Chimica Magazine - aprile 2021

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chimicamagazine.com

CHIMICA MAGAZINE

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LE E IAZION ECNERA SPCOGE

CM N. 2 | Aprile | 2021

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Cecilia Biondi caporedattrice Chimica Magazine

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The new simplicity. Il futuro non si improvvisa. Oltre 15 anni di esperienza, conoscenza del mercato e innovazione nel settore shuttle hanno fatto a KNAPP da trampolino di lancio per un salto quantico nella storia della logistica di magazzino. L‘OSR Shuttle™ Evo sintetizza il meglio della tecnologia shuttle in un rivoluzionario sistema che rappresenta una nuova tappa evolutiva in termini di flessibilità, efficienza e interconnettività. Ready for the new simplicity?

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ommario n.2 aprile 2021

1 Editoriale 3 News a cura della Redazione

6 SPECIALE

21 COMBUSTIBILI ALTERNATIVI E NUOVE TECNOLOGIE

24 FARMACEUTICO, DOVE EFFICIENZA E AFFIDABILITÀ FANNO LA DIFFERENZA

27 COGENERAZIONE, CHIAVE DI

COGENERAZIONE

COMPETITIVITÀ PER IL SETTORE CHIMICO

SOSTENIBILITÀ: SCENARI DI MERCATO IN ITALIA E IN EUROPA

L’INDUSTRIA ITALIANA SCOPRE LA COGENERAZIONE

8 SISTEMI COGENERATIVI PER LA Marco Colombini

30 DALLA LOGISTICA ALL’ALIMENTARE,

13 DAL CALORE AL FREDDO CON LA TRIGENERAZIONE

ENERGETICA ANCHE NEGLI OSPEDALI

17 ALFAGOMMA INVESTE NELLA

36 DIAGNOSI ENERGETICA PER

Intervista con Massimo Pinoli

COGENERAZIONE CON CGT

34 COGENERAZIONE, EFFICIENZA

L’EFFICIENZA DELL’IMPIANTO

AMBIENTE 38MONITORAGGIO ARIA: CONTROLLO,

STRUMENTI DI MISURA E ANALISI

Intervista con Ilaria D’Elia e Maurizio Gualtieri

PRODUZIONE 43IOTWINS, GEMELLO DIGITALE E BIG

DATA PER RINNOVARE LA PRODUZIONE

MANUTENZIONE 46MANUTENZIONE ASSET CON I DRONI:

UNA REALTÀ NEL SETTORE ENERGY

STOCCAGGIO E DISTRIBUZIONE 50LA FIGURA DEL CONSULENTE PER

LA SICUREZZA DEI TRASPORTI DI MERCI PERICOLOSE Paolo Oppini

59 PRODUCT NEWS 62 ORGANIZER


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prossime iniziative editoriali maggio/giugno

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PECIALE MANUTENZIONE - SOFTWARE PER MANUTENZIONE PREVENTIVA E PREDITTIVA - IOT E MANUTENZIONE - LA REALTÀ AUMENTATA NELLA MANUTENZIONE - COMPUTER DA CAMPO

DOSSIER TECNOLOGIE

AUTOMAZIONE INDUSTRIALE (CONTROLLI AUTOMATICI, PLC, STRUMENTI DI MISURA E CONTROLLO)

settembre/ottobre

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PECIALE ENERGIE RINNOVABILI

- SISTEMI DI PRODUZIONE - COMBUSTIBILI: BIOMASSE, BIOMETANO, BIOGAS - SISTEMI DI STOCCAGGIO - SMART EFFICIENCY

novembre/dicembre

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PECIALE IDROGENO

- SISTEMI DI PRODUZIONE - SISTEMI DI STOCCAGGIO - SISTEMI DI TRASPORTO - L’IDROGENO COME COMBUSTIBILE

Da sapere: Prorogata l'agevolazione "BONUS PUBBLICITA" che prevede il recupero del 50% sugli investimenti pubblicitari fatti nel 2021

per informazioni: 039 2302398

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DOSSIER TECNOLOGIE

SOLUZIONI INFORMATICHE PER IL MONDO CHIMICO E DELL’OIL&GAS


ditoriale Ricostruire dopo il Covid, all’insegna della sostenibilità

È

stato interessante leggere oggi il libro che il neoministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani ha scritto con Paolo Vineis e Luca Carra, “Prevenire. Manifesto per una tecnopolitica”, e pubblicato a gennaio 2020, quindi appena prima che scoppiasse la bomba del Covid-19. Molte delle grandi problematiche evidenziate sono effettivamente giunte ad un nuovo culmine, tale da imporre ora più che mai la necessità di un cambiamento sostanziale, e molte delle strategie proposte possono trovare oggi almeno parte del sostegno necessario negli strumenti messi a punto dai vari Stati e dall’Europa per accompagnare le aziende nel difficile percorso di ripartenza dopo la pandemia. E se prima potevano esserci dei pretesti per non pensare in modo sistemico al clima, alla salute e alla sostenibilità – economica, ambientale, sociale - oggi non è più così: ogni ragionamento su questi temi si fa in un contesto più ampio e più urgente dove la posta in gioco è diventata sì più alta, ma con questa anche le opportunità di miglioramento per le tutte le nostre comunità sociali ed economiche. Non a caso si intitolava «Italia 2021 - è tempo di ricostruire» un recente incontro on line promosso da PwC Italia, per discutere sul tema del valore che può essere generato dallo sviluppo sostenibile. «Sui circa 200 miliardi di euro del Next Generation EU appannaggio dell’Italia, il PNRR va moltissimo in questa direzione» ha spiegato in questa occasione il ministro Enrico Giovannini. Le più recenti dichiarazioni programmatiche del governo italiano confermano insomma l’intenzione di agire con urgenza sul tema del cambiamento climatico con una combinazione di politiche strutturali che facilitino l’innovazione, di politiche finanziarie che facilitino l’accesso al capitale e al credito delle imprese capaci di crescere, e di politiche monetarie e fiscali espansive che agevolino gli investimenti e creino domanda per le nuove attività sostenibili. Non devono essere solo parole e probabilmente non lo sono, se guardiamo al numero e al valore delle recenti iniziative,

pubbliche o private, sulle vie dell’innovazione e della sostenibilità. Di particolare interesse ad esempio le prospettive di sviluppo dell’idrogeno come fonte di energia pulita e rinnovabile: «L’idrogeno è un tema che riveste grande attenzione, c’è un trend internazionale da cui non ci possiamo tagliare fuori. Dobbiamo avere l’ambizione di guidare la transizione ecologica» ha affermato Roberto Cingolani ad un recente webinar del Sole 24 Ore dal titolo “La strategia sull’idrogeno e la transizione energetica. Prospettive e opportunità per un’Italia green”, che ha puntato l’attenzione sul ruolo giocato dall’idrogeno prodotto da fonti rinnovabili nello sviluppo del nostro Paese. Presto, ad esempio, vedremo un hub dedicato all’idrogeno verde nell’area portuale di Porto Marghera, a seguito della firma del memorandum di intesa fra l’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Settentrionale (ADSPMAS) e il Gruppo Sapio con Hydrogen Park, che punta alla realizzazione della nuova Hydrogen Valley, in linea con il “Manifesto per la sostenibilità” redatto da Confindustria Venezia per coniugare lo sviluppo economico con la tutela sociale ed ambientale. Non male per un progetto nato in un luogo che, per quanto abbia fatto tanto per lo sviluppo economico del Paese, inevitabilmente evoca immagini tristi di inquinamento e di degrado ambientale. Oggi ci troviamo su un crinale complesso quanto affascinante: possiamo affrontare i problemi derivanti da un’idea superata di industrializzazione e risolverli mettendo insieme le nuove tecnologie e le nuove risorse comunitarie che auspicabilmente avremo a disposizione, alla luce di una nuova consapevolezza ambientale.

Cecilia Biondi

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BATTERIE AUTO, PROGETTI DI RICICLO A FINE VITA

LA RENEWABLE CARBON INITIATIVE AMPLIA LA SUA PORTATA Nata a settembre 2020 per iniziativa dell’istituto di ricerca tedesco nova-Institute, la Renewable Carbon Initiative (RCI) affronta uno dei problemi principali del cambiamento climatico, quello correlato all’estrazione e allo sfruttamento di carbonio dal terreno. Per la prima volta dalla rivoluzione industriale infatti la tecnologia ci consente di dissociare l’industria chimica, della plastica, delle fibre e di altri materiali dall’uso del carbonio fossile. Questo descrive una svolta epocale, che implica il potenziale di un impatto significativo sulla salvaguardia del clima, poiché la maggior parte del carbonio contenuto nei beni di consumo tende a finire nell’atmosfera alla fine del suo ciclo vitale. Diversi settori chiave stanno manifestando interesse crescente, con un numero sempre maggiore di aziende e associazioni che aderiscono alla RCI. Attualmente, la RCI mira a promuovere l’instaurazione di relazioni tra i suoi membri e a costruire nuove catene di valore per sostituire il carbonio fossile con carbonio di origine rinnovabile e sostenibile da biomassa, CO2 e riciclaggio. Il progetto sta portando avanti diverse attività di sensibilizzazione sul tema del carbonio rinnovabile, rivolte ai principali gruppi industriali, alla politica e anche al grande pubblico. Oltre alla pagina web ricca di informazioni e comunicati stampa su questioni politiche attuali quali il Green Deal europeo, la RCI tiene regolarmente webinar pubblici per affrontare questioni relative al carbonio rinnovabile. È anche in corso di elaborazione lo sviluppo un’etichetta di certificazione per prodotti contenenti carbonio rinnovabile e l’istituzione di una community online sul carbonio rinnovabile. Fra le altre collaborazioni in corso vi sono anche quelle CO2 Value Europe o Textile Exchange, nonché la partecipazione ad eventi quali la “Renewable Materials Conference” che si terrà on line il 18-20 maggio 2021. Per tutte le informazioni consultate www.renewable-carbon-initiative.com

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Il Gruppo Renault ha stretto una partnership con Veolia e Solvay, finalizzata ad un progetto di economia circolare riguardante il recupero dei metalli presenti nelle batterie delle automobili in Europa, attraverso un processo di riciclo a circuito chiuso. Veolia e Solvay avevano già creato un consorzio a settembre 2020; l’ingresso di Renault lo va a rafforzare in quanto il suo ruolo risulta complementare a quello delle prime due: da parte di Solvay, la competenza nell’estrazione chimica dei metalli dalla batteria, da parte di Veolia dieci anni di esperienza nello smaltimento delle batterie agli ioni di litio mediante un processo idrometallurgico. Il progetto risulta altamente strategico se pensiamo che le auto elettriche nel mondo dovrebbero crescere dai dieci milioni del 2020 ad oltre cento milioni nel 2030. In questo contesto, i tre partner stanno collaborando ad un progetto che consenta di recuperare dalle batterie giunte a fine vita metalli importanti come cobalto, nickel e litio.


BOOM DELLE RINNOVABILI: NEL 2020 SUPERATE LE FONTI FOSSILI L’elettricità pulita in Europa deriva principalmente da eolico e fotovoltaico. Il boom delle rinnovabili ha coinvolto anche l’Italia che nel 2020 ha prodotto il 40,1% della propria elettricità da fonti pulite, toccando il massimo storico, con oltre il 20% generato dall’idroelettrico. «Le rinnovabili hanno generato durante il 2020

LUISA DE COLA PRIMA DONNA PREMIATA CON LA MEDAGLIA “GIULIO NATTA” Luisa De Cola, docente di Chimica generale e inorganica presso il dipartimento di Scienze farmaceutiche dell’Università Statale di Milano vince la Medaglia “Giulio Natta” 2020.

il 38% dell’elettricità europea, superando la quota del 37% generata dai combustibili fossili» sottolineano gli analisti di Ener2Crowd.com, la prima piattaforma italiana di lending crowdfunding ambientale ed energetico, facendo riferimento ai risultati dello studio “The European Power Sector in 2020” presentato dai think tank Ember e Agora Energiewende. Tra le fonti fossili, dal 2015 ad oggi il carbone ha dimezzato la sua quota (-20% nel 2020) e ora

Arrivata in Statale su chiamata diretta del Rettore Elio Franzini nel settembre 2020 come “Professore di Chiara Fama”, la professoressa De Cola è la prima donna a ricevere il prestigioso riconoscimento che la Società Chimica Italiana (SCI) assegna ogni tre anni a scienziati che si sono distinti, a livello nazionale e internazionale, per i loro contributi di particolare rilievo scientifico e di innovazione. Eccellente studiosa nell’ambito della chimica supramolecolare e dei (bio)materiali, Luisa De Cola porta avanti una ricerca creativa sul “self-assembly” e sui materiali ibridi in grado di distruggersi con uno stimolo, con particolare attenzione allo sviluppo di idrogel

copre solo il 13% del totale. Ma anche il gas naturale si è ridimensionato (-4% nel 2020). Mentre, contemporaneamente, l’efficientamento energetico e l’effetto Covid-19 hanno influito sui consumi elettrici che sono scesi del 4%. Secondo gli analisti di Ener2Crowd.com però in Italia la criticità è ancora rappresentata dai consumi energetici, con costi che ricadono principalmente sulle piccole e medie imprese. Le soluzioni per ridurre i costi energetici a disposizione delle imprese sono molteplici, a partire dalla generazione da fonti rinnovabili, passando per gli interventi di “retrofitting” o “renewal” degli impianti di produzione, fino ad arrivare a soluzioni di efficienza gestionale.

iniettabili e su nanomateriali per la diagnostica. Accanto alla Medaglia “Natta”, la professoressa De Cola è stata recentemente inserita anche nel College of Fellows dell’American Institute For Medical and Biological Engineering (AIMBE) per i suoi eccellenti contributi alla creazione di materiali ibridi per il delivery di farmaci e biomolecole. La premiazione dell’AIMBE Fellow si è svolta a fine marzo, mentre la consegna della Medaglia “Giulio Natta” si terrà a settembre 2021, durante il 27° Congresso Nazionale della Società Chimica Italiana.

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SPECIALE

COGENE COGENERAZIONE-TRIGENERAZIONE: UNA SOSTENIBILITÀ CONCRETA E IMMEDIATA NELLA PRODUZIONE DI ENERGIA a cura di Gabriella Carcassola e Cecilia Biondi

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RAZIONE La cogenerazione è una delle principali direzioni di sviluppo dell’industria per ottenere energia in modo più sostenibile. A prescindere dal combustibile utilizzato, infatti, con un solo sistema si possono produrre due forme diverse di energia: energia termica, o calore, ed energia elettrica, o meccanica. Un’evoluzione spesso perseguita è quella della trigenerazione che arriva a produrre, con la stessa fonte, anche energia frigorifera. In termini molto generali il risparmio che si può ottenere con questi sistemi, come spesa per l’energia, consumi e relative emissioni di CO2, è di circa il 30%, e questo li rende una soluzione concreta ed efficace per conseguire una maggior sostenibilità ambientale.

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SPECIALE COGENERAZIONE

SISTEMI COGENERATIVI PER LA SOSTENIBILITÀ: SCENARI DI MERCATO IN ITALIA E IN EUROPA Marco Colombini Analista economico

LA PANDEMIA DI COVID-19 HA RIVELATO SFIDE E OPPORTUNITÀ PER L’EUROPA. L’INDUSTRIA EUROPEA DEVE RIMANERE COMPETITIVA IN MEZZO A UNA CRESCENTE CRISI ECONOMICA, MENTRE D’ALTRO CANTO, IL GREEN NEW DEAL E IL PIANO DI RIPRESA OFFRONO L’OPPORTUNITÀ DI GUIDARE LA NOSTRA ECONOMIA E IL SISTEMA ENERGETICO VERSO UN FUTURO PIÙ SOSTENIBILE 8

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ANALISI DI MERCATO AAAAAA

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e nuove tecnologie scuotono i pilastri del nostro sistema energetico, un settore che è all’avanguardia nell’innovazione, orientando il passaggio verso un futuro più sostenibile. Integrazione dei sistemi energetici, cogenerazione e trigenerazione sono innovazioni che contribuiscono a un sistema di energia più resiliente, conveniente e pulito. La cogenerazione consiste nel produrre due diverse forme di energia da parte di un’unica fonte di combustibile. Nelle due forme, una è calore o energia termica e l’altra è energia elettrica o meccanica. La tecnologia cogenerativa al giorno d’oggi è una delle opzioni interessanti per i paesi sviluppati e in via di sviluppo al fine di soddisfare il loro carico di base e la loro domanda di punta di energia. Le crescenti preoccupazioni ambientali e le severe norme sulle emissioni hanno portato allo sviluppo delle nuove tecnologie nelle apparecchiature per gli impianti cogenerativi. I governi di diversi Paesi stanno promuovendo la cogenerazione attraverso politiche a lungo termine e incentivi per la generazione decentralizzata, principalmente grazie ai vantaggi come l’efficienza operativa, l’indipendenza energetica, la riduzione degli sprechi energetici e il miglioramento degli obiettivi di sostenibilità. Tuttavia, il mercato delle apparecchiature di cogenerazione si trova ad affrontare l’elevato investimento iniziale, per mettere in opera un impianto cogenerativo, sebbene la realizzazione dei ricavi nello scenario a lungo termine sia elevata, vantaggiosa ed economica rispetto ai sistemi convenzionali. Tale mercato è influenzato anche dalla crescente domanda di sistemi di alimentazione resilienti, dalla riduzione dell’uso di combustibili convenzionali e dallo spostamento verso la generazione di energia sostenibile. L’incremento dei progetti di energia rinnovabile nei prossimi anni nelle regioni in via di sviluppo, la diminuzione del prezzo e l’abbondante disponibilità di gas naturale e l’invecchiamento delle infrastrutture saranno da impulso al mercato nel prossimo futuro. Così come l’aumento del campo di applicazione dei sistemi di cogenerazione in diversi settori industriali come, carta, cibo, prodotti chimici, petrolio e industria della raffinazione che, a causa della crescente domanda di elettricità, possono trarre vantaggio della generazione simultanea di energia elettrica e termica da una singola fonte di combustibile, che comporta anche una riduzione dell’impronta di carbonio e un aumento dell’efficienza. Tuttavia, l’ammontare dell’investimento iniziale e i problemi di una connessione adeguata alla rete sono alcuni dei principali vincoli per il mercato.

EUROPA Il mercato europeo della cogenerazione è destinato a una crescita significativa, principalmente a causa di alcune caratteristiche chiave associate ad esso come i benefici di costo così come l’efficienza energetica. L’approccio integrato nel fornire un approvvigionamento energetico efficiente, accoppiato con perdite di trasmissione sulla rete ridotte, è un ulteriore caratteristica che determina la domanda di mercato. Inoltre, la capacità della tecnologia cogenerativa di contribuire a trasformare lo scenario della decarbonizzazione dell’Unione Europea, in una situazione più efficiente in termini di costi, potrebbe stimolare ulteriormente la domanda di mercato in Europa. La Commissione europea ha pubblicato le sue ultime statistiche nazionali sull’energia, compresi i dati sulla cogenerazione a livello europeo e nazionale per il 2017. In tutta l’UE, la cogenerazione è cresciuta su base annua del 3,3% nell’elettricità generata e dell’1,7% nella capacità elettrica installata tra il 2016 e il 2017, raggiungendo rispettivamente 371,7 TWh e 122 GW. La capacità termica e la generazione di calore sono aumentate tra il 2016-2017 rispettivamente del 4,6% e del 2,4%. In termini di mix di combustibili per la cogenerazione, la crescita della quota di cogenerazione da fonti rinnovabili (di 4,9 punti percentuali) è lo sviluppo più significativo su base annua, che rappresenta il 27,9% dell’input totale di combustibile negli impianti di cogenerazione. Eurostat riporta la crescita della generazione tra il 2016-2017 nei principali paesi dell’UE, tra cui Germania (7,3%), Francia (11%), Spagna (4,6%), Italia (1,1%), Belgio (2,5%) e Regno Unito (9%). La crescita della cogenerazione a livello europeo e in molti Stati membri si traduce in benefici chiave in termini di risparmio energetico, riduzione delle emissioni di carbonio, competitività industriale, crescita e occupazione. Secondo le stime di COGEN Europe, la cogenerazione fornisce oggi circa 630 TWh di risparmio di energia primaria e 280 milioni di tonnellate di riduzioni di CO2, equivalenti a togliere dalla circolazione 61 milioni di automobili nell’UE. Sulla base di questi dati, la cogenerazione contribuisce fino al 15% e al 24% agli obiettivi di efficienza energetica e di riduzione dei gas serra dell’UE.

PROGETTI EUROPEI PACE (Pathway to a Competitive European Fuel Cell) è uno dei progetti europei di cogenerazione che contribuirà ulteriormente alla crescita del mercato europeo della tecnologia. Il settore della cogenerazione è impegnato a creare un

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SPECIALE COGENERAZIONE sistema energetico europeo resiliente, decentralizzato e a zero emissioni di carbonio entro il 2050, con la cogenerazione come spina dorsale. Il mercato, essendo guidato dal consumatore, permette ai cittadini e all’industria europea di generare localmente il proprio calore ed energia pulita, efficiente, affidabile e conveniente. Tutto questo mostra come, in Europa, si possa gestire una transizione conveniente verso un futuro sostenibile. La cogenerazione cerca di essere sempre più ad emissioni zero, in tal senso la ricerca e le aziende cercano di migliorare sempre più l’uso dell’idrogeno come combustibile. Quest’ultimo ha il potenziale per diventare una fonte significativa di energia RIQUADRO 1 e calore per le case e le industrie europee. Le celle a combustibile stanno emergendo come una valida alternativa ai motori a combustione per la produzione INVESTIMENTI IN di energia elettrica e la cogenerazione di calore, come parte di micro sistemi COGENERAZIONE combinati di calore ed energia. Inoltre, la microcogenerazione a celle a combu’intero mercato italiano stibile ha un basso rapporto calore-potenza, il che significa che si adatta bene dell’efficienza energetica è alla tendenza in evoluzione negli edifici verso un maggiore uso dell’elettricità e stimato in 7,1 Miliardi di euro di una bassa domanda di riscaldamento degli spazi. Dati questi benefici, c’è stato investimenti. Di questi, secondo un impegno sostenuto a livello europeo per sostenere le prove sul campo per Italcogen, 484 milioni riguardano le tecnologie emergenti ad alta efficienza, come la microcogenerazione basata investimenti in cogenerazione. Il 90% su celle a combustibile. Uno degli obiettivi del pilastro energetico della Fuel degli investimenti sono destinati Cell and Hydrogen Joint Undertaking (FCH-JU) è quello di accelerare la comall’industria e al settore energetico, il mercializzazione delle tecnologie FCH che utilizzano le celle a combustibile in restante 10% al terziario e alle opere applicazioni stazionarie. civili. Si tratta di investimenti diretti in Lo scopo è quello di far progredire gli stack di celle a combustibile, il bilanimpianti, investimenti che forniscono cio dell’impianto e i sistemi completi fino al punto in cui sono in grado di energia come servizio, così come in competere efficacemente con le attuali tecnologie di generazione di energia e impianti chiavi in mano. calore. La strategia a lungo termine dell’UE mira alla neutralità climatica entro il 2050, cioè mira a diventare un’economia con emissioni nette di gas serra

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Figura 1 La cogenerazione in Italia - Produzione elettrica e termica, rapporto energia elettrica lorda/calore utile C.C.: turbina a gas ciclo combinato T.V.Cp: turbina a vapore a contropressione T.V.Cd: turbina di condensazione a condensazione a estrazione di vapore T.G: turbina a gas con recupero di calore M.C.I: motore a combustione interna M.T.G: microturbine a gas Altro: ogni altro tipo di tecnologia o combinazione di tecnologie che non rientra nelle definizioni precedenti

Fonte: Relazione annuale sulla cogenerazione in Italia, MISE.

