World Excellence N°16 - Luglio / Agosto

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WORLD EXCELLENCE www.worldexcellence.it

ECONOMIA, FINANZA, TECNOLOGIA

16 -17 LUGLIO / AGOSTO 2017 7 € | UK 6.00£ Mensile

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ISSN 2499-5282

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Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - LOM/MI/5193 - Prima immissione 20/07/2017

RIPARTIRE DALL’ AZIENDA DI FAMIGLIA

Negli ultimi anni le imprese familiari hanno saputo reinventarsi e ripensare il modo di competere sui mercati internazionali. E per questo sono cresciute del 9% in più rispetto alle altre. Ora, come spiega il presidente di Aidaf, servono modelli di governance più evoluti per favorirne la managerializzazione. E... Elena Zambon

ASSET MANAGEMENT

ASSET UNDER MANAGEMENT

Quali sono le società che gestiscono più fondi etici Bnp Paribas, Candriam e Banca Etica sono in testa alla classifica degli investimenti socialmente responsabili, un mercato che in Italia vale oltre 16,7 miliardi. E che attira sempre più l’attenzione dei risparmiatori

PORTAFOGLI

Eurozona in pieno ciclo rialzista Alessandro Allegri

Enrico Vaccari

Patrick Moonen

HIGH-TECH BANCHE: PARLA ROBERTO NICASTRO

QUALI SONO LE PROFESSIONI DEL FUTURO Reputation manager, scienziato dei dati, creatore di app, data protection officer... I nuovi mestieri raccontati da chi li ha inventati o, per primo, ne ha capito le potenzialità

Così abbiamo tracciato la strada Con la risoluzione di Etruria, Banca Marche, Carichieti e Cariferrara, è stata costruita la struttura giuridica e finanziaria con cui affrontare le prossime crisi bancarie



In Italia resta forte la resistenza al cambiamento Angela Maria Scullica @AngelaScullica

L’

Italia è il Paese europeo rimasto più a lungo ai margini del processo di liberalizzazione e di integrazione finanziaria internazionale. Per diversi anni il sistema di potere si è concentrato nello stretto rapporto tra banche pubbliche grandi imprese e politica. L’Italia viveva in una sorta di mercato protetto da barriere anti concorrenziali in cui non vi era alcun interesse a favorire lo sviluppo di un efficiente mercato dei capitali al di fuori del circuito bancario. Lo Stato non puntava alla crescita delle piccole e medie imprese ma a mantenere saldo un sistema di potere di tipo corporativista e finanziava il deficit pubblico cercando di convogliare il risparmio verso i propri titoli. A partire dagli anni Novanta il processo di integrazione europea e la globalizzazione hanno dato una spinta decisiva all’abbattimento delle frontiere finanziarie e al conseguente rinnovamento della normativa italiana. Ancora oggi il settore dell’intermediazione finanziaria in Italia appare strutturalmente sottodimensionato e dominato da un numero ristretto di banche su cui è tuttora preminente l’influenza politica. C’è poca attenzione nei confronti dei piccoli e medi operatori indipendenti specializzati e della loro importante funzione a tutela della concorrenza. Dal 2008, anno in cui la crisi americana dei mutui subprime ha contagiato le economie mondiali, ai giorni nostri il settore è stato

sottoposto a un processo di ridimensionamento, caratterizzato dalla progressiva scomparsa di operatori del parabancario, dall’allontanamento degli operatori esteri e dalla riduzione dei team dedicati ai servizi di ricerca societaria. Nel 2015 per rilanciare la crescita in Europa, favorendo lo sviluppo di adeguate condizioni di contesto sul piano sia normativo sia economico, la Commissione europea ha promosso il progetto sull’Unione dei mercati dei capitali (Capital Markets Union o CMU), fissandone la sua realizzazione entro il 2019. Per le imprese di piccola e media dimensione si tratta di favorire, oltre alla crescita del private equity e del venture capitalism, forme di raccolta che possono premiare l’innovazione, come ad esempio il landing; per le imprese di maggiori dimensioni risulta indispensabile promuovere l’accesso al mercato obbligazionario e al mercato di borsa. Ma la realizzazione della CMU incontra diversi ostacoli. In particolare in Italia, dove la resistenza al cambiamento è forte e le reazioni nei confronti dell’Europa sono sempre più attive. È emblematico a questo proposito il caso delle banche venete che, per non passare attraverso la procedura di risoluzione stabilita dall’Europa, sono state acquistate alla fine da Banca Intesa a dimostrazione di quanto le forze in azione spingano verso il ripristino di un sistema poco concorrenziale, corporativo e controllato. 

