R a ve n n a
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Tariffa R.O.C.: Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB - FILIALE DI FORLÌ - Contiene i. p. - Reg. al Tribunale di Forlì il 16/01/2002 n. 1 - E 3,00
Anno XIV - N. 1 - MARZO - APRILE 2014
Tiziano
Camporesi Alle origini della materia
Trail me Up Sui sentieri del mondo Candida e Sanja Il mattarello globetrotter Alfa Garavini Ripartire dall’Olimpia
Sommario
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4 Annotare Brevi IN 10 Essere Tiziano Camporesi 16 Creare Trail me Up 22 Girare Mordraud 24 Cucinare Candida e Sanja 26 Visitare Borgo San Rocco 32 Allenare Alfa Garavini
| EDITORIALE di Andrea Masotti |
36 Ammirare Collezione Verzocchi 40 Scoprire Da Tredozio a Modigliana 48 Recitare Teatro delle Albe 50 Creare Deborah Baroni 53 Progettare Europan 12 57 Comunicare Menabò
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Storie di intelligenza e creatività sono il filo conduttore di questo numero che si apre con Tiziano Camporesi, nato a Cotignola e oggi coordinatore al Cern di Ginevra di uno dei più importanti esperimenti al mondo sull’accelerazione delle particelle. Creativi e all’avanguardia sono anche i giovani di Trail me Up, Fabio Zaffagnini e Gabriele Garavini, che ci portano a spasso virtualmente sui sentieri di tutto il mondo. E continuiamo con l’intraprendenza dello sceneggiatore ravennate Fabio Scalini e di due ragazze lanciate in un’avventura gastronomica in Oriente, Candida e Sanja. Un tuffo nel passato con la storia del Borgo
San Rocco e poi con uno sguardo sui successi pallavolistici degli anni Ottanta dell’Olimpia Teodora che oggi ritorna in auge sempre sotto l’egida di Alfa Garavini. Cultura e idee per qualche gita fuori porta con un itinerario tra Tredozio e Modigliana, o con un pomeriggio d’arte nel nuovo spazio espositivo di Palazzo Romagnoli a Forlì. Arte e creatività sono anche per i giovani talenti cresciuti nel Teatro delle Albe e per l’artista Deborah Baroni. Chiudiamo con uno sguardo sul design grazie al gruppo di architetti romagnoli che ha primeggiato a Europan 12 e, infine, con la comunicazione in campo fashion dell’agenzia Menabò.
Stampa: Graph S.N.C. - San Leo (RN)
Ufficio commerciale: Gianluca Braga, Luca Retini
Edizioni IN MAGAZINE S.R.L.
Collaboratori: Linda Antonellini, Erika Baldini, Roberta Bezzi, Andrea Casadio,Elio Cipriani, Anna De Lutiis, Nevio Galeati, Claudia Graziani, Gianluca Gatta, Matteo Ranucci, Rosanna Ricci, Aldo Savini
Redazione e amministrazione: Via Napoleone Bonaparte, 50 - 47122 Forlì tel. 0543.798463 - fax 0543.774044
Direttore Responsabile: Andrea Masotti Redazione centrale: Roberta Brunazzi, Serena Focaccia Progetto grafico: Lisa Tagliaferri Impaginazione: Sabrina Montefiori Controllo produzione e qualità: Isabella Fazioli
Fotografi: Lidia Bagnara, Massimo Fiorentini, Michela Puccica, Giorgio Sabatini
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Chiuso per la stampa il 24/03/2014
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Annotare | Brevi IN
Al museo nazionale tra erme e Antichità
Scatta... al Museo! Fotografia di scena al Musa Cervia - Cinque serate dedicate alla fotografia al Musa di Cervia, aperte a tutti gli appassionati e a chi si avvicina per la prima volta a questa affascinante forma espressiva, organizzate dal Museo del Sale in collaborazione con Manuela Guarnieri. Gli incontri del 6 e 13 marzo sono aperti al pubblico, quelli di 27 febbraio, 20 e 27 marzo sono invece riservati agli iscritti. L’iscrizione, del costo di 20 euro, dà diritto alla lettura dello stile personale di base, alla partecipazione all’uscita fotografica guidata e all’esposizione di una foto nella mostra collettiva “Scatta... al museo”, che si terrà dal 5 aprile all’11 maggio. Info. manuela.guarnieri@live.it; www.musa.comunecervia.it
Ravenna - Nelle rinnovate sale presso il primo chiostro del Museo nazionale, a fine gennaio è stata inaugurata la SALAsla delle Erme e Antichità, con preziose sculture dell’età classica. Le cinque erme ritraggono eroi e filosofi dell’Antica Grecia e furono ripescate in mare vicino a Ravenna, dove rimasero per
più di due secoli dopo il loro naufragio nel XVI secolo. Vengono ora esposte in una nuova sala a esse dedicata, con allestimento curato dalla soprintendente Antonella Ranaldi. Presentato anche il programma degli interventi futuri che coinvolgeranno il museo, per farne un luogo di attrazione turistica e culturale.
Omaggio alla Ferrari con le foto di Alberighi
La costa emiliano-romagnola diventa un Distretto
Lugo - Omaggio alla Formula Uno nei locali dell’Enò di Lugo (via Magnapassi 30, angolo via Tellarini), con una mostra fotografica dedicata alla Ferrari. “Il Mito” è il titolo dell’esposizione delle opere di Amalio Alberighi, esposte fino a metà marzo. Le immagini fotografiche in mostra a Lugo sono state scattate al Museo della Ferrari di Maranello, ed elaborate in post-produzione per esaltare l’aspetto grafico dell’immagine. La mostra è visitabile tutti i giorni, dalle 18 alle 2. info@enolugo.it
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Riviera romagnola - Nasce il distretto della costa emiliano-romagnola di cui fanno parte i Comuni di Cattolica, Misano, Riccione, Rimini, Bellaria Igea Marina, Savignano sul Rubicone, Gatteo, San Mauro Pascoli, Cesenatico, Cervia, Ravenna, Comacchio, Codigoro e Goro, pari a circa 110 chilometri di costa. La costituzione del distretto turistico è stata firmata a inizio febbraio dal ministro del Turismo Massimo Bray. Il nuovo distretto risulta uno dei più importanti d’Europa, con circa 40 milioni di presenze annuali realizzate anche grazie a una straordinaria
offerta di strutture ricettive (3.172 alberghi, 104.500 alloggi privati, 51 campeggi per un totale di 685mila posti letto), balneari (1.426 stabilimenti balneari, 18 porti turistici con 5.537 posti barca), del tempo libero (16 i parchi di divertimento), enogastronomiche (2.250 tra ristoranti, trattorie e pizzerie e 3.700 tra bar, caffetterie, birrerie, enoteche). L’obiettivo del nuovo distretto è quello di riqualificare e rilanciare l’offerta turistica, garantendo alle imprese particolari agevolazioni fiscali, amministrative e finanziarie, per la ricerca e lo sviluppo.
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Percorsi di arte, storia e Fede
L’olio di Brisighella su Google Cultural Institute
Ravenna - La scuola di formazione teologica “San Pier Crisologo” organizza Percorsi di Arte e Fede a cura del professor Giovanni Gardini, un
Brisighella - L’Olio di Brisighella è finito su Google Cultual Institute, il museo virtuale di Google dove sono raccolti i tesori nascosti, le passioni e le tradizioni del Made in Italy, grazie al progetto di Unioncamere e Ministero dell’Agricoltura. La galleria proposta è a cura del Consorzio di tutela della denominazione di origine protetta Olio Extra Vergine di Oliva Brisighella DOP. Le informazioni più curiose relative ai tipici prodotti italiani, con tanto di mappa da seguire per icominciare il viaggio, sono sul sito http://www.google.com/ culturalinstitute/project/ made-in-italy?hl=it
Filippo Donati rieletto presidente di Assohotel Ravenna - L’albergatore ravennate Filippo Donati è stato rieletto presidente nazionale di Assohotel, il sindacato degli albergatori aderente a Confesercenti. La riconferma è avvenuta durante i lavori dell’assemblea nazionale elettiva di Assohotel tenutasi a Roma il 4 febbraio scorso, a cui hanno partecipato anche una decina di delegati dalla provincia di Ravenna. Nell’occasione è stata eletta anche la nuova presidenza nazionale del sindacato, di cui fanno parte, oltre a Donati, anche Roberta Penso (presidente provinciale Assohotel) e Monica Ciarapica (presidente Assohotel Cervia). “Il settore turistico - afferma Donati - può essere davvero il volano per spingerci finalmente fuori dalle secche della crisi”. (R.Be.)
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ciclo di quattro incontri itineranti alla scoperta di una Ravenna inedita. Oggetto dei percorsi sono quattro temi poco noti, almeno al grande pubblico, della storia e dell’arte cittadine: la chiesa di San Carlino; la dominazione veneziana a Ravenna nei secoli XVXVI (da piazza del Popolo al Duomo); la cappella della Madonna del Sudore in Duomo; le pitture nella Basilica di Sant’Apollinare Nuovo. Gli incontri sono per mercoledì 19 e 26 marzo, 2 e 9 aprile, dalle 15,30 alle 17,30, e saranno illustrati dagli studiosi Giovanni Gardini, Alessandro Bazzocchi e Costanza Fabbri, nei luoghi indicati dal programma. La quota di partecipazione è di 35 euro complessivi, per gruppi fra un minimo di 15 e un massimo di 30 persone. Info: 349 0744954; 340 3365131, scuolaformazioneteologica@yahoo.it; giovannigardini.ravenna@gmail.com). (A.C.)
L’ex Questore Della Rocca torna in veste di Prefetto Ravenna - Fulvio Della Rocca è il nuovo Prefetto di Ravenna. Si tratta per lui di un ritorno nel capoluogo bizantino, dove dal 2003 al 2007 ha ricoperto l’incarico di Questore. Nato a Napoli nel 1950, Della Rocca si è laureato in Giurisprudenza presso l’Università partenopea. È sposato e ha due figli. Nel corso della sua carriera ha ricevuto numerosi attestati per importanti operazioni di polizia e ha svolto attività di docente di materie giuridiche e professionali in vari istituti. Tra gli obiettivi primari nella sua nuova veste di Prefetto, c’è l’importanza di offrire un clima di tranquillità ai cittadini, in sinergia con le istituzioni amministrative e la questura. Tra i punti sottolineati dal Prefetto Della
Rocca all’atto del suo insediamento, avvenuto a inizio anno, c’è il concetto di sicurezza partecipata, affinché tutti collaborino alla sicurezza collettiva partendo anche dalle segnalazioni dei cittadini alle istituzioni, per conoscere meglio le situazioni di disagio e degrado da affrontare. Ph. Massimo Fiorentini
Annotare | Brevi IN
L’incanto dell’affresco in mostra al Mar
Cinemadivino d’inverno, con vino e cibo al Sarti
Faenza - D’estate il cinema va nelle cantine, d’inverno le cantine fanno tappa al cinema: così, dopo aver animato le notti estive di circa 15 mila spettatori, Cinemadivino rovescia la sua formula tradizionale e arriva a Faenza (Cinema Sarti), Forlì (Cinema Saffi), Bologna (Odeon) e Santarcangelo di Romagna (Supercinema) per fornire dei succulenti “antipasti” al ricco programma che si svilupperà nell’estate 2014. Come sempre alla visione del film è affiancata da degustazioni al banco d’assaggio, che di volta in volta vedrà protagonista un’azienda vitivinicola locale. Non mancherà poi il Food Truck di Cinemadivino, il furgone/ristorante viaggiante con i suoi piatti tradizionali da gustare prima della proiezione o durante l’intervallo. I prossimi appuntamenti al Sarti di Faenza sono per il 13 marzo e il 10 aprile. Info: 366 5925251; www.cinemadivino.net
Al Teatro Socjale arriva Roberto Vecchioni Piangipane - Sarà Roberto Vecchioni, uno dei più grandi interpreti e autori della canzone italiana, accompagnato da Lucio Fabbri della Pfm e da un trio d’archi per una versione esclusiva del suo ultimo lavoro, l’atteso big ospite del Teatro Socjale di Piangipane, il prossimo 4 aprile. La ventiquattresima edizione prosegue, affiancando alla formula inossidabile a base di spettacoli di qualità grandi artisti, cinema e cappelletti. La novità di quest’anno sono i mercoledì divulgativi dedicati alla scienza, tenuti da noti studiosi e aperti a tutti. (R.Be.)
