IN Magazine Forlì 01/2014

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Forlì w w w. i n m a g a z i n e . i t ®

Anno XVIII - N. 1 - MARZO - APRILE 2014

Francesco

Tesei

Ai confini della mente

Start Up L'impresa in culla Alberto Lombardi Una family a tavola Collezione Verzocchi Il lavoro fatto ad arte



Sommario

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4 Annotare Brevi IN 10 Essere Francesco Tesei 18 Innovare Start up 25 Gestire Alberto Lombardi 28 Celebrare Benedetta Bianchi Porro 32 Gareggiare Ginnastica ritmica

| EDITORIALE di Andrea Masotti |

36 Ammirare Collezione Verzocchi 40 Scoprire Da Tredozio a Modigliana 48 Recitare Teatro delle Albe 50 Creare Deborah Baroni 53 Progettare Europan 12 57 Comunicare Menabò

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Scopriamo i segreti della mente con il personaggio di copertina di questo numero, Francesco Tesei, il mentalista partito da Forlì con i suoi spettacoli di magia e approdato a Sky con un programma tutto suo. Incentivi e supporti per sviluppare nuove idee imprenditoriali sono il tema dell’articolo su start up e territorio, per proseguire con un’idea perseguita con tenacia da Alberto Lombardi, forlivese che ha creato negli USA un grande impero della ristorazione. Ricordiamo poi la storia di spiritualità di Benedetta Bianchi Porro, nell’anniversario dei cinquant’anni dalla sua morte. Giovani talenti crescono nella gin-

nastica ritmica con le vivaci società sportive forlivesi e poi cultura e idee per qualche gita fuori porta con la proposta di un itinerario tra Tredozio e Modigliana, oppure di un pomeriggio d’arte nel nuovo spazio espositivo di Palazzo Romagnoli. Arte e creatività sono anche le parole d’ordine per i giovani talenti del teatro cresciuti nel Teatro delle Albe e per l’artista Deborah Baroni. Chiudiamo infine con uno sguardo sul design grazie al gruppo di architetti romagnoli che ha primeggiato a Europan 12 e, infine, con creatività e innovazione applicate al mondo della comunicazione in campo fashion grazie all’agenzia Menabò.

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Edizioni IN MAGAZINE S.R.L.

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Direttore Responsabile: Andrea Masotti Redazione centrale: Roberta Brunazzi, Serena Focaccia Progetto grafico: Lisa Tagliaferri Impaginazione: Sabrina Montefiori Controllo produzione e qualità: Isabella Fazioli

Fotografi: Lidia Bagnara, Massimo Fiorentini, Marco Montanari, Michela Puccica, Giorgio Sabatini

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Chiuso per la stampa il 24/03/2014

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Un software per contare le persone Forlì - Tra gli interventi attivati grazie al progetto speciale finanziato dalla Regione Emilia-Romagna - tramite la legge 41 per la valorizzazione del centro cittadino quale “Centro Commerciale Naturale” - c’è anche l’installazione di software contapersone. Si tratta di uno strumento, molto usato all’estero, che è stato installato sulle telecamere già presenti nella zona centrale di Forlì. Lo strumento consente di conteggiare i flussi di persone presenti nella zona nelle singole giornate e nelle varie ore del giorno, evidenziando così anche l’effetto prodotto dalle iniziative che si svolgono in queste aree. Da una prima statistica, relativa al periodo 15 novembre 2013 - 15 gennaio 2014, emerge che la media giornaliera è di 24mila persone, con picchi di 34.380 persone domenica 8 dicembre al numero minimo di 14.057 passaggi, registrati il giorno di Natale.

Comuni uniti nella Romagna Forlì - Lo scorso 18 gennaio è nata l’Unione dei Comuni della Romagna Forlivese. Un giorno importante che saluta una scelta all’avanguardia e molto positiva per i cittadini. Un nuovo e unico organismo fungerà da facilitatore delle scelte, consentirà l’ottimizzazione dei soldi pubblici disponibili per orientare al meglio gli investimenti e continuare ad assicurare servizi pubblici di qualità.

Forlivese

L’Unione dei Comuni della Romagna Forlivese include i Comuni di Forlì, Bertinoro, Castrocaro Terme e Terra del Sole, Civitella di Romagna, Dovadola, Forlimpopoli, Galeata, Meldola, Modigliana, Portico e San Benedetto, Predappio, Premilcuore, Rocca San Casciano, Santa Sofia e Tredozio, che insieme contano 188.674 abitanti disseminati su oltre 1.261 chilometri quadrati.

Cultura + impresa, premio al restauro di Icaro

Forlì - Il restauro del monumento a Icaro si è classificato al secondo posto nel “Premio cultura+impresa 2013” promosso da Federculture. Il progetto forlivese è stato infatti considerato tra i migliori in campo nazionale in un confronto che ha visto fra i concorrenti realtà prestigiose. A decretare l’autorevole riconoscimento è stata, il 27 febbraio scorso a Milano, una giuria formata da rappresentanti delle istituzioni e da esponenti del mondo della cultura e della comunicazione d’impresa. Il progetto “Ali Nuove per la Città” è stato scelto per la validità e l’originalità del sistema di compartecipazione e di coinvolgimento di cittadini ed esponenti del mondo economico, imprenditoriale e scolastico.

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La nostra costa diventa un Distretto Riviera romagnola - Nasce il distretto della costa emiliano-romagnola di cui fanno parte i Comuni di Cattolica, Misano, Riccione, Rimini, Bellaria Igea Marina, Savignano sul Rubicone, Gatteo, San Mauro Pascoli, Cesenatico, Cervia, Ravenna, Comacchio, Codigoro e Goro, pari a circa 110 chilometri di costa. La costituzione del distretto turistico è stata firmata a inizio febbraio dal ministro del Turismo Massimo Bray. Il nuovo distretto è uno dei più importanti d’Europa, con circa 40 milioni di presenze annuali realizzate grazie a una straordi-

naria offerta ricettiva (3172 alberghi, 104.500 alloggi privati, 51 campeggi per un totale di 685mila posti letto), balneare (1426 stabilimenti balneari, 18 porti turistici con 5537 posti barca), del tempo libero (16 i parchi di divertimento), enogastronomica (2250 tra ristoranti, trattorie e pizzerie e 3700 tra bar, caffetterie, birrerie, enoteche).

L’obiettivo del nuovo distretto è quello di riqualificare e rilanciare l’offerta turistica, garantendo alle imprese particolari agevolazioni fiscali, amministrative e finanziarie, per la ricerca e lo sviluppo.



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Uno skipper in Piazza

Renzo Piraccini Cavaliere della Repubblica

Forlì - Il direttore generale dell’Apofruit Renzo Piraccini è stato insignito dell’onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica il 14 dicembre scorso, con una cerimonia tenuta nel palazzo della Prefettura di Forlì-Cesena. Da 38 anni impegnato a vario titolo nello staff della cooperativa Apofruit, Piraccini rappresenta una figura di riferimento nel mondo della cooperazione ortofrutticola. è presidente del Consorzio Almaverde Bio Italia, che associa 12 imprese di diversi settori merceologici. È inoltre presidente della cooperativa Cpr System di Ferrara, la più grande impresa italiana nel settore degli imballaggi di plastica riutilizzabili, ed è membro dell’Accademia Nazionale dell’Agricoltura.

Premio al Comune per la prevenzione rifiuti Roma - Lo scorso 16 gennaio si è svolta a Roma la cerimonia conclusiva del Premio nazionale sulla prevenzione dei rifiuti, promosso da Federambiente e Legambiente e patrocinato dal Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare. Tra i premiati anche il Comune di Forlì, che si è distinto nell’ambito della ristorazione scolastica e nella gestione dei pannolini presso i nidi d’infanzia, i reparti di pediatria e le famiglie. A ritirare il riconoscimento sono stati il sindaco Roberto Balzani e l’assessore all’Ambiente Alberto Bellini.

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Forlì - Una Mini 650 Fontanon è stata esposta lo scorso 20 gennaio in piazza Saffi. Una barca a vela di ben 13 anni con la quale lo skipper Michele Zambelli, romagnolo di 23 anni, ha concluso la Mini Transat 2013, traversata in solitaria dell’Oceano Atlantico dalla Francia al Centro America che lo ha impegnato per 24 giorni, 20 ore, 10 minuti e 5 secondi, facendogli guadagnare un ottimo decimo posto nella Classe Proto. Una classifica che lo soddisfa e una bellissima Transat, ha raccontato, anche se il risultato è stato condizionato da alcuni problemi tecnici dell’imbarcazione. Michele Zambelli ha ammesso di aver dovuto vendere il camper nel quale viveva per permettersi di partecipare alla regata, e che attualmente dorme nel furgone del cugino. Questa sua tenacia e forza d’animo nell’avventura intrapresa sono state premiate dal sindaco di For-

Saffi

lì Roberto Balzani, che gli ha assegnato un riconoscimento come “esempio per i giovani”, e dal suo sponsor la Cassa di Risparmi di Forlì e della Romagna, che lo ha eletto a simbolo dei giovani imprenditori. (C.C.)

Ph. Giorgio Sabatini

Lampe Berger, aromi di classe da Effedue Forlì - Lampe Berger, Romero Britto, Thun, Kitchenaid: sono solo alcuni dei prestigiosi marchi che il negozio Effedue di corso Garibaldi riserva alla sua selezionata clientela. Proposte che soddisfano ogni desiderio per quel che riguarda casa, liste di nozze, regali: tra questi spiccano le parigine Lampe Berger, eleganti lampade in vetro decorato con stoppino e sistema di diffusione per catalisi, utilizzabili con liquidi neutri o con profumazioni ambientali che diffondono nell’ambiente un aroma di freschezza. Regalo speciale per i fumatori di sigaro e per quanti amano vivere in un ambiente rilassante e profumato, disponibile in tante fragranze diverse. www.effeduefocacci.com


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Cna Romagna Estero imprese nel Mercato

Artisti di strada per la festa Artusiana Forlimpopoli - Scalda i motori la Festa Artusiana, che dal 21 al 29 giugno presenta la sua 18esima edizione accompagnata da una grande novità: la prima edizione del concorso per Artisti di Strada. Il bando intende selezionare gli artisti che animeranno le strade del centro storico nei giorni della kermesse e che potranno partecipare al concorso che assegna tre premi ad altrettante tipologie di performance: al miglior artista, alla proposta più originale e alla proposta più attinente al tema del cibo e al manuale dell’Artusi. In palio 500 euro per ognuna di esse, con la giuria presieduta dal direttore artistico dell’animazione di strada Simone Toni. Per prendere parte alla selezione è necessario inviare la descrizione della performance proposta, possibilmente corredata da un video che la racconti dal vivo. Termine ultimo per prendere parte è il 15 maggio.

Pistoia premia l’attore Stefano Gandini del Sicomoro

Forlì - Grande soddisfazione per la compagnia forlivese “Il Sicomoro”, selezionata insieme al altre sei compagnie amatoriali italiane dal Festival nazionale di teatro amatoriale “Fabrizio Rafanelli”, promosso dal Comune di Pistoia. Il festival ha premiato il forlivese Stefano Gandini come miglior attore protagonista per l’interpretazione nel giallo-comico “E se fossi tu... l’ospite”, diretto da Flavio Colonna. Il Premio “Rafanelli 2013/2014” è stato consegnato all’attore il 13 marzo scorso, a Pistoia.

