In Magazine Ravenna 02/2012

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Anno XI - N. 2 - MARZO - APRILE 2012

Flavio

Caroli

Il cercatore di bellezza

Alberto Cassani La cultura del mettersi in gioco Pedalare Ravenna in bicicletta Giampaolo Carroli Pistola e cavalletto



Sommario

12 4 Annotare Brevi IN 12 Essere Flavio Caroli 18 Progettare Alberto Cassani 22 Pedalare Ravenna in bicicletta 30 Ricordare La Battaglia di Ravenna 36 Lavorare Le donne in Fondazione

18

| EDITORIALE di Andrea Masotti |

40 Creare

Giampaolo Carroli

46 Abitare

Attico con vista

50 Fotografare

Simona Poli

53 Giocare

I Chiefs

56 Esibirsi

Matteo Salerno

22

Il numero primaverile di Ravenna IN si apre nel segno dell’arte con il critico Flavio Caroli, noto al grande pubblico per la sua partecipazione al programma tv “Che tempo che fa” di Fabio Fazio. Di arte e di idee innovative parla anche Alberto Cassani, illustrando le tappe verso la candidatura di Ravenna Capitale Europea della Cultura 2019. I ravennati in bicicletta, sono invece i protagonisti dell’articolo successivo, rappresentati da alcuni appassionati speciali delle due ruote. La rubrica storica ci riporta invece ad una Pasqua di sangue vissuta esattamente 500 anni fa, con la ricostruzione della famigerata battaglia di Ravenna.

A seguire la Fondazione RavennAntica presenta una realtà istituzionale dalla forte connotazione femminile mentre Giampaolo Carroli, pittore e poliziotto, racconta un’interessante storia d’artista a tinte forti. La rubrica della casa ospita un elegante attico affacciato sul centro città mentre ci spostiamo in Africa con Simona Poli, in arte SimoSkizzo, fotografa naturalista che oggi lavora e insegna fotografia in Kenya. Lo sport vede in primo piano gli storici Chiefs, storica squadra di football americano risorta nel 2005 e oggi impegnata nel campionato CIF 9. Chiusura in musica con il giovane e affermato flautista Matteo Salerno.

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Chiuso per la stampa il 28/03/2012

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Annotare | Brevi IN

Sviluppo e occupazione, Cna premia le Imprese Un convegno in memoria di Benigno Zaccagnini Ravenna - La Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna, in occasione del centenario della nascita di Benigno Zaccagnini che ricorrerà il 17 aprile prossimo, organizza un importante convegno commemorativo, ospitato nella bella cornice degli Antichi Chiostri Francescani di via Dante Alighieri. L’iniziativa gode del patrocinio della Fondazione Alcide De Gasperi di Roma, del Comune di Ravenna e di Ravenna Città Candidata Capitale Europea della Cultura 2019. In veste di relatori saranno Romano Argnani (vice presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna), Fabrizio Matteucci (sindaco di Ravenna), Antonio Patuelli (presidente del Gruppo Bancario Cassa di Risparmio di Ravenna Spa), con conclusioni affidate a Pier Ferdinando Casini, già Presidente della Camera dei Deputati.

Premio a Russi per lo “Scatto di Paese”

Russi - Gianmarco Gaddoni, giovane laureato di Russi, è il vincitore del concorso fotografico indetto da Confersercenti “Scatto di Paese”, abbinato alla Campagna “Casa e Bottega: per le mie spese meglio il paese”. La consegna del premio, un iPhone 4S, è avvenuta lo scorso 6 marzo nel Municipio di Russi, nell’ambito della la cerimonia conclusiva della campagna per la promozione del commercio nei paesi e nei piccoli centri della provincia. L’iniziativa “Casa e Bottega, per le mie spese meglio il paese”: ha coinvolto 700 attività, ha visto la diffusione di 30.000 pieghevoli, di 1.000 manifesti, di spot su radio, tv e giornali locali.

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Ravenna - CNA di Ravenna premia le imprese associate che nel corso del 2011 si sono contraddistinte per aver sviluppato la loro attività attraverso un aumento della base occupazionale. Il premio “Sviluppo e Occupazione”, giunto alla 14esima edizione, va ad undici imprese del territorio: Autocarrozzeria Europa (Lugo); Mar-

co Bacchilega (Voltana); Bassi Srl (S. Maria in Fabriago); DMO Spa (Ravenna); Leoni e Casadio Group (Faenza); Miele Antonietta (Ravenna); Nannini Renato Machinery Srl (Faenza); Nazionale Elettronica Srl (Faenza); F.lli Pollini Srl (Conselice); Qualità Test Srl (Ravenna); Torneria Meccanica Savini Domenico e Figli (Russi).

Premiere bolognese per Paolo Ravenna - Dopo 26 anni il maestro Paolo Olmi torna al Comunale di Bologna, il 27 aprile con un concerto e dal 10 al 19 maggio con “L’Italiana in Algeri” di Gioacchino Rossini, assieme ad un cast internazionale in cui spicca il talento cinese Yijie Shi. Nell’allestimento bolognese Olmi recupera la musica scritta da Rossini nel 1813. “Un aspetto di quest’opera che mi piace sottolineare - afferma il maestro - è il legame con il Risorgimento italiano. Rossini non sembra interessato all’Unità d’Italia, ma al personaggio di Isabella fa dire: ‘pensa alla Patria e intrepido il tuo dovere attendi! Vedi per tutta Italia rinascere gli esempi di ardir e di valor’. Un’affermazione fatta in un momento cruciale per la nazione”. Olmi è stato anche protagonista nei teatri romagnoli con Madama But-

Olmi

terflay (il 31 marzo al Rasi di Ravenna, il 3 e 4 aprile al Bonci di Cesena, il 5 aprile al Fabbri di Forlì). Assieme a giovani cantanti, il maestro ha raccontato l’opera, assieme all’esecuzione di alcune arie. (A.D.L.)


AD. ANTONELLA FREZZA

Via Romea, 58 / Ang. Via Garigliano RAVENNA tel. 0544 64265 www.arredareinsieme.net


Lugo Opera Festival Visioni barbariche al femminile Russi - La mostra Visioni barbariche, dedicata alla creatività artistica “al femminile” contemporanea, raccoglie le migliori espressioni della ricerca visiva presenti in ambito romagnolo e bolognese negli spazi della ex Chiesa in Albis (piazza Farini) e dell’ex Macello (via Godo vecchia 10). Qui sono esposti i lavori di Sergia Avveduti, Paola Babini, Rosetta Berardi, Pinuccia Bernardi, Alessandra Bonoli, Claudia Botta, Dusciana Bravura, Giovanna Caimmi, Maria Pia Campagna, Manuela Candini, Mirta Carroli, Barbara Ceciliato, Ilaria Ciardi, Angela Corelli, Franca Faedi, Marina Gasperini, Samantha Holmes, Katia Kuo, Franca Minardi, Rossella Piergallini, Mirella Saluzzo, Betty Zanelli. La mostra è aperta fino al 20 aprile, mercoledì, giovedì e venerdì dalle 16 alle 18; sabato, domenica e festivi dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 19. (A.S)

Una serata per Tonino

Lugo - Nel 250° anniversario della fondazione, il Teatro Rossini ospita fino al 16 maggio il Lugo Opera Festival 2012. In programma dieci appuntamenti musicali di ispirazione operistica: il 30 marzo Jakob Lenz presenta l’opera da camera del compositore tedesco Wolfgang Rihm; l’11 aprile concerto dei vincitori del Concorso Lirico Internazionale “Salice d’Oro”. Il 15 aprile è la volta dell’opera pop AL – Artificial Light, il 16 aprile va invece in scena la Sinfonia n. 4 in sol maggiore per soprano e orchestra di Gustav Mahler, con l’Ensemble della Filarmonica Toscanini. L’8 maggio concerto del pianista polacco Krystian Zimerman su musiche di Debussy, il 10 maggio arrivano invece le sorelle pianiste Katia e Marielle Labèque (nella foto) per il concerto in prima italiana “50 Years of Minimalism / MIX 3”, affiancate da una band. Il 16 maggio prima assoluta di Vite, la

nuova opera del compositore Fabrizio Festa su libretto del ravennate Eugenio Baroncelli. Completano il Lugo Opera Festival 2012 tre “Concerti in luoghi sacri”: domenica 25 marzo nella chiesa del Carmine recital di Fabio Nava all’organo Callido del 1797, il 1° aprile (ore 17) all’Oratorio di Passogatto di Lugo l’Ensemble Malerbi, e il 15 aprile (ore 11) nella chiesa del Suffragio concerto di Marta Misztal all’organo Rasori. Info: 0545 38542 www.teatrorossini.it (A.S.)

Welcome Day per Confindustria

Cervia - Più volte ospite dell’evento “Cervia, la spiaggia ama il libro”, Tonino Guerra lascia un ricordo vivo e affettuoso in quanto lo hanno conosciuto e apprezzato. “Ogni presentazione di un suo libro – ricorda Terenzio Medri – si trasformava in un momento di vera poesia”. Il poeta santarcangiolese, scomparso lo scorso 21 marzo, è stato anche protagonista dello “Sbarco degli autori” il giorno di Ferragosto (nella foto), e sono molti i momenti di poesia e di leggerezza che il poeta ha saputo portare nella manifestazione. Nel corso dell’edizione 2012 di “Cervia, la spiaggia ama il libro” è in programma una serata speciale a lui dedicata.

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Ravenna - Sono 56 le aziende che nel 2011 hanno scelto di aderire a Confindustria Ravenna. Ad oggi l’associazione rappresenta 800 realtà imprenditoriali del territorio, di ogni dimensione e settore, che danno lavoro a circa 24 mila dipendenti. Per

quanto riguarda la composizione settoriale, i nuovi associati sono prevalentemente appartenenti al comparto della salute (oltre il 20%) e della comunicazione. Il benvenuto ai nuovi associati è stato dato a fine febbraio, con un ricco Welcome Day (nella foto).



Coordinamento dei Consorzi Energia Ravenna - Costituito nella sede faentina di Confindustria Ravenna il Coordinamento dei Consorzi Energia, soggetto confindustriale finalizzato a coordinare le esigenze delle realtà aderenti e delle imprese consorziate e a promuovere attività formative per accrescere la professionalità dei responsabili e degli operatori dei consorzi stessi. Il Coordinamento nasce grazie all’accordo tra undici realtà: Consorzio Utilities Ravenna, Consorzio Fucino Energia, Consorzio Renergy, Romagna Energia, Consorzio Assoutility, Consorzio Bolognese Energia Galvani, Consorzio Energia Assindustria Vicenza, Consorzio Friuli Energia, Confindustria Energia Adriatica, Consorzio Toscana Energia, Consorzio Apuania Energia. A presiederlo è stato nominato Massimo Protti, Vice Presidente di Assoutility e Presidente del Tavolo della domanda Energia di Confindustria.

