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Gamberi killer Rifiuti a scomparsa a pag. 3

Moto sostenibile

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Il cane spazzino Matrimonio green a pag. 7

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Neonati ecologici

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E’ tempo di educazione ambientale

redazione.biosfera@edititalia.it

Dalla nascita al matrimonio, dall’alimentazione alla mobilità. La nobile arte dell’educazione ambientale può toccare ogni fase e ogni azione della nostra vita, rendendoci sempre più coscienti di contribuire alla sostenibilità del mondo in cui viviamo. Una sensibilità che sembra affermarsi in misura crescente e coinvolgere ogni tappa della nostra esistenza. A partire, appunto, dall’infanzia: i genitori più responsabili utilizzano pannolini lavabili e riutilizza-

bili per il proprio bebè, facendo così un favore al bambino, all’ambiente e al portafogli. Anche i matrimoni sono sempre più ‘green’ ed ecologicamente corretti, mentre sul turismo responsabile, solidale e ambientale, si stanno orientando numerosi viaggiatori e aziende del settore, con il movimento cooperativo a fornire occasioni di riflessione e approfondimento sul tema. Recentemente, poi, una singolare ecogara fra mezzi di trasporto nella capita-

le della bicicletta, Ferrara, ha stabilito senza ombra di dubbio che il veicolo più efficiente in termini di impatto ambientale è l’intramontabile due ruote. Sempre a Ferrara hanno preso piede le isole ecologiche interrate per la raccolta differenziata dei rifiuti, con tutti i vantaggi che comportano per la maggiore capienza e per l’estetica della città. Tutti argomenti ampiamente affrontati in questo numero di “Biosfera” dedicato a vari aspetti legati all’educa-

zione ambientale e ai comportamenti consapevoli. Nei quali troviamo a volte un prezioso aiuto dal nostro amico più fedele, il cane. Lo testimonia la storia di Tubby, un labrador del Galles che cerca infaticabilmente le bottiglie di plastica, le morde fino ad accartocciarle e le consegna alla sua padrona. Nella sua vita ne ha finora raccolte 26mila ed è entrato di diritto nel Guinness dei Primati. La natura e le sue creature sanno come dare il buon esempio.



L’invasione degli ultra …gamberi L’università di Ferrara sta seguendo il fenomeno nell’Italia centro settentrionale Si può tranquillamente definire emergenza ambientale quella che da circa vent’anni – con una intensificazione negli ultimi dieci – sta interessando i canali della pianura padana. Stiamo parlando del gambero rosso della Luisiana, più comunemente noto come gambero killer. Per saperne di più Biosfera ha incontrato Mattia Lanzoni, assegnista di ricerca del dipartimento di biologia ed evoluzione dell’università di Ferrara. Insieme al gruppo di ricerca coordinato dai professori Remigio Rossi e Giuseppe Castaldelli, Mattia Lanzoni, da qualche anno, è impegnato a seguire il fenomeno dell’invasione del gambero rosso nell’area dell’Italia centro settentrionale. Comparso in Italia intorno alla fine degli anni ottanta, il gambero rosso, resistentissimo agli stress ambientali e capace di spostarsi agevolmente anche via terra, ha cominciato ad essere presente nella provincia di Ferrara attorno al 1996 espandendosi da Argenta ai territori confinanti fino a colonizzare il basso corso del Po fino al delta. Oggi i terreni più popolati dal gambero della Luisiana, il cui nome scientifico è Procambarus clarkii , sono quelli di Jolanda di Savoia, Codigoro e Mezzogoro. Incominciamo col chiarire il mistero del soprannome: perché “killer”? “Perché – spiega Lanzoni – si tratta di una specie molto aggressiva che di fronte ad un predatore si mostra con fare minaccioso; al contrario dei comuni gamberi che davanti al pericolo indietreggiano – dice il ricercatore - il gambero americano cerca di mostrarsi il più grande possibile, alza le chele e avanza.” Perché questo gambero, dal sud degli Stati Uniti, è arriva to fino a l

delta del Po e come ha potuto espandersi così bene - come ci ha spiegato lo stesso Lanzoni - fino ad arrivare a stimare, ad oggi, per questa specie, una densità di duecento tonnellate per diecimila ettari? “Innanzitutto è bene precisare – dice Mattia - che, sul nostro territorio, questo del gambero rosso non è il solo esempio di specie cosiddetta alloctona, cioè che vive in luoghi diversi da quelli in cui è nata; per citare altri casi potremmo fare riferimento alla nutria o al siluro”. “L’introduzione del gambero rosso, in Italia – spiega il ricercatore - è avvenuta a causa di un interessamento di tipo commerciale. Dal lago di Massaciuccoli, in Toscana, dove è stato portato inizialmente per essere commerciato, il gambero è poi scappato o, in alcuni casi, è stato deliberatamente abbandonato in corsi d’acqua o sul terreno e da lì, trattandosi di una specie altamente invasiva e resistente, si è diffuso in completa autonomia”. La risposta al perché questo gambero, come è successo anche per altre specie aliene, sia riuscito a diffondersi così bene nell’area del centro e del nord della nostra penisola Mattia ce l’ha data: “Queste specie invasive– ha detto il ricercatore hanno trovato, nella pianura padana, un ambiente che, a livello biologico, non è al massimo della conservazione e delle potenzialità ambientali. In questi habitat – spiega Lanzoni - le comunità di animali indigene sono in difficoltà perché non trovano più le condizioni ambientali idonee, invece le specie invasive alloctone possono trovare la loro massima espansione”. Esiste tuttavia anche un’altra ragione per la quale le specie alloctone riescono a sopravvivere e a svilupparsi in ambienti a loro estranei: “Si tratta – dice Mattia – dell’assenza dei loro predatori naturali. Il gambero rosso – prosegue il ricercatore – nel sud degli Stati Uniti ha come predatori la tartaruga, l’alligatore, il persico trota, i l pesce gatto e anche alcuni uccelli ittiofagi. Ultimamente, qui da noi in pianura padana -