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Forlì e Ravenna - Cna Forlì-Cesena e Cna Ravenna promuovono il servizio Cna Romagna Estero, per porsi al fianco delle piccole imprese nell’affrontare l’avventura dell’internazionalizzazione e la conquista del mercato globale. Il nuovo servizio è stato presentato nel gennaio scorso da Franco Napolitano, direttore generale di Cna Forlì-Cesena, affiancato dalla vicepresidente Roberta Alessandri e dalla responsabile all’internazionalizzazione Danila Padovani. Cna Romagna Estero mette a disposizione una vasta gamma di servizi e consulenze per l’export, attraverso un nuovo sito dedicato con notizie, opportunità. Presente anche un sistema per il calcolo del proprio “indice

globale

di esportabilità” e servizi innovativi come il “temporary export manager”; le sezioni “Schede Paese” e “chiedi all’esperto”. Il servizio è aperto a tutte le imprese del territorio interessate. www.cnaromagnaestero.it/

Irst, nuove ricerche con due istituti Statunitensi Meldola - Sempre più stretti i legami tra il centro di ricerca sui tumori italiano che ha sede a Meldola e due istituti di riferimento negli Stati Uniti, il National Cancer Institute di Bethesda e la John Hopkins University di Baltimora, entrambe nel Maryland. Una delegazione Irst composta dal prof. Dino Amadori (direttore scientifico Irst Irccs) e il dott. Wainer Zoli (direttore dei Laboratori di Bioscienze Irst Irccs), accompagnati dal dott. Franco Monti (U.O. Corelab Laboratorio Area Vasta Romagna, Pievesestina) ha visitato lo scorso febbraio queste due importanti istituzioni scientifiche statunitensi, per discutere i recenti progressi nell’ambito delle terapie immunologiche e delle tecniche diagnostiche nell’ottica di sviluppare nuove tecnologie e consolidare collaborazioni internazionali di alto profilo, per la lotta

e lo studio dei tumori più rari o particolarmente aggressivi come quelli del polmone o del sistema nervoso, e per improntare nuove strategie di ricerca bioinformatica in oncologia.


Mediastars premia Menabò Forlì - Prestigioso premio per Menabò Group: nella 18esima edizione del Premio Mediastars si è aggiudicato due Special Star e una nomination in shortlist per il video presentato a Cannes in occasione dell’ultimo meeting annuale di Ferretti Group. La giuria nazionale del premio, che ogni anno valuta i migliori progetti di comunicazione pubblicitaria, ha selezionato il video “Ferretti Sea Different” tra oltre 580 progetti, assegnandogli una Special Star per il copy e una per l’interpretazione da parte della Direzione Creativa. Menabò ha curato tutte le fasi del progetto, dalla sceneggiatura all’organizzazione, occupandosi anche di casting e grafica. La regia del video porta la firma di Alberto Comandini.

La Romagna verso Expo

2015

Forlì - Romagna Terra del Sangiovese, in sinergia con le quattro Strade dei Vini e dei Sapori della Romagna (Imola, Faenza-Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini) ha elaborato una serie di pacchetti sull’entroterra romagnolo da promuovere sui mercati esteri oltre che su quello italiano in funzione dell’EXPO 2015, evento di risonanza mondiale che si svolgerà a Milano tra maggio e ottobre. Le proposte turistiche puntano sull’accoglienza rurale di qualità della Romagna, seguendo il filo conduttore della esperienza gastronomica Artusiana e le motivazioni di viaggio (natura, storia, arte, terme) che possono interessare il target medio-alto del potenziale visitatore Expo. Protagonisti dei pacchetti sono cantine, agriturismi, frantoi, aziende agricole, produttori, trasformatori di specialità, ristoranti, trattorie, osterie, B&B, alberghi rurali, oltre ai 12 Musei del Gusto e della Ruralità dell’area romagnola.

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Essere | Francesco Tesei

Ai confini della

Mente

testo Gianluca Gatta - foto Marco Montanari

Francesco Tesei è ormai conosciuto in tutta Italia come il mentalista, grazie alla serie in onda su Sky Uno dove lo abbiamo visto impegnato in esperimenti impossibili ma che, lui ci tiene a sottolinearlo, sono frutto di duro lavoro e di conoscenza approfondita della comunicazione interpersonale.

È tutto vero. Francesco Tesei mi assicura che i suoi esperimenti non sono frutto di montaggio video o accordi con gli ospiti. Quello che abbiamo visto su Sky Uno da gennaio a marzo per dodici puntate, è il risultato di anni di studio e di esperienza in giro per il mondo. Letteralmente. Per quindici anni Tesei ha lavorato sulle navi Costa Crociere come illusionista - con la sua cassa per segare in due l’assistente, la scatola delle spade, il baule per l’evasione - e poi ha deciso di abbandonare la cabina stretta in cui viveva per avviarsi su un altro sentiero, quello del mentalismo. Lo abbiamo visto trovare una combinazione di quattro cifre chiedendo, a chi la conosceva, di contare più volte da zero a nove. È riuscito a indurre la giornalista di SkyTg24 Paola Saluzzi a costruire la struttura di una prima pagina di quotidiano esattamente come lui l’aveva già disegnata, pescando tra i titoli

ricavati da ritagli sparsi di giornale. Senza dimenticare l’incontro con la musica di Marco Sabiu, anche lui forlivese. Gli esperimenti di mentalismo sono talmente straordinari che, paradossalmente, è più tranquillizzante supporre che Francesco Tesei abbia facoltà paranormali anziché accettare che la nostra mente possa essere “scassinata” così facilmente. Come sei arrivato ad occuparti di mentalismo?

“Tutto cominciò con una scatola di trucchi di Silvan. La prima scatola non era neanche mia, ma di una mia amica. Avrò avuto sette anni. Volevamo mettere su uno spettacolo di circo per i genitori, nel garage, e lei mi disse: ‘Ho una scatola di magia, potresti fare il mago’. Lì è nato il mio amore per la magia. Un amore che non mi ha mai lasciato. A diciassette anni sono andato a Roma a conoscere alcuni prestigiatori che avevano studi di magia e

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ho avuto accesso a informazioni e testi che non si trovano in libreria. Con il tempo sono passato a numeri più impegnativi e spettacolari, alla David Copperfield, e con la mia ragazza di allora, che era di Civitella, siamo stati ingaggiati da Costa Crociere. Il mio spettacolo piaceva molto e sono rimasto quindici anni a bordo delle navi, viaggiando in tutto il mondo. Una vita bellissima per un giovane e per chi, come me, aveva voglia di viaggiare. Dopo i trent’anni ho cominciato a pensare che non avrei voluto farlo per sempre. Così cominciai a interessarmi di nuovo al mentalismo, disciplina che conoscevo ma che avevo messo da parte per l’illusionismo. Tornai a Forlì e quando mi sentii pronto decisi di autoprodurre un video, poi i miei primi spettacoli e infine sono arrivato a Sky Uno.”

Che cos’è il mentalismo?

“Il Mentalista è la prima serie italiana dedicata interamente a quello che può essere definito mentalismo contemporaneo. Molto differente da quello classico, che strizza l’occhio ai poteri paranormali, portato sulla ribalta negli anni ’70 da personaggi come Uri Geller,

Saper condizionare la mente che nelle trasmissioni TV piegava chiavi e cucchiaini dicendo di poterlo fare con la forza della mente. Il mentalismo contemporaneo si fonda invece su aspetti psicologici e di comunicazione e, proprio per questo, può essere considerata una disciplina che coinvolge tutte le attività della persona. Nella trasmissione TV mi metto in gioco

Francesco Tesei impegnato in una partita a scacchi durante la trasmissione “Il Mentalista”.

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in campi che non sono miei – una partita a scacchi, una sfida di pallacanestro, una mano di poker – proprio per mettere in luce il condizionamento a cui tutti possiamo essere sottoposti e la lettura che può essere fatta dei minimi segni del nostro comportamento per raggiungere il risultato voluto.”

Che cosa c’è di vero e di fittizio negli esperimenti presentati in TV?

“Chiunque si occupi di mentalismo a livello professionale può garantire che i miei esperimenti sono ripetibili senza necessità di accordi con la persona coinvolta. Quindi, in questa prospettiva, tutto quello che si vede in TV è vero. Il mentalismo è però anche una provocazio-


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Tesei con Cristina Chiabotto (a fianco) e Marco Sabiu (sotto) durante le riprese.

ne sul concetto di verità in senso più ampio. Buona parte di ciò che noi diamo per scontato, e che riteniamo reale, esiste soltanto nella nostra mente. Quando passiamo dal contesto degli oggetti concreti che ci circondano, che si possono toccare, a quello delle nostre relazioni personali, dei giudizi, della comunicazione con gli altri, scopriamo che proprio qui troviamo ciò che dà senso alla vita, che ci coinvolge provocando in noi sentimenti d’amore, d’invidia. Ebbene, è proprio il significato che ciascuno di noi dà della realtà a influenzare il nostro stato d’animo e le nostre azioni. Il mentalismo gioca a confondere questi piani, servendosi anche dell’illusionismo, allo scopo di creare scenari inventati, paradossali, che producono però risultati concreti.” Quando si parla di mentalismo, si sentono spesso citare Programma-

zione Neurolinguistica (PNL), Cold Reading , ipnosi. Che ruolo hanno negli esperimenti?

“La PNL mi ha aiutato a capire come la comunicazione riesca a

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modificare la nostra mappa mentale della realtà e, di conseguenza, anche il nostro comportamento. Se ad esempio prima di un appuntamento con uno sconosciuto veniamo a sapere da un nostro caro amico che la persona che dobbiamo incontrare è noiosa o inaffidabile, ci formeremo un pregiudizio che influirà sicuramente sul nostro atteggiamento durante l’appuntamento. La PNL è per me fonte di ispirazione, io ne spettacolarizzo i principi con l’obiettivo di suscitare meraviglia ma anche per sottoline-

are, grazie allo shock che investe le persone coinvolte, che noi dovremmo prenderci un po’ più cura della nostra mente e quanto sia importante la relazione interpersonale. La Cold Reading si basa sull’effetto Barnum, dal nome di un circense statunitense che si vantava di realizzare numeri che piacevano letteralmente a tutti. In sostanza, si dà l’impressione di sapere tutto su una persona che si ha davanti perché si utilizzano frasi, descrizioni, apparentemente precise ma in realtà molto generiche. Io la uso


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re i propri stati d’animo – come l’emozione di andare in scena davanti a un pubblico – per avere quella serenità che ti permette di cogliere ogni situazione, ogni particolare, e di sfruttarlo ai fini dello spettacolo. A differenza di un attore ogni sera mi trovo però, sul palco, con spettatori diversi e dunque devo ricreare da capo, anche se sulla base di un canovaccio, uno spettacolo sempre differente. Tutto molto diverso da quando facevo l’illusionista, dove ogni spettacolo era identico, della stessa durata calcolata al secondo.” C’è una percentuale di fallimento negli esperimenti?

per rinforzare alcune situazioni ma non è al centro degli spettacoli. Utilizzo invece l’ipnosi conversazionale, quella che si basa sulle tecniche di Milton Erikson. Bisogna comunque dire che siamo noi a scegliere di essere ipnotizzati o meno: il volante alla guida dell’auto è sempre nelle nostre mani. L’ipnotizzatore è una sorta di navigatore che ci suggerisce la direzione, ma siamo sempre padroni di cambiare strada.” Come si prepara un mentalista ad andare sul palco?

