IN Magazine Pesaro 01/2015

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Tariffa R.O.C.: Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB - FILIALE DI FORLÌ - Contiene i. p. - Reg. al Tribunale di Forlì il 20/02/2006 n. 6 - EURO 3,00

PESARO

BERTINI

Franco

TRA IL CANESTRO E PROUST

STUDIOSI E COLLEZIONISTI / Poker d’arte MONDAVIO / Sul monte degli uccelli MAURO SANCHINI / Sogni su due ruote

N° 1 MAGGIO/GIUGNO 2015



EDITORIALE

E

Ed eccoci qua... con in mano il nuovo numero di Pesaro IN Magazine, nuovo nel formato, nuovo nella grafica, sempre vicino ai lettori per raccontare le storie, le esperienze, i personaggi che fanno la nostra città e la nostra terra. Un’evoluzione che vuole mantenere la rivista contemporanea, autorevole e insieme piacevole e ricca di contenuti. E per inaugurare la nuova immagine della rivista abbiamo scelto una storia esemplare, di un personaggio ai vertici dello sport e poi del giornalismo come Franco Bertini, proseguendo poi con l’energia sotto canestro dei giovani giocatori pesaresi. E poi ancora tanta passione con l’arte, la musica, il mondo della comunicazione e sempre tanti volti e tante novità. Ma cominciamo subito a sfogliare questo imperdibile numero... sempre insieme, sempre nuovi! Andrea Masotti

SOMMARIO

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ANNOTARE

Brevi IN

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ESSERE

Franco Bertini

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GIOCARE

Giovani sotto canestro

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APPASSIONARE

Studiosi e collezionisti

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CRESCERE

Menabò Group

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EDIZIONI IN MAGAZINE S.R.L. Redazione e amministrazione: Via Napoleone Bonaparte, 50 - 47122 Forlì Tel. 0543.798463 / Fax 0543.774044 www.inmagazine.it inmagazine@menabo.com DIRETTORE RESPONSABILE: Andrea Masotti REDAZIONE CENTRALE: Serena Focaccia ARTWORK: Lisa Tagliaferri IMPAGINAZIONE: Francesca Fantini CONTROLLO PRODUZIONE E QUALITÀ: Isabella Fazioli UFFICIO COMMERCIALE: Irena Coso, Laura De Paoli COORDINAMENTO REDAZIONE PESARO: Simonetta Campanelli - 335 5262743 nelli@simonettacampanelli.it STAMPA: Montefeltro di Celli F. - Rimini Anno X - N. 1 Chiuso per la stampa il 21/05/2015 Collaboratori: Benedetta Andreoli, Alberto Berardi, Ettore Franca, Alice Muri, Maria Rita Tonti Fotografi: Leo Mattioli, Luca Toni

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INSEGNARE

Anna Cerboni Baiardi

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INNOVARE

Vittori Livi

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CORRERE

Mauro Sanchini

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ORGANIZZARE

Gianni Tangucci

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VISTARE

Seguici su FB: www.facebook.com/edizioni.inmagazine

Mondavio

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Tutti i diritti sono riservati. Foto e articoli possono essere riprodotti solo con l’autorizzazione dell’editore e in ogni caso citando la fonte

GUSTARE

I tacconi

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Un luogo luminoso, accogliente, dedicato all’archivio della storia Dondup. Uno spazio che racconta il mondo Dondup dai capi delle collezioni all’accoglienza, al design in pieno stile Dondup.


Orari di Apertura Da Martedì a Venerdì: 10.00 – 13.00 | 14.00 – 19.00 Sabato: 10.00 – 13.00 | 15.00 – 20.00 Domenica: 16.00 – 20.00

Via Achille Grandi, 10 61034 Fossombrone (PU) Italy (+39) 0721 740966 archivio@dondup.com www.archiviodondup.it


ANNOTARE

L’arte nei CAPELLI

Sapori MARCHIGIANI

PESARO Lucio è uno dei

parrucchieri più apprezzati di Pesaro, un estroso stilista che tutti conoscono perché quotidianamente e in pochi minuti, rivoluziona l’immagine delle clienti che si rivolgono a lui. Quando cura il loro hair look, racconta anche da dove nasce l’estro del momento e, soprattutto, svela le tendenze della stagione con utili spiegazioni sui passaggi del trattamento. “Il mio lavoro è amore e, cosa importante, è essere determinati e guardare avanti. Mi capita spesso di essere chiamato per offrire la mia professionalità in occasione di manifestazioni celebrative, festeggiamenti, ricorrenze. Adoro questo tipo di performance perché è stimolante: è come esibirsi in un gioco di prestigio, che ci permette di estrarre dal cappello magico uno stile che da sempre ci contraddistingue”. (S.C.)

