVEL
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Sponsor ufficiali
Con il supporto di
Viaggi, fatturato e soddisfazione dei clienti del turismo d’affari italiano nel 2012
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SOMMARIO IL MERCATO ITALIANO DEI VIAGGI D’AFFARI NEL SEGMENTO CORPORATE 1) Misura e analisi del turismo d’affari 2) Dimensione del mercato: i volumi 2.1
Il quadro macroeconomico
2.2
I viaggi d’affari
3) La durata dei viaggi d’affari 4) Il mezzo di trasporto 5) La motivazione del viaggio d’affari 6) Dimensione del mercato: i valori 6.1
Le previsioni di spesa travel
APPENDICE (NOTE METODOLOGICHE)
IL MERCATO ITALIANO DEI VIAGGI D’AFFARI NEL SEGMENTO CORPORATE 1) Misura e analisi del turismo d’affari L’Osservatorio Business Travel Italia (OBT) ha concluso la sua dodicesima edizione. In questo rapporto è contenuta la sintesi dei risultati e il confronto con i dati rilevati negli anni passati. Promosso dalla rivista Turismo d’Affari, l’osservatorio ha il supporto scientifico e tecnico della Scuola Superiore di Scienze Turistiche e il patrocinio del Dipartimento di Scienze Statistiche dell’Università di Bologna. L’indagine si è svolta in due distinte tornate: la prima tra giugno e luglio 2012 e la seconda tra novembre e dicembre 2012 intervistando direttamente i responsabili della gestione dei viaggi di un campione di imprese stratificato per dimensione e settore produttivo. L’indagine ha riguardato imprese: 1. manifatturiere con almeno dieci addetti 2. di servizi e distribuzione commerciale con almeno cinque addetti. L’osservatorio non comprende i viaggi degli occupati nella pubblica amministrazione e nell’agricoltura. L’intervista all’azienda, rispetto all’intervista alle famiglie o ai viaggiatori con cui attualmente sono raccolte le informazioni ufficiali sul turismo d’affari, oltre a essere da un punto di vista teorico più appropriato (è l’azienda che compra i viaggi 1), permette di approfondire aspetti altrimenti non rilevabili quali: l’“escursionismo” d’affari, le aspettative sulle dinamiche future della domanda, le strategie con cui è gestito l’impiego di questo input intermedio e le valutazioni di chi – nelle imprese – acquista i servizi. Il particolare punto di vista adottato in questa indagine permette, quindi, sia analisi di tipo “macroeconomico” sull’intero sistema sia analisi di tipo “aziendale” sugli stili di gestione e le preferenze di acquisto. I risultati ottenuti possono così essere usati dai policy maker per valutare la reale dimensione di questo importante mercato, dagli operatori del settore per predisporre un’offerta mirata sulle esigenze dei clienti e dalle stesse imprese che partecipano alla rilevazione per confrontare i propri risultati e/o strategie di gestione.
2) Dimensione del mercato: i volumi 2.1 Il quadro macroeconomico Secondo le proiezioni del Fondo monetario internazionale (Fmi, World Economic Outlook, settembre 2012), nel 2012 il Pil mondiale è cresciuto del 3,3%, un risultato positivo seppure in contrazione rispetto al 3,8% registrato nel 2011 ma soprattutto rispetto al triennio precedente (media del 5%). Il dato aggregato riflette sia la dinamica dei Paesi avanzati sia di quelli emergenti: entrambe le aree – infatti – mostrano tassi di crescita tendenziali positivi (rispettivamente 1,3% e 5,3%) ma inferiori a quelli registrati nel 2011. Tra le cause del 1 Per una disamina più approfondita si veda: A. Guizzardi (2003) “Misura ed Analisi dei Viaggi nel Segmento Affari”, in: “ Il pensiero e la scienza nel turismo italiano” pp. 75 - 84, Ministero delle Attività Produttive, Direzione Generale per il Turismo, Roma.
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rallentamento l’incertezza sugli effetti della crisi del debito sovrano di importanti Paesi dell’area euro, il rallentamento della domanda e dell’export delle economie emergenti e la politica di bilancio statunitense. Nell’area dell’euro hanno frenato anche le economie più solide, pur confermando i divari di crescita tra Paesi del Nord e Paesi mediterranei. Oltre al rallentamento del commercio mondiale ha pesato la frenata della domanda interna, condizionata dal protratto incremento della disoccupazione, che ha raggiunto il livello più alto dall’avvio della Uem. Nei Paesi emergenti e in via di sviluppo hanno sofferto – rispetto al 2011 – soprattutto i Paesi Bric in frenata del -1,3% complici sia la debolezza della domanda dei paesi avanzati sia gli effetti ritardati delle politiche restrittive dello scorso anno solo in parte attenuate da allentamenti delle condizioni monetarie. Nell’area Bric solo la Cina ha fatto registrare variazioni del Pil superiori al dato complessivo (7,8%). I principali Paesi emergenti hanno ulteriormente allentato le condizioni monetarie a seguito del peggioramento del quadro congiunturale. La dinamica della crescita va in parallelo con una brusca frenata del commercio mondiale, previsto per il 2012 in crescita “solo” del 3,8% dopo che nel 2011 era salito del 5,8% (il 7% nella media dei tre anni precedenti). I flussi commerciali internazionali hanno soprattutto risentito della contrazione delle importazioni in Europa e in Asia Il prezzo medio del petrolio di qualità Wti nel 2012 ha oscillato attorno ai cento dollari al barile, sui livelli del 2011 ma con una minore volatilità. Secondo le indicazioni implicite nei contratti futuri, nei prossimi dodici mesi il prezzo dovrebbe portarsi in prossimità dei novanta dollari. L’apprezzamento dei corsi internazionali è stato più ampio nel caso delle materie prime non energetiche per gli effetti delle avverse condizioni meteorologiche sui prezzi dei prodotti agricoli e degli annunci di investimenti infrastrutturali in Cina su quelli dei metalli. Il rallentamento dell’economia mondiale ha però contribuito a contenere le spinte inflazionistiche. Le condizioni dei mercati finanziari restano fragili. Il clima sui mercati risente, oltre che del ridimensionamento delle prospettive di crescita rispetto alle attese dell’anno passato, dell’incertezza sui tempi e sulle modalità di eventuali richieste di aiuti da parte dei Paesi dell’area euro. Per l’Fmi la frenata della crescita e del commercio mondiale continuerà nel 2013. I maggiori rischi sono legati l’incertezza sull’evoluzione della crisi del debito sovrano nell’area dell’euro, sull’intensità del rallentamento dell’attività nelle economie emergenti, nonché dalla possibilità di forti rincari del greggio a seguito dell’acuirsi delle tensioni in Medio Oriente. In Italia nel 2012 il Pil è previsto in diminuzione di circa 2,5 punti percentuali, un dato ben al di sotto di quello dell’aerea euro (-0,5%). Si acuisce così il ritardo del nostro Paese nel recuperare i livelli precrisi. Se si prende come termine di paragone il picco ciclico registrato nel primo trimestre del 2008, il ritardo accumulato nel terzo trimestre 2011 rispetto alla media dei Paesi dell’area euro è di quasi cin-