“Cerco sempre di riposare nel pomeriggio precedente a una serata,

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così da avere la memoria fresca e lucida. Non è una preparazione molto differente rispetto a quella di un attore. Si tratta soprattutto di gesti-

“La paura del fallimento è un freno, c’è sempre il rischio di fallire. Nel tempo però ho cominciato ad azzardare sempre di più nella consapevolezza di avere comunque gli strumenti adatti per deviare l’attenzione del pubblico se qualcosa va storto. Noi mentalisti siamo sempre alla ricerca del miracolo, quell’esperimento che non sei sicuro se si realizzerà ma che, se riesce, sembra veramente qualcosa di incredibile. Anche per i colleghi che ti guardano.” IN

Chi è Francesco Tesei Francesco Tesei nasce a Forlì e si appassiona alla magia fin da piccolo grazie all’incontro con una delle ormai mitiche scatole di giochi di Silvan. A 17 anni, un viaggio a Roma lo porta negli studi dei grandi maghi dell’epoca dove matura la consapevolezza di poter diventare un illusionista professionista. Il suo sogno si concretizza a 21 anni quando il suo spettacolo approda sulle navi Costa Crociere, che lo porteranno in oltre trenta Paesi del mondo per 15 anni. Decide poi di ritornare a Forlì e sviluppare le sue doti nel campo del mentalismo. Da qui è partita la nuova avventura che lo ha portato nei maggiori teatri italiani e, infine, su Sky Uno con un programma in 12 puntate interamente dedicato ai suoi esperimenti: Il Mentalista.




Innovare | Start up

L’impresa in

Culla

testo Serena Focaccia

Tra incubatori, supporto alle imprese innovative, premi ai migliori business plan e agevolazioni nell’accesso al credito, fare di un’idea una start up imprenditoriale può diventare oggi nel nostro territorio un progetto concreto e capace di guardare oltre.

Innovazione, cambiamento, idee in risposta alla crisi: l’anima di un’impresa nasce da qui e il territorio forlivese si impegna a reagire e a cogliere le occasioni per dare concretezza ai progetti imprenditoriali. Proprio per supportare le idee a maggiore potenziale innovativo sul finire del 2012 era stata concepita la Legge n. 221/12 che indicava una nuova tipologia di impresa, la “start up innovativa”, per società il cui oggetto sociale sia “lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico”. Nel corso del 2013 in Italia 1.681 imprese nascenti hanno beneficiato delle agevolazioni previste dalla legge.

Ma qual è il panorama della Provincia di Forlì in questo ambito? Ce lo illustra Alberto Zambianchi, Presidente della Camera di Commercio di Forlì-Cesena: “Sono undici le start up innovative che hanno preso avvio nel 2013 nella nostra provincia e sono equamente divise nei due comprensori, sei a Forlì e cinque a Cesena: svolgono attività comprese nel campo dei servizi oppure attività che rientrano fra quelle industriali e artigianali. La Legge n. 221/12 prevede una serie di esenzioni, agevolazioni fiscali, deroghe al diritto societario e una disciplina particolare nei rapporti di lavoro nell’impresa, da applicare in un contesto che favorisce la crescita sostenibile, lo sviluppo

tecnologico e l’occupazione, in particolare quella giovanile. Sottolineo come ci sia molto bisogno di idee innovative e risorse ‘fresche’, perché sono elementi che, uniti all’esperienza e alla competenza, contribuiscono a innescare la crescita tanto auspicata. Purtroppo, la situazione economica provinciale nel suo complesso registra tuttora numerose e preoccupanti criticità. Uniche note positive le crescite registrate nel settore manifatturiero a fine anno: fatturato (+0.9%) e ordini esteri (+6,2%).” Quali ritiene siano le priorità in questo momento per sostenere il tessuto economico locale e favorire lo sviluppo di iniziative imprenditoriali nascenti?

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Alberto Zambianchi, presidente della Camera di Commercio di Forlì-Cesena.

Ph. Giorgio Sabatini

“Il Programma Pluriennale per il prossimo quinquennio, recentemente approvato, rappresenta un prezioso e concreto strumento per dare continuità alle azioni positive già intraprese e per realizzare nuove iniziative finalizzate a rimettere al centro dell’attenzione di politica e istituzioni l’occupazione e le imprese. Ora qualche segnale positivo riaccende la speranza che la crisi si stia attenuando, rimangono tuttavia grosse preoccupazioni soprattutto per quanto riguarda l’occupazione e i flussi creditizi, tutte cose che ci spingono a portare avanti iniziative ‘anticrisi’. Per quanto ci compete, continueremo nell’opera di riduzione della burocrazia con snellimento delle procedure, di monitoraggio degli elementi di crisi per la programmazione efficace e tempestiva del-

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le azioni da mettere in campo. È comunque fondamentale, per chi intraprende un’attività imprenditoriale, orientarsi verso standard di qualità medio-alti e trovare elementi di novità e originalità che permettano una diversificazione dal modello economico tradizionale.” Innovazione legata allo sviluppo è dunque la parola chiave per intraprendere un’avventura imprenditoriale e su queste coordinate si muovono anche le azioni previste dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, descritte dal presidente Roberto Pinza: “Tra gli interventi mirati allo sviluppo economico vi è quello dei cosiddetti ‘progetti di distretto’, che mirano a dare organicità alle iniziative delle singole amministrazioni comunali del comprensorio attorno ad alcuni temi portanti, come la riqualificazione energetica, la promozione territoriale e, in particolare, la valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici in chiave turistica, ovvero di economia della cultura. Abbiamo poi previsto interventi nuovi come il ‘Fondo per lo sviluppo’, che ci ha visto stipulare un accor-

do con Camera di Commercio di Forlì-Cesena e Amministrazione comunale di Forlì. Si tratta di un progetto volto a creare un fondo di controgaranzia capace di facilitare l’accesso al credito da parte delle imprese locali.” Quali ritiene siano le priorità per la Fondazione per sostenere il tessuto economico locale e favorire lo sviluppo di iniziative imprenditoriali nascenti? “Certamente quella di consolidare l’insediamento universitario forlivese, promuovendone la diversificazione dell’offerta formativa, sostenendone l’attività di ricerca e, soprattutto, facilitandone la relazione con il mondo delle imprese. Oltre a questo, promuovere anche la ri-localizzazione delle aziende. Fermare la delocalizzazione quindi è possibile, ma occorrono idee innovative, frutto di un’originale attività di ricerca, ed è per questo che a novembre abbiamo siglato un accordo con il Comune e la Camera di Commercio per la realizzazione di un tecnopolo che troverà spazio tra la Scuola per controllori di volo ENAV Academy e la Facoltà di

Facciamo insieme il “Primo Miglio” Tempo fino al 30 aprile per dar forma a un’idea imprenditoriale e candidarla al premio “Primo Miglio”. Promosso da Confartigianato di Forlì Federimprese in collaborazione con Self Storage Forlì, Corriere Romagna, Menabò e Edizioni IN Magazine, il premio nasce per sostenere i migliori progetti d’impresa del territorio. Una commissione di valutazione designerà i tre progetti migliori, i quali potranno usufruire di una serie di servizi per dodici mesi a sostegno della fase di start up: voucher per il coworking presso Self Storage Forlì al 50% dei costi, progettazione gratuita di corporate identity e ADV a cura dell’agenzia Menabò, consulenza e gestione gratuita della contabilità da parte di Confartigianato, spazi redazionali e pubblicitari gratuiti su Corriere Romagna, servizio pubbliredazionale su “Forlì IN Magazine” e sull’house organ di Confartigianato Forlì “Essere Impresa”.


premio a sostegno dei migliori progetti d’impresa.

Diamo energia alle buone iDee Di impresa. Presentaci il tuo progetto di business, vinci servizi per partire di slancio. Hai voglia di fare, hai un progetto imprenditoriale in mente, vuoi avviare la tua attività nel territorio forlivese? prepara il tuo business plan e partecipa al premio primo miglio: puoi vincere un pacchetto di servizi che ti darà una marcia in più. Dagli spazi di lavoro alla contabilità e alla promozione, le tre idee vincitrici potranno infatti avvalersi di una serie di partnership di valore aggiunto per una scattante start up.

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A fianco, Roberto Pinza, presidente della Fondazione Cassa dei Risparmi; sotto, Vladimiro Mazzotti, business angel .

Ph. Giorgio Sabatini

Ingegneria Meccanica ed Aerospaziale dell’Università di Bologna.” Un’idea innovativa dunque ha bisogno del sostegno delle istituzioni, di misure volte a supportare i suoi inizi non sempre semplici. A volte però può essere necessario un aiuto in più, una “culla” in cui l’idea possa essere aiutata a crescere e a svilupparsi; per questo nascono gli incubatori, luoghi speciali in cui si coltiva il futuro. Vladimiro Mazzotti

per le start up ogni giorno, ci spiega come funziona un incubatore come CesenaLab: “Quando parte una nuova azienda, è importante concentrarsi sul core business: un incubatore/acceleratore di impresa fornisce la consulenza societaria e amministrativa per dare modo all’imprenditore di pensare allo sviluppo. Si aiuta inoltre a redigere un business plan credibile e si dà un servizio di mentoring,

Team full time e una buona idea è business angel presso CesenaLab, un incubatore e acceleratore d’impresa cesenate specializzato in digital economy. Mazzotti ha un passato di imprenditore di successo e dal 2010 ha iniziato a occuparsi come investitore e mentor nel campo del supporto alle start up, divenendo socio di H-Farm, un importante acceleratore d’impresa con sede in Veneto. Impegnato sul campo

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finalizzato a mettere in contatto le varie start up per sviluppare partnership e eventualmente trovare investitori. In questo modo fare impresa è più facile e si commettono meno errori.” Per chi avesse in mente un’idea e volesse provare a darle corpo, come si fa a sapere quando si è pronti per far partire una start up?

“In primo luogo è importante che

ci sia un team di persone che si impegna nel progetto a tempo pieno, non una persona da sola né a tempo limitato perché l’impresa in questo modo non riesce a svilupparsi. Poi ovviamente il progetto deve essere buono, e questo elemento può essere valutato all’interno di un incubatore.” IN



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Gestire | Alberto Lombardi

Una Family a

Tavola

testo Serena Focaccia

Lombardi Family Concepts dal Texas a Las Vegas è una certezza di successo nella ristorazione. Il suo creatore è il forlivese, Alberto Lombardi.

A sedici anni il forlivese Alberto Lombardi è partito dall’Italia alla volta della Germania e da lì non si è fermato fino ad arrivare a Dallas in Texas, dove ha aperto il primo di una lunga serie di ristoranti. Ma, soprattutto, negli USA Alberto Lombardi ha cresciuto, insieme alla moglie Vivian, la sua grande famiglia, impegnata al completo

nell’ambizioso progetto del Lombardi Family Concepts, una realtà che oggi gestisce più di trenta ristoranti. Con entusiasmo e passione Alberto Lombardi ci racconta la sua avventura e i suoi progetti. Come è arrivato da Forlì a Dallas? Quando e come è nato il desiderio (o l’opportunità) di trasferirsi oltreoceano?

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Alberto Lombardi in uno dei suoi locali (a fianco) e con la moglie Vivian (sotto). Nella pagina precedente Lombardi con le figlie Anna, Sarah e Laura, la moglie Vivian, il nipotino Ethan (in braccio), il nipote Matthew, il figlio Luca e le nipoti Stella e Taylor, in uno scatto realizzato nel ristorante Bistro 31.

“Avendo lavorato in molti Paesi, arrivato negli Stati Uniti sono rimasto subito sorpreso nel constatare come la gente qui fosse semplice e amichevole. Ho capito subito che qui se uno avesse avuto successo sarebbe stato apprezzato, mentre in Italia probabilmente sarebbe invidiato. Il Texas poi mi ricorda molto la Romagna perché i texani, come i romagnoli, sono molto amichevoli e ospitali. Il mio sogno è sempre stato di avere il mio ristorante e nel 1977 si è presentata l’occasione di rilevare uno, il Jeremiah. Facendo piccole modifiche e utilizzando il mio nome, già noto per l’attività negli hotel, ho proposto un menù classico italiano e ho assunto personale italiano e francese. È nato così un locale molto italiano, dalla forte accoglienza tipica romagnola: il successo è stato immediato.” Oggi Lombardy Family Concepts gestisce numerosi ristoranti con diversi marchi...