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Ravenna - Capolavori strappati da Pompei a Giotto, da Coreggio a Tiepolo: sono gli affreschi salvati che oggi incantano il pubblico al Mar di Ravenna, nella mostra aperta fino al 15 giugno intitolata appunto “L’incanto dell’affresco”. Curata da Claudio Spadoni e Luca Ciancabilla e realizzata grazie al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna, l’esposizione ripercorre la secolare storia e fortuna della pratica del distacco delle pitture murali, una storia del gusto, del collezionismo, del restauro, ma anche della tutela di quella parte fondamentale dell’antico patrimonio pittorico italiano, con preziosi prestiti provenienti dall’Italia e dall’estero. Cinque le sezioni, ordinate secondo un indirizzo storico-cronologico: dai primi masselli cinque-seicenteschi ai trasporti settecenteschi agli strappi ottocenteschi, fino alle sinopie staccate negli anni
‘70 del Novecento. Giotto, Pisanello, Andrea del Castagno, Bernardino Luini, Raffaello, Romanino, Correggio, Pontormo, Niccolò dell’Abate, Ludovico e Annibale Carracci, Guido Reni, Guercino, Tiepolo per citarne solo alcuni, sono i protagonisti indiscussi della mostra, insieme ad alcune fra le più belle pitture di Ercolano e Pompei. www.mar.ra.it
Ph. Massimo Fiorentini
Quattro matrimoni alla Campaza Ravenna - Quattro matrimoni in Italia, trasmissione in onda su Sky Tv, ha fatto tappa lo scorso 12 febbraio al ristorante La Campaza di Fosso Ghiaia, fiore all’occhiello della ristorazione ravennate da oltre 30 anni.
Il ravennate Marco e la brasiliana Elen sono stati gli sposi protagonisti della puntata, che ha visto sfidarsi quattro coppie a “suon di matrimoni” per aggiudicarsi un viaggio di nozze da sogno.
Un ristorante nel segno di Diabolik Ravenna - “Uno dei colpi meglio riusciti di Diabolik” al Mariani Lifestyle di via Ponte Marino. Dallo scorso dicembre, infatti, il pub, ristorante, pizzeria e café è tutto all’insegna dell’eroe dei fumetti nato dalla fantasia delle sorelle Giussani. Gigantografie dei personaggi, tavole di fumetti, arredamenti rigorosamente neri e rossi, grandi casse per la musica (il locale è insonorizzato), menù a tema e l’immancabile Jaguar. Oggi il Mariani – una sala teatrale privata aperta alla fine dell’800 e che per oltre un secolo ha segnato la vita culturale cittadina con proposte sempre all’avanguardia – grazie all’albergatore Maurizio Bucci ha ritrovato slancio e torna a nuova vita con il Diabolik, che si va ad aggiungere all’Osteria “I Passatelli”, al bar, alla paninoteca e alla gelateria anch’essi inaugurati a fine anno, in attesa di poter riaprire anche la sala cinematografica.
Ravenna Festival ricorda la Grande
Guerra
Ravenna - I cento anni dallo scoppio della prima guerra mondiale sono al centro della 25esima edizione di Ravenna Festival, che per il 2014 ha in serbo un programma ricchissimo. Durante la presentazione i direttori artistici Franco Masotti e Angelo Nicastro hanno introdotto molti degli spettacoli del festival a partire da quello inaugurale del 5 giugno, il balletto di Svetlana Zakharova con étoiles del Teatro Bolshoi di Mosca. Saranno presenti anche grandi direttori d’orchestra come Yuri Temirkanov, l’americano Kent Nagano, Valerij Gergiev con la blasonata Orchestra Filarmonica Ceca e naturalmente Riccardo Muti, che dirigerà l’Orchestra Cherubini sia nella verdiana Messa da Requiem sia in un concerto dedicato al maestro Claudio Abbado. Novità assoluta sarà poi la rilettura di due opere classiche, la Bohème e Elisir d’amore. (A.D.L.)
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Essere | Tiziano Camporesi
Alle origini
della
Materia
testo Elio Cipriani
Da Cotignola a Ginevra, passando per Stanford. La storia di Tiziano Camporesi, fisico sperimentale in forza al Cern, è di quelle che vale la pena raccontare. Legate al premio Nobel e al bosone di Higgs.
Al Cern di Ginevra, Centro Europeo per la Ricerca Nucleare, lavora un romagnolo importante. È il professor Tiziano Camporesi, classe 1958: da Cotignola è salito alla ribalta internazionale nel luglio 2012, perché dietro il premio Nobel per la Fisica assegnato al britannico Peter Higgs e al belga Francois Englert c’è il lavoro del “gruppo di ricerca” del Cern di cui lui fa parte. Camporesi, infatti, è coordinatore di uno dei cinque più importanti esperimenti al mondo sull’accelerazione di particelle, collegato alle ricerche relative al “bosone di Higgs”. Iniziamo dalla sua infanzia. Ci parli un po’ di lei...
“L’ho trascorsa fra Cotignola e Lugo; elementari e medie a Cotignola, liceo scientifico a Lugo. La
mia infanzia è stata particolare: a 6 anni ho avuto un incidente con frattura del cranio e parziale ablazione dalla parte danneggiata del cervello, che mi ha costretto a restare lontano dagli altri bambini per circa due anni. Ho passato la maggior parte di quel periodo a leggere: dopo aver letto tutti i libri che m’interessavano della biblioteca, ho iniziato l’enciclopedia!”. Come ha scoperto l’interesse per la scienza e la ricerca?
“Ho sempre avuto una natura curiosa e inquisitiva. Si dannavano tutti attorno a me, perché facevo sempre l’avvocato del diavolo. Sì, insomma, ero una persona decisamente anticonformista... La motivazione per fare studi di fisica mi è venuta soprattutto dall’esperienza
L’area sotterranea dell’esperimento CMS, coordinato da Tiziano Camporesi.
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del liceo dove, grazie al professor Dalla Valle e con l’aiuto di Enzo Cortesi - ricordo inoltre con affetto il mio prof. di fisica, il professor Capra -, passavo la maggior parte delle ore di fisica e scienze nei laboratori. La motivazione, per me tuttora profonda, sta nel pormi davanti ad un problema con il piacere di affrontarlo, ovviamente rinforzato se riesco a risolverlo. Il che non è sempre possibile, anche oggi... Sono state poi fondamentali le dodici settimane trascorse al Cern di Ginevra, mentre ero studente del quarto anno di Fisica. È stata la mia prima esperienza fuori dall’Italia ed ha provocato un vero elettroshock culturale: mi ha fatto cambiare la tesi. Ne stavo facendo una teorica, ma dopo quel soggiorno estivo ho cer-
Il rivelatore di particelle in vari stati, durante le operazioni di apertura.
cato un gruppo che mi permettesse di farne una sperimentale, proprio su uno degli esperimenti del Cern”. Quale sostegno ha avuto dalla sua famiglia e quali ostacoli ha superato per seguire la strada di ricercatore?
“La mia famiglia mi ha sempre supportato e sono grato ai miei genitori, di estrazione modesta, per non aver mai interferito ma anzi incoraggiato le mie scelte. Che a volte non erano banali e risultavano ‘rischiose’, dal punto di vista di un futuro ‘sicuro’ sul piano lavorativo”. È finito a studiare in America, in un ateneo importante come quello di Stanford dove, tra gli altri, si sono formate persone del calibro di Steve Jobs. Come ci è arrivato?
“Sono ‘emigrato’ negli Usa nel 1984. All’epoca non avevo prospettive in Italia; avevo avuto qualche contratto dopo la laurea con laboratori francesi, mentre nel nostro Paese c’era il blocco delle assunzioni all’università. Nel corso dell’e-
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sperimento in cui avevo fatto la tesi avevo conosciuto un professore di Stanford, e mi rivolsi a lui per ottenere un’offerta di post-doc. La cosa fu facilitata dal fatto che in Italia erano state bandite le prime borse di studio dell’INFN per gli Usa: vinsi una delle cinque borse e scelsi di andare a Stanford. E lì, dopo il primo anno come borsista, ottenni un contratto come visiting scientist”. È approdato poi al Cern di Ginevra, al dipartimento di Fisica sperimentale. Di che cosa ha iniziato ad occuparsi?
“Sono tornato al Cern nel 1986 come borsista: ero libero di scegliere a quale esperimento unirmi e decisi per l’équipe condotta dal professor Ugo Amaldi, all’epoca spokesperson dell’esperimento DELPHI all’acceleratore LEP”.
misura dell’energia dei fasci a LEP, un dato essenziale per la ricostruzione della massa del bosone Z, che ha richiesto la comprensione di fenomeni legati alla deformazione della crosta terrestre a causa dell’attrazione di marea del sole e della luna, e delle correnti parassite legate al passaggio dei treni che connettono Ginevra a Parigi. Sono poi succeduto ad Ugo Amaldi alla guida dell’esperimento LEP; poi nell’esperimento CMS, di cui sono stato responsabile della costruzione di due dei sei rivelatori che costituiscono l’esperimento, per divenire responsabile della messa in opera dell’esperimento fino alla prima fase di presa dati all’LHC, per poi diventare deputy ed ora spokesperson”. Nel frattempo ha messo su famiglia:
Quali sono i progetti e gli esperimen-
che ruolo hanno moglie e figli nella
ti che ha seguito in prima persona?
sua vita e nel lavoro?
“Ho fatto di tutto e con responsabilità sempre diverse... Tra gli ultimi progetti, mi sono occupato della
“Sono al mio secondo matrimonio: è sempre difficile dire perché un matrimonio fallisce, ma penso che
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una delle ragioni sia stato il fatto di non essere riuscito a mantenere un buon equilibrio fra lavoro e vita privata. Ci sono stati periodi, per esempio durante la partenza dell’esperimento DELPHI a LEP, in cui per 6-8 mesi non ho mai trascorso un weekend a casa... La mia seconda moglie è fisica e condivide la passione per la fisica, per cui penso di aver raggiunto un migliore equilibrio tra famiglia e lavoro. Ho quattro figli, due figlie dal primo matrimonio e due figli dal secondo, che adoro: soprattutto a loro cerco di dedicare il poco tempo libero che ho”. E arriviamo alle ricerche sulla cosiddetta “particella di Dio” e al Premio Nobel assegnato a Higgs ed Englert. Ci parli un po’ di questa celebre particella...
“Il bosone di Higgs era la ‘prova’ mancante per dimostrare i meccanismi introdotti nella teoria cinquant’anni fa per spiegare l’esistenza della massa per le particelle elementari... Verificare l’esistenza di quel bosone equivale a verificare che questo nuovo campo non è solo un artificio che permette di far ‘tornare i conti”, ma qualcosa che ha a che fare con il comportamento a livello fondamentale della natura. L’esistenza del bosone di Higgs apre quindi tutto un nuovo cammino, per capire come si è sviluppato l’universo a partire dal Big bang”.
Esplorare la materia Dal gennaio scorso lei è diventato il coordinatore internazionale dell’esperimento Cms (Compact Muon Solenoid) del Cern. Quali obiettivi si pone questo progetto?
“Per me è un’enorme soddisfazione personale: essere eletto da una comunità come quella di CMS, composta da 183 istituti e laboratori universitari di 43 paesi del mondo, per un totale di 2.500 ricercatori, è un onore che tocca a pochi. Spero di essere all’altezza delle aspettative dei miei colleghi: la responsabilità è grande. Penso che per l’Italia il fatto di avere persone che rappresentino comunità internazionali sia un segno dell’eccellenza del nostro sistema educativo. Gli esperimenti dell’LHC, come CMS, sono gli unici che oggi possano far avanzare l’esplorazione della materia a livello fondamentale. Questo spiega il fatto che un laboratorio come il Cern sia un’impresa a livello mondiale: fornisce gli strumenti di studio ad una comunità di 11mila ricercatori, che provengono da 103 paesi del mondo”. IN
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Creare | Trail me Up
Sui sentieri del
Mondo
testo Nevio Galeati
Sono giovani, cocciuti, creativi. Insieme hanno creato Trail me Up, servizio web che permette di effettuare visite guidate virtuali di luoghi accessibili solo a piedi.
