Tariffa R.O.C., Poste Italiane spa - Sped. in abb. postale, D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004, n. 46) art. 1, comma 1,DCB Forlì - Reg. Tribunale Forlì 6/9/2011 n. 410
Anno XLVI - N. 2 - luglio 2013 • Abbonamento annuo euro 20,00 - Sostenitore euro 26,00
IN PRIMO PIANO
Atrium, l’architettura Novecento forlivese al tempo dei regimi.
RICORDIPER MOSTRE ANDAR
La piccolaPini: storia di una vale via. più del segno Giovanni il colore
DOSSIER
Forlì città dell’innovazione Wildt, l’anima e le forme daresponsabile. Michelangelo a Klimt
“L’arte di cucinare gLi avanzi deLLa mensa” di OLindO guerrini Un classico della gastronomia italiana riletto dallo chef Bruno Barbieri
La nuova edizione di un libro fondamentale nella storia della cucina cha valorizza l’attualità delle ricette raccolte in un volume dal
taglio molto quotidiano e pratico, con spunti e idee che ognuno può realizzare nella propria cucina di casa.
“Ogni vOLta che aprO questO LibrO mi vengOnO nuOve idee.” (b. barbieri)
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SOMMARIO
IN PRIMO PIANO
editoriale
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Atrium, l’architettura al tempo dei regimi di Rosanna Ricci
RICORDI 08 La piccola storia di una via di Vittorio Mezzomonaco
Clicco, dunque sono
dossier 10 Forlì città dell’innovazione responsabile di Veronica Franco
PERSONAGGI 17 Pellegrino Laziosi, un forlivese di Franco Fabbri
MUSICA 18 Al ritmo dell’innovazione di Stefania Navacchia
ANDAR PER MOSTRE 20 Sguardi d’autore di Rosanna Ricci
EVENTI 22 Piazze d’estate di Laura Bertozzi e Stefania Navacchia
STORIE 24 Fidanzamenti di una volta di Chiara Amato e Alessandro Fabbri
FORLì UNDERGROUND 25 Fatto di maggio rinvenuto il 2 giugno di Mario Proli
IN CAUDA VENENUM 26 Clicco, dunque sono di Ivano Arcangeloni
«IL MELOZZO» Già Periodico del Comitato Pro Forlì Storico-Artistica, Forlì Primo numero 14 marzo 1968 Direttore: Rosanna Ricci Edizioni In Magazine srl via Napoleone Bonaparte 50, 47122 Forlì tel. 0543 798463 - fax 0543 774044 Stampa: Graph S.N.C. - San Leo (RN) Uscita trimestrale. Reg. al Tribunale di Forlì il 6/9/2011 n. 410 Redazione: Rosanna Ricci, Roberta Brunazzi, Mario Proli, Paolo Rambelli, Giorgio Sabatini, Gabriele Zelli. In copertina il particolare di una delle vetrate realizzate da Tito Chini nel Padiglione delle Feste di Castrocaro. Hanno collaborato a questo numero: Chiara Amato, Ivano Arcangeloni, Laura Bertozzi, Alessandro Fabbri, Franco Fabbri, Veronica Franco, Vittorio Mezzomonaco, Stefania Navacchia.
Se non entrate più in una pizzeria senza prima aver controllato i feedback positivi o negativi, se per andare da piazzale della Vittoria in via Achille Cantoni vi affidate a Google maps, se non resistete più di dieci minuti senza connettervi al vostro smartphone per twittare coi vostri followers, se non appena vi sedete di fronte ad un piatto fumante di tagliatelle ai porcini non potete fare a meno di fotografarle e condividerle coi vostri amici di facebook, se infine, prima di votare una proposta di legge al Senato, controllate sul blog la parola del Profeta, allora i tempi sono maturi per un lungo periodo di disintossicazione. Tutti questi electronic devices si sono infiltrati subdolamente nelle nostre vite, sfruttando quella vanesia che latita in ognuno di noi: grazie a facebook e a twitter le tante banalità che costellano la nostra quotidianità diventano speciali, momenti da ricordare e immortalare. E nella condivisione massmediatica del banale ecco che il ciarpame si eleva, trascende, si sostanzia in evento, e noi finalmente ci sentiamo vivi. Per fortuna, di tutta questa massa di stupidi commenti, che galleggiano da qualche parte in una nuvola virtuale, resterà ben poco. Le memorie informatiche si perdono, si cancellano, si guastano, non resistono alle innovazioni tecnologiche, e tutto quel ciarpame si dissolverà. Ma il problema restiamo noi,
oramai incapaci di essere senza queste protuberanze elettroniche. Clicco dunque sono, e chi non clicca è perduto, per non dire di chi non è cliccato! Quella da social network ed electronic devices è una vera e propria dipendenza. Non è questione qui di fare facili moralismi. Chi non ha le proprie dipendenze, in fondo? Ma quando il problema diventa così diffuso deve scattare l’allarme sociale, urge la corsa ai ripari, prima che, di dipendenza in dipendenza, non deleghiamo ai nostri vari “ahi” (ahi-phone, ahi-pad, ahi-tunes...) la gioia di ammirare un tramonto, la fatica di cercare una soluzione, quella di pensare, la responsabilità di decidere cos’è giusto e cosa non lo è. Bisogna iniziare a progettare un centro di riabilitazione, un luogo di cura e riposo, un vero e proprio sanatorio, poiché la malattia è perniciosa come il mal sottile, e dilaga, come e più della tisi sul finire dell’Ottocento. Qui a Forlì il primo e unico Sanatorio per malati di social network potrebbe essere ospitato presso l’ex monastero della Ripa, già, a lungo, sede del distretto militare, ed ora luogo dal suggestivo fascino, ormai del tutto abbandonato, che si riesce ad ammirare solo nelle giornate dedicate dal FAI alla scoperta del nostro patrimonio artistico e culturale. (Segue a pag. 26)
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IN PRIMO PIANO
ATRIUM, l’architettura al tempo dei regimi.
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Il monumento ai caduti in Piazzale della Vittoria a Forlì.
di Rosanna Ricci Ricchissimo è stato il programma di iniziative del progetto Atrium che ha coinvolto non solo Forlì con oltre 35 eventi programmati da fine maggio al 15 giugno 2013, ma anche i comuni di Castrocaro Terme e Terra del Sole (con mostre di Arte Africana e delle splendide vetrate realizzate per il padiglione delle feste da Tito Chini), Bertinoro (mostra fotografica e notte celeste), Forlimpopoli, Predappio (mostra fotografica) e Cesenatico (mostra fotografica sulle colonie marine). Hanno collaborato alla realizzazione del progetto vari enti fra cui la Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, partner anche di alcuni eventi del Festival del ‘900, in particolare di quelli musicali e teatrali, e di ‘Parco del ‘900’, il progetto che ha contemplato la molteplicità di personaggi, scrittori ed intellettuali del periodo storico fra le due guerre. Tra le numerose iniziative non è stato esente il cibo con ristoranti e chef che hanno presentato la cucina povera del Ventennio, attraverso anche menù a tema. Il termine Atrium è l’acronimo di ‘Architecture of Totalitarian Regimes of the XX Century in Urban Management’. In pratica è un progetto di mostre, iniziative, incontri ed eventi alla scoperta della memoria europea e delle architetture dei Regimi Totalitari del XX secolo. “Atrium, con la nostra presenza all’interno della Rotta Culturale delle Architetture dei Regimi Totalitari del sud-est dell’Europa, si pone il problema di come far diventare questo patrimonio storico e architettonico una opportunità.” Le parole sono degli assessori Maria Maltoni e Patrick Leech: ”Le costruzioni legate allo sviluppo urbanistico cittadino tra le due guerre, con tutte le implicazioni storiche, sociali e politico/istituzionali che stanno dietro questa evoluzione, possono diventare occasione di visita ed approfondimento non solo per un pubblico di studiosi. Questa scelta non ha alcun elemento di compiacimento rispetto ad un passato che ha privato per un ventennio della libertà politica l’Italia e che è terminato nell’orrore delle leggi razziali e della guerra. Al contrario, rendere fruibile questo patrimonio, catalogandolo e
restaurandolo, aiuta a non cancellare la memoria.” La mostra che ha aperto il percorso di Atrium è stata ‘Novecento. Arte e vita in Italia tra le due guerre’ allestita nei Musei del San Domenico a Forlì dal 2 febbraio al 16 giugno 2013 e organizzata dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì in collaborazione col Comune di Forlì. Questa rassegna ha messo in luce uno spaccato di vita e di costume di quegli anni prendendo in esame tanti aspetti: arte, cinema, moda, decorazioni, manifesti, riviste, il razionalismo e il classicismo in architettura e nell’urbanistica. Fra le mostre più interessanti proposte da Atrium meritano di essere sottolineate: ‘I problemi del fascismo. Numeri come strumento di propaganda’, rassegna frutto di una ricerca su testi e quaderni scolastici attraverso cui il fascismo divulgava la sua propaganda anche nei temi e nei problemi che venivano presentati agli scolari; ‘L’architettura dei regimi totalitari fra società di massa, propaganda e idea di modernità’ curata da alcuni docenti dell’Università di Bologna che hanno raccolto molti materiali (pannelli, plastici, filmati, diapositive, disegni, documenti scritti) elaborati dagli studenti delle scuole superiori di Forlì sul tema dei ‘totalitarismi’ mostrando gli edifici, i monumenti, i personaggi e le istituzioni attraverso cui i regimi totalitari europei hanno influenzato la storia e quella di Forlì in particolare. Altra mostra realizzata da 150 studenti (in questo caso solo dal Liceo Classico) è stata la rassegna fotografica sui manifesti ‘La comunicazione nelle società democratiche: uno strumento di partecipazione sociale’; ‘Officina Biblioteca’ e ‘Totally Lost’, un allestimento di libri di saggistica e di narrativa del periodo fascista (molto interessanti per la ricostruzione storica del tempo) e di opere, fotografie e video, selezionati secondo la valutazione storica ed artistica di un concorso a livello europeo per scoprire, censire e fotografare il patrimonio architettonico dei totalitarismi europei. La mostra si è tenuta nell’ex deposito ATR e questo ha consentito di organizzare una tavola rotonda dal titolo ‘Nuovi contenuti per vecchi contenitori’ alla quale hanno partecipato varie associazioni per discutere sugli edifici del
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IN PRIMO PIANO
Veduta dall’alto dell’ex Ospedale Morgagni con la pianta a forma di aereo (in alto). Foto Giorgio Sabatini.