“Sono nato in Viale della Stazione e sono cresciuto fino all’età di nove anni sopra il cinema Odeon, la mia mamma si occupava delle pulizie del cinema. Fin da bambino osservavo le targhe delle macchine che passavano sulla via Emilia e sognavo di andare in tutte quelle città. Dopo aver lavorato in molti posti a Forlì (ad esempio da Flamigni, all’Hotel Masini...), sono partito per Berlino, poi ho vissuto a Bruxelles per tre anni e a Oslo, lavoran-

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do in hotel e poi in una compagnia di navi da crociera. Ho sempre desiderato visitare gli Stati Uniti e, appena è capitata l’occasione, nel 1973 sono arrivato a Miami, poi a San Francisco e, finalmente, a Dallas dove fui trasferito dal Fairmont Hotel per assumere la responsabilità di manager del Venetian Room. Pochi anni dopo proprio a Dallas ho aperto il mio primo ristorante.” Qual è stato l’approccio con gli USA e come è nato il suo primo ristorante?

“Poco dopo l’apertura del primo ristorante, mi sono buttato nella realizzazione di un bistrò francese chiamato Rendez-vous, che ha avuto subito successo a Dallas. A questi primi due, ne sono seguiti molti altri nella stessa Dallas e poi a Miami, Ft. Lauderdale, Captiva Island, Phoenix, Atlanta, Las Vegas per un totale di trentadue locali. Abbiamo diverse tipologie di ristorante: Bistro 31 (cucina mediterranea), Lounge 31 (sushi bar con DJ), Café Toulouse (francese), Taverna Pizzeria Risotteria (italiano), Sangria (spagnolo), Penne Pomodoro


(ristorante italiano per famiglie), Lombardi’s Romagna Mia (italiano).” Ma torniamo al passato: quali sono i suoi ricordi di Forlì? torna spesso nella sua città?

“Fino ai nove anni passavo le vacanze estive dai nonni in un podere del 1200 a Sambucheto, sopra a Civitella di Romagna, dove si viveva come una volta, il cibo era fatto tutto in casa e ancora si pranzava e cenava in un grande tavolo con nonni, zii, cugini e i vicini. Poi entrai in un seminario francescano a Longiano e lì ho passato tre anni che mi hanno aiutato ad affrontare tutte le difficoltà che mi si sono presentate successivamente. È lì infatti che si è formato il carattere e che ho capito che dovevo contare solo su me stesso. Nel 1985, poiché sentivo nostalgia per l’Italia, ho preso un anno di aspettativa e con tutta la famiglia ho affittato una villa ad Impruneta, vicino a Firenze. Da quell’esperienza ho capito che l’Italia non era più la stessa e che io non avevo più la stessa mentalità, così sono tornato a Dallas con convinzione. Vengo in Italia quasi tutti gli anni per visitare mia sorella, nipoti e cugini.”

Il successo nella famiglia In molti dei suoi ristoranti propone cibo italiano e anche romagnolo, quali sono i piatti a cui è più legato e che ama di più del nostro Paese?

“Nei ristoranti italiani serviamo cibo italiano, con qualche specialità romagnola come i garganelli, la solita lasagna, gli gnocchi, i cappelletti, il pollo arrosto al rosmarino serviti con Sangiovese Romagnolo dei Poderi dal Nespoli. I miei piatti preferiti sono seppie con piselli, canocchie in umido e trippa alla parmigiana, che difficilmente si trovano negli USA.” Nella sua vita professionale è sempre pieno di dinamismo e creatività, quali sono i progetti e le nuove sfide per la Famiglia Lombardi?

“Nei prossimi tre anni abbiamo in programma l’apertura di sei nuovi ristoranti nel Texas: tre Toulouse e tre Taverne. E non escludo la realizzazione di nuovi progetti, che è quello che più mi stimola. In ogni caso il più bel successo che ho realizzato rimane sempre la mia famiglia.” IN

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Celebrare | Benedetta Bianchi Porro

Un immortale

inno alla

Vita

testo Gabriele Zelli - foto Giorgio Sabatini

Cinquant’anni fa moriva Benedetta Bianchi Porro, giovane di Dovadola riuscita a trasformare la sua terribile malattia in un atto di fede e di gioia. Dichiarata Venerabile, prosegue oggi il suo processo di beatificazione.

Sintetizzare la vita di Benedetta Bianchi Porro è difficile, anche se necessario, per cui tutti coloro che già la conoscono capiranno le difficoltà che si incontrano nel farlo. Benedet t a nacque l’8 agos to 1936 a Dovadola da Guido Bianchi Porro e da Elsa Giammarchi.

Seconda di sei figli, fu colpita,

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quando aveva pochi mesi, dalla poliomielite, che le provocò l’accorciamento della gamba destra. Fin dall’infanzia fu costretta a numerosi spostamenti sia per il lavoro del padre ingegnere, che si occupava della costruzione delle terme di Sirmione del Garda, sia a causa della guerra, che portò la

famiglia a rifugiarsi inizialmente a Forlì, nella casa dei nonni, e poi a Casticciano (Bertinoro). Nei suoi diari, tenuti su incoraggiamento della madre, trapelano le ansie e le preoccupazioni per il passaggio del fronte e per i devastanti bombardamenti a cui assistette, bambina, fino al 4 dicembre 1944, quando


A fianco, un panorama di Dovadola, paese natale di Benedetta.

lasciò Casticciano per trasferirsi a Dovadola, ospite del nonno, per continuare a frequentare la scuola; la famiglia si trasferì invece a Forlì, anche se la casa venne occupata dagli inglesi. Nel gennaio del 1945 Benedetta raggiunse i genitori e qui si ammalò di para tifo. Rimase con la famiglia per tutta la durata della malattia, che si rivelerà lunga e grave. I frequenti spostamenti della famiglia imporranno a Benedetta di frequentare la prima media a Brescia dalle suore Orsoline per tornare poi a Forlì, prima alla “Flavio Biondo”, poi al liceo “Girolamo Bagatta” di Desenzano del Garda. In ognuno di questi luoghi Benedetta stringerà amicizie che dureranno nel tempo. Mentre stava frequentando la seconda liceo, precisamente nel febbraio del 1953, cominciò a perdere l’udito. Così scrisse nel suo diario: “Oggi (13 febbraio) sono stata interrogata in latino: ogni tanto non capivo quello che il professore mi chiedeva”; poi qualche giorno dopo: “Non ho capito quasi niente la lezione di arte... Che figura devo fare ogni

di maturità, iscrivendosi poi alla Facoltà di Fisica presso l’Università di Milano, per passare subito dopo a quella di Medicina. “Affrontai il nuovo studio con ardore - scrive -, avevo sempre sperato di diventare un medico! Voglio vivere e lottare per tutti gli uomini”. La sordità era però ormai totale, e di lì a poco fu costretta a farsi accompagnare da Anna, la domestica, che poteva almeno rispondere all’appello.

gressiva degli arti non la bloccherà per sempre, in occasione del dician-

Nel 1955 entrò in cura da un neu-

novesimo esame. Da quel momen-

rologo e contemporaneamente fre-

to rimarrà immobile, prima su una poltrona, poi a letto fino alla fine dei suoi giorni. Senza darsi per vinta: questo suo tenace attaccamento alla vita lo si può dedurre dagli scambi epistolari con amici e amiche, testi che assunsero, con il passare del tempo, la forma di una profonda riflessione rivolta a dare un senso alla propria condizione, ma anche alla vita delle persone che la circondavano. Così, nelle condizioni in cui si trovò, iniziò a riordinare sogni e valori che avevano determinato le sue scelte, rafforzandole con la

quentò i corsi universitari, ma nel 1956 si manifestarono altri gravi

“La vita mi sembra un miracolo” tanto. Ma cosa importa? Un giorno forse non capirò più niente di quello che gli altri dicono, ma sentirò sempre la voce dell’anima mia: e questa è la via che devo seguire”. Nonostante queste sue difficoltà, nel settembre di quell’anno fece l’esame per saltare la terza liceo e superò brillantemente gli esami

fotografia di un uomo affetto dal morbo di Recklinghausen dicendo: “La mia malattia è questa, ma non mi credono”. Nel frattempo aumentarono le difficoltà motorie e diminuirono ancora l’udito e la vista. Tuttavia, fra un’operazione e l’altra, riuscì a frequentare l’Università: “Rinunciare mi parrebbe una viltà”. Finché la paralisi pro-

sintomi della malattia. Da questo

momento iniziò per lei un vero e proprio calvario. Aveva 20 anni. Testimoni hanno raccontato che Benedetta intuì la vera natura del suo male che nessun medico era riuscito a diagnosticare: tanto che una sera, a un’amica di famiglia, mostrò nel libro di patologia la

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consapevolezza che tutto viene da Dio, anche i destini degli uomini. Di tutto questo ne sono testimonianza le sue lettere. Scrisse ad un’amica: “È però vero che la vita in sé e per sé mi sembra un miracolo con tutte le sue cose e vorrei poter innalzare sempre un inno di lode a Chi me l’ha data come vorrei farti capire quello che provo; conosci il Cantico delle creature di San Francesco di Assisi? È semplicemente sublime. Eppure io non innalzo un inno di lode di nessun tipo. Certe volte penso se non sia io una di quelle a cui... molto è stato dato e molto sarà chiesto!”. Ed è proprio in questo modo che affrontò la vita giorno dopo giorno. Il 29 giugno 1958 Benedetta sostenne, con esito negativo, l’ultima prova di esame prima della laurea: l’esame di igiene. Si proporrà di

sostenerlo nuovamente, ma non ci riuscì a causa del procedere inarrestabile della malattia, che il 7 agosto 1959 la portò ad un’operazione al midollo spinale, con conseguente paralisi totale degli arti inferiori. Il male non le diede scampo. Morì il 23 gennaio 1964 a Sirmione, dopo aver chiesto alla madre di leggerle l’Atto di offerta di Santa Teresa di Lisieux, mentre una rosa bianca (ora simbolo di Benedetta) fiorì in giardino fuori stagione. Nel corso degli ultimi anni comunicò con gli altri solo attraverso un filo di voce, e quell’alfabeto muto fatto di gesti convenzionali che le furono trasmessi tramite una mano rimasta miracolosamente sensibile. Eppure la sua forza spirituale fu così grande e contagiosa che la sua stanza si trasformò,

come è stato scritto, “in un crocevia di vite, di esperienze e di comunicazione fraterna”. Il 22 marzo 1969 la salma di Benedetta fu traslata nell’Abbazia di Sant’Andrea (la Badia) di Dovadola

e collocata in un sarcofago di terracotta con altorilievo in bronzo dello scultore Angelo Biancini di Castel Bolognese. La Badia è da allora meta di continui pellegrinaggi. Non deve meravigliare, quindi, se il 25 gennaio 1976 fu avviato il processo di Beatificazione nella Cattedrale di Forlì e se il 23 dicembre 1963 Papa Giovanni Paolo II approvò il decreto sull’eroicità delle virtù di Benedetta, che venne dichiarata “Venerabile”. Già inclusa fra i “Testimoni della Chiesa del Novecento”, si attende ora un miracolo perché la Chiesa possa procedure alla sua Beatificazione. IN

Il sarcofago di Benedetta Bianchi Porro nell’Abbazia di Sant’Andrea a Dovadola.