que punti percentuali. Secondo Banca d’Italia2 nel primo semestre 2012 è proseguita la debolezza della domanda interna. Le famiglie hanno registrato una diminuzione della spesa prossima all’1%, mentre l’accumulazione (-2,7%) è risultata frenata dalla contrazione dei beni di investimento diversi dalle costruzioni. La domanda estera netta ha fornito sostegno all’attività economica: a fronte di una variazione appena positiva delle esportazioni si è registrato un calo delle importazioni. Le tensioni sul mercato del debito sovrano e la percezione di un più elevato rischio Paese hanno ridotto gli investimenti esteri nel capitale azionario delle imprese italiane (-1,6 miliardi di euro nei primi sette mesi del 2012, rispetto allo stesso periodo del 2011. Negativa anche la dinamica degli investimenti diretti all’estero dei residenti che sono tuttavia rimasti considerevoli (17,7 miliardi; 19,8 nello stesso periodo del 2011). Sul piano settoriale la contrazione del valore aggiunto ha interessato tutti i principali comparti, risultando più intensa nell’agricoltura e nell’industria. In prospettiva, continuano a pesare le difficoltà in cui versano importanti comparti produttivi, tra i quali l’automobilistico e il siderurgico. Le previsioni di crescita media per il 2013 indicano una contrazione dello 0,7% ma, più rilevante, l’uscita dalla recessione nel corso dell’anno. 2 Banca D’Italia Bollettino Economico - N. 70, ottobre 2012 (consultabile sul sito bancaitalia.it)
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2.2 I viaggi d’affari
Tav. 1 Viaggi d’affari per destinazione (valori assoluti x1000)
Nell’ambito del quadro congiunturale appena descritto il mercato dei viaggi d’affari delle imprese italiane ha perso circa 1,1 milioni di viaggi rispetto al 2011, scendendo a 29,9 milioni di trasferte (vedi tav.1). La contrazione di 3,3% su base annua rappresenta la sintesi di un calo generalizzato: il mercato nazionale, però, registra contrazioni più marcate di quello internazionale. Le performance estreme si registrano sul mercato regionale (in diminuzione del 4,3%) e sulla componente intercontinentale che “tiene” a -0,3% nonostante la crescita di 9,3 punti percentuali registrata l’anno passato. I dati riflettono da vicino la debolezza del quadro economico italiano, l’incertezza sullo scacchiere europeo e il progressivo ridimensionamento delle prospettive di crescita dell’economia mondiale. Tuttavia hanno giocato in positivo il basso costo delle materie prime e la buona valutazione dell’euro contro dollaro che, negli ultimi anni, hanno lasciato spazio per incrementare la competitività dei nostri prodotti nel resto del mondo bilanciando gli andamenti sempre sfavorevoli della produttività del lavoro. In ottica pluriennale (vedi figura 1), si evidenzia che nel complesso le trasferte delle aziende italiane arretrano, negando lo spunto al rialzo che lo scorso anno aveva fatto presagire la fine della fase di crisi acuta. Il dato, però, non modifica il trend di lungo periodo che, sostenuto dalla componente internazionale, è ancora oggi da considerarsi strutturalmente – e globalmente – in espansione, come confermato da diversi studi 3 relativi ai principali Paesi avanzati. Si è allargata la forbice tra la dinamica delle trasferte nazionali e internazionali. Dall’inizio della fase di crisi il mercato internazionale ha infatti seguito un trend sostanzialmente stabile, con tassi di crescita Fig. 1 La dinamica annuale dei viaggi d’affari (2001-2012)
3 World Tourism and Travel Council. (2011). The 2011 travel & tourism economic research. London, UK: World Travel & Tourism Council.
tendenziale che – fino dal 2005 – sono risultati superiori a quelli registrati sul mercato nazionale. Quest’ultimo, al contrario, ha perso rispetto al picco raggiunto nel 2007 oltre il 20% ma – più grave – non ha mai mostrato inversioni di tendenza negli ultimi cinque anni di debolezza congiunturale. Solo come annotazione, con il risultato 2012 il mercato nazionale arretra di 12 anni raggiungendo i livelli osservati nella prima edizione di questo osservatorio. In prospettiva – almeno nel medio periodo – la forbice sembra quindi destinata ad ampliarsi. La dinamica del segmento internazionale continuerà infatti ad avvantaggiarsi di trend come, per esempio: la globalizzazione dei mercati di sbocco e approvvigionamento, la crescita delle strategie di outsourcing produttivo in aree geografiche a minore costo del lavoro e l’integrazione societaria tra aziende europee. Solo come esempio si consideri che nel biennio 2011-2012, oltre il 44% dei gruppi multinazionali attivi nei servizi e il 42% di quelli indu-