Difficile ‘inventare’ qualcosa se non si è mossi da una grande passione. Poi, in realtà, la scintilla (o la lampadina...) si accende solo se conoscenza ed entusiasmo entrano in corto circuito. D’altra parte, una statistica recentissima fa notare come l’Emilia-Romagna sia una terra di inventori, una fra le regioni più creative del Paese. Nei primi otto mesi del 2013 all’ufficio italiano brevetti e marchi sono state registrate 836 invenzioni e depositati 3.388 marchi. Insomma i cervelli ci sono, e non necessariamente fuggono all’estero. Un esempio? Il servizio web Trail me Up, che permette di effettuare visite guidate virtuali di luoghi accessibili esclusivamente a piedi, come i parchi naturali, i deserti o le foreste; un’esperienza simile a quella dello ‘street view’ di Google Maps. Usando il mouse ci si può muovere all’interno di questi paesaggi, potendo anche acquisire informazioni particolari (artistiche,
naturalistiche, storiche) sui luoghi che s’incontrano sullo schermo. Il progetto porta la firma di due romagnoli, Fabio Zaffagnini, fusignanese che abita a Cervia, e Gabriele Garavini, di Cesena. Il primo
è geologo e ricercatore del Cnr di Bologna; il secondo è un analista programmatore. Fabio Zaffagnini, com’è nato questo progetto?
“Da sempre la mia passione è stata viaggiare. Poi, si sa, al ritorno si passano intere serate a mostrare agli amici le immagini di quei posti lontani. E stavo proprio raccontando l’ultimo viaggio, un’esperienza di trekking in Patagonia, quando mi sono accorto che non riuscivo a ‘spiegarla’ come avrei voluto. Mi sono chiesto: e se montassi tutte le foto in un programma per computer, in modo da far ‘viaggiare’ anche i miei amici? Pensavo, naturalmente, a Google Maps e alle immagini di strade e città. Così ho scoperto che non c’era niente
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di simile per i sentieri o i percorsi naturali. Allora ho coinvolto Gabriele: non ho alcuna competenza di elettronica e per trasformare l’idea in una cosa concreta era invece indispensabile muoversi in quei territori. Così, da zero, abbiamo progettato una ‘macchina’ che ci potesse consentire di catturare immagini a 360 gradi e panoramiche. Abbiamo montato il nostro strano zaino fatto di cinque piccole fotocamere sincronizzate, Gps, sistemi di alimentazione e altre tecnologie. Dopo alcuni test a fine estate del 2011 siamo partiti per gli Stati Uniti per mappare i sentieri del parco nazionale di Yosemite, in California. Quando ci vedevano in giro, con lo zainetto in spalla, tutti
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chiedevano cosa fosse quella roba lì. Ed erano entusiasti di sapere che serviva a fotografare i sentieri dei ‘loro’ parchi”. E il primo passo era stato fatto. Poi?
“Abbiamo realizzato il prototipo del sito: siamo stati impegnati per tutto quell’inverno. Un free lance di National Geographic ci consigliò di inserire una serie di informazioni sui luoghi che avevamo intenzione di proporre con i viaggi ‘virtuali’ e alcuni grandi esperti internazionali ci hanno aiutato in modo totalmente gratuito. Anche un antropologo di Oxford ha offerto la propria collaborazione per un altro percorso! Intanto il viaggio nel parco californiano è andato online a inizio 2012. E due anni
Sopra e in apertura, il geologo Fabio Zaffagnini esplora territori selvaggi degli Stati Uniti con il suo tecnologico zainetto.
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A fianco, il guado di “The Narrows”, nello Zion National Park nello stato dello Utah (USA).
prima di Google Trekking abbiamo depositato il nostro ‘modulo’. I viaggi sono continuati: altri parchi negli Usa, viaggi in Tanzania, Etiopia, Nuova Zelanda…” Ma…?
“Ma non potevamo fare tutto da soli, così abbiamo pensato di cercare dei ‘volontari’ per la mappatura. Dopo aver accertato che si tratta di persone affidabili, inviamo, o consegniamo, uno zainetto in prestito. Al ritorno, insieme al nostro ‘gioiello’, ritiriamo copia delle fotografie. E nel sito segnaliamo chi ha realizzato il viaggio. L’idea è di coprire tutti i sentieri del mondo”. Impegnativo, no?
“Certamente: il primo obiettivo, intanto, è quello di documentare tutti i sentieri italiani. Il Cai spiega che si tratta di sessantamila chilometri in totale. Sarà un bel lavoro”. Lavoro? Quindi non è più un hobby…
Quando un gioco diventa lavoro Altri giovani sono riusciti a trasformare la propria passione in lavoro. Christian Zoli, ravennate classe 1974, esperto di comunicazione e formazione, ha seguito le linee di pensiero lanciare nel 2010 da Jesse Schell, un game designer statunitense. In sintesi: utilizzare meccaniche e dinamiche dei giochi in contesti esterni, per creare interesse o risolvere problemi. Il neologismo che raccoglie questa filosofia è ‘gamification’. Fra gli animatori della ludoteca Quintet di Ravenna, Christian ha creato alcuni giochi di carte molto apprezzati dagli appassionati, realizzati dalla casa editrice Raven Distribution di Lugo. Il secondo titolo pubblicato, “Wherewolf”, esplora i confini che separano il gioco e la comunicazione, fondendo i suoi due interessi principali. Ora è responsabile del settore Gamification per la VisioTrade, azienda di commerce network di Torino. Una curiosità: i meccanismi di un gioco inventato da Zoli sono al centro del romanzo thriller ‘Cena con delitto’ di Roberto Caputo e Nadia Giorgio. Sul versante dei giochi di ruolo e di carte va ricordata anche l’esperienza di Riccardo Crosa, autore di fumetti di livello internazionale, che ha lanciato sul mercato giochi fin dal 2005 (da “Sì, Oscuro Signore” a “Kragmorta”, con il suo personaggio Rigor Mortis), tradotti in tutt’Europa e non solo.
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“Abbiamo depositato due brevetti e lì è scattata la molla che ci ha fatto pensare. Se c’è chi è disposto a pagare per promuovere, ad esempio, un territorio in modo nuovo, la nostra idea si poteva trasformare in business. Anche perché, al di là dei volontari e dei viaggi, realizzare gli zainetti e poi i video, costa. Le risposte stanno arrivando e presto commercializzeremo ‘Trail me Up’. A quel punto nascerà anche una società per gestire il tutto…”. Zaffagnini, scusi: ma con tutto questo impegno, riesce ancora a fare trekking?
“Veramente, adesso lo faccio solo dall’ufficio alla stazione, per prendere il treno e tornare a casa...”. IN
Girare | Mordraud
Quando il video
sposa il
testo Roberta Bezzi
Una saga di romanzi fantasy, scritti dal giovane Fabio Scalini, si presenta con il cortometraggio “Mordraud”, realizzato dalla start-up Rampart Production.
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Libro
S’intitola “Mordraud” il cortometraggio di alcuni giovani ravennati - quasi tutti classe 1982 - che hanno dato vita alla start-up Rampart Production. La trama è ispirata alla saga fantasy scritta dal 31enne Fabio Scalini, che comprende ben quattro romanzi. Un lavoro d’équipe che sta dando i primi frutti. Il cortometraggio, infatti, è stato presentato in anteprima assoluta al Lucca Comics del novembre scorso ed è in attesa di partecipare il prossimo luglio al San Diego Comicon
Festival e alle selezioni del relativo concorso internazionale di cinema. Una grande occasione per farsi notare dai grandi produttori americani, visto che è la prima volta che un progetto italiano varca i confini della più importante fiera mondiale del settore fantastico. C’è voluto un anno di duro lavoro per realizzarlo, con la regia di Riccardo Piana e la lavorazione assegnata a 3 Pix Studio di Fusignano, giovane realtà
imprenditoriale nel campo web e video. Gli attori sono stati individuati
fra i personaggi del gruppo Fera Sancti di San Marino, stuntmen specializzati nel combattimento antico. Il gruppo ha eseguito le coreografie di battaglia utilizzando armi e armature vere. Gli esterni sono stati girati nella Repubblica di San Marino, che ha concesso il suo patrocinio all’opera, mentre gli interni nelle suggestive sale di palazzo San Giacomo, grazie alla disponibilità del Comune di Russi. L’idea è dunque quella di utilizzare il film per promuovere il lancio del primo libro, dal titolo omonimo e
sign e progettazione industriale, ed ora mi occupo di formazione e sicurezza aziendale per un ente”. In cosa “Mordraud” si distingue dagli altri fantasy?
“È un fantasy atipico perché racconta qualcosa di molto reale. È la storia di una famiglia in rovina in cui i fratelli si odiano a tal punto da volersi uccidere”. Quando ha realizzato i quattro libri della saga?
“Ho iniziato a scriverli dieci anni fa, per cui a loro si può dire che ho dedicato un terzo della mia vita.
Storia fantasy ispirata al reale disponibile gratuitamente in formato ebook sul sito ufficiale www. mordraud.com, oltre che in versione cartacea, e creare un bacino di potenziali lettori per dare la spinta propulsiva alla distribuzione e alla vendita del resto della saga. Il libro punta molto sul riscontro dei lettori, ricevendo decine di recensioni spontanee e creando una rete di affezionati, grazie anche al sostegno di Cna e Bcc di Ravenna. Fabio Scalini, come si diventa scrittori di fantasy?
“La mia è una passione nata da bambino e proseguita nel tempo. Più di quella per la musica. Dopo aver studiato al Conservatorio ho vissuto una breve esperienza come concertista di fagotto in Germania, Francia e Italia; poi ho lasciato tutto perché quel settore mi sembrava morente. Mi sono laureato in De-
Ora li sto solo revisionando. L’idea era di presentare un prodotto già finito, pronto per essere diffuso e commercializzato al meglio. Siamo tutti giovani nel team e vorremmo che questo diventasse il nostro primo lavoro”. Come nasce l’idea di affiancare video a prodotti editoriali?
“È una tendenza attuale e in espansione nel mercato americano, anche se in genere si tratta di prodotti video di bassa qualità, di breve durata e dalle velleità artistiche nulle. Il nostro obiettivo è diverso: creare un prodotto cinematografico di qualità che si stacchi nettamente dal resto della produzione di settore e che possa essere presentato a concorsi internazionali di cinema. Ma a costi contenuti, grazie all’attenzione al territorio, dove si trovano location di assoluto pregio”. IN
Cucinare | Candida e Sanja
Il mattarello
Globetrotter testo Erika Baldini
Cappelletti e strozzapreti ambasciatori del mangiar bene nel mondo. Grazie a due ragazze, Candida e Sanja, partite in cerca di scambi culturali e culinari, incentrati sulla gastronomia della tradizione.
C’è un mattarello che sta viaggiando nel sud-est asiatico, tra India, Thailandia, Vietnam Laos e Cambogia. Avete letto bene, il mattarello, il nostro s-ciadùr, quello per fare la minestra e stendere la piadina. Lo portano in giro fiere e curiose, nello zaino a spalla, due ragazze, Candida e Sanja. La prima, Candida Visaggi, è italiana, anzi romagnola doc, ingegnere edile; la seconda, Sanja Kevric, cresciuta in Danimarca, è esperta in comunicazione e marketing.