Luglio - Agosto 2017 World Excellence

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WORLD EXCELLENCE

DIRETTORE RESPONSABILE Angela Maria Scullica angela.scullica@lefonti.it REDAZIONE Federica Chiezzi (federica.chiezzi@lefonti.it),

SCENARI 6

ASSET MANAGEMENT

Trump accende il clima

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REDAZIONE GRAFICA Valentina Russotti SEGRETERIA DI REDAZIONE segreteria@lefonti.it COLLABORATORI Filippo Cucuccio, Vanessa D’Agostino, Luigi Dell’Olio, Filippo Fattore, Antonio Maria Ferrari, Piera Anna Franini, Mario Lombardo, Chiara Osnago Gadda, Gianenrico Levaggi, Gianluigi Raimondi, Fabio Sgroi, Nino Sunseri, Paolo Tomasini, Gloria Valdonio, Donatella Zucca RESPONSABILE COMUNICAZIONE E RELAZIONI ESTERNE Claudia Chiari COORDINAMENTO INTERNAZIONALE ( New York, Dubai, Hong Kong, Londra, Singapore...) Alessia Liparoti alessia.liparoti@lefonti.it PROGETTI SPECIALI Alessia Rosa alessia.rosa@lefonti.it INNOVAZIONE E DIGITAL MARKETING Simona Vantaggiato simona.vantaggiato@lefonti.it REDAZIONE E STUDI TELEVISIVI Via Dante 4, 20121 Milano - tel. 02 8738.6306 Per comunicati stampa inviare a: press@lefonti.it EDITORE

QUALI SONO LE SOCIETÀ CHE GESTISCONO PIÙ FONDI ETICI

PRIMO PIANO 14

Perchè la famiglia ha una marcia in più

MERCATI E IMPRESE

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Superyacht economy

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Dovremmo preoccuparci dei trend della produttività?

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La Singapore del Mediterraneo

TECNOLOGIA

CONCESSIONARIA PER LA PUBBLICITÀ Opq s.r.l. Via G.B. Pirelli, 30- 20141 Milano tel. 02 6699.2511 | info@opq.it | www.opq.it DISTRIBUZIONE PER L’ITALIA MePe - Distribuzione Editoriale Via Ettore Bugatti, 15 - 20142 Milano

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Telefoni e chat, la nuova frontiera del credito

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Così abbiamo tracciato la strada

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Npl, istruzioni per l’uso

DISTRIBUZIONE ESTERO Johnsons International News Italia srl via valparaiso, 4 - 20144 milano SERVIZIO ABBONAMENTI Telefono 02 8738 6306 o inviare una mail a: abbonamenti@editricelefonti.it CAMBIO INDIRIZZO Si prega di comunicarci entro il 20 del mese precedente il nuovo indirizzo via mail a: abbonamenti@editricelefonti.it

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Così nascono le professioni del futuro

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La fattoria del sapere dove partono Startup milionarie

FINANCE

Le Fonti S.r.l. Via Dante, 4, 20121, Milano STAMPA Arti Grafiche Fiorin - AGFiorin

Eurozona in pieno ciclo rialzista

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COMPAGNIE E AGENTI UN RAPPORTO IN TRASFORMAZIONE

RUBRICHE 5 38 82

Mondo Nuovo Carriere Trend


MONDO NUOVO

Marcia indietro sulla Brexit? George Soros Imprenditore e filantropo ungherese naturalizzato statunitense, pioniere dell’industria degli hedge fund, è presidente di Soros Fund Management e di Open Society Foundations