Premio Confesercenti a Yuri Ancarani

Ravenna - Premio Confesercenti 2011 consegnato al regista e videoartista Yuri Ancarani dal presidente provinciale Roberto Manzoni (con lui nella foto), come riconoscimento per i successi professionali raggiunti. Ancarani, ravennate, ha partecipato alla Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia ed ha bissato il successo dello scorso anno con il film pluripremiato “Il capo”. Il regista vive a Milano, dove è docente di video arte, ma è spesso anche all’estero. L’ultimo suo lavoro valorizza anche una struttura d’eccellenza del territorio come è la Camera del Centro Iperbarico di Ravenna.

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Di Marco nuovo presidente dell’ Autorità Portuale Ravenna - Galliano Di Marco (a sinistra nella foto) è il nuovo presidente dell’Attività Portuale di Ravenna.

L’ufficiale investitura è avvenuta il 2 marzo nella sede della Capitaneria di Porto Corsini, alla presenza del Capitano di Vascello Francesco Saverio Ferrara, direttore marittimo della Regione Emilia-Romagna e Comandante del Porto di Ravenna. Ferrara ha rivolto a Di Marco il saluto degli uomini della Guardia Costiera, provvedendo alla formale notifica del Decreto Ministeriale di nomina nei confronti del neo-presidente Di Marco, così come disposto dal Decreto di designazione firmato dal Ministro delle Infrastrutture e Trasporti Corrado Passera.

Nuova luce sul museo Civico Cotignola - Terminati gli interventi per la valorizzazione del museo civico “Luigi Varoli”, con un nuovo sistema di illuminazione, la messa in sicurezza di alcune sculture con nuove teche e il restauro di alcuni pezzi custoditi nei magazzini comunali. Casa Varoli è tornata così ad essere una vera e propria appendice del museo, con un nuovo allestimento degli oggetti e di opere appartenute o realizzate

Varoli

dal pittore cotignolese. A Palazzo Sforza è inoltre allestita una nuova sezione del museo che si inaugura il 10 aprile, dedicata all’eroica vicenda che coinvolse la città di Cotignola durante il periodo bellico tra il 1943 e il ‘45, quando venne data ospitalità, protezione e accoglienza ad ebrei in fuga, un’opera di solidarietà in cui si distinsero i “giusti” Vittorio Zanzi e Luigi Varoli. (A.S.)


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Il centenario di Milano Marittima

Milano - presentato lo scorso 1° marzo a Milano il ricco calendario di appuntamenti per le celebrazioni del Centenario di Milano Marittima, cittadina balneare fondata da un gruppo di milanesi guidati dal pittore Giuseppe Palanti il 14 agosto 1912. Si rinnova così il forte legame tra Milano e la città adriatica: la conferenza di presentazione, tenuta all’Urban Center della Galleria Vittorio Emanuele II, si è svolta alla presenza del sindaco di Milano Giuliano Pisapia, del sindaco di Cervia Roberto Zoffoli, dell’Assessore al Turismo della Regione Emilia Romagna Maurizio Melucci e dell’Assessore al turismo e marketing territoriale del Comune di Milano Franco D’Alfonso. Milano ha ospitato in marzo una serie di eventi organizzati dal Comune di Cervia, affiancati da mostre fotografiche, concerti e incontri.

Body Butterfly, il corpo è arte Faenza - Sei artiste rappresentano il corpo in un viaggio rivelatore dell’anima tra scultura, arti visive, installazioni e fotografia. Il corpo ritratto come materia in movimento è il leit motiv di “Body Butterfly”, ciclo di sei appuntamenti dedicati all’arte, ospitati da febbraio a luglio nella suggestiva cornice del Cottage & Spa di Villa Abbondanzi (via Emilia Ponente 23, Faenza). Ad aprire la rassegna in marzo è stata Maria Chiara Zarabini con “Brevi manu”, seguita da “Critica performativa” di Isabella Falbo. Dal 21 al 28 aprile è in mostra “Dietro il volto”, di Rosetta Berardi; Susanna Tarantino il 24 maggio porta a Villa Abbondanzi “Rosengarden”, body painting d’ispirazione floreale, il 21 giugno Fiorenza Pancino e Compagnia Iris presenteranno infine “Ceramicadanza”.

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Conti De Francesco,

festa dei sapori in

Ravenna - Romagna e Puglia s’incontrano in un tripudio di sapori alla Bottega Conti De Francesco, inaugurata il 17 marzo a Ravenna in via Salara 33/A. Titolari della succulenta gastronomia sono Alex Conti e Dario De Francesco: in questa accogliente bottega – arredata con materiali di riutilizzo opportunamente adattati – hanno riunito alcune delle specialità più gustose d’Italia, dai taralli di Cerignola al cioccolato di Modica, birre artigianali e al sale di Cervia, sottoli, vini biologici, confetture, liquori e tanto altro ancora. In programma alla Botte-

Le grandi ceramiche di Mimmo Faenza - Un viaggio sperimentale dentro la materia attraverso un centinaio di opere d’arte, tra cui inediti realizzati ad hoc per questa mostra. Così si preannuncia la grande mostra personale che il Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza dedica a Mimmo Palladino dal prossimo 25 maggio. Il percorso espositivo si snoderà lungo gli spazi museali con il coinvolgimento diretto ed immediato del visitatore: sculture di grandi dimensioni, installazioni complesse accanto a produzioni minori, a testimonianza della colta e poliedrica

Bottega

ga Conti De Francesco ci sono anche eventi di vario genere, dalle mostre fotografiche alla presentazione di libri, con aperitivi e degustazioni a tema organizzati nel locale. Un connubio tra gastronomia e cultura evidenziato dalla vetrina inaugurale, con pellicole cinematografiche che riprendono brani di film dedicati al cibo. La Bottega è aperta tutti i giorni dalle 9,30 alle 13,30 e dalle 15,30 alle 20,00, venerdì e sabato fino alle 24,00. L’apertura domenicale è dalle ore 10,30 alle 13,30 e dalle 16,30 alle 19,30. www.bottegacontidefrancesco.com

Paladino personalità dell’artista. La mostra pone l’accento sul linguaggio dell’artista campano in un susseguirsi di segni, simboli e rimandi all’epos. www.micfaenza.org


Tenuta Pertinello Primavera in vetrina da Overlander Ravenna - I colori della primavera sbocciano sulla vetrina di Overlander, negozio di punta per l’abbigliamento sportivo e da viaggio. Gestito da Gian Primo Tardozzi e Maria Grazia Baccarini, Overlander dal settembre scorso è nella nuova sede di via Diaz 22. Disponibili i capi e gli accessori delle migliori marche del settore, come Columbia, The North Face, Helly Hansen, Patagonia, Zerorh+, Aigle, Mico, Fly3 e Merrell.

Il piacere della scelta La Luna

Grappa di uve Sangiovese Profumo complesso, etereo, bocca morbida, persistente, molto elegante.

Il Passito

Da uve stramature di Albana Profumo di agrumi e frutta bianca, palato che fonde densità, intensità e vivezza sapida.

Il Bosco

Ravenna 33, nuovo Centro

medico

Ravenna - Nuovo centro medico sanitario polifunzionale a Ravenna in via S. Bini 1, affacciato sul viale Allende, specializzato in riabilitazione fisica intesa nel senso più ampio del termine. È Ravenna 33, moderno centro diretto da Massimo Cirilli con percorsi dedicati e dotazioni all’avanguardia per affrontare patologie come ipertensione, sovrappeso e obesità, patologie cardiovascolari, diabete, osteoartrite, incontinenza. Il centro è dotato di due piscine per attività di mantenimento e riabilitativa; in collaborazione con Technogym saranno anche installate in anteprima innovative attrezzature medico-scientifiche. Previsti inoltre corsi di aggiornamento e iniziative congiunte con Technogym, sui temi della salute e della riabilitazione.

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Essere | Flavio Caroli

Il cercatore di

Bellezza

testo Antonio Graziani - foto Lidia Bagnara

L’arte alla portata di tutti, raccontata da Flavio Caroli. Capace di scovare particolari sconosciuti tra le pieghe dei capolavori di ogni epoca. E di emozionare il pubblico con le sue stesse emozioni.



A fianco, Flavio Caroli al Centro Relazioni Culturali di Ravenna, dove ha recentemente presentato due suoi libri. In apertura e sotto, fotografato nella sua casa milanese.

Quanto si diverte a partecipare alla trasmissione di Fabio Fazio “Che tempo che fa”? “Mi diverto sì. È piacevole l’ambiente, com’è piacevole quella scarichetta di adrenalina che provo nel parlare di arte davanti alle telecamere”. È evidente, non ci sarebbe bisogno di annunziarlo, che la mia domanda è rivolta a Flavio Caroli, lo storico dell’arte che incanta i telespettatori nella rubrica televisiva della terza rete Rai, nel raccon-

tare le storie dei pittori e le loro vicende artistiche e personali. Caroli è soddisfatto dell’accoglienza della sua rubrica. “Lo share in continuo aumento e il pubblico che cresce, sono la prova che la gente s’interessa sempre più all’arte. E questo mi fa molto piacere”. Ho incontrato Flavio Caroli a Ravenna, nella sede del Centro Relazioni Culturali, in occasione della presentazione di due suoi libri: “La storia dell’arte” e “Storia della fisiognomica. Arte e psicologia da Leonardo a Freud”. È abbastanza singolare com’è scoccata in Caroli la scintilla dell’amore per l’arte.

“Avrò avuto dieci anni. Il mio compagno di banco mi fece vedere ‘I pesci rossi’ di Matisse. Davanti a questa immagine provai una cosa stranissima, molto simile al primo orgasmo di bambino. E da quel momento lì, fu fatta. Con il passare del tempo mi sono sempre più incuriosito guardando le immagini e la mia attenzione è andata crescendo nei confronti delle figure dei quadri che passavano man mano sotto i miei occhi”. Caroli ha una grande capacità nel

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fare capire l’arte anche a chi è digiuno di pittura. Da dove gli deriva questo dono?

“Non so proprio dove abbia origine questa facilità di espressione. Credo sia dovuta al fatto di possedere un’innata disposizione a trasmettere agli altri giudizi e concetti che provo io stesso. Cioè riuscire a creare in chi mi ascolta le tensioni che hanno prima colpito me stesso”. Le sue numerose pubblicazioni (anche per l’autore non è facile indicare un numero esatto, “dovrebbero essere tra i trenta e i quaranta...”), fanno capire che Caroli possiede un grande fiuto nello scoprire episodi, aneddoti, vicende e avventure sconosciute. Come spiega queste qualità?