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striali hanno progettato o già realizzato nuovi investimenti di controllo all'estero. La spinta all’internazionalizzazione è comunque sostenuta anche per le medie imprese 4. Stando ai più recenti dati Istat (relativi al 2010) Romania (88mila addetti), Brasile (81mila) e Cina (78mila) si confermano i principali Paesi di localizzazione delle nostre attività industriali. Il dato aggregato presenta anche differenze per destinazioni 5. In America le trasferte scendono di circa il 10% soprattutto a causa del crollo delle destinazioni del Sud America, con l’eccezione del Brasile dove, complice la rafforzata dinamica del Pil, i viaggi rimangono stazionari. “Tiene” il Nord America (-4%) grazie soprattutto alla domanda delle aziende meccaniche, degli apparecchi elettrici, dell’abbigliamento e dei prodotti in pelle. Le destinazioni asiatiche si mostrano in lieve calo (-4%) con l’unica importante eccezione del mercato cinese (+13%) che da quattro anni registra incrementi nelle trasferte a due cifre percentuali grazie a una crescita sempre vigorosa degli investimenti esteri e dell’economia. Da record negativo la performance del Giappone (-39%), un risultato che – va sottolineato – segnala il ritorno alla normalità dopo che nel 2011 i viaggi erano cresciuti in modo anomalo per lo slancio impresso all’attività economica dell’attività di ricostruzione del dopo terremoto. In netta ripresa i viaggi nel continente africano (+30%) dove l’allentamento delle tensioni geo-politiche che hanno interessato l’Africa del Nord nel 2011, ha “riattivato” i viaggi per affari. Da segnalare il dato
da record del mercato egiziano, in crescita di quasi il 50%. L’Europa presenta bilanci differenti per latitudine. Spagna, Grecia e Portogallo perdono nel complesso quasi il 20% delle trasferte complice il forte rallentamento delle loro economie. Al Nord la dinamica delle trasferte rimane invece stazionaria; tra le principali destinazioni dei viaggi d’affari si sottolineano le performance positive di Francia e Regno Unito che, nell’aggregato, crescono di circa il 5%. Sul piano settoriale (tavola 2) il dato principale è nel differenziale nella dinamica delle trasferte tra comparti industriale (-1,9%) e terziario (-3,9%). L’industria si avvantaggia della tenuta del mercato internazionale, dove le trasferte sono state sostenute dalla buona dinamica dell’internazionalizzazione. La percentuale di imprese industriali (multinazionali) che ha pianificato nuovi investimenti all’estero nel biennio 2011-2012 sale di circa 13 punti percentuali rispetto al dato relativo al biennio 2010-2011, mentre tale crescita è solo del 2% nell’ambito dei servizi 6. Le controllate all’estero nella manifattura (6.505 imprese) rimangono ancora poco più della metà di quelle dei servizi non finanziari (12.401 imprese) ma il loro grado di internazionalizzazione è quattro volte superiore: il rapporto tra occupazione delle controllate estere e addetti delle imprese residenti in Italia è infatti pari al 18,7% per le attività manifatturiere e al 4,4% per quelle dei servizi non finanziari. Ad aggravare il dato del terziario sia la stagnazione dei consumi privati in Italia, sia – soprattutto – la forte caduta degli investimenti (interni) delle imprese, che ha fatto crollare la domanda (interna) di servizi. Si tratta di un elemento che preoccupa anche in prospettiva poiché in Italia, nei recenti periodi post crisi, la ripresa degli investimenti della manifattura è sempre stata la condizione per la ripresa del complesso dell’economia.
Tav. 2 Viaggi d’affari per destinazione e settore anno 2012
I viaggi nell’Industria Sulla forte contrazione dei viaggi dell’Industria continua a pesare la dinamica negativa della produzione industriale, diminuita nella media dei primi dieci mesi del 2012 del 6,3% rispetto allo stesso periodo del 2011 (dato corretto per gli effetti di calendario). Rimangono inoltre irrisolte le difficoltà di un comparto dove il numero delle ore auto4 Istat (2012), “Struttura, performance e nuovi investimenti delle multinazionali italiane all’estero”, Statistiche Report 28/11, Roma 5 Uic 2011: “Indagine sul turismo internazionale”. Aggiornamento ottobre 2012.
6 Istat 2012, “Struttura, performance e nuovi investimenti delle multinazionali italiane all’estero”, Statistiche Report 28/11, Roma
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rizzate di Cassa integrazione guadagni (Cig) è aumentato su base annua del 12%, in parte anche per la propensione a delocalizzare fasi della produzione. In questo quadro negativo la perdita di “soli” 90mila viaggi (2,8%) sul mercato nazionale è un dato certo inatteso. Va infatti notato che in periodi di forte ristrutturazione dei costi è soprattutto facile tagliare trasferte sul mercato nazionale dove risulta più semplice comunicare a distanza per l’omogeneità del sistema linguistico, legislativo, economico, sociale e culturale. Inoltre la delocalizzazione delle produzioni fa diminuire strutturalmente i viaggi interni a favore dei viaggi internazionali. Emerge quindi la chiara difficoltà degli uffici viaggi a proseguire nella strategia di riduzione delle trasferte (per contenere i costi di produzione) spesso perseguita nel passaggio lungo la crisi. Ridurre i viaggi di lavoro significa spesso precludersi possibilità di business e i margini di “ottimizzazione” non sembrano più ampi come evidentemente erano a inizio crisi. I mercati nazionale e regionale si muovono in modo abbastanza omogeneo, un risultato che suggerisce lo stabilizzarsi delle condizioni di molte imprese distrettuali di sub-fornitura, le cui difficoltà durante i precedenti anni di crisi acuta si erano palesate nel crollo dei viaggi in regione. Il quadro nazionale è solo parzialmente compensato dalla tenuta delle destinazioni intercontinentali sostenute dal miglioramento della nostra competitività calcolata sulla base dei prezzi alla produzione dei
manufatti e dalla già citata internazionalizzazione delle nostre imprese che ha permesso di spostare su destinazioni internazionali una parte dei viaggi strutturalmente persi sul mercato nazionale. Sul risultato – non completamente positivo – hanno però pesato sia la rivalutazione del dollaro (circa il 7% nella media delle quotazioni 2012) sia il rallentamento della domanda finale nei mercati di sbocco. Negativa (-1,6%) la performance in Europa, un dato coerente con una dinamica del Pil e dell’export di beni di consumo che ha risentito di un importante incremento della disoccupazione, nel 2012 ai livelli più alti dall’avvio dell’unione monetaria, che ha ridotto il potere d’acquisto.