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ANALISI DI MERCATO

pari a zero. L’European Green Deal, stabilisce i target e gli obiettivi politici a livello europeo per il periodo fino al 2030, che si traducono in almeno il 40% di riduzione delle emissioni di gas serra (dai livelli del 1990), almeno il 32% di quota per le energie rinnovabili, e almeno il 32,5% di miglioramento dell’efficienza energetica. Il progetto SmartCHP, finanziato dall’UE, sta contribuendo pienamente ad esso, il suo scopo è lo sviluppo di un sistema altamente flessibile di cogenerazione su piccola scala (0.1 - 1 MWe), alimentato con Fast Pyrolysis Bio Oil (FPBO) prodotto da diversi tipi di biomassa lignocellulosica e/o residui. SmartCHP affronta gli obiettivi fissati dal Green Deal e dalla “Vision to 2050” dell’UE attraverso il suo contributo al miglioramento dell’efficienza energetica, poiché la cogenerazione è per definizione una tecnologia efficiente, quindi contribuisce alla riduzione delle emissioni di gas serra per unità di energia utilizzata.

LA SITUAZIONE ITALIANA Secondo il Ministero dello Sviluppo Economico, sono 1.865 gli impianti di cogenerazione attivi nel nostro Paese. Essi generano più della metà dell’energia termoelettrica annualmente prodotta, quantificabili in 57 TWh di elettricità e 36 TWh di calore recuperato; tutto questo comporta un risparmio energetico medio dell’11% rispetto alla classica generazione separata di elettricità e calore (figure 1 e 2). Per quanto riguarda la potenza installata, la maggior parte di essa è nel settore energetico, un terzo nell’industria e solo 1% nel settore civile. In numeri, sono disponibili 14 Gigawatt di potenza in totale, anche se solo circa 5 Gigawatt sono classificati come ad alta efficienza.

RIQUADRO 2 MICROCOGENERAZIONE A CELLE A COMBUSTIBILE

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a microcogenerazione a celle a combustibile è una tecnologia che utilizza un singolo combustibile (idrogeno, gas naturale o GPL) per produrre sia calore sia elettricità. Rispetto ad altre tecnologie di microcogenerazione, possiede un basso rapporto calore-potenza (ossia, produce una quantità relativamente bassa di calore e una quantità relativamente alta di elettricità rispetto ad altre tecnologie di microcogenerazione). Esisteun potenziale crescente per l’uso di questi sistemi di microcogenerazione nel settore residenziale, poiché hanno la capacità di produrre in modo efficiente sia l’energia termica utile sia l’elettricità da un’unica fonte di combustibile.

Figura 2 La cogenerazione in Italia – Numero di unità e capacità di generazione elettrica totale e media C.C.: turbina a gas ciclo combinato T.V.Cp: turbina a vapore a contropressione T.V.Cd: turbina di condensazione a condensazione a estrazione di vapore T.G: turbina a gas con recupero di calore M.C.I: motore a combustione interna M.T.G: microturbine a gas Altro: ogni altro tipo di tecnologia o combinazione di tecnologie che non rientra nelle definizioni precedenti Fonte: Relazione annuale sulla cogenerazione in Italia, MISE.

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SPECIALE COGENERAZIONE Questi ultimi sono divisi equamente tra settore civile, che impiega piccoli impianti di circa 1 Megawatt di potenza e settore della grande industria ed energetico con impianti ad alta potenza. Le prospettive future del settore al 2025 dovranno essere riviste, alla luce dell’impatto che la pandemia ha sui settori industriali. Secondo Alessandro Fontana, Association Managerdi Italcogen, in una recente intervista rilasciata lo scorso febbraio a Cogeneration Channel, ha spiegato che secondo uno studio commissionato dall’associazione, in cui sono stati definiti tre scenari, gli investimenti potenziali avrebbero dovuto avere una gamma di valori che comprendeva un aumento significativo nel caso di uno scenario favorevole alla cogenerazione, di quasi il 40%, passando a circa 480 milioni di Euro, con circa 400 milioni di euro nel settore industriale. Con lo scenario più favorevole, gli investimenti al 2025 avrebbero dovuto essere fino a circa 670 milioni di Euro. Numeri simili si hanno anche con uno scenario stabile, con regolamenti e legislazione invariati. Mentre nel caso dello scenario vincolato lo studio prevedeva un calo del mercato del 10% (figura 3). Tuttavia, durante il 2020 sono stati rimandati molti investimenti, con tutte le problematiche che sono seguite. Pertanto pur rimanendo invariato il potenziale tecnico economico, i valori saranno necessariamente inferiori, ma tutto ciò dipenderà anche dalle future legislazioni, più o meno favorevoli (riquadro 1).

LA MICROCOGENERAZIONE IN ITALIA Durante l’ultimo convegno mcTER Cogenerazione dello scorso novembre, si è posto l’accento anche sulla microcogenerazione, ovvero quegli impianti sotto i 50 kW elettrici (riquadro 2). Infatti, la microcogenerazione utilizza una fonte energetica primaria, come il gas, per produrre simultaneamente calore ed energia elettrica in prossimità del consumatore, sia esso una famiglia o un’impresa. Questa tecnologia può contribuire attivamente agli obiettivi di efficienza energetica al 2030, come mostrato dall’Associazione delle Imprese Elettriche Italiane – Elettricità Futura. Nell’ambito del PNIEC sono stati messi in campo vari strumenti per raggiungere l’efficienza energetica, tra cui una serie di incentivi che possono essere utilizzati per l’acquisto di un impianto di microcogenerazione. Parliamo delle detrazioni fiscali per gli interventi di efficientamento energetico e per il recupero edilizio del patrimonio immobiliare esistente (ECOBonus 65 % e SuperBonus 110%), della fiscalità agevolata per il combustibile degli impianti di cogenerazione ad alto rendimento, dell’aggiornamento del conto termico in base al D.Lgs n.73/2020, in attuazione della direttiva UE 2018/2002, che semplifica l’accesso al meccanismo alla pubblica amministrazione e amplia gli interventi ammissibili, estendendoli agli impianti di microcogenerazione. Inoltre, è stata auspicata un’evoluzione normativa, volta alla semplificazione sia fiscale sia del processo autorizzativo e la possibilità di accedere all’autoconsumo collettivo.

Figura 3 Potenziale di mercato della cogenerazione al 2025

Fonte: Energy & Strategy Group, Politecnico di Milano

Investimenti (mln €)

Elaborazioni per Covid-19

Scenario ottimistico

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Scenario as is

Scenario vincolato


TRIGENERAZIONE

DAL CALORE IL FREDDO CON LA TRIGENERAZIONE di Giorgio Vizioli

MOLTI PROCESSI INDUSTRIALI HANNO UN FABBISOGNO FRIGORIFERO CHE PUÒ ESSERE STAGIONALE O ANCHE CONTINUO LUNGO TUTTA LA DURATA DELL’ANNO. IN QUESTI CASI LA SOLUZIONE ENERGETICAMENTE PIÙ ADATTA È QUELLA DELLA TRIGENERAZIONE. FRA I SUOI VANTAGGI, L’ULTERIORE RISPARMIO DI ENERGIA E MINORE COSTO DI AUTOPRODUZIONE DELLE ENERGIE, CON L’AUMENTO DELL’EFFICIENZA DELL’IMPIANTO NEL SUO COMPLESSO. CE NE PARLA UN ESPERTO IN MATERIA: MASSIMO PINOLI, DIRETTORE COMMERCIALE ESTERO DI CEFLA

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SPECIALE COGENERAZIONE

L’

utilizzo della cogenerazione è una soluzione nota e utilizzata da tempo in ambito industriale. Caratterizzata da molteplici benefici, è ormai una realtà consolidata che vanta numerose realizzazioni di successo in numerosi processi produttivi. In pratica, la cogenerazione è la generazione simultanea di energia termica ed elettrica, ottenuta tramite l’installazione di motori a gas o turbine a gas che recuperano il calore di scarto contenuto nei sistemi di raffreddamento e nei gas di scarico. I vantaggi energetici ed economici della cogenerazione sono ben noti. La produzione separata di energia elettrica (presso le grandi centrale elettriche) e di calore (dalle cal-

daie di produzione installate in una qualsiasi industria) ha infatti costi complessivi sensibilmente più alti rispetto alla produzione in locale di entrambe le energie ottenute tramite gli impianti di cogenerazione che consentono di ottenere rendimenti complessivi pari a circa l’80%. La cogenerazione è dunque una scelta tecnologica efficiente che permette di ridurre i consumi di energia primaria, mitigando gli impatti ambientali della produzione dell’energia stessa. Ovviamente, ciò è possibile laddove l’energia recuperata dai sistemi di cogenerazione può essere utilizzata localmente per il processo industriale tramite l’utilizzo di acqua calda, acqua surriscaldata, vapore o aria calda per l’essicazione. Tuttavia, non tutti i processi industriali necessitano di un fabbisogno elettrico e termico bilanciato e contemporaneo: spesso accade che il fabbisogno termico annuo o anche stagionale sia basso o nullo e pertanto non sia possibile sfruttare tutto il calore che l’impianto di cogenerazione mette a disposizione ciò che comporta una sensibile riduzione del rendimento

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complessivo del sistema e quindi anche del suo beneficio economico. Molti processi industriali necessitano anche di un fabbisogno frigorifero che può essere stagionale o anche continuo lungo tutta la durata dell’anno. In questi casi la soluzione energeticamente più adatta è quella della trigenerazione. Ma di cosa stiamo parlando, esattamente? Chimica Magazine lo ha chiesto a Massimo Pinoli, direttore commerciale estero di Cefla, azienda italiana leader del settore anche a livello internazionale, che vanta una notevole esperienza in in materia. «La trigenerazione può essere definita sinteticamente come un’estensione della cogenerazione. Alla produzione di elettricità e calore, infatti, nella trigenerazione si aggiunge la produzione di aria o acqua fredda. Più tecnicamente, l’energia termica recuperata dal sistema di cogenerazione, non utilizzata dal processo industriale, può essere impiegata per produrre acqua refrigerata per il condizionamento ambientale o per lo stesso processo industriale». Come si raggiunge questo risultato? «Tutto ciò si ottiene abbinando a un sistema di cogenerazione l’installazione di gruppi frigoriferi ad assorbimento, che sono in grado di generare energia frigorifera utilizzando come sorgente il calore invece dell’elettricità; questo permette di sfruttare appieno tutta l’energia termica disponibile laddove il fabbisogno termico risulti molto variabile tra la stagione invernale e quella estiva, oppure nei settori industriali nei cui processi è richiesta con continuità energia frigorifera». A quali settori è applicabile la trigenerazione? «Indubbiamente ai comparti più energivori quali l’industria


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ne che non è utilizzata dal processo industriale e che altrimenti andrebbe persa, con il vantaggio di assicurare un rendimento complessivo più alto e ridurre l’uso di energia elettrica per l’azionamento dei tradizionali gruppi frigoriferi. Un altro vantaggio è di carattere ambientale in quanto in questo modo si riducono le emissioni di CO2. Ma il reale vantaggio offerto dagli assorbitori, in termini di effetto ambientale, va ritrovato nel fatto che per il loro azionamento si utilizza calore di recupero, che ha già scontato la generazione di CO2. A questo riguardo, a titolo di esempio, va annotato che un assorbitore da 100 kW, azionato per 4000 ore in un anno, evita l’emissione nello stesso anno di 50,94 tonnellate di CO2. Un’ultima ma non trascurabile prerogativa degli assorbitori è data dal fatto che le sole parti in movimento al loro interno sono costituite da piccole pompe. Sono pertanto macchine molto affidabili, con ridotte esigenze di manutenzione e con una elevata vita utile. Inoltre, hanno emissioni di rumore e vibrazioni nettamente inferiori rispetto a quelli prodotti dalle tradizionali macchine a compressione».

farmaceutica, chimica, alimentare, chimico, manifatturiero, elettronico: la trigenerazione può essere applicata con successo anche quando la richiesta dei vettori energetici (elettricità e calore) dello stabilimento sono prettamente stagionali o non contemporanei, e quando nel contempo esiste un fabbisoL’energia termica gno frigorifero».

recuperata dal sistema di cogenerazione, non utilizzata dal processo industriale, può essere impiegata per produrre acqua refrigerata per il condizionamento ambientale

Qual è la caratteristica degli impianti di cogenerazione rispetto a quelli di trigenerazione? «Senz’altro la possibilità di produrre, oltre all’energia elettrica e termica, anche il freddo, ciò che è appunto possibile integrando l’impianto di cogenerazione tradizionale con un assorbitore di calore. Gli assorbitori sono dispositivi statici che, a fronte di energia termica immessa sotto forma di acqua calda a temperature anche relativamente basse (fino a 70 °C), producono energia frigorifera sotto forma di acqua refrigerata con temperature minime fino a 5,5 °C. Le loro prestazioni termodinamiche sono sintetizzate dal coefficiente di prestazione COP, che è il rapporto fra la potenza frigorifera ricavata e quella termica di alimentazione: valori comuni di COP sono attorno allo 0,7. Gli assorbitori impiegano come fluido di lavoro una miscela di acqua e bromuro di litio; non utilizzano quindi alcuno degli idrocarburi idrogenati, i cosiddetti clorofluorocarburi (CFC o Freon), con conseguente piena compatibilità ambientale». Quali sono i vantaggi degli assorbitori? «I vantaggi sono molteplici. In primo luogo, essi consentono di utilizzare l’energia termica prodotta dall’impianto di cogenerazio-

Sono previsti ulteriori sviluppi tecnologici per quanto riguarda gli assorbitori? «Gli assorbitori tradizionali a bromuro di litio hanno un campo utile di applicazione fino a circa 5,5 °C sotto il quale non è possibile scendere. A questo limite oggi si supplisce con l’innovativo impiego di assorbitori di calore ad ammoniaca, che consentono di raggiungere temperature fino a -40 °C. L’applicazione di questa nuova generazione di assorbitori applicati alla trigenerazione offre quindi vantaggi in termini di risparmio energetico e di ridotte emissioni di CO2, consentendo di raggiungere temperature sotto lo zero termico e quindi adatte ad aziende che si occupano di surgelamento e stoccaggio di prodotti ortofrutticoli, macellazione carni, gelateria, lattiero caseari, logistica del freddo o dall’industria chimica e farmaceutica, che operano con processi a temperature fino a -25 °C». Ci può fare un esempio applicativo delle potenzialità di questa trigenerazione innovativa? «Prendiamo il caso di un’industria alimentare per la produzione di ortaggi congelati in cui l’analisi energetica dell’utente abbia evidenziato un elevato consumo energetico in termini di energia elettrica per l’azionamento della centrale fri-

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SPECIALE COGENERAZIONE gorifera al servizio del processo di congelamento a -40 °C e di energia termica, consumo coperto da una centrale termica con caldaie tradizionali a gas metano per la produzione di acqua calda. Nel dimensionamento di un sistema di trigenerazione occorre sempre trovare il giusto bilanciamento energetico che consenta il massimo del rendimento complessivo che è ottenibile solo quando tutta l’energia recuperata vien utilizzata.

- D. Lgs. 20/07 e al D.M. 4 agosto 2011, che stabiliscono il riconoscimento della Cogenerazione Alto Rendimento e i criteri per poter definire un impianto come CAR; - D.M. 5 settembre 2011, che pone le basi per l’incentivazione della CAR; - Legge n. 44 del 2012 sulla “Defiscalizzazione” del gas naturale; - D.Lgs n. 102 del 2014 che attua la Dir. 2012/27/UE sull’Efficienza Energetica, che prevede una serie di misuNel dimensionamento occorre tenere conto anche del re atte a migliorare l’efficienza energetica in tutti i settori, fabbisogno elettrico complessivo per evitare un sovra- allo scopo di ridurre del 20% il consumo di energia pridimensionamento elettrico con elevata cessione alla rete maria entro il 2020. che potrebbe ridurre il bilancio economico risultante. Con il Decreto 4 agosto 2011 (CAR) e del successivo Tutti questi fattori hanno portato al dimensionamento Decreto 5 settembre 2011 (Regime di sostegno CAR), gli di un impianto di cogenerazione costituito da un motore impianti in regime di cogenerazione e trigenerazione ad alimentato a gas metano avente una potenza elettrica di alto rendimento ricevono un incentivo annuo (per 10 o circa 2 MWe, un sistema di scambiatori di calore per il 15 anni) proporzionale al risparmio di energia generato, recupero di acqua calda a 90 °C per una pobeneficio che permette di ridurre i tempi di recuAbbiamo tenza di circa 1 MWt, che alimentano una pero dell’investimento. un impianto parte del processo produttivo. Infine, è che assicura al cliente stato installato un ulteriore recuperaAltri riferimenti normativi riguardanti un’opera ingegnerizzata SEU e oneri generali di sistema: tore di calore sui gas di scarico del completa, non solo per l’isola - Delibera AEEG 578/2013/R/EEL; motore per produrre acqua surriscaldataa 180 °C che va ad alimentare di trigenerazione ma anche per - 116 11-8-2014 (art 24); le sue interconnessioni con le - DL 30/12/2016 n. 244 (Milleprorouno assorbitore ad ammoniaca per la centrali esistenti secondo produzione di circa 240 kW di freddo ghe). uno schema di impianto a -40°C». Tra le agevolazioni, come già menzionato, chiavi in mano possiamo considerare la riduzione delle acE quali sono stati i risultati ottenuti? «I cise che gravano sul consumo di gas naturale, benefici sono evidenti: la produzione di questa dato che l’impiego del gas in un impianto di cogeneenergia frigorifera sostituisce circa 150 kWe di potenza razione viene considerato uso industriale (con una tariffa elettrica per l’azionamento dei gruppi frigoriferi tradizio- minore), anche se di fatto rifornisce utenze civili. nali. Il modulo cogenerativo è costituito da un sistema Inoltre, grazie al parametro di defiscalizzazione, una parpreassemblato in officina, contenuto all’interno di una te del gas naturale utilizzato per la produzione combinata cofanatura di insonorizzazione adatta per installazione di energia elettrica e calore non è sottoposta ad accise». all’esterno di energia frigorifera fino alle interfacce con le centrali esistenti, e tutta l’impiantistica elettrica per Possiamo quindi sinteticamente riassumere i vantaggi delconnettere il nuovo impianto con il sistema elettrico esi- la trigenerazione? «Possibilità di estendere i benefici della stente. Abbiamo così un impianto che assicura al cliente cogenerazione anche a quelle applicazioni industriale che un’opera ingegnerizzata completa, non solo per l’isola necessitano di freddo, vantaggio economico risultante di trigenerazione ma anche per le sue interconnessioni dal risparmio di energia e dal minore costo di autoproducon le centrali esistenti secondo uno schema di impianto zione delle energie, aumento dell’efficienza dell’impianto chiavi in mano». nel suo complesso, contenimento di emissioni di CO2 in atmosfera, riduzione del fabbisogno elettrico grazie Può fare un accenno al quadro normativo? alla sostituzione di gruppi frigoriferi a compressione con «Il quadro normativo nel campo della cogenerazione e gruppi ad assorbimento, migliore efficienza energetica ed della trigenerazione fa riferimento a una serie di leggi e economica, ottenimento dei certificati bianchi grazie al decreti: risparmio energetico conseguito».

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ALFAGOMMA INVESTE NELLA COGENERAZIONE CON CGT NELL’AMBITO DI UNA VISIONE STRATEGICA CHE METTE INSIEME COMPETITIVITÀ E SOSTENIBILITÀ, ALFAGOMMA HA DECISO DI AVVIARE, PROPRIO NELL’ANNO DELLA PANDEMIA, UN PROGETTO COMPLETO DI TRIGENERAZIONE. IL PARTNER TECNICO SCELTO È CGT, CHE HA SEGUITO TUTTA LA REALIZZAZIONE DELL’IMPIANTO, DALLE FASI PRELIMINARI FINO AL POST VENDITA

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ra i principali operatori in Italia nel settore della cogenerazione vi è CGT, parte del gruppo internazionale Tesya, presente in 15 Paesi e dealer Caterpillar in Italia dal 1934, fornitore trasversale di soluzioni per la movimentazione nei settori estrattivo, grandi opere, infrastrutture, costruzioni, generazione di energia, oil&gas e meccanica navale, per un totale di quattordici marchi che condividono gli stessi valori distintivi e un forte radicamento locale. «Gli investimenti in efficienza energetica sono un’esigenza prioritaria per il Paese, la comunità, l’economia, le imprese» ha affermato, durante un recente webinar, Paolo Guidali, Head of Power Generation di CGT. «Ci attendono grandi sfide per i prossimi anni, principalmente in termini di flessibilità e sistemi intelligenti integrati, nei quali la cogenerazione assume un ruolo primario: noi ci stiamo strutturando per poter rispondere a queste sfide, anche con modelli di business che possono orientare le scelte di investimento finanziario dei nostri clienti. Ricordiamoci infatti che la cogenerazione è una delle operazioni finanziarie con la più alta redditività in assoluto». Nel corso del webinar, grazie alla partecipazione dell’ing. Mauro Pinna, Maintenance Manager, è stato presentato il caso di Alfagomma, che ha scelto la soluzione della “cogenerazione zero pensieri” di CGT per produrre elettricità e calore dai cascami termici per generare vapore, acqua calda ed energia frigorifera. La riduzione dei costi energetici in bolletta e la disponibilità dell’impianto garantita dai servizi CGT consentiranno un ritorno dell’investimento in circa tre anni, con un beneficio ambientale e una diminuzione generale di approvvigionamento di energia da fonti fossili che avrà risvolti positivi per almeno un decennio.

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COMPETITIVITÀ UGUALE SOSTENIBILITÀ Alfagomma è una realtà italiana di eccellenza, fondata nel 1956 e leader mondiale nella produzione e commercializzazione di componenti e sistemi industriali per la gestione dei fluidi, operante nei settori oil&gas, chimico, petrolchimico, navale/militare, minerali, trasporti, energie rinnovabili, agricoltura, alimentare e diversi altri. Fra i prodotti realizzati da Alfagomma vi è tutto ciò che serve per il trasferimento di fluidi o la trasmissione di potenza oleodinamica: ad esempio tubi flessibili, raccordi, adattatori, innesti rapidi, piastre multiconnessione, tubi assemblati, tubi rigidi sagomati, giunti compensatori, valvole e pompe. Con 24 stabilimenti produttivi, 96 filiali commerciali e centri di assemblaggio, 4000 dipendenti in tutto il mondo, il gruppo ha copertura globale e comprende anche le attività di Dunlop Hiflex, Argus e Kiowa. Per Alfagomma l’innovazione è la regola e questa continua ricerca l’ha portata a delineare una visione strategica di sviluppo per il futuro, che mette insieme “un presente di successo e un futuro responsabile”. Le iniziative che possono portare competitività ed efficienza nei processi dell’oggi sono anche quelle che portano ad un maggior rispetto dell’ambiente e dunque funzionali anche alle esigenze del domani. Fra i tanti progetti avviati dall’azienda possiamo citare la produzione di energia da fonti rinnovabili, con l’allestimento di impianti fotovoltaici su gran parte delle coperture dei plant Alfagomma Italia; le soluzioni di riduzione dei consumi energetici, per esempio con progetti di relamping; il riutilizzo del vapore prodotto internamente per i principali processi, ad esempio la vulcanizzazione dei


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tubi. Il nuovo impianto di cogenerazione realizzato a Castelnuovo Vomano (Teramo) si colloca in questo percorso e contribuisce agli obiettivi di sostenibilità con una riduzione consistente dei consumi energetici e relativa emissione di CO2.

gettazione preliminare, passando per la gestione di tutte le pratiche autorizzative per l’entrata in esercizio dell’impianto, fino ad arrivare al servizio post vendita e manutenzione.