PESARO Alle porte di Pesaro,

Il cuore di Milano: POMELLATO PESARO La Gioielleria Bartorelli di Pesaro presenta la nuova collezione “Milano”: un omaggio alla città che ha visto nascere la griffe di gioielli amata in tutto il mondo. Pomellato ha interpretato l’anima fashion della città creando questa nuova collezione che si candida a diventare il must have di un pubblico giovane, contemporaneo e cosmopolita. Allo stesso tempo, la Maison celebra un’eccellenza artigianale che da sempre contribuisce a fare di Milano un polo di innovazione anche nell’arte e nel design. Da questa ispirazione nascono i gioielli “Milano”, che interpretano con linguaggio contemporaneo i temi classici della tradizione orafa e le icone del brand. Una collezione pensata per essere un gioco nelle mani di donne dolci, nascoste, innamorate e sognatrici. Anelli doppi e singoli, da comporre a piacere mescolando le diverse texture e i colori dell’oro. Attraverso questa linea Pomellato celebra le proprie radici e i propri valori e racconta quel magico scambio di influenze creative che si è instaurato da subito con la città dove la preziosa griffe è nata nel 1967, e che continua ancora oggi ininterrotto. L’intera collezione Pomellato è disponibile presso la gioielleria Bartorelli di Pesaro. (S.C.)

circondato dal verde, sorge il ristorante Palìs. Le ampie sale si prestano a ospitare i clienti per ogni tipo di occasione ed evento. Nei mesi caldi offre la possibilità di gustare merende e aperitivi godendo l’ombra del suggestivo pergolato in glicine o distesi direttamente sull’erba dell’ampio giardino. Lo chef Andrea oltre a proporre piatti della tradizione marchigiana, propone agli ospiti ottime pietanze di pesce, che prepara con grande passione e creatività utilizzando pochi e semplici ingredienti sempre freschi. Oltre alla cucina, Palìs offre un’ottima pizza, vini, birre artigianali, oli, formaggi e salumi accuratamente selezionati e provenienti dalle piccole aziende del territorio. (S.C.)

Nuovo design outlet PER FIAM MONTELABBATE Fiam ha inaugurato a marzo il nuovo design outlet del vetro curvato: uno spazio rinnovato con vetrine che offrono grande visibilità ai prodotti esposti. Un’area di oltre 2.000 mq a Montelabbate, in provincia di Pesaro-Urbino, dove sarà possibile acquistare in sconto gli esclusivi elementi d’arredo dei marchi Fiam e Liv’it by Fiam. L’outlet, aperto al pubblico tutto l’anno, ospiterà prodotti che nel tempo hanno scritto la storia dell’azienda e che oggi non sono più in catalogo, insieme ai prototipi di articoli inediti che rappresentano esemplari unici nel loro genere. Unendo design e accessibilità, Fiam conferma la sua attenzione alle tendenze del lifestyle, per offrire a tutti gli appassionati del brand il valore di una lunga tradizione, la qualità della lavorazione artigianale e l’innovazione della ricerca tecnologica che da sempre rappresentano la cultura del made in Fiam. www.fiamitalia.it (S.C.)

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IN MAGAZINE



ANNOTARE

Lo stile in Archivio DONDUP

L’allegria del GIOIELLO

PESARO Archivio Dondup

PESARO Campanelle è la

rappresenta il luogo nel quale la vera essenza ed evoluzione di Dondup si manifesta in ogni particolare: dal design curato nei minimi dettagli dalla direttrice creativa Manuela Mariotti, al susseguirsi delle collezioni che assaporano lo stile Dondup e lo concretizzano in un look grintoso, metropolitano e casual. Un luogo luminoso, accogliente, immerso nelle verdi colline marchigiane. Archivio Dondup è il punto zero della nuova immagine architettonica del brand che si implementerà in tutti gli store monomarca nel mondo. Il negozio di 400 mq vince il primo premio come Miglior Retail Italiano ed Europeo tra i progetti architettonici dell’anno 2013. (S.C.)