I viaggi nel settore terziario Dopo un 2011 negativo, continua la contrazione dei viaggi nel terziario (-3,9%). Tra i principali fattori critici la debole congiuntura del mercato nazionale, che origina la maggior parte dei viaggi del comparto, la bassa propensione all’investimento (nazionale) del settore industriale e le criticità del mercato finanziario. Da un lato il deterioramento della percezione del rischio Paese, anche connesso alle tensioni sul nostro debito sovrano, ha ridotto gli investimenti esteri nel capitale azionario delle imprese italiane e quindi le occasioni di trasferta. Dall’altro, l’espansione sui mercati esteri delle imprese manifatturiere ha sottratto opportunità di business (e trasferte) alle aziende di servizi, trasferendole ai competitor nei Paesi di destinazione. La peggiore dinamica rispetto all’industria è anche in parte riconducibile alle maggiori possibilità di utilizzare le tecnologie di comunicazione per sostituire alcune trasferte. L’immaterialità del prodotto e un processo di produzione che prevede frequenti incontri lungo tutte le fasi, dalla progettazione alla realizzazione, incentiva l’investimento in tecnologie di comunicazione; queste, una volta diffuse, modificano il profilo delle trasferte anche negli anni successivi. Le difficoltà risparmiano parzialmente il segmento intercontinentale la cui dinamica rimane leggermente negativa (-1%) sostenute dal dinamismo del commercio mondiale; la Cina continua a essere paese leader per le trasferte della distribuzione commerciale. Arretra il segmento europeo (-3,3%), penalizzato sia dal calo dell’export di servizi (il 2,8% nei primi nove mesi) sia dalle tensioni sui mercati finanziari e dall’elevato rischio Paese che hanno frenato integrazione dei capitali tra imprese italiane e europee. Debole il mercato interno (-4% nel dato aggregato), frenato sia dal calo dei consumi finali connesso alla flebile dinamica dei redditi e all’aumento della disoccupazione sia dalla perdita di commesse implicata dalla delocalizzazione di parte delle produzioni manifatturiere. Scende soprattutto il mercato dei viaggi regionali (-4,5%), un dato che però può in parte riflettere un limite di questa rilevazione statistica. Negli ultimi anni, infatti, il settore ha sperimentato una ristrutturazione del modello distributivo, che ha portato imprese più piccole (che sfuggono a questo Osservatorio) a occupare spazi lasciati sui mercati regionali dalle medio-grandi aziende più attente al mercato nazionale o europeo.
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3) La durata dei viaggi d’affari Nel 2012 arretra soprattutto l’escursionismo d’affari (-5,9%) mentre i viaggi più lunghi arretrano “appena” dello 0,6% (vedi tavola 3). La dinamica delle trasferte più lunghe evidenzia da un lato il buon risultato del segmento intercontinentale e dall’altro il fatto che nel 2012 gli uffici viaggi hanno evidentemente privilegiato la strategia di accorpare le trasferte per ridurre i costi. Il peso dei “viaggi brevi” rimane oltre l’81%, una percentuale che qualifica sia la complessità del mercato dei viaggi d’affari sia la sua diversità rispetto al mercato leisure. A tali trasferte si accompagna infatti la richiesta di servizi ad altissima efficienza, in grado di garantire principalmente il raggiungimento degli obiettivi della trasferta in tempi spesso contingentati da impegni successivi. Tav. 3 Viaggi d’affari per durata
La forte contrazione dell’escursionismo ha limitato la perdita di pernottamenti a circa 330mila notti. Il risultato è molto variabile in funzione delle destinazioni. Le risposte degli intervistati sono infatti compatibili con un calo dei pernottamenti in Italia di circa 440mila notti, quasi tutte imputabili alla contrazione dei viaggi collettivi, e un aumento del segmento internazionale di circa 110mila pernottamenti. Qui si registra una forbice tra risultato del mercato europeo, dove le notti sono stimate in crescita per poco più di 490mila lo dell’escursionismo d’affari la conclusione generale è che nel 2012 notti, e risultato del mercato intercontinentale in contrazione di cir- gli uffici viaggio delle imprese italiane hanno quindi agito soprattutto cercando di accorpare gli spostamenti. ca 380mila notti. Va subito notato che la diminuzione sull’intercontinentale si concentra I risultati per macrobranche produttive (vedi tavola 4) permettono esclusivamente sulle destinazioni asiatiche. Il dato è un indicatore indi- di ricondurre la riduzione ai viaggi brevi soprattutto al segmento terretto del fatto che in quell’area il consolidamento degli accordi com- ziario e – quindi – al mercato nazionale, dove il rallentamento conmerciali e produttivi ha aumentato, in modo significativo, le oppor- giunturale ha ridotto le opportunità di viaggio, ma è anche cresciutunità di gestione delle trasferte. Le maggiori opportunità di trasporto ta l’attenzione di molte imprese rispetto alla possibilità di tagliare e il “learning-by-doing” degli uffici viaggi hanno cioè reso più sem- trasferte o sostituirle con comunicazione a distanza. Tra queste, in plice e usuale la soluzione e la gestione dei problemi di trasporto, e primis, banche e imprese del terziario avanzato. quindi ridotto parte del vantaggio ad accorpaTav. 4 Viaggi d’affari per durata (prospettiva settoriale) anno 2012 re le trasferte prolungando i soggiorni. Pur con l’importante eccezione delle trasferte verso l’Asia, le nostre stime sottendono un incremento generalizzato della durata media delle trasferte. La perdita/guadagno di pernottamenti è infatti inferiore alla diminuzione/ aumento delle trasferte in ognuna delle macro aree qui considerate. Considerato anche il crol-
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OSSERVATORIO BUSINESS TRAVEL 4) Il mezzo di trasporto Per il secondo anno consecutivo l’aereo è il mezzo di trasporto che realizza la migliore performance. Nel 2012 la crescita delle preferenze accordate a tale mezzo per i viaggi di lavoro è del 1,4% (vedi tavola 5) un dato ancor più positivo se rapportato alla dinamica generale dei viaggi di lavoro, in diminuzione del 2,6%. La tenuta delle trasferte intercontinentali e la maggiore durata di tutte le trasferte sono fattori in grado di spiegare parte di questo risultato. Nel crollo dei viaggi in auto (7,4%) si legge sia la difficoltà del mercato nazionale e il crollo dell’escursionismo d’affari sia l’impatto negativo delle nuove normative fiscali per la gestione del parco auto. “Tiene” il trasporto su rotaia (-1,1%) che si avvantaggia sia dell’aumento dell’offerta di tratte/orari e posti sia della perdita di quota di mercato del trasporto su gomma. Nel 2012 le imprese hanno dato l’addio all’auto aziendale. Pur conTav. 5 Viaggi d’affari per mezzo di trasporto anno 2012
siderando che si tratta di un mezzo di trasporto utilizzato soprattutto sul segmento dei viaggi nazionali – dove si è sperimentata la più forte riduzione di trasferte – il -7,4% è un dato eccezionale su cui ha pesato sia l’aumento di imposte tasse e accise sia il “ridisegno” dei benefici fiscali sull’auto aziendale. L’ipotesi – confermata da ricerche Dataforce 7 – è che nel 2012 le imprese italiane hanno fatto ricorso sia a strategie di dismissione del parco mezzi sia a forti riduzioni dell’immatricolato. Le immatricolazioni del noleggio a lungo termine sono infatti diminuite di circa 1700 veicoli (1,2% dell’immatricolato in Italia nel 2012) mentre le immatricolazioni delle auto di proprietà delle aziende (escluse le auto della pubblica amministrazione, dimostrative, Km zero, e utilizzate per il noleggio a breve termine) sono crollate del 29,4% (circa 34.000 unità). Sul piano qualitativo si è stabilizzato il fenomeno del downgrading e downsizing delle flotte e continua ad allungarsi la durata media dei contratti di noleggio e del chilometraggio percorso prima della sostituzione, in modo da soddisfare uffici viaggi aziendali impegnati a ridurre/diluire nel tempo i costi di flotta. L’incertezza sulle norme future – il timore che il legislatore voglia continuare a ridurre le aliquote di deducibilità – e la maggiore convenienza del rimborso chilometrico fanno presagire un’ulteriore diminuzione delle trasferte su gomma anche nel 2013 e/o un sostanziale spostamento delle preferenze dall’auto aziendale a quella personale del dipendente. La crescita del segmento aereo è frutto di un mix di situazioni favore7
Quattroruote, allegato al n° 686, Dicembre 2012.