L

a realtà economica comincia a riflettere le false speranze di molti britannici. Un anno fa, quando un’esigua maggioranza votò per l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, credettero alla promessa della stampa popolare e dei politici del fronte del Leave che la Brexit non avrebbe modificato il loro tenore di vita. In realtà, nell’anno trascorso da allora, tale tenore è riuscito a mantenersi stabile solo grazie a un maggiore indebitamento delle famiglie. Questo metodo per un po’ ha funzionato perché l’aumento dei consumi delle famiglie ha stimolato l’economia britannica. Ma il momento della verità è ormai alle porte. Come mostrano gli ultimi dati diffusi dalla Bank of England, la crescita dei salari non è riuscita a tenere il passo dell’inflazione e, pertanto, i redditi reali sono cominciati a diminuire. Se questo trend proseguirà nei prossimi mesi, le famiglie si accorgeranno presto che il loro tenore di vita si sta abbassando e, di conseguenza, si vedranno costrette a rivedere le proprie abitudini di spesa. Come se ciò non bastasse, si renderanno anche conto di essersi indebitate in modo eccessivo e di dover porre rimedio riducendo ulteriormente i consumi che hanno sostenuto l’economia fino adesso. Fra l’altro, la BoE ha commesso lo stesso errore della famiglia media, cioè quello di sottovalutare l’impatto dell’inflazione, e per questo dovrà ora rimediare aumentando i tassi di interesse in modo prociclico. I tassi così aumentati renderanno ancora più difficile per le famiglie saldare i propri debiti. I britannici si stanno rapidamente avvicinando al punto critico che caratterizza i trend economici insostenibili. Il termine che utilizzo in questi casi è «riflessività», che è quando la causa e l’effetto si condizionano a vicenda. La realtà economica è rafforzata dalla realtà politica. Il fatto è che la Brexit è un progetto senza vincitori poiché danneggia tanto la Gran Bretagna quanto l’Ue. Il referendum sulla Brexit non può essere annullato, ma le persone possono cambiare idea. A quanto pare, è ciò che sta accadendo. Il tentativo del primo ministro Theresa May di aumentare la propria capacità negoziale ricorrendo alle elezioni anticipate si è concluso malamente poiché così facendo la premier ha perso la maggioranza parlamentare e ha dato adito a un parlamento sospeso in cui nessun partito è prevalente. La causa principale della sconfitta di May è stata l’errore di proporre di far pagare agli anziani una quota sostanzio-

sa dell’assistenza sociale, perlopiù sulla base del valore della casa in cui hanno vissuto per tutta la vita. Questa tassa, nota come «dementia tax», ha offeso profondamente l’elettorato e gli anziani del partito conservatore della premier. Molti elettori non sono andati a votare, oppure hanno votato per altri partiti. La maggiore partecipazione dei giovani è stata un altro importante fattore che ha contribuito alla sconfitta di May. Molti di loro hanno votato per i laburisti in segno di protesta e non perché volessero aderire a un sindacato o sostenere il leader laburista Jeremy Corbyn (sebbene la sua performance durante la campagna elettorale abbia sorpreso in positivo). L’atteggiamento dei giovani britannici nei confronti del mercato unico è diametralmente opposto a quello di May e dei sostenitori di una Brexit “dura”. I giovani sono impazienti di trovare un lavoro ben pagato, che sia in Gran Bretagna o in Europa. Al riguardo, i loro interessi corrispondono a quelli della City, dove si trovano alcuni di questi lavori. Se vorrà restare al potere, May dovrà cambiare l’approccio ai negoziati sulla Brexit, e alcuni segnali indicano che è disposta a farlo. Affrontandoli con un atteggiamento conciliante, May potrebbe raggiungere un’intesa con l’Ue sul programma e accettare di rimanere nel mercato unico per il tempo necessario a definire tutti gli aspetti legali. Questa soluzione sarebbe di grande aiuto per l’Ue in quanto posticiperebbe il temuto giorno in cui l’assenza della Gran Bretagna creerà un buco enorme nel bilancio dell’Unione. E sarebbe un accordo vantaggioso per entrambe le parti. Solo intraprendendo questa strada May può sperare di convincere il Parlamento ad approvare tutte le leggi che dovranno già essere in vigore quando i negoziati sulla Brexit saranno conclusi e la Gran Bretagna lascerà l’Unione. Potrebbe rendersi necessario per lei abbandonare la sconsiderata alleanza con il partito unionista democratico in Ulster e schierarsi più apertamente con i tory scozzesi, che spingono per una Brexit più morbida. Se May opterà per questa linea, potrebbe restare alla guida di un governo di minoranza perché nessun altro vorrà prendere il suo posto. Per completare la Brexit ci vorrebbero comunque almeno cinque anni, durante i quali verrebbero indette nuove elezioni. E se tutto andasse per il verso giusto, le due parti potrebbero pensare di risposarsi prima ancora di aver divorziato.