Collezione più iconica e rappresentativa della maison Chantecler, portatrice di un’antica leggenda e simbolo di gioia, fortuna e successo. Le Campanelle sono da sempre i gioielli più ambiti di Chantecler. Realizzate in pavé di pietre preziose, in oro e diamanti, in pietre dure e semipreziose, le Campanelle sono piccoli capolavori di arte orafa da indossare e da collezionare, capaci di esaltare lo stile di ogni donna, la sua personalità e il suo umore, in un continuo gioco di composizioni e abbinamenti senza tempo. L’intera collezione Chantecler è disponibile presso la boutique Bartorelli Gioiellerie di Pesaro, in via Branca 15. www.bartorelli.it (S.C.)

La storia di un aroma: CAFFE PASCUCCI MONTE CERIGNONE Bere un caffè è la cosa più semplice al mondo, ma dietro al gusto di quel sapore e di quell’aroma c’è un lavoro infinito. Dalla scelta della materia prima si arriva alla miscela giusta solo attraverso un’infinità di passaggi, ma Alberto Pascucci (nella foto), il re del caffè di Monte Cerignone, ci è arrivato alla grande e ha raggiunto il suo meritato traguardo con impegno e costanza. A 82 anni, Pascucci si racconta con i numeri, il primo dei quali parte dalla fine dell’800 quando la sua famiglia fonda l’attività di torrefazione. Oggi la sua azienda conta 80 dipendenti, quasi 470 coffee shop (di cui 300 in Korea) e circa 4000 collaboratori. “Ma in particolare”, sottolinea Pascucci, “quello che conta è sì la miscela giusta, ma soprattutto il dettaglio”. Questa minuzia è arrivata nel 1960 con la scoperta del raffinato particolare del gusto. Nel 2013 da Parigi è arrivato anche il prestigioso “Premio per l’Etica aziendale”. E infine il 2015, l’ultimo numero, che concretizza il legame al territorio con l’apertura del Pascucci Shop Milano, un luogo dal contenuto internazionale ma con cuore ed essenza italiana. Congratulazioni Alberto! www.pascucci.it (S.C.)

Aster, boutique DI DESIGN PESARO Aster Pesaro Centro è il nuovo monomarca che si affaccia

sul centro storico della città, una boutique di design che si propone come vetrina su novità, tendenze e ispirazioni. All’interno dello showroom, un allestimento raffinato combina una selezionata proposta di cucine firmate Aster con il mondo tecnologico di Miele, brand tedesco leader nel settore d’alta gamma. Il tutto affidato all’esperienza di Livings, punto di riferimento nella vendita di rivestimenti per pavimentazioni, elettrodomestici, e da oggi protagonista anche nel design della cucina grazie alla partnership con Aster. “Il punto vendita centrale potrà disporre anche di un’ulteriore esposizione di cucine, in via degli Abeti 354, per offrire una visione completa del catalogo Aster”, sottolinea Paolo Zonghetti, marketing manager, “altre 15 collezioni e atmosfere che spaziano dal moderno al classico”. 10

IN MAGAZINE


14 DICEMBRE presenta: dalle ore 16.30

ogni cucina è un progetto unico e irripetibile presenta:

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Via Bramante 62, Pesaro - tel 0721.67728

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ANNOTARE

Il Jazz prima DEL JAZZ

I giardini dello SCUDIERO

FANO Se Guido Piovene, nel suo memorabile Viaggio in Italia del 1961, scrisse che “Fano si vanta di aver inventato il Jazz con certi suoi concerti di musica sincopata i cui strumenti sono pentole” non può essere per caso. Come non può essere un caso se nel 1923 alcuni tra i suoi artigiani più creativi si misero insieme per dare vita a una Jazz band che chiamarono “Musica Arabita” (Musica arrabbiata): un clarino suonato da chi non conosceva le note, un contrabbasso con una corda sola, una fisarmonica pronta a piegarsi ad ogni accordo e una chitarra sgangherata che si affannava a tenere il tempo. Pochi anni dopo il timido sbarco del Jazz in Europa, già Fano aveva la sua jazz band. Come fu possibile? Fano come New Orleans sorge sul mare, ma quella “mesclanza” che fece dire a qualcuno che il Jazz non è altro che “una canzone di bianchi cantata da negri” a Fano non esisteva. È vero invece che a Fano, allora, come a New Orleans, ogni bottega di barbiere possedeva un complessino con chitarra e mandolino. (A.B.)