Unite dalla comune passione per i viaggi e per il buon cibo un anno fa, dopo un soggiorno assieme in
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India, cominciano a covare l’arrischiata idea: un lungo viaggio impostato sullo scambio culturale/ culinario, per incontrare e conoscere luoghi e persone lontane, preparare e insegnare i piatti tipici della Romagna, “dove le minestre fatte al mattarello la fanno da padrone”, e, in cambio, ricevere una ricetta del paese visitato. Per poi raccontare e documentare questa magnifica esperienza. Al centro ci sono sopratutto le donne, perché “sono quasi sempre loro a trasmetterci l’amore per la cucina, per la preparazione, la condivisione. Cercheremo mamme e
nonne che vogliano insegnarci i loro piatti, così come è stato loro tramandato”, ci spiega Candida via Skype. E ci racconta anche la genesi del progetto: “La cosa che ha richiesto più tempo è stata decidere di partire, lasciando il lavoro e le certezze della quotidianità. Da lì abbiamo iniziato a concretizzare varie cose, creando il sito internet e cucinando, per raccogliere tutto il materiale fotografico da inserire. Man mano che andavamo avanti col sito l’idea e l’entusiasmo cresceva, quando abbiamo esposto l’idea ad amici e parenti il loro feedback spassionato ci ha dato
la spinta definitiva alla partenza”. L’obiettivo sarà quello di pubblicare un libro di ricette, che esuli un po’
dalla forma classica del ricettario. Sarà anche un diario di viaggio, con piccoli aneddoti, qualche trucco casalingo, e tanta cucina etnica. Le due amiche hanno un sogno: poter sviluppare un format televisivo che permetta loro di tornare in Asia
e magari allargare il campo anche ad altre parti del mondo. Nel frattempo scrivono sul loro sito web www.mattarelloaway.com e curano un blog su “D. La Repubblica on line”. Qui scopriamo che il primo scambio culinario è stato realizzato a casa della signora Linda, nella prima periferia di Copenaghen, crostini misti e “stricchetti” al ragù di piselli contro arringhe
di famiglia, è un’esperienza straordinaria ed emozionante, che ogni volta ci sorprende e ci fa capire quanto noi occidentali abbiamo perso in spontaneità, sia per la paura verso ciò che è sconosciuto sia per la preoccupazione di avere un personale tornaconto... Sinora, abbiamo lasciato molti visi e palati sorpresi e soddisfatti per una cucina così diversa dalla loro. La soddisfazione più grande sono stati gli scambi con le persone che, se non
fosse stato per nostra visita, non avrebbero mai potuto permettersi un piatto italiano, neanche nei ristoranti locali. Vedere quei visi illuminarsi dopo la prima forchettata, scoprendo i gusti mai assaggiati, è stato davvero ‘giving’. Per il resto, visto che siamo solo all’inizio
La cultura si assaggia in cucina fritte marinate e torta di mele. A Munbai, la New York indiana, le ragazze hanno poi vissuto un’esperienza indimenticabile, lasciando per un momento le cucine di modesti villaggi ed entrando in quella professionale, con cuochi esperti di un famoso ristorante locale. E dopo l’India la Thailandia... Racconta Candida: “Oltre alle squisite ricette raccolte, e a tante nuove amicizie, ci siamo arricchite di magnifiche esperienze che ci accompagneranno per sempre. Conoscere persone che ti aprono la propria casa, ti accolgono con entusiasmo, ti trattano come uno
della nostra avventura, chissà che non ci siano altre esperienze simili a quella dell’Ivy Restaurant in India, che possano portare qualche ricetta casalinga sul menù italiano dei ristoranti asiatici...”. Alle buone forchette di quest’era della globalizzazione di certo non spiacerebbe trovare qualche piatto della cucina romagnola - “di gusto primitivo, quasi di fondo barbarico” come scriveva Piero Camporesi - tra gli speziati e colorati piatti asiatici o tra la solita pizza e spaghetti, stanchi rappresentanti della nostra cucina nazionale all’estero. Ma avete presente i cappelletti? IN
Sopra, Candida all’opera nelle cucine indiane. In apertura, assieme a Sanja.
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Tra locande
e antichi
Mulini
testo Andrea Casadio - foto Massimo Fiorentini
Il tempo sembra essersi fermato a Borgo San Rocco, uno dei quartieri più caratteristici di Ravenna, nel cuore del Bastione di porta San Mama.
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C’è un posto, a Ravenna, dove il tempo sembra essersi fermato. Per scoprirlo occorre svoltare un angolo nascosto, o infilare un andito inatteso nell’apparente uniformità della cortina muraria di una vecchia borgata. All’interno, a pochi metri e, al tempo stesso, ad anni luce dal caos urbano circostante, i ciottoli del selciato sono gli stessi che calpestavano gli abitanti di cento anni fa, la stessa scaletta s’inerpica all’esterno della casa di fronte, forse perfino i panni stesi al sole sono quelli che furono appesi ad
asciugare un giorno di inizio Novecento. Siamo nel cuore del Bastione di porta S. Mama, uno dei tesori nascosti che fanno del contesto urbano che li circonda, quello del borgo S. Rocco, uno dei quartieri più caratteristici della città.
Come il suo corrispettivo di S. Biagio, sorto sulla strada di Faenza, anche borgo S. Rocco cominciò a crescere nel Medioevo, nel punto da cui partiva la strada per Forlì e in stretta connessione con uno degli elementi fondanti della storia urbanistica di Ravenna, e cioè l’intera-
Visitare | Borgo San Rocco
zione fra la terra e le acque. La stessa presenza di due porte cittadine a così breve distanza l’una dall’altra (porta Sisi e porta S. Mama) si spiega con l’esistenza, alle loro spalle, dell’ostacolo naturale rappresentato dal Padenna, il canale che, fino al ‘400, percorreva da nord a sud l’intero centro urbano. Ma nel borgo vero e proprio la presenza “acquatica” principale era un’altra: quella del Ronco, che, scorrendo da
sud lungo la direttrice dell’odierna via S. Mama, giungeva a lambire le mura proprio accanto alla porta, e da qui, con una brusca curva a destra (la cosiddetta “Voltazza”), procedeva parallelamente alle mura stesse, passando di fronte a porta Sisi per unirsi poi al Montone dalle parti dell’odierno pala De Andrè. E non era tutto, perché proprio in corrispondenza della Voltazza altre due vie d’acqua si davano appuntamento per l’abbraccio con il fiume: la Lama (poi sostituita dalla Lametta, lungo il tracciato oggi ricalcato dall’omonima strada), e il canale del mulino, condotto dal Montone per alimentare appunto l’antico mulino, un tempo di proprietà dell’arcivescovo, poi dei Polentani, del Comune e dei Lovatelli, che ancor oggi costituisce una delle presenze caratterizzanti del borgo.
“Ursicina”), sappiamo che già nel Medioevo sorgevano una fortificazione, il cosiddetto “castello”, e una chiesa, S. Pietro in Borgo. Entrambi si trovavano nei pressi dell’odierno Portonaccio (riedificato nel ‘700), che fungeva già allora come ingresso al borgo per chi proveniva dalla campagna, e la loro presenza è tuttora ricordata dalla denominazione di via Castel S. Pietro. Fu però nel 1588 che venne edificata la chiesa di S. Rocco (ricostruita nelle forme attuali a metà ‘800), quando la borgata venne “promossa” a parrocchia autonoma. Porta S. Mama, anch’essa ricostruita nel 1613, rimanda invece alla chiesa di S. Mamante, che sorgeva a poca distanza, dove oggi la strada omonima forma un sorta di piazzale.
Officiata da un convento di frati francescani, il suo nome è legato a uno dei momenti più tragici della storia del borgo e, in generale, di Ravenna, quello della battaglia del 1512. Fu proprio qui, infatti, che le truppe francesi sferrarono il primo attacco, riuscendo anche ad aprire nelle mura accanto alla porta una breccia, che utilizzarono dopo la battaglia per irrompere nella città e metterla al sacco. Passata la tempesta, i frati, che avevano dato appoggio agli invasori, furono cacciati, e la chiesa stessa fu distrutta, per essere sostituita da una cappellina a sua volta scomparsa da tempo. Memore di tali vicende, il governo pontificio pensò bene, dopo qualche decennio, di costruire in questo punto un bastione di dife-
In questo intrico di strade, fiumi e canali era fatale che si sarebbe sviluppato un insediamento votato al commercio e alle attività “produttive”. Fuori da porta Sisi (di origine
molto antica ma ricostruita nelle forme attuali nel 1568, e il cui nome è probabilmente la storpiatura di quello originario di porta
Sopra, porta San Mama. In apertura, un’antica immagine di porta Sisi.
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Sopra, uno dei canali che caratterizzava il borgo. Nella pagina a fianco, panni stesi al sole in una casa di cento anni fa.
sa, che però non adempì mai a una vera funzione militare e finì invece col diventare la fungaia su cui proliferò l’insediamento di casupole popolari: il Bastione, appunto. Del resto, dal trauma del 1512 il borgo
che sfruttavano l’arena del fiume, i primi braccianti. Notevole anche la presenza di locande, in quello che
supole fuori del Portonaccio (i Capannetti) e della borgata di porta S.
era uno dei principali snodi com-
dovette riprendersi relativamen-
Un radicale mutamento della fisionomia del borgo avvenne con la diversione dei fiumi nel 1739. Dopo molti secoli il Ronco tornava a scorrere lontano, mentre il suo vecchio alveo veniva occupato dal canale del mulino, che, serpeggiando attorno al bastione e incuneandosi fra le case, produceva suggestivi scorci dal tono quasi “veneziano”. Nel frattempo, anche l’identità delle due “anime” della località si andava definendo in maniera sempre più precisa: più elegante e
mulino e dei suoi lavoranti, i caratteristici farinini. Un tono popolare che si esplicava anche nella vivace socialità fatta di circoli (i Mulnèr, appunto, e il Cervo, fondati rispettivamente nel 1838 e 1840, tuttora esistenti), e di osterie non sempre votate unicamente al puro diletto: celebre quella al “Cacciatore americano”, vicino al mulino, covo dei carbonari verso il 1820, mentre cinquant’anni dopo fu un altro ritrovo appena fuori porta Sisi a fungere da ricettacolo della famigerata setta degli Accoltellatori. La diffusione delle idee “sovversive” e delle rispettive manifestazioni politiche (repubblicani e socialisti) ebbe anche aspetti meno truci: anche se è
te in fretta. Grazie alla presenza
del fiume (allora navigabile), dei canali e dei mulini (fra il ‘500 e il ‘700 furono addirittura tre), aveva il carattere di quartiere portuale e “industriale” della città. Dagli archivi cinquecenteschi emerge una nutrita presenza, fra gli abitanti, di marinai che compravano e vendevano “burchielle” attraccate nel Ronco, e che si affiancavano alle altre categorie professionali tipiche della località: artigiani, asinari, facchini, “pignaroli” del vicino bosco di Classe, lavandaie, “pignattari”
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merciali della città e sede di una vivace fiera annuale svolta in maggio.