Lo storico dell’arte ce l’ha un’interpretazione: “Per quanto riguarda le peculiarità di trovare sempre cose nuove e di reperire il tempo per scoprirle, Guicciardini diceva che quando uno ha le idee chiare su quello che vuole fare ‘il tempo gli comparisce mirabilmente’, cioè se uno non perde tempo, c’è tempo per tutto”. Flavio Caroli è nato nel 1945 nella frazione di Mezzano di Ravenna, che si appoggia alla riva destra del fiume Lamone ed è attraversata dalla statale 16 Adriatica, che lì chiamano “la Reale”. Da anni ha allentato i collegamenti con il suo paese nativo. “Ho vissuto a Mezzano fino ai 18 anni. Poi, frequentando l’università a Bologna, ho fatto come tutti gli studenti, l’andirivieni con il capoluogo regionale. Dopo la morte di mio padre nel 1990 e di mia zia nel 2007 ho perso molti contatti, ma il legame non si è mai sciolto”. Ha frequentato il liceo a Ravenna. “Ero uno studente un po’ cialtrone. Ma all’esame di maturità, nel 1963, ho vinto la medaglia d’oro come migliore diplomato del liceo classico Dante Alighieri di Ravenna. La mia strada è stata segnata anche dai voti della maturità: 10


in Storia dell’arte e 9 in Italiano. Quindi ero già fottuto”. Si è, infatti, iscritto all’Università di Bologna e si è laureato in Storia dell’arte. Caroli, nato in Romagna e trapiantato a Milano, giudica i romagnoli “generalmente intelligenti. Poi ci sono i melanconici e i ‘pataca’, per usare un termine molto usato in Romagna, personaggi dalle molte sfumature”. “I ravennati sono velocissimi in macchina. Io possiedo una casa fra Cremona, Mantova e Parma. Li vanno ai venti l’ora. Qui sanno guidare, diciamo la verità. Personalmente mi ritengo bizantino e non romagnolo. L’aggettivo ra-

vennate-bizantino mi piace molto, meno quello di romagnolo. Voglio precisare che si chiamavano romagnoli quelli che stavano con Roma, proprio perché si contrapponevano agli esarcali, cioè i bizantini. Romagnola era la fascia intorno a Ravenna che comprendeva anche Ferrara, quella era la Romagna.

Chi è Flavio Caroli Flavio Caroli è nato nel 1945 a Ravenna. Si è laureato in Lettere presso l’Università di Bologna e in questo Ateneo, dopo la specializzazione in Storia dell’Arte, ha iniziato la carriera accademica, che lo ha portato al Politecnico di Milano quale professore associato e quindi all’Università di Salerno e a quella di Firenze. È oggi ordinario di Storia dell’Arte Moderna alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano e tiene un corso della stessa materia presso lo IULM. Ha dedicato trent’anni di lavoro, in particolare, all’indagine della linea introspettiva dell’arte occidentale, con l’organizzazione di numerose mostre in Italia e all’estero e con la pubblicazione di numerosi volumi. Dal 1997 è responsabile scientifico per le attività espositive di Palazzo Reale a Milano, per il quale ha curato in prima persona le mostre “L’ Anima e il Volto”, “Natura Morta Lombarda”, “Il Cinquecento Lombardo”, “Dalla Scapigliatura al Futurismo”, “Il Gran Teatro del mondo: l’Anima e il Volto del Settecento”. Ha collaborato con diverse testate giornalistiche - tra cui il Corriere della Sera e il Sole24Ore - e con numerose riviste di storia dell’arte italiane e straniere. È stato insignito di importanti riconoscimenti, tra cui si ricordano il Premio Campione (1978), il Premio Oplonti (1983), il Premio Guidarello (1993), il Premio Europeo “Lorenzo il Magnifico” (1999).

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Ravenna era invece bizantina. Io sono ravennate, quindi bizantino”. È positivo il parere di Caroli sulla pittura romagnola di un tempo. “Bei

periodi sono quelli del primo Cinquecento: soprattutto quello degli Zaganelli, che a me piacciono di più, e dell’inizio dell’Ottocento, dell’epoca neoclassica. Poi l’arte romagnola ha nuotato nella normalità”. Dei pittori recenti ha un bel ricordo di Ruffini, morto lo scorso anno. “Quando ero bambino, avrò avuto dieci anni, venne a casa mia a restaurare una crepa nello specchio. Ho seguito la sua pittura anche quando sono andato via da Mezzano. È quello che stimo di più tra i suoi contemporanei”. Caroli ha scritto molti libri. La spiegazione la dà lo stesso storico dell’arte. “Io cerco di completare l’affresco, e sono già molto avanti, che ho concepito quaranta e più anni fa”. Torna in Romagna saltuariamente, in prevalenza per presentare i suoi libri. “Qua non ho più nessuno, dopo la morte di mio padre e di mia zia. Ma ho ancora molti amici e compagni di scuola”. Meglio vivere a Milano o a Ravenna?

La risposta non ha tentennamenti: “Sono due situazioni completamente diverse. Milano è la newyorkina italiana. Ravenna ha una sua dimensione di città statica, bizantina, fuori dal mondo, con le sue piacevolezze e i suoi problemi”. Non dimentica però i mosaici. “Sono sublimi. Ne parlo molto dei mosaici ravennati in quel libro che s’intitola ‘Arte d’Oriente Arte d’Occidente’, del quale è in uscita la ristampa”. IN




Progettare | Alberto Cassani

La cultura del

mettersi in

Gioco

testo Claudia Graziani - foto Massimo Fiorentini

Una candidatura forte, da sostenere insieme. Per lanciare il rinnovamento della città. Parola di Alberto Cassani, coordinatore dello staff impegnato per fare di Ravenna la Capitale Europea della Cultura 2019.

“Una sfida appassionante, una grande opportunità per costruire il nostro futuro e darci una prospettiva di crescita”. Semplicemente questo il pensiero di Alberto Cassani sulla candidatura di Ravenna Capitale Europea della Cultura per il 2019. Cassani è il coordinatore

dello staff impegnato in azioni di indirizzo e organizzazione delle attività propedeutiche a questo progetto. Anche se semplice non è, visto il percorso da fare, il piano di lavoro da preparare, le idee da condividere, il coinvolgimento da sviluppare, le voci da considerare, le persone da convincere e, non ultimo, i fondi da reperire. Ma perché ragionare sempre sulle complicazioni, con la consueta scettica propensione dei ravennati e non lasciarsi travolgere dall’entusiasmo proprio per produrre un cambiamento? Perché non provare a sentirsi coinvolti direttamente e dare il proprio contributo, invece che restare in disparte per poi

dichiarare il proprio dissenso? Naturalmente lo staff, il comitato artistico organizzativo e il comitato promotore avranno il dovere di ascoltare tutti e dare conto dei sì e dei no ai progetti e alle idee presentate, sia da chi da tempo è impegnato nell’ambito culturale sia da chi vi si affaccia per la prima volta proprio perché questo evento ne ha stimolato l’interesse. Alberto Cassani ne risponde personalmente e nel valutare le cose che Ravenna già possiede per essere una Capitale europea della cultura e quelle che è meglio superare non ha dubbi: “Dobbiamo essere

novazione, al dialogo più intenso e

capaci di metterci in gioco, capaci di

coraggioso con la contemporaneità.

rischiare. Non difendere equilibri

Bisogna ritrovare insieme una spinta più forte alla partecipazione, alla cooperazione e alla collaborazione. Occorre una mentalità più aperta nei confronti della diversità culturale, dell’altro e dell’Europa. La cultura è lo strumento per fare di più ed ottenere questi risultati. Naturalmente occorre anche un

consolidati, superare conservatorismi che ci portiamo dietro e che fanno parte un po’ dell’identità ravennate. Fondamentale è il contributo dei più giovani, che non devono difendere lo status quo e possono essere stimolati a rischiare di più. Ci sono a Ravenna risorse

intellettuali, energie creative che vanno liberate senza remore. Ravenna ha molti ingredienti validi per questa candidatura, deve però aumentare le dosi di alcuni di essi.

È una delle città d’arte e cultura più importanti d’Italia. Ha un sistema culturale ricco e articolato che sta reggendo in questi tempi di crisi. Ha un tessuto economico molto vario e impegnato a fronteggiare una fase di estrema difficoltà e che può farcela limitando i danni. Sono prerequisiti rispetto alla sfida della candidatura, ma servono anche più propensione all’in-

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sistema infrastrutturale più efficiente. Se siamo consapevoli di tutto questo la sfida l’abbiamo già vinta, perché, come diciamo dall’inizio, il percorso vale tanto quanto il traguardo finale. Se saremo stati bravi ed intelligenti avremo messo in moto meccanismi virtuosi per progettare il nostro futuro e, forse, anche costruire una nuova classe dirigente. Tra un anno e mezzo dovremo presentare il dossier ufficiale di candidatura. Quel documento conterrà le idee sulla Ravenna del futuro. Compito degli amministratori sarà quello di realizzarle tutte o in parte, a seconda dell’esito della competizione”. È questo il concetto importante: essere consapevoli che attraverso questa candidatura Ravenna avrà la grande opportunità di rinnovarsi culturalmente e strutturalmente. E proprio in riferimento a quest’ultimo ambito inevitabilmente si pensa alla Darsena di città. Su quest’a-

rea si è arrivati al momento della verità. Quando mai si ripresenterà un’occasione migliore per realizzare effettivamente un progetto di riqualificazione così importante? Se non lo si farà ora forse non lo si realizzerà mai. Per questo Cassani è consapevole che la Darsena può giocare un ruolo importante:

ne. Lo dico anche considerando i casi di altre città diventate capitali europee della cultura come Liverpool e la Ruhr che, pur nella loro diversità, avevano estese aree da riqualificare. Noi, naturalmente, cercheremo di fare delle proposte forti e innovative in sede di presentazione della candidatura”.

Il ruolo chiave della Darsena “Può essere la nostra carta vincente perché è una opportunità che abbiamo solo noi fra le altre città candidate. Uno spazio amplissimo, tutto da ripensare, in una zona strategica, cerniera tra centro storico

e mare, con edifici di archeologia industriale interessanti. Ci offre davvero la possibilità di vincere. Se saremo in grado di formulare un progetto coraggioso e suggestivo potrà convincere la commissio-

In quel documento di cui parla Cassani saranno presentate anche alcune idee che potranno emergere dall’Open Call, lo strumento attraverso il quale dall’1 marzo al 31 ottobre prossimo si raccolgono i progetti formulati da cittadini e associazioni. “È una modalità che permette di allargare la consapevolezza delle persone nei confronti della candidatura e, soprattutto, di favorire la partecipazione di chiun-

A fianco e nella pagina seguente, immagini della Darsena di città, in attesa di riqualificazione. In apertura, Alberto Cassani.