PESARO Il ristorante lo Scudiero di Pesaro, ormai riconosciuto a livello internazionale e tappa fissa dei grandi gourmet di tutto il mondo, presenta oggi alla sua clientela anche gli antichi giardini all’italiana di Palazzo Baldassini, dove vengono organizzati matrimoni da sogno, cene aziendali e cerimonie, un luogo unico dove la grandissima ristorazione incontra l’eleganza e la maestosa bellezza dei giardini del Palazzo. Lo scudiero curerà a 360 gradi la coppia di sposi che si avvicina al grande giorno occupandosi degli allestimenti, del menù, degli addobbi floreali, della musica e delle attrazioni per rendere il giorno più atteso della vita indimenticabile. Il punto di forza di ogni cerimonia è sicuramente rappresentato dal food e a Lo Scudiero la qualità delle piatti è garantita dalla fama e dalla bravura dei suoi giovani chef. Sicuramente sentiremo molto parlare delle cerimonie del Palazzo Baldassini, un luogo unico per matrimoni ed eventi. www.ristorantescudiero.it

TimePieces, EDIZIONE LIMITATA PESARO Il gruppo Bartorelli Gioiellerie, rinomato a livello internazionale per essere punto di riferimento per chi cerca l’eccellenza nel mondo dell’alta gioielleria e orologeria, nonché creatore di una preziosa collezione di gioielleria composta da creazioni pezzo unico, ha creato la linea di orologi “Bartorelli TimePieces”: preziosi segnatempo dall’aspetto grintoso e della tecnica sofisticata, creati per omaggiare le 5 splendide località che ospitano le boutique. Caratteristiche tecniche: orologio al quarzo cronografo, con cassa in acciaio pvd, cinturino in pelle. Il secondo cinturino è disponibile in tessuto rosso e nero. Serie limitata per ogni città di 25 pezzi, con prezzo di vendita al pubblico di 230 euro. L’orologio dedicato a Pesaro è già diventato un must per gli appassionati di orologi ed è stato creato per celebrare l’importante anniversario che ricade quest’anno: il 25esimo anniversario della boutique nel cuore delle Marche. Il nuovo orologio di tendenza per l’estate è Bartorelli TimePieces! (S.C.)

Confcommercio e TURISMO PESARO Il turismo è la leva fondamentale di sviluppo dell’economia

locale. Lo è a livello nazionale ma anche nelle Marche e in Provincia di Pesaro e Urbino. Per questo Confcommercio assegna al turismo un ruolo di primo piano nei servizi e nelle azioni promozionali. Per Confcommercio il turismo è da sempre il fulcro dell’impegno, il naturale insieme di attività di servizio: il “core business”. Con la salvaguardia dell’ambiente, dei paesaggi e del mare e la valorizzazione di beni culturali ed enogastronomici, Confcommercio di Pesaro e Urbino promuove la Provincia con la collaborazione delle Associazioni Albergatori, Associazione Ristoratori, Confturismo Marche Nord, Confturismo Urbino e Cagli. (nella foto, Amerigo Varotti, Direttore Confcommercio Pesaro e Vicepresidente CCIAA PS) www.lemarchediurbino.it (S.C.) 12

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ANNOTARE

Hotel / Ristorante / Enoteca nel cuore del parco del Monte San Bartolo a Gabicce Monte

Mancini: 123 anni… E NON SENTIRLI PESARO Raggiungere i cento anni è solitamente un evento straordinario

per tutti ma non per la storica azienda pesarese Arturo Mancini, che essendo stata fondata nel 1892 raggiunge quest’anno 123 anni di storia. Tante novità sono state introdotte nel corso degli anni, compresa una recente maggiore partecipazione a livello del web, ma sempre costanti sono rimaste le caratteristiche che ne hanno fatto un punto di riferimento per migliaia di aziende e privati. L’affidabilità, l’esperienza e il servizio offerto continuano a essere i tratti distintivi di questa azienda a vocazione commerciale che, nata come rivenditrice di materiali ferrosi, è oggi una delle più importanti realtà della provincia per quanto riguarda edilizia, ferramenta, idraulica e arredo bagno. (S.C.)