dice Lanzoni – solo aironi e garzette hanno imparato a predare il gambero”. Perché invece i pesci non riescono ad avere un impatto forte su questo animale? “Perché – spiega il ricercatore - il sistema di bonifica di Ferrara, per questioni legate alla sicurezza dei cittadini, nei mesi autunnali e ad inizio primavera mantiene il livello dei corsi d’acqua molto basso e questo fa si che le specie ittiche non riescano ad andare a predare il gambero che, nascondendosi lungo gli argini in tane lunghe circa un metro, riesce a svernare e a sopravvivere”. A questo punto è opportuno chiedersi quale sia il danno strutturale per le colture e per gli argini che l’invasione del gambero della Luisiana sta provocando. Il gruppo di ricerca dell’università di Ferrara sta affrontando anche questo problema e infatti Mattia ci spiega che l’emergenza ambientale è soprattutto legata a questo aspetto perché “maggiormente nei corsi d’acqua di non grande portata e nelle risaie, il bucherellamento del terreno unito al fatto che il gambero si nutra, tra le altre cose, delle radici che sostengono gli argini internamente, determina una minore tenuta stagna e una minore compattezza degli stessi argini che possono franare”. “E’ già da parecchi anni – spiega il ricercatore - che la Provincia, i consorzi di bonifica e il Servizio provinciale protezione flora e fauna lavorano insieme a noi dell’università di Ferrara per cercare di monitorare e limitare questa specie. L’eradicamento – dice Mattia - è invece impossibile”. Cosa fare allora per limitare i danni? “Da un lato – spiega Lanzoni – bisognerebbe mantenere leggermente più alto il livello idrico dei corsi d’acqua per un periodo di tempo più lungo, durante l’anno, così da aumentare la presenza di pesci predatori del gambero soprattutto durante la primavera quando ci sono i nuovi nati; dall’altro si potrebbe rendere più consapevoli i pescatori di una possibile commercializzazione di questa specie di gambero a fini gastronomici”.

Il killer è servito

Pochi grassi, ricco di proteine, piatto nazionale in Luisiana, il gambero rosso, soprattutto nella tradizione gastronomica del centro Italia, è un degno sostituto del gambero di fiume autoctono. Da specie infestante dei piccoli corsi d’acqua, negli ultimi anni, il gambero americano sta cominciando a prendere piede in cucina con la possibilità di realizzare gustosissimi primi e secondi piatti come succede a San Savino, in Umbria, dove al gambero “killer” è stata persino dedicata una sagra. Attenzione però perché il killer in questione, a volte, può riservare spiacevoli sorprese per il palato; trattandosi infatti di una specie onnivora, il gambero rosso mangia praticamente di tutto e potrebbe capitare di incappare in un esemplare non particolarmente gustoso.



Rifiuti, una torretta vi seppellirà Prendono piede le isole ecologiche interrate per la raccolta differenziata Hanno un basso impatto visivo, si integrano con discrezione con l’arredo urbano, hanno dimensioni contenute e sono esteticamente gradevoli. Sono le isole ecologiche interrate: la punta di un iceberg da tre metri cubi. A Ferrara le prime postazioni ecologiche interrate, del costo che oscilla tra i 40 e i 50 mila euro, sono comparse più o meno un anno e mezzo fa in via Kennedy, Piazza Ariostea, via degli Angeli e Piazza Sacrati e nei giorni scorsi è stato inaugurato un secondo lotto nei giardini ex Standa di viale Cavour, in piazzetta Lucchesi, in via Ghiara, in via Contrada della Rosa. Un’isola ecologica interrata, in concreto, è formata da un grande contenitore posto nel sottosuolo che fa sì che a livello della strada spunti fuori soltanto una torretta, di colore nero, con un foro nel quale è possibile inserire i rifiuti. Ogni postazione con contenitori ecologici interrati è composta da due cassonetti: uno per la plastica e uno per