“borghese” quella di via Castel S. Pietro; più popolare quella delle ca-
Mama, dominata dalla presenza del
probabilmente una leggenda il fatto che nel 1883 l’Associazione degli operai braccianti venisse fondata nella casa di via Carraie che ne porta il ricordo in epigrafe, è vero che essa ebbe nella comunità del borgo una spinta decisiva, e anzi in un giovane nato nella Mangagnina, Nullo Baldini, il padre fondatore. Quando, nel 1930, le esigenze del “risanamento” urbanistico portarono al tombamento del canale del mulino, con l’apertura fra l’altro del piazzale di via Romolo Ricci al posto del vecchio lavatoio, il borgo perse una parte della propria identità. Un’identità che si sarebbe ridefinita qualche decennio dopo, con la nuova periferia a circondare nel suo soffocante abbraccio quella che ormai era divenuta l’estrema appendice non della città, ma del “centro storico”. Le ultime finestre dei Capannetti, che si aprivano un tempo sulla campagna, si affacciano oggi sulle torri di cemento dell’edilizia del “boom”. Fortunatamente, nel cuore del borgo, è ancora possibile svoltare un angolo o infilare un andito per ritrovarsi d’un tratto al tempo perduto dei pignattari, delle lavandaie e dei farinini del mulino Lovatelli. IN
IN Magazine | Special ADV
FIGURELLA
La Linea deLLa beLLezza Nuova e Più aMPia SeDe Per il CeNtro DiMagriMeNto Di raveNNa iN via Sergio CaviNa 25, aPerta Dal luNeDì al Sabato
Un centro tutto ‘al femminile’, specializzato nel settore del dimagrimento e del benessere. Figurella da oltre trent’anni garantisce un metodo a misura di donna capace di aiutare le clienti nella lotta ai chili di troppo o semplicemente nella ricerca di un miglior equilibrio tra corpo e anima. A Ravenna il centro dimagrimento, che segue il metodo nato in Svizzera negli anni ’70, ha da qualche tempo spostato la sua sede in via Sergio Cavina 25, con un ampliamento degli spazi e dei
servizi, per offrire trattamenti personalizzati e mirati alle diverse esigenze, dalla perdita di peso al rimodellamento, fino alla tonificazione. “Si parte da una consulenza in cui cerchiamo di individuare gli obiettivi delle nostre clienti, ascoltandole e analizzando il loro stile di vita - spiegano Daniela Papalillo e Federica Moglie, al timone della struttura ravennate -. In un secondo momento si passa all’analisi della forma fisica, dove la cliente viene
Programmi personalizzati e pesata e misurata per dar vita insieme favorire lo smaltimento delle tossine. mirati per soddisfare tutte le ad un programma di dimagrimento o ri“Le donne che si rivolgono al nostro cenesigenze di ciascuna donna modellamento localizzato efficace”. tro non sono mai lasciate sole, perché un Fiore all’occhiello del centro è la presostegno e un incoraggiamento possono senza dei lettini brevettati Figurella, dove le clienti essere di grande aiuto, soprattutto dopo un fallimento svolgono una sessione di ginnastica attiva che, in circa alle spalle nell’ambito del dimagrimento - chiarisco20-30 minuti, permette di ottenere risultati efficaci. La no le due titolari - . Non proponiamo diete drastiche temperatura del lettino, infatti, è mantenuta uguale a ma forniamo alle nostre clienti consigli alimentari per quella del corpo, in modo da riscaldare i muscoli ed recuperare un rapporto sano con il cibo, senza attivare più velocemente il processo di lipolisi che perdere di vista gli obiettivi iniziali, che vengono veconsente la progressiva eliminazione dei cuscinetti rificati periodicamente attraverso la misurazione della adiposi. Dopo il lettino, è possibile proseguire l’attività forma fisica”. Gli appuntamenti da Figurella sono gefisica con un piccolo circuito di attrezzi, sempre sotto neralmente due alla settimana, ma possono variare a la sorveglianza di personal trainer qualificati, passanseconda del risultato che si desidera raggiungere. La do dal tapis roulant alla pedana vibrante, ideale per cliente fissa insieme all’assistente gli appuntamenti in combattere ritenzione idrica e cellulite. L’ultimo step base ai suoi impegni, con sedute della durata di circa è quindi rappresentato dal bagno di vapore all’osun’ora e grande flessibilità di orario. Il centro Figurella sigeno attivo rilassante e tonificante, in grado di è aperto dal lunedì al sabato.
Daniela Papalillo e Federica Moglie, dottoresse in scienze motorie, sono le titolari del centro dimagrimento Figurella di Ravenna.
Figurella Via Sergio Cavina 25, 48123 Ravenna - Tel. 0544 38045 Orario: lun 11-20; mar/gio 10-20; mer 09-20; ven 09-16; sab 10-13 (da ottobre a giugno).
Allenare | Alfa Garavini
Ripartire dall’
Olimpia
testo Claudia Graziani - foto Massimo Fiorentini
La mitica presidente dell’Olimpia Teodora, Alfa Garavini, mette di nuovo il cuore sotto rete e fonda una nuova società sportiva che porta il suo nome. Per rilanciare a Ravenna la pallavolo femminile.
Caschetto biondo, sguardo curioso, sorriso gentile, carattere cordiale e determinato. Così era negli anni storici alla presidenza dell’Olimpia Teodora che vinceva tutto e così è ora, sempre legata al mondo del volley femminile e alla guida dell’associazione sportiva che porta il suo nome, l’Asd Olimpia Alfa Garavini.
nile a Ravenna e crediamo di non
Falchetti e Patrizia Prati, le hanno
fare torto a nessuno dicendolo. Neanche alle sue “ragazze” della Teodora, come lei le chiama ancora, che in campo dagli anni Ottanta hanno conquistato 11 scudetti consecutivi, 6 Coppe Italia, 2 Coppe dei Campioni, 1 Coppa del mondo per club, fino ad ora unica squadra italiana a vincerla. Anzi, alcu-
chiesto di rimettersi in gioco e di
Alfa Garavini è la pallavolo femmi-
ne di loro, Manuela Benelli, Dora
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fondare l’Asd Olimpia Alfa Garavini, per riportare a Ravenna quel progetto non solo sportivo, ma soprattutto educativo, che tanto le aveva coinvolte intrecciando successi sotto rete e amicizie nella vita. Un legame tra giocatrici alimentato da questa piccola grande donna, pioniera del volley femminile in città,
avviato quando era insegnante di educazione fisica alla scuola media Montanari e all’istituto per educatrici di infanzia Ghiselli, dove riuscì a convincere le suore a montare pali e rete nel cortile e ad iscrivere le studentesse al campionato Csi. “La superiora regalò le divise e le ragazze decisero, dopo innumerevoli proposte, di chiamare la società Olimpia - ricorda sorridendo -. Era il 1965 e tutto prese origine da lì”. Come allora la “nuova” Olimpia parte dal settore giovanile, con una sessantina di ragazze dai 7 ai 15 anni.
Ed è per raccontare questa avventura che l’abbiamo incontrata, assieme a Maria Teresa Arfelli, un’al-
tra delle sue “ragazze” che, pur vivendo a Vienna, è impegnata attivamente nella nuova società. Del resto con le tecnologie le distanze si riducono. Una opportunità alla quale anche questa signora vicina ai novant’anni si è adeguata facilmente e, senza lasciarsi intimidire dal computer, usa mail e skype. “Riesce sempre a guardare avanti grazie alla sua apertura mentale e alla curiosità”, dice Terry Arfelli, con l’affetto di chi l’ha sempre considerata la sua, anzi la loro, presidente. La stima tra lei e quelle campionesse è reciproca ed è da qui che parte questa nuova sfida, anche se il contesto pallavolistico ravennate è molto cambiato. Ci sono tante
Sotto, il settore giovanile della nuova società. In apertura, Alfa Garavini in palestra.
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A fianco, Alfa Garavini affiancata da Giovanni Mingazzini e Maria Teresa Arfelli.
squadre diverse, c’è un Consorzio che ne riunisce sei e al quale l’Olimpia Alfa Garavini ha aderito da qualche mese. Ma lo spirito che anima lei e i suoi collaboratori è lo stesso, pur in un ambito sociale così diverso. “Allora si offriva ai
giovani l’opportunità di fare esperienza extra scolastica e occasioni per girare diverse città. Pranzo al sacco e magliette un po’ consunte - ricorda -. Oggi il progetto deve essere più articolato, per questo si sta pensando ad una programmazione ampia di eventi che coinvolgano diversi settori, primi fra tutti quelli sociale, culturale e turistico della città”. Dalle intenzioni alla concretezza c’è tanto lavoro da fare: riunioni, relazioni, incontri con amministratori e federazione. “Abbiamo il supporto della Fipav provinciale e dell’Amministrazione comunale – spiega Arfelli – dalle quali abbiamo ricevuto il patrocinio. E abbiamo già iniziato a pensare ad un calendario di eventi fino all’estate. Già prima di Natale abbiamo realizzato un torneo e il primo maggio a Marinara orga-
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nizzeremo una manifestazione di minivolley all’interno di un circuito Fipav, che potrà ospitare fino a 200 atleti da tutta la provincia. Nel nostro progetto ci piacerebbe coinvolgere tutte le altre realtà pallavolistiche e non che condividono la nostra stessa visione: il bene del volley cittadino e di tutte le persone che lo vivono”. Giovanni Mingazzini, presidente della Federazione Italiana Pallavolo provincia di Ravenna, ha accolto favorevolmente e con entusiasmo le idee e le proposte dell’Olimpia,
livelli che la tradizione reclama”. Un team di lavoro stimato e affidabile. La società, presieduta da Alfa Garavini, annovera nel settore tecnico Dora Falchetti e Mauro Fresa (responsabile), in quello dirigenziale la stessa Arfelli, Giorgio Bottaro e Luigi Spadaro (presidente
del Consorzio Teodora). E se le giovani giocatrici di oggi non hanno la consapevolezza del passato glorioso della Teodora saranno loro e i protagonisti di allora a dargli l’esempio di come si possa vivere questo sport con sacrifici,
Verso i 50 anni dell’Olimpia Teodora che riflettono lo spirito sportivo, educativo e sociale proprio della pallavolo. “Apprezziamo - ha aggiunto - l’impegno, la serietà e la professionalità di tutto il team Olimpia e ci auguriamo di poter evidenziare al più presto i risultati di questo loro impegno, rivolto anche a trovare le dovute sinergie e risorse per riportare la pallavolo femminile a Ravenna ai
ma anche con gioia e soddisfazioni. Bastano le parole di Alfa Garavini rivolte ai suoi collaboratori per capire l’idea di fondo che li anima: “Ci si vuole bene e ci si rispetta per tutto quello che c’è stato”. E poi c’è un anniversario in vista. Nel 2015 l’Olimpia Teodora compirà 50 anni. “Spero di esserci - sor-
ride -, ho già delle idee su come festeggiarlo!”. IN
Ammirare | Collezione Verzocchi
Il lavoro
fatto ad
Arte
testo Rosanna Ricci - foto Giorgio Sabatini
A Palazzo Romagnoli, recentemente restaurato, sono esposte le raccolte artistiche del Novecento della Pinacoteca civica di Forlì. Tra queste spicca la Collezione Verzocchi, con le firme dei maggiori artisti italiani del secolo scorso.
Un palazzo e la sua storia. Severo all’esterno, lirico all’interno. È il Palazzo Romagnoli di via Albicini 12, a Forlì, oggi restaurato e divenuto sede definitiva delle più importanti collezioni d’arte moderna donate alla Pinacoteca Civica forlivese da privati cittadini, affinché la città conservi memoria di una storia artistica che, a volte, s’intreccia con quella della città. La costruzione di palazzo Romagnoli risale alla fine del XVII secolo, se si escludono le tombe
trovate nei sotterranei e datate III secolo d.C. La famiglia Romagnoli acquistò e abitò l’edificio dal 1806 e, nel 1965, lo vendette al Comune di Forlì. Si trova molto vicino ai musei San Domenico, dove attualmente ha sede gran parte della Pinacoteca Civica forlivese, e questo permette di creare un ponte fra l’arte del passato e quella
più vicina ai tempi attuali. Al piano terra è conservata la straordinaria Collezione Verzocchi, nata dalla volontà di Giuseppe Verzocchi; al primo piano gli oli e le incisioni di Giorgio Morandi della Donazione Righini, le sculture di Adolfo Wildt donate da Raniero Paulucci de Calboli e “La Grande Romagna”, che comprende una selezione di opere pittoriche e plastiche (che saranno alternate periodicamente) appartenenti al patrimonio novecentesco forlivese formato da oltre un migliaio di opere. Tra le opere esposte alcune sono già molto conosciute perché presenti, come ad esempio le sculture di Wildt, nella grande mostra a lui dedicata, due anni fa, ai Musei San Domenico; altri lavori, premiati in prestigiosi concorsi romagnoli, sono stati ammirati in varie circostanze. Il gioiello più ampio ed interessan-
te del complesso museale di via Albicini rimane però la splendida collezione Verzocchi. Qualcuno potrebbe chiedersi perché l’imprenditore Giuseppe Verzocchi abbia voluto donare a Forlì, nel 1961, una collezione che pagò profumatamente e che rappresenta un ‘unicum’. Verzocchi era di origini forlivesi, amava questa città e ad essa rimase legato anche quando, per lavoro, fu costretto ad espatriare in Inghilterra e a fondare poi una ditta di mattoni refrattari a La Spezia. Lavoro: fu questa la parola chiave della sua attività imprenditoriale e della sua collezione. Verzocchi stesso lo spiegò: “Sono nato povero… ho lavorato e lavoro con tenacia, con amore, con fermezza ed è appunto per riconoscenza al lavoro… che ho invitato alcuni pittori italiani a trattare questo argomento nel
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loro linguaggio… scegliendo fra i pittori alcuni esponenti delle più varie e anche opposte tendenze affinché la raccolta, pur nell’unicità del tema, assumesse carattere panoramico”. Ed ecco l’unicità della collezione: una settantina di opere, tutte sul tema del lavoro, espresse secondo lo stile e il linguaggio personalissimo di ogni autore. Non solo, ma il collezionista, pur lasciando ai pittori scelte espressive personali, impose dei vincoli: tutte le opere dovevano avere la stessa dimensione (cm 90 x 70) e sull’opera doveva essere riprodotto, anche in piccole dimensioni, il mattoncino col logo V&D dell’azienda di Verzocchi. A corredo della collezione, ogni artista doveva aggiungere un suo piccolo autoritratto, anche a matita, e un breve scritto sui motivi della scelta dell’immagine rappresentata.