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que abbia idee da proporre. L’invito è ad avanzarle senza alcuna remora, è un occasione da sfruttare, dopo di che neanche i più scettici potranno lamentare che non gli è stata data l’opportunità di esprimersi. L’auspicio è ovviamente che la partecipazione sia alta e che produca idee interessanti”. Ravenna dovrà vedersela con altre città italiane, in primis Matera, Siena, Venezia-Nordest, Perugia-Assisi, probabilmente insieme a mol-

te altre, ma è indubbio che nella preparazione delle candidatura è quella che sta bruciando le tappe e le avversarie ne sono consape-

voli. E, come in una qualunque gara, che si rispetti si studiano le tattiche migliori per sorprendere gli avversarsi. Ad aprile ci sarà un incontro, proprio a Ravenna, con le candidate. Un modo per con-

frontarsi e, perché no, scoraggiare le avversarie, ma soprattutto per iniziare a stimolare l’inserimento nell’agenda politica nazionale del tema della Capitale Europea della Cultura. Un’opportunità che ha l’Italia nel 2019, perché una città italiana avrà questo titolo con tutto ciò che comporta: investimenti e sicuramente un 15-20% in più di flusso turistico. Per ora le risorse

Il bello di essere capitale Capitale europea della cultura. Titolo ideato nel 1985 per avvicinare i popoli europei attraverso la valorizzazione della cultura per migliorare la conoscenza che i cittadini hanno gli uni degli altri, favorendo il senso di appartenenza a una medesima comunità. Ad assegnare il titolo, che ha validità annuale, è il Consiglio dei Ministri dell’Unione. Dal 2011 ogni anno vengono selezionate due città appartenenti a due Paesi europei: il turno dell’Italia sarà nel 2019 insieme alla Bulgaria. Alla fine del 2012 sarà pubblicato un bando nazionale e le candidature delle città interessate verranno esaminate da una commissione formata da 13 membri: sei esperti italiani e sette nominati dalle istituzioni europee. Nel 2014 avverrà la scelta e il Consiglio dei Ministri dell’Unione designerà ufficialmente la città che porterà il titolo per l’Italia per il 2019. www.ravenna2019.eu

economiche sono territoriali, in parte comunali e in parte di soggetti privati. La vittoria garantirà fondi regionali, nazionali ed europei. Il cammino è ancora lungo, ma fin dall’inizio è accaduta una cosa che Cassani definisce “assolutamente inedita” e cioè la stretta collaborazione con le altre città della Romagna che hanno deciso di sostenere la candidatura. Una si-

nergia che, considerata la storia, stupisce, ma che certamente potrà valorizzare tutto il sistema culturale romagnolo. Un esempio sono le “Prove tecniche”, un calendario di eventi fino a luglio che coinvolge Ravenna, Rimini, Forlì, Cesena, Faenza e la Bassa Romagna. È il primo, poi ne verranno realizzati altri, almeno fino alla fine del 2013. Cassani è certo della positività della candidatura: “È una sfida che non può non appassionare. Tutti hanno qualcosa da guadagnare e niente da perdere da questo progetto. Affrontiamolo a viso aperto e con grande passione. Non ha controindicazioni. Lasciamoci contagiare dall’entusiasmo”. IN

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Pedalare | Ravenna in bicicletta

Tutti in

Sella

testo Roberta Bezzi - foto Massimo Fiorentini

Dalla mountain bike alla bici su strada, con l’arrivo della bella stagione i ravennati inforcano la bicicletta. E la passione per il pedale contagia tutti, ingegneri e professori, ex atleti e imprenditori.

Con l’arrivo della primavera, la passione che da sempre lega i ravennati alla bicicletta esplode. Che sia sulle piste ciclabili o in pineta, in pianura o sui colli, sono tante le persone che approfittano del bel tempo per mettersi in sella da soli o con amici. Così come numerose sono le iniziative, sia di tipo dilettantistico sia di tipo culturale, ispirate all’amore per la due ruote senza motore. L’ingegnere Federico Balatroni ha iniziato negli anni Novanta facendo anche gare a livello romagnolo di mountain bike, poi si è concesso una breve pausa. Dopo un infortunio ai legamenti crociati ha ripreso nel 2007 passando alla bici da strada. “La passione è divenuta ancora più sfrenata”, racconta. “In genere faccio tre uscite a settimana che, in estate, diventano anche cinque, lavoro e famiglia permettendo. Sono abbastanza solitario anche in virtù dei miei orari particolari, ma nei fine settimana mi ‘intruppo’ con altri gruppi per fare il tragitto classico Ravenna-Bertinoro e poi da lì lun-

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go le colline forlivesi e cesenati”. Di chilometri ne macina parecchi: circa 70/80 fra settimana, ma anche 120 il sabato e la domenica. Anche l’ imprenditore fieristico Fabio Ustignani, dopo aver provato un po’ tutti gli sport è stato conquistato dalla bici. Da ottobre a marzo utilizza solo la mountain bike, mentre in primavera ed estate non disdegna quella da strada, da usare tre o quattro volte a settimana. “Preferisco i percorsi in mountain bike – dice - più divertenti e meno ripetitivi, oltre al fatto che consentono di stare in stretto contatto con la natura. Conosco tutti i boschi nell’arco appenninico di Cesena e Bologna e mi piace partecipare, in modo goliardico, ai raduni che si tengono la domenica a Modigliana, Casola Valsenio, Brisighella, Palazzuolo e Marradi, facendo anche

da guida capogruppo. Mi è capitato di andare in Valle d’Aosta, nel Grand Kenyon in Nevada alle porte di Las Vegas, di fare la traversata del Monte Rosa, ma reputo che i nostri Appennini non abbiamo


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nulla da invidiare”. La prossima estate lo aspetta la traversata ItaliaAustria, percorso sopra i 2.500 metri con partenza da Dobbiaco. Poi c’è un professore del liceo classico di Ravenna un po’ speciale, Stefano Tramonti, che ha ereditato dalla

nonna e dal padre l’istinto per la bici e che sta cercando di trasmetterlo, in collaborazione con alcuni colleghi, anche ai propri studenti. “L’anno scorso - spiega il professore, che nel 2011 ha ‘macinato’ ben 6mila chilometri -, nell’ambito delle celebrazioni del 150° dell’Unità d’Italia abbiamo organizzato con i ragazzi un percorso di 65 chilometri attraverso i luoghi garibaldini, toccando Mandriole, Sant’Alberto, le valli di Comacchio e i lidi ravennati. Durante l’anno promuoviamo anche tour di mezza giornata, di

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circa 30 chilometri, come quello alla Villa Romana di Russi”. Ma la vera novità è la gita scolastica in programma dal 2 al 4 maggio, che prevede un percorso sulla pista ciclabile della Valsugana, da Bassano del Grappa al Lago di Caldonazzo, per far scoprire ai ragazzi i ‘monumenti’ della natura, oltre a quelli dell’uomo. La bici non è però solo tempo libero, per alcuni è diventata un’attività professionale. Come è capitato a Luciano Sambi, ex atleta professionista negli anni Sessanta con la maglia rosso-verde della

Legnano, conquistata correndo al fianco di campioni del calibro di Nencini, Anquetil, Adorni. Nel 1960 ha aperto la prima attività che oggi, dopo 42 anni, serve ancora i clienti con la proverbiale pazienza e cortesia, aiutato dai figli Susi e

Da sinistra, Federico Balatroni, Fabio Ustignani e Stefano Tramonti.



Sopra, il team cicloturistico della Casa del Ciclo Sambi; a destra Claudio Brusi di Freewheeling.

Christian e dalla moglie Ida, tutti appassionati di bici. La Casa del Ciclo Sambi, raccogliendo le esigenze dei numerosi frequentatori del negozio, ha dato vita ad un proprio team cicloturistico, organizzando percorsi e gare di mountain bike ma anche ciclo raduni. Tra questi, il più importante, si tiene nel mese di maggio: l’anno scorso ha riunito cinquecento partecipanti, provenienti anche da Cervia e Forlì. Anche dietro la nascita dell’azienda di biciclette Freewheeling, avvenuta nel 1986, c’è un lungo percorso nel settore da parte di

Da Ravenna a Cervia in bici in sicurezza Due le novità in materia di bici. La prima riguarda l’inaugurazione ufficiale, il 31 marzo, della nuova pista ciclabile Ravenna-Cervia che si estende per circa diciotto chilometri, con i due “Bike Sharing” in cui noleggiare le bici alle stazioni ferroviarie di entrambe le località. Per migliorarne la fruibilità e visibilità sono stati installati lungo i tratti di andata e ritorno appositi cartelli, punto di riferimento indispensabile per chi non conosce i luoghi. Il progetto è stato ultimato grazie a circa 10mila euro di fondi europei, erogati nell’ambito del programma Central Europe. La seconda novità riguarda il kit base di targatura “Bici Sicura” con il sistema Easy Tag, che contiene un’etichetta da applicare sulla bici quale codice identificativo, utile per poter rintracciare il proprietario in caso di ritrovamento del mezzo a seguito di furto. Numerosi i rivenditori hanno già aderito alla campagna.

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Claudio Brusi il quale, dopo aver

vinto nel 1982 ai campionati italiani dei bancari, ha avuto l’idea, insieme alla moglie Liliana Raimondi, di organizzare manifestazioni ciclistiche, divenendo pioniere in Italia con il lancio della Bmx. “Abbiamo iniziato con la mountain bike - racconta Brusi - quando ancora nessuna sapeva cosa fosse. Freewheeling è stata una scommessa vinta: credere nelle forcelle ammortizzate quando non esistevano e sviluppare, in accordo con Doug Bradbury, il lancio mondiale di questo prodotto. Le biciclette sono il nostro fiore all’occhiello: vendiamo biciclette mountain e strada sia di marchi leader sia di nostra produzione, con il marchio Frw bicycles nato nel 2003”. Atleti di alto livello come Hubert Pallhuber, campione del mondo di mountain bike e attuale commissario tecnico della nazionale, sono testatori Frw. Il sogno di Brusi è distribuire le sue bici in tutto il mondo, e vedere la figlia prendere le redini dell’azienda in futuro. IN


Perchè abbiamo imparato che tre pollici in più possono fare la differenza, e quella differenza noi la sentiamo. “We are Riders” perchè ora che le regole sono state rotte sappiamo di non avere più scuse: il limite ora lo poniamo noi.

