Le Fonti Legal N° 18 - Novembre

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LE FONTI

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Novembre 2017 | N°18 | 20 € Mensile

LEGAL LA RIVISTA N°1 DEGLI AVVOCATI

ISSN 2499-8370

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PRIVATE EQUITY

Anno 2017 - Prima immissione 10/11/2017 | Anno II | N°18 | Novembre 2017

IL RUOLO DELL’ AVVOCATO

Bruno Gattai

Per gestire un’operazione di successo nel settore, gli studi legali devono mettere a disposizione dei clienti team multidisciplinari e trasversali. Con queste competenze... LAVORO

L’IMPATTO DELL’ INDUSTRIA 4.0 SU RISORSE UMANE E ORGANIZZAZIONE

ARBITRO CONTROVERSIE FINANZIARIE GIANPAOLO BARBUZZI: COME FUNZIONA IL NUOVO STRUMENTO

CLASSIFICHE

ECCO QUALI SONO LE LAW FIRM PIÙ COINVOLTE NEL RESTRUCTURING


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EDITORIALE

Le normative sul lavoro non più in linea con i tempi ANGELA MARIA SCULLICA

@AngelaScullica

L

a forte interrelazione tecnologica dei sistemi ciberfisici che caratterizza la quarta rivoluzione industriale e che va sotto il nome di Industria 4.0, avrà un impatto dirompente nel mondo del lavoro e richiederà una profonda revisione dell’impianto normativo attuale. Quest’ultimo, fondato sul concetto di lavoratore dipendente valutato sulla base di orario di lavoro, presenza in ufficio, esperienza e utilità delle prestazioni sta entrando rapidamente in crisi. È evidente infatti che il processo di digitalizzazione di questi ultimi due anni ha iniziato ad introdurre negli uffici una maggiore flessibilità cambiando i concetti di spazio, tempo e ponendo una maggiore enfasi sui risultati e sulla produttività delle persone. Quando (e non occorre attendere a lungo) l’Industria 4.0 entrerà a pieno ritmo nella vita di tutti i giorni, le interconnessioni che si creeranno tra i sistemi operativi stravolgeranno le organizzazioni, le modalità lavorative rendendo il contesto operativo fluido, flessibile e slegato da tutte quelle rigidità che lo hanno finora caratterizzato. “Nell’Industria 4.0 il lavoro dovrà necessariamente fare i conti con un ambiente operativo nuovo”, si è detto alla tavola rotonda organizzata da Le Fonti alla quale hanno partecipato tra i maggiori studi esperti in materia, “dove il lavoro si svolgerà spesso a distanza per luogo e tempo e dove assumeranno maggiore rilievo i risultati, piuttosto che il tempo dedicato all’esecuzione del lavoro, rendendo così obsoleta la struttura classica “salario uguale ore di lavoro”. Quest’ultima fa riferimento all’articolo 36 della Costituzione secondo il quale la retribuzione deve essere proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro intendendo con quantità il tempo lavorato mentre con qualità la tipologia delle mansioni espletate. Ma in uno scenario come quello prospettato dall’Industria 4.0 nel quale, grazie a collegamenti tecnologici sempre più stetti tra individui e oggetti, non sarà più necessaria la presenza giornaliera in ufficio e le mansioni, per stare al passo con l’evoluzione e il mercato, andranno costantemente aggiornate e implementate, il salario dovrà necessariamente cambiare parametri di riferimento. Già oggi a questo proposito il Piano nazionale del Governo “Industria 4.0” introduce nella parte relativa agli aspetti giuslavoristici, il “Salario di produttività” che riguarda la rimodulazione delle politiche retributive con incentivi legati ai piani di welfare aziendale e all’impiego di forme flessibili di lavoro in grado di soddisfare le esigenze della vita privata dei lavoratori. Pur trattandosi di una via di mezzo in quanto gli incentivi si riferiscono solo alla parte incrementale del salario e cioè all’ulteriore retribuzione che le aziende sarebbero disposte a riconoscere al lavoratore al fine di ottenere un aumento della produttività , la strada intrapresa va nella nuova direzione di premiare l’efficienza e il merito. L’altro fattore cruciale che andrà affrontato riguarda la non più necessaria presenza costante del lavoratore in ufficio. E qui si aprono i delicati fronti dei tempi di connessione e disconnessione digitale e delle modalità e limiti del controllo a distanza. Riguardo a quest’ultimo il Jobs act ha riscritto l’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori consentendo l’installazione di telecamere e dispositivi di controllo e il monitoraggio senza limiti su computer e smartphone aziendali utilizzati dai lavoratori. Ma sino a dove può spingersi l’interesse aziendale nel controllo a distanza del lavoratore senza violare le problematiche relative alla privacy? Oggi infatti si parla sempre di più dell’uso improprio di software di geolocalizzazione e dei social network per rafforzare i controlli sui dipendenti o per indurli a promuovere attività dell’azienda in un network allargato ai contatti personali. Come si può facilmente intuire le questioni aperte nel mondo del lavoro dall’Industria 4.0 vanno ben oltre quelle relative al contratto e al rapporto datore/lavoratore ma toccano in pieno anche i grandi temi sociali ed etici. Che tipo di società si vuole costruire? E quanta etica vi si vuole realmente introdurre? La discussione è aperta. 