La ex Casa del Fascio a Predappio (in basso).
‘900 che si trovano in disuso o in cattive condizioni; “Sport, sportivi e giochi olimpici nell’Europa in guerra (1936-1948)” con foto e documenti per capire lo straordinario sviluppo dello sport durante il Ventennio e la strumentalizzazione delle olimpiadi da parte dei nazisti; ‘Instant900’ una mostra di fotografie organizzata dal Gruppo Polaser in collaborazione con Stabile 5 Laboratorio per l’architettura, per rivisitare alcuni monumenti, luoghi, opere d’arte realizzati durante il Ventennio presentando una rilettura di queste opere attraverso l’interpretazione e l’espressione artistica di fotografi contemporanei; la presentazione del settimanale antifascista ‘Giustizia e libertà’ nel chiostro dei Musei San Domenico. Il settimanale, la cui pubblicazione fu realizzata da Carlo Rosselli, entrò clandestinamente in Italia e divenne il punto di riferimento degli antifascisti. Ad Atrium non potevano mancare teatro e musica, mezzi di straordinaria forza comunicativa. Lo spettacolo teatrale ‘The decision’ messo in scena in prima assoluta da Masque Teatro è stato ispirato da ‘La linea di condotta’ di Bertolt Brecht e racconta la storia di quattro ‘agitatori’ della Russia comunista, che entrano nel territorio cinese per portare i principi della rivoluzione. Ideazione, regia, scene, suono, luci ed interpretazione di Lorenzo Bazzocchi. Per quanto riguarda la musica , nei concerti in programma sono state presentate le musiche che il Regime esaltava e quelle invece che proibiva. Il gruppo Blue Dolls ha interpretato brani di musica leggera degli anni ’20 ’30 secondo i modi del Trio Lescano ma proposti in modo personale con uno stile vocale divertente e una presenza scenica travolgente. Musica degli anni ’20- ’30 anche per la divertente Maramao Swing Band. Al contrario il concerto del forlivese Paolo Ghetti ha presentato brani di jazz, musica proibita nel Ventennio e Giacomo Piermatti si è esibito in un concerto per solo contrabbasso. Jazz proibito anche per Elisa Sedioli e per la Cybor Blues Band con proiezioni però verso il blues del futuro. A sua volta la compagnia Canti Erranti ha cantato storie partigiane, di libertà e di protesta contro i regimi. Un modo per ricordare e riflettere.
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La statua di Icaro all’esterno dell’ex Collegio Aeronautico. Foto Giorgio Sabatini.
Letizia Fuochi ha trascinato gli ascoltatori con la musica e le canzoni della Repubblica di Weimar: Kurt Weil e Bertold Brecht. Dopo la performance del gruppo forlivese ‘Cream’, gli eventi musicali si sono conclusi brillantemente col concerto dei Blastema, vincitori del premio della critica del Festival di Sanremo 2013. Le visite guidate al patrimonio razionalista e del ventennio sono state accompagnate da parecchie conferenze e convegni sulla storia di quel periodo e, in particolare, sugli edifici costruiti negli anni del Regime, alcuni in disuso o in pessime condizioni, luoghi da ristrutturare e riconvertire per scopi culturali o artistici. Un percorso nel Ventennio non poteva ignorare i filmati dell’Istituto Luce, come non poteva dimenticare la presentazione della ricerca sui granai della memoria. ‘Partigiani - Partizane’ è stato un incontro tra partigiani albanesi ed italiani. Gli Albanesi dimostrarono molta solidarietà nei confronti dei militari italiani accogliendoli nelle loro case. Altro incontro sull’Albania è stata la conferenza ‘Archeologia imperiale: Luigi Maria Ugolini, da Bertinoro alla scoperta di Butrinto’, uno dei siti archeologici più importanti dei Balcani. L’Albania fa parte dei 17 partner provenienti da 11 paesi europei: Slovenia, Bulgaria Ungheria, Romania, Croazia, Serbia, Albania, Bosnia-Erzegovina, Slovacchia, Grecia e, ovviamente, l’Italia collegati col progetto Atrium per creare un itinerario culturale che venga riconosciuto dal Consiglio d’Europa come ‘Rotta Culturale Europea’.
ARCHITETTURA E REGIMI TOTALITARI: UNO SGUARDO SU ARTE E URBANISTICA DEL XX SECOLO PER CREARE UN ITINERARIO STORICO E CULTURALE EUROPEO. 7
RICORDI
La piccola Storia di una Via che ebbe una qualche importanza.
Via Francesco Nullo in una foto del 1950. Foto Liverani.