voli verificatesi nel 2012. La tenuta dei viaggi intercontinentali non ha pesato su una domanda di voli d’affari sostenuta principalmente dai buoni risultati sul mercato interno dove l’aereo ha eroso quote di mercato al segmento gomma ma, più di rilievo, è ormai marginale l’effetto di sostituzione aereo-treno ad alta velocità che ha penalizzato il mercato del volato business negli ultimi anni. L’ampliamento dei collegamenti low-cost e low-fare sulle direttrici periferiche oltre all’affermazione del modello tariffario “ibrido” (intermedio tra full service e low cost) hanno dato un importante contributo in questo senso. Anche la stabilizzazione delle preferenze dei viaggiatori per alta velocità o aereo ha giocato un ruolo importante e grazie a un nuovo marketing di prezzo, anche il differenziale di costo – che inizialmente ha giocato a vantaggio della rotaia – è diventato molto meno importante. Bilancio intermedio per il trasporto ferroviario. La contrazione del numero di passaggi dovrebbe infatti corrispondere a un incremento del fatturato vista la crescita delle preferenze del mercato business per il tra-
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5) La motivazione del viaggio d’affari L’analisi per motivazione (vedi tavola 7) mostra un quadro chiaramente segmentato: si riducono in modo più sensibile le trasferte legate alla necessità di comunicazione e formazione, mentre tengono – rispetto alla dinamica generale – quelle più direttamente collegate allo sforzo commerciale. Tra queste ultime, la “migliore” performance è registrata dal segmento fieristico, che diminuisce dell’1,6% forte di una buona dinamica soprattutto sui mercati internazionali. Il dato avrebbe potuto essere ancora meno negativo se non avesse pesato il difficile momento del segmento congressuale che, ormai da anni, realizza all’interno dei contenitori fieristici parte della propria produzione. I viaggi individuali per incontrare clienti e fornitori scendono del 3% ma rimangono la motivazione principale per la trasferta aziendale, con una quota di mercato al 65,3%. Le trasferte collettive legate ai congressi, incentive e lancio di nuovi prodotti (segmento “altro”) e alle “riunioni intra-aziendali” diminuiscono, rispettivamente, del
sporto su treni veloci a scapito del treno tradizionale. Attualmente la quota dei viaggi in alta velocità (sul totale dei viaggi in treno delle aziende) rappresenta infatti circa il 60%, un dato elevato ma che sottostima le preferenze potenziali per via del fatto che vi sono ancora destinazioni non collegate in Tav. 7 Motivazione del viaggio d’affari alta velocità. La crescita nel 2012 di nuovi competitor (consorzi o ferrovie di altri Stati europei) ha portato novità in termini di collegamenti, servizi e schemi di pricing. Il nuovo “setting competitivo” non ha consentito a tutte le imprese di contenere i costi di trasporto ma ha aumentato le possibilità di gestire il segmento ferroviario facendo leva su know-how specifico degli uffici viaggi o delle tmc.
6,7% e del 5,2%. Il dato è inatteso sia sul piano del comportamento teorico, perché le imprese escono dalle fasi di crisi congiunturale investendo in nuovi prodotti e capitale umano, sia sul piano fattuale, visto il risultato positivo registrato l’anno passato. Una possibile (parziale) spiegazione può essere cercata nella crescente diffusione delle nuove tecnologie della comunicazione a distanza che potrebbe avere ridotto proprio – e soprattutto – le trasferte per riunioni e congressi. Non è infine possibile avere stime specifiche per il mercato dell’incentive per via del basso numero di trasferte che lo caratterizza. Il segmento “altro” è infatti costituito per due terzi dalla componente congressuale, per un quarto da trasferte connesse al lancio di nuovi prodotti e solo per l’8% da viaggi incentive. Tuttavia la performance dovrebbe essere in linea con il forte calo del dato aggregato. In periodi in cui si riduce l’occupazione o si chiede la cassa integrazione vi è, infatti, il rischio che dai viaggi incentive scaturiscano più facilmente problemi di gestione del personale che non benefit. Per ritrovare una crescita del segmento congressuale (e dell’incentive) sembra che occorra attendere la ripresa dell’economia. L’ipotesi però apre un circolo vizioso visto che uno scarso interesse sia alla forma-
Tav. 6 Viaggi d’affari per mezzo di trasporto (prospettiva settoriale) anno 2012
La dinamica disaggregata per settore (tavola 6) evidenzia una maggiore domanda di voli da parte del settore industriale sia per via della elevata quota di trasferte intercontinentali, sia per un effetto “travaso” dal trasporto su gomma che arretra di ben 10,3% a vantaggio anche del trasporto ferroviario che cresce dell’1,6%. Anche nel terziario i viaggi aerei aumentano in termini assoluti a conferma dell’esistenza di un importante effetto sostituzione aereoauto per muoversi sulle destinazioni nazionali. Tuttavia il settore si segnala per la performance del segmento auto (-6,8%), meno grave delle attese, considerato il crollo dell’escursionismo d’affari, l’aggravio dei costi di utilizzo e la riduzione dei vantaggi fiscali. L’auto rappresenta infatti uno strumento di produzione cui è difficile rinunciare soprattutto sul corto raggio e/o dovendo spostare materiali ingombranti come campionari, utensili eccetera.