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LE FONTI LEGAL LA RIVISTA N°1 DEGLI AVVOCATI

Sommario Il mercato energetico tra incentivi e regolamentazione

PROTAGONISTI

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Il ruolo dell’avvocato nel private equity

DI FEDERICA CHIEZZI

DI GABRIELE VENTURA

PENALE E FISCO Liti sulla doppia imposizione, l’Europa detta nuove regole

MERCATI E BUSINESS

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Task force tra diritto e intelligenza artificiale DI GLORIA VALDONIO

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Studi legali: un nuovo modello economico

SCENARI

6

Restructuring: gli studi al top DI GABRIELE VENTURA

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Il piatto ricco del food DI LUIGI DELL’OLIO

Incentivi per imprese e startup

L’allerta pre-crisi rafforza la continuità aziendale

PROFESSIONE AVVOCATO

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DI GABRIELE VENTURA

RUBRICHE

78

Mondo legale

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Carriere LEGAL n. 18 - Novembre 2017

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COORDINAMENTO INTERNAZIONALE (New York, Dubai, Hong Kong, Londra, Singapore) Alessia Liparoti (alessia.liparoti@lefonti.it) PROGETTI SPECIALI Alessia Rosa (alessia.rosa@lefonti.it)

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BANKING & FINANCE

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DI FILIPPO CUCUCCIO

La gestione europea dei non performing loans

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Le nuove sfide dell’industria 4.0

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DI CHIARA ALESSANDRA PISCITELLI

In corsa

RESPONSABILE COMUNICAZIONE E RELAZIONI ESTERNE Claudia Chiari

EDITORE

DI LAURA BELLICINI

IMPRESE E LAVORO

Panorama General Counsel

DI STEFANO PREVITI

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DI GIOVANNI SIMONE

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Terzo settore: luci e ombre della riforma

Ecco come funziona il nuovo strumento

La marcia in più della comunicazione

DI FABIO TREVISAN ED ERIKA GABRIELLI

Diritto d’autore e realtà digitale

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DI GABRIELE VENTURA

DI FILIPPO FATTORE

DI GIUSEPPE CARTENI

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INNOVAZIONE E DIGITAL MARKETING Simona Vantaggiato (simona.vantaggiato@lefonti.it) UFFICIO GRAFICO Valentina Russotti REDAZIONE E STUDI TELEVISIVI Via Dante 4, 20121 Milano tel. 02 8738.6306 Per comunicati stampa press@lefonti.it EDITORIAL OFFICES Londra, Milano, New York, Singapore, Dubai, Hong Kong CONCESSIONARIA PUBBLICITÀ Opq s.r.l. Via G.B. Pirelli, 30- 20141 Milano tel. 02 6699.2511, info@opq.it, www.opq.it

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avvocati - rechtsanwälte


SCENARI

DIRITTO FALLIMENTARE

L’allerta pre-crisi rafforza la continuità aziendale Il Governo è al lavoro sui decreti attuativi per disegnare le nuove norme per le procedure concorsuali. Al centro della riforma più poteri al curatore, controlli interni intensificati e premi all’imprenditore. L’impianto complessivo piace alle aziende, che temono, però, ulteriori oneri DI FILIPPO FATTORE

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l Guardasigilli Andrea Orlando non ha dubbi. «Non uso mai questi termini» ha detto il ministro della Giustizia, «ma questa riforma è davvero epocale, poiché l’attuale impianto normativo risale al 1942, con un meccanismo distorto che ha macinato in questi anni molte risorse sia imprenditoriali che di beni materiali». Certo, mancano ancora i decreti attuativi (che dovrebbero arrivare entro 12 mesi), ma il governo sembra convinto che la legge delega sul diritto fallimentare, approvata al Senato in via definitiva l’11 ottobre con 172 voti a favore, 34 contrari e zero

