Legal N°2 - Luglio-Agosto

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LEGAL IL MENSILE DEL MERCATO LEGALE

Anno I / N°2-3 / Lug.-Ago. 2016 / € 20

WHISTLEBLOWING DAL PUBBLICO AL PRIVATO: SI ALLARGANO LE PROSPETTIVE DI APPLICAZIONE SPECIALE

UN PREMIO ALL’ECCELLENZA

RIFORMA DELLA GIUSTIZIA

ORA TOCCA

BREVETTO UNITARIO L’IMPATTO DELLA PROCEDURA EUROPEA

ALLE CORTI D’APPELLO Il piano del Governo prevede il riordino territoriale degli uffici giudiziari. E gli avvocati…



EDITORIALE

Riforme urgenti non limitate agli aspetti economici ANGELA MARIA SCULLICA

I

tempi lunghi della giustizia italiana e una burocrazia eccessiva stanno diventando ormai una zavorra insopportabile per l’Italia. Processi interminabili, lunghi intervalli tra emissione delle sentenze e loro esecuzione, rallentamenti troppo facili e pretestuosi, formalità esasperate e via dicendo lasciano spazio a molti “furbi” e rendono poco efficiente e lento l’intero sistema economico e produttivo. Una situazione che, se in un mercato “protetto” e meno tecnologico come quello degli anni passati poteva reggere e trovare una sua, pur biasimabile, giustificazione ora, nella nuova realtà di mercati concorrenziali e innovativi ed in presenza di tecnologie avanzate e in continua evoluzione che esaltano con rapidità gli effetti sugli indotti, diventa molto pesante. Gli stessi investitori e imprenditori esteri si bloccano davanti a un sistema che non dà certezza del diritto e che si presenta scivoloso sotto numerosi aspetti. Le riforme sono quindi necessarie e urgenti. Ci auguriamo che vengano affrontate con approfondita conoscenza in uno spirito di razionalizzazione che non tenga solo conto degli aspetti economici ma entri nel merito dei provvedimenti e comprenda a fondo la loro portata e le loro conseguenze indirette. Populismo e faciloneria riguardo alla giustizia non possono essere accettati per nessun motivo. Ne va dello sviluppo e della crescita di un Paese come l’Italia con grandi potenzialità ma anche con debolezze e fragilità che potrebbero farlo arretrare velocemente. L’era tecnologica ha trasformato le economie di tutti i Paesi in un immenso cantiere, qualcuno in fase più avanzata, ma molti altri più indietro. L’Italia si trova nelle condizioni di dovere rivedere e riorganizzare le sue fondamenta tra cui il sistema della giustizia in modo più tecnologico ed efficiente. E in questo non può permettersi di restare ferma o di sbagliare. Deve agire e farlo bene. Non ha altre strade per competere a livello internazionale. Per muoversi lo sta già facendo. L’attivismo degli ultimi due anni è infatti lodevole, ci aspettiamo che sortisca i risultati sperati in termini di efficienza e di equità. Gli stessi studi legali sono chiamati a rivedere completamente il loro modello di business, ad ampliare le loro conoscenze, relazioni e raggio di azione. Il campo di gioco non è più solo l’Italia ma si è ampliato al mondo intero e la competizione è diventata esponenzialmente più forte e accesa. In pochissimo tempo insomma il terreno sul quale per molti anni gli operatori si sono mossi ha perso i suoi storici confini e si è trasformato in un’arena molto più ampia dove valgono regole internazionali da comprendere bene e da capire sotto tutti i numerosi risvolti che presentano e dove la flessibilità richiesta è decisamente più elevata. Ed è in questa arena che occorre affermarsi, conoscere, costruire relazioni e riuscire a muoversi con velocità e sicurezza. Una battaglia per la sopravvivenza che stanno affrontando anche le aziende le quali oggi chiedono più consulenza e appoggio da professionisti in grado di aiutarli ad affrontare tutte le problematiche di un mondo in continua e veloce trasformazione. Come in tutte le epoche rivoluzionarie che vivono profondi mutamenti genetici quale l’attuale, si chiudono strade ma se ne aprono altre complemente nuove da esplorare. E si presentano grandi opportunità che un atteggiamento pragmatico, flessibile e aperto riesce a trasformare in business. 