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zione del capitale umano sia all’innovazione di processo e di prodotto ostacola l’uscita dalla crisi. Un aiuto al sistema Italia potrà venire dagli investimenti esteri, per attrarre i quali è però necessario un Paese diverso dall’attuale. Per questo è cruciale che il prossimo governo attui un piano di riforme strutturali importanti che aumentino il reddito disponibile delle famiglie e/o migliorino la competitività del sistema senza ricorrere alla leva del deficit. Fermare la crescita del debito – e magari provare a ridurlo in piccola parte – rimane infatti una condizione importante per la nostra credibilità sul piano internazionale. Nel quadro per settori produttivi (tavola 8) spicca la marcata contrazione delle “altre” trasferte nel terziario (-7,5%). La maggiore esposizione sul mercato nazionale condiziona un risultato che, però, va oltre le attese. In un quadro post-crisi acuta, con imprese in competizione per subentrare ai competitor usciti dal mercato, ci si attenderebbero Tav. 8 Motivazione del viaggio d’affari (prospettiva settoriale); anno 2012
forti investimenti in comunicazione. La tenuta dei segmenti fieristico e viaggi individuali (rispetto a un calo complessivo dei viaggi nel terziario del 3,9%), indica invece una diversa strategia, basata più su “kermesse tecniche” e marketing diretto. Il quadro è simile per il segmento industriale anche se in questo caso la spiegazione per la contrazione dei viaggi collettivi può essere in parte legata a un minore dinamismo delle nostre imprese nello sviluppo di nuovi prodotti e, quindi, alle minori necessità di “lancio” o “comunicazione” rispetto a quanto fatto dalle imprese straniere presenti sul mercato italiano con filiali commerciali. Ancora il segmento fieristico si mostra molto vivace e chiude quasi in pareggio rispetto al 2011 (-0,4%). Cresce soprattutto la domanda di trasferte internazionali spinta da un progresso economico mondiale che aumenta costantemente le opportunità di vendere “made in Italy” a fasce sempre più larghe della popolazione mondiale soprattutto nei settori: alimentare, abbigliamento, prodotti in cuoio, in legno eccetera. La dinamica ha accelerato soprattutto nei grandi Paesi (Cina, India e Brasile) e ha premiato gli sforzi di diversificazione geografica di alcuni enti fieristici italiani, con Mol ed Ebit positivi grazie proprio al contributo della componente estera. L’espansione sui mercati esteri della nostra industria determina performance superiori all’andamento medio anche nell’ambito dei viaggi individuali (-1,6%). Questa dinamica vista in contrapposizione al più marcato arretramento nel terziario (-3,5%), riflette indiretta-
mente i differenziali tra fondamentali economici del resto del mondo e italiani (dove si realizza la gran parte delle visite ai clienti delle imprese del terziario). Infine va notato che il segmento “riunioni aziendali” ha performance sempre superiore a quello “altro-congressuale” (0,8 punti percentuali nell’industria e 1,1 nel terziario). Il risultato si determina soprattutto nell’ambito delle grandi imprese multinazionali: la loro attività necessita, infatti, di un maggior coordinamento tra le produzioni e le filiali nazionali, trasferte che è più difficile “tagliare” anche in tempo di crisi.
6) Dimensione del mercato: i valori Nel 2012 la spesa per viaggi d’affari delle imprese private italiane a prezzi correnti è salita a quota 18.3 miliardi di euro (vedi tavola 9), in crescita del 1,1% rispetto ai livelli dell’anno precedente. Nel dato sono comprese tutte le spese che le aziende manifatturiere con almeno dieci addetti e di servizi con almeno cinque addetti imputano a bilancio come costo dei viaggi d’affari. Si tratta di un risultato solo in parte positivo, considerato che l’inflazione media nei principali Paesi di destinazione è stata di poco superiore al 2,5%. È la componente internazionale a trainare la crescita (+2,6%) complice un (modesto) incremento nei pernottamenti ma soprattutto un effetto-prezzo legato all’inflazione e alla rivalutazione del dollaro rispetto all’euro (un 7% medio annuo che si stima avere portato un aggra-
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Fig. 2 Dinamica annuale della spesa per viaggi d’affari: complessiva (sx), per singolo viaggio (dx), 2001-2012
vio ai budget aziendali di circa cinquanta milioni di euro). Al netto dei fattori “monetari” anche la performance 2012 del mercato internazionale delle trasferte è negativa. In diminuzione la spesa nazionale (-1.5%), un dato che non sembra riflettere le dinamiche reali di un mercato dove si contraggono simultaneamente i viaggi (circa 4%) e i pernottamenti. Il differenziale tra dinamiche attese e osservate ha una prima spiegazione nella forte crescita dei costi di trasporto terrestre (per esempio il gasolio da autotrazione è aumentato del 17% 8 ) e una seconda nell’aumento della quota di mercato dell’aereo. L’analisi della dinamica della spesa a prezzi costanti (figura 2 sx) rappresenta il 2012 come l’anno dove sono state negate le aspettative di ripresa manifestatesi nel 2011 (soprattutto nel primo semestre). Come per i viaggi in volume, la migliore performance del segmento internazionale attenua la contrazione della spesa complessiva che, tuttavia, da quando questo osservatorio è attivo, si è ridotta di quasi il 15% in termini reali (20% rispetto ai picchi raggiunti nel 2007). Si tratta di dati medi di mercato che come tali lasciano aperta la possibilità che i budget travel di singole aziende o i fatturati di singoli fornitori di servizi possano avere sperimentato riduzioni anche più consistenti. Se inoltre si considera che in questi anni di crisi non si è ridotTav. 9 Spesa per viaggi d’affari (mln. di euro)
8 Federazione Italiana gestori Impianti Stradali Carburanti (2013): News n° 1/2013 disponibile su: http://www.figisc.it/new.html?selectedEntity=9085