vetro e lattine, entrambi con una capacità di tremila litri. Queste torrette, attraverso apposite maniglie, vengono poi sollevate e svuotate all’interno dei camion per la raccolta differenziata in maniera del tutto analoga alle vecchie campane. “La sostanziale differenza è la capienza - ha spiegato il dirigente servizi ambientali di Hera, Alberto Santini – poiché la struttura è molto più pesante. Di conseguenza – ha precisato Santini – per lo svuotamento delle isole interrate occorrerà un camion dotato di gru”. “Tutte le torrette e i contenitori – ha assicurato Santini - saranno sottoposti periodicamente ad una serie di controlli di manutenzione e di pulizia per garantirne la massima efficienza”. Il progetto, elaborato da Hera in collaborazione con l’Amministrazione comunale della città estense punta essenzialmente su un guadagno estetico. Inutile negare infatti che la raccolta differenziata necessiti della dislocazione, in città, di ingombranti ed esteticamente poco apprezzabili campane e cassonetti. Le isole ecologiche interrate, invece, pur se collocate in prossimità di monumenti, palazzi o piazze non disturbano la vista e non ro-

I vantaggi nella capienza e nell’impatto

estetico

vinano troppo il paesaggio. Di questo stesso parere l’assessore alla mobilità e lavori pubblici del comune di Ferrara, Aldo Modonesi, che in occasione dell’inaugurazione del secondo lotto di isole ecologiche sotterranee ha sostenuto che “è arrivato il momento di cambiare marcia e dare un’accelerata sul tema del decoro in città, pertanto con l’installazione di queste strutture andiamo a compiere non solo un’azione di pulizia ambientale ma anche di pulizia monumentale”. “Spesso sono le piccole cose a fare la qualità di una città”, ha sottolineato Modonesi e, riferendosi in particolare alla struttura ecologica sotterranea sorta nei giardini di Viale Cavour, ha aggiunto che “le isole interrate per la differenziata ci permettono di liberare dai vecchi cassonetti multicolore una delle prospettive più belle di questa città”. “Questo progetto – ha detto Paolo Pastorello, presidente del comitato Hera per Ferrara - si inserisce pienamente nella politica di continuo migliora-

mento dei sistemi di raccolta differenziata portata avanti dal gruppo Hera e il prossimo lavoro su Ferrara – ha ricordato Pastorello – sarà quello di realizzare la stazione ecologica nella zona est della città”. “Intanto - ha sottolineato il dirigente dei servizi ambientali di Hera, Alberto Santini - sembra che i ferraresi abbiano gradito la nuova forma di raccolta differenziata che nasconde sottoterra i contenitori dei rifiuti e il gradimento è dimostrato anche dalle quantità di rifiuti conferiti nelle 4 isole già attivate. Su base annua – ha detto Santini - le postazioni esistenti hanno dato buoni risultati: circa tre tonnellate e mezzo di plastica e sei di vetro”. L’assessore comunale all’ambiente, Rossella Zadro, però, alla domanda su quale sia ad oggi la risposta dei ferraresi nei confronti della raccolta differenziata ha detto “si deve fare di più; la richiesta e la volontà dei cittadini di differenziare esiste, ma c’è ancora molto da migliorare”.

I progetti di

Hera e l’esempio

di Ferrara



Spostamenti sostenibili Le sfide lanciate dalla Settimana Europea della Mobilità “Muoversi in maniera intelligente per vivere meglio” è stato lo slogan che ha caratterizzato la nona edizione della Settimana Europea della Mobilità che si è svolta dal 16 al 22 settembre scorso. “Troppe persone in Europa – ha spiegato Janez Potocnik, Commissario Europeo all’Ambiente -utilizzano l’automobile sia per gli spostamenti lunghi che per quelli brevi. Questo significa inquinamento, incidenti stradali, meno esercizio fisico per un complessivo peggioramento delle condizioni di vita dei cittadini stessi. Il tema di quest’anno vuole essere un richiamo alle amministrazioni affinché considerino con maggior attenzione l’impatto che le politiche di trasporto possono avere sull’ambiente urbano e sulla qualità della vita”. Diverse le iniziative che si sono avvicendate nelle 2.089 città che hanno aderito, da Buenos Aires in Argentina a Taipei in Taiwan, passando per le numerosissime città europee: in Grecia, a Thessaloniki, i cittadini hanno potuto sperimentare il loro spostamento quotidiano sui mezzi di trasporto pubblico per tre giorni senza l’obbligo di biglietto; gli abitanti di Riga, in Lettonia, si sono confrontati con gli amministratori della città in due giorni di assemblee

pubbliche, pensate con lo scopo di dare la possibilità a tutti di illustrare idee e necessità rispetto ai problemi di mobilità urbana. A Ferrara si è svolta la prima edizione di “Mi Muovo Meglio e ci Guadagno”, una eco-gara organizzata dall’amministrazione provinciale in collaborazione con la Uisp e Legambiente, durante la quale si sono sfidate diverse tipologie di mezzi di trasporto. In un percorso ideale che portasse dalla propria abitazione al luogo di lavoro, materialmente dal Parco Bassani a ridosso delle mura della città al Castello Estense in piena Ztl e quindi con tutte le difficoltà del muoversi in un centro urbano, sette cittadini si sono affidati ognuno a sette mezzi di trasporto differenti: autobus, taxi, bicicletta classica e bicicletta a pedalata assistita, automobile, scooter e... i propri piedi (accompagnandosi anche al proprio cagnolino). La classifica finale della eco-gara non si è però basata solo