I DETTAGLI DELL’IMPIANTO REALIZZATO

La produzione di Alfagomma è caratterizzata da processi abbastanza energivori, che richiedono non solo energia L’aspetto saliente di questo progetto è la personalizzaelettrica, ma anche vapore, acqua calda e acqua fredda: il zione, che ne ha coperto tutte le fasi. Dapprima è stato contesto ideale per un impianto di trigenerazione. Come rappresentato e analizzato tutto il processo produttivo, illustrato nel dettaglio da Stefano Malagò, Sales per configurare le necessità energetiche di ogni Engineer Cogenerazione di CGT, Alfagomsua fase e dimensionare di conseguenza l’imma ha acquisito una soluzione “chiavi in pianto energetico. Tale customizzazione La produzione mano”, che CGT ha curato fin dalla proè avvenuta anche in seguito: insieme al di Alfagomma è cliente sono state via via individuate caratterizzata da processi tutte le possibili migliorie all’impianto abbastanza energivori, che anche nel corso della sua realizzazione, richiedono non solo energia in modo tale da massimizzare i benefici elettrica, ma anche vapore, incrementandone soprattutto la flessibiacqua calda e acqua lità. Sempre a cura di CGT è anche tutto fredda il percorso del servizio post vendita, misurazione e manutenzione: su questo tema, che per l’azienda riveste un ruolo del tutto strategico, è intervenuto al webinar Alessandro Borin, Energy Efficiency Services di CGT, che ha illustrato nel dettaglio i vantaggi dell’innovativo Energy Report, un servizio web-based sviluppato da CGT che consente agli Energy Manager di controllare comodamente da remoto la produttività e la redditività dell’impianto di cogenerazione, attraverso una

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SPECIALE COGENERAZIONE reportistica facile e intuitiva. Il cuore dell’impianto Alfagomma è costituito da un motore Caterpillar da 1200 kW elettrici, erogati con un rendimento del 42,6% e nel rispetto dei limiti emissivi di 250 mg/Nmc di NOx e 300 mg/Nmc di CO. Il motore è associato a una caldaia per il recupero dei fumi in grado di produrre 547 kW termici sotto forma di vapore (circa 750 kg/ ora a 13 bar) e 748 kW termici sotto forma di acqua calda. Vi è poi un assorbitore frigorifero a bromuro di litio per la produzione di acqua refrigerata a 6 °C che eroga una potenza frigorifera di 564 kW (dimensionato con un COP di circa 0,75). Oltre alla realizzazione dell’isola trigenerativa, il progetto da parte di CGT ha coperto anche tutta la parte di connessione con le utenze di stabilimento. Per quanto riguarda l’acqua calda e il vapore è stato realizzato un collegamento dall’isola trigenerativa alla centrale termica, che dista circa 70 metri. Per quanto riguarda il freddo, nello stabilimento non era presente un anello di distribuzione dell’acqua refrigerata, dunque sono state state progettate e realizzate tutte le strutture di sostegno delle tubazioni per veicolare l’acqua fredda a tre diversi gruppi frigoriferi dello stabilimento appositamente individuati fra quelli esistenti. L’impianto è costituito da una soluzione modulare installata su un’area di circa 10 x 15 m. È costituito da due container paralleli, uno per il motore e la parte elettrica, l’altro per l’assorbitore frigorifero. In copertura dei container si sviluppano la linea fumi e i sistemi di raffreddamento dei vari circuiti. Diverse le modifiche strutturali realizzate nel corso dell’implementazione, che possiamo citare in breve. Per esempio, si è tenuto conto della notevole variabilità in termini di utilizzo del vapore: per questo è stato aggiunto un serbatoio di accumulo per il vapore prodotto dall’impianto di cogenerazione, che si può in questo modo prelevare anche in misura discontinua, a seconda della richiesta. Inoltre, è stato possibile sviluppare circa 50 kW di acqua calda in più, dimensionando accuratamente un economizzatore per il recupero del calore contenuto nella coda dei fumi in uscita dalla caldaia a vapore a recupero, e sempre nell’ambito dell’acqua calda, è stato implementato il recupero termico del secondo stadio di aftercooler, per massimizzare il rendimento e pre-riscaldare l’acqua di alimentazione della caldaia a vapore. Inoltre, sono stati realizzati degli “skid”, costituiti da scambiatori, pompe, valvole e relativa strumentazione, pensati per il disaccoppiamento dei circuiti di acqua calda e acqua fredda di impianto dai circuiti dell’utenza. In questo modo, il cliente gode di ulteriore flessibi-

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lità e può scegliere su quali utenze indirizzare l’energia disponibile. Dal punto di vista elettrico, l’isola cogenerativa è stata predisposta in modo da poter avviare l’impianto in modalità black start, ovvero in condizioni di mancanza di rete. Per quanto riguarda i sistemi di misura, oltre a tutti i misuratori standard sono state inserite anche le misure relative all’energia frigorifera, andando oltre la stessa normativa per l’accesso ai certificati bianchi.

I RISULTATI OTTENUTI Molto interessanti le percentuali di rendimento ottenute. L’impianto è in grado di coprire circa il 60% del fabbisogno di acqua fredda, il 70% del fabbisogno di calore, sia come acqua calda che come vapore, e l’85% del fabbisogno di energia elettrica. Il dato riassuntivo dell’efficienza di un impianto di cogenerazione è quello indicato dalla sigla PES, Primary Energy Saving. È la differenza che si ottiene confrontando la quantità di energia prodotta dall’impianto rispetto a quella che si sarebbe prelevata dalle fonti tradizionali (rete nazionale di energia elettrica e rete gas per l’energia termica). Se diamo un valore 100 all’energia primaria che entra nel cogeneratore, si ottengono circa 42 unità di energia elettrica e 44 di energia termica, la quale a sua volta può essere trasformata in energia frigorifera tramite l’utilizzo di un assorbitore frigorifero. Ipotizzando di dover prelevare le stesse quantità da fonti tradizionali, l’energia primaria equivalente in ingresso risulterebbe essere pari a 140 unità. Sintetizzando, ogni volta che si applicano queste tecnologie in ambiti industriali, si ottiene un risparmio certo di circa il 30% sull’acquisto di energia elettrica e gas, con un contributo conseguente di riduzione della CO2 immessa in atmosfera. Dal canto suo, Alfagomma ha ottenuto un risparmio di energia primaria del 28%, risparmiando di conseguenza circa 2000 tonnellate di CO2 emessa in atmosfera ogni anno. Il risparmio sulla bolletta energetica è pari al 40%, rispetto alla spesa energetica ante intervento. Dal punto di vista economico-finanziario, Alfagomma può rientrare dell’investimento in poco più di tre anni; come flussi di cassa, si genera un valore attuale netto (VAN) a 10 anni di oltre 3,8 milioni di euro. Parliamo dunque di un investimento importante ma capace di generare benefici altrettanto consistenti e di liberare risorse che possono essere riutilizzate sia in termini di immagine, sia per essere reinvestite nel core business dell’azienda stessa.


COMBUSTIBILI ALTERNATIVI

TECNOLOGIE AL SERVIZIO DELLA COGENERAZIONE

NELL’AMBITO DELLA TRANSIZIONE ENERGETICA, CONSIDERATA L’IMPORTANZA DELL’EFFICIENTAMENTO ENERGETICO, UN RUOLO CHIAVE È RIVESTITO DALLE TECNOLOGIE RIVOLTE AL MONDO DELLA COGENERAZIONE. IN PRIMO PIANO, QUINDI, NON SOLO MOTORI, MA ANCHE COMBUSTIBILI

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econdo quanto riportato nella “Relazione annuale sulla cogenerazione in Italia”, pubblicato ad aprile 2020 dal Ministero dello Sviluppo economico (Direzione generale per l’approvvigionamento, l’efficienza e la competitività energetica), le tecnologie destinate alla cogenerazione sono quelle riportate nella Direttiva 2012/27/Ue: • turbina a gas a ciclo combinato con recupero di calore (CC); • turbina a vapore a contropressione (TVCp); • turbina di condensazione a estrazione di vapore (TVCd); • turbina a gas con recupero di calore (TG); • motore a combustione interna (MC.I); • microturbine a gas (MTG); • motori Stirling, pile a combustibile, motori a vapore, cicli Rankine a fluido organico e ogni altro tipo di tecnologia o combinazione di tecnologie che non rientrano nelle definizioni precedenti.

Per quanto riguarda invece i combustibili destinati alla cogenerazione, l’elenco riportato nel Reg. delegato Ue 2015/2402 della Commissione cita: • gas naturale, GPL e GNL; • prodotti petroliferi liquidi (gasolio, olio combustibile pesante ecc.); • carbone (antracite, carbone bituminoso, carbone sub-bituminoso, coke, semicoke, coke di petrolio); • fonti rinnovabili (biogas da digestione anaerobica, gas di sintesi, biomassa secca); • rifiuti (rifiuti non rinnovabili urbani e industriali e rifiuti rinnovabili/biodegradabili); • combustibili classificati come “altro”, utilizzati da un ridotto numero di unità di cogenerazione installate presso utilizzatori energivori (ad esempio, raffinerie): gas di raffineria, idrogeno, gas di cokeria, gas di altoforno, altri rifiuti gassosi e calore residuo recuperato.

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SPECIALE COGENERAZIONE FONTI RINNOVABILI, L’INTERMITTENZA IL PUNTO CRITICO La transizione energetica che, in questo secolo, sta influenzando le economie mondiali, vede nelle energie da fonti rinnovabili un pilastro fondamentale. Tuttavia, uno dei punti critici per le energie rinnovabili, come noto, è rappresentato dalla loro intermittenza. Solare ed eolico, infatti, sebbene ampiamente diffusi, non sono in grado, da soli, di garantire continuità della fornitura elettrica. È quindi necessaria l’introduzione di sistemi in grado di sopperire alla discontinuità della fornitura di energia da parte di queste fonti. In un simile quadro, la cogenerazione rappresenta quindi un elemento chiave nel sostegno alle energie rinnovabili, in grado di garantire stabilità della rete e disponibilità continua di energia.

COGENERATORI A IDROGENO, UNA SOLUZIONE A ZERO EMISSIONI Che la cogenerazione ricopra un ruolo di primo piano in termini di transizione energetica ed efficientamento energetico è ormai assodato. E un’ulteriore svolta potrebbe essere rappresentata dall’impiego di cogeneratori che utilizzano l’idrogeno come combustibile a zero emissioni. Da più di dieci anni, 2G si occupa dello sviluppo di unità CHP in grado di funzionare interamente a idrogeno. Ma ora, in campo industriale, i tempi sono diventati maturi e l’idrogeno viene identificato come elemento fondamentale del futuro energetico mondiale. Più in particolare, 2G, per i suoi cogeneratori a idrogeno, impiega l’idrogeno come combustibile green, per convertirlo nuovamente in elettricità, calore o freddo, in modo altamente efficiente, economicamente. Un valido esempio applicato sul campo, è dato da quanto sviluppato a Haßfurt in collaborazione con l’azienda municipalizzata di servizi gas ed elettrico: un progetto di produzione di energia da cogenerazione a idrogeno in una cittadina di circa 13.000 abitanti. Lo scopo era di dotare una porzione del comune di una piccola rete di teleriscaldamento ed energia elettrica da fonti rinnovabili, energia eolica nel caso di Haßfurt. Sfruttando la produzione elettrica notturna, che non trovava un consumo contestuale, è stato possibile trasformare tale energia in idrogeno attraverso un elettrolizzatore. L’energia elettrica viene utilizzata in un elettrolizzatore da 1,25 mW per la produzione di idrogeno, che viene impiegato al 10% in miscela con il metano per l’alimentazione di cogeneratori esistenti a gas naturale pres-

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so un’azienda che produce malto per la birra. Il 5% viene inserito nella rete cittadina di gas naturale, il restante viene stoccato in serbatoi per l’alimentazione del cogeneratore a idrogeno, che garantisce una cessione alla rete di 170 kWe/h e 183 kWt/h con emissioni di CO e CO2 praticamente azzerate. Altro aspetto interessante è che tutti i cogeneratori a gas naturale di 2G già in funzione possono essere convertiti all’idrogeno, durante operazioni di manutenzione ordinaria. Quindi, essendo già disponibile e garantendo, al contempo, emissione di CO2, di altri gas a effetto serra e di ossidi di azoto pari a zero, è probabile che questa tecnologia trovi sempre più spazio nel mondo industriale del prossimo futuro.

COGENERATORI A BIOGAS, COMBUSTIBILI DALLA NATURA I cogeneratori a biogas rappresentano una valida soluzione per tutte quelle aziende che, grazie al settore di appartenenza e alle loro attività produttive, hanno a disposizione prodotti naturali di scarto sfruttabili per la produzione di biogas appunto. È questo il caso della Distilleria Deta, sita a Barberino Tavarnelle, in provincia di Firenze, che lavora soprattutto prodotti e sottoprodotti vitivinicoli per la produzione di grappa, alcool ad uso alimentare e industriale, acquavite di vino e brandy. La distilleria, inoltre, produce anche tartrato di calcio, che costituisce la materia prima per la produzione dell’acido tartarico naturale, e i vinaccioli utilizzati dall’industria olearia. Nel 2021 la Distilleria Deta taglia il traguardo dei 10 anni dalla messa in funzione dell’impianto di cogenerazione che consente all’azienda di produrre sia energia elettrica sia energia termica a partire dalla combustione del biogas.

Biogas, come si ottiene e come si sfrutta? Il biogas è il prodotto della fermentazione anaerobica di materiale organico presente nelle acque di scarto del processo di distillazione della vinaccia e della feccia e di produzione del tartrato di calcio. Essendo un prodotto metabolico dei batteri metanigeni partecipanti, i prerequisiti per la sua produzione sono: assenza di ossigeno, pH fra 6,5 e 7,5, temperatura costante fra 25 45 °C e un periodo di fermentazione di circa 25-30 giorni, in quanto i batteri presenti nel digestore anaerobico della distilleria sono batteri mesofili. La miscela di gas prodotta nel digestore è costituita per il 50-70% da metano (CH4) e per il 3050% da diossido di carbonio (CO2). Questa composizione rende il biogas particolarmente idoneo alla combustione in motori a gas.


COMBUSTIBILI ALTERNATIVI

FOTO 1. IMPIANTO DI COGENERAZIONE A BIOGAS INSTALLATO PRESSO LA DISTILLERIA DETA.

Prima di essere immesso nel cogeneratore, il biogas subisce alcuni trattamenti. Prima di tutto, viene depurato dalla presenza dell’acido solfidrico (H2S), con un moderno e innovativo processo di desolforazione che prevede l’impiego di batteri aerobi, che consentono di trasformare lo zolfo presente nel biogas sottoforma di acido solfidrico in zolfo elementare. Successivamente, il biogas passa attraverso una colonna di lavaggio posta vicino al digestore mediante l’utilizzo di una soluzione di acqua e idrossido di sodio (NaOH) al 30% e, infine, attraverso un filtro a carbone per garantire una quantità di acido solfidrico nel biogas inferiore a 80 ppmv. Il biogas, quindi, viene raffreddato mediante l’impiego di un chiller, un apposito ciclo frigo che consente di raffreddarlo e quindi di condensare l’umidità presente in esso, per consentire al biogas che viene inviato alla cogenerazione di essere deumidificato. L’impianto di cogenerazione, progettato dallo studio Smea, è costituito da un motore Jenbacher endotermico, da cui, tramite la combustione del biogas, si ottiene la potenza necessaria per muovere un alternatore che produce energia elettrica e un importante quantitativo di energia termica (foto 1). L’energia elettrica prodotta a una tensione nominale di 400 V viene reimmessa, nella rete Enel a una tensione di 15. 000 V mediante l’impiego di trasformatore elettrico alloggiato nella cabina di trasformazione dedicata e costituisce energia elettrica proveniente esclusivamente da fonti rinnovabili. L’energia termica viene invece utilizzata all’interno del processo produttivo aziendale in due diverse forme: tramite uno scambiatore di calore si preriscalda l’acqua di alimentazione dei generatori di vapore e tramite i gas di combustione si recupera il calore in essi contenuto per essiccare la vinaccia.

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el settore chimico-farmaceutico e, più in generale, delle Life Sciences, la gestione efficiente della struttura produttiva, tanto dal punto di vista energetico quanto operativo, la sicurezza, l’affidabilità e la sostenibilità sono di primaria importanza. Al centro dell’attenzione si pongono quindi le prestazioni degli impianti tecnologici, che influi-

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scono direttamente sulla qualità dei prodotti finali e, di conseguenza, sui costi operativi. Una delle sfide è sicuramente l’affidabilità, declinata in tutti i suoi aspetti, da quello energetico a quello delle condizioni ambientali. Più in particolare, l’affidabilità elettrica è essenziale per garantire la continuità di funzionamento degli impianti e, quindi, per evitare perdite dovute alle interruzioni di produzione, perdite che possono raggiungere


SETTORE FARMACEUTICO

cifre a cinque zeri e più. Si deve infatti prendere in considerazione il fatto che il mondo chimico-farmaceutico si trova a dover gestire più sistemi e più impianti tecnologici, che devono necessariamente operare all’unisono. Ma in questo settore, affidabilità elettrica non significa solo disponibilità, ma anche qualità dell’energia, che impatta sul funzionamento dei macchinari e sul mantenimento costante di condizioni ambientali definite e, quindi, sulla qualità del prodotto finale. Inoltre, in un settore particolarmente energivoro, come quello chimico-farmaceutico, l’efficientamento energetico è un aspetto che non può essere sottovalutato e poter disporre di un impianto in grado di supportare in toto o in gran parte i fabbisogni energetici di uno stabilimento è il fattore chiave per garantire competitività. Ultimo, ma non ultimo, il tema della protezione dell’ambiente e della sostenibilità. Tutte le aziende di questo settore sono infatti fortemente impegnate nel raggiungimento dei propri obiettivi di sostenibilità e, quindi, nella riduzione dell’uso delle risorse energetiche e idriche e delle emissioni di CO2. Infatti, è noto che uno dei pilastri della green economy è il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. E nonostante si parli molto di decarbonizzazione, negli ultimi anni, è stato dimostrato che nell’attuale scenario di transizione energetica e di implementazione delle fonti rinnovabili, l’efficienza energetica e, quindi, il risparmio energetico, sono gli elementi cha hanno garantito i principali vantaggi in termini di riduzione di CO2.

COGENERAZIONE, LA SOLUZIONE APPLICABILE A PIÙ SETTORI Farmaceutico Parlando di cogenerazione per il settore industriale farmaceutico e biomedicale, un buon esempio è dato da SIFI (Società Industria Farmaceutica Italiana), un gruppo farmaceutico operante in campo oftalmologico, con sede a Catania, che ha registrato una notevole crescita negli ultimi anni, consolidando la propria presenza sul territorio nazionale ed estero. Il gruppo SIFI ha affrontato il tema dell’efficienza energetica con Centrica Business Solutions Italia, optando per l’opzione trigenerazione, con l’obiettivo di ridurre i costi e non effettuare investimenti in attività non appartenenti al core business. SIFI ha quindi optato per una formula DEP (Discount Energy Purchase) - con il quale, il fornitore del servizio si impegna a finanziare completamente l’installazione e la manutenzione del coge-


SPECIALE COGENERAZIONE neratore, senza oneri aggiuntivi per il cliente - che potesse garantire non solo una continuità operativa assoluta, ma anche l’estensione dei limiti di fornitura mediante l’ammodernamento di altri impianti. Più in particolare, il sito SIFI è stato dotato di un’unità con layout modulare, in grado di garantire la contemporanea produzione di energia elettrica e calore, entrambi destinati alla copertura delle esigenze dei cicli produttivi e dello stabilimento in generale. Inoltre, considerando la particolarità della rete elettrica che caratterizza lo stabilimento, l’impianto è stato configurato per poter operare anche “in isola”, per ridurre le micro e macro interruzioni della fornitura di elettricità. La soluzione installata presso SIFI è un impianto di cogenerazione E975 di potenza 975 kWe, che produce contemporaneamente vapore, acqua calda e acqua refrigerata, quindi con caldaia a recupero per la produzione di circa 1 tonnellata di vapore alla pressione di 7 bar. L’impianto è attivo dal 2013 e garantisce la copertura del 90% circa del fabbisogno termico (in termini di vapore) e dell’85% del fabbisogno di energia elettrica e un PES (Primari Energy Saving) superiore al 18%, che corrisponde a un “risparmio” di circa 1.500 tonnellate di CO2 all’anno. In termini di spesa energetica, infine, con l’impianto di trigenerazione, attualmente, SIFI risparmia oltre il 20%. Sempre nel settore farmaceutico, anche Aenova Aupt Pharma, con sede a Latina, che fa registrare fabbisogni annuali indicativi del sito produttivo di 20 GWh di energia elettrica, ha dato priorità all’autoproduzione di energia. Per questo, nel 2014, ha avviato un impianto di trigenerazione di proprietà di Edison con formula ESCO. L’impianto di trigenerazione, di 2 MW, è dotato di un motore endotermico e garantisce la produzione di energia elettrica, vapore e acqua refrigerata. I risultati ottenuti sono oggettivati da un energy saving pari al 12% circa del costo totale e una riduzione delle emissioni di CO2 pari a 3.366 tonnellate/anno.

Cosmetico Anche il Gruppo Intercos, operatore business to business nel settore cosmetico, ha deciso di ridurre le emissioni ricorrendo alla trigenerazione. Più in particolare, il Gruppo ha scelto la trigenerazione come servizio, affidandosi a un operatore specialistico che garantisce la fornitura dei principali vettori energetici necessari al processo produttivo. L’acquisto di un impianto, infatti, prevede di prendersi carico di una serie di attività complesse e specialistiche, con i rischi ad esse correlati legati all’evoluzione normati-

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va, all’efficienza e al rendimento dell’impianto, a eventuali carenze da parte del manutentore dell’impianto. Da un’analisi statistica applicata al periodo di vita dell’impianto risulta che la discriminante fra il modello proprietà dell’impianto e il modello ESCo (make or buy) non è di natura economica, in quanto il risparmio garantito è sostanzialmente equivalente, ma di impostazione strategica. Nel primo caso si assumono i rischi derivanti da una gestione in proprio dell’impianto, mentre nel modello ESCo, il cliente si assicura un vantaggio certo, liberandosi da ogni preoccupazione finanziaria, amministrativa e operativa. Il Gruppo Intercos pone tra le sue priorità la riduzione nell’utilizzo di risorse naturali, l’utilizzo di materiali riciclati e riciclabili, l’efficientamento dei processi industriali per ridurre il consumo di energia, acqua e rifiuti e limitare le emissioni inquinanti e climalteranti. In questo contesto, Intercos ha avviato il percorso di efficientamento energetico degli impianti e tra le iniziative possibili ha fortemente creduto nella trigenerazione. L’impianto di trigenerazione è stato installato nello stabilimento di Dovera, dedicato alla produzione di prodotti di make-up (dalla produzione del bulk, fino alla conversione in prodotto finito) e comporta un impegno energetico significativo. Per questo, a fine 2018, con l’obiettivo di aumentare l’efficienza e contribuire alla sostenibilità ambientale, Intercos ha contrattualizzato con E.ON la realizzazione di un impianto di trigenerazione (nella foto 1, a pag.24). L’impianto, reso operativo in circa 12 mesi, è stato dimensionato in funzione del fabbisogno energetico annuale dello stabilimento: utilizza un motore a combustione interna da 1,2 MWe alimentato a gas metano e sarà operativo 6.000 ore all’anno, producendo 5,3 GWhe/anno per alimentare le utenze, e 4,5 GWht/anno sotto forma di acqua calda e acqua fredda, per il processo produttivo e soddisfacendo oltre il 70% del fabbisogno energetico dello stabilimento. Parte del calore generato dal motore è infatti convogliato verso un assorbitore per la generazione di acqua fredda. L’impianto è contrattualizzato con E.ON secondo il modello ESCo, per garantire allo stabilimento la fornitura di energia elettrica, termica e frigorifera a un prezzo competitivo, senza alcun investimento economico né preoccupazione tecnica da parte di Intercos. La trigenerazione sotto forma di servizio, infatti, oltre a liberare risorse economiche e tecniche, permette di azzerare i rischi derivanti dalla proprietà e dalla gestione dell’impianto quali minori prestazioni, minor produzione e minori rendimenti.


SETTORE CHIMICO

COGENERAZIONE, CHIAVE DI COMPETITIVITÀ PER IL SETTORE CHIMICO

IN UN SETTORE ALTAMENTE ENERGIVORO COME QUELLO CHIMICO, UNO DEI PUNTI CHIAVE DELLA COMPETITIVITÀ È RAPPRESENTATO DALLE FONTI ENERGETICHE E DALLE MODALITÀ DI UTILIZZO DELL’ENERGIA. MA ANCHE L’APPROVVIGIONAMENTO ENERGETICO NON È DA SOTTOVALUTARE

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alla prima rivoluzione industriale in poi, la domanda di energia a livello globale è aumentata in modo esponenziale. Tuttavia, di fronte alla necessità di affrontare i grandi problemi di oggi e di domani, tra cui il riscaldamento climatico, lo sviluppo sostenibile e la sicurezza energetica, i sistemi energetici convenzionali non sono più indicati. In più, per le industrie odierne, che si trovano a dover mantenere la loro competitività a livello globale, semplici operazioni di riduzione e ottimizzazione dei consumi non sono più sufficienti.