di Vittorio Mezzomonaco Riteniamo che non si possa definire sbagliato, o quanto meno esagerato, affermare che la Città di Forlì vanti addirittura due date di nascita, nettamente e storicamente identificabili. Nel primo caso, alludiamo evidentemente alla fondazione del Foro di Livio, secondo la tradizione più accreditata, collocabile intorno al 188 av.Cr. Accanto alla Città romana sorse poi, a seguito di un atto giuridico ufficiale, la Città medievale. I recenti festeggiamenti e le commemorazioni tenutesi per ricordare gli ottocento anni, dacché il Campo dell’Abate è venuto a far parte integrante della Città (prima era considerato una località adiacente al Foro, compresa nel territorio), ci confermano espressamente, oltre ogni ragionevole dubbio, come secondo dies natalis, il 22 dicembre 1212. Agli inizi del XIII Secolo, fra quella che è oggi la Piazza XX Settembre e il retro dell’attuale Palazzo di Giustizia, scorreva infatti, a recingere Forlì, un Fossato, che raccoglieva le acque di scolo, al confine dell’abitato. Queste zone, e queste vie, avevano sempre la stessa denominazione: Via delle Chiaviche, Via delle Clavere, Via Chiavica... fino a quando, con una cinta ulteriore (la terza), il Fossato fu definito “Vecchio” (ne esiste ancora memoria, inesatta, nella toponomastica odierna) e il “Nuovo” divenne “Chiavicone”, ultima intitolazione risalente a quando ancora regnava il Papa Re. Per noi, ora, Via Eugenio Valzania. È però da dire che già oltre il Fossato Vecchio, coincidente oggi con la Via Antonio Fratti, e una porta San Pietro, allora all’altezza dell’incrocio con Via Achille Cantoni, esistevano dei sobborghi fittamente abitati ed uno di questi piccoli agglomerati, con case di una qualche consistenza, (ci riferiamo alla “nostra” Via Francesco Nullo), in testata d’angolo, iniziava con la fabbrica di un modesto edificio religioso nel quale, nel 1221, Sant’Antonio da Padova tenne la sua prima predica. Nel giro di pochi decenni Forlì, nell’espansione naturale (diremmo “obbligata”, in quanto non ostacolata da corsi d’acqua difficilmente governabili e paludi) si espanse verso sud-est, fino a
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comprendere quello che ancor oggi è considerato il Centro Storico. Siamo, all’incirca, in chiusura del Secolo XIV. Tuttavia, solo nel 1579, a seguito di un’iniziativa di carità, presa dal Vescovo del tempo, mons. Marcantonio del Giglio (1578-1580), nella Via sorse un’importante struttura religiosa e sociale “a beneficio delle povere fanciulle orfane”. La chiesetta, nello scorrere del tempo, da “San Pietro dei Bigi” mutò l’ intitolazione a “Sant’Anna” (1740. La Pianta del Coronelli del 1697 segnala ancora un “San Pietro per le Povere”) e la Via acquisì la denominazione ufficiale di Via delle Mendicanti (paradossalmente, affinché non ci fossero dubbi sulla situazione di “crisi finanziaria” della zona, la vicina Via Marsala, prima si chiamava “Via della Miseria!”). Per capire qualcosa della topografia cit-
tadina, bisogna però fare i conti con la furia iconoclasta che pervase i Repubblicani locali (divenuti padroni assoluti e indisturbati della Città), dal 1861 al 1920 circa, dopo la proclamazione dell’Unità d’Italia. Le antiche denominazioni, riferentisi a chiese, conventi, istituzioni di vario genere, palazzi nobiliari, appellativi tradizionali o popolari (tipo Via Fattona, Via Bacilina, Via Giova, oggi con intitolazioni ripristinate) furono cancellate e sovvertite, per far luogo agli “Eroi” di Partito, ad episodi gloriosi o comunque memorabili del Risorgimento, ai Patrioti che sacrificarono la vita per la Causa. Così Via delle Mendicanti dapprima fu spezzata in due, all’altezza della Piazzetta Mario Pagano (che prima di allora era intitolata ad una “Santa Maria”) e la seconda parte, stando a una logica comprensibile, divenne Via Fabbrica Vetri (per l’evidente
La scuola della Polifonica Forlivese (in alto). Immagine pubblicitaria della Società Fumisti del 1931, da “Forum Livii” (in basso).
delle vie più conosciute e citate della Città. Alcune attività culturali, che si svolsero in ambienti dell’antico Istituto di Beneficenza, come la scuola della Polifonica Forlivese di Cesare Martuzzi, quindi il complesso d’archi intitolato a Giambattista Cirri, infine il Teatro Minimo, dettero ulteriore visibilità e lustro alla strada. La costruzione di un buon albergo, verso la fine degli Anni Sessanta, là dove, negli Anni Trenta, e poi nell’immediato dopoguerra, prosperava “La premiata Fabbrica di Stufe e Franklin in cotto brevettati” della Società Fumisti, apprezzati fornitori di Enti Statali e Locali, sembrò - sulle prime - accrescerne il prestigio. Poi tutto cominciò a precipitare. Il degrado s’impose, prima lentamente, poi in maniera vorticosa, fino alla situazione attuale e, se non si realizza un magistrale colpo di fantasia (ma forse è già troppo tardi), recuperando intelligentemente l’ex Hotel Universal, temiamo che per questa Via non ci sia possibilità di riscatto. C’è ancora chi ricorda che, dopo la Liberazione, in questa strada abitò Luciano Lama, al suo esordio nel mondo del Sindacalismo; in una bottega da falegname, un giovane Sauro Sedioli, di tanto in tanto, dava una
mano al padre artigiano, prima di diventare Sindaco di questa Città (1990) e poi parlamentare in due legislature. Ci scusiamo per questo lungo racconto, che certamente avrà annoiato più d’uno, ma ci pareva che valesse la pena di fermare su carta certe memorie, sicuramente destinate a perdersi, sulle vicende storiche ed urbanistiche di questa Via, che una sua qualche importanza certamente la ebbe. “Tempus edax, Homo edacior”, parafrasando Ovidio: se il tempo fa rovinare le cose, l’uomo è capace anche di peggio.
presenza di una vetreria); poi la strada fu intitolata interamente ad Ugo Bassi, l’eroico padre barnabita fucilato dagli austriaci nel 1849. Ad Ugo Bassi, con una riduzione di lunghezza all’incirca del 50%, fu quindi riservata la seconda parte della Via, per ospitare nella prima Francesco Nullo, fino a che il sacerdote martire garibaldino non venne definitivamente sfrattato e trasferito in uno spezzone sottratto ad Eugenio Valzania (uno che con frati e preti non andava propriamente d’accordo). E così la Via divenne tutta del Colonnello bergamasco caduto per la Libertà della Polonia. Questo accadeva intorno al 1928. Fino a quel giorno Francesco Nullo era stato incomprensibilmente ignorato. La presenza in loco di scuole elementari (sistemate nell’antico brefotrofio delle Mendicanti) fece di Via Francesco Nullo una
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DOSSIER
Forlì città dell’Innovazione responsabile. di Veronica Franco Forlì conferma di avere il pollice verde. O forse anche qualcosa di più. Sembra, infatti, aver trovato un tema - che ha molteplici declinazioni possibili (da quelle economico-imprenditoriali a quelle artisticoculturali) - attorno al quale poter costruire una nuova immagine e una nuova identità come città: una città, per l’appunto, in cui l’innovazione tecnologica riconosce nella sostenibilità ambientale un dato di partenza ineludibile e che di questa visione dello sviluppo economico può divenire la vetrina e il laboratorio. E così è stato anche per la seconda edizione della Notte Verde, che ha animato il Centro Storico di Forlì il 17 e 18 maggio 2013, non solo per la qualità delle singole proposte, ma per la capacità di coinvolgere mondi diversi e che troppo spesso faticano ad incontrarsi come quello delle imprese, quello della ricerca accademica, quello degli artisti e dei creativi. L’edizione 2013 della Notte Verde, non a caso, si è fusa con un altro appuntamento dedicato ad approfondire i temi dell’innovazione come “L’Arte di Innovare”, dando vita ad una manifestazione unitaria all’insegna del comune denominatore dell’Innovazione Responsabile sintomaticamente intitolata “S-legàmi”, proprio perché volta a raccontare storie di legàmi tra cose, eventi, persone, sistemi e di come questi legami evolvano, si trasformino, si sciolgano per ricomporsi in qualcosa di nuovo, per rispondere in maniera adeguata non solo ai nuovi bisogni dei singoli ma anche alle nuove esigenze sociali di natura ambientale. Le tre parole chiave della due giorni sono quindi state Innovazione responsabile, Creatività e Sostenibilità, declinate attraverso più di 140 eventi tra conferenze, testimonianze, presentazioni di libri, dibattiti, spettacoli, installazioni ed eventi di animazione che hanno richiamato nel Centro Storico di Forlì oltre 10mila persone. Imprese Per quanto concerne in particolare il mondo delle imprese, sono state più di 40 quelle che hanno animato piazza XX Settembre
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Il suggestivo lancio delle lanterne cinesi. Foto del Laboratorio Bainait di Cristiano Frasca.
La statua di Saffi pronta per la Notte Verde (a destra).
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DOSSIER
Allestimenti nel chiostro di San Mercuriale (sotto).
e le aree circostanti. La maggior parte di loro ha portato fisicamente in piazza i propri progetti e prodotti, ma anche diverse aziende senza stand hanno preso parte al bar-camp in programma il sabato dalle ore 16 alle 20,30, affrontando gli aspetti più diversi dell’innovazione responsabile: dalla cogenerazione energetica al citizen’s cloud marketplace, dal solare termico e fotovoltaico all’hosting eco-sostenibile, dalla cucina senza barriere alla casa passiva, passando per il geotermico. Scuola e Università Essendo mirata a stimolare un vero e proprio cambio di passo culturale, la due giorni non poteva non riservare la massima attenzione al mondo della scuola, da quella primaria al pianeta università. Sono, infatti, stati più di 30 gli eventi e gli incontri proposti dal (o rivolti al) mondo della scuola, dal seminario su matematica e neuroscienze all’incontro dedicato all’“Educazione sostenibile” programmati il venerdì, mentre a Palazzo Talenti si teneva la non-stop teatrale della Scuola per Interpreti e Traduttori dell’Università di Bologna e nella sede dell’Istituto musicale “Masini” il compositore Giacomo Manzoni illustrava il rapporto tra musica classica e contemporanea. Ricca anche la giornata di sabato con lo spettacolo per le scuola di Luca Pagliari su “I percorsi dell’acqua” e, dalle 10 del mattino a notte fonda, gli incontri a rotazione curati dalle Facoltà forlivesi dell’Università di Bologna. Spazio anche alle scuole secondarie, con la mostra del Liceo Scientifico su “La donna e la scienza”, il video dell’ITIS “A corto di energia”, la sfilata di moda dell’ITAS “Creare riciclando” e la maratona di lettura, sempre dello Scientifico, de “Le città invisibili” di Calvino. Convegni Numerosi anche i momenti di approfondimento con personalità di rilievo nazionale, tra cui si sono segnalati gli incontri con Enzo Rullani e Stefano Zamagni sull’evoluzione delle relazioni, Michele Vianello sulle smart cities, Vincenzo Balzani e Antonio Galdo sulla sostenibilità ambientale, Andrea Segrè sulla lotta agli sprechi, Giuseppe Ardrizzo su innovazione e creatività, fino alla plenaria
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Il sindaco Roberto Balzani sul palco con Alessandro Berganzoni (a sinistra in alto, foto del Laboratorio Bainait di Cristiano Frasca).