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Tutto questo, comprese le 1.123 lettere, le cartoline, i telegrammi, i biglietti fra Verzocchi e gli artisti, oggi si trova nel Palazzo Romagnoli. Si tratta di un materiale di grandissima importanza per ricostruire la nascita della preziosa raccolta, ma anche la situazione artistica italiana degli anni 194849 e, potremmo aggiungere 1950, perché in quell’anno la collezione fu esposta per la prima volta alla Biennale di Venezia. Citiamo solo qualche nome degli artisti autori dei dipinti per capire la qualità de ‘Il Lavoro nell’arte’: Campigli, Cantatore, Carrà, Casorati, Cassinari, De Chirico, Guidi, Guttuso, Maccari, Migneco, Rosai, Moreni, Saetti, Sassu, Sironi, Soffici, Turcato, Vedova. L’unica opera che manca è il quadro “I pittori di barche” di Guido Cadorin, rubato durante un’esposizione milanese.
Sopra, Susanna Camusso segretaria della CGIL, il sindaco di Forlì Roberto Balzani e Cristina Ambrosini, project manager di “Forlì città della cultura” all’inaugurazione di Palazzo Romagnoli, davanti al quadro di Guttuso della Collezione Verzocchi. In apertura, “L’Architrave” di Campigli. A fianco, una vista dell’esterno di Palazzo Romagnoli.
Grande la varietà dei temi scelti: dai lavori nei campi a quelli in fabbrica, dalle donne che lavorano a maglia alle merlettaie, ricamatrici, modelle, indossatrici, dai pescatori ai pittori e scultori. Renato Guttuso, riferendosi alla sua opera “Bracciante siciliano”, spiega che nella figura rappresentata cerca di esprimere l’intero movimento, le energie, lo sviluppo del lavoro. Giuseppe Migneco in “Contadino che zappa” racconta l’arsa terra siciliana, su cui il contadino immerge la zappa lavorando dall’alba al crepuscolo. Massimo Campigli con “L’Architrave” mostra un padre che copre la famiglia con un tetto (in questo caso l’architrave). “Costruttori” di Carlo Carrà rappresenta il dinamismo delle due figure in azione. Mattia Moreni con “La fucina” spiega i motivi della sua scelta: “Il lavoro a cui io penso è il lavoro delle macchine, il lavoro nelle industrie”. Mino Maccari, in “Scuola di pittura”, ha rivolto la sua attenzione ad un atelier dove molti personaggi sono rappresentati nelle loro pose ‘professionali’. Quelli citati sono solo alcuni esempi di una fantastica collezione, in cui ogni opera è coinvolgente perché realizzata con grande passione. Palazzo Romagnoli è aperto da martedì a domenica dalle ore 9.00 alle 13.00, e il martedì pomeriggio dalle 15.00 alle 17.30 (info.musei@comune.forli.fc.it). IN
Scoprire | Da Tredozio a Modigliana
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Pedalando tra storia e
Natura
testo di Matteo Ranucci – foto Giorgio Sabatini
Le ruote scorrono lente sulla strada sterrata di crinale che unisce in un continuo saliscendi Tredozio a Modigliana. Il sentiero C.A.I.573 rappresenta il punto focale di questo facile percorso in mountain bike, sulle colline che corrono lungo la Valle del Tramazzo.
Tredozio è il paese più alto della Valle del Tramazzo. Entrato a far parte della provincia forlivese solo dopo il 1923 e una lunga dominazione fiorentina, è oggi un’apprezzata località del basso Appennino: superlativo è l’ambiente naturale che la circonda. Dell’antico castello appartenuto ai Conti Guidi non resta oggi che qualche fondamenta, a pochi minuti dal bel centro storico e da Palazzo Fantini, costruzione del ’500, che rappresenta l’edificio storico più prestigioso di Tredozio, dotato di decine di stanze, cantine, granai, lavanderie e di uno splendido giardino. Nel palazzo hanno oggi sede il Museo della Civiltà Contadina e la Biblioteca Panciatichi. Tredozio è anche il punto di partenza di
questo itinerario in mountain bike che collega la cittadina a Modigliana, lungo l’affascinante sentiero di crinale. Arrivati a Tredozio e posteggiata l’automobile, si svolta a sinistra (per chi proviene da Modigliana) in una stretta strada asfaltata che corre su un piccolo ponte: indicazione Monte S. Valentino. La strada sale decisa e si allontana dalla valle in direzione dei monti che sfiorano la parallela Val Montone. Ginestre, cipressi, un paio di bei casolari ben ristrutturati e un fitto bosco a fianco della carreggiata rendono l’ambiente piacevole. In pochi minuti anche il panorama si apre e sulla sinistra si intravede la strada provinciale che collega Modigliana a Tredozio. Si prose-
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Sopra, Piazza Vespignani a Tredozio; a fianco, il torrente Tramazzo che attraversa il paese. In apertura, la Rocca dei Conti Guidi a Modigliana.
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gue per circa 5 km fino a giungere sul piazzale antistante la Pieve di San Valentino. La chiesa ha origini antichissime (562 d.C.) ed ebbe in passato un ruolo impor-tante: alla sua giurisdizione furono assegnati territori che spaziavano da Gamogna a Marradi, da Modigliana a Rocca San Casciano. Questo territorio venne definito come Piviera di SanValentino. Alle spalle della pieve, una statua di Cristo con le braccia spalancate al cielo. A fianco della facciata, la strada si fa sterrata. Un segnale escursionistico sulla sinistra indica che quello è il sentiero C.A.I. 573. Si imbocca la traccia segnata: la si
seguirà per tutto il tratto in fuori strada. Dopo poche decine di metri si arriva a un bivio in cui occorre tenere la destra in leggera salita fino a raggiungere un cancello, da aprire e richiudere, usato per controllare il bestiame. Poco dopo si incontra una deviazione sulla destra che indica Ca’ Cornio (chiamata anche Ca’ Corbari). Si prende la deviazione per raggiungere la casa, passata alla storia per essere stato il rifugio segreto di Silvio Corbari, simbolo della resistenza partigiana: proprio in questo casolare i partigiani comandati da Corbari, il 18 agosto1944, subirono un agguato da parte delle
truppe fasciste e furono catturati e uccisi. Per la storia che narra e per il fatto di essere uno dei “Luoghi della Memoria” della Resistenza Partigiana in Romagna, la deviazione è vivamente consigliata. Percorso a ritroso il tratto di sterrato, e raggiunto nuovamente il sentiero principale, si svolta a destra. La traccia corre sul crinale in un susseguirsi di facili saliscendi: la Valle del Tramazzo rimane visibile in basso sulla sinistra. La vegetazione, composta da roverelle, ornielli, ginestre e ginepri a macchia lascia spazio ad ampi pratoni in cui pascolano numerose mucche di razza romagnola.
In bici sul crinale La strada è bella e non presenta particolari difficoltà. Superato il secondo cancello, si incontra una deviazione a destra, da ignorare, e si prosegue su strada sterrata, che in questo tratto si fa più larga fino a raggiungere un gruppo di abitazioni. Si segue sempre il sentiero bianco e rosso delC.A.I. e si continua in discesa. Si lascia la Valle del Tramazzo e si costeggia il crinale sul lato del torrente Ibola. Dopo poche centinaia di metri la strada diventa asfaltata: si svolta a sinistra verso un costone albe-rato in una stradina che porta diretta all’arco della Roccaccia di Modigliana. Ci si trova sopra l’abitato del primo comune della Valle del Tramazzo, a fianco di quello che è il simbolo del paese. Il nucleo originale del Castello, risale all’epoca del dominio dei Conti Gui-
La Tribuna di Modigliana, costruzione simbolo del paese.
Fare Pasqua a Tredozio
di (XII, XIII secolo), ma si pensa che le sue fondamenta abbiano origini medioevali. La rocca, anche come conseguenza delle sue grandi dimensioni, conserva il suo fascino nonostante sia ridotta a rudere. Oltrepassato l’arco, si scende la ripida strada cementata e si mantiene la sinistra in uno stretto viottolo di paese che conduce alla sommità di Modigliana. Una bella strada lastricata consente discendere attraverso le piccole vie del borgo e raggiungere Palazzo Borghi, Palazzo Pretorio e tutti i più importanti punti d’interesse di Modigliana fino alla Tribuna, sin-
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golare costruzione con due campanili e un’edicola, altro simbolo della cittadina. Dal ponte sotto l’edificio si possono vedere le belle case, colorate dai bei balconi, che si affacciano dirette sul torrente. Da segnalare anche il Duomo, antica pieve di Santo Stefano in Juviniano, la Cappella di Gesù Morto, il Santuario della Madonna del Cantone, la Chiesa del Convento delle Agostiniane. Da Modigliana si prende la strada provinciale di fondovalle e in 10 km, in leggerissima salita e generalmente con poco traffico, si torna a Tredozio. IN
Nei giorni di Pasqua e pasquetta Tredozio torna indietro nel tempo per una festa dal sapore medioevale. Nati in tempi recenti, la sagra e il palio dell’uovo sono un’occasione per lasciarsi dietro le spalle l’inverno e salutare la primavera in un clima goliardico e di festa che attira ogni anno migliaia di spettatori. Nel pomeriggio del Lunedì dell’Angelo i rappresentanti delle quattro casate rionali di Tredozio - il borgo, il casone, il nuovo e la piazza -, dopo aver sfilato in costume d’epoca verso il palco montato nella piazza del paese e aver dato lettura alle sfide, lasciano spazio ai “guerrieri” che si affrontano nelle gare approntate sul greto del fiume che attraversa il paese: tiro della fune sulle due rive, attacco al castello, ricerca dell’uovo nel pagliaio, lancio delle uova sull’altra riva del fiume verso un maxibersaglio, lancio delle uova al proprio compagno da una piattaforma galleggiante sul fiume. Un’idea per una gita in famiglia, fra le tante proposte dalla nuova guida “52 domeniche con i bambini in famiglia” di Edizioni In Magazine. (G.G).
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“Qui alla Tower trattiamo direttamente ogni fase della produzione” afferma Giampiero Sintoni, Amministratore Delegato, “Dalla progettazione all’installazione, curiamo in modo integrato non solo l’aspetto estetico e funzionale dell’arredo, ma anche tutto ciò che ne costituisce l’anima nascosta: l’impianto idraulico ed elettrico, il sistema di sorveglianza, le installazioni audio e video.” Questa filosofia si rispecchia an-
Progettazione 3D di arredi che nell’organizzazione societaria dove ogni processo produttivo internamente, su misura con un’attenzione gli altri quattro soci, presenti anche nel ottimizzando le procedure ed eliminanal rispetto per l’ambiente. Consiglio di Amministrazione, dirigono do gli sprechi fin dalle fasi iniziali. Al ciascuno un settore ben definito seconcliente mostriamo su un megaschermo il do una visione di integrazione tra le varie componenti rendering in 3D dell’arredo, dove è possibile muoversi aziendali: Sandro Monti è il responsabile commervirtualmente negli ambienti come fossero già realizzati. ciale, l’architetto Emanuele Garoia è il responsabile Il cliente vede esattamente il risultato finale, le propordell’ufficio tecnico, Giorgio Leoni è il responsabile zioni tra le parti e la resa prospettica. Una volta approdelle produzione e Raniero Roncuzzi è il responsabile vato il progetto e scelti i materiali si passa alla produdi cantiere. zione, totalmente interna, effettuata con legno, vetro, “La nostra esperienza,” continua Giampiero Sintoni, “ci alluminio e materiali compositi.” Senza dimenticare, in ha permesso di affiancare all’attenzione per gli esercitutte le fasi di realizzazione degli arredi, il rispetto per zi commerciali del settore food, nel quale operiamo da l’ambiente che, qui alla Tower, costituisce una compolungo tempo, anche quella per i privati.” Sempre più nente essenziale dell’intero processo produttivo. liberi professionisti, per la realizzazione dei propri studi e uffici, si rivolgono infatti a Tower sicuri di trovare non solo un interlocutore estremamente attento alle esitower s.r.l. genze di personalizzazione, ma anche di poter contare Via Costanzo II 11/1, Forlì su arredi realizzati su misura al costo di un arredo tel. 0543 724823 info@towerfo.com - www.towerfo.com standard. Come è possibile tutto ciò? “Noi gestiamo
Recitare | Teatro delle Albe
L’alba di nuove
Stelle
testo Anna De Lutiis - foto Lidia Bagnara
L’attività sperimentale del Teatro delle Albe ha prodotti risultati importanti a livello internazionale. Lanciando giovani attori come Alessandro Renda, Laura Redaelli e Roberto Magnani, pronti a lasciare il segno.