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Gareggiare | Ginnastica ritmica

Forti e delicate come

Farfalle

testo Francesca Miccoli

Dalla ricca tradizione forlivese della ginnastica ritmica è nata Gymnica 96, giovane società che oggi vanta atlete di caratura nazionale. Riuscite, con talento e tenacia, a conquistare la serie A.

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Eleganza, grazia, leggiadria. Ma anche fierezza e femminilità. Pura armonia in movimento. Non è un caso che le atlete della ginnastica ritmica siano chiamate “farfalle”, forti e delicate al tempo stesso. A praticare la disciplina olimpica femminile sono per lo più giovanissime. Ragazze che dedicano la propria infanzia e adolescenza ad uno sport meraviglioso che tanto dà, ma richiede anche enorme abnegazione. Davvero ferrea è la disciplina richiesta alle ginnaste, che consumano la propria esisten-

za tra palestra e scuola, sospinte sulle ali di un amore sconfinato verso uno sport nobile e magico. Forlì vanta una florida tradizione nella ritmica. A tenere alto l’onore

della città di Saffi è la Gymnica 96. Una società appena maggiorenne ma già da tempo proiettata nell’olimpo della ginnastica. Nell’ultima stagione agonistica la squadra ha visto una continua escalation di trionfi approdando in serie A. La massima aspirazione per il team monosportivo, che vanta la bellezza di 400 iscritte. “La Gymnica ha


vissuto una crescita esponenziale e negli ultimi sei anni ha quadruplicato il numero delle atlete”, spiega l’allenatrice ed ex ginnasta Pamela Barberini. Giovani che si allenano

non solo a Forlì ma anche a Forlimpopoli, Castrocaro, Dovadola e Vecchiazzano. Una diffusione resa capillare dal lavoro e dalla qualità delle nostre trainer e del nostro presidente Matteo Bartolini”. Undici le allenatrici, affiancate da coreografe e assistenti, spesso studentesse in Scienze Motorie, motivate a trasformare in professione l’hobby di una vita. “Tradurre in lavoro la propria passione rappresenta un grande traguardo ma altresì una grossa difficoltà - dice Pamela -. Anche perché la ginnastica non è uno sport remunerativo”. La gratificazione più grande per le al-

cerchio, fune, nastro e clavette, il percorso prosegue in maniera differente a seconda delle attitudini e delle inclinazioni di ogni atleta. “Si può scegliere di praticare in maniera amatoriale dedicandosi alla gpt (ovvero ginnastica per tutti), oppure passare all’agonistica”. Anche in ambito gpt la Gymnica ha ottenuto grandi risultati, mettendo in bacheca titoli regionali ma anche tricolori grazie alle quindici mini-atlete allenate da Rosa Margiotta, Alessandra Godoli e dalla giovane Silvia Bertoni. Sono invece venti le giovani di età compresa tra i 10 e i 19 anni impegnate in pre-agonistica e agonistica. A guidarle sono Pamela Barberini, Chiara Domeniconi e Natalia Putkho, affiancate dalle assistenti Caterina Girelli e Greta Cataldi. Per

La passione di 400 ragazze lenatrici non è legata alla vil pecunia né ad un algido punteggio, ma al feeling che s’instaura con le giovanissime, che grazie alle insegnanti si appassionano a questo sport, fatto di musica e danza, parte atletica e coreografica con gli attrezzi. “Si inizia a praticare la ritmica già a 4 o 5 anni, con attività ludiche ed esercizi motori di base. Le bimbe delle elementari entrano a far parte della categoria allieve, mentre i corsi più avanzati coinvolgono le ragazzine delle scuole medie”. Una volta acquisita confidenza con uno o più attrezzi tra palla,

le agoniste l’impegno in palestra è davvero gravoso. “Le piccole si allenano 3-4 ore al giorno per 3 o 4 giorni a settimana, che salgono a 5 o 6 per le più grandi. Il nostro è uno sport di precisione, per questo raramente ci concediamo pause. L’interruzione dell’abitudine porta, infatti, all’immediata perdita degli automatismi”. Le ragazze si giocano tutto in un’esibizione di un minuto e mezzo. Novanta secondi in cui anche il più piccolo dettaglio può rivelarsi determinante: dalla foggia del body alla musica, dall’espressività

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Polisportive Cava ed Edera, altre società in pedana

alla velocità d’esecuzione, passando per forza, coordinazione, elasticità. E ancora coerenza stilistica dell’esercizio rispetto al tema musicale, equilibrata distribuzione delle difficoltà nell’esercizio. Le ragazze si allenano nella splendida palestra Mercuriali di via Isonzo, il tempio della ginnastica in cui convivono civilmente le ragazze della ritmica e i ragazzi dell’artistica. “Davvero una bella struttura, che dobbiamo al presidente della Fig, il forlivese Bruno Grandi”, dichiara Barberini. In pedana tante atlete, a partire dal poker stellare che ha conquistato la serie A. “La quattordicenne Chiara Monti, che nella sfida per la massima categoria si è esibita nel corpo libero; Giulia Muscolino, di due anni più grande, ha con-

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quistato alti punteggi nel cerchio; la diciassettenne Arianna Leoni, la nostra capitana, ha incantato con fune e clavette, mentre l’universitaria Giulia Capacci ha dominato con palla e nastro. Le giovanissime Lucia Bellavista e Viola Feralli hanno completato la squadra in veste di riserve”. Tutte ragazze straordinarie. Il talento purissimo della Muscolino non è sfuggito all’occhio clinico degli allenatori della nazionale: già azzurra nella selezione giovanile, di recente Giulia ha vestito la maglia dell’Italia anche come individualista senior. Assieme alle compagne guarda ora a nuovi obiettivi. La vittoria più bella è sempre quella che deve ancora arrivare. Le farfalle non vivono un solo giorno. IN

Forlì può vantare altre due società di ginnastica ritmica: le polisportive Cava ed Edera. La prima, nata un quarto di secolo fa come associazione di quartiere su iniziativa di un gruppo di genitori, conta ben trecento iscritti tra ritmica e artistica. Nell’anno post olimpico si è registrato un autentico boom d’iscrizioni. Le ragazze si allenano al Ronco, a San Martino in Strada, al ginnasio sportivo, oltre ovviamente alla Cava. A guidare le atlete sono Rita Scalambra, Sabrina Romualdi, Elena Visani, Claudia Barducci, Chiara Lazzarini e la docente di danza Christelle Bion. La polisportiva è impegnata in gare inter-societarie ma anche nell’ormai tradizionale saggio natalizio e in numerosi eventi di solidarietà, a partire dalla rassegna nazionale coreografica, da 27 anni in scena in piazza Saffi ogni 1° maggio. La polisportiva Edera guidata da Carmine Capriolo ha in organico trenta ragazze allenate da Stefania Paganin e dalle assistenti Martina Casadei e Daniela Poggiolini. Le ginnaste, di età compresa tra i 5 e i 17 anni, si esercitano nella palestra di via della Libertà e in quella della scuola Palmezzano in vista delle gare di gpt. (F.M.)




Ammirare | Collezione Verzocchi

Il lavoro

fatto ad

Arte

testo Rosanna Ricci - foto Giorgio Sabatini

A Palazzo Romagnoli, recentemente restaurato, sono esposte le raccolte artistiche del Novecento della Pinacoteca civica di Forlì. Tra queste spicca la Collezione Verzocchi, con le firme dei maggiori artisti italiani del secolo scorso.

Un palazzo e la sua storia. Severo all’esterno, lirico all’interno. È il Palazzo Romagnoli di via Albicini 12, a Forlì, oggi restaurato e divenuto sede definitiva delle più importanti collezioni d’arte moderna donate alla Pinacoteca Civica forlivese da privati cittadini, affinché la città conservi memoria di una storia artistica che, a volte, s’intreccia con quella della città. La costruzione di palazzo Romagnoli risale alla fine del XVII secolo, se si escludono le tombe

trovate nei sotterranei e datate III secolo d.C. La famiglia Romagnoli acquistò e abitò l’edificio dal 1806 e, nel 1965, lo vendette al Comune di Forlì. Si trova molto vicino ai musei San Domenico, dove attualmente ha sede gran parte della Pinacoteca Civica forlivese, e questo permette di creare un ponte fra l’arte del passato e quella

più vicina ai tempi attuali. Al piano terra è conservata la straordinaria Collezione Verzocchi, nata dalla volontà di Giuseppe Verzocchi; al primo piano gli oli e le incisioni di Giorgio Morandi della Donazione Righini, le sculture di Adolfo Wildt donate da Raniero Paulucci de Calboli e “La Grande Romagna”, che comprende una selezione di opere pittoriche e plastiche (che saranno alternate periodicamente) appartenenti al patrimonio novecentesco forlivese formato da oltre un migliaio di opere. Tra le opere esposte alcune sono già molto conosciute perché presenti, come ad esempio le sculture di Wildt, nella grande mostra a lui dedicata, due anni fa, ai Musei San Domenico; altri lavori, premiati in prestigiosi concorsi romagnoli, sono stati ammirati in varie circostanze. Il gioiello più ampio ed interessan-

te del complesso museale di via Albicini rimane però la splendida collezione Verzocchi. Qualcuno potrebbe chiedersi perché l’imprenditore Giuseppe Verzocchi abbia voluto donare a Forlì, nel 1961, una collezione che pagò profumatamente e che rappresenta un ‘unicum’. Verzocchi era di origini forlivesi, amava questa città e ad essa rimase legato anche quando, per lavoro, fu costretto ad espatriare in Inghilterra e a fondare poi una ditta di mattoni refrattari a La Spezia. Lavoro: fu questa la parola chiave della sua attività imprenditoriale e della sua collezione. Verzocchi stesso lo spiegò: “Sono nato povero… ho lavorato e lavoro con tenacia, con amore, con fermezza ed è appunto per riconoscenza al lavoro… che ho invitato alcuni pittori italiani a trattare questo argomento nel

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loro linguaggio… scegliendo fra i pittori alcuni esponenti delle più varie e anche opposte tendenze affinché la raccolta, pur nell’unicità del tema, assumesse carattere panoramico”. Ed ecco l’unicità della collezione: una settantina di opere, tutte sul tema del lavoro, espresse secondo lo stile e il linguaggio personalissimo di ogni autore. Non solo, ma il collezionista, pur lasciando ai pittori scelte espressive personali, impose dei vincoli: tutte le opere dovevano avere la stessa dimensione (cm 90 x 70) e sull’opera doveva essere riprodotto, anche in piccole dimensioni, il mattoncino col logo V&D dell’azienda di Verzocchi. A corredo della collezione, ogni artista doveva aggiungere un suo piccolo autoritratto, anche a matita, e un breve scritto sui motivi della scelta dell’immagine rappresentata.

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Tutto questo, comprese le 1.123 lettere, le cartoline, i telegrammi, i biglietti fra Verzocchi e gli artisti, oggi si trova nel Palazzo Romagnoli. Si tratta di un materiale di grandissima importanza per ricostruire la nascita della preziosa raccolta, ma anche la situazione artistica italiana degli anni 194849 e, potremmo aggiungere 1950, perché in quell’anno la collezione fu esposta per la prima volta alla Biennale di Venezia. Citiamo solo qualche nome degli artisti autori dei dipinti per capire la qualità de ‘Il Lavoro nell’arte’: Campigli, Cantatore, Carrà, Casorati, Cassinari, De Chirico, Guidi, Guttuso, Maccari, Migneco, Rosai, Moreni, Saetti, Sassu, Sironi, Soffici, Turcato, Vedova. L’unica opera che manca è il quadro “I pittori di barche” di Guido Cadorin, rubato durante un’esposizione milanese.