L’allestimento per il concerto alimentato “a pedali� in Piazza Saffi (a sinistra in basso).
Animazione nelle strade per grandi e piccoli (a destra in alto, foto del Laboratorio Bainait di Cristiano Frasca, e a destra in basso).
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DOSSIER
Il percorso “sensoriale” da fare a piedi nudi (in alto).
di chiusura che ha avuto per protagonista Gunter Pauli con una lectio magistralis su “Blue economy: 10 anni, 100 innovazioni, 100 milioni di posti di lavoro”. Artisti La creatività ha lasciato forte il suo segno anche quest’anno sulla Notte Verde. Non solo per gli eventi di maggior richiamo (come il concerto dell’Orchestrona della Scuola di Musica Popolare di Forlimpopoli, la conversazione con Alessandro Bergonzoni, il toccante lancio di 200 lanterne cinesi per “The fligth”, il concerto dei Têtes de Bois, che hanno portato in piazza Saffi il palco a pedali, primo eco-spettacolo al mondo alimentato a pedali), ma anche e soprattutto per le decine di eventi curati dai creativi e dalle associazioni culturali locali che - ancora una volta - si sono messe in gioco dimostrando come davvero, quando si creano le condizioni perché possano collaborare, esse siano in grado di cambiare il volto della città.
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La Piazzetta della Pescheria animata dal ROF (in basso).
Esposizione dei lavori realizzati dalle scuole (in alto).
Le panchine di Piazza Saffi “vestite” di maglia (in basso).
Né vanno dimenticati, accanto agli eventi, i laboratori che si sono susseguiti nelle due giornate: da quello di disegno naturalistico del WWF a quello sul riciclo creativo a cura di Officina sostenibile, dal Lab brain di eco design e innovazione per le imprese curato da Centuria e Rinnova Romagna Innovazione a quelli sul cibo della Condotta Slow Food di Forlì e sul ballo della pizzica. Una citazione a parte merita poi il “gemellaggio” realizzato con la rassegna di teatro contemporaneo di respiro europeo “Ipercorpo”. Bambini Oltre mezzo chilometro quadrato di strade e piazze è stato infine riservato alla “Notte verde dei bambini”, che ha preso il via in realtà già dalle 10.30 del mattino di sabato e ha ricompreso - tra gli oltre 30 eventi per i più piccoli coordinati dal Centro Famiglie comunale - anche la “Giornata del naso rosso”, a cura dell’associazione dei clown ospedalieri volontari.
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Il secondo volume delle “52 domenIche In Romagna” Un nuovo viaggio in un territorio che non smette di stupire
le cIttà e I boRghI, la natuRa e la stoRIa, la costa e l’entRoteRRa Le “52 domeniche in Romagna” tornano con un secondo volume che narra il “sapore” dei luoghi e accompagna il lettore verso le mete più insolite e affascinanti per il week-end.
Una guida, organizzata come sempre in 52 itinerari, arricchita dalla segnalazione di curiosità, luoghi nascosti e esperienze suggestive, perché ogni domenica diventi indimenticabile.
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PERSONAGGI
Pellegrino Laziosi, un forlivese. di Franco Fabbri “...la terra, che fé già lunga prova e de’ Franceschi il sanguinoso mucchio...”. Così Dante nel XXVII canto dell’Inferno dice della nostra terra, a ricordare il primo maggio del 1282 quando i forlivesi, guidati da Guido da Montefeltro, sterminarono l’esercito francese inviato dal Papa Martino IV per espugnare la roccaforte ghibellina. Sì, Forlì, città ghibellina che già nel 1241 aveva fornito un sostanziale aiuto a Federico II alla presa della guelfa Faenza, gesto che le aveva reso il diritto di battere moneta e di fregiarsi nello stemma dell’Aquila Sveva in campo d’oro con la corona turrita. Era tutt’altro che una città tranquilla, e molto spesso si trovò al centro di vere rivolte contro il potere pontificio. È appunto nella turbolenta nostra città che nacque Pellegrino Laziosi, nel quartiere Schiavonia, allora centro cittadino, esattamente nell’attuale via Lazzarini. Descritto come studente ghibellino, esuberante rivoluzionario, splendido esempio di gioventù intelligente completata da un grande spirito, ebbe il coraggio di schiaffeggiare Filippo Benizzi, Legato Pontificio, inviato dal Papa per sedare le sommosse contro la Chiesa. È qui che si manifesta tutta la sensibilità e la grandezza di Pellegrino che, profondamente colpito dalla santità del personaggio, si pentì del gesto e, dopo averlo raggiunto sulla via di Roma, all’incirca nei pressi dell’attuale località Ronco, s’inginocchiò ai suoi piedi e, convertito, chiese di entrare a far parte dei Servi di Maria. Si dice che da quel momento la sua vita sia stata dedicata alla preghiera e alla penitenza con veglie, digiuni e macerazioni. In particolare, scelse di non coricarsi nè di sedersi per lunghissimi periodi; tutt’al più usava, nel momento di vera crisi, appoggiarsi al muro nudo della cripta, ancora oggi esistente nella casa natale, dove soleva raccogliersi in preghiera. Fu probabilmente questo supplizio a causargli la grave vascolopatia alla gamba destra con evoluzione in gangrena, sì da decidere per l’amputazione dell’arto allo scopo di salvargli la vita. Ed ecco il miracolo! Nella notte precedente il giorno fissato per l’intervento demolitivo avvenne una
completa guarigione, con ripresa funzionale della gamba malata. Così continuò ancora per molti anni a vivere in preghiera e penitenza. Un personaggio eccezionale, amato da tutti i forlivesi, credenti e non, come s’intende chiaramente dalla lapide sul muro della casa natale:
SALUTI REVERENTE IL POPOLO LA CASA IN CUI ALL’ITALIA AL MONDO PELLEGRINO LAZIOSI TUMULTUANTI LE FAZIONI UMANE NACQUE GHIBELLINO E SANTO I FORLIVESI AL CONCITTADINO I SERVI DI MARIA AL CONFRATELLO Questo è il Santo che per tradizione popolare protegge i malati alle gambe e di tumore. Questo è l’Uomo che tutti i cittadini di Forlì, proprio tutti, vollero e continuano a volere come Patrono della città. Ed è così che, pro-
L’altare di San Pellegrino che custodisce le spoglie del Santo.
prio il primo maggio (forse per caso data della battaglia nel Campo dell’Abate contro i soldati francesi inviati dal Papa), si festeggia il nostro Santo Patrono. È una bellissima festa per i forlivesi, grandi e piccoli. È la festa del colore, tutti i colori della primavera, dei fiori, dei palloni, dei dolci, dei giochi, con una diffusa predominanza del giallo che esplode da quelle bancarelle ricolme di cedri che per tradizione si comprano e, dopo la rituale benedizione, vanno ad adornare la tavola a fine pranzo, per essere gustati a fette ricoperte da un generoso strato di zucchero. Anche questa tradizione si perde nei tempi, forse per caso, perché questi meravigliosi frutti, che non nascono nella nostra terra, giunsero in città proprio in questo giorno di festa entrando a far parte della celebrazione del Santo ghibellino, le cui spoglie vengono venerate da tutti coloro che entrano nel Santuario quel giorno, e in fila ordinata portano una carezza all’urna.
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MUSICA
Al ritmo dell’innovazione.