ta la popolazione di chi fornisce servizi anche al mercato business (si pensi, tra l’altro, all’online, al low cost e ai nuovi operatori su rotaia), si ha un quadro abbastanza critico sulle possibilità di conservare margine operativo in questo settore. Alle stesse conclusioni si perviene osservando la dinamica del costo medio della trasferta in termini reali (figura 2 dx). Fino al 2009, il sodalizio “uffici viaggi aziendali-fornitori di servizi” ha infatti permesso di ridurre il costo medio di trasferta di circa venti punti percentuali. La riduzione si è oltretutto manifestata a fronte di una maggiore complessità del servizio erogato a imprese che sono sempre più
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integrate nella catena globale del valore e quindi orientate a mercati nuovi (e lontani). Si può quindi asserire che – fino al 2009 – il “mercato” ha dimostrando una notevole capacità di recupero di efficienza che è sicuramente andata a vantaggio della competitività delle nostre aziende produttrici, ma scapito della redditività dei fornitori. Solo la necessità di recuperare margini, non più comprimibili, permette quindi di comprendere perché dal 2010 i prezzi medi reali della trasferta sono tornati a salire. L’inversione è infatti largamente inatTav. 10 Spesa per viaggi d’affari e variazioni sull’anno precedente (prospettiva settoriale)
tesa perché avvenuta proprio nel mezzo di una crisi congiunturale con la domanda di trasferte in calo, il prezzo delle materie prime e il costo del lavoro in discesa, oltre ad una crescente attenzione ai costi da parte della domanda. Nell’analisi per produzioni omogenee (vedi tavola 10) si evidenziano dinamiche simili per tutti i settori. In espansione, soprattutto, la spesa delle industrie, dove si concentrano le trasferte più costose: quelle intercontinentali anche in Paesi a basso costo della mano d’opera più distanti e costosi da raggiungere, e quelle per visitare fiere. In modo simmetrico, la maggiore esposizione al mercato nazionale spiega la minore crescita della spesa nel terziario. Tuttavia la spesa scende meno di quanto atteso, data la forte riduzione di viaggi e pernottamenti sul suo mercato di riferimento (quello nazionale). A sostenere la spesa sia la forte riduzione dei viaggi brevi (quelli meno costosi), sia l’incremento dei costi di trasporto, sia una ritrovata propensione a utilizzare mezzi di trasporto più costosi – come l’aereo o l’al-
ta velocità – rispetto a automobile e treno tradizionale. La voce più rilevante nel determinare il valore del mercato dei viaggi d’affari delle aziende italiane è il trasporto, con una quota del 60,3% della spesa (vedi tavola 11). Il dato aggregato è in crescita nel confronto con il 2011 (134 milioni di euro +1,2%), ma presenta importanti differenze nella sua composizione. Infatti, la biglietteria aerea e ferroviaria (+4,1%), più che compensa la diminuzione delle spese per trasporto su gomma (-3,2%) che si registra per il simultaneo crollo del numero di viaggi in auto (-7,4%) e dell’aumento dei costi di esercizio (carburanti, autostrade, assicurazione, noleggio eccetera). Continua il buon momento per i vettori aerei che, oltre ai passaggi, aumentano il fatturato. Sul mercato internazionale aumentano sia i chilometri percorsi sia le tariffe medie Tav. 11 Ripartizione della spesa per viaggi per macrotipologia di prodotto a chilometro, risultato di politiche di pricing sempre più mirate alla massimizzazione del profitto per tratta. Dopo anni di difficoltà legati alla concorrenza dell’alta velocità, anche il mercato nazionale risulta in espansione. Tra i principali fattori di crescita la riduzione dei parchi auto aziendali causata dell’aumento dei costi e del carico fiscale sull’automobile. La maggiore crescita relativa (2,6%) si registra nella spesa indirizzata al settore alberghiero. Anche in questo caso il maggiore contributo è dato dal seg-
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trasferte gestito dai rispondenti. A fronte del prevalere dei travel manager che si dichiaravano ottimisti, vi era una netta prevalenza di chi prevedeva cali di spesa tra i “top spender”. La dinamica della spesa realizzata, positiva ma nettamente inferiore all’inflazione, ha rappresentato la sintesi più efficace delle previsioni. Nel 2012 le valutazioni raccolte presso i travel manager circa l’andamento della spesa nel 2013 (vedi tavola 12) presentano saldi tra ottimisti e pessimisti simili a quanto registrato l’anno precedente. Il saldo è positivo (+13%) se si considerano le risposte dei singoli travel manager, negativo (-7%) ponderando le risposte per il budget gestito (le quote di spesa). Rispetto al 2011, però, la previsione sulle dinamiche di mercato è maggiormente equi-distribuita: la quota di rispondenti su ognuna delle tre possibili risposte non scende mai sotto il 20% (il 29% nel dato pesato per le quote di spesa). Questo “appiattimento” segnala con forza che ci troviamo in una fase di stallo in cui le aziende percepiscono la ripresa ma – dopo tante false ripartenze – manca la profonda convinzione che il 2013 possa segnare effettivamente la fine della fase ciclica negativa che dura oramai da quattro anni.
Tav. 12 La previsione sulla dinamica della spesa travel: dati per settore merceologico
mento europeo che vede aumentare in modo considerevole i pernottamenti. Il segmento intercontinentale – penalizzato da una diminuzione di pernottamenti – si avvantaggia però della rivalutazione del dollaro che ha fatto crescere il prezzo medio in euro del pernottamento. Modesto il contributo del segmento nazionale dove i prezzi sono in rialzo ma non decollano i pernottamenti e soprattutto si registra un forte effetto downsizing rispetto alla categoria concessa dalle politiche di viaggio aziendali.