Il Teatro delle Albe festeggia trent’anni e le sue nuove leve portano oltre confine il risultato di un teatro sperimentale sempre più apprezzato e richiesto. Non intendiamo parlare solo dei numerosi premi Ubu collezionati in questi anni da Marco Martinelli ed Ermanna Montanari (che recentemente ha vinto il premio Eleonora Duse), ma dell’impatto che questo teatro ha creato, soprattutto con giovani attori come: Alessandro Renda, Laura Redaelli, Roberto Magnani. Alessandro Renda è protagonista di un monologo scritto da Marco Martinelli, “Rumore di acque”. Un lavoro nato dall’indignazione nel leggere, durante il soggiorno della compagnia a Mazara del Vallo,
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sintetici annunci che riportavano ogni giorno il numero degli emigranti scomparsi in mare, svaniti per sempre nel nulla. Alessandro, raccontaci la trama dell’opera...
“‘Rumore di acque’ trasfigura in malinconica poesia la cronaca tragica dei barconi alla deriva nel Mediterraneo. Sono storie narrate attraverso il protagonista, io, che lavora in stretta collaborazione con il Ministro dell’Inferno: un monologo grottesco nella sua tragicomicità. Bisognerebbe leggere anche i libri di Gabriele del Grande per scoprire i sentimenti delle famiglie rimaste nel luogo di origine che spesso non rivedranno più i loro cari per capire perché questa gen-
te lascia il poco per, a volte, trovare ancor meno o solo la morte. ‘Rumore di acque’ che ha debuttato in prima nazionale al Ravenna Festival, nel luglio 2010, si avvale del patrocinio di Amnesty International, ha una storia ormai lunga come un cammino a tappe, di successi e rappresentazioni, da Lampedusa alla Corsica, dalla Germania al Belgio e alla Francia. È stato tradotto, in questi anni, in tedesco, francese e ora in inglese”. Come ti senti a rappresentare questo lavoro in America e quali sono le tappe previste?
“Siamo stati a New York, ospiti del prestigioso La MaMa Theatre, storico teatro della sperimentazione newyorkese. Durante la perma-
nenza americana, di tre settimane, abbiamo costruito una fitta rete di relazioni e progetti: un laboratorio con gli adolescenti di alcune scuole di Manhattan, laboratori e spettacolo con la Montclair State University in New Jersey e incontri pubblici. A fine febbraio concluderemo questa densissima esperienza, portando lo spettacolo anche a Chicago”. Come reagisce il pubblico?
“Per l’allestimento a La MaMa abbiamo pensato ad una scenografia adatta proprio per questo spazio. Ci sono i ‘sovratitoli’ per permettere al pubblico americano di seguire attentamente i versi del poemetto. Il pubblico, che ovunque ci accoglie con grande successo, partecipa con reazione di stupore per quanto viene narrato”. Mentre Alessandro miete successi in America, accompagnato dalle voci inconfondibili dei fratelli Mancuso, a Ravenna incontriamo altre due giovani leve del Teatro delle Albe: Laura Redaelli e Roberto Magnani, che portano sulla scena spettacoli diversi.
E tu, Laura, hai lo stesso percorso?
“Ho incontrato il Teatro delle Albe più tardi ma avevo già fatto qualche esperienza in Brianza, fin dall’età di sedici anni, incoraggiata da mia madre e perché c’era già chi in famiglia si dedicava al teatro, a livello amatoriale. Mi sono diplomata e poi iscritta all’Accademia Teatrale, anche se sentivo di cercare qualcosa di non accademico, un teatro diverso. Quando, a Bologna, assistetti a ‘Sogno di una notte di mezza estate’ riproposta da Marco Martinelli e dalle Albe ebbi una folgorazione. Partecipai ad un laboratorio che ebbe la durata di un anno, eravamo in quindici e riuscimmo, naturalmente con la guida di Marco, Ermanna e tutto il cast, a produrre l’opera ‘Salmagundi’ che poi rappresentammo”. Parliamo di emozione, Laura. Rimane ad ogni spettacolo oppure è ormai superata?
“Ogni volta, prima di andare in scena, si prega, s’impreca e ci si chiede cosa ci si sta a fare lì. Col tempo si matura, si acquista sicurezza, ma l’emozione c’è sempre”.
Roberto, quando hai sentito la pas-
E tu, Roberto, come superi certi mo-
sione per il teatro?
menti?
“Quindici anni fa, frequentavo l’Itis, m’iscrissi al laboratorio della non-scuola di Marco Martinelli. Pensavo che sarei diventato biologo marino per studiare quegli esseri imprevedibili e intelligenti che sono gli squali, invece lasciai la scuola e mi dedicai al teatro”.
“Le prime volte mi sentivo protetto, quasi immerso nel liquido amniotico che mi faceva star bene. Invece le mani diventano gelate e soprattutto si sente, in platea, il respiro del pubblico che fa paura. Una volta in scena, passa tutto”. A cosa stai lavorando al momento?
In alto, Laura Redaelli; sotto, Roberto Magnani. In apertura, Alessandro Renda.
“Mi sono dedicato a ‘Odissea’ di Tonino Guerra, così ho potuto usare il dialetto. Recentemente ho condiviso con Marco anche una serie di laboratori a Bologna, con studenti universitari”. Hai preso parte anche tu, Laura, a quest’ultima impresa?
“Sì, visto che il numero degli iscritti era assolutamente superiore al previsto abbiamo condiviso l’esperienza di Marco Martinelli. Comunque la mia più grande soddisfazione è stata l’interpretazione di un ruolo in un lavoro di grande successo, che ha vinto anche il premio Ubu, ‘Pantani’, dedicato alla tragedia del grande ciclista scomparso e ancora, lo scorso novembre, ‘Incantati’”. IN
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Convergenze
sensoriali testo Aldo Savini - foto Lidia Bagnara
La musica dei colori, i colori della musica. La sinestesia è alla base della ricerca artistica di Deborah Baroni, che attraverso i suoi fiori prosegue in un percorso di contaminazione tra eventi sensoriali visivi, uditivi e olfattivi. La pittura di fiori, secondo la tradizione accademica, occupa insieme alla natura morta il gradino più basso della gerarchia dei generi, rispetto alla figura umana e alla pittura di soggetto sacro, storico e mitologico. Un genere minore riservato alle artiste donne, le quali,
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specializzandosi, si sono distinte per un particolare virtuosismo illusionista o per l’eleganza decorativa. Sul finire dell’Ottocento, però, si è determinato un capovolgimento della gerarchia, tale da rendere questo genere ideale per la sperimentazione pura: ne sono esempio
le “Ninfee” di Monet e i “Girasoli” di Van Gogh. Nel corso del Novecento con Giorgia O’Keeffe i fiori, colti in tutti i loro dettagli botanici, ingranditi come attraverso la lente di un microscopio o fotografati con un potentissimo zoom, si sono trasformati in una figura astratta,
Creare | Deborah Baroni
dove non è tanto significativo l’oggetto in sé quanto l’esperienza di esso, dunque l’emozione che sa trasmettere Un fiore può nascondere brucianti desideri intimi e personali, incantevoli melodie, giochi di forme e colori. Su quest’onda Deborah Baroni dipinge fiori in grande fino ad occupare l’intero spazio della tela, con l’uso quasi esclusivo
del “bruno Van Dyck”, un marrone tendente al nerastro che sottrae loro il colore naturale. Così i suoi fiori monocromi diventano forme scultoree, i petali puri volumi che trattengono illusoriamente il profumo, anche se l’artista vorrebbe unire suoni e rumori per ritrovare la sinestesia, la contaminazione di eventi sensoriali visivi, uditivi e olfattivi, distinti ma convergenti nella percezione. Il suo viaggio nell’arte è iniziato un po’ per gioco oltre un decennio fa quando si è iscritta all’Accademia di Belle Arti di Ravenna, dopo il diploma in Pianoforte al Conservatorio Verdi e la laurea in Conservazione per i beni culturali. Forte per lei era l’esigenza di coniugare la sfera del visivo e quella dell’uditivo: all’Accademia le discipline erano distinte, tuttavia alcuni docenti
erano sensibili a queste sue aspirazioni. È stata l’esperienza dell’Erasmus però, alla facoltà di Bellas Artes di Bilbao, a produrre una svolta: in quello splendido campus spagnolo ha frequentato corsi innovativi, grazie ai quali è riuscita a realizzare opere in cui c’è sempre qualcosa da sentire e da vedere, come sintesi unitaria. “Wawe” è il titolo delle prime creazioni. Sulla superficie di un cubo nero, all’interno del quale si nasconde una sorgente audio, un velo d’acqua viene attraversato da onde, increspature, cerchi concentrici a seconda delle frequenze acustiche che, con diversa intensità, modificano l’elemento naturale. Se l’orecchio è colpito dal suono, la vista è attratta in modo più profondo, poiché ha la possibilità di osservare non solo l’oggetto in sé ma la trasformazione che esso subisce quando è attraversato da onde sonore. L’artista lascia che siano esse a tradursi in espressione visiva, senza alcun intervento personale nella sua “macchina sinestetica”. Dalle sculture sonore singole è passata poi ad installazioni per farle dialogare tra di loro. Durante un lungo
lavori legati alla metropolitana.
Era il periodo successivo all’attentato; nonostante i rigidi controlli è riuscita ad aggirare i divieti per l’uso di dispositivi tecnologici. Ricordando le ricerche di John Gage e di Fluxus, ha campionato i vari suoni della metropolitana, fatto foto che sono state rielaborare al computer, trasferite su acetato e installate con il suono rielaborato: con il video “Mind the Gap” ha ottenuto un’immagine della metropolitana con personaggi dai volti cancellati, in cui agiscono anche i suoni, come il bi bip delle porte che si aprono e si chiudono. Il ritorno a Ravenna non ha spento la sua creatività: i fiori sono diventati il campo dell’attuale ricerca, finalizzata ad immergere nell’immagine visiva profumi, suoni e rumori. IN
soggiorno a Londra ha realizzato
Arpa e sculture sonore Deborah Baroni è nata nel 1976 a Ravenna, dove ha compiuto gli studi in Conservazione dei beni culturali, di pianoforte presso il Conservatorio Verdi e, successivamente, presso l’Accademia di Belle Arti. Ha svolto attività di ricerca nella Facultad de Bellas Artes di Bilbao (Spagna) e nel Chelsea College di Londra (UK). Con le sue sculture sonore ha vinto nel 2008 il concorso “Sinestesie” dell’Aquila. Nel 2010 ha iniziato a frequentare il corso di Arpa presso il Conservatorio B. Maderna di Cesena. Attualmente è docente presso gli istituti scolastici secondari inferiori e superiori di Ravenna e continua la sua ricerca artistica, esponendo in mostre personali e collettive.
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Progettare | Europan 12
Abitare l’
Ambiente
testo Linda Antonellini
Giovani architetti romagnoli hanno primeggiato ad Europan 12, la più importante competizione europea di architettura e urbanistica riservata a professionisti under 40. Con un progetto che punta su riuso e sostenibilità.