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astenuti, sia un vero e proprio punto di svolta. Per il premier Paolo Gentiloni si tratta di «un contributo per un’economia più sana che aiuterà la crescita». E anche per il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, «l’economia funzionerà meglio e le prospettive per le imprese sane saranno più solide». La riforma è piaciuta persino al segretario del Pd, Matteo Renzi, ultimamente poco propenso a riconoscere i risultati del governo. «Un passo importante», ha scritto nella sua consueta e-news. Secondo Orlando la legge «cambierà profondamente le dinamiche attraverso cui


si arriva alla gestione delle crisi d’impresa. Non si parlerà più di fallito, e non è solo un cambiamento linguistico, non se ne parlerà più perché la persona che avrà avuto in qualche modo una sconfitta imprenditoriale potrà ritentare, non ci saranno più i vincoli oggi imposti a chi ha avuto un insuccesso economico». Il ministro è convinto che la riforma allineerà il Paese all’Europa, dando «trasparenza alle procedure» ed evitando «quelle zone di opacità che si sono spesso determinate attorno ai processi fallimentari». Si tratta, ha aggiunto, di un tema «che vale decine di miliardi di euro» e che è stato finora considerato dalla comunità internazionale «uno dei punti di debolezza del nostro sistema e della nostra competitività». Punto centrale della riforme sarà la prevenzione. «Ci sarà soprattutto», ha spiegato Orlando «un’attenzione particolare a anticipare le procedure attraverso le quali si guarda alle condizioni reali dell’impresa, senza attendere che sia decotta per intervenire e dividere le spoglie, ma intervenendo preventivamente per consentire una continuità imprenditoriale dell’impresa». I meccanismi preventivi Nel dettaglio, la riforma prevede, per facilitare una composizione assistita, una fase preventiva di allerta attivabile direttamente dal debitore o d’ufficio dal tribunale su segnalazione dei creditori pubblici, che potrebbero essere anche l’Agenzia delle entrate o l’Inps in presenza di mancati adempimenti fiscali o contributivi. In caso di procedura su base volontaria, il debitore sarà assistito da un apposito organismo istituito presso le Camere di commercio e avrà sei mesi di tempo per raggiungere una soluzione concordata con i creditori. Se la procedura è d’ufficio, il giudice convocherà immediatamente, in via riservata e confidenziale, il debitore e affiderà a un esperto l’incarico di risolvere la crisi trovando un accordo entro sei mesi con i creditori. L’esito negativo della fase di allerta è pubblicato nel registro delle imprese. L’imprenditore che attiva tempestivamen-

PROFONDI CAMBIAMENTI Secondo Andrea Orlando, ministro della Giustizia, la legge «cambierà profondamente le dinamiche attraverso cui si arriva alla gestione delle crisi d’impresa

te l’allerta o si avvale di altri istituti per la risoluzione concordata della crisi godrà di misure premiali (non punibilità dei delitti fallimentari se il danno patrimoniale è di speciale tenuità, attenuanti per gli altri reati e riduzione di interessi e sanzioni per debiti fiscali). Dalla procedura d’allerta sono escluse le quotate e le grandi imprese. Per favorire i meccanismi di allerta, il ddl impone anche agli organi di controllo societari e agli organi di revisione di avvisare immediatamente gli amministratori dell’esistenza di indizi fondati di uno stato di crisi. Nel caso in cui la risposta non sia adeguata, dovranno tempestivamente informare la Camera di commercio. Con tale segnalazione, i sindaci saranno liberati da ogni responsabilità per l’aggravamento del dissesto o per fatti pregiudiziali successivi ad esso. A guidare la nuova liquidazione giudiziale che sostituirà il fallimento sarà il curatore, che avrà poteri decisamente rafforzati: potrà accedere più facilmente alle banche dati della Pa, potrà promuovere le azioni giudiziali spettanti ai soci o ai creditori sociali e sarà affidata a lui, invece che al giudice delegato, la fase di riparto dell’attivo tra i creditori. La liquidazione deve chiudersi entro tre anni dall’apertura della procedura, con la completa liberazione dei debiti dell’imprenditore.