sull’ordine di arrivo dei partecipanti “Il percorso di gara – ha spiegato Dario Vinciguerra, mobility manager della Provincia di Ferrara – è stato pensato come una simulazione di spostamento dalla propria abitazione al luogo di lavoro in una giornata standard ed ogni mezzo utilizzato ha dovuto rispettare tanto gli obblighi della viabilità ordinaria che le regole del parcheggio. Oltre al tempo di percorrenza, è stato anche tenuto conto di un parametro che abbiamo chiamato “impronta ecologica”, cioè la traccia che ogni mezzo lascia sull’ambiente, non solo in fatto produzione di gas di scarico, ma anche in fatto di impatto ambientale per la fabbricazione, la manodopera e lo smaltimento dei materiali che li compongono”. Vincitrice assoluta la bicicletta, mezzo di trasporto molto amato dai ferraresi, che non ha limitazioni di alcun tipo, se non la necessità di un buona catena anti-furto.

A Ferrara

una eco-gara

fra mezzi

di trasporto

Vince la bici

La composizione del podio: la bicicletta – con un tempo di percorrenza di sette minuti ed un’impronta ecologica di 1,1vince su tutti gli altri risultando essere il mezzo più rapido e meno inquinante, al secondo posto si piazza il pedone, con o senza cane, che a fronte dei 12 minuti e mezzo impiegati per completare il tragitto non ha praticamente impronta ecologica (0,8) e al terzo posto, con un solo minuto di scarto dal primo classificato e con un’impronta ecologica di 1,3, è arrivata la bicicletta a pedalata assistita (che consuma elettricità ed ha il neo della batteria da smaltire, una volta esaurita). Ottima prestazione per l’autobus, medaglia di legno, perché rapido e capace di spostare tante persone contemporaneamente. Male l’auto e lo scooter , fanalino di coda resta il taxi che, nonostante il tempo di percorrenza di otto minuti, ha un’impronta ecologica pesantissima di 12,7 perché oltre ad inquinare come un’automobile fa un tragitto doppio per ogni spostamento.


Tubby l’eroe del riciclo Il cane del terzo millennio è ecologicamente modificato Nell’immaginario collettivo, la famiglia perfetta ha sempre un leale ed educato cagnolino che porta il giornale al padrone. Oggi la svolta ecologica che caratterizza la nostra epoca ha rivoluzionato anche questa immagine ideale del nostro amico a quattro zampe. Così che Fido, nel terzo millennio, abbandona i panni del postino, per indossare invece quelli di spazzino. E oggi Fido cambia nome: si chiama Tubby. È un simpatico labrador di 6 anni, che vive a West Pontnewydd, Torfaen, nel Galles. È lui la mascotte di ogni cinofilo che abbia a cuore l’ambiente: lo scorso 10 settembre, è stato annunciato ufficialmente il suo ingresso nel

Guinness dei Primati 2011, sotto la categoria “Most bottles recycled by a dog”, ovvero “più bottiglie riciclate da un cane”. Compare tra il chihuahua da 0.68 kg e il pechinese con la lingua lunga 11.43 cm. La proprietaria di Tubby, Sandra Gilmore, intervistata dalla Bbc, si è detta “orgogliosa” del risultato del suo labrador, e ha aggiunto come abbia in serbo per lui un trattamento speciale, dopo l’annuncio del suo record: “Sto cucinando un osso, sebbene – scherza - preferisca una bottiglia di plastica”. Tubby è un vero e proprio operatore ecologico, poichè dimostra una curiosa attenzione per la salvaguardia dell’ambiente, al punto da essere soprannominato “eroe del riciclo”. Ha addirittura un pubblico di grandi e piccini che assiste, prenotando, alle sue esibizioni di bonifica su strada. Mrs Gilmore racconta come abbia scoperto il talento green di Tubby durante le passeg-

Un labrador

del Galles nel Guinness

dei Primati

giate che facevano insieme: “Normalmente – ricorda all’emittente britannica - per una passeggiata con un cane si prende una palla o un bastone. Noi eravamo soliti lasciare Tubby nei boschi, da dove usciva con bottiglie di plastica piene, vuote, sporche, di qualsiasi tipo”. Una vocazione tra gioco e movimento. “Lui ama il suo riciclaggio – sostiene la sua padrona, alle telecamere della Bbc - se esce e non trova una bottiglia, torna a casa depresso”. Durante le sue passeggiate quotidiane, Tubby cerca infaticabilmente le bottiglie di plastica, le raccoglie, le morde fino ad accartocciarle e le consegna, tenendole strette per il collo, alla sua padrona. Sempre così, fino a che Mrs Gilmore è arrivata a contare 26mila bottiglie raccolte. Una risposta a chi sostiene che un

p e t

consumi quando un suv. É il risultato dello studio condotto da una coppia di architetti neozelandesi, Robert e Brenda Vale, autori del libro “Time to eat the dog?”, “È tempo di mangiare il cane?”. La loro considerazione nasce dall’analisi condotta sulla quantità di energia necessaria per allevare i più diffusi animali domestici in termini di ettari di terreno necessari al loro sostentamento. Dallo studio dei Vale, un cane di taglia media consumerebbe in media 164 kg di carne e 95 kg di cereali all’anno: ciò significa che occorre coltivare circa 0,84 ettari di terreno, ovvero un campo di calcio e mezzo, per produrre il cibo necessario al fabbisogno del nostro cane. Il paradosso illustrato dai due studiosi è dunque che un cane di medie dimensioni ha