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RISCALDAMENTO GLOBALE

COSÌ TRUMP ACCENDE IL CLIMA

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D Un economista dell’università di Berkeley, un professore di Sviluppo sostenibile alla Columbia e l’ex ambasciatrice francese all’Onu, spiegano perché il presidente Usa sta mettendo a rischio il futuro del Pianeta, ma soprattutto quello dell’America

elle tante, variopinte promesse (qualcuno dice minacce) che aveva fatto in campagna elettorale, Donald Trump ne ha mantenute molto poche finora. Non ha convinto il Congresso a finanziare la costruzione del muro al confine con il Messico, non ha smantellato la Nato, che anzi è diventata «fondamentale», non ha abrogato il Nafta, il trattato di libero scambio con Canada e Messico, non ha ancora tagliato le tasse né ha lanciato il grande piano di investimenti infrastrutturali che dovrebbe rilanciare lʼeconomia Usa. Una cosa però lʼha fatta, e rischia di avere conseguenze drammatiche. Come aveva giurato alla sua base elettorale, quella middle class che negli ultimi anni è diventata sempre più povera, scettica verso tutte le politiche multilaterali, ha solennemente annunciato che gli Stati Uniti escono dall’accordo sul clima firmato a Parigi nel dicembre 2015, andando così ad aggiungersi alla Siria e al Nicaragua, le uniche due nazioni che non lo avevano sottoscritto. Lʼaccordo, prevede che dal 2020 vengano adottate politiche per ridurre le emissioni di gas serra e limitare l’aumento della temperatura globale «ben al di sotto dei 2 gradi centigradi». «È mio dovere proteggere gli interessi degli americani e degli Stati Uniti», ha detto Trump motivando la sua decisione e paventando 2,7 milioni di posti di lavoro messi a rischio e migliaia di miliardi di dollari persi a causa del calo della produzione industriale». . La decisone del presidente ha scatenato, ovviamente, immediate polemiche. Italia, Francia e Germania hanno subito fatto sapere che lʼaccordo di Parigi non può

AMERICA FIRST Secondo il presidente Usa, Donald Trump, l’accordo di Parigi, «mette sulle spalle degli americani i costi a discapito dell’economia e della crescita del lavoro»

essere rinegoziato. Ma anche negli Usa, il presidente ha ricevuto feroci attacchi. Secondo lʼex presidente Obama, «Donald Trump rifiuta il futuro»; la comunità scientifica americana è allibita, e lo accusa di dire solo bufale senza alcuna base scientifica, ma anche il parere di molti economisti, nonché quello dei ceo delle aziende più importanti e innovative degli States, è nettamente contrario. Tesla, Apple, Facebook, Morgan Stanley, Tiffany, Gap e altre società hanno acquistato intere pagine sul New York Times e il Wall Street Journal per segnalare come le tecnologie per lʼenergia pulita creino «lavoro e crescita economica». In queste pagine ospitiamo il parere autorevole di un docente di Sviluppo sostenibile della Columbia University, di un professore di economia della Berkeley Universtity, e dellʼex ambasciatrice francese alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici: nessuno gliele manda a dire. 

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L'AFFONDO

La democrazia infranta dell’America Jeffrey D. Sachs Jeffrey D. Sachs, professore di Sviluppo sostenibile e di Politica e management della salute presso la Columbia University, è direttore del Centro per lo Sviluppo sostenibile della Columbia e dell'Un sustainable development solutions network. è autore, tra gli altri di The end of poverty, Common wealth, The age of sustainable development e Building the new american economy

I

deliri del presidente Donald Trump nei confronti dellʼaccordo sul clima di Parigi d sono in parte frutto della sua ignoranza e del suo narcisismo. Eppure rappresentano qualcosa di più. Sono lo specchio della profonda corruzione del sistema politico statunitense, che, secondo una recente valutazione, non è più una «piena democrazia». La politica americana è diventata un gioco di potenti interessi aziendali: tagli fiscali per i ricchi, deregolamentazione per i grandi inquinatori, e guerra e riscaldamento globale per il resto del mondo. Sei paesi del G7 hanno lavorato incessantemente per cercare di convincere Trump dei cambiamenti climatici, ma il presidente ha opposto resistenza. I leader europei e giapponesi sono abituati a considerare gli Usa un alleato su questioni chiave. Con Trump al potere, si tratta di unʼabitudine che stanno rivalutando. Tuttavia il problema va oltre Trump. Chi di noi vive negli Stati Uniti sa in prima persona che le istituzioni democratiche americane sono peggiorate sensibilmente negli ultimi decenni, a partire addirittura dagli anni ʽ60, quando gli americani hanno iniziato a perdere