GIUGNO 2016

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IL MENSILE DEL MERCATO LEGALE

Sommario

Un mercato dei capitali asfittico

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DI FEDERICA CHIEZZI

SCENARI

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IMPRESE E LAVORO

La giustizia negata

Lo smart working e il futuro del lavoro

DI LUIGI DELL’OLIO

DI FRANCESCO ROTONDI

MERCATI E BUSINESS

16

L’impatto della procedura europea DI FEDERICA CHIEZZI

26

Cambiare per crescere e competere DI FEDERICA CHIEZZI

6 La sforbiciata alle corti fa infuriare gli avvocati

Il falso valutativo rimane reato DI FLAVIA GIULIANI

40

Il futuro del whistleblowing in Italia DI FILIPPO CUCUCCIO

BANKING & FINANCE

44

PROFESSIONE AVVOCATO Il raggio di azione si apre al mondo

56

DI ANDREA SALVADORI

DI FILIPPO FATTORE

PENALE E FISCO

28

52

SPECIALE

RUBRICHE

25

54

Comunicazione

47

Carriere

55

Lifestyle

Arte e Design

53

60

Mondo Legale

Luxury

L’avvocato diventa consulente strategico d’impresa

62

DI ALESSIA LIPAROTI

Un premio all’eccellenza

66

Il piatto ricco delle banche DI LUIGI DELL’OLIO

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SCENARI

LA NUOVA GEOGRAFIA GIUDIZIARIA - IL PIANO DEL GOVERNO

La sforbiciata alle Corti fa infuriare gli avvocati DI FILIPPO FATTORE

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A quattro anni di distanza dal riordino dei tribunali di primo grado il ministero della Giustizia torna all’attacco degli uffici giudiziari affidando ad un gruppo di esperti guidato da Michele Vietti lo sfoltimento delle sedi di appello. L’equazione tra domanda di giustizia e densità abitativa non convince, però, il Consiglio nazionale forense, che parla di tagli lineari e demolisce la riforma a colpi di dossier. Orlando frena. Ma dopo la tregua elettorale sarà di nuovo battaglia.

R

iduzione delle Corti d'appello in base a carichi di lavoro e popolazione per arrivare a distretti con almeno un milione di abitanti. Ulteriore taglio dei tribunali. Razionalizzazione territoriale degli uffici di Procura generale. Costituzione di una task force di magistrati che possa operare anche in più uffici contemporaneamente. Si muove su queste direttrici la riforma della geografia giudiziaria che la commissione ministeriale insediata lo scorso settembre e guidata dall’ex vicepresidente del Csm, Michele Vietti, ha messo a punto lo scorso marzo con la stesura di una bozza di ddl. La riorganizzazione non sarà indolore. Soprattutto per le Corti d’appello. Legando gli uffici a un bacino di almeno un milione di abitanti, salterebbero o sarebbero soggette ad aggregazioni con uffici più o meno limitrofi le Corti d’appello di Potenza, Campobasso, Perugia, Reggio Calabria, Caltanissetta, Messina, Bolzano, Trieste, Sassari. A rischio anche Lecce. Dai tagli si salverebbero Lombardia, Toscana, Emilia Romagna, Marche, Abruzzo e Campania.

BASI DELLA RIFORMA Riduzione delle Corti d’Appello, taglio dei tribunali e task force di magistrati le linee guida della riforma della commissione ministeriale. A lato, a sinistra Andrea Orlando, ministro della Giustizia, a destra Michele Vietti, ex vicepresidente del Csm

La riforma del 2012 Un terremoto? Tutt’altro. Per gli esperti chiamati dal ministro della Giustizia, Andrea Orlando, si tratta della naturale prosecuzione del processo partito nel 2012 con la riorganizzazione degli uffici di primo grado ordinari (165 tribunali, con relative procure, 220 sezioni distaccate di tribunale e 667 uffici del giudice di pace). In quell’occasione furono eliminate totalmente le sezioni distaccate e ridotti drasticamente gli uffici del giudice di pace. Per i tribunali ci fu un taglio di 30 unità. Troppo poco, secondo la commissione Vietti, che nella sua proposta definisce i limiti posti dalla legge delega del 2011 “particolarmente condizionanti”. La riorganizzazione, infatti, è stata vincolata al mantenimento dei

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SCENARI

tribunali ordinari nei comuni capoluogo di provincia e all’obbligo di garantire che all’esito della riorganizzazione ciascun distretto di Corte d’appello comprendesse non meno di tre tribunali con le relative procure. Per questo, l’attuazione della delega «appare ancora in larga misura migliorabile, ove il legislatore conferisse una seconda delega, meramente correttiva del primo inter vento». Accanto ai ritocchi della precedente sforbiciata l’ex vicepresidente del Csm auspica altri interventi. La redistribuzione territoriale degli uffici giudiziari resterebbe infatti «incompleta senza interventi riguardanti gli uffici di secondo grado». La domanda di giustizia Ed ecco allora la proposta. Il principio su cui ruota la riforma è che «la natura del giudizio di appello ed i servizi erogati dalle Corti e dalle Procure generali rendono assai meno rilevante il parametro della distanza tra la Corte e l’utenza amministrata e dovrebbero invece puntare con maggiore decisione sulla qualità e l’efficienza del servizio erogato». Per superare l’attuale “disomogeneità”, con la Corte d’appello di Milano che serve 9 tribunali e 6 milioni di persone e quella di Campobasso che ne serve 3 per 314mila abitanti, il criterio più significativo individuato dal gruppo di lavoro è quello della popolazione. Basato sul «fondamentale rapporto tra abitanti e domanda di giustizia». Ed è proprio qui, sul cardine della riforma, che si è innescata la dura opposizione degli avvocati, convinti che «il

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principio della prossimità degli uffici giudiziari a cittadini ed imprese, in termini di oggettiva fruibilità del servizio, non possa essere disatteso».