EFFICIENTAMENTO E APPROVVIGIONAMENTO ENERGETICO, I PUNTI CHIAVE L’energia e il suo utilizzo è uno degli elementi chiave della competitività per l’industria chimica, particolarmente “energy intensive”. In questo settore, i costi energetici rappresentano da sempre una voce importante, visto che incide per circa il 5% sul valore della produzione, con punte particolarmente elevate nella chimica di base, nei gas tecnici e

FOTO 1. SITO BASF DI PONTECCHIO MARCONI (BO), SPECIALIZZATO NELLA PRODUZIONE DI ADDITIVI PER MATERIE PLASTICHE.

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SPECIALE COGENERAZIONE nelle fibre. L’energia elettrica rappresenta il 65% dei costi energetici sostenuti dalla chimica in Italia, il gas naturale il 23% e i combustibili liquidi (benzina, gasolio, olio combustibile, GPL) il restante 11%. Purtroppo, nonostante i processi di liberalizzazione, il costo dell’elettricità per le imprese industriali in Italia resta più elevato della media degli altri principali Paesi europei del 28% e, di conseguenza, se non gestito in modo corretto, può danneggiare gravemente le imprese. In un simile scenario, efficienza e migliori performance energetiche sono ormai al centro dell’attenzione del settore chimico e il tema dell’approvvigionamento energetico ha assunto sempre più importanza. Nei grandi complessi industriali, il problema è risolto attraverso vere e proprie centrali termoelettriche dedicate, ma per stabilimenti di piccole e medie dimensioni la scelta di istallare impianti di cogenerazione dimensionati sulle specifiche esigenze si può rilevare una scelta indovinata.

COGENERAZIONE E... ...produzione di additivi per materie plastiche e prodotti chimici di base Considerando la criticità del fattore energia, BASF ha deciso di integrare alcuni dei propri stabilimenti produttivi con sistemi ad alta efficienza energetica, compiendo investimenti presso gli stabilimenti di Pontecchio Marconi, in provincia di Bologna, e di Fino Mornasco, in provincia di Como. Il sito BASF di Pontecchio Marconi (foto 1) è il più importante insediamento produttivo BASF in Italia, specializzato nella realizzazione di additivi per materie plastiche. La maggior parte dei collaboratori è impegnata nella produzione di stabilizzanti alla luce e antiossidanti, sostanze che proteggono le plastiche da esposizioni a condizioni climatiche avverse, evitandone in tal modo l’invecchiamento e la degradazione. A Pontecchio Marconi, nel corso del 2016, BASF ha realizzato un nuovo impianto di cogenerazione per garantirne la competitività nel lungo termine. E i dati dell’impianto hanno garantito l’autosufficienza energetica e un beneficio rilevante per la competitività: 15 milioni di euro di investimento, 3,8 megawatt di potenza e un risparmio di circa 5.000 tonnellate di CO2 ogni anno. L’infrastruttura è stata progettata e realizzata dal Gruppo. L’impianto utilizza una turbina alimentata a metano che, con la sua rotazione, genera l’energia elettrica necessaria agli impianti e, grazie a un sistema di recupero del calore particolarmente efficiente, garantisce la produzione del vapore

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necessario al funzionamento dello stabilimento. La soluzione permette oggi un impiego dell’energia molto efficiente e ha consentito di rafforzare la posizione dello stabilimento di Pontecchio Marconi all’interno del Gruppo. BASF infatti ritiene l’Italia uno dei mercati più importanti in Europa e lo stabilimento di Pontecchio Marconi rappresenta una realtà su cui il gruppo continua ad investire con decisione tanto da inaugurare anche un nuovo reparto produttivo proprio all’inizio del 2021. L’intero ciclo di produzione è completamente sostenuto, dal punto di vista energetico, dal cogeneratore. L’istallazione di questa tecnologia ha aperto nuove opportunità per lo stabilimento. Nel 2017, infatti, è stato possibile trasferire nel sito anche il Competence and Technical Application Center Agricolture and Automotive che gestisce un laboratorio di ricerca e sviluppo in cui sono condotti i test sulla plastica per applicazioni agricole e per l’industria automobilistica attraverso dei WOM, macchine in grado di accelerare l’invecchiamento dei polimeri, ma che necessitano di grande quantità di energia per funzionare. La presenza del cogeneratore è stato un tassello fondamentale per l’implementazione anche di queste attività di sviluppo prodotto, che altrimenti non avrebbero potuto essere trasferite nel nostro Paese proprio a causa degli alti costi dell’energia elettrica. L’esempio di Pontecchio Marconi non è l’unico in BASF Italia. Anche nel sito produttivo di Fino Mornasco, specializzato nella realizzazione di prodotti chimici di base, l’azienda ha istallato un cogeneratore per sostenere le attività produttive. In questo caso, il cogeneratore istallato è di dimensioni e potenza più contenute, ma il risultato è il medesimo. Infatti, grazie anche all’efficienza garantita dal cogeneratore lo stabilimento di Fino Mornasco è in grado di competere con stabilimenti analoghi presenti in altri Paesi. FOTO 2. COGENERATORE TCG 3016 V16 INSTALLATO DA INTERGEN PRESSO LA BIORAFFINERIA GREENSWITCH, SITA IN PROVINCIA DI MATERA.


SETTORE CHIMICO

...bioraffinerie Cannon Bono Energia, dedicata alla progettazione, fabbricazione, installazione e manutenzione di caldaie industriali per applicazioni standard e speciali, produce generatori di vapore negli stabilimenti produttivi di Peschiera Borromeo (Milano) e di Netro (Biella). L’azienda, esperta nel recupero energetico, si distingue per soluzioni tecniche con l’obiettivo di ottimizzare e massimizzare il recupero energetico a valle di motori primi. Le soluzioni proposte nell’ambito dell’industria chimica permettono di coprire potenze elettriche da 600 kWe fino a 20 MWe. Il portfolio tecnologico permette di proporre dalla semplice caldaia a recupero a tubi da fumo fino al generatore di vapore a recupero (GVR) a tubi d’acqua per alta pressione (fino a 60 bar). Inoltre, il dipartimento Ricerca & Sviluppo di Cannon Bono Energia ha acquisito il knowhow per integrare e ottimizzare attraverso la digitalizzazione dei processi i generatori di vapore a fiamma e a recupero. Tale esperienza nel settore permette di massimizzare l’efficienza di generazione, grazie al continuo dialogo tra i generatori tradizionali ad alta efficienza della serie HE Smart e il processo. Cannon Bono Energia ha supportato Intergen, player con oltre 300 impianti di cogenerazione all’attivo in tutta Italia con una potenza installata di 512 MWe, per il progetto della bioraffineria Greenswitch sita in provincia di Matera. Il cogeneratore installato da Intergen è il TCG 3016 V16 da 250 NOx, basato su un motore a gas naturale MWM, con una potenza elettrica di 800 kW, una potenza termica di 398 kW sotto forma di vapore e 468 kW di acqua calda (foto 2). Il vapore prodotto grazie alla caldaia SMR-200 fornita da Cannon Bono Energia viene immesso nella rete di distribuzione di stabilimento a un ritmo di circa 600 kg/h alla pressione di 6 bar. Il circuito dell’acqua calda del cogeneratore, grazie anche al contributo della batteria di riscaldamento installata al termine della caldaia a vapore, conferisce 21 m3/h al sistema di preriscaldo 90,4-72 °C. Tale configurazione CAR (Cogenerazione ad Alto Rendimento) asservita allo stabilimento di Greenswitch permette, oltre ai risparmi sui vettori energetici elettricità e gas naturale, una riduzione di emissioni di CO2 del 25% rispetto alla situazione antecedente all’installazione. Tra i vantaggi dei generatori prodotti da Cannon Bono Energia, si evidenziano ridotte perdite di carico sulla linea fumi introdotte al generatore di vapore a recupero.

...soluzioni chimiche per l’industria Un altro valido esempio di industria chimica che ha rico-

FOTO 3. STABILIMENTO LAMBERTI DI ALBIZZATE (VA).

nosciuto nella cogenerazione una soluzione efficace per un approvvigionamento ed efficientamento energetico affidabile è Lamberti, una realtà italiana presente con diversi stabilimenti di produzione in tutto il mondo e che si occupa della progettazione e produzione di soluzioni chimiche personalizzate per diversi campi di applicazione utilizzati nell’industria mondiale: agricoltura, geoscienza, finitura di rivestimenti e inchiostri, materiali da costruzione, pelli, carta, plastica, alimenti e specialità regolamentate, nonché pulizia e cura della persona. Ad Albizzate, in provincia di Varese, ha sede lo stabilimento in cui, nel lontano 1911, ha avuto inizio l’attività industriale del Gruppo e che ancora oggi rappresenta il più grande stabilimento produttivo (foto 3). Lamberti ha iniziato il suo rapporto con Edison nel 2010, con un contratto che prevede diversi servizi, quali fornitura di energia da un impianto di cogenerazione, Operation & Maintenance (O&M) della centrale termica e interventi di revamping, tanto dell’impianto di cogenerazione quanto delle caldaie. Più in particolare, l’impianto di cogenerazione è caratterizzato da una turbina a gas di 3,7 MWe, con caldaia di recupero di 13,3 MWt e post bruciatore, che garantisce la produzione di vapore a 18 bar e 350 °C. Lo scarico della turbina viene convogliato nella caldaia di recupero, in modo da sfruttare al meglio il calore dei fumi, mentre la modulazione del carico termico avviene per post combustione. L’impianto, oltre a fornire vapore, garantisce la fornitura elettrica per tutti i fabbisogni del sito. Tra i dati di funzionamento più significativi dell’impianto, riportati in tabella 1, emergono la percentuale di rendimento totale, pari all’80%, la quantità di energia elettrica prodotta (322 GWh) e di energia termica prodotta (778 GWh). Lamberti ha anche sottoscritto un progetto di upgrading per i prossimi 13 anni, che, tra gli altri interventi, prevede entro il 2022, l’installazione di un nuovo sistema di riduzione catalitica selettiva (Selective Catalytic Reduction, SCR) e l’adeguamento dei sistemi di monitoraggio in continuo delle emissioni in atmosfera (SME), con l’obiettivo di ridurre le emissioni al di sotto dei nuovi limiti normativi (CO < 30 mg/Nmc - 15% O2; NOx < 30 mg/Nmc - 15% O2; NH3 < 5mg/Nmc - 15% O2).

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SPECIALE COGENERAZIONE

DALLA LOGISTICA ALL’ALIMENTARE, L’INDUSTRIA ITALIANA SCOPRE LA COGENERAZIONE IN VIRTÙ DELLA SUA ELEVATA FLESSIBILITÀ IN TERMINI DI POTENZA, LA COGENERAZIONE TROVA APPLICAZIONE IN MOLTI CONTESTI INDUSTRIALI: LOGISTICA, PRODUZIONE DI SISTEMI DI RISCALDAMENTO, CONDIZIONAMENTO E REFRIGERAZIONE, FOOD&BEVERAGE...

L’

efficienza nella produzione di energia è ciò che contraddistingue gli impianti di cogenerazione. E tale efficienza ha notevoli e tangibili ripercussioni ambientali, che vanno dalla riduzione dei consumi dell’energia fornita dalla rete alla diminuzione delle emissioni di inquinanti. La cogenerazione rappresenta quindi una soluzione valida in diversi settori industriali, che si trovano a dover soddisfare diverse necessità, tra cui riduzione dei consumi energetici, sostenibilità ambientale e maggiore indipendenza energetica.

Ne è un esempio Brivio & Viganò, che opera da anni nel settore della logistica integrata e che, grazie a investimenti mirati e innovazioni tecnologiche, ha sviluppato la piattaforma logistica di Pozzuolo Martesana, un polo progettato per la logistica del freddo, innovativo sotto il profilo sia tecnologico sia della sostenibilità.

LOGISTICA Tra i settori che possono ottenere vantaggi non trascurabili dall’adozione di un impianto di cogenerazione, rientra sicuramente la logistica.

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FOTO 1.


SETTORI DIVERSI

FOTO 2.

In linea con la propria filosofia, che pone al centro dell’attenzione la riduzione dei consumi e delle emissioni, per far fronte all’imponente consumo energetico del polo, è stato previsto un impianto di cogenerazione in grado di produrre circa 7,5 MW annui di energia elettrica e circa 2,3 MW annui di energia frigorifera, grazie al recupero dei cascami termici. Tale soluzione consente di coprire la maggior parte dei fabbisogni con elevata efficienza e costi più contenuti. Il polo logistico di Pozzuolo Martesana, inoltre, è dotato di un impianto a CO2 e ammoniaca in cascata con due livelli di temperatura di evaporazione del CO2, -32 °C e -6 °C, e una potenza frigorifera rispettivamente di 1.500 kilowatt e 4.000 kilowatt. L’impianto sfrutta il ciclo ad anidride carbonica subcritica pompata, con condensazione in cascata ad ammoniaca. Una tecnologia che assicura alte prestazioni e risparmio energetico: il ciclo del freddo ad anidride carbonica è in grado di abbattere i costi energetici e in un anno è previsto un risparmio dei consumi di energia di 2.700.000 kilowattora.

SISTEMI DI RISCALDAMENTO E RAFFRESCAMENTO Sempre in ambito industriale e, più in particolare, nel settore produttivo di sistemi di riscaldamento e raffrescamento, un esempio è Viessmann, una realtà internazionale, che opera in Italia dal 1992, con la sua sede sita a Pescantina, in provincia di Verona. In questo caso, il Gruppo ha deciso di “giocare in casa”, con l’installazione di nuovi impianti di trigenerazione e fotovoltaico, allo scopo di autoprodurre parte dell’energia consumata dal sito per tutti gli usi elettrici e per la climatizzazione. Il progetto è stato studiato e i dispositivi dimensionati in modo tale da massimizzare l’autoconsumo di energia elettrica e termica, perseguendo un obiettivo di autarchia energetica in grado di rendere la sede sempre più autonoma, sebbene connessa alla rete elettrica. Il progetto è stato avviato nel 2015 quando, oltre all’esecuzione della diagnosi energetica, è stata implementata in tutte le sedi europee del Gruppo Viessmann e in Turchia la certificazione ISO 50001 per i Sistemi di Gestione dell’Energia. L’implementazione della certificazione ha

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SPECIALE COGENERAZIONE consentito di impostare un’efficiente strategia energetica basata sul ciclo virtuoso Plan-Do-Check-Act, che prevede pianificazione del progetto, sua implementazione, analisi dei risultati grazie a monitoraggio e azioni correttive necessarie per raggiungere gli obiettivi prefissati e, quindi, replicare il processo nell’ottica di un miglioramento continuo. Nel 2017, ha avuto luogo l’installazione dell’impianto fotovoltaico con moduli Vitovolt da 20 kWp. Nel 2018, è stata poi la volta del trigeneratore, costituito da un cogeneratore Vitobloc 200 EM da 20 kW elettrici e 39 kW termici, abbinato a un chiller ad assorbimento per la produzione di acqua refrigerata. A supervisione di tutti gli impianti è stato posto un sistema di monitoraggio e controllo, costituito da una dashboard accessibile anche online che riporta tutti i dati energetici del sito rendendoli sempre disponibili.

matura e adottata sempre più da grandi player internazionali in tutto il mondo, non sia solo ideale dal punto di vista ambientale ma anche economico. Le aziende di questo settore sono grandi consumatrici di energia termica ed elettrica all’interno della loro filiera, con importanti ricadute sia sulla loro bolletta sia sull’ambiente e la cogenerazione è quindi la soluzione ideale per far fronte alle esigenze di queste realtà.

Ancora nel mondo alimentare merita citare la Centrale del Latte del Molise, di proprietà della famiglia Sassano, che ha realizzato un esempio virtuoso di economia circolare e sostenibile per la propria azienda casearia situata nella provincia di Campobasso (foto 1 a pag.30). Grazie a un progetto integrato che ha visto il coinvolgimento di numerosi partner tecnologici, il Caseificio Sassano ha raddoppiato la propria produzione casearia, ottimizzato al massimo le risorse impiegate e al tempo stesso ridotto considerevolmente il proprio impatto amFOOD & BEVERAGE bientale, grazie ad un abbattimento di oltre un terzo delle emissioni di CO2 annue. Conciliare la crescita economica con l’effiCon un ampio progetto di ammodernacienza energetica è un concetto ben inDal siero caseario è terpretato anche da Sibeg, che dal 1960 mento, l’implementazione di un conpossibile estrarre una produce e sviluppa tutti i prodotti a centratore per il siero, di un digestore, componente organica marchio The Coca-Cola Company di un cogeneratore a biogas da 380 successivamente utilizzata in Sicilia e che già si contraddistinkW, di un depuratore e la realizzazioper la produzione del biogas ne di nuovi ambienti destinati alla progue progetti legati alla responsabilità destinato ad alimentare il sociale e alla sostenibilità ambientale, duzione, locali tecnici e uffici, l’aziencogeneratore quali la gestione dell’acqua responsabile, da molisana oggi è in grado di produrre il riciclo dei prodotti e il Green Mobiliautonomamente, tramite la valorizzazione del principale sottoprodotto dell’industria ty Project. La volontà di razionalizzare ultecasearia, il siero, una quota significativa (circa il riormente i consumi di energia, di ridimensionare l’impatto ambientale e risparmiare sensibilmente a livello 40%) del proprio fabbisogno energetico giornaliero. economico, unita alla necessità di impiegare energia in Con un approccio orientato all’economia circolare, grauna triplice forma, hanno spinto l’azienda a optare per zie a un processo di concentrazione, dal siero caseario è la soluzione tecnologicamente avanzata proposta da AB. possibile estrarre una componente organica successivaGrazie all’installazione dell’impianto di trigenerazione mente utilizzata per la produzione del biogas destinato nello stabilimento di Catania, l’azienda oggi è in grado ad alimentare il cogeneratore realizzato per produrre di produrre in modo autonomo energia elettrica, vapore internamente all’azienda energia termica ed elettrica dee acqua refrigerata. Con questo impianto, in un anno il stinata all’autoconsumo. Grazie al depuratore, inoltre, il consumo di energia elettrica è stato ridotto del 45%, evi- Caseificio è in grado di recuperare l’acqua e riutilizzarla tando così l’emissione di 1.084 tonnellate CO2 in atmo- in diversi processi di lavaggio industriale. sfera, una cifra equivalente alla quantità di anidride carbonica assorbita da 81.300 alberi (in media) in un anno. Per gestire in modo efficiente tutti gli impianti e garanDal punto di vista economico l’azienda ha calcolato che, tire la resilienza di tutti i processi, è stata realizzata una a partire dal secondo anno di vita del sistema di trigene- cabina di distribuzione da 2.500 kVa equipaggiata con razione di AB, andrà a risparmiare 390mila euro all’an- tecnologia Siemens al 100%. Nello specifico, troviamo no, cifra che conferma quanto questa tecnologia, ormai un quadro di media tensione Siemens Simotec, due tra-

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SETTORI DIVERSI

sformatori da 1.250 kVa, un Power Center Sivacon S4 alla gestione dell’impianto che preleva gas metano dalla (con gli innovativi interruttori scatolati 3VA), strumenti rete e lo converte in energia elettrica e termica che vengodi misura Sentron PAC e i condotti sbarre Sivacon 8PS. no forniti al cliente a tariffe convenienti. In questo caso Una soluzione cosiddetta TIP (Total Integrated Power) l’iter autorizzativo ha richiesto la progettazione e l’impeche ha permesso di ottenere la massima integrazione di gno a realizzare una infrastruttura di piante per non altetutti gli asset e a tutti i livelli, dai sistemi di media tensio- rare il panorama della zona. Al termine della procedura ne fino all’avviamento del singolo motore negli impianti di attivazione e collaudo dell’impianto sono stati quindi piantati un rampicante a copertura della recinzione e una di produzione. Infatti, tramite l’utilizzo della tecnologia IO-Link, la co- fascia arbustiva di specie autoctona e 37 alberi adulti. municazione tra gli avviamenti motore della serie 3RA6 L’impianto, dalla potenza installata di 3 MW, fornirà sie le CPU Simatic S7-1200 diventa semplice e intuitiva, multaneamente al sito l’energia elettrica, termica e frigocosì come l’implementazione a SCADA, a favore inoltre rifera necessaria alla produzione di film accoppiati per la di una riduzione sensibile dei tempi di messa in servizio. realizzazione di imballaggi ad alte prestazioni per i settori Sicurezza, scalabilità e affidabilità sono stati gli obiettivi alimentare, farmaceutico e cosmetico. Con un’efficienza centrali di questo complesso e sfidante progetto. Partico- pari all’84,3%, la nuova centrale di trigenerazione conlare attenzione è stata data alla sicurezza: il power center sente allo stabilimento una riduzione delle emissioni di – da 2.000 A – è stato realizzato rispettando i requisiti oltre 3.000 tonnellate di CO2 ogni anno. di tenuta all’arco interno, dunque in grado di garantire un elevato livello di sicurezza per gli operatori. Ma non Il progetto dell’impianto di trigenerazione è stato avviasolo, in un’ottica di flessibilità e scalabilità, è stato to da una procedura di gara attivata dalla sede dotato di basi estraibili predisposte per l’indi Bruxelles. Il contratto decennale siglaserimento futuro degli interruttori 3WL e to con E.ON prevede la fornitura di In questo caso 3VA, una soluzione Siemens che renderà 14.800 MWhe/anno di energia eletl’iter autorizzativo ha rapido e poco invasivo il successivo amtrica, 4.600 MWht/anno di calore ad richiesto la progettazione e alta temperatura (olio diatermico), pliamento tecnologico. l’impegno a realizzare una 5.000 MWht/ anno energia termiinfrastruttura di piante per PACKAGING ca media temperature (acqua calda), non alterare il panorama 4.250MWhf/anno energia frigorifera. della zona L’acqua calda, che circola in un anello È entrato in funzione il nuovo impianto di distribuzione interno allo stabilimento di trigenerazione, della potenza di 3 MW, realizzato insieme all’impianto, è utilizzata che alimenta lo stabilimento produttivo di per riscaldamento ambientale e per alimentare Lugo di Vicenza (VI) di Amcor Flexibles, gruppo internazionale del settore del packaging, che a Lugo pro- alcune utenze di processo rese più efficienti grazie alla duce imballaggi flessibili per i settori alimentare, farma- conversione da olio diatermico ad acqua calda. Le calceutico e cosmetico (foto 2 a pag.31). Lo stabilimento è daie e i gruppi frigoriferi preesistenti sono mantenuti e situato in un’area industriale in provincia di Vicenza, a utilizzati come back-up. L’impianto, della potenza di 3 breve distanza da Villa Godi Malinverni, nota villa Palla- Megawatt, è composto da due motori di cogenerazione diana inserita nella lista Patrimonio dell’umanità dell’U- da 1,56 MW, due caldaie da 3 MW ciascuna, un assorbiNESCO. Per non turbare l’aspetto paesaggistico è stato tore da 1200 kWf e due caldaie a gas da 3 MW ciascuna richiesto a E.ON, in fase autorizzativa, di piantare ram- utilizzate per integrazione e back-up. Ciascun motore e i picanti sulla recinzione dell’impianto e una cornice di rispettivi sistemi di recupero producono 832 kWt eneralberi per preservare l’impatto visivo dei visitatori della gia termica per raffreddamento, 371 kWt acqua calda, villa. Un esempio di attenzione all’ambiente che si ag- 466 kWt olio diatermico. Complessivamente si tratta giunge al valore della cogenerazione proposta da E.ON quindi di 2x1203 kWt in acqua calda prevalentemente in forma di servizio, in base alla quale l’operatore ener- per climatizzazione, e 2x466 kWt in olio diatermico per getico, proprietario dell’impianto, si fa carico di tutto, utenze di processo, fino a 1.714 kWt di acqua calda per dalla progettazione del sistema di cogenerazione alla fase alimentare l’assorbitore che produce fino a 1.200 kWf di realizzativa, incluse le procedure di autorizzazione, fino energia frigorifera.