6.1 Le previsioni sulle dinamiche della spesa travel Nell’osservatorio 2011 si era riscontrata una divaricazione nelle previsioni per l’anno appena concluso in funzione del budget
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Scendendo nel dettaglio si ottiene una conferma di questa “trappola del pessimismo”. Infatti se tra i pessimisti troviamo prevalentemente chi gestisce grandi budget trasferte, tra gli ottimisti si trovano rappresentati tutte le fasce di spesa come dimostra la percentuale sostanzialmente identica se si considerano le risposte dei singoli travel manager (33%) o ponderando le risposte per il budget gestito (32%). Lo zoccolo duro di chi non vede una ripresa della spesa per trasferte è costituito principalmente da grandi multinazionali “estere” attive nel settore del terziario dove il gap tra dato ponderato e non ponderato per quote di spesa sale al 20%. L’evidenza si coniuga con i tempi di un’indagine svolta a cavallo tra novembre e dicembre 2012 in un clima di grande incertezza politica nel nostro Paese e con una alta percezione sul rischio Paese. Dall’industria provengono invece segnali molto più confortanti. Il saldo tra ottimisti e pessimisti è sempre superiore al 30% e solamente l’8% dei travel manager intervistati prevede contrazioni del budget trasferte. Il fatto che chi gestisce il 58% della spesa travel dell’industria italiana preveda “un aumento”, permette di delineare due scenari molto differenti per l’anno a venire in fun-
un totale di 66%) sia tra chi dichiara di “cambiare stato” nei tre anni considerati (ben il 16% del mercato). Questi ultimi tuttavia, comunicano nei fatti un messaggio di dinamismo aziendale, ovvero che l’attività travel è ripresa nel 2012 e continuerà agli stessi livelli nell’anno a venire. Queste valutazioni, unite a quelle del 32% del mercato che prevede una crescita nel 2013, lasciano aperte prospettive favorevoli. Se nel 2013 si realizzerà una ripresa della attività economica – come previsto dai principali istituti di previsione – le valutazioni dei travel manager sono compatibili con incrementi nella spesa aggregata tra il 3 e il 6%, in funzione delle dinamiche inflattive e del cambio euro/dollaro. Si tratta però di una cambiale in bianco firmata alle politiche del prossimo governo italiano. L’intero sistema produttivo – e indirettamente il mercato dei viaggi d’affari – si nutre infatti di una politica efficiente e onesta, in grado di assecondare l’attività produttiva nel rispetto del lavoro e dell’ambiente.
Tav. 13 Confronto tra dinamiche presenti e prospettiche della spesa (quote di spesa)
zione di quale sarà il mercato verso il quale si indirizzeranno le nuove trasferte. Nello scenario meno favorevole l’aumento della spesa per trasferte è trainato in modo consistente dall’attività di delocalizzazione. In questo caso il calo del prodotto interno del terziario è destinato a perdurare e, con esso, la dinamica negativa delle trasferte dell’intero mercato italiano. Nello scenario più favorevole, la crescita della spesa per trasferte è legato all’aumento dell’attività industriale e, quindi, a una ripresa della domanda di servizi alle imprese che può fungere da moltiplicatore della spesa nel terziario. Allargando la prospettiva temporale si riescono a qualificare le dinamiche dell’attuale fase. In tavola13 si sono incrociate le valutazioni prospettiche delle imprese, con il risultato da loro realizzato nel 2012, ottenendo di fatto un confronto sul triennio 2011-2013. I dati si riferiscono a risposte pesate per la spesa travel amministrata e confermano che – in questo momento storico – il passato (soprattutto quello negativo) sembra condizionare più che in altri momenti la formazione di aspettative sul futuro. Espressioni di questa “trappola del pessimismo” sono la predominanza dei pessimisti sia tra chi non prevede “inversioni” della dinamica di spesa sul triennio (il 38% su
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APPENDICE (NOTE METODOLOGICHE) L’indagine ha come obiettivo la misura della spesa per viaggi d’affari da parte delle imprese italiane definita come il totale dei costi per viaggi registrati a bilancio. Le risorse disponibili hanno imposto di escludere le imprese agricole, il pubblico impiego e le Pmi dall’universo di riferimento che è pertanto limitata alle “sole” imprese private di dimensione superiore a dieci addetti (nell’industria) e cinque addetti (nel terziario). L’universo è definito ricorrendo all’archivio Asia 2008 e rappresenta circa il 10% delle imprese e il 59% degli addetti. Per l’indagine si è scelto un piano di campionamento stratificato a uno stadio come usualmente avviene nelle indagini presso le imprese. La previsione di realizzare un numero compreso tra cento e duecento interviste ha consigliato di limitare il numero degli strati a quattro. Come variabili di stratificazione sono state considerate la dimen-
sione (meno di 100, e 100 o più addetti) e la classificazione produttiva (industria e servizi). Nella scelta si sono considerati i risultati ottenuti nelle precedenti indagini che hanno anche consentito di ottenere una stima preliminare della varianza di strato utilizzata per determinare la numerosità campionaria rispetto alla classificazione produttiva. Rispetto alla dimensione si è invece vincolato a priori la numerosità complessiva nei due strati (grandi imprese e Pmi) rispettivamente a 1/3 e 2/3. La scelta è stata dettata dalla volontà di garantire maggiore controllo della variabilità campionaria nelle imprese più grandi (economicamente più rilevanti). L’indagine si è chiusa il 21 dicembre 2012 con 128 rispondenti. Il processo di raccolta dei dati ha riguardato 1500 aziende di cui 174 rispondenti l’anno precedente, e le rimanenti 1324 scelte casualmente. La redemption complessiva è del 8,5% ma scende al 4,3% se si considerano le sole aziende non rispondenti l’anno precedente. La frazione di campionamento complessiva è stata appena superiore allo 0,013% e sale al 1,2% se si considerano le imprese con più di cento addetti. Il processo di verifica della coerenza interna delle risposte è basato sull’analisi delle somme percentuali e sul controllo dei rapporto tra spesa in viaggi d’affari e addetti e/o fatturato. Le imprese che presentavano valori considerati anomali perché superiori a tre volte lo scarto quadratico medio di strato sono state ricontattate. Il trattamento della mancata risposta parziale è stato affrontato dapprima visitando i siti internet delle aziende e imputando le informazioni mancanti qualora pubblicate; successivamente si è ricorsi a metodologie hot-deck dopo avere determinato le classi di imputazione in base alle variabili Ateco, addetti e costo medio del singolo viaggio (classi). Nel caso fossero tali informazioni a mancare si è provveduto a contattare il non rispondente; solo nel caso di ulteriore non risposta si è imputato dato attraverso correlazioni con variabili note e (quando disponibili) con le informazioni comunicate nelle indagini precedenti. L’indagine statistica è svolta mediante due rilevazioni distinte entrambe condotte via fax, email o con questionario elettronico. La prima indagine – conclusa il 16.7.2012 – ha raccolto informazioni sulla struttura dei viaggi, la seconda – conclusa il 21.12.2012 e condotta mediante due questionari differenti – è servita sia per raccogliere le risposte di chi non aveva partecipato in precedenza sia per confermare i dati raccolti nella prima tornata di interviste.
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