61011 Gabicce Monte (PU) - Via Dell’Orizzonte, 1 Tel 0541 953373 • Fax 0541 953095 www.hotelposillipo.com • www.ristoranteposillipo.com

52 DOMENICHE CON I BAMBINI IN ROMAGNA

Eventi, mare e relax ALL HOTEL EXCELSIOR PESARO Incantevole ed elegante è l’Hotel Excelsior di Pesaro che nasce per offrire ai suoi ospiti un’esperienza unica e irripetibile. Un “Boutique Hotel” dove l’ospitalità e l’attenzione ai dettagli incontrano il fascino di un luogo ideale per trascorrere un soggiorno relax, organizzare un meeting, festeggiare un evento. Un “Design Hotel” dove poter assaporare la tradizione gastronomica delle Marche rivisitata con estro, rilassarsi nell’esclusivo centro benessere “Spa Excelsior” con vista mare e rigenerarsi sulla spiaggia del “Lido Excelsior”. Un luogo dove emozionarsi tra musica, mare e arte. L’Hotel Excelsior nasce sul mare per offrire al cliente amante del buon vivere un luogo lontano dagli schemi, vicino per stile di vita a un concetto di lusso moderno e razionale. Un luogo dove ritornare. (S.C.)

Le domeniche più belle in Romagna con mamma e papà.

Tel. 0543.798463 | info@inmagazine.it | www.inmagazine.it


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IN MAGAZINE


ESSERE

Tra il canestro

E PROUST

GIOCATORE DI BASKET, POLITICO, GIORNALISTA: FRANCO BERTINI RACCONTA LA SUA VITA DI “RAGAZZO FORTUNATO” E DI TALENTO, DAGLI ESORDI ALL’INGRESSO NELLA HALL OF FAME DEL BASKET ITALIANO FINO AD OGGI. di Silvia Sinibaldi / ph Leo Mattioli

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Se dico il numero 3.889 cosa le viene in mente? “I miei anni non sono. Direi i punti che ho segnato e le pagine della Recherce.” Ecco Gianfranco Bertini: ironia, palla a spicchi e scrittura. La sua vita. “Proust e basket sono due elementi fondanti della mia esistenza.” Ci vuole più fisico per giocare a pallacanestro o per fare il giornalista? “Per fare il giornalista. Per giocare a basket ci vuole testa. È necessario concepire le azioni possibili e poi avere gli strumenti per realizzarle. Il basket è fatto di infinite geometrie che contemplano anche il ruolo del giocatore senza palla. Una partita a scacchi ad altissima velocità.” Dicono di lei che sia stato un play con una visione del gioco straordinaria. Però, quando parla di basket, accanto alla parola “geometrie” lei aggiunge sempre “sofferenza” e “gioia”. “C’è una cifra di nobiltà nell’attività agonistica. Lo avevano già compreso i greci che pensarono le

Olimpiadi. La nobiltà sta nell’esercizio gratuito della gioia e della sofferenza che accompagnano lo sport. Vincere provoca una gioia esplosiva, perdere una sofferenza profonda e tutto avviene per un gioco, solo per un gioco.” Si rilassa sulla poltroncina del bar dove ha accettato di parlarmi. Lo conoscono tutti e si rivolgono a lui con un generale sentimento di stima e di affetto. Perdiamo spesso il filo del discorso ma il Ragno tesse complesse ragnatele i cui filamenti convergono tutti al centro. E dal centro si riparte. Lei è inserito nella Hall of Fame del basket italiano, è un giornalista storico e ha persino una voce su Wikipedia. Si sente fortunato o equamente risarcito? “Fortunato. Nella mia vita ho sempre potuto fare quello che volevo. Quando guadagnai i primi soldi giocando a basket non potevo crederci: essere pagato per giocare, per fare quello che più mi piaceva. Fortunato perché il talento segue la fortuna ma non sempre la fortuna segue il talento.” IN MAGAZINE