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SPECIALE COGENERAZIONE

COGENERAZIONE, EFFICIENZA ENERGETICA ANCHE NEGLI OSPEDALI L’EFFICIENZA ENERGETICA È UNA PRIORITÀ PER MOLTI SETTORI, NON ULTIMO QUELLO SANITARIO, DOVE LA RAZIONALIZZAZIONE DEI CONSUMI SI È DIMOSTRATO FONDAMENTALE, SOPRATTUTTO IN PERIODO PANDEMICO

L’

efficienza energetica è in primo piano per la Fondazione Poliambulanza di Brescia: da anni infatti l’istituto Ospedaliero si è posto l’obiettivo di razionalizzare i propri consumi attraverso la realizzazione di impianti ad alta efficienza, l’approvvigionamento da fonti rinnovabili, il monitoraggio continuo dei consumi e la riduzione degli sprechi con sistemi di “Demand Response”. Passo importante di questo processo è l’impianto di trigenerazione avviato nell’agosto 2017, un sistema ad altissimo rendimento in grado di soddisfare l’80% del fabbisogno di energia elettrica della struttura ospedaliera oltre a produrre energia termica e frigorifera recuperando gli esuFOTO 1.

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beri termici dell’impianto (foto 1). La trigenerazione consiste nella produzione congiunta di energia elettrica, termica e frigorifera a fronte di un consumo di combustibile che, nel caso dell’impianto in Poliambulanza, è il gas metano. L’efficienza globale dell’impianto è tale da permettere una consistente riduzione del consumo di energia primaria e delle relative emissioni di gas nocivi e climalteranti in atmosfera. Questo significa riduzione dell’impatto ambientale e risparmio in termini economici nel medio/lungo periodo per la struttura sanitaria.


SANITÀ

FOTO 2.

L’impianto ha pienamente dimostrato la sua validità anche a fronte dello stress a cui l’istituto ospedaliero è stato sottoposto durante il picco dell’emergenza Covid-19. In particolare l’impianto di trigenerazione è riuscito a soddisfare fino all’80% del fabbisogno di energia elettrica della struttura ospedaliera oltre a produrre energia termica e frigorifera recuperando gli esuberi termici dell’impianto. L’efficienza globale dell’impianto è stata tale da permettere di programmare sia la fornitura H24 di energia nell’emergenza, fondamentale per terapie intensive e sale operatorie, sia una consistente riduzione del consumo di energia primaria e delle relative emissioni di gas nocivi in atmosfera, basti pensare che nella prima parte dell’anno compreso il periodo di “stress” (1 gennaio-17 maggio) il sistema è stato in grado di far risparmiare l’emissione di circa 870 tonnellate di CO2 nell’aria. Per queste ragioni, Fondazione Poliambulanza è entrata nel novero dei siti pilota per il progetto Demand Response in Block of Buildings (DR-BoB), co-finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del programma Horizon 2020 per la ricerca e l’innovazione, insieme ad altri tre edifici: due campus di università pubbliche (Teesside University a Middlesbrough, Regno Unito e Università tecnica di Cluj Napoca, Romania) e un parco tecnologico (Nobatek ad Anglet, Francia). Obiettivo del progetto è

la dimostrazione dei benefici economici e ambientali raggiungibili nella gestione temporale dei carichi energetici in strutture complesse e altamente energivore del settore terziario. Una rimodulazione dei carichi energetici volta alla riduzione dei picchi di assorbimento permetterebbe una riduzione negli investimenti necessari al sovradimensionamento delle infrastrutture di produzione e distribuzione dell’energia stessa: i benefici economici derivanti da queste azioni potranno essere condivisi con gli utilizzatori di energia e sfruttati per l’incentivazione all’efficienza energetica o alle fonti energetiche rinnovabili. Un altro caso in ambito sanitario riguarda la riqualificazione della centrale termica per l’ospedale Villa Erbosa di Bologna (foto 2). Struttura sanitaria privata accreditata, parte del Gruppo San Donato, Villa Erbosa è un punto di riferimento nell’ambito dell’ortopedia. L’ospedale ha visto di recente la realizzazione delle nuove centrali tecnologiche generali, in sostituzione delle precedenti, il cui smantellamento era ormai necessario. A seguito dell’intervento realizzato, i nuovi impianti sono oggi in grado di soddisfare pienamente le richieste di riscaldamento e di produzione di acqua calda e vapore per la struttura. Ma non è tutto: gli impianti sono già stati configurati e dimensionati in vista di futuri interventi di ampliamento. Per la produzione di acqua calda per riscaldamento è stata installata una caldaia a condensazione a gas Vitocrossal 300 da 1280 kW. Per differenziare gli apporti energetici della struttura, è stata installata inoltre una caldaia Vitoplex 200 da 1200 kW con bruciatore misto gas metano e gasolio: tutta la centrale funziona quindi a gas metano. In parallelo alle caldaie ad acqua calda, è stato collegato un cogeneratore Vitobloc 200 140 kWel/207 kWth (Viessmann) per integrare al meglio la produzione di energia elettrica e termica e soddisfare le richieste di utilizzo di fonti rinnovabili. Tutte le apparecchiature sono controllate da regolazione automatica con schede Modbus di interfacciamento per caldaie e generatori. Orientate all’efficientamento energetico, le soluzioni impiantistiche adottate assicurano dunque un’economicità gestionale, intesa come perseguimento dei minimi livelli di spesa necessari per un utilizzo completo degli impianti al massimo delle loro prestazioni, con una gestione impiantistica controllata dagli operatori competenti, ma esercitabile anche in modo automatizzato.

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SPECIALE COGENERAZIONE

DIAGNOSI ENERGETICA, PER L’EFFICIENZA DELL’IMPIANTO IN CONCLUSIONE, PARLIAMO DI DIAGNOSI ENERGETICA PER IL CORRETTO DIMENSIONAMENTO DELL’IMPIANTO DI COGENERAZIONE. È INFATTI INDISPENSABILE UNA CHIARA DEFINIZIONE DEL PUNTO DI PARTENZA E DEGLI OBIETTIVI DESIDERATI PER ARRIVARE AL PIENO SUCCESSO DEL PROGETTO

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ell’ottica di rendere la propria azienda sempre più efficiente da un punto di vista energetico, la cogenerazione ad alto rendimento (CAR) rappresenta un’ottima soluzione, come testimoniato dalla sua ampia diffusione non solo nel settore chimico, ma in un numero sempre crescente di industries. In Italia, secondo la relazione annuale presentata dal Mise nel 2020 relativa ai dati del 2018, si registra una crescita del 7% delle unità di cogenerazione rispetto all’anno precedente. Inoltre, la capacità di generazione totale risulta in aumento, seppure in percentuale minore (1,5%); la maggiore capacità di generazione elettrica installata è rappresentata dalle turbine a gas a ciclo combinato con recupero di calore. La situazione sembra leggermente diversa negli anni successivi: il Digital energy efficiency report 2020 realizzato dall’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano evidenzia, infatti, il crollo degli investimenti per efficienza energetica nell’industria, strettamente correlato all’emergenza Covid-19. Per la cogenerazione si parla di un calo degli investimenti del 13% nel 2019 rispetto all’anno precedente, anche per effetto della saturità del mercato. Tale contrazione è comprensibile a fronte di un contesto di grande incertezza ma è ragionevole aspettarsi una ripresa nei prossimi anni anche grazie agli incentivi che sono associati a questa tecnologia.

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I BENEFICI DELLA COGENERAZIONE La realizzazione di un impianto di cogenerazione beneficia di una serie di agevolazioni fiscali, che spaziano dal conseguimento di certificati bianchi o Tee (Titoli di efficienza energetica) alla possibilità di usufruire di un credito di imposta del 10% in cinque anni; dalla defiscalizzazione del combustibile utilizzato per il funzionamento del cogeneratore all’opportunità di accedere allo “scambio sul posto” per impianti di potenza fino a 200 kWe.

EFFICIENZA ENERGETICA? LA SOLUZIONE DALLA COGENERAZIONE La cogenerazione resta oggi una delle migliori soluzioni per rendere più efficiente la propria azienda, soprattutto se si considera l’esigenza dell’industria chimica di ottimizzare il funzionamento e le performance di macchine con fabbisogno energetico continuo 24 ore su 24. Gli impianti di cogenerazione consentono la produzione combinata di energia elettrica e termica, assicurando un risparmio di combustibile e una significativa riduzione delle emissioni di gas climalteranti. Grazie all’utilizzo nei diversi processi di differenti vettori energetici (energia elettrica, energia termica sotto forma di


DIAGNOSI ENERGETICA

vapore e acqua calda, energia frigorifera sotto forma di acqua refrigerata), la cogenerazione permette di ottenere il massimo della performance dalla macchina, riducendo al minimo le ore di fermo e dunque massimizzando il risparmio attraverso produzione e autoconsumo. Qualche numero in termini di efficienza: la riduzione del consumo di combustibile si attesta al 40%, quella del prelievo di energia elettrica dalla rete fino al 50%. Il ritorno sull’investimento è molto rapido ed è stimato tra i due e i quattro anni.

DIAGNOSI ENERGETICA, IL PUNTO DI PARTENZA Fondamentale, prima di realizzare impianti di cogenerazione, è valutare l’efficienza complessiva dell’azienda attraverso una diagnosi energetica puntuale, con la consulenza di esperti. In questa fase sono analizzati molteplici elementi: • curve di carico giornaliere, mensili e stagionali; • potenze massime; • orari di esercizio dei sistemi di generazione di calore esistenti. Tutti questi parametri sono fondamentali per il corretto dimensionamento dell’impianto da realizzare. Solo dopo un’analisi dettagliata, accompagnata da una serie di simulazioni, è possibile definire i plus economici e ambientali generati. La scelta della tecnologia è un punto cruciale ed è guidata dallo specifico profilo termico, dalle caratteristiche di impianto e di processo del singolo sito: le più diffuse per la cogenerazione sono i motori a combustione interna e le turbine e microturbine a gas con recupero di calore. En-

trambe le soluzioni prevedono l’installazione di un frigorifero ad assorbimento (chiller) e/o di un generatore di vapore a recupero. Da un punto di vista contrattuale, l’opzione ESCo (Energy Service Company) è la formula più conveniente per l’industria: il costo di installazione può essere a carico della che poi condivide i ricavi con il cliente. Le ESCo sono infatti imprese in grado di fornire tutti i servizi tecnici, commerciali e finanziari necessari per realizzare un intervento di efficienza energetica, assumendosi l’onere dell’investimento e il rischio di un mancato risparmio, a fronte della stipula di un contratto in cui siano stabiliti i propri utili. Non si limitano quindi a fornire semplicemente le risorse finanziarie con le quali l’imprenditore realizzerà autonomamente l’investimento, perché devono possedere, in proprio o tramite gruppi collegati, le adeguate competenze tecniche e le disponibilità economiche necessarie per realizzare quanto le è stato commissionato, offrendo anche flessibilità in base alle esigenze di chi ha richiesto i relativi servizi. Alternative a questa formula sono la soluzione chiavi in mano e il leasing/finanziamento. Nel ruolo di ESCo ad esempio opera Sorgenia Green Solutions, che accompagna i propri clienti in tutte le fasi della realizzazione (dalla diagnosi energetica all’individuazione della miglior tecnologia) per realizzare impianti di cogenerazione e trigenerazione. A questa capacità progettuale affianca la tecnologia APLOS, un micro co-generatore che si contraddistingue per alta efficienza, minime manutenzioni e ingombro ridotto. Tutti gli impianti, inoltre, sono gestiti attraverso piattaforme tecnologiche che ne consentono il controllo e ne ottimizzano il funzionamento anche da remoto.

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AMBIENTE

MONITORAGGIO ARIA: CONTROLLO, STRUMENTI DI MISURA E ANALISI LA RIDUZIONE DELL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO RAPPRESENTA UN OBIETTIVO DI PRIMARIA IMPORTANZA. MA PER RISPETTARE I VALORI LIMITI DI EMISSIONE SONO RICHIESTE, PER IL PROSSIMO FUTURO, MISURE AGGIUNTIVE di Giovanni Abramo

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inquinamento atmosferico rappresenta il più importante fattore di rischio per ambiente e salute. In Europa, le emissioni di molti inquinanti atmosferici sono diminuite in modo sostanziale negli ultimi decenni, determinando una migliore qualità dell’aria nella regione. Le concentrazioni di inquinanti sono tuttavia ancora troppo elevate e i problemi legati alla qualità dell’aria persistono. L’ultimo Air Quality Report 2020 pubblicato dall’Agenzia Europea per l’Ambiente nel novembre 2020 sottolinea come una parte significativa della popolazione europea continui ad essere esposta, in particolar modo nelle città, a livelli di inquinamento che superano i limiti fissati dalle norme in materia di qualità dell’aria, soprattutto a causa di elevate concentrazioni di ozono, biossido di azoto e particolato fine. Ridurre l’inquinamento atmosferico, quindi, continua a essere una importante sfida da affrontare. Per approfondire l’argomento, CM ha intervistato Ilaria D’Elia, che rappresenta ENEA nell’ambito di tavoli tecnici ministeriali e presso le Regioni italiane per supporto tecnico/scientifico nell’analisi dei piani di qualità dell’aria e sviluppo di scenari emissivi regionali ed è referente ufficiale per l’Italia per l’invio delle proiezioni delle emissioni di inquinanti atmosferici e per la partecipazione alla revisione di tali proiezioni, e Maurizio Gualtieri, ricercatore ENEA in organico nel laboratorio “Inquinamento atmosferico” presso la Divisione “Modelli e tecnologie per la riduzione degli impatti antropici e dei rischi naturali” del “Dipartimento Sostenibilità dei Sistemi Produttivi e Territoriali”. Chimica Magazine: Qual è la situazione in Italia oggi? Ilaria D’Elia: Nel corso degli ultimi anni, abbiamo assisti-

to a un significativo decremento nei livelli emissivi e di concentrazione di alcuni inquinanti atmosferici. Come descritto nell’ultimo report ISPRA sugli inventari di emissione, nel periodo dal 1990 al 2018, notevoli riduzioni si sono osservate nelle emissioni di ossidi di zolfo (SOX, -94%), ossidi di azoto (NOX, -68%), monossido di carbonio (CO, -69%), composti organici volatili non metanici (COVNM, -54%), mentre più contenute, ancorché significative, sono state le riduzioni di ammoniaca (NH3, -23%) e particolato fine (PM2.5, -37%). Tali riduzioni sono dovute principalmente all’applicazione di diverse direttive europee legate all’introduzione di nuove tecnologie di combustione e di produzione, di limiti di emissione

Ilaria D’Elia, in organico nel laboratorio “Inquinamento atmosferico”, presso la Divisione “Modelli e tecnologie per la riduzione degli impatti antropici e dei rischi naturali” del “Dipartimento Sostenibilità dei Sistemi produttivi e territoriali”, dove si è occupata di inquinamento atmosferico, sviluppo di scenari emissivi di inquinanti atmosferici e gas a effetto serra, valutazione di misure di riduzione dell’inquinamento atmosferico, preparazione di input emissivi per simulazioni di valutazione e previsione del modello MINNI sviluppato da ENEA.

Maurizio Gualtieri, in organico nel laboratorio “Inquinamento atmosferico” presso la Divisione “Modelli e tecnologie per la riduzione degli impatti antropici e dei rischi naturali” del “Dipartimento Sostenibilità dei Sistemi produttivi e territoriali”, dove svolge attività di ricerca per la caratterizzazione ad alta risoluzione temporale delle proprietà chimiche degli inquinanti aerodispersi, con particolare attenzione alla relazione tra le proprietà chimiche degli inquinanti e gli effetti potenziali sull’ambiente e sulla salute umana.

agli impianti, alla limitazione del contenuto di zolfo nei combustibili o allo spostamento verso combustibili più puliti. Le variazioni nei livelli emissivi hanno comportato un conseguente variazione nelle concentrazione di alcuni inquinanti, seppur non ancora sufficienti per rispettare i valori limite e gli obiettivi previsti dalle direttive europee. Aree storicamente interessate da elevate concentrazioni di particolato atmosferico di diametro aerodinamico medio inferiore a 10 µm (il famoso PM10) hanno visto ridursi significativamente sia la concentrazione media annuale, sia il numero di giorni con concentrazioni superiori al limite stabilito per le 24 ore dalla normativa vigente, benché spesso il numero totale di questi accadimenti risulti ancora superiore a quanto richiesto dalle normative Italiane ed Europee. Un recente studio condotto da ISPRA ha verificato l’esistenza di un tendenza, e della relativa significatività statistica, all’aumento o diminuzione nel tempo delle concentrazioni di alcuni inquinanti desunta dall’analisi di dati di concentrazione misurate dalle centraline di monitoraggio della qualità dell’aria. Tale studio ha mostrato un trend de-

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crescente statisticamente significativo nel 77% delle stazioni esaminate per il PM10, nel 79% per NO2 e nel 69% dei casi per il PM2.5. Più complessa risulta invece la situazione per l’ozono per il quale non è stato possibile individuare un trend statisticamente significativo. Queste seppur sintetiche considerazioni portano quindi ad affermare che sono necessarie ulteriori misure di tipo strutturale per poter ridurre i livelli di concentrazione ancora oggi osservati in molte città italiane. CM: Quali le normative di riferimento? Ilaria D’Elia: L’Unione europea ha per anni lavorato per

migliorare la qualità dell’aria pubblicando norme relative al controllo delle emissioni in atmosfera di alcune sostanze particolarmente dannose, migliorando, ad esempio, la qualità dei combustibili, integrando la protezione dell’ambiente nei Regolamenti relativi al settore dei trasporti, industriale o dell’energia. L’attuale normativa di riferimento a livello europeo si basa su due capisaldi fondamentali: le Direttive europee sulla qualità dell’aria (2008/50/CE e 2004/107/CE) e la Direttiva sui tetti alle emissioni nazionali (2016/2284/UE), recepite nel quadro legislativo italiano nei DLgs. 155/2010 e DLgs. 81/2018, rispettivamente. La finalità di entrambi i decreti è di migliorare la qualità dell’aria salvaguardando la salute umana e l’ambiente fissando, da un lato, dei valori limite e obiettivo di concentrazione di alcuni inquinanti atmosferici da raggiungere entro specifiche date (DLgs. 155/2010) e dall’altro obiettivi di riduzione delle emissioni di cinque inquinanti (biossido di zolfo, ossidi di azoto, ammoniaca, composti organici volatili non metanici e particolato fine, PM2.5) da raggiungere al 2020 e al 2030 (DLgs. 81/2018). La tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini vieni quindi tutelata nella legislazione in materia di qualità dell’aria attraverso la fissazione di valori limite di concentrazione e di emissione. Il rispetto di tali limiti deve essere assicurato tramite la pianificazione e l’adozione di misure ed interventi di risanamento. Tale pianificazione deve essere sempre più volta all’integrazione di politiche, solo apparentemente diverse, riguardanti energia, clima e qualità dell’aria. Ed è nella direzione di una sempre maggiore interconnessione che l’Unione Europea ha recentemente pubblicato il nuovo European Green Deal. CM: Per la determinazione degli inquinanti vengono utilizzati rilevatori fissi o mobili? Come avviene la determinazione di tali inquinanti? Maurizio Gualtieri: Bisogna prima di tutto chiarire che

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cosa vogliamo intendere come rilevatori. Le concentrazioni definite dalla legge sono ottenute seguendo delle norme tecniche che descrivono non solo la metodologia di campionamento (ossia quali strumenti impiegare e con quali caratteristiche, come riportato, ad esempio, nelle norme UNI EN 12341:2001 e UNI EN14907:2005.), ma anche quella di manipolazione dei campioni e infine di misura del dato di interesse e degli errori ad esso associati. Ad esempio, nel DM 5 maggio 2015 “Metodi di valutazione delle stazioni di misurazione della qualità dell’aria di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155”, l’allegato I riporta il metodo di campionamento e di analisi da applicare in relazione alle concentrazioni di massa totale e per speciazione chimica del materiale particolato PM10 e PM2.5, mentre nell’allegato II è riportato il metodo di campionamento e di analisi da applicare per gli idrocarburi policiclici aromatici diversi dal benzo(a) pirene. Le norme definiscono anche quali debbano essere le caratteristiche dei dati perché questi siano validati e considerati quindi attendibili per la misura della qualità dell’aria. In questo senso, la strumentazione necessaria alla definizione della qualità dell’aria è fissa in un luogo (come ad esempio i siti dove si trovano le centraline delle agenzie regionali per l’ambiente), risponde a specifiche richieste tecniche (ad esempio, le proprietà della testa di campionamento e del flusso di aspirazione devono garantire la selezione corretta del diametro aerodinamico medio del particolato, fondamentale per definire le classi dimensionali a cui si fa spesso riferimento (PM10 e PM2.5), richiede filtri di campionamento predefiniti (anche questi con caratteristiche indicate nelle norme tecniche di riferimento) e richiede una manipolazione dei filtri in accordo a queste norme (come vanno trattati prima e dopo la fase di campionamento, come vanno pesati, con che tipo di bilancia ecc.). Esistono poi degli strumenti, anche questi da alloggiare all’interno di cabine per il monitoraggio in un punto fisso, che le norme tecniche definiscono equivalenti al metodo gravimetrico, quindi basato su pesate differenziali, che è considerato come riferimento. Questi strumenti funzionano come monitor, ossia restituiscono i dati in tempo (quasi) reale, fornendo la concentrazione del particolato ad intervalli prestabiliti senza la necessità che un operatore agisca su un filtro di campionamento. Per i gas invece la normativa fa già riferimento a monitor di misura dalle caratteristiche tecniche ben definite. Anche in questo caso esistono diverse metodiche per la determinazione dell’inquinante basate su fluorescenza, o spettroscopia, o reazioni chimiche su substrati.