Sopra, Susanna Camusso segretaria della CGIL, il sindaco di Forlì Roberto Balzani e Cristina Ambrosini, project manager di “Forlì città della cultura” all’inaugurazione di Palazzo Romagnoli, davanti al quadro di Guttuso della Collezione Verzocchi. In apertura, “L’Architrave” di Campigli. A fianco, una vista dell’esterno di Palazzo Romagnoli.


Grande la varietà dei temi scelti: dai lavori nei campi a quelli in fabbrica, dalle donne che lavorano a maglia alle merlettaie, ricamatrici, modelle, indossatrici, dai pescatori ai pittori e scultori. Renato Guttuso, riferendosi alla sua opera “Bracciante siciliano”, spiega che nella figura rappresentata cerca di esprimere l’intero movimento, le energie, lo sviluppo del lavoro. Giuseppe Migneco in “Contadino che zappa” racconta l’arsa terra siciliana, su cui il contadino immerge la zappa lavorando dall’alba al crepuscolo. Massimo Campigli con “L’Architrave” mostra un padre che copre la famiglia con un tetto (in questo caso l’architrave). “Costruttori” di Carlo Carrà rappresenta il dinamismo delle due figure in azione. Mattia Moreni con “La fucina” spiega i motivi della sua scelta: “Il lavoro a cui io penso è il lavoro delle macchine, il lavoro nelle industrie”. Mino Maccari, in “Scuola di pittura”, ha rivolto la sua attenzione ad un atelier dove molti personaggi sono rappresentati nelle loro pose ‘professionali’. Quelli citati sono solo alcuni esempi di una fantastica collezione, in cui ogni opera è coinvolgente perché realizzata con grande passione. Palazzo Romagnoli è aperto da martedì a domenica dalle ore 9.00 alle 13.00, e il martedì pomeriggio dalle 15.00 alle 17.30 (info.musei@comune.forli.fc.it). IN


Scoprire | Da Tredozio a Modigliana

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Pedalando tra storia e

Natura

testo di Matteo Ranucci – foto Giorgio Sabatini

Le ruote scorrono lente sulla strada sterrata di crinale che unisce in un continuo saliscendi Tredozio a Modigliana. Il sentiero C.A.I.573 rappresenta il punto focale di questo facile percorso in mountain bike, sulle colline che corrono lungo la Valle del Tramazzo.

Tredozio è il paese più alto della Valle del Tramazzo. Entrato a far parte della provincia forlivese solo dopo il 1923 e una lunga dominazione fiorentina, è oggi un’apprezzata località del basso Appennino: superlativo è l’ambiente naturale che la circonda. Dell’antico castello appartenuto ai Conti Guidi non resta oggi che qualche fondamenta, a pochi minuti dal bel centro storico e da Palazzo Fantini, costruzione del ’500, che rappresenta l’edificio storico più prestigioso di Tredozio, dotato di decine di stanze, cantine, granai, lavanderie e di uno splendido giardino. Nel palazzo hanno oggi sede il Museo della Civiltà Contadina e la Biblioteca Panciatichi. Tredozio è anche il punto di partenza di

questo itinerario in mountain bike che collega la cittadina a Modigliana, lungo l’affascinante sentiero di crinale. Arrivati a Tredozio e posteggiata l’automobile, si svolta a sinistra (per chi proviene da Modigliana) in una stretta strada asfaltata che corre su un piccolo ponte: indicazione Monte S. Valentino. La strada sale decisa e si allontana dalla valle in direzione dei monti che sfiorano la parallela Val Montone. Ginestre, cipressi, un paio di bei casolari ben ristrutturati e un fitto bosco a fianco della carreggiata rendono l’ambiente piacevole. In pochi minuti anche il panorama si apre e sulla sinistra si intravede la strada provinciale che collega Modigliana a Tredozio. Si prose-

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Sopra, Piazza Vespignani a Tredozio; a fianco, il torrente Tramazzo che attraversa il paese. In apertura, la Rocca dei Conti Guidi a Modigliana.

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gue per circa 5 km fino a giungere sul piazzale antistante la Pieve di San Valentino. La chiesa ha origini antichissime (562 d.C.) ed ebbe in passato un ruolo impor-tante: alla sua giurisdizione furono assegnati territori che spaziavano da Gamogna a Marradi, da Modigliana a Rocca San Casciano. Questo territorio venne definito come Piviera di SanValentino. Alle spalle della pieve, una statua di Cristo con le braccia spalancate al cielo. A fianco della facciata, la strada si fa sterrata. Un segnale escursionistico sulla sinistra indica che quello è il sentiero C.A.I. 573. Si imbocca la traccia segnata: la si

seguirà per tutto il tratto in fuori strada. Dopo poche decine di metri si arriva a un bivio in cui occorre tenere la destra in leggera salita fino a raggiungere un cancello, da aprire e richiudere, usato per controllare il bestiame. Poco dopo si incontra una deviazione sulla destra che indica Ca’ Cornio (chiamata anche Ca’ Corbari). Si prende la deviazione per raggiungere la casa, passata alla storia per essere stato il rifugio segreto di Silvio Corbari, simbolo della resistenza partigiana: proprio in questo casolare i partigiani comandati da Corbari, il 18 agosto1944, subirono un agguato da parte delle


truppe fasciste e furono catturati e uccisi. Per la storia che narra e per il fatto di essere uno dei “Luoghi della Memoria” della Resistenza Partigiana in Romagna, la deviazione è vivamente consigliata. Percorso a ritroso il tratto di sterrato, e raggiunto nuovamente il sentiero principale, si svolta a destra. La traccia corre sul crinale in un susseguirsi di facili saliscendi: la Valle del Tramazzo rimane visibile in basso sulla sinistra. La vegetazione, composta da roverelle, ornielli, ginestre e ginepri a macchia lascia spazio ad ampi pratoni in cui pascolano numerose mucche di razza romagnola.

In bici sul crinale La strada è bella e non presenta particolari difficoltà. Superato il secondo cancello, si incontra una deviazione a destra, da ignorare, e si prosegue su strada sterrata, che in questo tratto si fa più larga fino a raggiungere un gruppo di abitazioni. Si segue sempre il sentiero bianco e rosso delC.A.I. e si continua in discesa. Si lascia la Valle del Tramazzo e si costeggia il crinale sul lato del torrente Ibola. Dopo poche centinaia di metri la strada diventa asfaltata: si svolta a sinistra verso un costone albe-rato in una stradina che porta diretta all’arco della Roccaccia di Modigliana. Ci si trova sopra l’abitato del primo comune della Valle del Tramazzo, a fianco di quello che è il simbolo del paese. Il nucleo originale del Castello, risale all’epoca del dominio dei Conti Gui-


La Tribuna di Modigliana, costruzione simbolo del paese.

Fare Pasqua a Tredozio

di (XII, XIII secolo), ma si pensa che le sue fondamenta abbiano origini medioevali. La rocca, anche come conseguenza delle sue grandi dimensioni, conserva il suo fascino nonostante sia ridotta a rudere. Oltrepassato l’arco, si scende la ripida strada cementata e si mantiene la sinistra in uno stretto viottolo di paese che conduce alla sommità di Modigliana. Una bella strada lastricata consente discendere attraverso le piccole vie del borgo e raggiungere Palazzo Borghi, Palazzo Pretorio e tutti i più importanti punti d’interesse di Modigliana fino alla Tribuna, sin-

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golare costruzione con due campanili e un’edicola, altro simbolo della cittadina. Dal ponte sotto l’edificio si possono vedere le belle case, colorate dai bei balconi, che si affacciano dirette sul torrente. Da segnalare anche il Duomo, antica pieve di Santo Stefano in Juviniano, la Cappella di Gesù Morto, il Santuario della Madonna del Cantone, la Chiesa del Convento delle Agostiniane. Da Modigliana si prende la strada provinciale di fondovalle e in 10 km, in leggerissima salita e generalmente con poco traffico, si torna a Tredozio. IN

Nei giorni di Pasqua e pasquetta Tredozio torna indietro nel tempo per una festa dal sapore medioevale. Nati in tempi recenti, la sagra e il palio dell’uovo sono un’occasione per lasciarsi dietro le spalle l’inverno e salutare la primavera in un clima goliardico e di festa che attira ogni anno migliaia di spettatori. Nel pomeriggio del Lunedì dell’Angelo i rappresentanti delle quattro casate rionali di Tredozio - il borgo, il casone, il nuovo e la piazza -, dopo aver sfilato in costume d’epoca verso il palco montato nella piazza del paese e aver dato lettura alle sfide, lasciano spazio ai “guerrieri” che si affrontano nelle gare approntate sul greto del fiume che attraversa il paese: tiro della fune sulle due rive, attacco al castello, ricerca dell’uovo nel pagliaio, lancio delle uova sull’altra riva del fiume verso un maxibersaglio, lancio delle uova al proprio compagno da una piattaforma galleggiante sul fiume. Un’idea per una gita in famiglia, fra le tante proposte dalla nuova guida “52 domeniche con i bambini in famiglia” di Edizioni In Magazine. (G.G).


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Tower s.r.l. è un’azienda che ha nel proprio DNA lo spirito per l’innovazione. Ed è proprio questo che la differenzia dalle altre imprese che progettano ambienti e complementi d’arredo. Parlare di qualità del prodotto, di attenzione al cliente o di affidabilità, per Tower non è un mero esercizio linguistico ma un punto di partenza per declinare nel dettaglio gli aspetti concreti di un’eccellenza che da trentasei anni contraddistingue la sua attività.

“Qui alla Tower trattiamo direttamente ogni fase della produzione” afferma Giampiero Sintoni, Amministratore Delegato, “Dalla progettazione all’installazione, curiamo in modo integrato non solo l’aspetto estetico e funzionale dell’arredo, ma anche tutto ciò che ne costituisce l’anima nascosta: l’impianto idraulico ed elettrico, il sistema di sorveglianza, le installazioni audio e video.” Questa filosofia si rispecchia an-


Progettazione 3D di arredi che nell’organizzazione societaria dove ogni processo produttivo internamente, su misura con un’attenzione gli altri quattro soci, presenti anche nel ottimizzando le procedure ed eliminanal rispetto per l’ambiente. Consiglio di Amministrazione, dirigono do gli sprechi fin dalle fasi iniziali. Al ciascuno un settore ben definito seconcliente mostriamo su un megaschermo il do una visione di integrazione tra le varie componenti rendering in 3D dell’arredo, dove è possibile muoversi aziendali: Sandro Monti è il responsabile commervirtualmente negli ambienti come fossero già realizzati. ciale, l’architetto Emanuele Garoia è il responsabile Il cliente vede esattamente il risultato finale, le propordell’ufficio tecnico, Giorgio Leoni è il responsabile zioni tra le parti e la resa prospettica. Una volta approdelle produzione e Raniero Roncuzzi è il responsabile vato il progetto e scelti i materiali si passa alla produdi cantiere. zione, totalmente interna, effettuata con legno, vetro, “La nostra esperienza,” continua Giampiero Sintoni, “ci alluminio e materiali compositi.” Senza dimenticare, in ha permesso di affiancare all’attenzione per gli esercitutte le fasi di realizzazione degli arredi, il rispetto per zi commerciali del settore food, nel quale operiamo da l’ambiente che, qui alla Tower, costituisce una compolungo tempo, anche quella per i privati.” Sempre più nente essenziale dell’intero processo produttivo. liberi professionisti, per la realizzazione dei propri studi e uffici, si rivolgono infatti a Tower sicuri di trovare non solo un interlocutore estremamente attento alle esitower s.r.l. genze di personalizzazione, ma anche di poter contare Via Costanzo II 11/1, Forlì su arredi realizzati su misura al costo di un arredo tel. 0543 724823 info@towerfo.com - www.towerfo.com standard. Come è possibile tutto ciò? “Noi gestiamo


Recitare | Teatro delle Albe

L’alba di nuove

Stelle

testo Anna De Lutiis - foto Lidia Bagnara

L’attività sperimentale del Teatro delle Albe ha prodotti risultati importanti a livello internazionale. Lanciando giovani attori come Alessandro Renda, Laura Redaelli e Roberto Magnani, pronti a lasciare il segno.