Ha raccolto 26mila bottiglie

di plastica


APPUNTAMENTI “Progetti e strategie urbane per città e territori sostenibili” 4 novembre 2010

lo stesso impatto ecologico di una Land Cruiser da 10mila km in un anno. Quanto sostenuto dai Vale è condiviso dai ricercatori della rivista britannica New Scientist, che puntano il dito proprio alle dimensioni del cane: l’impatto ambientale è direttamente proporzionale alla taglia del nostro amico. Tra le razze, meglio allora preferire un chihuahua, che per il proprio nutrimento richiede appena 0,28 ettari, rispetto all’1,1 di un pastore tedesco. Ma che dire dell’utilità? Lo evidenziano gli autori della pubblicazione inglese: il cane può cacciare, fare la guardia, guidare un cieco, salvare una persona che sta annegando, scovare droga...e, persino, aggiungiamo noi, riciclare bottiglie. Tubby è il primo cane ecologicamente educato, ma da diverso tempo molte case produttrici hanno messo sul mercato accessori, capi e addirittura cucce riciclate. Per esempio, la compagnia americana Sustainable Pet Design ha ideato le “Green Roof Animal Home”, cucce rese particolarmente originali dal fatto che, sul tetto, hanno un piccolo giardino. Gli stessi architetti hanno progettato il modello esclusivo desti-

nato al first d o g Bo, il cane di Bar a c k Obama: la “cuccia bianca” è costruita interamente con materiali ecologici ed è in perfetto stile architettonico greco, circondata da colonne e, all’ingresso, presenta una pavimentazione circolare. Le caleidoscopiche possibilità di trasformazione della plastica permettono di riutizzare e di riciclare questo materiale in modo utile, domestico e addirittura trendy. Intagliando “ecopalette” dalle pareti dei contenitori, in modo da raccogliere i “rifiuti” dei nostri amici a quattro zampe. Ma c’è chi ha anche tratto dalle bottiglie di plastica persino dei cappottini – un po’ rigidi, ma sicuramente efficaci – per il proprio cane: chissà allora se Tubby non stia pensando al proprio guardaroba...

Luogo: Rimini, Fiera Ecomondo, Spazio Città sostenibile, ore 9,30 Nell’ambito di Ecomondo 2010 e nel contesto di “Città e territori sostenibili nel climate change”, Agende 21 locali italiane organizza la conferenza nazionale “Progetti e strategie urbane per città e territori sostenibili”, una rassegna di impegni e buone esperienze delle città e dei territori per lo sviluppo urbanistico sostenibile nel cambiamento climatico (con particolare riferimento alla pianificazione e alla progettazione architettonica e strutturale). Per informazioni: citta.sostenibili@comune.modena.it coordinamento.agenda21@provincia.modena.it tel. 059.2033876/5-059.209434

“Lotta biologica agli insetti dannosi” 5 novembre 2010

Luogo: Secchiano di Novafeltria (Rn) e San Martino dei Mulini (Rn), ore 17,30 e 20,30

Bioplanet-La fabbrica degli insetti utili, la Provincia di Rimini e il Circolo di Legambiente di Novafeltria Secchiano presenta “Lotta biologica agli insetti dannosi-In agricoltura, orticoltura, castagneti e giardini. Il relatore (dottor Foschi) illustrerà le potenzialità nella lotta biologica di alcuni tipi di coccinelle e altri insetti.

Settimana Unesco di educazione allo sviluppo sostenibile 8/14 novembre 2010

Luogo: Tutto il territorio nazionale Torna dall’8 al 14 novembre 2010 la Settimana Unesco di educazione allo sviluppo sostenibile (nell’ambito del DESS-Decennio dell’educazione allo sviluppo sostenibile 2005-2014): tema di quest’anno, la mobilità in rapporto ad ambiente, salute e qualità della vita.

Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti 2010

20/28 novembre 2010

Luogo: Tutto il territorio nazionale

Dal 20 al 28 novembre 2010 si svolge la seconda edizione della Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti -organizzata in Italia dal Comitato promotore nazionale (Ministero dell’Ambiente, Federambiente, Rifiuti 21 Network, Provincia di Torino, Legambiente, AICA, E.R.I.C.A. Soc. Coop., Eco dalle Città) - l’evento europeo che promuove azioni sostenibili in chiave di prevenzione dei rifiuti. Nella passata edizione si sono svolti circa 3000 eventi e iniziative in tutta Europa, oltre 400 in Italia. Tra le novità di questa edizione, l’inaugurazione della Settimana con un grande “flash mob” a suon di “musica da cassonetto”. La campagna adesioni parte a settembre. Per informazioni: Silvia Musso, mail segreteria@assaica.org Valentina Cipriano, mail prevenzione@federambiente.it.