Per rilevatori non dobbiamo quindi intendere i sensori, di varia natura, che spesso si basano su metodi di misura dell’inquinante non equiparabili ai metodi di riferimento e che oggi trovano una larga diffusione. Ai sensori va riconosciuto il merito di aver permesso ad una fetta ampia della popolazione di prendere consapevolezza con il tema “qualità dell’aria”, ma un sensore dovrebbe essere tuttalpiù integrato ma non preso come sostituto di uno strumento di riferimento. CM: Può descriverci qualche strumento utilizzato per la determinazione? Maurizio Gualtieri: La determinazione dei diversi inqui-

nanti aerodispersi prevede l’impiego di specifici strumenti di misura dell’inquinante o di analisi di specifici composti chimici. Tra gli inquinanti maggiormente studiati e di interesse, il particolato atmosferico riveste indubbiamente un ruolo primario che desta notevoli attenzioni, non solo per le elevate concentrazioni misurate in alcune aree del territorio italiano, ma anche per gli effetti sanitari associati a questo inquinante. La misura della concentrazione in massa del PM10 e del PM2.5 può essere eseguita impiegando sistemi di misura automatici per i quali sia stata certificata l’equivalenza al metodo di riferimento, come richiesto dalla normativa e secondo le procedure contenute nelle norme tecniche. I sistemi di misura automatici che impiegano la metodologia basata sul principio dell’attenuazione β (l’attenuazione dell’energia associata a un fascio di elettroni, che si verifica in conseguenza dell’attraversamento di uno strato sottile di materiale) sono tra quelli maggiormente diffusi e utilizzati anche nelle centraline della rete di monitoraggio delle ARPA. In questa tipologia di strumenti la misura della concentrazione in massa dei campioni è effettuata contestualmente al campionamento, misurando l’assorbimento di radiazioni β prima e dopo la raccolta del particolato. Le particelle beta vengono emesse da una sorgente radioattiva di 14C e rilevate da un contatore Geiger. Più in dettaglio, il filtro bianco, prima dell’inizio del campionamento, viene posto tra la sorgente di 14C, che emette elettroni, e un rivelatore (contatore Geiger-Muller) che misura la radiazione che attraversa il filtro. Al termine del periodo di campionamento, il filtro viene posizionato nuovamente tra la sorgente radioattiva e il contatore Geiger, e viene quindi misurata la radiazione che attraversa il filtro campionato. Il particolato depositato sulla superficie del filtro provoca una attenuazione dell’intensità della radiazione β rispetto alla misura di bianco. La differenza tra le due misure è pro-

porzionale, attraverso un’equazione parametrica generalizzata, allo spessore dello strato di particolato e quindi alla concentrazione di particolato in aria ambiente nel periodo di campionamento definito. La selezione del diametro aerodinamico (PM10 o PM2.5) si ottiene, come per il metodo gravimetrico di riferimento, attraverso teste di prelievo, che grazie a una geometria di costruzione in combinazione al flusso d’aria di campionamento, sono in grado di selezionare il taglio aerodinamico di interesse. Il particolato atmosferico (PM10, PM2.5) raccolto sui filtri può essere sottoposto a successiva caratterizzazione chimica. La concentrazione di particolato aerodisperso è il dato di riferimento nelle normative nazionali e internazionali. Oltre alla misura di questo parametro è tuttavia importante, soprattutto per la definizione delle sorgenti emissive e per una maggiore comprensione delle proprietà di questo inquinante, poter analizzare e caratterizzare chimicamente questo inquinante. Per la caratterizzazione chimica del particolato sono impiegate tecniche e strumentazione diverse in relazione al tipo di molecola o composto di interesse. Per la caratterizzazione di anioni e cationi, ad esempio, si impiegano normalmente protocolli in cromatografia liquida con rilevatore a conducibilità. Metalli ed elementi in traccia possono essere caratterizzati mediante analisi distruttive del campione, come spettrometro di massa con ionizzazione a plasma accoppiato induttivamente (ICP-MS) che permette determinazioni anche di elementi presenti a concentrazioni molto basse, o con analisi non distruttive, come la fluorescenza a raggi X (XRF), che permette una analisi più rapida senza necessità di manipolare il campione su filtro, a discapito tuttavia di una minore sensibilità della tecnica. CM: Quali sono gli inquinanti atmosferici il cui aumento deve allarmare? Ilaria D’Elia: Come detto prima, molti degli inquinanti at-

mosferici normati hanno evidenziato un trend decrescente negli ultimi anni. In questa ottica sarebbe fuorviante parlare di aumento nella concentrazione e di “allarme”. Tra gli inquinanti normati, particolare preoccupazione desta ancora il PM, essendo stato inserito dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) tra i composti certamente cancerogeni per l’uomo. Tuttavia, una crescente letteratura scientifica sta spostando l’interesse e la lente di ingrandimento verso inquinanti a oggi privi di una normativa di riferimento, come ad esempio le particelle ultrafini, ossia particolati di dimensione aerodinamica media inferiore a 100 µm. Queste particelle preoccupano per

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la loro capacità di arrivare alle zone più sensibili dell’albe- nei Piani Regionali di Qualità dell’Aria o nel Piano Nazioro respiratorio, gli alveoli polmonari, dove avvengono gli nale di Riduzione dell’Inquinamento atmosferico previsto scambi di gas, ossigeno e anidride carbonica, fondamentali dalla più recente direttiva sui tetti alle emissioni o nell’eper la nostra esistenza. Queste particelle sfuggono inoltre laborazione di scenari futuri di inquinamento atmosferialle metriche a oggi utilizzate per quantificare l’inquina- co. In tal senso, ENEA, da una decina d’anni, ha messo a mento atmosferico, ossia la concentrazione in massa (µg/ punto un sistema modellistico nazionale per l’elaborazione m3), e richiederebbero un nuovo riferimento di misura. sia di scenari emissivi e di qualità dell’aria a lungo termine Tuttavia su questo i ricercatori non sono unanimi: la con- che di previsioni della qualità dell’aria a 3 giorni1. In un centrazione in numero (#/m3) delle particelle permette di studio ENEA appena pubblicato2, abbiamo mostrato che catturare un aspetto di questa frazione di aerosol, ma altre lo scenario base al 2030 definito nel primo Piano nazionale metriche legate, ad esempio, all’area superficiale (cm2/m3) di Riduzione dell’Inquinamento atmosferico non conseno alla reattività delle particelle (potere ossidativo tirà il rispetto né dei limiti di emissione previsti del particolato) sono considerate altrettanto per alcuni inquinanti al 2030 né dei limiti di L’Unione valide. A questo si aggiungono poi inquiconcentrazione per PM2.5, NO2 e O3 e solo europea ha l’attuazione di uno scenario con misure nanti noti da tempo, come i composti per anni lavorato aggiuntive potrà consentire una sensiorganici volatili, le cui concentrazioni per migliorare la qualità diventano di fondamentale importanza dell’aria pubblicando norme bile riduzione delle concentrazioni e il nella formazione di particelle submirispetto dei valori limiti di emissione. relative al controllo delle L’analisi di tali scenari è stata poi estesa crometriche secondarie (ossia generate emissioni in atmosfera a una valutazione di impatto sanitario e da reazioni chimico fisiche in atmosfera di alcune sostanze lo studio ha mostrato che l’adozione di a partire da precursori in fase gas). Attiparticolarmente misure aggiuntive potrebbe portare a una rività di ricerca volte ad investigare aspetti dannose ancora poco conosciuti e a studiare inquinanti duzione di circa 3.730 casi di morti attribuibili atmosferici emergenti individuandone anche le poscon un conseguente beneficio in termini economici, sibili relazioni dannose per la salute umana e il clima rive- che potrebbe avere una incidenza sul PIL nazionale di circa il 2%. Se confrontassimo i livelli di concentrazione di instono quindi una importanza fondamentale. quinanti al 2030 con i più stringenti limiti previsti dall’OrCM: In base ai modelli previsionali quale sarà la situazio- ganizzazione mondiale della Sanità, si evidenzierebbe un quadro ancora più critico, in cui numerosi sono ancora gli ne futura? Ilaria D’Elia: I modelli previsionali sono ormai strumenti sforzi che si dovranno mettere in campo per contrastare importanti nella valutazione della qualità dell’aria, il cui un fenomeno che ha importanti conseguenze sulla salute utilizzo è stato ampiamente riconosciuto dalle normative dei cittadini. Numerose sono le azioni che potranno essere europee, che ne consentono l’utilizzo anche per integrare intraprese e sarà importante che siano di tipo strutturale e le informazioni provenienti dalle reti di monitoraggio della non saltuario e che diano luogo a una vera programmazioqualità dell’aria. Tali strumenti forniscono inoltre indica- ne integrata e sinergica tra politiche legate al clima, all’enerzioni importanti nel valutare l’efficacia di misure adottate gia e all’inquinamento atmosferico.

NOTE: 1 www.afs.enea.it/project/ha_forecast/ 2 Piersanti A., D’Elia I., Gualtieri M., Briganti G., Cappelletti A., Zanini G., Ciancarella L. The italian national air pollution control programme: air quality, health impact and cost assessment. Atmosphere, 2021; 12(2)196. Doi: org/10.3390/atmos12020196.

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PRODUZIONE

IoTwins, GEMELLO DIGITALE E BIG DATA PER RINNOVARE LA PRODUZIONE

PREMIATO NEL CORSO DELLA FIERA VIRTUALE A&T 2021 E SUPPORTATO DAI FINANZIAMENTI EUROPEI DEL PIANO HORIZON 2020, IL PROGETTO IoTwins DI CUI BONFIGLIOLI RIDUTTORI È CAPOFILA SI PREFIGGE DI CREARE UN “GEMELLO DIGITALE” BASATO SU BIG DATA, IN GRADO DI RIPRODURRE VIRTUALMENTE UN PROCESSO PRODUTTIVO E DI VALUTARNE TUTTE LE POSSIBILITÀ DI MIGLIORAMENTO

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ell’ambito dell’iniziativa Horizon 2020, il Programma Quadro europeo per la Ricerca e l’Innovazione, il progetto IoTwins si propone di sperimentare nuove tecnologie per la digitalizzazione dei processi e dei prodotti industriali, progettando un’architettura di riferimento per i Digital Twin, i “gemelli digitali”. IoTwins riproduce digitalmente un sistema (infrastruttura, processo, macchina ecc.) insieme alle sue prestazioni, creando dei Digital Twin, gemelli digitali che consentono la modellizzazione del sistema e delle sue dinamiche, la previsione della sua evoluzione e l’ottimizzazione del suo funzionamento, gestione e manutenzione. Le simulazioni già effettuate e replicabili riguardano il monitoraggio della produzione in stabilimenti industriali,

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PRODUZIONE

la gestione del flusso delle folle all’interno di grandi strutture di intrattenimento, come lo stadio del Barcellona, e la creazione di un gemello digitale di un parco eolico, aggregando modelli di simulazione e ML di singole turbine per la manutenzione predittiva. Da sottolineare la sua valenza rispetto allo scenario dei finanziamenti europei: IoTwins infatti è uno dei maggiori progetti per valore economico (con un budget che ammonta a 20 milioni di euro, di cui 16,4 milioni di euro finanziati), competenze scientifiche e rilevanza dei soggetti coinvolti. Inoltre, i suoi contenuti scientifici e di ricerca applicata agli impianti di produzione in ambito manifatturiero saranno gestiti in un partenariato con 23 membri di 8 paesi diversi, che vede Bonfiglioli come Coordinatore. Presente in 17 paesi con 22 filiali commerciali e 14 stabilimenti produttivi, Bonfiglioli Riduttori è una realtà primaria nel mondo nella progettazione e produzione di motoriduttori, dispositivi di azionamento, riduttori epicicloidali e inverter. Uno degli obiettivi del progetto, particolarmente caro alla Commissione Europea, è la sua estendibilità e/o replicabilità, in modo tale che, una volta terminato, le tecnologie e le soluzioni adottate possano essere messe a disposizione anche di altre PMI europee. Da parte di Bonfiglioli, inoltre, il progetto è nato per affrontare due priorità aziendali. Innanzitutto, rendere disponibile per i clienti del settore eolico, dove l’azienda è leader mondiale con il 36% di market share, soluzioni di manutenzione predittiva per i prodotti e i componenti forniti. Più in generale, intraprendere un cammino di innovazione di tale portata da necessitare l’aprirsi a network internazionali, perché senza un sistema di competenze esterno all’impresa è molto complesso innovare con la rapidità richiesta dal mercato. L’azienda peraltro ha anche ricevuto il Premio Innovazione 4.0 nel corso della fiera virtuale A&T 2021 (www.aetevent. com), nella categoria Università e Ricerca, con i 23 partner europei con cui ha conquistato i finanziamenti Horizon 2020. Innovativo anche il trofeo (nella foto), un oggetto di design che riproduce il logo A&T realizzato da Elmec 3D con la tecnologia dell’additive manufacturing. Possiamo entrare più nel dettaglio su questa soluzione citando la descrizione elaborata da Francesco Millo, Strategy and M&A Director di Bonfiglioli Riduttori, per presentare la soluzione alla giuria dell’evento torinese.

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IOTWINS: BIG DATA E GEMELLO DIGITALE I big data sono diventati un punto di svolta fondamentale nel settore industriale e dei servizi negli ultimi anni, ma solo di recente c’è stato un significativo spostamento dell’attenzione dal clamore che li circonda alla ricerca di un valore reale nel suo utilizzo. Le moderne tecniche di analisi dei dati e di intelligenza artificiale offrono una possibilità senza precedenti: portare le aziende nel mondo del business digitale. Per farlo è necessario il superamento di diverse barriere, con investimenti adeguati. Questi sono ingenti e talvolta proibitivi, specialmente per le PMI, rendendo estremamente utile fare sviluppi all’interno di un ecosistema ampio. Il partenariato guidato da Bonfiglioli si propone di trovare una soluzione a questo limite, sfruttando una soluzione di gemello digitale. Il progetto infatti intende sperimentare nuove tecnologie per la digitalizzazione dei processi e dei prodotti industriali, progettando un’architettura di riferimento per i Digital Twin. E sperimenterà la sua implementazione, distribuzione, integrazione e valutazione sperimentale sul campo in diversi contesti applicativi. I Digital Twin sono modelli che riproducono digitalmente un sistema (infrastruttura, processo, macchina ecc.) insieme alle sue prestazioni. Questo consente la modellizzazione del sistema e delle sue dinamiche (modelli descrittivi o interpretativi), la previsione della sua evoluzione (modelli predittivi) e l’ottimizzazione del suo funzionamento, gestione e manutenzione. Sono utilizzati per: - rilevare e diagnosticare anomalie; - determinare un insieme ottimale di azioni che massimizzi le prestazioni; - applicare in modo efficace ed efficiente la gestione della qualità in linea dei processi di produzione in condizioni di latenza e vincoli di affidabilità; - fornire previsioni per la pianificazione strategica; - migliorare significativamente la propria redditività attraverso la digitalizzazione; - consentire la creazione di nuovi servizi e modelli di business. Punto di forza del progetto e valore per tutto il partenariato, è il focus sulla replicabilità delle soluzioni. IoTwins, infatti, oltre a realizzare un’architettura di riferimento e ad implementarla in sette diversi progetti pilota (testbed), prevede la realizzazione di cinque ulteriori piloti volti a dimostrare la replicabilità e quindi la scalabilità dei risultati ottenuti, studiandone anche i relativi modelli di business.


ALCUNI PROGETTI PILOTA Citiamo innanzitutto la Predictive Maintenance nel settore eolico. Lo scopo è creare un gemello digitale di un parco eolico aggregando modelli di simulazione e ML di singole turbine per la manutenzione predittiva. I dati verranno utilizzati per rilevare lo stato di salute della turbina stessa, per pianificare le operazioni di manutenzione del parco eolico e per ridurre guasti e tempi di fermo imprevisti. Che cosa verrà sviluppato in questo testbed: - Progettare e installare moduli IoT in grado di registrare dati ad elevata frequenza di campionamento per il trasferimento dei dati al back-end in cui sono archiviati i dati. - Raccogliere ed elaborare i dati provenienti dai singoli sottosistemi in un modello di simulazione di turbine eoliche. - Strutturare modelli di ML sul cloud e trasferirli dinamicamente sugli edge nodes. - Costruire un accurato modello di performance basato sul ML per le turbine eoliche per rilevare precocemente guasti dei sottosistemi monitorati. - Determinare ed eseguire piani di manutenzione predittiva. - Ottimizzare i sistemi di controllo delle turbine eoliche.

Risultati previsti: - Sviluppo di una turbina eolica smart, e in particolare i sistemi Yaw e Pitch, integrando sensori, edge nodes e componenti software associati. - Realizzazione di una soluzione per la trasmissione efficiente di dati. - Ottimizzazione del sistema di controllo della turbina eolica. - Sviluppo di un gemello digitale per simulare il miglior orientamento delle pale al fine di aumentare la produzione di energia e ridurre le sollecitazioni meccaniche sulla turbina eolica. - Estensione della vita utile residua dei componenti critici nella turbina eolica. - Sviluppo di algoritmi di manutenzione predittiva per ogni componente della turbina e per l’intera azienda agricola, sulla base delle informazioni raccolte, elaborate e degli scenari simulati in cloud. Secondo progetto citato è quello che riguarda Guala Closures Group (GCL), una multinazionale produttrice di chiusure in alluminio per superalcolici, vino, olio e aceto, acqua e bevande. L’obiettivo di questo pilota è ottimizzare la produzione, in particolare delle chiusure complesse (le chiu-

sure per alcolici possono avere fino a quindici componenti diversi), inclusi importanti obiettivi specifici nell’area della manutenzione predittiva.

I principali obiettivi dello sviluppo previsti: - Progettazione e installazione di moduli IoT in grado di registrare dati a frequenze di campionamento elevate per il trasferimento dei dati al back-end in cui sono archiviati i dati. - Elaborazione dei dati provenienti da una prima serie pilota di macchine. - Installazione di un nuovo modulo di ThingWorx per sviluppare soluzioni di predictive maintenance e di analisi col fine di un considerevole miglioramento delle prestazioni. - Integrazione con sistemi data driven di rilevamento delle anomalie.

Risultati previsti: - Maggiore visibilità sui processi di produzione. - Rilevamento e monitoraggio in remoto di tutte le anomalie sugli asset, per la manutenzione. - Monitoraggio delle prestazioni degli asset in tempo reale. - Visibilità da remoto sulle prestazioni della linea di produzione, test di connettività, accesso ai dati, scalabilità, connettività dei dispositivi al cloud. - Miglioramento dei processi di pianificazione collegando in tempo reale i dati del reparto di produzione all’ERP. Una volta ottenuti i risultati dichiarati del pilota, si proverà ad estendere la tecnologia anche ad altri stabilimenti del gruppo GCL (che ha venti stabilimenti nel mondo, con organizzazione e tecnologie differenti) mediante il testbed numero 9, andando così a gettare le basi per l’implementazione di soluzioni IoTwins in tutti gli stabilimenti GCL.

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MANUTENZIONE

MANUTENZIONE ASSET CON I DRONI: UNA REALTÀ NEL SETTORE ENERGY SECONDO L’OSSERVATORIO DRONI DEL POLITECNICO DI MILANO, È STATO FORTE L’IMPATTO DEL COVID SULLE TECNOLOGIE E SULLE APPLICAZIONI PIÙ SPERIMENTALI CHE FANNO USO DI DRONI, MENTRE SI CONSOLIDANO ALCUNI SETTORI DOVE IL VANTAGGIO OFFERTO È INDISCUTIBILE: FRA QUESTI, TUTTO IL MONDO DELL’ENERGY, COME RIFERITO DA TRE MANAGER INTERVENUTI AL CONVEGNO DI PRESENTAZIONE DEI RISULTATI

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che cosa servono i droni? La School of Management e il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Aerospaziali del Politecnico di Milano con l’Osservatorio Droni analizzano le risposte che si possono dare a questa domanda, monitorando nel contempo i tanti percorsi di sviluppo tecnologico, alcuni dei quali ancora per il futuro, come il trasporto di carichi di medio peso. Alcuni settori però vedono applicazioni consolidate e fra questi senza dubbio vi è quello dell’Energy e dell’Oil&Gas: al convegno di presentazione dei risultati dell’Osservatorio, infatti, alcune di queste applicazioni sono state presentate nell’ambito di una tavola rotonda dedicata, moderata da Marco Lovera, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Droni, nella quale sono intervenuti Giuseppe Gori, Responsabile Unità “Soluzioni di monitoraggio evoluto per l’Asset Management” di Areti SpA, Fabio Bosatelli, Head of global REN O&M Robotization - Head of global REN O&M Data Driven and Predictive Activities, Enel Green Power; e Matteo Sinopoli, Logistics Project Engineer, UAS Operation Manager, Eni. Due le domande di partenza: qual è lo stato dell’arte dell’utilizzo della tecnologia droni in queste organizzazioni? E

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quale effetto hanno avuto queste attività rispetto alla situazione indotta dalla pandemia? «Nel 2020, abbiamo triplicato le attività svolte con i droni rispetto al 2019» risponde Fabio Bosatelli, responsabile per Enel Green Power della robotizzazione delle attività operations & maintenance, che fanno uso anche di queste tecnologie. «Da circa mille operazioni effettuate nel 2019, siamo arrivati a tremila nel 2020 per un totale di circa 10mila ore di attività a valore aggiunto. Siamo riusciti a garantire la totale continuità delle operazioni, applicando il cosiddetto modello “phygital”, che combina l’aspetto fisico delle nostre centrali con l’aspetto digitale. Questi i traguardi che abbiamo conseguito: l’ispezione di 8 GW totali di impianti solari, corrispondenti ad un parco di circa 160 kmq (come se avessimo ispezionato tutta Milano); cento turbine eoliche ispezionate per classificare eventuali problematiche o anomalie; e svariate ispezioni su impianti idroelettrici e geotermici. In questo modo, in un anno particolare come quello della pandemia, siamo riusciti a mantenere l’operatività, quindi l’efficienza degli impianti, con un importante contributo in termini di safety dei nostri operatori».


IMMAGINE ENI.

«Negli ultimi due anni, in Areti ci siamo concentrati sulla sperimentazione di tecnologie innovative, pensate per rivedere i processi aziendali di monitoraggio delle infrastrutture della rete elettrica e aerea, e più in generale delle infrastrutture industriali» prosegue Giuseppe Gori, che dal 2016 è referente per Areti delle applicazioni basate sui droni. «In questi anni, abbiamo costituito una forza droni assortita in modo da avere la possibilità di operare nei diversi scenari che si prospettano nella realtà operativa. Sono in corso anche diverse sperimentazioni per valutare diversi metodi ispettivi, come utilizzo di sistemi ad ala fissa per l’analisi termografica a lungo raggio o altre sperimentazioni ancora più consistenti. Nel 2020 in particolare ci siamo concentrati sul processo Gimmi, che sta per Gestione Ispezioni Mirate Massive delle Infrastrutture, che ha visto la combinazione di diverse tecnologie innovative per ridisegnare completamente il processo di ispezione sulle infrastrutture di rete aerea. Il progetto prevede una preanalisi satellitare di tutta la rete in alta tensione e in media tensione di Roma, con l’identificazione delle interferenze vegetali e antropiche. Queste sono poi esposte su una piattaforma GIS (Geographical Information System) completa di funzioni gestionali utili

all’operatore per l’analisi degli alert. Le foto satellitari vengono poi processate con algoritmi di intelligenza artificiale, che tengono conto dell’orografia del terreno, della tipologia delle essenze vegetali, della previsione di crescita in base alla specie, al periodo dell’anno e ai dati storici. L’elaborazione delle foto sat consente di identificare i punti critici da ispezionare, assegnando due livelli di allert, giallo (previsione di interferenza) e rosso (interferenza prossima). In base a questi alert vengono pianificate le ispezioni mirate che si effettuano con i droni. In pratica il progetto Gimmi unisce la tecnologia satellitare con la tecnologia dei droni. Dopotutto, i satelliti non sono che una tipologia di droni che vola un po’ più in alto». Per quanto riguarda l’impatto dell’emergenza Covid, «questa non ha avuto un effetto frenante sul campo ispettivo» risponde Gori. «Anzi, grazie a deroghe della normativa Enac, abbiamo avuto anche la possibilità di incrementare l’attività di utilizzo per il controllo del territorio, dimostrandone anche la facilità di utilizzo e la rapidità di intervento. Siamo stati incaricati dalle forze dell’ordine a partecipare alle operazioni di monitoraggio durante il periodo di lockdown, mettendo a disposizione personaggi e mezzi che hanno operato nell’area del nord Lazio».