La sala prove A (in alto) e lo Studio 1 di Deposito Zero Studios.
di Stefania Navacchia In questi mesi si è molto parlato di aprire Forlì al nuovo: accanto alla mostra sul Novecento e agli eventi ad essa correlati, ci sono state le “Giornate dell’innovazione responsabile”. Insieme agli importantissimi verbi “parlare”, “guardare”, “ascoltare” c’è anche “fare”, ci sono cioè nuove realtà che, malgrado la crisi, cercano di costruire il nuovo proprio attraverso il nuovo, offrendo servizi anche con le tecnologie più avanzate. Una di queste esperienze è quella di Deposito Zero Studios, una società di produzione multimediale il cui progetto nasce dall’esigenza di creare un punto di snodo in cui confluiscano competenze e professionalità da cui s’irradiano servizi. Si è dunque partiti dalla rilevazione di un bisogno esistente nel nostro territorio di rispondere a una domanda relativa alla produzione in primo luogo musicale, ma anche di video e di prodotti per Internet. Così lo scorso ottobre Deposito Zero Studios è divenuta realtà con sede a Forlì in via Asiago. È già un centro altamente qualificato e specializzato di servizi, ma è anche uno spazio di formazione e di incontro tra varie professionalità come musicisti, produttori musicali, grafici, web designer, fotografi, registi. Anche al suo interno lo studio ha competenze diversificate, poiché i suoi componenti provengono da percorsi differenti che si possono classificare in tre ambiti, quello prettamente musicale, della produzione e dell’editing del suono, benché molti soci abbiano variegate sfaccettature professionali. È il caso ad esempio di Marco Battistini, produttore, autore, musicista, sound engineer e programmatore. Troviamo analoghe specializzazioni in Mattia Dallara, che ha una maggiore predisposizione per l’elettronica. Responsabile tecnico è Thomas Salvador che ha la funzione di consulente. Consulente musicale e responsabile per la logistica è invece Marco “Benny” Pretolani, altra figura dalle molteplici competenze (musicista, arrangiatore, autore e produttore),
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Lo staff di Deposito Zero Studios: da sinistra Nicola Rosetti, Thomas Salvador, Marco Pretolani, Mattia Dallara, Marco Battistini.
membro e arrangiatore dei Good Fellas. Pretolani si occupa anche della promozione e dei rapporti con i clienti insieme a Battistini e a Nicola Rosetti, che aggiunge alle competenze musicali e di produttore quelle relative al cinema e alle scienze informatiche. Per comprendere la natura flessibile e multifunzionale di Deposito Zero Studios possiamo compiere un viaggio virtuale all’interno alla scoperta dei suoi spazi cominciando dalla Live Room , una sala di registrazione che ha una resa acustica molto reale e aperta, la cui riverberazione si può comunque modulare e adattare a varie esigenze. È questo il cuore di tutto lo Studio e ne rispecchia la natura versatile. Vi sono poi due sale prove (Sala A e Sala B): la prima, di elevata qualità sia sotto il profilo acustico sia sotto il profilo strumen-
tale, è adeguata per la messa a punto di allestimenti impegnativi e per un lavoro di gruppi più numerosi, grazie anche alla più ampia metratura. La più piccola Sala B, invece, si adatta meglio a gruppi di poche unità o a singoli strumentisti. Di fondamentale importanza sono poi i due studi dove avviene concretamente la produzione musicale e multimediale di questa nuova realtà. La prima parte di questo processo si svolge principalmente nello Studio 1 la cui tecnologia d’avanguardia consente a produttori, sound engineer e arrangiatori di soddisfare anche le esigenze più sofisticate. Lo Studio 2 è uno spazio più dedicato al Mastering audio e alla post-produzione, cioè alla preparazione dei prodotti per consegna, ma anche ad altre tipologie di lavori (ad esempio di carattere multimediale o pubblicitario).
Il teatro di posa è poi il luogo dedicato all’immagine, le cui apparecchiature consentono di realizzare video e servizi fotografici di alta qualità. Anche questo spazio è fortemente versatile: la sua notevole ampiezza potrà permettere in futuro di utilizzare questa sala anche per corsi di formazione di base (musica, computer, fotografia, grafica, etc.) e per ospitare eventi come mostre e videoproiezioni. Tutte queste nuove ipotesi progettuali confermano come le più intime vocazioni di Deposito Zero Studios siano da un lato il costante rinnovamento, dall’altro la ferma volontà di presentarsi come nodo cruciale di una nuova rete musicale e multimediale, che si sviluppi lungo il nostro territorio romagnolo e possa spaziare oltre. Lo studio si può visitare anche on-line, all’indirizzo www.depositozero.com
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Andar per mostre
Sguardi d’autore. di Rosanna Ricci
Pietro Gaudenzi a Forlì Pietro Gaudenzi è stato un ottimo artista, non molto conosciuto per vari anni se non dagli studiosi d’arte, ma tornato felicemente alla ribalta ultimamente perché il suo grande trittico, “Il grano” del 1940, è stato esposto quest’anno alla mostra “Novecento. Arte e vita in Italia tra le due guerre”, allestita ai Musei San Domenico di Forlì. Non solo, ma una mostra di opere del pittore è stata parallelamente ospitata, fino al 16 giugno, alla Galleria Farneti in via degli Orgogliosi a Forlì. La rassegna è stata anche l’occasione per conoscere i rapporti di amicizia e di lavoro che hanno legato il pittore con l’antiquario forlivese Ferrante Farneti. Un carteggio con circa un centinaio di lettere (alcune sono state esposte nella rassegna) permette di approfondire la conoscenza dell’artista ed aprire un mondo poco conosciuto soprattutto per quanto riguarda la realizzazione ed esposizione delle opere, i costi dei quadri, l’acquisto di opere di Gaudenzi da parte del Farneti, la partecipazione ad importanti concorsi d’arte come quello di Cremona e a rassegne d’arte, tra cui cinque edizioni della Biennale di Venezia. Inoltre a Gaudenzi fu assegnata la medaglia d’oro di benemerenza del ministero dell’Educazione nazionale (1940), dimostrazione questa di come l’artista avesse conquistato prestigio e una posizione di rilievo nell’ambito del contesto artistico italiano. Particolarmente interessante è poi una lettera del 1936, firmata Guglielmo Marconi, in cui viene comunicato all’artista l’assegnazione del Premio Mussolini da parte della Reale Accademia d’Italia. Dopo la seconda guerra mondiale l’artista non partecipò più a mostre ufficiali e si dedicò soprattutto a mosaici di arte sacra. Figlio di un musicista, Pietro Gaudenzi (Genova 1880 - Anticoli Corrado 1955), trascorse un’infanzia afflitta dalla povertà. Ebbe però la possibilità di frequentare l’Accademia di Belle Arti, si trasferì poi a Roma dove fu attratto dalle opere dei grandi maestri del Rinascimento da lui studiati in modo attento
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Un’opera di Pietro Gaudenzi.
e profondo. Le sue opere evidenziano quel carattere monumentale seguito attorno agli anni ’30 dagli artisti che gravitavano attorno al gruppo Novecento. Le figure esposte nella mostra manifestano questo aspetto pittorico ma anche il piacere materico del colore, l’attenzione per la misura, il disegno preciso
e sicuro, i colori e la luce ben dosati e una forte componente sentimentale. Accanto a fiori e nature morte, la mostra rivela la predilezione di Gaudenzi per la figura, in cui l’equilibrio compositivo, i sentimenti e la grande attenzione per l’umanità del personaggio si coniugano con eleganza e versatilità.
Il Padiglione delle Feste a Castrocaro con le vetrate di Tito Chini.