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fiducia nelle loro istituzioni politiche. I politici statunitensi sono diventati sempre più corrotti, cinici e indifferenti allʼopinione pubblica. Trump è solo un sintomo, anche se scioccante e pericoloso, di questo profondo malessere politico. Le politiche di Trump incarnano priorità meschine che sono ampiamente appoggiate dal partito repubblicano nel Congresso: tagli fiscali per i ricchi a spese dei programmi per aiutare i poveri e i lavoratori; aumento della spesa militare a svantaggio della diplomazia; e permesso di distruggere lʼambiente in nome della «deregulation». E, infatti, secondo Trump, il culmine del suo ultimo viaggio allʼestero è stato la firma di un accordo militare da 110 miliardi di dollari con lʼArabia Saudita, rimproverando altri membri della Nato per la loro apparentemente insufficiente spesa militare, e rifiutando le preghiere degli alleati statunitensi di continuare la lotta al riscaldamento globale. I repubblicani del Congresso fanno il tifo per queste politiche spaventose. Intanto, Trump e il Congresso, controllato dai repubblicani, stanno provando ad accelerare il processo legislativo che priverebbe oltre 20 milioni

di persone dellʼassistenza sanitaria, al fine di ridurre le tasse per gli americani più ricchi. La proposta di bilancio avanzata da Trump prevede tagli a Medicaid (assicurazione sanitaria per i poveri), al Supplemental nutrition assistance program (nutrizione per poveri), allʼassistenza agli stranieri (aiuti ai più poveri del mondo), ai finanziamenti alle Nazioni Unite e alla spesa su scienza e tecnologia. In sostanza Trump vorrebbe distruggere i programmi federali su istruzione, formazione, ambiente, diplomazia, settore immobiliare, nutrizione e altre urgenti priorità dei cittadini. Queste non sono le priorità condivise dalla maggior parte degli americani, neanche lontanamente. Una maggioranza vuole tassare i ricchi, mantenere lʼassicurazione sanitaria, fermare le guerre dellʼAmerica e combattere il riscaldamento globale. In base alle ultime votazioni, gli americani vogliono continuare a far parte quasi allʼunanimità dellʼaccordo sul clima di Parigi, che Trump si è impegnato a lasciare. Il presidente e i suoi amici stanno combattendo lʼopinione pubblica, non la stanno rappresentando. Lo fanno per una sola ragione: il denaro. Più precisamente, le politiche di Trump sono al servizio degli interessi aziendali che sostengono i costi della campagna elettorale e mandano effettivamente avanti il governo statunitense. Ciò che rappresenta Trump è il culmine di un processo lungo, tramite il quale potenti lobby aziendali si sono vendute al potere. Oggi, società come ExxonMobil, Koch Industries, Continental Energy e altre responsabili dellʼinquinamento non hanno più bisogno di fare pressioni; Trump ha dato loro le chiavi del Dipartimento di Stato, dellʼAgenzia per la protezione ambientale e del Dipartimento dellʼenergia. Occupano anche posizioni di prestigio nel Congresso. Gran parte dei soldi delle aziende può


essere rintracciata; il resto circola in forma anonima. I giudici della Corte Suprema che erano spesso serviti e riveriti da aziende benefattrici hanno dato il via libera a mantenere segreti questi flussi di corruzione nella loro famigerata decisione Citizens United. Come ha documentato la giornalista investigativa Jane Mayer, la fonte maggiore di denaro sommerso proviene da David e Charles Koch, che hanno ereditato le altamente inquinanti Koch Industries da loro padre, un uomo la cui storia aziendale comprende anche la costruzione della principale raffineria per il regime tedesco. I fratelli Koch, che insieme raggiungono un utile netto di 100 miliardi di dollari, hanno passato decenni a cercare di prendere il controllo del sistema politico statunitense, mobilizzando anche gli interessi aziendali dellʼala di destra. Quando si tratta di politica fiscale e cambiamento climatico, il partito repubblicano è quasi interamente nelle mani dei fratelli Koch e dei loro amici dellʼindustria petrolifera. Il loro scopo immorale è semplice: tagliare le