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Il concordato preventivo Per quanto riguarda le regole processuali, nel trattare le proposte verrà data priorità a quelle che assicurano la continuità aziendale, purché funzionali al miglior soddisfacimento dei creditori, considerando la liquidazione giudiziale come extrema ratio. Si punta poi a ridurre durata e costi delle procedure concorsuali (responsabilizzando gli organi di gestione e contenendo i crediti pre-deducibili). Il giudice competente sarà individuato in base alle dimensioni e alla tipologia delle procedure concorsuali, assegnando in particolare quelle relative alle grandi imprese al tribunale delle imprese a livello di distretto di corte d’appello. Il concordato preventivo sarà ridisegnato, ammettendo, accanto a quello principale in continuità aziendale, anche il “vecchio” concordato che mira alla liquidazione dell’azienda, ma solo se sarà in grado di assicurare il pagamento di almeno il 20% dei crediti chirografari. Il limiti del 60% dei crediti per l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti dovrà comunque essere eliminato o quantomeno ridotto. Arriva, inoltre, una procedura unitaria per la trattazione della crisi e dell’insolvenza delle società di gruppo e, anche in caso di procedure distinte, vi saranno comunque obblighi di collaborazione e reciproca informazione a carico degli organi procedenti. Il via libera delle imprese Le nuove norme sono state accolte positivamente dalle categorie. Per i commercialisti italiani ci sono «diversi aspetti positivi» nella riforma, a cominciare, ha dichiarato il presidente Massimo Miani, dal «riconoscimento della centralità dei controlli societari», convinto che sia stato «utile e importante approvarla prima che questa legislatura si chiudesse, evitando il rischio di vanificare il raggiungimento di un risultato significativo, innanzitutto per il nostro sistema imprenditoriale». Estremamente apprezzabile, secondo Miani, è stato «l’impegno profuso dal ministro della Giustizia, Andrea Orlando, con il quale abbiamo proficuamente interloquito nella fase di re-

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GIUDIZI POSITIVI Per il premier Paolo Gentiloni, in alto, la legge delega sul diritto fallimentare è «un contributo per un’economia più sana che aiuterà la crescita», mentre per il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, sopra, «l’economia funzionerà meglio e le prospettive per le imprese sane saranno più solide»

dazione del testo, nel portare a casa questa riforma». Quanto al rafforzamento del ruolo di sindaci e revisori nel provvedimento, per il presidente dei commercialisti «si tratta di una scelta che riconosce quella centralità dei controlli che noi da sempre sottolineiamo. Siamo certi che la categoria sia preparata da tempo a segnalare tempestivamente i fondati indizi di crisi e ad attivarsi presso gli amministratori affinché provvedano a rimediare». E soddisfazione è stata espressa anche da Confindustria. Per il direttore generale Marcella Panucci con questa riforma le imprese potranno beneficiare di regole «chiare, organiche e coerenti» in grado di difendere meglio «valori essenziali» come la «tutela del credito e la salvaguardia della concorrenza». Viale dell’Astronomia apprezza «il nuovo e condivisibile volto del concordato preventivo» con la positiva distinzione delle gestioni delle crisi «in chiave di continuazione dell’attività di impresa da quelle in chiave liquidatoria». Quanto ai meccanismi di allerta, «l’attuale versione della norma ha avuto una genesi lunga e faticosa, che si riflette in un meccanismo sì articolato, ma tutto sommato rispettoso dell’autonomia privata». Positivo anche il ruolo rafforzato degli organismi di controllo, che permetteranno di realizzare «quella interlocuzione tra gli organi interni e l’apposito organismo esterno ipotizzato dalle nuove norme, in modo da porre il debitore sotto una lente terza, ma senza arrivare a privarlo della possibilità di gestire la preinsolvenza». Attenzione agli algoritmi Malgrado i giudizi complessivamente favorevoli, la riforma ha anche suscitato qualche perplessità. A partire dall’estensione dei casi di nomina obbligatoria degli organi di controllo interno nelle società a responsabilità limitata. Una norma che, secondo la Panucci, «poteva giustificarsi solo se fosse venuta meno la legittimazione alla segnalazione in capo ai creditori pubblici qualificati. Sicomme così non è, siamo di fronte a un aggravamento dell’assetto dei controlli interni poco giustificato in termini di proporzionalità, anche alla luce dei principi


In Italia fallimenti in calo Anche se sono sempre meno le imprese che dovranno fare ricorso alle nuove norme, il numero complessivo resta elevato