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«Il centro di competenza e focal point di tutta l’attività Eni che vede un coinvolgimento dei droni è il dipartimento di logistica» spiega Matteo Sinopoli, operations manager UAS per le ispezioni degli asset su scala mondiale. «Essendo a supporto delle operazioni, questo dipartimento infatti gestisce flotte di aerei ed elicotteri che vengono utilizzati per la movimentazione di personale nelle aree dove Eni opera. Per questo, il dipartimento garantisce risorse di aviazione altamente qualificate. I droni infatti sono utilizzati da oltre cinque anni, su tutte le nostre business unit nel mondo, con particolare riferimento ad alcune tipologie di attività quali manutenzione e verifica dello stato degli asset; rilievi fotografici a supporto delle campagne esplorative; e naturalmente safety, che per noi è sempre al primo posto. Grazie ai droni, infatti, possiamo evitare di far svolgere al nostro personale determinate operazioni più pericolose». A proposito dello stato di adozione, conferma: «in tutti questi anni abbiamo notato che il trend di utilizzo di queste tecnologie è in crescita esponenziale. Siamo passati da poche applicazioni a superare le centinaia con un beneficio che ormai è assodato. Per quanto riguarda Eni, come spesso accade nelle grandi aziende, l’introduzione dei droni è stata un processo lento, perché non è stato facile cambiare procedure ben rodate negli anni. Quello che ha fatto la differenza è stato dimostrare sul campo le potenzialità dello strumento. Tanto che le stesse persone che erano titubanti poi si rendevano conto immediatamente dei benefici e proponevano più attività rispetto a quelle pianificate. Un esempio pratico risale proprio a febbraio scorso, in Congo. Il team di lavoro doveva ispezionare due torce con i droni e ha finito per ispezionarne sei, di cui quattro offshore. Vedere con i propri occhi le potenzialità di questo strumento, e i vantaggi che offre in termini di sicurezza, tempi e costi, ne permette un utilizzo sempre più estensivo». «L’emergenza Covid» conclude «non ha avuto alcun impatto sulle attività eseguite con i droni, che sono continuate in quanto prescindono del tutto dalle restrizioni che riguardano le persone, come la possibilità di viaggiare, le eventuali quarantene o il permesso di accedere ai siti. Diverso il caso delle altre attività legate a contratti di servizio, che in alcuni casi abbiamo dovuto riprogrammare. Proprio questo ci ha permesso di riflettere sul modus operandi fin qui seguito e sulle nuove opportunità che possiamo valutare». Il riscontro sul livello di maturità che queste tecnologie stanno raggiungendo nel mondo energia e oil&gas, che hanno requisiti stringenti dal punto di vista dei processi, è dunque molto positivo. Quali sono, più nel dettaglio,

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i benefici offerti dall’utilizzo dei droni? «I principali kpi valorizzati nel corso del 2020 riguardano il numero di ore necessarie per svolgere attività a valore aggiunto e la safety, quindi la riduzione del rischio e mitigazione di eventuali impatti» sostiene Fabio Bosatelli. «Per esempio, le operazioni di termografia sugli impianti solari in mezzo al deserto prima effettuate in modalità manuale sono oggi svolte dai droni, in modo più veloce ed efficiente, e tutto questo ha un impatto sul numero di ore necessarie per svolgere attività a valore aggiunto. Lo stesso vale per le applicazioni in ambito idrocivile, dove possiamo monitorare i nodi idraulici, le condotte forzate o le torri di raffreddamento in ambito geotermia. E anche per le turbine eoliche: le ispezioni oggi vengono effettuate con i droni, garantendo maggior rapidità, qualità e standardizzazione. I benefici in sintesi sono in termini di affidabilità e di safety». Anche Enel Green Power riferisce l’importanza di un approccio corretto in termini di change management, necessario per cogliere appieno i vantaggi di una nuova tecnologia sviluppando contestualmente l’evoluzione delle competenze. «A questo proposito abbiamo avviato il programma RoBoost, per lo sviluppo integrato delle nuove tecnologie - robotica, droni, tecnologie AR/ e AI nelle attività di Operation & Maintenance – nell’ottica di quella che chiamiamo la “robotica sostenibile”, anche per il suo ruolo strategico specifico nell’ambito della produzione di energia da fonti rinnovabili. I numeri di questa attività dimostrano la velocità di questa evoluzione e il suo ruolo in uno scenario di grande trasformazione, ma che vede come fondamenti imprescindibili la sostenibilità ambientale alla base di tutte le nostre scelte e lo sviluppo delle competenze dei nostri colleghi e collaboratori». Anche secondo Matteo Sinopoli, l’utilizzo dei droni sarà sempre più estensivo. «Puntiamo a consolidare il know how e a rafforzare il competence center a supporto dell’attività. Fra i progetti futuri di maggior interesse vi è l’utilizzo dei droni nel monitoraggio delle emissioni fuggitive, che è un target di primaria importanza per l’azienda, e nella sorveglianza dei nostri asset, siti industriali e condotte. Altro focus importante riguarda la gestione e l’analisi dei dati: è fondamentale saper fare buon uso dei dati che i droni raccolgono. Essere in grado di analizzarli efficacemente e velocemente consentirebbe a noi e ai nostri esperti di prendere azioni immediate, scongiurando incidenti e migliorando la vita utile degli asset». «All’inizio del 2020 abbiamo cominciato a valutare alcune piattaforme di gestione dei dati raccolti dagli impianti,


in ottica di asset management» conferma Giuseppe Gori. «Ovviamente la piattaforma di gestione degli asset sarà alimentata da tutti i dati, sia quelli provenienti dai droni, che questi generati da altre fonti, come quelli acquisisti in modo tradizionale, via scanner, in automobile o in elicottero. La tematica di raccolta dati supera il perimetro specifico del mondo droni, ed entra in un’ottica di realizzazione di sistemi integrati basati su tecnologie avanzate, quali ad esempi data lake. L’obiettivo è far confluire i dati nello stesso punto per poterne fruire in mod trasversale e integrato dalle diverse business unit aziendali».

IL MERCATO: LA RIPRESA DOPO LA PANDEMIA

In tutti questi anni abbiamo notato Secondo i risultati della ricerca dell’Osserche il trend di utilizzo di vatorio Droni del Politecnico di MilaIMMAGINE ENEL. queste tecnologie è in crescita no, recentemente presentata a Milano, esponenziale. Siamo passati l’emergenza sanitaria ha colpito con da poche applicazioni a forza il settore dei droni, frenandone il superare le centinaia decollo. Dopo la buona crescita registramercato professionale dei droni, nate con un beneficio che fra il 2015 e il 2020, che hanno raccolto ta nel 2019 (+17% sul 2018), nell’anno ormai è assodato complessivamente un miliardo di dollari di del Covid il mercato professionale dei droni (B2b e B2g) perde quota, passando da un valore di 117 milioni di euro a un totale di 73 milioni di euro, con un calo del 38%. Quasi la metà delle imprese del settore intervistate dall’Osservatorio Droni ha potuto svolgere solo una piccola parte delle attività quotidiane (48%) e una su cinque è stata costretta a chiudere (21%). I progetti di applicazione industriale di droni censiti da fonti secondarie, 199 nel 2020, sono diminuiti del 20% rispetto all’anno precedente, addirittura del 50% nel caso delle sperimentazioni e dei progetti operativi, mentre sono aumentati gli annunci e gli utilizzi una tantum. Ma il settore nel complesso ha retto - solo 66 delle 700 imprese della filiera professionale dei droni che si trovano in una condizione di completa inattività - e guarda al futuro con ottimismo: l’80% delle imprese dell’offerta confida in una robusta crescita del mercato nei prossimi tre anni e il 50% inizia a percepirlo come un mercato di massa. Una spinta arriverà dall’evoluzione normativa, con il nuovo Regolamento Europeo Droni, in vigore dal 31 dicembre 2020, accolto favorevolmente dal 60% delle imprese per il suo impatto positivo dal punto di vista commerciale e industriale. E un ulteriore impulso verrà dato dall’ingresso di nuovi attori nel settore, che è continuato anche nel 2020. Sono 334 le startup attive a livello internazionale nel

finanziamenti. La crisi ha anche evidenziato le potenzialità di questa tecnologia per il monitoraggio della popolazione, la consegna di materiale medico, la comunicazione delle linee guida sul distanziamento sociale, la sanificazione di edifici e strade, con oltre 60 progetti internazionali censiti nati con queste finalità in risposta all’emergenza, di cui il 70% attivati da pubbliche amministrazioni. Solo una minoranza di Comuni italiani, tuttavia, li sta utilizzando: il 29%, anche se solo il 28% esclude la possibilità di utilizzarli nei prossimi 3 anni. «Il 2020 è stato un anno difficile per un mercato ancora emergente, composto prevalentemente da startup e piccole imprese e già messo alla prova dalle variazioni normative e dalla mancanza di una piena consapevolezza dei vantaggi di questa tecnologia» commenta Marco Lovera, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Droni. «Il settore, però, non ha subito danni irreversibili e le prospettive future sembrano molto positive. L’evoluzione che ci aspettiamo nei prossimi anni passerà attraverso la concentrazione del mercato, l’ingresso di imprese da settori attigui e l’apertura ai mercati internazionali. Per farsi trovare preparate le imprese dovranno stringere collaborazioni con altre organizzazioni (imprese e/o enti pubblici) e fare sistema attorno a innovazioni tecnologiche e applicative».

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LA FIGURA DEL CONSULENTE PER LA SICUREZZA DEI TRASPORTI DI MERCI PERICOLOSE di Paolo Oppini, Ingegnere, consulente aziendale ed esperto in materia di sicurezza dei trasporti di merci pericolose

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LA SIGLA “ADR” (ACCORD DANGERREUSES ROUTE) SI RIFERISCE ALL’ACCORDO EUROPEO PER IL TRASPORTO INTERNAZIONALE STRADALE DI MERCI PERICOLOSE. LA NORMA PREVEDE L’OBBLIGO DI NOMINARE UN CONSULENTE PER LA SICUREZZA, CHE HA IL COMPITO DI VERIFICARE PRASSI E PROCEDURE RELATIVE ALL’ATTIVITÀ DELL’IMPRESA E IL RISPETTO DELLE PRESCRIZIONI DETTATE DALL’ACCORDO. VEDIAMO PIÙ DA VICINO QUALI SONO QUESTI COMPITI E SOPRATTUTTO IN QUALI CASI TALE FIGURA RISULTA NECESSARIA

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a “Quali sono i compiti del consulente ADR?” a “In quali casi è obbligatoria la nomina?”, passando per “Sono previste sanzioni per le imprese che non provvedono?” e “Quali requisiti professionali deve avere il consulente?”.

Si potrebbero condensare con queste parole i quesiti che più frequentemente vengono rivolti da imprenditori e manager aziendali a noi professionisti specializzati nella consulenza nella materia del trasporto di merci pericolose. Quesiti che lasciano presagire come, sebbene introdotta nell’apparato legislativo nazionale ormai da oltre vent’anni1, la figura professionale del cosiddetto “consulente ADR” non sia stata ancora pienamente assimilata dal mondo delle imprese che, in funzione della propria attività, sono tenute a dotarsene. In ogni caso, la designazione di uno o più2 consulenti per la sicurezza dei trasporti di merci pericolose (in seguito, “consulente per la sicurezza”) costituisce una delle dispo-

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sizioni di rilievo dell’ADR, normativa internazionale che disciplina il trasporto di merci pericolose per strada3. A beneficio dei non addetti ai lavori, è opportuno evidenziare che con la sigla “ADR” ci si riferisce all’accordo europeo per il trasporto internazionale stradale di merci pericolose, concluso a Ginevra nel 1957 e sottoscritto ad oggi da oltre cinquanta Paesi4, tra cui l’Italia, che lo hanno recepito anche per i trasporti nazionali. I contenuti operativamente più rilevanti dell’ADR sono rinvenibili nei due allegati che ne formano parte integrante (Allegato A e Allegato B), i quali contengono le disposizioni regolamentari a cui è necessario attenersi per l’esecuzione dei trasporti in questione. Il testo degli Allegati è sottoposto a regolare aggiornamento con periodicità biennale, al fine di tener conto dell’evoluzione tecnologica e delle nuove esigenze del mondo del trasporto. All’attualità, è vigente l’edizione 2021 dell’ADR, emanata a livello europeo con la direttiva (UE) 2020/1883 della Commissione del 2 ottobre 2020, recepita in Italia con il decreto 13 gennaio 2021 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

Figura 1 - Elenco aggiornato dei Paesi contraenti l’ADR

CLASSE

ESEMPI DI MERCI PERICOLOSE

Classe 1 – Materie e oggetti esplosivi

Mine, detonatori, propellenti, munizioni, cariche per demolizione, articoli pirotecnici

Classe 2 – Gas

Biossido di carbonio, ossigeno compresso, acetilene, ossido di etilene, aerosol Benzina, gasolio, inchiostri, pitture, bevande alcoliche, etanolo, adesivi contenenti liquidi infiammabili Cascami o rifiuti di gomma polverulenti o granulari, zolfo, metaldeide

Classe 3 – Liquidi infiammabili Classe 4.1 – Solidi infiammabili, materie autoreattive ed esplosivi desensibilizzati Classe 4.2 – Materie soggette ad accensione spontanea

Carbone attivo, cotone umido, farina di pesce non stabilizzata

Classe 4.3 – Materie che, a contatto con l’acqua, sviluppano gas infiammabili Classe 5.1 – Materie comburenti

Carburo di alluminio, carburo di calcio, litio, magnesio in polvere

Classe 5.2 – Perossidi organici Classe 6.1 – Materie tossiche Classe 6.2 – Materie infettanti Classe 7 – Materiali radioattivi Classe 8 – Materie corrosive Classe 9 – Materie e oggetti pericolosi diversi

Tabella 1

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Quanto alle merci pericolose regolamentate dall’ADR, esse sono individuate in un’ampia gamma di sostanze, miscele, oggetti e rifiuti pericolosi che, in ragione delle proprie caratteristiche chimico-fisiche, possono produrre, durante il trasporto, conseguenze pericolose per le persone, l’ambiente e le cose; nella Tabella 1 sono elencate le tredici classi di merci pericolose contemplate dall’ADR, con alcuni esempi di merci appartenenti a ciascuna classe. In ragione delle diverse categorie di pericolo considerate e dell’elevato numero di merci pericolose assoggettate alle disposizioni dell’ADR, l’applicazione del regolamento interessa un’ampia platea di imprese appartenenti a molteplici filiere dei settori manifatturiero, delle utilities, della gestione dei rifiuti, dei servizi sanitari, nonché dei servizi di spedizione e di logistica specializzata.

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Nitrato di calcio, perossido di idrogeno in soluzione acquosa, clorati e cloriti inorganici, perclorato di magnesio Acido perossilaurico, idroperossido di cumile, perossidicarbonato di diisopropile Principi attivi utilizzati nel settore farmaceutico, cianuri, diclorometano Materie infettanti per l’uomo, materie infettanti per gli animali, rifiuti ospedalieri e medicali Esafluoruro di uranio Acido solforico, acido cloridrico, ipoclorito in soluzione, idrossido di sodio in soluzione, acido solforoso Amianto, policlorodifenili liquidi e solidi, pile al litio, dispositivi di salvataggio, materie pericolose per l’ambiente, materie trasportate a caldo

Classi di merci pericolose contemplate dall’ADR, con relativi esempi di merci


IL CONSULENTE PER LA SICUREZZA DEI TRASPORTI NELL’ADR L’ADR, alla sezione 1.8.3, regolamenta la figura del consulente per la sicurezza, investendolo dell’importante responsabilità di facilitare, all’interno dell’impresa, l’opera di prevenzione dei rischi per le persone, per i beni e per l’ambiente inerenti alle attività del trasporto di merci pericolose. Assume primario rilievo l’esatta individuazione del perimetro di applicabilità dell’obbligo di designazione del consulente per la sicurezza, che l’ADR attribuisce a ciascuna impresa la cui attività comporti la spedizione o il trasporto di merci pericolose per strada, come pure le operazioni connesse di imballaggio, di carico, di riempimento o di scarico di merci pericolose. Pare meritevole di segnalazione l’introduzione, tra le attività che comportano l’obbligo di nomina del consulente per la sicurezza, della spedizione di merci pericolose per strada, operata dall’edizione 2019 dell’ADR, in vigore dal 1° gennaio 20195. Tale modifica ha determinato l’estensione dell’obbligo di designazione anche alle imprese che partecipano al trasporto di merci pericolose solo come speditori, in precedenza escluse dall’adempimento; tuttavia, sul punto, l’ADR prevede una misura transitoria (sezione 1.6.1.44) per effetto della quale l’applicabilità dell’obbligo alle imprese “mere speditrici” scatterà a partire dal 31 dicembre 2022. Sotto la responsabilità del capo dell’impresa, funzione essenziale del consulente per la sicurezza è ricercare tutti i

mezzi e promuovere ogni azione, nei limiti delle attività in questione dell’impresa, per favorire lo svolgimento di tali attività nel rispetto delle disposizioni applicabili e in condizioni ottimali di sicurezza. Nel concreto, le funzioni del quale il consulente per la sicurezza è investito, che evidentemente richiedono di essere opportunamente adattate alle effettive attività dell’impresa, sono in particolare le seguenti: - Verificare l’osservanza delle disposizioni in materia di trasporto di merci pericolose; - Consigliare l’impresa nelle operazioni riguardanti il trasporto di merci pericolose; - Redigere una relazione annuale, destinata alla direzione dell’impresa o eventualmente a un’autorità pubblica locale, sulle attività dell’impresa per quanto concerne il trasporto di merci pericolose. La relazione è conservata per cinque anni e, su richiesta, messa a disposizione delle autorità nazionali. I compiti del consulente per la sicurezza comprendono, inoltre, l’esame delle seguenti prassi e procedure concernenti le attività in questione dell’impresa: - Le procedure volte a far rispettare le prescrizioni relative all’identificazione delle merci pericolose trasportate; - Le prassi dell’impresa per quanto concerne la valutazione, all’atto dell’acquisto dei mezzi di trasporto, di qualsiasi particolare requisito relativo alle merci pericolose trasportate; - Le procedure di verifica delle attrezzature utilizzate per il trasporto di merci pericolose o per le operazioni di imballaggio, di riempimento, di carico o di scarico;

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- Un’adeguata formazione del personale dell’impresa, che includa anche le modifiche alle regolamentazioni, e la registrazione di tale formazione; - L’applicazione di procedure d’emergenza adeguate agli eventuali incidenti o eventi imprevisti che possano pregiudicare la sicurezza durante il trasporto di merci pericolose o le operazioni di imballaggio, di riempimento, di carico o di scarico; - L’analisi e, se necessario, la redazione di relazioni sugli incidenti, gli eventi imprevisti o le infrazioni gravi costatate nel corso del trasporto delle merci pericolose o durante le operazioni di imballaggio, di riempimento, di carico o di scarico; - L’attuazione di misure appropriate per evitare il ripetersi d’incidenti, eventi imprevisti o infrazioni gravi; - La presa in conto delle disposizioni legislative e dei requisiti specifici relativi al trasporto di merci pericolose, per quanto concerne la scelta e l’utilizzo di subfornitori o altri operatori; - La verifica che il personale incaricato della spedizione, del trasporto di merci pericolose, oppure dell’imballaggio, del riempimento, del carico o dello scarico di tali merci, abbia procedure operative e istruzioni dettagliate; - L’introduzione di misure di sensibilizzazione ai rischi connessi al trasporto di merci pericolose o all’imballaggio, al riempimento, al carico e allo scarico di tali merci; - L’attuazione di procedure di verifica volte a garantire la presenza, a bordo dei mezzi di trasporto, dei documenti e delle attrezzature di sicurezza che devono accompagnare il trasporto e la loro conformità di tali documenti e attrezzature alle regolamentazioni; - L’attuazione di procedure di verifica dell’osservanza delle disposizioni concernenti le operazioni di imballaggio, di riempimento, di carico e di scarico; - L’esistenza del piano di security, che l’ADR prescrive nel caso in cui il trasporto interessi merci pericolose ad alto rischio, potenzialmente utilizzabili a fini terroristici con conseguenti possibili effetti gravi quali, tipicamente, la perdita di numerose vite umane o distruzioni di massa. Fermo restando che la funzione di consulente può essere svolta anche dal capo dell’impresa, da una persona operante nell’impresa o da una persona esterna, il consulente per la sicurezza deve essere titolare di un certificato di formazione professionale valido per il trasporto per strada. Il certificato è rilasciato dall’autorità competente (in Italia, il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili) o dall’organismo allo scopo designato da ciascun Pa-

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ese contraente. Per conseguire il certificato, il candidato deve ricevere una formazione e superare un esame riconosciuto dall’autorità competente della parte contraente; il documento è valido per un periodo di cinque anni ed è soggetto a rinnovo, previo superamento di un esame.

LE DISPOSIZIONI LEGISLATIVE ITALIANE Attualmente, nell’apparato legislativo italiano l’obbligo di designazione del consulente per la sicurezza è rinvenibile nel decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 35, provvedimento che ha novellato il quadro normativo previgente, sancendo la parziale abrogazione del precedente decreto legislativo 4 febbraio 2000, n. 40, che per primo, sulla scorta della normativa comunitaria, aveva introdotto nel nostro ordinamento giuridico la figura del consulente per la sicurezza. Da un lato, è piuttosto agevole individuare la finalità della norma, che intende garantire l’inserimento nell’impresa di una figura professionale qualificata che possa coadiuvare il legale rappresentante nelle delicate attività di gestione dei trasporti di merci pericolose, considerate le competenze specialistiche necessarie (riconducibili in particolare a una preparazione al contempo di tipo normativo-giuridica e tecnico-scientifica); da un altro lato, non passa inosservato il fatto che la nomina del consulente per la sicurezza è obbligatoria esclusivamente per le imprese che operano nel settore del trasporto di merci pericolose per strada, per ferrovia o per via navigabile interna6, escludendo dall’applicazione dell’adempimento altre modalità di trasporto (aerea e marittima) che, pur disciplinate da regolamenti specifici7, presentano criticità e profili di rischio addirittura superiori. L’ambito di applicazione del D.Lgs. n. 35/2010, definito all’articolo 1, concerne il trasporto di merci pericolose effettuato su strada, per ferrovia o per via navigabile interna, sia all’interno dei territori nazionali che tra i Paesi dell’Unione europea, come pure le operazioni di carico e scarico, il trasferimento da un modo di trasporto ad un altro e le soste rese necessarie dalle condizioni di trasporto. Le esclusioni sono limitate a poche fattispecie, tra cui sono compresi i trasporti di merci pericolose effettuati interamente all’interno del perimetro di un’area chiusa, come ad esempio un insediamento industriale o un cantiere temporaneo. Le previsioni riguardanti il consulente per la sicurezza


sono invece definite all’articolo 11 del decreto, richiamando sostanzialmente le disposizioni dell’ADR e degli altri regolamenti modali omologhi. L’obbligo di nomina del consulente per la sicurezza è posto in capo ai legali rappresentanti delle imprese la cui attività comporta trasporti di merci pericolose, oppure operazioni di imballaggio, di carico, di riempimento o di scarico, connesse a tali trasporti. In merito, il decreto non contempla ancora, tra i soggetti obbligati alla nomina, i legali delle imprese che partecipano al trasporto di merci pericolose solo come speditori, oggetto come detto della modifica introdotta dall’edizione 2019 dell’ADR; sul punto, pare auspicabile un intervento del legislatore, al fine di uniformare il dettato normativo nazionale a quello dell’ADR, in vista del termine della misura transitoria fissato come detto al 31 dicembre 2022.

le possibili implicazioni avverse che l’omessa nomina del consulente per la sicurezza può determinare in capo all’impresa inadempienti in caso di incidente occorso durante le operazioni di trasporto (dalle responsabilità colpose penali in capo ai vertici aziendali alla possibile responsabilità amministrativa della società per effetto del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, senza dimenticare le possibili conseguenze sul piano assicurativo). Se le sanzioni sono irrogate dal prefetto, la vigilanza sull’osservanza delle disposizioni relative ai consulenti per la sicurezza è affidata agli Uffici periferici, territorialmente competenti, del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili.