Un altro viaggiare è possibile Dal turismo cinque stelle all’intero firmamento da scoprire “Un ‘altro’ viaggiare: turismo responsabile – solidale - ambientale”. Su questi temi, lo scorso 9 settembre, presso la sede della Società Cooperativa Lavoranti in legno, a Ferrara, si è discusso insieme con i rappresentanti di Aitr (Associazione italiana del turismo responsabile), Legacoop Turismo, Wwf e Touring Club. “Lavoranti in legno – ha detto il presidente Giampaolo Mazzoni nell’intervento di apertura del convegno – propone queste iniziative di dibattito e approfondimento da diversi anni e in merito a varie tematiche, dall’arte alla cultura all’ambiente, perché credo che questi incontri costituiscano un momento di ricchezza sia per chi lavora all’interno di un’impresa che per tutto il territorio”. Conoscere viaggiando, infatti, è il punto di forza del turismo responsabile; un turismo che, come ha spiegato Maurizio Davolio, responsabile Aitr/Legacoop Turismo “mette al centro gli interessi della comunità ospitante e non quelli del turista in un rovesciamento dell’ottica tradizionale. Di conseguenza – ha detto

Davolio - si riconosce che la comunità ospitante ha il diritto di essere protagonista dello sviluppo turistico del proprio territorio e di beneficiare di tutte le ricadute di natura economica e sociale, imprenditoriale e occupazionale che possono derivare dal fenomeno turistico; il tutto – ha precisato il presidente di Aitr - in un quadro di rispetto dell’ambiente, delle tradizioni culturali, degli stili vita, delle credenze, delle abitudini della popolazione che vive in un territorio da cui discende tutta una serie di regole comportamentali che impegnano i tour operator, gli agenti di viaggio, l’industria turistica locale e i viaggiatori”. Davolio ha poi ricordato che di Legacoop Turismo, che altro non è se non il comparto di Legacoop che si occupa di turismo a livello nazionale e internazionale, fanno parte, ad oggi, circa 450 cooperative tra agenzie di viaggi, consorzi, cooperative di albergatori, cooperative che operano nel turismo naturalistico e nel turismo scolastico e campeggi. Aitr, invece, conta 94 soci, tutte persone giuridiche, tra le quali Davolio ha tenuto a segnalare l’organizzazione che lotta contro lo sfruttamento sessuale dei minori; “una compagine composita ha sottolineato lo stesso presidente - unita dall’obiettivo di migliorare gli standard etici del turismo”.

Di sostenibilità ambientale e turismo responsabile parla inoltre il libro che Davolio ha scritto, presentandolo in chiusura del suo intervento, dal titolo “Turismo in Emilia-Romagna. Sociale sostenibile e cooperativo”. Ma, come si fa a far viaggiare il turista in maniera responsabile e solidale? “Innanzitutto - ha spiegato Enrico Marletto della cooperativa “Viaggi Solidali” - bisogna sfatare il mito, che ha accompagnato la nascita del turismo responsabile, secondo cui la meta possa essere solo il sud del mondo e far capire che si può essere turisti responsabili anche restando vicino casa”. A sostegno di questa tesi Marletto ha raccontato che proprio nella sua città, Torino, sono state formate una ventina di guide che accompagnano i turisti a fare un giro in uno dei mercati più grandi d’Europa: il mercato di Porta Palazzo. “Un piccolo spaccato di mondo – ha spiegato Marletto - popolato da gente che parla circa 60 lingue diverse e che sui banchi del mercato o nei negozi vende prodotti della propria tradizione”. E a tal proposito Marletto ha ricordato uno slogan sul tema del turismo responsabile, vincitore di un concorso scolastico promosso nelle scuole di Torino: “perché accontentarsi di cinque stelle quando c’è un firmamento da scoprire”? Nella cooperativa “Viaggi Solidali”,

inoltre, esiste una regola legata alla solidarietà; una sorta di autodisciplina secondo la quale ogni viaggiatore, oltre alla quota del viaggio, versa una somma (70 euro se va all’estero, 30 euro se viaggia in Italia) che va a costituire un fondo di solidarietà. “Con questi soldi – ha spiegato il presidente - noi non compriamo servizi turistici ma finanziamo dei progetti di sviluppo locale e il viaggiatore che parte con noi sa che oltre che fare una bella vacanza contribuisce anche allo sviluppo del paese che va a visitare. In dieci anni di attività – ha detto Marletto - abbiamo raccolto oltre 350mila euro; una somma che probabilmente è solo una piccola goccia nel mare della cooperazione ma ci riempie di orgoglio e in qualche modo fa rimanere collegati i turisti al luogo che hanno visitato”. Alberto Dragone, direttore editoriale del Touring Club Italiano, certo dell’importanza di inserire nelle nuove edizioni delle guide Touring i temi del turismo responsabile, in chiusura dell’incontro ha ricordato che per l’anno prossimo è in programma l’uscita di tre volumi due dei quali saranno dei veri e propri manuali di formazione e informazione: un volume per gli adulti “Turismo responsabile istruzioni per l’uso” e un libro a fumetti per ragazzi realizzato con il contributo fondamentale del Wwf”.