Una competizione internazionale di architettura, Europan 12, ha visto primeggiare un gruppo di giovani architetti in prevalenza romagnoli: Alessandro Pretolani, Filippo Pambianco, Andrea Sperandio, Davide Lorenzato. Un successo
che porta alla ribalta una riflessione sulla professione dell’architetto, oggi contrassegnata da un momento di crisi legato alla situazione del mercato immobiliare, ma che proprio in successi di questo tipo lascia intravedere uno sviluppo positivo per il futuro. Tra i protagonisti della vicenda troviamo due architetti forlivesi, Alessandro Pretolani e Filippo Pambianco, che ci parlano del risultato ottenuto e della figura del giovane architetto nel nostro territorio. Pretolani, come si è articolato il vostro percorso formativo-professionale e cosa vi ha portati ad unire
le forze sino ad ottenere risultati prestigiosi come questo?
“La nostra formazione è partita dalla laurea in Architettura presso l’Università di Bologna, poi per un lungo periodo abbiamo intrapreso strade differenti. Io per alcuni anni ho continuato a lavorare in ambito universitario, ottenendo a metà 2013 il titolo di Dottore di Ricerca in Composizione Architet-
tonica. L’architetto Pambianco è tornato invece in Italia nel 2011, dopo aver consolidato la sua esperienza all’estero lavorando per sei anni presso lo studio dell’architetto spagnolo Guillermo Vazquez Consuegra. Ci siamo nuovamente incontrati e abbiamo deciso di partecipare insieme a questo concorso. Abbiamo anche fondato lo Studio Caveja (www.cavejastudio.
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com), che ci consente di portare avanti parallelamente sia l’attività professionale sia quella di ricerca”. Filippo Pambianco, perché avete deciso di partecipare ad Europan 12, la più importante competizione europea di architettura e urbanistica riservata ad architetti under 40?
“Volevamo misurarci su tematiche di riuso e riqualificazione, nonché sull’elaborazione di progetti il più possibile adattabili ad uno sviluppo urbano sostenibile. Abbiamo deciso di partecipare in Svizzera, nazione che vanta il primato per l’architettura europea e dove ci sono le condizioni per poter esercitare al meglio la professione dell’architetto. Il sito su cui siamo intervenuti, la città di Marly, presenta un’area di circa sei ettari caratterizzata dalla presenza di edifici industriali che l’amministrazione cittadina ha intenzione
di dismettere nel breve periodo, per lasciare spazio a residenze e servizi. Il nostro progetto prevede la realizzazione di quattro unità di vicinato, che presentano all’interno una differenziazione tipologica e volumetrica. Queste unità possono essere riproposte in altre parti della città, sommate le une alle altre qualora il fabbisogno di residenza e servizi aumenti nel tempo”. È lecito domandarsi se, in un periodo di crisi economica diffusa, la progettazione architettonica abbia il dovere di riconsiderare i propri metodi di produzione e realizzazione di nuove edificazioni...
“Il progetto proposto - risponde Pretolani - analizza approfonditamente questa tematica, in quando diminuisce i costi introducendo sistemi di prefabbricazione, che permettono una semplificazione e riproducibilità degli elementi.
Questa scelta deve essere perseguita senza dimenticare l’utilizzo di materiali autoctoni e sistemi costruttivi tipici del luogo. Il progetto privilegia perciò un linguaggio contemporaneo, che crea un rapporto stabile e duraturo con le preesistenze, cercando di portare al minimo l’impatto con il contesto ed enfatizzando un segno di rinnovata espressione architettonica”. L’organizzazione del concorso, in accordo con l’amministrazione di Marly, ha reso noto che i gruppi vincitori, tra cui quello degli architetti dello Studio Caveja, prenderanno parte ad uno studio di fattibilità sull’area oggetto del concorso. Dunque le aspettative sono alte, come lo sono le speranze che tutto questo porti in un futuro prossimo alla realizzazione, anche solo parziale, dell’interessante idea progettuale. IN
Sopra, il progetto presentato dal gruppo di architetti romagnoli al concorso Europan 12. In apertura, Alessandro Pretolani e Filippo Pambianco.
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TenuTa DiavoleTTo Si accende la qualità
Con Il suo sAnGIovese A.MAre proDoTTo A BerTInoro Il GIovAne MAxIMIlIAn GIrArDI hA ConquIsTATo un IMporTAnTe rIConosCIMenTo Al MerAno WIne FesTIvAl. Arriva dalla Romagna il più giovane produttore di vino premiato all’ultima edizione del Merano Wine Festival, prestigioso appuntamento internazionale che riunisce le 300 migliori cantine non solo d’Italia ma di tutto il mondo, attraverso una rigorosa selezione tra migliaia di aziende vinicole di alta-qualità. È Maximilian Girardi, appena 24enne, che coltiva sangiovese e albana sui colli di Bertinoro. Nato in Alto Adige e trasferitosi sui colli romagnoli, Maximilian ha conquistato la giuria con il suo sangiovese “A.mare”, etichetta che unisce in modo giocoso la passione per il vino di un giovane perito aziendale che decide di rincorrere un sogno respirato fin da bambino, su un territorio di collina baciato dalla brezza dell’Adriatico. Cura maniacale dei dieci ettari di vigneto, rispetto dell’ambiente (lotta integrata), raccolta manuale delle uve e lavorazioni minime in cantina sono l’abc di Tenuta Diavoletto. Albana, Pagadebit, Trebbiano, Chardonnay e, soprattutto, Sangiovese: sono le uve da cui nascono i vini prodotti a Bertinoro, caratterizzati da profumi netti e vivaci, freschezza, mineralità e un profilo elegante e selezionatissimo: ventimila bottiglie, rispetto ad un potenziale di centomila. Una forte attenzione verso i clienti è il segno distintivo dell’azienda, che investe tempo e risorse per essere sempre al top e all’avanguardia, dal social-marketing alla cura del design; dal sito internet (completo di schede tecniche dei vini “scaricabili” e di e-commerce che permette l’acquisto dei prodotti direttamente da casa)
alla conoscenza del titolare di numerose lingue straniere (inglese, tedesco e francese), che facilitano i rapporti con i numerosi clienti stranieri. Benessere e ospitalità alla Tenuta Diavoletto sono i punti cardine di un progetto più ampio e ambizioso che mira a unire vino, cultura e natura a 360 gradi. L’azienda è stata protagonista di importanti eventi in tutto il mondo, da Milano a Tokyo, da Merano a Taormina e in agenda ne sono previsti tanti altri. Con questa visione, accanto alla “cantina” è stato progettato uno spazio in perfetta armonia con la stupenda cornice naturale dei colli di Bertinoro, dove poter dar vita a degustazioni, piccoli eventi, mostre e altre iniziative di carattere artistico ed enogastronomico. Numerose anche le collaborazioni con chef e ristoranti pluri-premiati, sia sul territorio (rinfreschi e catering, anche per la visita del Ministro dell’ambiente Orlando) che fuori dalla regione. Un’oasi di verde, dotata di piscina, in cui potersi fermare grazie anche a due piccoli appartamenti, destinati agli ospiti e ai clienti provenienti da lontano. Queste sono le caratteristiche dell’azienda: tenere alta la bandiera del Made in Italy e far conoscere il sangiovese romagnolo di alta qualità e gli splendidi territori che permettono di produrlo, in tutto il mondo.
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Comunicare | Menabò
Tra moda e
Marketing
testo Roberta Brunazzi
L’agenzia Menabò torna alla Sapienza di Roma con ISKO™ e Archroma per portare la propria esperienza nel marketing della moda, al servizio dell’educazione e della formazione.
Ph. Michela Puccica
A lezione di marketing e moda con Menabò. L’agenzia forlivese di marketing e comunicazione è infatti tornata alla Sapienza di Roma assieme ad ISKO™ e Archroma, per mettersi al servizio dei giovani che studiano per diventare i volti nuovi dell’industria della moda. Dopo la presentazione a Parigi del progetto I-SKOOL™, che coinvolge gli aspiranti stilisti di alcuni tra i migliori istituti europei, la lezione nell’ateneo della capitale è avvenuta in concomitanza con il lancio del nuovo progetto dedicato agli studenti del master in Fashion Management della Moda. Un pre-
stigioso marketing award voluto da ISKO™, leader mondiale nella produzione di denim, e Archroma, specialista in colorazioni sui tessuti e punto di riferimento globale per l’intero settore. I due player hanno creato una capsule collection di circa 30 capi trattati con Advanced Denim, la soluzione innovativa e sostenibile che Archroma ha ideato per la colorazione di uno dei tessuti più indossati al mondo. Agli studenti è stato chiesto di identificare la piattaforma strategica con cui proporre la collezione al mercato consumer, tra grafica, creatività e naturalmente strategia.
Obiettivo del progetto è la realizzazione di pacchetti di marketing simili nei contenuti a quelli offerti da ISKO™ ai propri clienti, e in cui Menabò si è specializzata collaborando con alcuni tra i più importanti fashion brand internazionali. Dopo la presentazione del progetto, ISKO™, Archroma e Menabò sono tornati in aula per la nuova edizione del ciclo di seminari “I professionisti della moda”, che vede coinvolta Fabiana Giacomotti come responsabile del corso di Scienze della Moda e del Costume. Durante la tavola rotonda Marco Lucietti (ISKO™), Albert Llort (Ar-
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A fianco, alcune campagne ideate dall’agenzia Menabò per il mondo del fashion. In apertura, il tavolo dei relatori alla Sapienza di Roma.
chroma), Andrea Masotti (Menabò) e Umberto Brocchetto (ISKO Creative Room™) hanno illustrato le particolarità dell’approccio B2B2C da loro adottato, che oltre a promuovere le caratteristiche del singolo brand “spinge” sui processi di filiera e sul valore degli ingredienti. Una visione di marketing completa, che gli studenti dovranno padroneggiare per spiccare il volo in questo multiforme mercato. “Negli ultimi anni – sottolinea Andrea Masotti, responsabile del fashion division e socio di Menabò Group – è molto cambiato il modo in cui le persone guardano alla moda, e questo ha influenzato anche la comunicazione. Se prima era soprattutto una questione di immagine e di estetica, oggi la comunicazione di moda è anche
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informazione. Il consumatore vuol sapere cosa sta comprando, e questo va correttamente comunicato, producendo vantaggi anche per chi produce. Penso agli ingredient brand, ai prodotti di denim come ISKO, alle aziende che lavorano sui capi finiti come Martelli...”. E per quanto riguarda il retail?
“Anche in questo caso la comunicazione sul punto vendita è sempre più strategica, soprattutto se i prodotti sono portatori di valori intangibili come quelli del fashion, con capi che presuppongono un’esperienza di acquisto che media tra informazione e intrattenimento. Per questo sfruttiamo ogni possibile leva di visual ed experiental marketing, con un progressivo aumento dei processi di tecnologizzazione interni agli store”.
Moda, comunicazione e informazione sono quindi sempre più connesse...
“Senza dubbio. La comunicazione è fondamentale nei prodotti ad alto valore immateriale. Ecco perché, dopo 30 anni di consulenza in un settore come il food&beverage in cui la comunicazione dell’ingrediente e imprescindibile, Menabò ha capitalizzato la propria esperienza creando una fashion division dedicata, che ormai da 10 anni è specializzata nei temi del Made in Italy, della sostenibilità e delle performance del prodotto, con professionisti preparati che seguono i nostri clienti a livello internazionale in house di strategia, consulenza, PR, ufficio stampa, grafica o eventi. Tutto ciò che serve per offrire un servizio a 360 gradi”. IN
52 domeniche con i bambini in Romagna Week end divertenti ed educativi a misura di ogni famiglia.
Le domeniche Più beLLe in Romagna con mamma e PaPà Quando si avvicina il fine settimana può capitare di non trovare idee per trascorrere una giornata diversa con tutta la famiglia: la guida propone suggerimenti su luoghi, musei, parchi
da visitare e da vivere grandi e piccoli insieme, in ogni stagione dell’anno. Per divertirsi e trovare idee e stimoli per una gita all’insegna della curiosità e della fantasia.
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