Tito Chini a Castrocaro Un lavoro paziente e metodico è stato effettuato nel Padiglione delle Feste di Castrocaro Terme per pulire e restaurare le splendide vetrate di Tito Chini che ornano l’ampio edificio di stile razionalista. Un doveroso omaggio ad un grandissimo artista, esecutore e direttore artistico nel 1936 del Padiglione delle Feste, dell’edificio termale e del Grand Hotel di Castrocaro. Quello di Castrocaro Terme è l’unico impianto termale ricostruito completamente durante il fascismo: oggi le vetrate restaurate da Paola Babini e le altre decorazioni dell’edificio sono visibili in una mostra allestita fino al 30 settembre nel Padiglione stesso, curata da Ulisse Tramonti. Una mostra doverosa per conoscere un artista di grande talento, per troppo tempo dimenticato perché appartenne al tragico periodo del Ventennio fascista. Tito Chini (Firenze 1898 - Desio 1947) aveva compiuto gli studi alla Scuola d’Arte di piazza Santa Croce a Firenze e, fin da giovanissimo, collaborò con le Fornaci San Lorenzo, di cui divenne nel 1925 direttore artistico con l’intenzione di dare alla produzione della fabbrica una svolta. Tra le sue opere più importanti va collocata la progettazione del complesso termale di Castrocaro nel 1936. Oltre alle numerose decorazioni pittoriche e in ceramica, molto interessanti sono gli allestimenti del Padiglione delle Feste progettato dallo stesso Tito in collaborazione con l’ingegner Diego Corsani. Pregevoli i vari pannelli in ceramica, i dipinti e le vetrate realizzati secondo lo stile dell’art decò che, in questo caso, rappresenta uno dei più alti esempi del decò in Italia. Da notare anche il prezioso pavimento decorato con navi, sul quale sovrasta una cupola ornata con segni zodiacali. Il Padiglione delle feste ospita cinque vetrate a forma di rombo che rappresentano La Meridiana, L’Eurasia (mappamondo coi 5 continenti), Il Timone, Le Americhe, L’Astrolabio. Queste tessere in vetro sono unite fra loro da filetti di piombo conservati ancora in modo magistrale. Completano queste
opere una serie di stanze comunicanti realizzate a fianco al salone, ricche di dipinti murali e decorazioni illuminati in modo suggestivo grazie ad appliques realizzate da Venini di Venezia, su disegno di Chini. La mostra, curata da Ulisse Tramonti e coordinata da Beatrice Sansavini, rien-
tra nel progetto “Atrium. L’architettura dei regimi totalitari fra società di massa, propaganda e idea di modernità”. L’ingresso è gratuito, la mostra è aperta al pubblico il sabato e la domenica dalle ore 10,00 alle 18,00; gli altri giorni su appuntamento (tel. 0543 767114).
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EVENTI
PIAZZE D’ESTATE. di Laura Bertozzi e Stefania Navacchia Eventi. Tanti eventi. Tutti programmati dal Comune di Forlì in collaborazione con altri enti e alcuni sponsor, per animare, durante l’estate, il centro della città stimolando i cittadini a diventare protagonisti e fruitori della loro città. Il calendario comprende 134 eventi nel periodo che va da fine giugno a settembre nei seguenti luoghi: Piazza Saffi, Piazzetta della Misura, Arena Eliseo, chiese, Piazzetta della Pescheria e Fabbrica delle Candele. Di seguito elenchiamo gli eventi in base alla loro tipologia: Per la musica e concerti il primo appuntamento è l’Emilia-Romagna Festival, questo il è il programma: 18 luglio - Chiesa del Suffragio (ore 21,15) East Meets West; 9 agosto - Istituto Masini (ore 21,15) Primo Premio! S. Cho, M. Demin (fl), A. Salvato (pf); 30 agosto - Istituto Masini (ore 11) Incontro con i compositori Musma per ERF2013; 30 agosto - San Mercuriale (ore 21,15) Musma. Music Masters on Air - coro Costanzo Porta; 3 settembre - Duomo (ore 21,15) Il Coro Romantico Audi Jugendchorakademie, Munich Opera Horns A.Schreiber (arpa), Martin Steidler (dir); 14 settembre - Duomo (ore 21,15) La Porta d’Oriente. Turkish National Youth Philharmonic, C.Mansur (dir). La rassegna Note notturne in Piazzetta della Misura propone molti appuntamenti: 5 luglio - Senza calma di vento - Gruppo 92 b; 7 luglio - Giovane Orchestra dell’Istituto Musicale “Angelo Masini” di Forlì, F. Fiorentini (dir); 19 luglio - Orchestra del Conservatorio Bruno Maderna di Cesena; 26 luglio Hugo Race Fatalists plays L.A. Woman (The Doors); 1 agosto - Trio d’archi Netnakisum; 4 agosto - Intercity Gospel Train Orchestra - Concerto in memoria di Silver Sirotti; 12 agosto - Banda Giuseppe Verdi di Carpinello, F.Casadei (dir); 8 agosto - Concerto sotto le stelle - Banda Città di Forlì, R.Fabbri (dir) - in memoria dei partigiani del gruppo Corbari; 5 settembre - Caminantes del Azul - del gruppo Alarc’h. Sempre in Piazzetta della Misura appuntamento poi il 6 e 7 settembre con Scott Wood Trio e Elena Piras per A Boxful of Treasures - III Festival internazionale di musica celtica.
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Il giovane flautista Matvey Demin che suonerà il 9 agosto presso l’Istituto Masini.
In Piazzetta della Pescheria (Corso Diaz 14) si tiene la Rassegna di burattini e di figure con musica dal vivo con l’Organetto di Barbéria: 8 agosto Fiabe selvatiche; 15 agosto Giovannin senza paura; 22 agosto Nuove avventure di Pulcinella e 29 agosto Garibaldi fu ferito, con Sganapino aspirante patriota. Per il Teatro Piazzetta della Misura ospita il 16 luglio la Compagnia il Dirigibile che presenta Esperando (testo e regia di Michele Zizzari) e per il Teatro dialettale: 28 luglio - La Compagnia Cla Bëla Cumpagnì presenta Par Amor… o par Bajoch?, 30 luglio - La Compagine di S.Tomé presenta Nadel a surpresa , 2 agosto - La Compagnia Cvi de mi paes presenta La Vitoria d’Macaron , 5 agosto - La Compagnia Cinecircolo del Gallo presenta Bona nota, Avuchet!, 26 agosto - La Cumpagnì dla Zercia presenta Gigion e’ va in’i fré . Sempre in Piazzetta della Misura molti altri appuntamenti: per Tutti zitti, film muti con accompagnamento musicale dal vivo, 4 luglio - The Lodger: A Story of the London Fog (1927) di Alfred Hitchcock, 23 luglio - The Circus (1928) di Charlie Chaplin; per Proiettare sotto la
Torre, 20 luglio - Non corriamo ma vogliamo andare di fretta,noi visionari vogliamo andare lontano, 18 videoclip musicali, 24 agosto - Storie di viaggio e non solo, Documentari fotografici. La Fabbrica delle Candele ospita un nutrito programma di spettacoli: 5 luglio - compagnia Malocchi&Profumi Le Baruffe, regia Maria Letizia Zuffa; 8 luglio - il documentario Isqat al Nizam- Siria, ai confini del Regime a cura di Sunset; 16 luglio - Grandi Manovre in Gabbie brillanti, regia Loretta Giovannetti; 19 luglio - Qaos in Musical sotto le stelle con brani dei musical più celebri; 20 luglio - Note d’arte, serata di musica, arte e spettacolo realizzata dalla compagnia dell’Anello dedicato a Jenny Valpiani; 24 luglio - Il Teatro delle Forchette in In&out, regia di Stefano Naldi; 30 luglio - Qaos in Non voglio mica la luna! Canzoni, suore e tanti guai, testo di Alberto Ricci e regia di Valerio Arpinati; 13 agosto - Strade blu-Folk &dintorni in Just Like a Woman con Ingrid Veermann e Mara Luz. Autori sotto la Torre quest’anno si sposta in Corso della Repubblica, davanti al Mega, e propone una serie di incontri con gli autori: 9 luglio - Gigi Moncalvo Agnelli segreti. Peccati, passioni e verità nascoste dell’ultima “famiglia reale” italiana , 16 luglio - Guido Meda Il miglior tempo , 18 luglio - Benedetta Parodi Le fate a metà e il segreto di Arla, 23 luglio - Paolo Nori La banda del formaggio , 1° agosto - Gene Gnocchi Il Gene dello Sport. Anche l’Arena Eliseo Estate Cinema presenta alcune rassegne: 11, 12, 17, 20, 30 luglio - rassegna cinematografica Accadde domani; 15 luglio, 19 agosto - spettacoli dal vivo con Roberto Mercadini; 8, 26 agosto proiezione di opere restaurate dalla Cineteca di Bologna. Concludiamo ricordando che i 76 eventi 800 e 1 - Impazza la Piazza, iniziati il 17 giugno, animeranno Piazza Saffi fino al 27 settembre con appuntamenti che abbracceranno numerose iniziative: dalla cultura allo sport, dai giochi alla musica, dall’esposizione di libri ad osservazioni al telescopio, dal baratto alle danze scozzesi, dallo yoga al burraco, dall’animazione ad arti visive.
In tutte le librerie
E TU SEI FELICE? di Mario Biserni
“La ricerca della felicità è legittima, la vita, in fondo, è un dono che va valorizzato al massimo.”