LE POSSIBILI ESENZIONI

Il fatto che un’impresa sia sottoposta alle disposizioni Un breve commento meritano le sanzioni relative al con- dell’ADR per i propri trasporti di merci pericolose su sulente per la sicurezza, stabilite all’articolo 12 del decre- strada non determina, in via automatica, l’obbligo di noto. Delle varie sanzioni previste, pare opportuno citare minare un consulente per la sicurezza. Difatti, sia l’ADR, quella disposta dal comma 1, in forza della quale il legale sia la normativa nazionale prevedono possibili fattispecie rappresentante dell’impresa che omette la necessaria no- di esenzione dall’obbligo di nomina. mina del consulente è punito con la sanzione ammini- Quanto all’ADR, la sezione 1.8.3.2 concede alle autoristrativa pecuniaria da 6mila a 36mila euro; tali tà competenti dei Paesi contraenti (per l’Italia, sanzioni, peraltro inasprite rispetto a quelle come detto, il Ministero delle infrastrutture previgenti, necessitano comunque di essee della mobilità sostenibili) la facoltà di esonerare dall’obbligo di nomina del re considerate tenendo a mente, anche, La designazione di uno

o più consulenti per la sicurezza dei trasporti di merci pericolose costituisce una delle disposizioni di rilievo dell’ADR

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STOCCAGGIO E DISTRIBUZIONE

consulente per la sicurezza determinate categorie di im- Poiché ad oggi non sono stati emanati provvedimenti applicativi del D.Lgs. n. 35/2010, si è creata, tra gli adprese, riconducibili alle due seguenti casistiche: - Imprese le cui attività riguardano quantitativi, per ogni detti ai lavori, una certa incertezza in merito alla perunità di trasporto, non superiori ai limiti definiti in spe- manente validità o meno delle condizioni di esenzione stabilite dalla normativa nazionale emanata in forza del cifiche parti dell’ADR8; - Imprese che non eseguono, a titolo di attività principale previgente D.Lgs. n. 40/2000. Al riguardo, tuttavia, pare o accessoria, trasporti di merci pericolose o operazioni prevalere la linea interpretativa secondo la quale condi imballaggio, di riempimento, di carico o di scatinui ad applicarsi il regime di esenzioni previsto dai provvedimenti ministeriali antecedenti il rico connesse a tali trasporti, ma che eseguoAnche nei casi in D.Lgs. n. 35/20109; tale interpretazione no occasionalmente trasporti nazionali di cui risulti percorribile merci pericolose, o operazioni di impare trovare sufficiente base giuridica nel l’ e senzione dall’ o bbligo disposto normativo utilizzato, all’arballaggio, di riempimento, di carico di nomina, l’impresa rimane o di scarico connesse a tali trasporti ticolo 14, comma 1, lettera c), dello comunque tenuta all’obbligo che presentano un grado di pericostesso D.Lgs. n. 35/2010, per sancire di adempiere alle rimanenti 10 losità o un rischio di inquinamento disposizioni dell’ADR applicabili, l’abrogazione del D.Lgs. n. 40/2000 . minimi. Purtroppo, il regime di esenzioni deperaltro munite di sanzioni lineato dal ministero risente di scarsa definite nel codice della semplicità, determinando la conseguenza Passando al D.Lgs. n. 35/2010, il comstrada che le disposizioni risultano spesso inapplima 4 del già citato articolo 11 dispone che con provvedimento dell’amministrazione sono cate dal mondo delle imprese, circostanza questa individuate le condizioni alle quali le imprese esercenti favorita anche dalla limitata azione di controllo esercitata l’attività di trasporto di merci pericolose possono esse- dalle autorità competenti. re esonerate dall’obbligo di nomina del consulente per Sulla scorta di quanto premesso, all’attualità risultano la sicurezza, ai sensi e nei limiti di cui al capitolo 1.8 rinvenibili nella normativa nazionale tre distinte fattispedell’ADR. cie di possibile esenzione dall’obbligo di nomina del con-

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sulente per la sicurezza, che in sintesi riguardando le seguenti casistiche: 1. Trasporti con quantità di merci “sotto soglia”, al di sotto dei limiti quantitativi di merci pericolose stabiliti dalla sezione 1.1.3.6 e dal capitolo 3.4 dell’ADR; 2. Trasporto occasionale, in ambito nazionale, di merci con un grado di pericolosità e di inquinamento minimi, riconducibili alla categoria di trasporto 3 dell’ADR; 3. Imprese che scaricano le merci alla loro destinazione finale. Per compiutezza di trattazione, occorre aggiungere che la fattispecie di esenzione di cui al punto 2 sopra riportato impone all’impresa di non superare specifici limiti quantitativi (massimo 24 operazioni all’anno, massimo 3 operazioni al mese, massimo 180 tonnellate di merci pericolose all’anno), nonché di provvedere a una comunicazione al Dipartimento ministeriale competente per territorio, per ogni anno solare entrante, da corredare con annotazioni riguardanti le singole operazioni effettuate. Nel Box 1 sono proposti alcuni casi pratici di operazioni concernenti il trasporto di merci pericolose effettuate da imprese, con relativa indicazione in merito alla sussistenza o meno dell’obbligo di designazione del consulente per la sicurezza. Da ultimo, è opportuno precisare che, anche nei casi in cui risulti percorribile l’esenzione dall’obbligo di nomina, l’impresa rimane comunque tenuta all’obbligo di adempiere alle rimanenti disposizioni dell’ADR applicabili (ad esempio, formazione del personale, ricorso a imballaggi omologati, etichettatura e marcatura dei colli, predisposizione del documento di trasporto), peraltro munite di sanzioni definite nel codice della strada11.

Caso A Un distributore di pitture e vernici, rientranti nella classe 3 dell’ADR in quanto infiammabili, riceve, stocca e successivamente spedisce ai clienti, via strada, le pitture e le vernici, tutte imballate in quantità limitate (capitolo 3.4 dell’ADR) all’interno di piccole confezioni. Le operazioni di carico e scarico delle merci pericolose sono effettuate direttamente dal personale dell’impresa, mentre il trasporto è affidato ad autotrasportatori esterni. L’impresa non è tenuta alla designazione del consulente per la sicurezza, in quanto le operazioni effettuate concernono merci pericolose in quantità “sotto soglia”, imballate in quantità limitate in accordo alle disposizioni del capitolo 3.4 dell’ADR. Caso B Una PMI operante nel settore biomedicale effettua operazioni di carico, di scarico e di imballaggio di merci pericolose trasportate per strada. Le merci pericolose presentano un grado di pericolosità e di inquinamento minimi, in quanto sono attribuite alla categoria di trasporto 3 dell’ADR; tuttavia, la partenza di un nuovo business determina la necessità di approvvigionare e spedire anche ulteriori merci pericolose (in particolare, diclorometano e isopropanolo) caratterizzate da un livello di pericolo superiore (categoria di trasporto 2 dell’ADR). Essendo limitate a specifiche applicazioni, le merci pericolose di categoria di trasporto 2, caricate e scaricate dal personale di magazzino dell’impresa, sono utilizzate in quantità contenute, e l’impresa è in condizioni di assicurare il non superamento dei limiti previsti per il regime di esenzione (numero di operazioni annue non superiori a 24, numero di operazioni mensili non superiori a tre, quantità annua in massa non superiore a 180 tonnellate). L’impresa è sottoposta all’obbligo di nomina del consulente per la sicurezza, in quanto le operazioni riguardanti le merci pericolose attribuite alla categoria di trasporto 2 dell’ADR non consentono di beneficiare dell’esenzione dalla nomina; è irrilevante, nel caso specifico, il rispetto dei limiti previsti per il regime di esenzione. Caso C Un’impresa manifatturiera approvvigiona, da fornitori esterni, una serie di merci pericolose, appartenenti a varie classi, scaricate dal personale aziendale; tutte le merci pericolose sono destinate al successivo utilizzo nel ciclo produttivo aziendale, all’interno dello stabilimento dell’impresa, senza alcun successivo trasporto delle stesse. L’impresa può avvalersi dell’esenzione dall’obbligo di nomina del consulente per la sicurezza, in quanto ricadente nella fattispecie delle imprese che scaricano le merci alla loro destinazione finale. Caso D Un’impresa del settore chimico approvvigiona una serie di materie prime classificate come merci pericolose per il trasporto stradale, e immette sul mercato prodotti anch’essi classificati, in diversi casi, come merci pericolose per il trasporto. Le operazioni riguardanti le merci pericolose sono frequenti, e risultano largamente superati i limiti previsti per il regime di esenzione (sia il numero di operazioni annue e mensili, sia la quantità in massa). L’impresa non effettua alcuna operazione di trasporto, carico, scarico o imballaggio di merci pericolose, in quanto le stesse sono affidate contrattualmente ad autotrasportatori esterni e, per la parte di magazzino, a un’impresa appaltatrice specializzata in servizi di facchinaggio e logistica di magazzino. Nei confronti dell’impresa non trova applicazione l’obbligo di designazione del consulente per la sicurezza, in quanto le operazioni riguardanti le merci pericolose non sono effettuate dall’impresa stessa, bensì completamente esternalizzate; l’obbligo di nomina del consulente interessa invece, a meno di eventuali fattispecie di esenzione da valutare nel caso specifico, gli autotrasportatori esterni e l’impresa appaltatrice operante nel magazzino.

Box 1 - Casi pratici riguardanti la sussistenza o meno dell’obbligo di designazione del consulente per la sicurezza

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STOCCAGGIO E DISTRIBUZIONE

CONCLUSIONI Il consulente per la sicurezza costituisce un’importante figura prevista a livello legislativo per le imprese la cui attività comporta trasporti stradali di merci pericolose, oppure operazioni di imballaggio, di carico, di riempimento o di scarico, connesse a tali trasporti. Al di là del mero assolvimento dell’adempimento legislativo, tale figura, in ragione dell’elevata specializzazione e del costante aggiornamento professionale, è in condizioni di fornire un efficace supporto ai vertici dell’impresa, atto a favorire lo svolgimento delle attività in questione nel rispetto delle disposizioni applicabili (definite, per il trasporto stradale, a livello internazionale dall’ADR), e in condizioni ottimali di sicurezza, consentendo in definitiva un più puntuale presidio dei processi aziendali e il mantenimento di un livello adeguato di compliance. Ciò nonostante, il ruolo del consulente per la sicurezza, seppur introdotto in Italia da oltre un ventennio, non appare ancora pienamente conosciuto e valorizzato dalle imprese che ne sono tenute alla designazione, che non in pochi casi ignorano l’obbligo normativo o comunque

lo disattendono, talvolta disorientate dal non sempre lineare apparato normativo nazionale (in particolare, ciò vale per i provvedimenti che hanno delineato i possibili regimi di esenzione dalla nomina) e dalla scarsa incisività dei controlli demandati agli Uffici periferici del ministero competente. In ogni caso, stante la complessità e la delicatezza delle attività di trasporto in questione, caratterizzate da molteplici possibili profili di responsabilità in capo alle imprese e ai loro legali rappresentanti, pare ragionevole sostenere che una moderna gestione delle imprese operanti o comunque coinvolte nel trasporto di merci pericolose per strada, orientata alla sostenibilità nel medio-lungo termine e focalizzata sull’efficace presidio dei processi interni nonché dei relativi rischi operativi e di compliance, possa sempre meno prescindere dal ricorso alla figura del consulente per la sicurezza e, soprattutto, al suo effettivo e costante coinvolgimento nella gestione e nel monitoraggio delle pertinenti attività aziendali, superando una visione distorta e semplicistica che tende a scorgere nella designazione del consulente un mero adempimento formale, se non addirittura burocratico.

NOTE 1 L’obbligo di nomina del consulente è stato introdotto nell’ordinamento italiano dal decreto legislativo 4 febbraio 2000, n. 40, recante “Attuazione della direttiva 96/35/CE relativa alla designazione e alla qualificazione professionale dei consulenti per la sicurezza dei trasporti per strada, per ferrovia o per via navigabile di merci pericolose". 2 Nella pratica operativa, il ricorso a più consulenti è attuato in genere dalle imprese dotate di più sedi operative sparse sul territorio nazionale, con conseguente necessità di ricorrere, per esigenze operative e/o economiche, a consulenti locali (si pensi, ad esempio, al caso di imprese industriali multi-stabilimento, come pure al caso di imprese di spedizione dotate di più magazzini). 3 La nomina del consulente per la sicurezza dei trasporti è prevista anche dai regolamenti RID e ADN, che regolamentano rispettivamente il trasporto di merci pericolose per ferrovia e per via navigabile interna. 4 L’elenco aggiornato dei Paesi contraenti, con i riferimenti delle relative autorità nazionali competenti, è disponibile sul sito UNECE (United Nations Economic Commission for Europe), al link raggiungibile tramite il QR code riprodotto nella Figura 1. 5 Le edizioni dell’ADR precedenti a quella del 2019 limitavano l’applicabilità dell’obbligo di designazione del consulente per la sicurezza alle sole imprese la cui attività comporta il trasporto di merci pericolose per strada, ivi incluse le operazioni connesse di imballaggio, carico, riempimento o scarico. 6 Si parla infatti, nel gergo di settore, di “consulente ADR”, di “consulente RID” e di “consulente ADN”, al fine di distinguere le relative diverse qualifiche professionali, che possono comunque essere eventualmente concentrate nella persona di un unico professionista. 7 Il trasporto marittimo di merci pericolose è regolamentato dal Codice IMDG, mentre il trasporto aereo è disciplinato dalle Technical Instructions predisposte dall’ICAO (International Civil Aviation Organization) e dalle Dangerous Goods Regulations (DGR) predisposte dallo IATA (International Air Transport Association). 8 Si tratta delle sezioni 1.1.3.6 (esenzioni concernenti le quantità trasportate per unità di trasporto) e 1.7.1.4 (disposizioni concernenti il materiale radioattivo), nonché dei capitoli 3.3 (disposizioni speciali applicabili ad alcune materie o oggetti), 3.4 (merci pericolose imballate in quantità limitate) o 3.5 (merci pericolose imballate in quantità esenti). 9 Decreto ministeriale 4 luglio 2000, n. 90T e circolare n. A26/2000/MOT del 14 novembre 2000. 10 Il D.Lgs. n. 35/2010 dispone l’abrogazione del D.Lgs. n. 40/2000, “per quanto in esso predisposto è incompatibile con le disposizioni del presente decreto”. 11 Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, che all’articolo 168 reca disciplina del trasporto su strada dei materiali pericolosi.

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product STOCCAGGIO A CONDIZIONI CONTROLLATE CON MODULA

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news

e con condizioni di temperatura e umidità controllate. Modula CC permette di operare in un range di temperatura da +2 °C a +25 °C (± 1 °C), con umidità massima del 50%.

odula SpA introduce nuove soluzioni di stoccaggio che vanno ad ampliare la gamma di prodotti ideali per chi opera nella cold chain o in ambienti con condizioni controllate. Tre le nuove soluzioni studiate da Modula: Modula Climate Control, magazzini a temperatura ed umidità controllata; Modula Clean Room, magazzini per camere bianche (clean room); Modula Dry, magazzini a bassa umidità (dry room). «Queste tre diverse soluzioni rappresentano una soluzione efficiente e all’avanguardia nello stoccaggio a condizioni controllate» commenta l’Amministratore Delegato di Modula, Massimiliano Gigli. «L’obiettivo è rispondere a una domanda in settori in forte evoluzione e garantire ai nostri clienti un’ottima flessibilità grazie ad impianti scalabili e modulari».

Modula Climate Control

Ideato per stoccare materiali in ambienti soggetti a variazioni di temperatura, dove è quindi necessario un accurato controllo delle condizioni di stoccaggio così da evitare qualsiasi interruzione della catena del freddo o deterioramento del materiale stoccato. Alcuni dei settori in cui questa esigenza è più sentita sono sicuramente quello elettronico, chimico, farmaceutico, plastico e alimentare. Sia che si parli di industrie manifatturiere che di distribuzione, la sicurezza è una assoluta priorità nella progettazione del magazzino ed è fondamentale mantenere i prodotti e/o i componenti sotto stretto controllo e tracciare la loro storia. Modula Lift è stato dunque ingegnerizzato per garantire un ambiente di stoccaggio efficiente

Modula Clean Room

La maggior parte dei produttori di semiconduttori, ospedali e aziende chimiche, elettroniche e farmaceutiche, necessitano di sistemi di stoccaggio in grado di funzionare all’interno di camere bianche, garantendo di non compromettere la classe della camera stessa e prevenire la contaminazione del materiale stoccato. Che si tratti di strumenti sterili destinati alle sale operatorie o di componenti sensibili alla polvere per la produzione di semiconduttori, le soluzioni per camere bianche Modula offrono condizioni conformi agli standard ISO 14644 e in grado di soddisfare le classi 7 e 8. Per mantenere la quantità di particelle nell’aria il più bassa possibile è stato necessario lavorare su due aspetti principali: limitare la produzione di polvere da parte del magazzino durante il suo funzionamento e limitare i depositi di polvere esistente all’interno della camera bianca sulla superficie del magazzino stesso.

Modula Dry

Così come esistono materiali sensibili alla temperatura e alla polvere, ci sono parimenti materiali che soffrono la presenza di umidità: per lo stoccaggio di questi materiali è dunque necessario garantire che l’umidità relativa presente nell’ambiente sia al di sotto di un certo valore. L’industria elettronica, automobilistica e dei semiconduttori sono alcuni tipici esempi di settori nei quali è diffuso l’utilizzo di queste specifiche soluzioni. Dal punto di vista tecnico, al fine di garantire un valore di umidità relativa al di sotto del 5%, si adottano soluzioni simili a quelle per il controllo della temperatura.

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RICONOSCIMENTO EUROPEO PER LE PELLICOLE SOLARI ARMOR

NUOVE SOLUZIONI FILTRANTI PER ENERGIE RINNOVABILI

L’

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Innovation Radar della Commissione Europea (https://www.innoradar. eu/) ha riconosciuto tre soluzioni sviluppate da Armor nel settore delle pellicole per pannelli solari, sviluppate nell’ambito del progetto OLEDSOLAR, finanziato dall’Europa nell’ambito del programma Horizon 2020 e dedicato allo sviluppo di nuovi processi produttivi e tecniche di monitoraggio in linea per l’industria fotovoltaica basata su nuovi materiali. Secondo l’Innovation Radar, le pellicole solari Armor presentano diversi aspetti innovativi, che riguardano in particolare tre tecnologie. Innanzitutto, una tecnologia per il miglioramento del taglio

ai Filtri ha ampliato i campi di applicazione della propria gamma di separatori al mercato delle energie rinnovabili. A partire dai classici separatori aria/olio, tipici dei compressori d’aria e delle pompe a vuoto industriali, Fai Filtri ha saputo realizzare separatori in grado di adattarsi ai più disparati ambiti d’impiego: tra questi l’intero settore del gas naturale e quello degli impianti di biogas-biometano. In quest’ultimo ambito l’attenzione è rivolta agli impianti che producono energia dai reflui zootecnici, dagli scarti agricoli e alimentari e dai rifiuti organici. «La fermentazione in digestori anaerobici delle biomasse permette l’ottenimento del biogas; questa miscela di gas non è direttamente fruibile come combustibile perché impura, contenendo, tra gli altri, anidride carbonica e acido solfidrico» spiega Alberto Vietti, Direttore Tecnico di Fai Filtri. «Negli impianti di trattamento una prima batteria di compressori veicola il biogas (detto anche raw biogas) nel sistema di “upgrading”, capace di eliminare le impurità, trasformando così la miscela gassosa in biometano. A seguire, una seconda batteria di compressori provvede ad innalzare la pressione per l’immissione in rete di distribuzione o di trasporto». I separatori delle serie DCC, DFE, DFN, DFF, tradizionalmente destinati alla disoleazione dell’aria nelle macchine rotative, a vite o palette, sono stati adattati a queste nuove esigenze, sia per i compressori di biogas pre-trattamento, sia per quelli post-trattamento (upgrading). Per impianti di piccole dimensioni è stata realizzata, in versione speciale, anche la serie DSP (spin-on). Grazie all’impiego di trattamenti superficiali speciali, di media filtranti dedicati, di guarnizioni e di collanti idonei ad ogni tipo di fluido, l’azienda ha saputo declinare il principio della coalescenza per le destinazioni d’uso descritte. «Fai Filtri dimostra la sua capacità di sviluppare soluzioni filtranti per tutti i settori di applicazione» conclude il CEO dell’azienda Roberto Pasotto. «Con questa nuova proposta vogliamo offrire nuove opportunità in un mercato che ha grandi prospettive di crescita, quello delle energie rinnovabili».

MISURA DI DENSITÀ CON LA SERIE T7S VALCOM

laser dei pannelli, basata su laser CO2, che consente di realizzare i pannelli in qualsiasi forma; in secondo luogo, lo sviluppo e implementazione del cosiddetto processo di Late-Stage Customization (LSC), che consente la produzione di moduli di qualsiasi forma basati su pellicole OPV già pre-trattate; e da ultimo, una soluzione di ispezione in linea per i pannelli già trattati, che utilizza una tecnologia di trasmissione LED sviluppata in collaborazione con l’azienda britannica TWI (The Welding Institute) Ltd.

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a nuova serie T7S proposta da Valcom, gruppo Terranova, comprende trasmettitori per la misura continua del peso specifico di liquidi, fanghiglie, fanghi di trivellazione, patine, vernici e impasti cemento, utilizzando due separatori posti ad una distanza fissa e collegati tramite capillari ai due rami di una cella differenziale. I trasmettitori serie T7S sono realizzati con costruzione meccanica particolarmente robusta e dispongono di uscita 4÷20mA con protocollo di comunicazione HART®. Separatori, capillari e griglia di protezione sono realizzati in acciaio AISI 316L completamente saldate per garantire la massima protezione alle corrosioni. Oltre alla protezione meccanica la griglia di copertura attenua gli effetti causati dall’eventuale presenza di agitatori garantendo spazi e distanze autopulenti, riducendo cioè la possibilità che sui separatori si depositi del materiale. È uno strumento ottimale per la misurazione di fluidi con pesi specifici anche importanti, da 0,7 a 2,1 Kg/dm3, come nel caso di vernici e solventi.


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PRODOTTI POLIURETANICI BIOBASED PER LE CALZATURE

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OIM presenta due nuove linee di prodotti poliuretanici biobased per il mondo della calzatura. Urexter RS e Laripur RS – utilizzati per realizzare suole per calzature fashion anche nella gamma del lusso, calzature casual, sportive e di sicurezza - sono il frutto di un accurato sviluppo in direzione della massima sostenibilità, essendo formulati con una percentuale di materie prime da fonti rinnovabili superiore al 70%. La sostituzione dei materiali da fonti fossili con materiali da fonti rinnovabili rappresenta, per il settore delle calzature, una vera svolta verso soluzioni rispettose dell’ambiente adottabili su larga scala: i materiali biobased, sviluppati da COIM utilizzando fonti vegetali rinnovabili, garantiscono una migliore CO2 footprint, preservando inalterata la durevolezza dei manufatti e consentendo ai produttori di non apportare modifiche ai macchinari e alle tecniche di produzione consolidate. «La nuova linea di granuli Bio Laripur RS» spiega Fabrizio Epifani, sales manager COIM «può essere utilizzata sugli impianti già esistenti senza necessità di modifiche e garantisce le stesse prestazioni dei TPU, ossia i poliuretani termoplastici, tradizionali, offrendo una sensibile riduzione delle emissioni CO2 di tutta la filiera».

AUMA TIGRON: NUOVO ATTUATORE ELETTRICO PER L’OIL&GAS

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uma lancia la nuova serie di attuatori Tigron, rivolti specificatamente all’industria dell’Oil&Gas, che combinano alti livelli di protezione antideflagrante, design robusto, notevole facilità d’uso e innovative funzioni digitali. La versatilità di questa serie garantisce un’automazione delle valvole sicura e affidabile in molti settori di applicazione. Gli attuatori Tigron sono certificati ATEX e IECEx per il gruppo di gas IIC, che include idrogeno, gas altamente infiammabile. Questi attuatori sono progettati per resistere alle condizioni ambientali più difficili, coprendo un intervallo di temperatura particolarmente ampio da -65 °C a +75 °C. Inoltre, la protezione dell’involucro IP68 e la verniciatura a polvere estremamente resistente, sono in grado di proteggere efficacemente l’attuatore anche in condizioni climatiche avverse. Elettronica d’avanguardia, sistemi di sensori innovativi e un’ampia varietà di interfacce rendono Tigron pronto per il futuro, grazie anche digitalizzazione delle sue funzioni.

PANNELLI SOLARI INTORNO AI PALI DELLA LUCE

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azienda italiana Fly Solartech Solutions ha finalizzato un accordo con una società tedesca per la fornitura di oltre duemila pannelli rigidi di forma circolare destinati a ricoprire pali per l’illuminazione pubblica di una città in Arabia Saudita. Ciascun palo, della lunghezza di 12 m, è rivestito da un pannello solare rigido di 4,80 m con la potenza di 380 Watt per alimentare la lampada a led posizionata sul braccio del palo. È un esempio di fotovoltaico integrato architettonicamente in ambito smart city. Il modulo è ultra-sottile (3 mm di spessore), ha il diametro esatto del palo ed è completamente nero, non distinguibile a occhio nudo. Alla base di ciascun palo è installata una batteria solare “on-grid”, quindi in grado di cedere energia in rete quando è carica e/o ricevere energia dalla rete qualora la potenza generata dal sole non sia sufficiente. Tutti i moduli progettati dall’azienda sono inoltre basati sulla tecnologia ETFE, un polimero plastico a base di fluoro che grazie alla sua particolare conformazione atomica è in grado di resistere ad elevate temperature ambientali mantenendo una grande efficienza. L’ETFE assicura un’ottima resistenza meccanica e chimica ed è anti riflesso, per questo è stato scelto come materiale di riferimento per la nautica.

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rganizer

SI PARLA DI 2G AB ADSPMAS Alfagomma Amcor Flexibles Areti Armor Basf Bonfiglioli Brivio&Viganò Cannon Bono Energia Cefla Centrica Business Solutions CGT COIM

22 32, 34 3 17-20 33 46-49 60 28 43-45 30, 31 29 13-16 25, 26 17-20 61

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Distilleria Deta E.ON. Edison ENEA Enel Green Power Ener2Crowd ENI Fai Filtri Fly Solartech Gruppo Intercos Gruppo San Donato Gruppo Sapio Gruppo Terranova Gruppo Viessmann Intergen Klueber Lubrication Italia Knapp Lamberti

22, 23 26, 33 29 38-42 46-49 5 46-49 60 61 26 34 3 60 31, 34,35 29 23 II C. 29

Modula Poliambulanza Brescia Politecnico Milano PwC RCI Renault Sassano Sibeg Siemens SIFI Solvay Sorgenia Texpack Tigron Università Milano Valcom Veolia

59 34 46-49 3 4 4 33 32 33 25, 26 4 37 25 61 5 60 4

Gli EVENTI dei settori chimica, energia, industria Hydrogen & P2X 2021

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