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CELESTE ComE iL marE Bisanzio Beach, la casa dei sogni a lido adriano

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Avere una casa a due passi dal mare è un sogno che diventa realtà a Lido Adriano. Una soluzione ideale è il complesso “Turchese” che comprende un insieme di appartamenti e villette di varie tipologie e metrature, in prima linea mare, curate in ogni minimo dettaglio, disponibili anche arredate. L’intervento, ultimato lo scorso anno nel lato sud della

località noto come “Brocca residenziale”, è stato realizzato dalla Bisanzio Beach che ha molto contribuito sia allo sviluppo residenziale sin dalle origini negli anni Sessanta, sia alla promozione della località diventata già da diversi anni meta preferita di noti calciatori. Come l’ex portiere del Milan Christian Abbiati, che ha acquistato una casa in cui da anni tra-


Una stagione di sport ed evenconcezione, con una meravigliosa vista panoscorre le sue vacanze in famiglia, innamorato ti organizzati con A.C. Milan e ramica e immersa su un’oasi naturale unica, di quest’area selvaggia dove domina ancora il Pineta di Milano Marittima con ampio terrazzo, bar e ristorante. Della la natura. Prima località per presenza di rinnovata gestione si occupa anche Abbiati, turisti stranieri, è oggi il più moderno che ha deciso di tuffarsi in una nuova avventura imprendicentro della costa ravennate dove si è sviluppato in modo toriale, coinvolto dall’amico Luca Barbarito. I punti di forza importante il soggiorno turistico in appartamento. “Comprar della prossima stagione saranno, oltre all’ambiente incontacasa a Lido Adriano è un investimento sicuro e redditizio nel minato e selvaggio, lo sport con i campi da beach volley tempo”, afferma Marisa, da anni responsabile alla Bisanzio e racchettoni e feste ed eventi da vivere al tramonto, in Beach. “Molte famiglie, anche provenienti da fuori regione, collaborazione con il marketing di A.C. Milan e con il Pineta hanno acquistato da noi la seconda casa. Malgrado i tempi by Visionnaire di Milano Marittima. Prosegue dunque l’opedi crisi il livello della clientela è migliorato, e questo ci offre razione di ringiovanimento e restyling di Lido Adriano a cui la i giusti stimoli per proseguire nella nostra attività”. Ottima la Bisanzio Beach ha dato un forte contributo, in quanto artefiposizione del complesso “Turchese”, con abitazioni di fronce del nuovo volto di Lido Adriano, fatto di belle case, te a moderni ed attrezzati stabilimenti balneari. Tra questi locali, centri commerciali e stabilimenti balneari, in si distingue il nuovo Cala Celeste, realizzata su area grado di attrarre da sempre tanti turisti. privata, una costruzione elegante ed esclusiva di moderna

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Ricordare | La Battaglia di Ravenna

La prima guerra dell’

Era moderna

testo Andrea Casadio - foto Massimo Fiorentini

È l’11 aprile 1512. Tra San Bartolo e Madonna dell’Albero si scatena una terribile battaglia tra le truppe francesi e spagnole, seguita da un devastante saccheggio. Cronaca di una Pasqua di sangue, nella Ravenna di cinquecento anni fa.

Percorrendo la via Cella tra San Bartolo e Madonna dell’Albero è difficile oggi immaginare che quella zona di campagna fra le più piacevoli del circondario cittadino sia stata teatro, esattamente mezzo millennio fa, di una delle vicende più fosche della storia ravennate. Eppure, nell’aprile del 1512, le zolle dove oggi affondano le loro radici spighe e frutteti erano inzuppate del sangue di migliaia di cadaveri, la cui visione si allargava dagli spalti del Ronco per tutta la piana, dove l’orizzonte disegna i profili della basilica di Classe e della pineta. In questo luogo, la mattina dell’11 aprile 1512 (giorno di Pasqua), si erano dati appuntamento i contendenti dell’ennesimo episodio delle “guerre d’Italia”, il periodo di

sconvolgimenti politici e militari che spazzò con furia devastante la Penisola tra la fine del ‘400 e l’inizio del ‘500: da un lato, le truppe

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del regno di Francia e del ducato di Ferrara, sotto il comando di Gasto-

ne de Foix, il principe ventiduenne (nipote del re di Francia) emblema perfetto del fiero cavaliere medievale; dall’altro quelle spagnole e dello Stato pontificio, che da appena tre anni aveva acquisito la sovranità su Ravenna sottraendola alla repubblica di Venezia. Al termine di un lungo percorso iniziato in pieno inverno e che lo aveva portato a devastare ampie zone della pianura padana, l’esercito francese era giunto da pochi giorni sotto le mura della città, che aveva immediatamente preso d’assalto. Gli spagnoli, dal canto loro, accorrendo velocemente da sud sotto la guida del vicerè di Napoli Raimondo di Cardona, erano giunti nella località del “Molinaccio” (l’attuale San Bartolo), accampandosi all’interno di un grande campo trincerato allestito in gran fretta. A quel punto i francesi avevano immedia-

tamente interrotto l’assedio e si erano volti contro il nemico, per quello che si profilava ormai come lo scontro decisivo. La mattina del giorno di Pasqua, dunque, due enormi schiere di uomini armati (la stima non è agevole,

ma è nell’ordine di alcune decine di migliaia) si fronteggiavano nella piana fra il “Molinaccio” e “Vangaticcio”, l’attuale Madonna dell’Albero: gli ispano-pontifici asserragliati

nel loro accampamento dalla forma quadrangolare, con un lato accostato al fiume; i franco-ferraresi in una disposizione arcuata, che partiva pure dall’argine del fiume per abbracciare verso sud parte del campo nemico. Dopo un iniziale scambio reciproco di artiglieria, fu il duca di Ferrara Alfonso d’Este ad avere l’intuizione fondamentale per gli sviluppi della battaglia: spostare i suoi cannoni sul fianco dell’accampamento nemico, in una posizione dove quest’ultimo



era maggiormente vulnerabile. Era il primo esempio di “artiglieria mobile” della storia militare. Sottoposti al bombardamento incessante che ne massacrava le file (in particolare la cavalleria), gli spagnoli si buttarono infine all’assalto, in uno schianto con gli avversari che a un testimone oculare apparve tanto violento da far sembrare «che tuto il ciello et mondo roinasse». In un primo tempo le sorti dello scontro sembrarono volgere a favore degli spagnoli stessi; ma fu proprio il cedimento della cavalleria che portò infine il resto delle truppe ad essere accerchiato dalla controffensiva francese, costringendole ad abbandonare il campo e a ritirarsi verso Rimini. Il prosaico ma micidiale tuono del cannone, dunque, aveva avuto la meglio contro l’“onore” dei pennacchi e delle armature scintillanti della cavalleria. In questo

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configurarsi come, al contempo, l’ultima battaglia del Medioevo e la prima dell’età moderna, sta tutto il

significato storico della giornata di Ravenna. Tanto più simbolico, poi, perché fra le sue vittime ci fu anche lo stesso Gastone de Foix, ucciso da un gruppo di nemici mentre cercava di rincorrere il vicerè in fuga. Anche per questo, quella

città si presentava come una preda allettante, ancor più facile da conquistare perché una breccia aperta nelle mura accanto a porta San Mama già nel primo giorno dell’assedio l’aveva di fatto resa indifendibile contro nuovi assalti. E difatti, benché una rappresentanza dei ravennati trattasse la resa in cambio dell’incolumità, alla fine una fiu-

dei francesi si rivelò la più classi-

mana di soldati francesi e ferraresi

ca delle “vittorie di Pirro”. Privati

entrò appunto attraverso la brec-

del loro condottiero e fiaccati dalle perdite subìte, a loro non restò altro che abbandonare l’Italia dopo pochi mesi. Quella sera di Pasqua, però, l’ebbrezza per il trionfo mista alla rabbia per la perdita del loro principe aveva ispirato ai vittoriosi ben altre considerazioni. Messo in fuga l’esercito spagnolo (solo nella rocca Brancaleone era rinserrata impotente una piccola guarnigione), la

cia e dilagò per le strade. Le scene

che si svolsero quel 12 aprile 1512 nell’antica capitale erano le stesse che caratterizzavano drammaticamente tutte le circostanze consimili nelle vicende belliche dell’epoca. Gli edifici furono incendiati (non è raro, sfogliando documenti d’archivio degli anni immediatamente seguenti, incappare nell’indicazione di case “combuste” e “ruinate”), i cittadini torturati o rapiti in cam-


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A fianco, monumento funebre di Gastone De Foix, opera di Agostino Busti. Nella pagina precedente la battaglia di Ravenna rappresentata in un affresco di Giovanni Vasari a Palazzo Vecchio, Firenze. In apertura la Colonna dei Francesi, eretta nel 1557 a ricordo dell’evento bellico.

bio di riscatto, le donne soggette a stupri e violenze, neppure i conventi risparmiati. Il palazzo comunale venne danneggiato, l’archivio dato alle fiamme. Il Monte di Pietà fu saccheggiato, così come molte chiese, derubate di croci, reliquiari, pissidi d’argento. Fuori città, a Classe, venne devastato il monastero dei monaci Camaldolesi, che negli anni seguenti sarebbe stato trasferito all’interno delle mura, in quello che divenne in seguito il grande complesso monumentale della biblioteca Classense. In questo quadro di miserie e dolori, non mancarono neppure gli eventi miracolosi: il più celebre, quello della Madonna del Sudore, un’immagine mariana conservata in duomo che - si disse sudò sangue durante il saccheggio, diventando perciò oggetto di una fervida venerazione popolare. Anche se non abbiamo stime

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precise dei danni complessivi, il saccheggio del 1512 fu una pietra miliare nella storia di Ravenna, un

trauma collettivo destinato ad infiggersi nella memoria di generazioni e a marcare simbolicamente l’inizio della lunga epoca della decadenza “pontificia” dopo la relativa ripresa del periodo della dominazione veneziana. Alcuni decenni dopo, l’allora governatore papale Pier Donato Cesi fece erigere in ricordo dell’evento un monumento a forma di spada nel luogo che la memoria dei testimoni ancora viventi indicava come quello in cui era caduto Gastone de Foix. Oggi, trasferita a breve distanza sull’argine del fiume, la “colonna dei Francesi” ancora si libra sulla pianura, a memoria di come quell’angolo di campagna romagnola divenne un giorno il cupo scenario di una drammatica Pasqua di sangue. IN

Il campo di battaglia in pericolo Per ironia della sorte, il rinnovato interesse che l’anniversario della battaglia ha suscitato fra la cittadinanza, coincide con il profilarsi di un grave pericolo per la preservazione dei luoghi che ne furono teatro. Già negli anni ’60 la costruzione della Classicana alterò l’atmosfera di suggestiva solitudine agreste attorno alla Colonna. Sfregiata pesantemente negli ultimi anni dall’incontrollata espansione edilizia di Madonna dell’Albero, questa zona sarebbe nuovamente stravolta se diventasse realtà il progetto della E55, il cui tracciato è previsto debba passare proprio tra San Bartolo e Madonna dell’Albero. Una sorta di autostrada su quello che fu il campo di battaglia, in una delle zone più amene del territorio ravennate, sarebbe il modo peggiore di dare prova di autocoscienza storica da parte di una comunità candidata a capitale europea della cultura. (A.C.)




Lavorare | Le donne in Fondazione

Il gineceo di

RavennAntica

testo Anna De Lutiis - foto Massimo Fiorentini

Su 43 dipendenti 31 sono giovani donne, diversamente impegnate nella macchina organizzativa di RavennAntica. Fondazione guidata dalla presidente Elsa Signorino e dal direttore Sergio Fioravanti.

La Fondazione, nata come “Parco Archeologico di Classe” e denominata RavennAntica, è stata istituita nell’ottobre del 2001 e finalizzata alla valorizzazione del patrimonio archeologico, architettonico e storico-artistico costituito dall’antica città di Classe, alla quale si sono aggiunte la Domus dei “Tappeti di Pietra”, la settecentesca Chiesa di Sant’Eufemia e la trecentesca Chiesa di San Nicolò. In questi anni sono state realizzate alcune importanti tappe di un progetto molto ambizioso: recuperare l’ex zuccherificio di Classe per adibirlo a Museo Archeologico, per raccontare la storia della città e del territorio. Presiden-

terno della complessa struttura di RavennAntica, che ad oggi conta 43 dipendenti di cui 31 sono donne, la

cui età media si aggira sui 35 anni. La giovane età porta ad aggiungere un dato che per molte aziende sarebbe problematico ma che qui viene considerato con la massima naturalezza: sono 16 le mamme lavoratrici e 14 quelle che hanno usufruito del periodo di maternità.