L a buona notizia è che sono sem-

pre meno le imprese che dovranno fare ricorso alle nuove norme. In Italia, infatti, prosegue il calo dei fallimenti. Secondo la consueta analisi aggiornata a fine settembre di Cribis, società del Gruppo Crif, nel terzo trimestre dell’anno sono state 2.468 le aziende che hanno portato i libri in tribunale, facendo così salire a 8.656 il totale dei fallimenti nel periodo compreso fra gennaio e settembre. Una cifra in diminuzione rispetto ai primi nove mesi dello scorso anno, quando i fallimenti erano stati 10.047, e in calo del 13,8% rispetto al terzo trimestre 2016 (quando le aziende chiuse erano state 2.704). Il numero complessivo resta comunque assai elevato. Nel periodo che va da luglio a settembre sono fallite mediamente 27 imprese al giorno, poco più di un’impresa ogni ora. Malgra-

do la costante riduzione dei fallimenti sia un segnale incoraggiante di ripresa del tessuto imprenditoriale italiano, le difficoltà degli anni di crisi non sono ancora del tutto alle spalle. Il confronto con la situazione del 2009, infatti, quando gli effetti della crisi economica non erano ancora così evidenti, è piuttosto critico: rispetto a otto anni fa, quando i fallimenti nel terzo trimestre erano stati solo 1.729, circa 19 ogni giorno, le imprese fallite sono aumentate del 36,9%. La distribuzione dei fallimenti sul territorio nazionale presenta notevoli differenze da regione a regione ed è strettamente collegata alla densità di imprese attive. La Lombardia, con 1.827 imprese che hanno chiuso i battenti nel 2017 e un’incidenza sul totale dei fallimenti in Italia del 29,5%, si conferma la regione con il maggior numero di aziende che hanno portato i libri in tribunale. Le imprese lombarde detengono anche il

europei». L’impatto di questa norma sulle imprese non sarà indolore. Secondo quanto calcolato dal Sole 24 Ore su dati Infocamere saranno circa 175mila le srl che dovrebbero dotarsi di un controllo sindacale, che diventerà obbligatorio per tutte quelle società che hanno superato in due esercizi consecutivi il limite di ricavi o di attivi di 2 milioni di euro o di 10 dipendenti. La stima è ancora provvisoria, poiché non è chiaro se i requisiti saranno considerati alternativi o congiunti. Di sicuro per le imprese che dovranno dotarsi dell’organismo di controllo ci saranno ulteriori costi. A definire nel dettaglio le disposizioni sarà una commissione presieduta dal presidente aggiunto della Corte di cassazione, Renato Rodrof, che ha già guidato il gruppo di lavoro che ha

RIFLESSIONI Secondo Innocenzo Cipolletta, presidente di Assonime, la delega è utile ma bisogna riflettere sulla tendenza a insistere su sistemi automatici

primato di fallimenti dal 2009 a oggi, che ammontano a 24.069. Completano il podio il Lazio, con 1.084 aziende fallite nei primi sei mesi di quest’anno (11.945 dal 2009 a oggi) e un’incidenza sul totale dei fallimenti in Italia del 17,5%, e la Campania, che quest’anno ha registrato 754 fallimenti (9.069 dal 2009) che hanno inciso sul totale italiano per l’12,2%.Il settore che ha sofferto di più nei primi nove mesi del 2017 è sicuramente il commercio, che ha visto ben 2.858 imprese chiudere i battenti. Il numero di fallimenti di imprese attive nel settore è, però, in costante calo dal 2014 e rispetto a dodici mesi fa è diminuito del 13,4%. Gli altri settori più in crisi sono i servizi, con 2.000 fallimenti, l’edilizia, con 1.704 casi, e l’industria, con 1.658 aziende chiuse, mentre tutti gli altri comparti nel loro complesso hanno registrato 436 imprese fallite.

scritto buona parte della legge delega. Altri dubbi riguardano i meccanismi di allerta. La delega è corretta e utile, ha spiegato il presidente di Assonime, Innocenzo Cipolletta, «ma c’è da fare una riflessione sulla tendenza che sta prendendo piede in questa fase a insistere su sistemi automatici, non si tratta solo della riforma del diritto fallimentare: va apprezzata la buona volontà di anticipare gli eventi ma c’è il rischio di far precipitare le cose. C’è il pericolo di essere immediatamente stigmatizzati. Se sono un fornitore mi fermo, se sono una banca non mi sentirò di dare del credito». Per il numero uno dell’associazione che rappresenta le spa, l’alert automatico è come una sorta di “algoritmo”, che può portare a sbattere, con il “rischio” di accelerare i crac.

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