STORIE
Fidanzamenti di una volta. di Chiara Amato e Alessandro Fabbri Corre il febbraio 1935, a Sasseto, nel Comune di Montiano. Iris si guarda allo specchio. Stanca, ma felice. Il giorno del pane è quello in cui si lavora di più. La madre prepara la farina e lei con le sue cugine impastano quell’ammasso dove le mani si perdono. Una volta infornate le ciabatte a Iris è toccato il bucato, col rano e il sapone fatto in casa. Una fatica moltiplicata per ventidue anime che abitano assieme in quella casa di montagna. Ora però Iris si guarda allo specchio e sembra dimenticare la stanchezza. È bella del fascino inconsapevole di quando hai vent’anni. È bella di quando tutto ancora può capitare. Svelta Iris, facendo muovere ad ogni passo le frange del suo tubino nero, attraversa la sala che conduce alla scalinata, si ferma e raccoglie i pensieri davanti al camino che arde. Poi scende le scale, ancora segnate dal terremoto del 1918. Quel giorno una Iris bambina andava a prendere le ciliegie dal contadino e dopo un boato tutto diventò polvere. Iris ricorda la paura, e la voce della povera madre che gridava “Tornate! Tornate!”. Una voce che ancora le riecheggia
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nella testa. Il contadino delle ciliegie morì nella greppia, insieme ai suoi sette maiali. A casa il tetto venne giù proprio sulla testa della povera cugina Erminia mentre scendeva la scala. La zia, che aveva appena partorito, dal suo letto vide il soffitto venire giù dall’altra parte della stanza. Da lì tutte le notti all’addiaccio, nelle capanne dei contadini, sotto il cielo stellato... Iris inspira profondamente. Con un grande soffio scaccia via il ricordo giù per le scale. Raggiunge il fratello e le cugine che l’aspettano nella cucina per andare alla festa di carnevale di Elena, moglie del cugino Ernesto, a Santa Sofia. È freddo. Fiocchi di neve, grandi come foglie, cadono leggeri ma senza disturbare. Iris è giovane, e si diverte a ruzzolare giù per la discesa... alla fatica del ritorno ci penserà poi. Quando arriva alla festa viene rapita dall’atmosfera che si respira. In fondo alla stanza c’è un’orchestrina di musicisti che suonano la fisarmonica, il violino e il trombone. La gente a gruppetti chiacchiera e balla. Guardandosi intorno si accorge di Ennio. Ennio l’aveva incontrato ad una festa l’anno prima. Quella volta lui le disse “Ricorda che andiamo via assieme!”. Ma Iris alla fine scappò
Una decorazione del Padiglione delle Feste di Castrocaro. Foto Giorgio Sabatini.
nella neve, e fino ad ora ha creduto che Ennio la stesse ancora cercando nei boschi. Da Corniolo arriva un gruppo di ragazzi con la macchina. Tra questi volti insoliti Iris riconosce Werther. Per quanto ne sa, lui è fidanzato con una ragazza che lavora dalla sarta di Santa Sofia. E si sa, le sarte chiacchierano volentieri. Con sorpresa di Iris, Werther la invita a ballare e proprio in quel momento una voce vellutata attacca Parlami d’amore Mariù. Ballano. In silenzio. Poi Iris ricorda che lui è di un’altra, ed esclama: “Lei non mi prenderà mica in giro? Mi faccia il piacere, come se non sapessi che lei è fidanzato!” E Werther guardandola dritto negli occhi, senza neanche scomporsi: “Ah, no! Io quella lì non la voglio più! E sa che le dico? Che se non mi prende lei mi prenderà un’altra!”. Allora Iris e Werther si mettono a parlare di come lui abbia trovato la sua fidanzata che chiacchierava con un altro, mentre lui lavorava in casa. Per questo l’ha lasciata. La serata prosegue tra musiche e balli. Iris cambia spesso ballerino, perché in molti vengono a distaccare e a chiedere “Permesso!” per ballare con lei. Anche Bruno, della compagnia di Werther, prova spesso a farle il filo, ma ogni volta che le prende la mano per ballare Werther viene a distaccare. Iris ride di questa gelosia. Tanto che alla fine Werther lascia Bruno a piedi e decide di accompagnare Iris fino a casa. La salita non fa più paura. Una volta arrivati i due non si danno neanche un bacio, neanche una carezza. “Buonanotte!”. Da sola, sotto il cielo ormai stellato, Iris segue con gli occhi l’automobile allontanarsi. Non sa ancora. Non sa che quello è suo marito. Che tornerà dai campi nazisti dopo due anni di angoscioso silenzio. Che avranno due figlie meravigliose. Che apriranno un bar a Forlì e che lei camperà più di cent’anni. Iris è in piedi nel cortile, sotto le stelle. È bella del fascino inconsapevole di quando hai vent’anni. È bella di quando tutto ancora può capitare. (Storia liberamente ispirata alla storia di Elisa Mordenti, cent’anni, che vive a Forlì).
FORLì underground
Fatto di maggio rinvenuto il 2 giugno.
continuano SUL MELOZZO le storie SURREALI AMBIENTATE NELLA forlì CONTEMPORANEA.
di Mario Proli Premessa. La cronaca di questo piccolo fatto vero ha un antefatto che ci porta al 1° maggio quando l’estensore del manoscritto uscì di casa. Si è, infatti, in presenza di un testo anonimo trovato in piazza Saffi durante il concerto della Banda per la Festa della Repubblica, esattamente 32 giorni dopo. Svolazzava, quel foglietto, e mi capitò tra le mani. “Nel giorno di grazia della Festa del Lavoro” vi è scritto in apertura. Poi un promemoria: “Medicine nuove - blister da 32”. Il manoscritto continua con frasi spezzate. “Primo maggio 2013. Saluto questo giorno glorioso alla maniera antica, con un bicchier di Sangiovese”. Spazio bianco. “Esco per cercare me e il mondo in questo anniversario che profuma di speranza”. Spazio ancora. Frammenti, dunque, che declinano in una strana progressione. Ne condivido la trama tenendo a mente la ricetta che Edoardo, già ispirato dall’Artusi, consegnò al leggendario Postkarten 49. “Sento profumo ma non è di speranza; piuttosto par d’agrume e aleggia nella stanza. Neppur vagassi fra le casse del mercato, c’è odor d’olio essenziale veramente esagerato. Seguo tal aroma fin nella piazza ove un chirurgo antico impone la sua stazza. Quivi stanno tante bancarelle ricche di cedri gialli e verdi ramoscelle. L’orologio fa le otto del mattino, musica proviene dall’antro di San Pellegrino. Rammento che è la festa del patrono e, incuriosito, entro a guardare quanti sono. Perbacco! La chiesa è straboccante di persone e all’altare un prete d’Asia tiene la funzione. Dicono esser “Servo di Maria” che dall’estremo oriente ha preso questa via. Con garbo mi faccio largo fra i credenti che chiedono a Dio protezione dagli stenti, dai mali dell’anima e del core, dalla crisi e dal dolore. Pure il coro ha tratti fisici orientali, son tutti nuovi forlivesi ormai stanziali che cantano in spagnolo e in filippino, anche il Padre Nostro, con ardore da bambino. Una partecipazione così intensa, in questi tempi d’apatia, evoca l’ossimoro e grande simpatia. Esco dalla chiesa emozionato e punto verso il centro maggiormente motivato. L’orologio segna le nove e, per fortuna, oggi non piove. Prendo posto in un caffè con in mano la “Ro-
sea” e un bicchier “ad bé”. Attendo quieto nel mio piccolo ristoro finché vedo sventolare le bandiere del lavoro. Arrivano musica e parole, sul palco s’anima un comizio e una nube offusca il sole. L’oratore parla di lotta e di diritti, di cassa integrazione e caro affitti. Un altro rinnova le denunce: disoccupazione, precariato, lavoro scarso e male salariato. Un terzo squarcia il cielo chiedendo sicurezza perché della ripresa, dice, non v’è certezza. Caspita che festa! Sguardi cupi, volti tesi, umore floscio e mal di testa. L’orologio segna mezzogiorno. Torno a casa un po’ avvilito e tolgo la giacca assai irretito dall’acqua che non bolle, dalla pasta piena di farfalle, dal Tg che urla la violenza, dal caos che regna nella stanza. Ho bisogno di dormire”. Uno spazio separa l’ultimo frammento. “Appena risvegliato sono ancora frastornato. Seguo in tv il concerto di piazza San Giovanni, dove piove ma ballan tutti senza affanni. Canta Max Gazzè e vorrei che anche da noi fosse così. Esprimo un desiderio: caro Max porta la speranza anche a Forlì”. Eccoci alla storia underground. Nel pomerig-
gio del 2 giugno i giornali online battono la notizia che durante la Festa della Repubblica è stato rinvenuto un noto chitarrista-poeta, di cui non si avevano notizie da settimane. Lo hanno trovato mentre passeggiava in mezzo alla cerimonia dell’alzabandiera vestito di rosso. Qualcuno ne aveva segnalato la presenza al Concerto per la Legalità in piazza Saffi, il 31 maggio. Pare sia rimasto a lungo in stato confusionale a causa degli effetti di una nuova medicina abbinata all’alcol. L’allucinazione è andata scemando con la fine delle pasticche... o del vino. Alle domande dei sanitari ha risposto: “Qualche giorno fa ho sentito due ragazze che cantavano e le ho seguite. Così sono arrivato a un concerto con migliaia di ragazzi che ballavano e ho visto che “Lui”, Max Gazzè, aveva esaudito la mia richiesta. In quel momento è apparso un personaggio alato che sfarinava sapienza e speranza su di me e sul mondo. Finalmente si riparte!”. Considerata la condizione mentale coerente con gli indirizzi della programmazione europea è stato giudicato in buono stato di salute ed è rientrato a casa da solo.