imposte societarie e deregolamentare petrolio e gas, senza pensare alle conseguenze per il pianeta. Per raggiungere questi obiettivi, sono pronti a togliere a milioni di poveri lʼassistenza sanitaria, e ancora più scioccante, a esporre lʼintero pianeta a rischio di riscaldamento globale. Il loro male è spaventoso, ma è reale. E Trump è il loro fantoccio. Prima del recente viaggio allʼestero di Trump, 22 senatori repubblicani gli hanno inviato una lettera che chiedeva agli Stati Uniti di ritirarsi dallʼaccordo sul clima di Parigi. Quasi tutti ricevono significativi finanziamenti da parte dellʼindustria petrolifera e del gas. La maggior parte di loro probabilmente dipende direttamente dalle donazioni dei fratelli Koch e dalle lobby che finanziano segretamente. Come ha dimostrato il Centro per la politica responsiva, un gruppo di interesse pubblico, la spesa sostenuta dalle compagnie petrolifere e del gas per i candidati federali delle elezioni del 2016 è stata pari a 103 milioni di dollari, con lʼ88% destinato ai repub-

LA SOLUZIONE

Gli stati americani possono correggere gli errori di Trump? Barry Eichengreen Barry Eichengreen è professore di Economia presso l’Università della California, Berkeley, ed ex consigliere politico senior presso il Fondo monetario internazionale. Il suo ultimo libro è Hall of mirrors: The Great Depression, the Great Recession, and the uses - and misuses - of history

blicani. Ciò comprende naturalmente solo i fondi che possono essere rintracciati a donatori particolari. Il resto del mondo ha urgente bisogno di capire lʼAmerica per quella che è diventata. Dietro le strutture formali di una democrazia una volta funzionante cʼè un sistema politico gestito da interessi aziendali con gli obiettivi cinici di tagliare le tasse ai ricchi, vendere armi e inquinare con impunità. In Trump hanno trovato un leader spudorato e una personalità televisiva che si sottometterà ai loro interessi. Ora tocca al resto del mondo dire no allʼavidità incosciente delle aziende americane, e agli americani stessi recuperare le proprie istituzioni democratiche combattendo il denaro sommerso e la cattiveria delle aziende. Data la piccola maggioranza repubblicana (52-48) al Senato, i democratici e solo tre repubblicani onesti sarebbero in grado di bloccare la maggior parte o tutto il programma Trump-Koch. La situazione è quindi salvabile, anche se rimane altamente pericolosa. Gli americani, e il mondo, meritano di meglio. 

I

l presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, con l’aiuto di un Congresso controllato dai repubblicani, sta minando molti dei valori fondamentali a cui gli americani tengono tanto. Non solo infatti sta mettendo in pericolo l’accesso dei cittadini americani ai servizi sanitari tentando di abrogare l’Affordable care act del 2010 (l’Obamacare), ma le sue proposte sul bilancio implicano anche dei tagli massicci in tutti i settori: dall’infanzia all’istruzione, dai buoni pasto alla ricerca medica. Inoltre, il programma di riforma del sistema di tassazione, ma soprattutto l’abbassamento del tasso massimo del reddito aziendale

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INNOVAZIONE TECNOLOGICA OUTSOURCING

Competizione e nuovi stili di vita innovano il settore

Quando la gestione si affida all’ esterno

La banca nell’era dell’intelligenza artificiale

Danilo Ughetto responsabile Ict di Assimoco

La strategia seguita per l’esternalizzazione di funzioni e servizi interni segue interessi e obbiettivi aziendali. Ma è influenzata anche da trend di settore. Ecco come si sono mosse Cassa Padana e Assimoco

CUSTOM E BIZETA

L’hi-tech made in Italy si ispira a Olivetti

Carlo Stradi

Andrea Preite

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IL RUOLO DELL’ AVVOCATO NELLE OPERAZIONI CROSS BORDER

Jean Christophe Babin

FINTECH

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Filippo Modulo di Chiomenti illustra le strategie da seguire per operare con efficacia sui mercati internazionali

La maison di gioielleria raddoppia la produttività e punta a sorpassare Cartier per diventare la numero uno al mondo. Con queste strategie

Anno 2017 - Prima immissione 8/06/2017

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