Chiediamo alla presidente Elsa Signorino come viene gestita questa particolare situazione: “Penso che la presenza femminile sia un valore aggiunto. Molte delle giovani che lavorano per la Fondazione sono entrate subito dopo la laurea: in questi anni ho visto tanto impegno, entusiasmo e la voglia di apprendere con cui hanno affrontato questa attività, consapevoli di partecipare

te della Fondazione RavennAntica è Elsa Signorino. Dal 2002, anno in

cui il Presidente Ciampi inaugurò la Domus dei Tappeti di Pietra, molte sono state le iniziative che si sono rivelate importanti richiami per il turismo: mostre al San Nicolò come la Domus del Triclinio, Convivium, Santi Banchieri Re, Felix Ravenna, Mosaici d’Oriente, Otium, Tappeti Svelati, Otium ludens, fino alla mostra permanente che racconta la storia del mosaico nella città. È interessante conoscere da vicino la “macchina umana” che lavora all’in-

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A fianco, uno degli uffici di RavennAntica. In apertura, lo staff al femminile della Fondazione. Nella pagina precedente, la presidente Elsa Signorino.

alla realizzazione di un progetto che nasceva con loro. In un ambiente di lavoro irrompe anche la vita, fortunatamente, e quando si tratta di bambini è un aspetto positivo. Noi abbiamo affrontato questo ‘problema’ con sostituzioni adeguate, per cui tutto è proceduto tranquillamente, grazie alla disponibilità di tutti e alla maestria del direttore Sergio Fioravanti”. Francesca Lizza, appena rientrata dopo un parto gemellare, torna a riprendere il suo ruolo che la vede occupata soprattutto nella promozione: “Sono nella Fondazione dal 2004. Sono laureata in lingue e prima avevo lavorato in un ufficio di comunicazione con l’estero. Ora il mio compito è quello di rapportarmi con gli sponsor per la promozione degli eventi”. Lisa Tasselli si occupa invece di ricerca fondi non solo a livello locale ma anche europeo: “Abbiamo partecipato con successo al bando Cultura 2000, che ci ha fornito il 50% di quanto occorreva per la riapertura degli scavi di San Severo, e stiamo lavorando nella speranza di vincere ancora con

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il prossimo bando. Lavoriamo con impegno in un ambiente tranquillo, sapendo che il nostro direttore ha rispetto delle esigenze familiari di ciascuno”. Ogni dipendente ha un ruolo importante. Silvia Zingaretti, laureata in Lettere con la tesi sulla Storia dell’Arte Bizantina, si occupa del personale che lavora nelle varie dislocazioni, mettendo a frutto tutto il suo background culturale. Raffaella Branzi Maltoni si occupa dell’ufficio stampa, il rapporto con i giornalisti e la rivista che illustra

gli eventi della Fondazione. Monica Cardascia, invece, è la curatrice degli eventi. Il direttore Sergio Fioravanti sa ben destreggiarsi nel gineceo che lo circonda: “Mi trovo benissimo; è un’esperienza nuova perché nelle mie precedenti sedi lavorative la presenza femminile non era così preponderante. Qui c’è molta armonia e solidarietà reciproca fra le impiegate; c’è senso di squadra e responsabilità. E ci tengo a sottolineare la loro puntualità e la grande applicazione”. IN

TAMO, mosaici tra Inferno e Paradiso Ventun’opere musive ispirate all’opera di Dante costituiscono la nuova sezione del progetto TAMO. Titolo dell’allestimento, inaugurato lo scorso 23 marzo, è “Mosaici tra Inferno e Paradiso”, con i due simboli di Ravenna intrecciati tra loro. “La seconda sezione di TAMO - spiega Elsa Signorino - consiste in un’avvincente esposizione permanente dedicata ad opere a soggetto dantesco commissionate dal Comune di Ravenna a grandi artisti italiani del ‘900 per celebrare il VII centenario della nascita di Dante. Si tratta di 21 pannelli di grande pregio - e alcuni anche di grande formato - realizzati su cartone da artisti italiani come Purificato, Cantatore, Gentilini, Mattioli, Ruffini, Morigi, Berti, Sassu e Saetti ed eseguiti a mosaico da artisti e artigiani ravennati, quali Libera Musiani, Giuseppe Salietti, Santo Spartà, Sergio Cicognani e Renato Signorini. Con questa sezione vogliamo restituire alla fruizione pubblica i mosaici della prestigiosa collezione voluta dal Comune di Ravenna su suggerimento del professor Bovini, nel 1965”.


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Creare | Giampaolo Carroli

Pistola e

Cavalletto

testo Aldo Savini - foto Lidia Bagnara

Rosso carminio, bianco, nero. Colori di vita e di morte segnano i ritratti espressionisti di Giampaolo Carroli. Pittore nell’anima, di professione poliziotto.

Tosca, sul finire del secondo atto, prima di accoltellare Scarpia canta “Vissi d’arte, vissi…” e non intendeva solo il mestiere di cantante in cui eccelleva, ma l’arte come nutrimento dello spirito, come valore e senso autentici dell’esistere. Oggi è possibile per un giovane uscito dall’Accademia di Belle Arti vivere esclusivamente del mestiere dell’artista? Indubbiamente non mancano i casi di coloro che, nonostante le difficoltà e le incertezze di prospettiva, hanno perseverato nell’intenzione. Sono però alquanto rari. Come scelta di vita quella dell’artista non è facile, per molti si rende necessario un compromesso tra lavoro e passione. È possibile

trovare un’occupazione che consenta la sopravvivenza e allo stesso tempo lasci margini, e soprattutto tempo, alla creatività? La pittura, poi, richiede tempi lunghi d’esecuzione e un impegno manuale che non si risolve mai nell’attimo, in aperto contrasto con un momento come quello attuale in cui il tem-

po ha assunto un ritmo intenso e la velocità domina l’agire umano, tanto che gli esiti di tutti gli atti si consumano così rapidamente che la frenesia del risultato ha portato molti ad adottare mezzi tecnologici per facili soluzioni, che non comportano la pratica artigianale della pittura e della scultura. Giampaolo Carroli fa il poliziotto, ma la divisa non lo ha costretto a rinunciare alla pittura. Appena può entra nello studio e veste altri panni, quelli del pittore.

A l centro della sua indagine espressiva è stata fin dagli esordi la figura, e più precisamente il volto che, reso con pennellate grosse e una corposa materia quasi monocroma, emerge da un fondo nero e, come in una gigantografia, invade e domina completamente l’intero spazio pittorico. Questi volti non sono ripresi direttamente da modelli in studio ma da illustrazioni e da immagini fotografiche dei grandi personaggi della storia, icone consolidate nel sistema della

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te accentuata nella recente serie di altri “ritratti”, quelli dedicati al toro e al gallo, simboli di forza e potenza e allo stesso tempo icone della romagnolità. Carroli non vuole tanto una descrizione realistica dell’animale, quanto far emergere la sua energia vitale a cui, come per i dittatori, si associa un destino tragico. L’impianto stilistico riconducibile all’espressionismo risponde all’esigenza di

Chi è Giampaolo Carroli È nato a Ravenna nel 1972. Finito il Liceo Artistico trascorre un anno a Londra dove ha la possibilità d’immergersi nella cultura artistica di respiro internazionale. Rientrato in Romagna, frequenta l’Accademia di Belle Arti a Ravenna, seguendo l’insegnamento di Gianni Gori al corso di scultura che conclude con una tesi sull’opera di Hermann Nitsch. Successivamente consegue la laurea in Scienze della comunicazione all’Università a Perugia. Entrato in polizia per dieci anni lavora a Milano, dove nel tempo libero riesce a seguire lezioni all’Accademia di Brera. Della recente attività espositiva si segnala la partecipazione al Premio Marina di Marina di Ravenna nel 2011. Attualmente lavora a Rimini e risiede a Ravenna. giampaolocarroli.blogspot.com

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comunicazione e della memoria collettiva. I volti dei dittatori del secolo scorso, in bianco e nero e quasi appiattiti, conservano la forza che il potere aveva riservato loro, nella loro espressione c’è un soffio di arcana sacralità che si cela però sotto un velo di indifferenza ideologica e di lontananza emotiva, cosicché Carroli può prenderne le distanze. Si sottrae così a quell’eventualità che Oscar Wilde nel Ritratto di Dorian Gray prevedeva, perché “…ogni ritratto con passione è il ritratto dell’artista, non del modello. Il modello non è che il pretesto, l’occasione. Non è lui che viene rivelato dal pittore, ma piuttosto il pittore che sulla tela dipinta rivela se stesso”. La forza espressiva è ulteriormen-

andare oltre ogni forma di rappresentazione realistica anche se la figura non viene completamente annullata. Soltanto attraverso la deformazione e la sua scarnificazione l’immagine assume un significato autentico che va direttamente all’inconscio, stimolando nell’osservatore il coinvolgimento emotivo, se non proprio l’identificazione personale. Il costante impegno nella ricerca approda alla rivisitazione e alla rielaborazione del soggetto secondo angolazioni prospettiche deformanti, per cui le torsioni accentuano la demarcazione tra la forza naturale, l’aspirazione al dominio e il cedimento finale, quasi ad evocare la condizione precaria dell’esistere e la brevità della vita. Il rosso carminio, il bianco e il nero sono i suoi colori fondamentali perché associabili al colore del sangue, cioè alla vita e allo stesso tempo alla morte. In questa prospettiva non mancano i rimandi alla cultura del mondo occidentale, dalla tauromachia nell’antica Grecia alla corrida in Spagna, ma soprattutto alla storia dell’arte, da Rembrandt a Picasso e Bacon. IN


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Ospedale san FrancescO Da 70 anni al servizio Della città

Lo STorico oSpEdaLE privaTo di ravEnna TaGLia iL TraGuardo dEi priMi 70 anni di aTTiviTà. vanTando SErvizi accrEdiTaTi E SEMprE più accESSibiLi, SoTTo La Guida dEGLi aMMiniSTraTori MaTTEo E MichELa GuErra.