Il Teatro delle Albe festeggia trent’anni e le sue nuove leve portano oltre confine il risultato di un teatro sperimentale sempre più apprezzato e richiesto. Non intendiamo parlare solo dei numerosi premi Ubu collezionati in questi anni da Marco Martinelli ed Ermanna Montanari (che recentemente ha vinto il premio Eleonora Duse), ma dell’impatto che questo teatro ha creato, soprattutto con giovani attori come: Alessandro Renda, Laura Redaelli, Roberto Magnani. Alessandro Renda è protagonista di un monologo scritto da Marco Martinelli, “Rumore di acque”. Un lavoro nato dall’indignazione nel leggere, durante il soggiorno della compagnia a Mazara del Vallo,

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sintetici annunci che riportavano ogni giorno il numero degli emigranti scomparsi in mare, svaniti per sempre nel nulla. Alessandro, raccontaci la trama dell’opera...

“‘Rumore di acque’ trasfigura in malinconica poesia la cronaca tragica dei barconi alla deriva nel Mediterraneo. Sono storie narrate attraverso il protagonista, io, che lavora in stretta collaborazione con il Ministro dell’Inferno: un monologo grottesco nella sua tragicomicità. Bisognerebbe leggere anche i libri di Gabriele del Grande per scoprire i sentimenti delle famiglie rimaste nel luogo di origine che spesso non rivedranno più i loro cari per capire perché questa gen-

te lascia il poco per, a volte, trovare ancor meno o solo la morte. ‘Rumore di acque’ che ha debuttato in prima nazionale al Ravenna Festival, nel luglio 2010, si avvale del patrocinio di Amnesty International, ha una storia ormai lunga come un cammino a tappe, di successi e rappresentazioni, da Lampedusa alla Corsica, dalla Germania al Belgio e alla Francia. È stato tradotto, in questi anni, in tedesco, francese e ora in inglese”. Come ti senti a rappresentare questo lavoro in America e quali sono le tappe previste?

“Siamo stati a New York, ospiti del prestigioso La MaMa Theatre, storico teatro della sperimentazione newyorkese. Durante la perma-


nenza americana, di tre settimane, abbiamo costruito una fitta rete di relazioni e progetti: un laboratorio con gli adolescenti di alcune scuole di Manhattan, laboratori e spettacolo con la Montclair State University in New Jersey e incontri pubblici. A fine febbraio concluderemo questa densissima esperienza, portando lo spettacolo anche a Chicago”. Come reagisce il pubblico?

“Per l’allestimento a La MaMa abbiamo pensato ad una scenografia adatta proprio per questo spazio. Ci sono i ‘sovratitoli’ per permettere al pubblico americano di seguire attentamente i versi del poemetto. Il pubblico, che ovunque ci accoglie con grande successo, partecipa con reazione di stupore per quanto viene narrato”. Mentre Alessandro miete successi in America, accompagnato dalle voci inconfondibili dei fratelli Mancuso, a Ravenna incontriamo altre due giovani leve del Teatro delle Albe: Laura Redaelli e Roberto Magnani, che portano sulla scena spettacoli diversi.

E tu, Laura, hai lo stesso percorso?

“Ho incontrato il Teatro delle Albe più tardi ma avevo già fatto qualche esperienza in Brianza, fin dall’età di sedici anni, incoraggiata da mia madre e perché c’era già chi in famiglia si dedicava al teatro, a livello amatoriale. Mi sono diplomata e poi iscritta all’Accademia Teatrale, anche se sentivo di cercare qualcosa di non accademico, un teatro diverso. Quando, a Bologna, assistetti a ‘Sogno di una notte di mezza estate’ riproposta da Marco Martinelli e dalle Albe ebbi una folgorazione. Partecipai ad un laboratorio che ebbe la durata di un anno, eravamo in quindici e riuscimmo, naturalmente con la guida di Marco, Ermanna e tutto il cast, a produrre l’opera ‘Salmagundi’ che poi rappresentammo”. Parliamo di emozione, Laura. Rimane ad ogni spettacolo oppure è ormai superata?

“Ogni volta, prima di andare in scena, si prega, s’impreca e ci si chiede cosa ci si sta a fare lì. Col tempo si matura, si acquista sicurezza, ma l’emozione c’è sempre”.

Roberto, quando hai sentito la pas-

E tu, Roberto, come superi certi mo-

sione per il teatro?

menti?

“Quindici anni fa, frequentavo l’Itis, m’iscrissi al laboratorio della non-scuola di Marco Martinelli. Pensavo che sarei diventato biologo marino per studiare quegli esseri imprevedibili e intelligenti che sono gli squali, invece lasciai la scuola e mi dedicai al teatro”.

“Le prime volte mi sentivo protetto, quasi immerso nel liquido amniotico che mi faceva star bene. Invece le mani diventano gelate e soprattutto si sente, in platea, il respiro del pubblico che fa paura. Una volta in scena, passa tutto”. A cosa stai lavorando al momento?

In alto, Laura Redaelli; sotto, Roberto Magnani. In apertura, Alessandro Renda.

“Mi sono dedicato a ‘Odissea’ di Tonino Guerra, così ho potuto usare il dialetto. Recentemente ho condiviso con Marco anche una serie di laboratori a Bologna, con studenti universitari”. Hai preso parte anche tu, Laura, a quest’ultima impresa?

“Sì, visto che il numero degli iscritti era assolutamente superiore al previsto abbiamo condiviso l’esperienza di Marco Martinelli. Comunque la mia più grande soddisfazione è stata l’interpretazione di un ruolo in un lavoro di grande successo, che ha vinto anche il premio Ubu, ‘Pantani’, dedicato alla tragedia del grande ciclista scomparso e ancora, lo scorso novembre, ‘Incantati’”. IN

IN Magazine | 49


Convergenze

sensoriali testo Aldo Savini - foto Lidia Bagnara

La musica dei colori, i colori della musica. La sinestesia è alla base della ricerca artistica di Deborah Baroni, che attraverso i suoi fiori prosegue in un percorso di contaminazione tra eventi sensoriali visivi, uditivi e olfattivi. La pittura di fiori, secondo la tradizione accademica, occupa insieme alla natura morta il gradino più basso della gerarchia dei generi, rispetto alla figura umana e alla pittura di soggetto sacro, storico e mitologico. Un genere minore riservato alle artiste donne, le quali,

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specializzandosi, si sono distinte per un particolare virtuosismo illusionista o per l’eleganza decorativa. Sul finire dell’Ottocento, però, si è determinato un capovolgimento della gerarchia, tale da rendere questo genere ideale per la sperimentazione pura: ne sono esempio

le “Ninfee” di Monet e i “Girasoli” di Van Gogh. Nel corso del Novecento con Giorgia O’Keeffe i fiori, colti in tutti i loro dettagli botanici, ingranditi come attraverso la lente di un microscopio o fotografati con un potentissimo zoom, si sono trasformati in una figura astratta,


Creare | Deborah Baroni

dove non è tanto significativo l’oggetto in sé quanto l’esperienza di esso, dunque l’emozione che sa trasmettere Un fiore può nascondere brucianti desideri intimi e personali, incantevoli melodie, giochi di forme e colori. Su quest’onda Deborah Baroni dipinge fiori in grande fino ad occupare l’intero spazio della tela, con l’uso quasi esclusivo

del “bruno Van Dyck”, un marrone tendente al nerastro che sottrae loro il colore naturale. Così i suoi fiori monocromi diventano forme scultoree, i petali puri volumi che trattengono illusoriamente il profumo, anche se l’artista vorrebbe unire suoni e rumori per ritrovare la sinestesia, la contaminazione di eventi sensoriali visivi, uditivi e olfattivi, distinti ma convergenti nella percezione. Il suo viaggio nell’arte è iniziato un po’ per gioco oltre un decennio fa quando si è iscritta all’Accademia di Belle Arti di Ravenna, dopo il diploma in Pianoforte al Conservatorio Verdi e la laurea in Conservazione per i beni culturali. Forte per lei era l’esigenza di coniugare la sfera del visivo e quella dell’uditivo: all’Accademia le discipline erano distinte, tuttavia alcuni docenti

erano sensibili a queste sue aspirazioni. È stata l’esperienza dell’Erasmus però, alla facoltà di Bellas Artes di Bilbao, a produrre una svolta: in quello splendido campus spagnolo ha frequentato corsi innovativi, grazie ai quali è riuscita a realizzare opere in cui c’è sempre qualcosa da sentire e da vedere, come sintesi unitaria. “Wawe” è il titolo delle prime creazioni. Sulla superficie di un cubo nero, all’interno del quale si nasconde una sorgente audio, un velo d’acqua viene attraversato da onde, increspature, cerchi concentrici a seconda delle frequenze acustiche che, con diversa intensità, modificano l’elemento naturale. Se l’orecchio è colpito dal suono, la vista è attratta in modo più profondo, poiché ha la possibilità di osservare non solo l’oggetto in sé ma la trasformazione che esso subisce quando è attraversato da onde sonore. L’artista lascia che siano esse a tradursi in espressione visiva, senza alcun intervento personale nella sua “macchina sinestetica”. Dalle sculture sonore singole è passata poi ad installazioni per farle dialogare tra di loro. Durante un lungo

lavori legati alla metropolitana.

Era il periodo successivo all’attentato; nonostante i rigidi controlli è riuscita ad aggirare i divieti per l’uso di dispositivi tecnologici. Ricordando le ricerche di John Gage e di Fluxus, ha campionato i vari suoni della metropolitana, fatto foto che sono state rielaborare al computer, trasferite su acetato e installate con il suono rielaborato: con il video “Mind the Gap” ha ottenuto un’immagine della metropolitana con personaggi dai volti cancellati, in cui agiscono anche i suoni, come il bi bip delle porte che si aprono e si chiudono. Il ritorno a Ravenna non ha spento la sua creatività: i fiori sono diventati il campo dell’attuale ricerca, finalizzata ad immergere nell’immagine visiva profumi, suoni e rumori. IN

soggiorno a Londra ha realizzato

Arpa e sculture sonore Deborah Baroni è nata nel 1976 a Ravenna, dove ha compiuto gli studi in Conservazione dei beni culturali, di pianoforte presso il Conservatorio Verdi e, successivamente, presso l’Accademia di Belle Arti. Ha svolto attività di ricerca nella Facultad de Bellas Artes di Bilbao (Spagna) e nel Chelsea College di Londra (UK). Con le sue sculture sonore ha vinto nel 2008 il concorso “Sinestesie” dell’Aquila. Nel 2010 ha iniziato a frequentare il corso di Arpa presso il Conservatorio B. Maderna di Cesena. Attualmente è docente presso gli istituti scolastici secondari inferiori e superiori di Ravenna e continua la sua ricerca artistica, esponendo in mostre personali e collettive.

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Progettare | Europan 12

Abitare l’

Ambiente

testo Linda Antonellini

Giovani architetti romagnoli hanno primeggiato ad Europan 12, la più importante competizione europea di architettura e urbanistica riservata a professionisti under 40. Con un progetto che punta su riuso e sostenibilità.