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“NELLA MIA VITA HO SEMPRE POTUTO FARE QUELLO CHE VOLEVO. QUANDO GUADAGNAI I PRIMI SOLDI GIOCANDO A BASKET NON POTEVO CREDERCI: ESSERE PAGATO PER GIOCARE, PER FARE QUELLO CHE PIÙ MI PIACEVA. ”

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IN MAGAZINE

Dice spesso che non era un atleta ma un ragazzo che giocava a basket. Se non è un giornalista lei cosa è? “Sono uno che scrive. Tutti i grandi giornalisti sono scrittori. Lo specchio in entrambi i casi è il lettore e la sfida trovare le parole per raccontare, coinvolgere, spiegare. Oggi più che mai, visto l’eccesso di informazione, il bombardamento di notizie che subiamo, offrire una lettura diversa, avere uno sguardo più ampio nel raccontare i fatti, diventa il vero lavoro giornalistico. E credo che nelle mille anime del giornalismo ce ne sia anche una nobile. Una sottile vena pedagogica.” Basket, Provincia, Resto del Carlino. Tre parole per spiegare cosa rappresentano per lei.

“Giovinezza, maturità, sintesi. I trent’anni di vita che ho dedicato alla pallacanestro racchiudono il tempo del vigore, della scoperta e dello stupore. La Provincia è una diretta conseguenza del basket e il Carlino la sintesi superiore di passione e lavoro. Ho cominciato a scrivere negli anni Sessanta come titolare di una rubrica di pallacanestro e da allora ho sempre pensato che quello del giornalista è un grandissimo mestiere.” Agide Fava e Paolo Nonni. “Ottimo accostamento. Per me due maestri occulti, i migliori, quelli che non sanno di essere maestri. Il tratto comune tra Agide e Paolo è l’avere entrambi una loro precisa concezione della vita ma anche un profondo rispetto per le convinzioni altrui. La domenica mattina, prima della partita, Fava portava i ragazzi della squadra alla messa. Un giorno io e Marcello Stefanini gli abbiamo detto che non saremmo andati in chiesa. Non fece una piega. Rispettava le nostre idee. Lui e Paolo sono anche un esempio di autenticità e grande umanità.” Marcello Stefanini, Giorgio Tombari e Gianfranco Bertini: eravate in classe insieme al liceo e lei era il più bravo di tutti. Una straordinaria congiunzione astrale. “Effettivamente un’unica classe che esprime due sindaci...” Non faccia il modesto... “Beh la soddisfazione più grande è stata spiegare loro la consecutio temporum. La professoressa non ci era riuscita e mi ringraziò pubblicamente.” Ci fa il nome di un amicoamico e non maestro? “Rischio di commettere ingiustizie. Direi che ho almeno una decina di amici con cui mi sento in affettuosa sintonia. Persone che non vedo magari per lungo tempo ma che quanto ti incontri sembra di essersi visti il giorno prima. Un filo che non si spezza. Ma se devo fare un nome dico Toto Bulgheroni.” La politica? “In senso lato è parte della vita. Tutto è politico. Però non credo nei partiti, credo nelle singole per-


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sone che si mettono insieme per raggiungere obiettivi. I partiti sono come Alka Seltzer, versi la bustina nell’acqua e ci sono bollicine per tutti. Un partito è un controsenso, contano le singole persone.” Il potere? “Una brutta bestia. Gestire il potere è una contraddizione in termini.” I libri? “Tanti, divorati, meditati. Ma il tempo sedimenta i ricordi, decanta i pensieri e oggi dico la Recherche di Proust, i Saggi di Montaigne e i Promessi sposi. La verità della vita sta nella lettura. Le parole creano il mondo e nulla connota la realtà come la parola.” Da grande si vede vincitore di Master Chef o dell’Isola dei Famosi? “Due cose che non mi passano nemmeno lontanamente per il

cervello. Tra l’altro questa recente passione universale per la cucina e il buon cibo mi insospettisce. Dove si coltivano questi prodotti genuini se in Italia l’agricoltura è morta?” La bicicletta? “In bici vado ovunque e in qualsiasi stagione. Ho anche venduto la macchina. Pedalare è il modo perfetto di muoversi.” Via del Vallato? “Ah, la mia infanzia, la mia famiglia: mio padre falegname, mamma casalinga e tre figli maschi. Tempi duri che mia madre, come tante donne di allora, governava con coraggio e pragmatismo. Per tutta la vita mi ha ripetuto che quello con il macellaio è stato il contratto migliore che io abbia mai firmato. Si riferiva al mio primo ‘stipendio’ da giocatore di basket. Un conto aperto con