CONTRIBUTO STRUTTURATO «Sulla riforma dell’ordinamento giudiziario daremo un contributo importante e scientificamente strutturato», dice Andrea Mascherin Presidente del Cnf

La rivolta del Cnf A poco è servito il coinvolgimento diretto del Consiglio nazionale forense nella partita. Lo scorso novembre, vedendo salire la tensione tra i professionisti del foro, il ministro Orlando, ha deciso di aggiungere alla composizione della commissione Vietti, (formata, oltre che dall’ex vicepresidente del Csm, da Luigi Scotti, Guido Alpa, Luigi Birritteri, Giuseppina Casella, Claudio Castelli, Laura Laera, Massimo Luciani, Antonella Magarraggia, Guido Melis, Gioacchino Natoli, Bartolomeo Romano, Catia Summaria e Annamaria Tosto) anche il vicepresidente del Cnf, Francesco Logrieco. Una nomina accolta dall’associazione con grande soddisfazione. «Il dialogo tra il Consiglio forense e il ministro della Giustizia continua con reciproca lealtà. Anche sulla riforma dell’ordinamento giudiziario daremo un contributo importante e scientificamente strutturato, ben lontano da valutazioni meramente localistiche e dunque miopi», ha spiegato il presidente Andrea Mascherin. I buoni propositi sono, però, durati poco. Arrivati al dunque, con la chiusura dei lavori di fine marzo, gli avvocati sono scesi sul piede di guerra. La nuova geografia giudiziaria messa a punto dalla commissione, è caratterizzata da «un approccio meramente riduttivo del numero degli uffici giudiziari» che si basa sulla «insufficienza dei criteri di analisi presi in considerazione per misurare la domanda di giustizia dei diversi territori». Di qui il giudizio di “assoluta inopportunità” dell’intervento proposto dagli esperti del ministero.


Il dossier degli avvocati Per dare più forza al proprio dissenso gli avvocati non si sono presentati a mani vuote. Anzi, hanno tirato fuori l’artiglieria. Per tentare di stoppare la riforma hanno calato sul tavolo della commissione e del governo un corposo e dettagliato dossier elaborato in sinergia tra l’Osservatorio Nazionale Permanente sull’esercizio della Giurisdizione, coordinato da Enrico Merli, e la commissione Cnf sulla Geografia Giudiziaria, coordinata da Giuseppe Iacona, ed in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari di Venezia e l’Istat (componente dell’Osservatorio). L’idea di fondo dei professionisti del foro è che la riduzione proposta dai saggi del governo sia «realizzata sulla scorta di un limitato numero di indicatori numerici non rappresentativi della complessità del tema affrontato». Il Cnf ha dunque suggerito di integrare il lavoro ministeriale con nuovi indicatori, tra i quali la densità di popolazione, la domanda di giustizia nella sua articolazione interna tra civile e penale; i tempi di percorrenza necessari per raggiungere l’ufficio giudiziario, i tempi di pendenza media delle cause; i costi degli eventuali accorpamenti, e quelli standard del servizio giustizia; il tasso e tipo di criminalità esistente su ciascun territorio, l’assetto geografico dei distretti. I tagli lineari Il semplice riferimento a soltanto alcuni di tali indici, si legge nel rapporto, consente di «sconsigliare l’adozione di interventi di semplice politica di geografia amministrativa» che si tradurrebbe «in semplici tagli lineari indifferenti di per sé all’esigenza di rendere il sistema più efficiente di fronte alla variegata domanda di giustizia per la tutela dei diritti del cittadino o dell’impresa». Nello studio il Cnf smonta punto per punto gli assunti dei saggi ministeriali. A partire dall'equazione tra densità abitativa e domanda di giustizia. Quest'ul-

INDICATORI

Il coordinatore della commissione Cnf sulla GeografiaGiudiziaria, Giuseppe Iacona, ha suggerito di integrare il lavoro ministeriale, realizzato sulla scorta di un limitato numero di indicatori numerici, con nuovi indicatori.