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In cauda venenum
Clicco, dunque sono. E mi curo al sanatorio della Ripa. di Ivano Arcangeloni (Segue da pag. 3) Le alte e impenetrabili mura dell’ex monastero della Ripa dovrebbero racchiudere un’area completamente schermata. Non appena varcato il cancello d’ingresso, il campo dovrebbe azzerarsi, per lasciare spazio solo all’orto, e i nostri vari “ahi” diventerebbero inutili, scatolette di plastica dal design seducente incapaci di incantare e distrarci, visto che sarebbero isolate dal web, eternamente sconnesse. Dentro, tra le mura dell’ex monastero, c’era (resiste ancora) un rigoglioso giardino, un autentico parco in pieno centro storico, purtroppo non fruibile dai cittadini, come del resto non lo è mai stato nemmeno ai tempi in cui l’ex monastero era sede del distretto militare. Lì ci sarebbero disseminate panchine nelle quali i riabilitanti potrebbero fermarsi e sedere a guardare i colori del cielo, senza poterlo fotografare, né condividere, se non con i compagni di cura. E in quel cielo candide nuvole, paffute o filiformi, ma comunque reali, non virtuali come il cloud aziendale cui affidi tutti i tuoi documenti informatici. I vari edifici dell’ex monastero saranno ristrutturati per accogliere i pazienti in tante camerette silenziose, dai muri spessi, illuminate dalla poetica luce di una candela. Qui gli ammalati troveranno solo una piccola scrivania, carta e penna, e sul far della sera sentiranno la necessità di scrivere dei loro pensieri, dei tormenti di un’anima che nei primi tempi di terapia sentirà lo smarrimento di dover essere senza poterlo twittare. All’inizio su quei fogli bianchi si scriveranno cose stupide, come “oggi ho girovagato per il giardino, a me piace questo elemento”, poi, mano a mano, ristorata dalla pace e dal silenzio, dall’assenza di tutti i beep informatici e dai trilli che annunciano i messaggi in arrivo, la mente ritroverà la loquacità di un tempo, e il piacere di raccontare il rosso di un tramonto senza poterlo fotografare e immantinenti condividere. Di sotto, nel grande spazio comune dell’antico monastero, avrà sede una biblioteca. Vi si troveranno i grandi classici della letteratura, e quelli
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della filosofia. Vietati i libri con immagini e fotografie, fatta eccezione per i codici miniati. La cura, va da sé, deve essere drastica, e bisogna riabituarsi al bianco e nero, alla pagina ricoperta fittamente di parole, al pensiero che si sviluppa lungo frasi ampie, articolate, dialettiche; al pensiero che argomenta e non parla per slogan. Niente musica, niente corrente elettrica, solo piccole lampade a petrolio, e tante, tantissime candele. L’unico suono sarà il frusciare delle pagine ingiallite dal tempo, inframezzato da qualche sospiro: quello di chi ha scoperto una bella parola, e la assapora dentro di sé, intimamente, nel suo segreto, per non sprecarla. A lato della biblioteca, in un’altra grande stanza, sarà posizionato il caminetto. Davanti al tepore della fiamma ci si abbandonerà alla contemplazione della forma cangiante del fuoco e ci si potrà perdere nei meandri del suo crepitare. Nelle ore centrali della giornata i pazienti si dedicheranno alla cura dell’orto, alle pulizie dei vari ambienti, alla cucina, a fare legna per il focolare. Ma il tutto si farà in grazia della cosa, senza paura di sbagliare, senza agonismo e senza ansia da prestazioni, perché tanto al Sanatorio
della Ripa le giornate scorrono lente, e pacifiche, e alla sera non c’è altro da fare che lasciarsi sprofondare in poltrona con un buon libro o accoccolarsi davanti alla fiamma del caminetto. Non sarà un carcere, e nemmeno un riformatorio o un campo di rieducazione, ma un hortus dove ritrovare se stessi. Le visite saranno ammesse. Gli operatori vedranno file di mamme pietose tentare di infiltrare all’interno, assieme alle canoniche arance, una consolle della nintendo, o una wii. Ma faranno finta di niente, tanto, dentro, senza corrente elettrica, saranno aggeggi del tutto inutilizzabili. E li accatasteranno in cantina, assieme a tutti gli altri, quelli che i pazienti più tosti si erano nascosti in una tasca interna dei pantaloni. Certo, qualcuno tenterà la fuga, altri cadranno, almeno agli inizi, in una forte depressione, altri ancora saranno preda di furiose crisi di astinenza. Ma dopo pochi giorni di quiete e silenzio, dopo pochi tramonti, dopo poche parole nuove, anche i pazienti più gravi capiranno quanto la terapia fosse per loro necessaria. Il problema semmai sarà che dopo nessuno più vorrà andarsene dal sanatorio della Ripa.
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APPUNTAMENTI
AL
CHIOSTRO
I GIOVEDÌ... DI SERA
IL SABATO DEI RAGAZZI
ore 21
ore 17
25 aprile
4 maggio
Salotto musicale con Hugo Race Fatalists
Rosaspina.Un teatro Raperonzola Teatro d’attore - 4/10 anni
2 maggio
11 maggio
Salotto musicale con Nada, special guest Fausto Mesolella
Il Baule Volante Sogno di tartaruga Teatro d’attore - 4/10 anni
9 maggio
18 maggio
Salotto musicale con Bobby Solo trio
Teatro Blu Ricordi di viaggio Teatro d’attore e oggetti - 4/10 anni
16 maggio
Quartetto italiano di clarinetti Omaggio alla musica klezmer
25 maggio
Rosaspina.Un Teatro Hansel & Gretel Teatro d’attore - 3/8 anni
23 maggio
Compagnia teatrale Elsinor Cuccagna ovvero l’arte di mangiar bene
1 giugno
Fondazione Aida Pippi calzelunghe Teatro d’attore e di figura - 4/10 anni
30 maggio
Blue Dolls Le canzoni del ventennio
8 giugno
6 giugno
Teatro Nata I quattro musicanti di Brema (La vera storia del Rock n’ Roll) Teatro d’attore - 4/11 anni
Paolo Ghetti jazz trio, special guest Lisa Manara Le canzoni proibite del ventennio
21 settembre
Teatro del Sangro Scrooge Teatro d’attore e maschere - 4/10 anni
13 giugno
I Canti Erranti Cantata per la Liberazione e la Resistenza
28 settembre e 5 ottobre ore 16,30
Gli Alcuni. Un cartone in 2 giorni Laboratorio di costruzione di un cartone animato sul tema della multiculturalità (a numero chiuso previa iscrizione)
20 giugno
Salotto musicale con i Goodfellas
12 settembre
12 ottobre
Nino Rota quartet Il magico mondo di Walt Disney
Gli Alcuni. Pollicino Teatro d’attore e pupazzi - 3/6 anni A seguire: proiezione del cartone realizzato nei due sabati precedenti
19 settembre
Elisabeth Cutler blues trio
26 settembre
Concerto/conversazione con il sassofonista Michele Selva
3 ottobre
Silvia Donati jazz quartet
DI
SPETTACOLO D’APERTURA Sabato 20 aprile ore 21
SIMONE CRISTICCHI
in “Mio nonno è morto in guerra” Rassegna realizzata in collaborazione con le associazioni Amici di Sadurano - Area Sismica - Big Ben/Strade Blu - Elsinor Rosaspina.Un teatro - Samarcanda/Naima L’ingresso a tutti gli eventi è libero fino ad esaurimento dei posti disponibili
Palazzo Talenti Info: 0543 19 12 025 - eventi@fondazionecariforli.it