Quando si dice settant’anni e non sentirli. È l’importante traguardo raggiunto dall’Ospedale privato San Francesco di Ravenna che ha saputo, in sette decenni, cambiare ed evolvere combinando il volto familiare con l’innovazione tecnologica. Tutto inizia nel 1942, quando Ettore Guerra - insieme al fratello Guerrino e al padre Giacinto, inizialmente soci in attività - apre una casa di cura con diversi posti letto. La struttura si amplia nel corso del tempo con un corposo orga-

nigramma di medici specialisti, per essere competitiva in un mercato via via più complesso. Nel 1990 la gestione è affidata al figlio Sergio che, di recente, ha lasciato il testimone ai giovani Matteo e Michela Guerra, amministratori delegati di quella che è diventata una moderna azienda con servizi a 360 gradi, capace di soddisfare le molteplici esigenze dei cittadini. “Non è cambiato l’entusiasmo e la voglia di accogliere le sfide del futuro”, affermano i due titolari. “La San France-


sco ha sempre fatto parte della nostra vita e questo ci dà la giusta motivazione per continuare a lavorare in un settore e in un’azienda che ha ancora molti margini di miglioramento in termini di innovazione”. Risale al 2010 un cambiamento storico, ossia la chiusura della medicina di lunga degenza, che ha consentito di sviluppare il comparto dell’ortopedia e chirurgia e di potenziare l’oculistica e la cardiologia. Nell’ambito dell’ortopedia, a partire dallo scorso 13 febbraio, è attivo il nuovo servizio di prevenzione e cura dell’artrosi all’anca, patologia molto diffusa che colpisce in particolare le persone, più spesso donne, sopra i cinquant’anni. Un altro obiettivo importante che la San Francesco sta portando avanti è l’allargamento dell’accesso ai servizi. “La nostra è una

struttura accreditata con il Sistema sanitario nazionale che eroga prestazioni chiedendo ai cittadini il solo pagamento del ticket”, sottolinea Matteo Guerra. “Questo ci dà molte responsabilità, soprattutto in un periodo di crisi economica in cui le risorse sono scarse. Abbiamo quindi creato pacchetti di servizi privati a tariffe così competitive che si avvicinano al costo dei ticket. Un modo concreto ed efficace utile anche per razionalizzare i tempi di attesa”. una novità legata alla ricorrenza del 70° anniversario dell’ospedale è uno speciale pacchetto riservato ai nati nel 1942, con sconti su determinati servizi. Tra i progetti futuri da portare a termine entro l’estate, vi è l’attivazione di una risonanza magnetica aperta, di ultima generazione.

In occasione del 70° anniversario, speciali pacchetti riservati ai nati nel 1942

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Abitare | Attico con vista

Affacciati sulla

Città

testo Linda Antonellini - foto Massimo Fiorentini

La luce disegna spazi caldi e accoglienti in questo lussuoso attico con vista in cui le forme ed i cromatismi chiari generano uno spazio intimo. Creando atmosfere diverse nelle varie ore del giorno.

Posto all’ultimo piano di un raffinato complesso residenziale e commerciale di Viale Cilla a Ravenna, questo attico rappresenta un esempio di confort abitativo, permeato dalla luce che filtra naturalmente e mette in risalto il candore dell’arredo. I padroni di casa, insieme al progettista e ad un consulente, sono stati abilissimi nel coniugare il gusto per lo stile moderno alle esigenze di funzionalità, creando così un modo di abitare confortevole attraverso la sinergia di elementi omogenei. I punti luce sono stati personalizzati dall’esperto di illuminotecnica An-

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drea Medri di Bagnacavallo, che ha scelto i corpi illuminanti in sintonia con l’ambiente e con il gusto dei proprietari. L’ambiente risulta caldo nonostante il bianco candido predomini su tutto; nuances che variano

dal sabbia al color crema dialogano con profili in acciaio e parquet in Aframosia. A creare un’atmosfera accogliente sono soprattutto le luci: quella naturale che filtra dalle ampie vetrate a bow windows la fa da padrona, ma la sera le mille sfaccettature create dai lampadari Swarovski e dai faretti di Elfi Luce diventano le indiscusse protagoniste.


Il soggiorno-salotto diviene un luogo contemporaneo e conviviale grazie al

divano “Chat” di De Padova, design by Carlo Colombo 2010, completo di grandi cuscini in piuma d’oca rivestiti in tessuto panna. La poltrona con pouf della ditta Val di Chienti di Tolentino (MC), modello Ofelia, è invece in pelle bordeaux e le sue linee contemporanee occupano lo spazio con personalità. Il tavolo allungabile con piano in vetro temperato e curvato della linea Fiam di Tavullia (PU) distribuito da Biagetti (RA), si distingue per eleganza e sobrietà. L’unica componente non

“extralight” è il braccio ruotante in alluminio e finitura brill con piastre in acciaio inox. Libreria, mobile porta tv che ingloba la colonna e cucina sono realizzate su misura, ideate da Fabrika Italian Design, in legno laccato bianco e finitura samblè. Le sedie del tavolo da colazione portano la firma di Saarinen, o meglio propongono una rivisitazione della celebre Tulip Chair del 1956 con struttura girevole in fusione di alluminio, guscio bianco in “fiberglass” e cuscino rivestito da “Trama Tappezzeria d’Interni” di Bolognesi Alberto (Lugo).

Di classe anche i tappeti di Varamin di Faenza, espressione di culture millenarie di sete orientali, ed il monolitico camino in muratura, con cappa in stucco veneziano e ripiano in marmo, che divide la zona giorno dall’angolo cottura. Simile ad una

scultura cinetica, il multilettore cd verticale BeoSound 9000 possiede una tecnologia brevettata di alta qualità tipica degli impianti stereo della Bang & Olufsen, che si pongono infatti come un’ icona del design contemporaneo. A testimonianza degli interessanti viaggi dei padroni di casa, troviamo un Buddha in

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A fianco, la camera da letto, sotto il bagno con rivestimento in piccoli sassi di ceramica rosso porpora. In apertura, l’ampio soggiorno salotto, nella pagina a fianco la cucina.

teante d’autore” della Branchetti di Reggio Emilia trasforma uno dei tre bagni della casa in uno spazio unico e personale, caratterizzato dal rivesti-

legno dalla Birmania, un corno di bufalo dal Senegal ed una particolare scultura presa in Sri Lanka; sono invece di provenienza locale i vasi in vetro del negozio Penelope di Ravenna, e sfere in marmo di Carrara. L’arredamento della terrazza in rattan sintetico appartiene alla ditta EMU di Perugia, design Chiaramonte-Marin: gli elementi “Alveo” sono un inedito concept di chaise longue dalla forma avvolgente, composta da seduta e copertura della calotta che protegge dal sole. Inoltrandoci nella zona notte troviamo, sulla testata del letto, un prestigioso quadro d’antiquariato del ‘700.

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I comodini avvolgono il matrimoniale in una boiserie retroilluminata e, di fronte ad esso, una consolle realizzata su misura è stata rivestita in coccodrillo come le rifiniture di Fendi. Più minimalista invece il

mento in piccoli sassi di ceramica rosso porpora che si distribuiscono sulle pareti con macchie di colore. Esclusivo anche il bagno della mansarda rivestito in mosaico Bisazza cangiante; un materiale che identifica un brand di lusso nell’ambito del mosaico in pasta di vetro. Particolare, nel corridoio, è la carta da parati della Casa della Tenda di Ravenna, che presenta un decoro damascato in macro dimensione, in cui i disegni in rilievo sono realizzati da perline fuxia su sfondo bianco e argento. Le porte a scomparsa della Garofoli, modello Pangea, presentano inserti in vetro che ben interagiscono con la sobrietà delle maniglie Olivari, il cui design è opera di Penta Associati del 1997. Le placche luce “Livinglight” della Biticino, di color alluminio, riprendono il parapetto della scala ideato da una ditta forlivese con montanti di sezione a tondino di acciaio satinato. Salendo al piano superiore troviamo poi una mansarda abitabile, in cui spicca il quadro “Ipnotico” del quotato artista contemporaneo Serafino Maiorano,

Carattere soggettivo degli arredi bagno di pertinenza della camera da letto, che si distingue per il lavandino costituito da quattro basse paratie in cristallo temprato, appoggiate su un ripiano di vetro opalino. Il mobilie da bagno “Tan-

in quale utilizza in modo insolito la pittura su elaborazioni digitali. Altrettanto raffinato il divano Flex Form con imbottitura in poliuretano, struttura il legno, seduta in dacron e cuscini in materiale inde-


formabile; rivestito in tessuto sfoderabile, è stato progettato nel 1982 e denominato Maximedue. Oltre al tavolo da pc di IV Dimensione (RA), particolare è quello pieghevole da burraco e mahjong preso da Valvassori di Ravenna, con sedie pieghevoli Castelli acquistate da Biagetti. Sono un esempio di “design democratico”, esposte anche al MoMa di New York. Grazie a questa sedia “Plia”, presentata nel 1967 alla Fiera del Mobile di Milano, il designer Giancarlo Piretti, soprannominato il “Thonet del 20° secolo” è entrato nella storia del design. Le linee di arredo interagiscono così con i gesti consueti in un’armoniosa coreografia quotidiana. Questa abitazione venne realizzata dalla Garden Costruzioni nei primi anni del 2000, impresa d’avanguardia nella piccola realtà ravennate, caratterizzata da dinamismo imprenditoriale e moderne tecnologie applicate ad uno stile classico e tradizionale. Il complesso residenziale di cui l’abitazione fa parte si distingue per le grandi terrazze ricche di verde e le ampie vetrate che si affacciano sui giardini pensili. Forme, rivestimenti e cromatismi chiari, generano uno spazio intimo e costruiscono atmosfere diverse nelle varie ore del giorno. I proprietari di questo attico hanno individuato una cifra stilistica in cui ogni elemento d’arredo racchiude un carattere soggettivo, che ha portato ad una soluzione di grande effetto, degna di “un attico da rivista”! IN

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Fotografare | Simona Poli

Scatto nella

Savana

testo Andrea Masotti - foto SimoSkizzo

Leoni e tigri colti nel loro habitat naturale. Da Ravenna a Malindi, il nuovo lavoro e la nuova vita di Simona Poli. Da sempre affascinata dall’Africa, oggi fotografa e insegnante di fotografia.

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Tutto è cominciato con un documentario sui leoni visto da bambina. L’Africa le è entrata negli occhi e nel cuore, e Ravenna è diventata sempre più piccola. La passione per il continente africano, assieme a quella per la fotografia, sono divenute così la vita di Simona Poli. “A 18 anni sono diventata mamma ed ho atteso che mia figlia terminasse gli studi per trasferirmi in Kenya, a Malindi, dove ho acquistato casa nel 2006. Mi sono trasferita qui a settembre del 2011, quando ho aperto la mia nuova attività di

fotografa free lance, la SimoSkizzo Art’s Pictures. Il lavoro consiste in ogni genere di servizio fotografico nel malindino e comprensorio, ma la parte che preferisco è sicuramente quella di insegnare a scattare fotografie nella savana”. Un lavoro affascinante: “Insegno come scattare direttamente in Natura utilizzando diverse tecniche a seconda della luce, del tipo di animale, ecc. Mi sto anche specializzando come guida turistica naturalistica ufficiale esperta d’Africa, e conto di raggiungere presto il mio obiettivo”.