Nozze nel segno dell’ambiente Piccola guida al matrimonio green ed ecosostenibile 8 aprile 2007. San Paolo del Brasile. E’ ufficialmente riconducibile a questa data e in questa location il primo matrimonio ecologicamente corretto al mondo. Sposi un ingegnere spagnolo e la presidentessa di una Ong di assistenza sociale brasiliana. Lo scenario: protagonisti e invitati sono arrivati a piedi, in metropolitana o in bicicletta nel parco che costeggia la centralissima Avenida Paulista. Vestito e copricapo della sposa realizzati con bottiglie di plastica riciclate e assemblati da un’associazione di anziani di una favela. Ai piedi degli sposi sandali ricavati da pneumatici riciclati fabbricati da detenuti di un carcere della capitale paulista. Le fedi in oro e fibra di cocco provenienti dalle sapienti di una comunità indigena in Amazzonia. Il banchetto fornito in piatti e bicchieri riciclabili. E in tre anni la moda del matrimonio green ha preso piede anche nel nostro Paese. Ovviamente con situazioni non all’estremo come nel caso brasiliano, ma al giorno d’oggi dalle partecipazioni al viaggio di nozze, tutto si può far ricadere nella sfera dell-ecosostenibile. Partiamo dagli inviti: chi in passato non è rimasto meravigliato davanti ad un -pacchetto- non indifferente di carta, agghindato con fiori secchi e/o fiocchi, e che puntualmente è finito nel bidone? Ora la nuova frontiera verde del matrimonio propone due alternative: primo, la stampa su carta riciclata. Poco chic? No. Gli inviti green non hanno nulla da invidiare a quelli tradizionali, oltre a costare poco sono gradevo-

li alla vista presentando un’ampia scelta di colori, fantasie, trame etc. O, per uno sposalizio 2.0, l’invito viene personalizzato e mandato tramite posta elettronica. Passiamo agli abiti: la soluzione che meglio rispetta l’ambiente (e il portafogli) è il rimodernamento dell-abito della nonna; oppure all’atelier si può rinunciare a tessuti quali taffetà e similari sintetici derivati dal petrolio, privilegiando materiali biodegradabili e naturali come cotone, lino, canapa, o addirittura quelli derivati dal mais. E per lui? Un vestito di lino bianco. In ordine di cerimoniale, arriviamo in chiesa. Quanti fiori vengono gettati qualche giorno dopo la cerimonia perché appassiti? Allora, ecco aprirsi la strada ai fiori finti ed utilizzabili per più matrimoni all’interno della stessa chiesa (o sala comunale nel caso delle unioni civili). Oppure, se non si riesce a rinunciare al fiore vero, trovare un fioraio che venda specie prodotte nel territorio; la scelta di piante al posto di fiori recisi, poi, permetterebbe di portare a casa i vasi o regalarli a qualche invitata. Eccoci al ricevimento. Scontato in ottica di rispetto dell’ambiente scegliere location vicine alla chiesa - per non percorrere centinaia di chilometri per arrivare alla location da sogno (a chi non è mai capitato?) - si stanno diffondendo strutture che offrono menu ecologici a base di alimenti provenienti da colture biologiche e che propongono frutta e verdura di stagione sul principio della filiera a km zero. Nei casi più estremi, si è arrivati a stoviglie monouso

quantomeno singolari: piatti in foglia di palma, posate in legno e amido di mais e bicchieri in polpa di cellulosa realizzati con gli scarti del bamboo e della canna da zucchero. E addirittura si sono svolti matrimoni ‘al sacco’, ricevimenti ambientati su prato o in riva al mare. Procedendo in ordine temporale in una giornata tipica, eccoci alla distribuzione delle bomboniere. Superatissimi fazzoletti ricamati contenenti i confetti o suppellettili di argento e/o ceramica che regolarmente finiscono dimenticate in qualche cassetto, ecco diffondersi le bomboniere equosolidali: numerosi enti come Unicef e Wwf sono da tempo attive per questo tipo di allestimento. Oppure, c’è chi dona contenitori con semi di bulbi stagionali o piantine aromatiche; o ancora, vasetti di confetture e miele biologici. Passiamo ai regali. La tradizionale lista-nozze prende pian piano una piega ‘green’, come le liste consegnate in negozi equo solidali che vendono oggetti derivati da materiali di riciclo (lampadari in fibre naturali, bicchieri in vetro riciclato, tovaglie e biancheria provenienti dai paesi sottosviluppati). Ancora, numerosi sposi hanno scelto di dirottare gli introiti provenienti dagli ospiti nel finanziamento di progetti umanitari o legati alla salvaguardia del pianeta (es. riforestazione). Restano i viaggi di nozze come omaggio alla neo coppietta: le mete sono sempre località paradisiache, ma vicine ad esempio ad oasi protette.