Una competizione internazionale di architettura, Europan 12, ha visto primeggiare un gruppo di giovani architetti in prevalenza romagnoli: Alessandro Pretolani, Filippo Pambianco, Andrea Sperandio, Davide Lorenzato. Un successo

che porta alla ribalta una riflessione sulla professione dell’architetto, oggi contrassegnata da un momento di crisi legato alla situazione del mercato immobiliare, ma che proprio in successi di questo tipo lascia intravedere uno sviluppo positivo per il futuro. Tra i protagonisti della vicenda troviamo due architetti forlivesi, Alessandro Pretolani e Filippo Pambianco, che ci parlano del risultato ottenuto e della figura del giovane architetto nel nostro territorio. Pretolani, come si è articolato il vostro percorso formativo-professionale e cosa vi ha portati ad unire

le forze sino ad ottenere risultati prestigiosi come questo?

“La nostra formazione è partita dalla laurea in Architettura presso l’Università di Bologna, poi per un lungo periodo abbiamo intrapreso strade differenti. Io per alcuni anni ho continuato a lavorare in ambito universitario, ottenendo a metà 2013 il titolo di Dottore di Ricerca in Composizione Architet-

tonica. L’architetto Pambianco è tornato invece in Italia nel 2011, dopo aver consolidato la sua esperienza all’estero lavorando per sei anni presso lo studio dell’architetto spagnolo Guillermo Vazquez Consuegra. Ci siamo nuovamente incontrati e abbiamo deciso di partecipare insieme a questo concorso. Abbiamo anche fondato lo Studio Caveja (www.cavejastudio.

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com), che ci consente di portare avanti parallelamente sia l’attività professionale sia quella di ricerca”. Filippo Pambianco, perché avete deciso di partecipare ad Europan 12, la più importante competizione europea di architettura e urbanistica riservata ad architetti under 40?

“Volevamo misurarci su tematiche di riuso e riqualificazione, nonché sull’elaborazione di progetti il più possibile adattabili ad uno sviluppo urbano sostenibile. Abbiamo deciso di partecipare in Svizzera, nazione che vanta il primato per l’architettura europea e dove ci sono le condizioni per poter esercitare al meglio la professione dell’architetto. Il sito su cui siamo intervenuti, la città di Marly, presenta un’area di circa sei ettari caratterizzata dalla presenza di edifici industriali che l’amministrazione cittadina ha intenzione

di dismettere nel breve periodo, per lasciare spazio a residenze e servizi. Il nostro progetto prevede la realizzazione di quattro unità di vicinato, che presentano all’interno una differenziazione tipologica e volumetrica. Queste unità possono essere riproposte in altre parti della città, sommate le une alle altre qualora il fabbisogno di residenza e servizi aumenti nel tempo”. È lecito domandarsi se, in un periodo di crisi economica diffusa, la progettazione architettonica abbia il dovere di riconsiderare i propri metodi di produzione e realizzazione di nuove edificazioni...

“Il progetto proposto - risponde Pretolani - analizza approfonditamente questa tematica, in quando diminuisce i costi introducendo sistemi di prefabbricazione, che permettono una semplificazione e riproducibilità degli elementi.

Questa scelta deve essere perseguita senza dimenticare l’utilizzo di materiali autoctoni e sistemi costruttivi tipici del luogo. Il progetto privilegia perciò un linguaggio contemporaneo, che crea un rapporto stabile e duraturo con le preesistenze, cercando di portare al minimo l’impatto con il contesto ed enfatizzando un segno di rinnovata espressione architettonica”. L’organizzazione del concorso, in accordo con l’amministrazione di Marly, ha reso noto che i gruppi vincitori, tra cui quello degli architetti dello Studio Caveja, prenderanno parte ad uno studio di fattibilità sull’area oggetto del concorso. Dunque le aspettative sono alte, come lo sono le speranze che tutto questo porti in un futuro prossimo alla realizzazione, anche solo parziale, dell’interessante idea progettuale. IN

Sopra, il progetto presentato dal gruppo di architetti romagnoli al concorso Europan 12. In apertura, Alessandro Pretolani e Filippo Pambianco.

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TenuTa DiavoleTTo Si accende la qualità

Con Il suo sAnGIovese A.MAre proDoTTo A BerTInoro Il GIovAne MAxIMIlIAn GIrArDI hA ConquIsTATo un IMporTAnTe rIConosCIMenTo Al MerAno WIne FesTIvAl. Arriva dalla Romagna il più giovane produttore di vino premiato all’ultima edizione del Merano Wine Festival, prestigioso appuntamento internazionale che riunisce le 300 migliori cantine non solo d’Italia ma di tutto il mondo, attraverso una rigorosa selezione tra migliaia di aziende vinicole di alta-qualità. È Maximilian Girardi, appena 24enne, che coltiva sangiovese e albana sui colli di Bertinoro. Nato in Alto Adige e trasferitosi sui colli romagnoli, Maximilian ha conquistato la giuria con il suo sangiovese “A.mare”, etichetta che unisce in modo giocoso la passione per il vino di un giovane perito aziendale che decide di rincorrere un sogno respirato fin da bambino, su un territorio di collina baciato dalla brezza dell’Adriatico. Cura maniacale dei dieci ettari di vigneto, rispetto dell’ambiente (lotta integrata), raccolta manuale delle uve e lavorazioni minime in cantina sono l’abc di Tenuta Diavoletto. Albana, Pagadebit, Trebbiano, Chardonnay e, soprattutto, Sangiovese: sono le uve da cui nascono i vini prodotti a Bertinoro, caratterizzati da profumi netti e vivaci, freschezza, mineralità e un profilo elegante e selezionatissimo: ventimila bottiglie, rispetto ad un potenziale di centomila. Una forte attenzione verso i clienti è il segno distintivo dell’azienda, che investe tempo e risorse per essere sempre al top e all’avanguardia, dal social-marketing alla cura del design; dal sito internet (completo di schede tecniche dei vini “scaricabili” e di e-commerce che permette l’acquisto dei prodotti direttamente da casa)

alla conoscenza del titolare di numerose lingue straniere (inglese, tedesco e francese), che facilitano i rapporti con i numerosi clienti stranieri. Benessere e ospitalità alla Tenuta Diavoletto sono i punti cardine di un progetto più ampio e ambizioso che mira a unire vino, cultura e natura a 360 gradi. L’azienda è stata protagonista di importanti eventi in tutto il mondo, da Milano a Tokyo, da Merano a Taormina e in agenda ne sono previsti tanti altri. Con questa visione, accanto alla “cantina” è stato progettato uno spazio in perfetta armonia con la stupenda cornice naturale dei colli di Bertinoro, dove poter dar vita a degustazioni, piccoli eventi, mostre e altre iniziative di carattere artistico ed enogastronomico. Numerose anche le collaborazioni con chef e ristoranti pluri-premiati, sia sul territorio (rinfreschi e catering, anche per la visita del Ministro dell’ambiente Orlando) che fuori dalla regione. Un’oasi di verde, dotata di piscina, in cui potersi fermare grazie anche a due piccoli appartamenti, destinati agli ospiti e ai clienti provenienti da lontano. Queste sono le caratteristiche dell’azienda: tenere alta la bandiera del Made in Italy e far conoscere il sangiovese romagnolo di alta qualità e gli splendidi territori che permettono di produrlo, in tutto il mondo.

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Comunicare | Menabò

Tra moda e

Marketing

testo Roberta Brunazzi

L’agenzia Menabò torna alla Sapienza di Roma con ISKO™ e Archroma per portare la propria esperienza nel marketing della moda, al servizio dell’educazione e della formazione.

Ph. Michela Puccica

A lezione di marketing e moda con Menabò. L’agenzia forlivese di marketing e comunicazione è infatti tornata alla Sapienza di Roma assieme ad ISKO™ e Archroma, per mettersi al servizio dei giovani che studiano per diventare i volti nuovi dell’industria della moda. Dopo la presentazione a Parigi del progetto I-SKOOL™, che coinvolge gli aspiranti stilisti di alcuni tra i migliori istituti europei, la lezione nell’ateneo della capitale è avvenuta in concomitanza con il lancio del nuovo progetto dedicato agli studenti del master in Fashion Management della Moda. Un pre-

stigioso marketing award voluto da ISKO™, leader mondiale nella produzione di denim, e Archroma, specialista in colorazioni sui tessuti e punto di riferimento globale per l’intero settore. I due player hanno creato una capsule collection di circa 30 capi trattati con Advanced Denim, la soluzione innovativa e sostenibile che Archroma ha ideato per la colorazione di uno dei tessuti più indossati al mondo. Agli studenti è stato chiesto di identificare la piattaforma strategica con cui proporre la collezione al mercato consumer, tra grafica, creatività e naturalmente strategia.

Obiettivo del progetto è la realizzazione di pacchetti di marketing simili nei contenuti a quelli offerti da ISKO™ ai propri clienti, e in cui Menabò si è specializzata collaborando con alcuni tra i più importanti fashion brand internazionali. Dopo la presentazione del progetto, ISKO™, Archroma e Menabò sono tornati in aula per la nuova edizione del ciclo di seminari “I professionisti della moda”, che vede coinvolta Fabiana Giacomotti come responsabile del corso di Scienze della Moda e del Costume. Durante la tavola rotonda Marco Lucietti (ISKO™), Albert Llort (Ar-

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A fianco, alcune campagne ideate dall’agenzia Menabò per il mondo del fashion. In apertura, il tavolo dei relatori alla Sapienza di Roma.

chroma), Andrea Masotti (Menabò) e Umberto Brocchetto (ISKO Creative Room™) hanno illustrato le particolarità dell’approccio B2B2C da loro adottato, che oltre a promuovere le caratteristiche del singolo brand “spinge” sui processi di filiera e sul valore degli ingredienti. Una visione di marketing completa, che gli studenti dovranno padroneggiare per spiccare il volo in questo multiforme mercato. “Negli ultimi anni – sottolinea Andrea Masotti, responsabile del fashion division e socio di Menabò Group – è molto cambiato il modo in cui le persone guardano alla moda, e questo ha influenzato anche la comunicazione. Se prima era soprattutto una questione di immagine e di estetica, oggi la comunicazione di moda è anche

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informazione. Il consumatore vuol sapere cosa sta comprando, e questo va correttamente comunicato, producendo vantaggi anche per chi produce. Penso agli ingredient brand, ai prodotti di denim come ISKO, alle aziende che lavorano sui capi finiti come Martelli...”. E per quanto riguarda il retail?

“Anche in questo caso la comunicazione sul punto vendita è sempre più strategica, soprattutto se i prodotti sono portatori di valori intangibili come quelli del fashion, con capi che presuppongono un’esperienza di acquisto che media tra informazione e intrattenimento. Per questo sfruttiamo ogni possibile leva di visual ed experiental marketing, con un progressivo aumento dei processi di tecnologizzazione interni agli store”.

Moda, comunicazione e informazione sono quindi sempre più connesse...

“Senza dubbio. La comunicazione è fondamentale nei prodotti ad alto valore immateriale. Ecco perché, dopo 30 anni di consulenza in un settore come il food&beverage in cui la comunicazione dell’ingrediente e imprescindibile, Menabò ha capitalizzato la propria esperienza creando una fashion division dedicata, che ormai da 10 anni è specializzata nei temi del Made in Italy, della sostenibilità e delle performance del prodotto, con professionisti preparati che seguono i nostri clienti a livello internazionale in house di strategia, consulenza, PR, ufficio stampa, grafica o eventi. Tutto ciò che serve per offrire un servizio a 360 gradi”. IN


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