E a Ravenna, cosa hai lasciato?

ridono ad ogni ora del giorno...”.

“A Ravenna ho tuttora un’agenzia assicurativa della Zurich, in società col mio papà Pier Luigi, nella quale da quasi un anno si è inserita anche mia figlia Nicole. Seguo la parte contabile, che riesco a portare avanti anche dal Kenya grazie ad internet. Quando sono in Italia seguo anche la parte commerciale”.

Com’è la gente di Malindi?

Quando torni in Romagna che effetto ti fa?

“Torno a casa nei mesi di maggio, giugno e luglio, quando in Kenya c’è la stagione delle grandi piogge, i voli charter sono sospesi, non c’è l’ombra di un turista e gli alberghi sono chiusi. La Romagna sarà sempre la mia patria, sono fiera di essere italiana e romagnola in particolare (anche perchè dopo molti mesi di assenza, la voglia di passatelli e piadina si fa davvero sentire...). Il primo effetto è quello di essere tornata alla civiltà, con strade quasi senza buche (in Kenya sono voragini), cartelli stradali, negozi in cui puoi trovare davvero tutto, impalcature che non stanno per cascarti addosso, persone profumate e ben vestite, cibo fantastico... Poi, dopo un paio di settimane, mi assale il Mal d’Africa, ormai cronico ed incurabile. Ascolto la politica del Bel Paese e inorridisco, per non parlare dell’economia. Vedo lo scontento della gente, la povertà che si sta facendo strada tra il nostro popolo… e a quel punto, regolarmente, mi chiedo: ‘Ma il terzo mondo allora è qua in Italia? Non è in Africa, dove persone davvero povere, nullatenenti, ti rispettano, ti salutano e ti sor-

“Le persone qui sono immerse nella povertà ma di certo non sono affamate per merito del mare, del verde e anche della presenza di tanti italiani, che creano posti di lavoro e aiutano. Parlano bene la nostra lingua, addirittura conoscono i nostri modi di dire, le frasi fatte, e li usano al momento giusto con accenti regionali diversi. Il turista appena arrivato, non abbronzato, lo chiamano “mozzarella”, dopo qualche giorno di sole “aragosta” e così via... I bambini per strada ti dicono “Ciao caramella!”; i soprannomi delle persone locali che lavorano coi turisti vanno da

Barilla, Natale, Totti, Catanzaro, Radio, Pippo, Barack Obama...”. La tua giornata tipo?

“Praticamente non esiste. Essendo free lance posso variare da un servizio aereo ad uno notturno, un safari di qualche giorno e poi magari un matrimonio stile africano che dura tre giorni… Spesso sono comunque in studio davanti al computer. Ho abolito l’uso della sveglia, eccetto rari casi, e non porto nemmeno l’orologio. Qui in Africa è bello vivere la giornata solare che dura 12 ore, all’incirca dalle 6,30 alle 18,30. La sera si trascorre in compagnia di amici, tra cene e qualche festa in case private o discoteche”. IN

Sopra, Simona Poli, alias SimoSkizzo, mostra la “sua” Africa. In apertura, uno dei suoi scatti.

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Giocare | I Chiefs

Palla ovale

made in

USA

testo Michele Virgili - foto Massimo Fiorentini

Nuova vita per gli storici Chiefs, società nata negli anni Ottanta e rifondata nel 2005. Con tanti ricordi e progetti, sotto la guida del presidente Daniele Labarile.

Hanno contribuito a fare la storia del football americano negli anni Ottanta. Lo scorso 18 marzo è partita la stagione 2012 dei Chiefs nella categoria CIF 9 (campionato italiano football a nove giocatori). “Per noi - dice il presidente Daniele Labarile - si tratta di un campionato di transizione, perché dall’anno prossimo questo torneo a nove non esisterà più. Andremo a giocare il campionato a 11 e, in vista di ciò, dobbiamo far crescere la squadra, che oggi è composta da ragazzi giovani e da formare”. Labarile ha assunto la carica di presidente nell’agosto del 2011 dopo

un radicale rifacimento societario; della precedente dirigenza è rimasto Andrea Sassi come segretario e direttore sportivo. “Il football americano in Italia - prosegue Labarile - si affaccia nei primi anni Ottanta, quando Italia Uno iniziò a trasmettere le partite di NFL (National Football League), mentre per la nascita delle prime squadre fu un trampolino di lancio il film Bulldozer con Bud Spencer”. A Ravenna sono i Chiefs ad aver fatto conoscere il football americano: “Il nome

Chiefs nella nostra città diventò molto forte, una moda, durante il periodo boom degli anni Ottanta.

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A fianco e in apertura, alcune fasi di gioco riprese durante la partita casalinga contro i Neptunes Bologna, sul campo di Marina di Ravenna.

l’head coach Michele Agnoletti”. E con gli anni, senza raggiungere i fasti di un tempo, il football è tornato a farsi conoscere: “Ho notato un po’ di ripresa di interesse generale in Italia sul football, Ravenna compresa”. Per diffondere questo sport tra i giovani la società sta compiendo notevoli sforzi: “Facciamo promozione nelle scuole medie della provincia di Ravenna, e portiamo avanti il progetto creato dalla Federazione in collaborazione con il Coni. Ai giovani insegniamo il Flag Football, in cui si gioca senza protezioni e senza contatto e placcaggio”. Sono trascorsi più di

Capi indiani giallorossi I Chiefs nascono ufficialmente nel febbraio del 1984. I fondatori sono Gianluigi Baldini, attuale general manager della società, ed Enrico Mambelli, due ragazzi ravennati che nei primi anni Ottanta giocavano a football americano in due squadre bolognesi e che, insieme, decisero di fondare una squadra anche a Ravenna. La scelta del nome Chiefs, ispirata ai capi indiani, trae ispirazione dal Kansas City Chiefs, formazione americana di NFL, che vanta gli stessi colori giallorossi della città di Ravenna. La scalata fu memorabile: in tre anni i Chiefs passarono dalla serie C alla serie A disputando tre semifinali consecutive, nel 1989, ‘90 e ’91, senza però raggiungere il Super Bowl. Nel 1993 si sciolsero, come la maggior parte delle squadre nate negli anni Ottanta, per poi rinascere nel 2005.

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Gli scarsi risultati delle altre squadre ravennati avvicinarono molta gente al nostro sport; le partite si giocavano alla Darsena, che era sempre piena negli anni della serie C e B, e quando ci mettevano a disposizione il Benelli abbiamo giocato davanti a tremila persone. La serie A è un ricordo bellissimo, i Chiefs disputarono ottimi campionati”. Gli anni Novanta furono in-

vece quelli della decadenza per il football: a Ravenna, come in tante altre città, la squadra si scioglie. Ma la passione non muore: “ Nel 2005 gli ex giocatori s’incontrarono per il ventennale della fondazione della squadra, e decisero di ricominciare. Il merito va riconosciuto

soprattutto ad Omar Sternini, Ugo Guidi e all’attuale capo allenatore,

20 anni ma il nome dei Chiefs è in grado di regalare ancora emozioni. “Il nostro nome viene ricordato con piacere, e quando i nostri ragazzi fanno recruiting nei locali, con il loro abbigliamento in cui fa bella mostra la scritta Chiefs con lo storico indiano, c’è un riscontro sempre positivo”. Le partite casalinghe quest’anno si tengono il sabato sera nel campo sportivo di Marina di Ravenna, mentre in quello di Fornace si svolgono gli allenamenti. “Uno dei primi obiettivi della nuova dirigenza - afferma Labarile - è quello di trovare un impianto nostro, con una tribuna. La stagione scorsa l’abbiamo giocata a Fornace e a Marina la nostra speranza è che il pubblico riempia la tribuna”. Labarile conclude chiedendo un maggiore sforzo alle istituzioni locali: “Giochiamo un campionato nazionale e siamo l’unica squadra della provincia di Ravenna. Ci piacerebbe avere più sostegno da parte di tutti”. IN


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Esibirsi | Matteo Salerno

Emozioni in

Musica

testo Anna De Lutiis - foto Lidia Bagnara

Dalla classica alla musica popolare, fino al jazz. Sono gli ampi confini in cui si muove il giovane flautista Matteo Salerno.

Matteo Salerno affascina per il suo aspetto, il sorriso aperto e di grande comunicativa, ancora prima che lo si possa ammirare per la maestria e l’eleganza con cui si esibisce. Dopo essersi diplomato con il massimo dei voti in flauto traverso all’Istituto Musicale “Giuseppe Verdi” di Ravenna si perfeziona a Roma presso l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e all’Accademia Incontri col Maestro di Imola, dove si confronta con i flautisti del calibro di Nicolet, Larrieux, Adorjan, Gerard e Cambursano.

cominciata frequentando l’Accademia di Santa Cecilia a Roma, quando hanno iniziato a contattarmi diverse orchestre. Ho trascorso circa sei anni nella capitale e dopo diverse esperienze ho deciso di dedicarmi ad alcuni miei progetti con gruppi da camera di diverso genere e repertorio, che vanno dalla musica classica a quella popolare fino al jazz”. Quali sono gli eventi che le hanno dato maggiore soddisfazione?

Come è stato l’inizio della sua car-

“Grande emozione quando ho suonato nell’Orchestra Cherubini diretta da Riccardo Muti in un Teatro San Carlo di Napoli gremito; anche in occasione del concerto di Lingotto di Torino con il Quintetto Kandinsky. Indimenticabile è stato poi il concerto al Colosseo, con l’Orchestra Giovanile di Santa Cecilia nell’anno del Giubileo. E poi gli incontri con le scuole, a contatto diretto con i ragazzi e la musica”.

riera e quali le difficoltà incontrate?

Quali sono i programmi per il futuro?

“La mia carriera professionale è

“Dopo i concerti di Pasqua nelle

Come e perché ha deciso di dedicarsi alla musica e perché ha scelto il flauto?

“Devo tutto a mia madre che ha intravisto in me, appena tredicenne, una propensione per la musica. Inizialmente avevo pensato di scegliere il pianoforte, poi mi sono innamorato del flauto”.

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Basiliche Bizantine di Ravenna sarò impegnato in Bohème e Barbiere di Siviglia con l’Orchestra ‘Città di Ravenna’, per poi cimentarmi in una collaborazione con David Riondino”. Quali sono le cose che contano di più nella sua vita?

“La mia famiglia e subito dopo la musica. Faccio quotidianamente i salti mortali per riuscire a far coesistere le due cose: sono in attesa del secondo figlio”. I suoi impegni le lasciano un po’ di tempo libero? Se sì come lo utilizza?

“Il tempo libero è un miraggio... Da quando ho una famiglia ho imparato a staccare da tutti i miei impegni e a ritagliarmi momenti importanti per i miei cari. Credo siano questi i momenti in cui vivo veramente”. Se potesse tornare indietro rifarebbe la scelta fatta, cioé la musica?

“Assolutamente sì. Credo sia una vera scuola di vita, capace di farmi conoscere le diverse emozioni dell’animo umano”. IN


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