Tutte le

soluzioni dagli inviti

al ricevimento

Niente riso, ora si liberano farfalle Si chiama butterfly wedding l’ultima moda arrivata dall’America. Riso e petali di rosa sono preistoria: ora all’uscita della chiesa sarà il volo di centinaia di farfalle colorate a salutare i neosposi. La spesa varia dai 500 ai mille euro. Gli allevatori di farfalle battono così una nuova strada per superare la crisi, riservando un occhio all’ambiente: le farfalle sono infatti specie presenti sul territorio, che una volta liberate completeranno il loro normale ciclo vitale. La preparazione è stata studiata ad hoc, considerata la fragilità della specie: scatole appositamente coibentate vengono spedite prima della nascita delle farfalle. Il fatidico giorno sarà sufficiente esporle ad una fonte di calore per qualche minuto e saranno pronte per il loro trionfale volo.



La riscossa dell’eco-pannolino Sempre più genitori scelgono quelli lavabili e riutilizzabili Sarà che sta crescendo la consapevolezza dei consumatori circa le buone pratiche necessarie per limitare l’impronta ecologica che ognuno di noi lascia al suo passaggio sulla Terra, sarà che di tanto in tanto si creano correnti di pensiero che finiscono per diventare una moda fino ad ergersi allo stato must sociale, sta di fatto che il web più “eco-friendly” pullula di forum e blog che trattano di uno “sporco” argomento: i pannolini per bambini. Se dagli anni Settanta fino all’inizio del nuovo millennio non è esistita brava mamma che non si sia affidata alle marche più rinomate dei pannolini usa e getta, una nuova leva di madri più aggiornate, multimediali e coscienziose, si affaccia al mercato dei prodotti eco-compatibili per la prima infanzia e si concentra in maniera particolare sulla questione dei pannolini ecologici o riutilizzabili. Attualmente esistono tre grandi famiglie di pannolini per bambini: gli usa e getta, chiamati ormai “tradizionali” composti per lo più da materie plastiche, derivati di silicati e fibra di cellulosa sbiancata; gli usa e getta “ecologici” che pur funzionando esattamente come i primi sono composti di mate-

riali in parte biodegradabili e riciclabili (circa il 20% rispetto ai tradizionali) e che provengono da foreste certificate, i cui produttori investono sulla ricerca per la creazione di nuove tecnologie che presentino il miglior rapporto possibile fra qualità del prodotto e biodegradabilità/smaltimento; i pannolini “alternativi” che si lavano e si riutilizzano, come accadeva con i “ciripà” del dopoguerra, ma che presentano qualità tecniche di vestibilità ed assorbenza assolutamente identici ai tipi “tradizionali”. Questo tipo di pannolino “alternativo” è spesso oggetto di contestazioni poiché reputato poco pratico, obsoleto e inquinante poiché – pur non necessitando di smaltimento – deve essere lavato spesso e a temperature elevate: falsi miti sfatati dalle statistiche e dai pareri di chi ha provato ad utilizzarli. Se teniamo presente che nei primi tre anni di vita ogni bimbo consuma in media 4.500 pannolini, lo stesso bimbo avrà prodotto circa una tonnellata di rifiuti ed i suoi amorevoli genitori avranno speso per lo scopo circa duemila euro. I pannolini lavabili sono di materiale naturale – cotone, per lo più - proveniente spesso da colture biologiche e biodinamiche

per evitare l’utilizzo di sostanze chimiche dannose in ogni fase di produzione; per un bambino ne occorrono in totale una ventina e si possono riutilizzare per i fratellini e/o i cuginetti; un kit completo ha un costo che varia dai 300 agli 800 euro; non necessitano affatto di lavaggi a temperature elevate (anche perché si rovinerebbero in fretta); ne esistono centinaia di modelli e taglie conformate per ogni esigenza, poiché ogni bimbo ha un corpicino diverso dall’altro. Se poi si considera che le sostanze contenute nei tradizionali pannolini super assorbenti non sono particolarmente salubri per l’epidermide e sono molto inquinanti – la composizione del “fluff” dei pannolini è una materia tabù per le aziende produttrici e la legge non obbliga all’indicazione della stessa sulle etichette – si comprende il fenomeno di diffusione dei pannolini alternativi, nell’immediato ma anche in una prospettiva futura: le mamme che affollano la rete hanno intuito che anche loro, nel proprio piccolo e per il proprio piccolo, possono contribuire attivamente alla salvaguardia del nostro ecosistema, a quella del proprio portafogli e alla salute dei propri cari.

Una buona pratica per risparmiare

denaro

e ambiente

Parola di mamma

Barbara, mamma di Ugo, 2 anni:“Utilizzare i pannolini lavabili non è una missione impossibile ma un favore che si fa ai bambini, all’ambiente e al portafogli. Sono identici ai pannolini usa e getta ma al loro interno bisogna ricordarsi di sistemare un foglietto di tessuto in cotone “acchiappa pupù”, che evita che il pannolino si inzuppi di feci e semplifica le operazioni di pulizia e lavaggio: ad ogni cambio si toglie, si svuota nel water e si mette in lavatrice, insieme al corpo del pannolino”



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