tima, per esempio, «appare decisamente superiore al Sud rispetto al Nord, sia sul versante civile (tasso di litigiosità) che sul versante penale (tasso di criminosità)». In questo quadro, se avere quattro Corti d'appello in Sicilia e una in Veneto può apparire oggi scarsamente efficiente, «analogamente prevederne in futuro una sola in entrambe le regioni rischia di non tenere conto della diversa domanda di giustizia del territorio». C'è poi l'estensione territoriale e la conformazione orografica, che in alcuni casi rende particolarmente difficoltosi i collegamenti. Basta pensare a Potenza, che pur essendo una delle 6 Corti d'appello più piccole, con un bacino di utenza al di sotto del milione di abitanti, «si estende su una superficie superiore ai 100mila km quadrati, un valore al di sopra della mediana degli altri uffici». Piccolo è bello Ugualmente sbagliato sarebbe, secondo lo studio del Cnf, non tenere conto degli carichi pendenti. Considerando che Napoli ha oltre 66mila arretrati nel civile e oltre 34mila nel penale, «ipotizzare di aggregare la sede di Salerno produrrebbe come effetto immediato un aumento del carico dei procedimenti pendenti e un aumento del tempo di giacenza». Quanto infine al principio dell’efficienza, se è vero da un lato che il piccolo rischia di essere dispendioso, come sembrerebbe dimostrare il fatto che mediamente le Corti di appello che insistono su un bacino più piccolo hanno un numero di magistrati per abitanti e

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un rapporto fra personale amministrativo e magistrati mediamente superiore, è altrettanto vero che il grande rischia di essere inefficiente, «come dimostra il fatto che le corti di appello di maggiori dimensioni hanno un numero di procedimenti penali e tempi di giacenza mediamente superiore». Senza contare il dato sull'indice di produttività, che nei procedimenti civili è superiore nelle Corti di appello di più piccole dimensioni. La sintesi è che si tratta di una questione complessa che va affrontata nella sua globalità. Intervenire su un’unica dimensione «potrebbe infatti causare un rischio di peggioramento delle performance del sistema giustizia o comunque una possibile riduzione dei livelli essenziali di giustizia garantiti ai cittadini». Così come, ed ecco la stoccata anche sul passato, è accaduto con il riordino del 2012, che «ha evidenziato delle criticità rispetto alle quali sarebbe oppor-

EFFICIENZA

«La riforma deve puntare all’efficienza degli uffici», ha spiegato Giovanni Legnini, vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura

Si tratta di una questione complessa che va affrontata nella sua globalità. Intervenire su un’unica dimensione potrebbe causare un peggioramento. tuno effettuare un'indagine conoscitiva specifica prima di avviare un secondo intervento». La frenata di Orlando Le critiche serrate degli avvocati non sono cadute nel vuoto. Anche perché il taglio delle Corti d’appello proposto dalla commissione Vietti non sembra aver raccolto particolare entusiasmo neanche dalle parti del Csm, pur convinto della necessità di una razionalizzazione della geografia giudiziaria. La riforma, ha spiegato il vicepresidente di Palazzo dell’organo di autogoverno della magistratura, Giovanni Legnini, deve puntare «all'efficienza degli uffi-

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ci». Ma nel Sud «c'è più bisogno di giustizia, non dobbiamo quindi smantellare i presidi pubblici in questa parte del Paese». Piuttosto, ha suggerito Legnini, «è necessario un lavoro straordinario per diminuire le pendenze, a partire dai grandi presidi giudiziari». Il diffuso malumore per le conclusioni della commissione ha per ora spinto il ministro Orlando a fare un passo indietro. «È del tutto prematuro e non fondato su elementi fattuali l'allarme rispetto alla chiusura di uffici giudiziari sia di primo che di secondo grado», ha detto il ministro a metà aprile, aggiungendo che le soluzioni prospettate «non si sono ancora tradotte in articolati di riforme normative, ma costituiscono piuttosto una base di ragionamento» e saranno «oggetto di ulteriore riflessione, al fine di consentire l'avvio del percorso parlamentare di una organica iniziativa legislativa nel contesto di istanze quanto più condivise». In altre parole, «la valutazione sugli interventi sarà rimessa all'esito del dibattito politico e istituzionale appena avviato». Il che, considerato il grado di litigiosità e di frammentazione dell'attuale quadro non fornisce moltissime garanzie di successo. Di sicuro, però, l’operazione non avrà tempi brevi. Le elezioni amministrative sono vicine e in autunno ci sarà l’appuntamento delicatissimo con il referendum costituzionale. Difficile che il governo, visto anche il recente affiorare delle tensioni con le toghe seguito alle inchieste in Basilicata e in Campania e alla nomina di Pier Camillo Davigo alla guida dell’Anm, abbia fretta di avventurarsi su un terreno così insidioso. 


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