la macelleria di piazza Antaldi.” Lei è stato intervistato tante volte. Qual è la domanda che fino ad ora non le hanno mai rivolto? “Non mi considero persona meritevole di essere intervistata, non saprei dunque quale sia la domanda che manca. Spero che il racconto comunque rispetti la mia vita che vuole essere una testimonianza laica di profondo rispetto per tutti. Credo nella coerenza eletta a norma universale.” Secondo lei nella vita conviene essere buoni? “Assolutamente sì. Non solo perché il buono ritorna, soprattutto perché spezza catene produce coerenza, fa della nostra vita una testimonianza. Poi sentirsi bene è il senso della vita. Stiamo con noi stessi ventiquattro ore al giorno...”

Franco Bertini E LA SUA STORIA Nel 1956, Franco Bertini, con la maglia della Victoria Benelli, vince il campionato italiano juniores di basket. Lui e Marcello Stefanini vengono premiati come i due migliori giocatori del torneo. Alla fine di quello stesso ‘56, compiuti i 18 anni, conquista il posto in prima squadra. È la stagione del conto aperto con il macellaio Duilio. La società paga le tasse universitarie, bisogna fare bene su tutti i fronti. Nel 1958 parte per Milano. Veste la maglia della mitica Simmenthal. Guadagna 100.000 Lire al mese. A Natale torna a casa per le feste. Si è fatto confezionare da un amico orefice un pacco che suggerisce il dono di un collier. Lo consegna a sua madre. Lui che la conosce bene ne comprende perfettamente l’imbarazzo: un regalo così non lo avrebbe mai voluto. Uno spreco offensivo. “Non dimenticherò mai lo sguardo di mia madre – racconta Franco – quando aprendo il cofanetto ci trovò 200.000 lire”.

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GIOCARE

Insieme

NEL BASKET VALERIA BATTISODO, ANDREA BENEVELLI E GIOVANNI TOMASSINI: TRE AMICI UNITI FIN DA PICCOLI DA UNA PASSIONE CHE È DIVENTATA UNA PROFESSIONE. di Alice Muri / ph Leo Mattioli

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Lottare fin da piccoli per diventare grandi campioni della pallacanestro. E poi trasformare quella passione in un vero e proprio lavoro, per riuscire a guadagnarsi da vivere a suon di vittorie e tanto sudore sul campo. È quanto sono riusciti a fare tre giovani pesaresi legati dall’amore per la palla a spicchi ma, soprattutto, da un’amicizia che dura ormai da tantissimi anni come Giovanni Tomassini, oggi giocatore della Junior Casale, Valeria Battisodo, cestista della squadra femminile del Basket Parma, e Andrea Benevelli, oggi pivot della Centrale del Latte Brescia. Nati e cresciuti in una città che vive di basket come Pesaro, non potevano non avvicinarsi fin da piccoli a questo sport, come spiega lo stesso Giovanni Tomassini: “Ho iniziato a giocare all’età di 5 anni – spiega – un po’ perché mio padre giocava a basket e un po’ perché Pesaro è una città che vive di pallacanestro. Io e Valeria siamo nati nello stesso anno, nel 1988, e possiamo dire che siamo cresciuti insieme. Con Andrea invece, a cominciare dai 12-13 anni, ci siamo

incontrati spesso nei vari campionati, quindi ci conosciamo davvero da tanto”. E prosegue: “Ho capito che la passione per il basket si sarebbe potuta trasformare in un vero e proprio lavoro all’età di 15-16 anni. Già nelle giovanili, durante i campionati e durante gli allenamenti, riuscivo a distinguermi nella mia squadra, cercando di dare sempre il massimo sul campo e risultando tra i più bravi. Poi un giorno il mio allenatore di quegli anni mi disse: ‘Non smettere di giocare a basket, altrimenti ti giuro che ti vengo a prendere a casa’. Da lì partì la mia carriera, con la fortuna e la consapevolezza di fare un lavoro diverso da tutti gli altri, un lavoro divertente, che si fa con il sorriso sulle labbra ma anche con tanti sacrifici, dagli spostamenti da una città all’altra a tutti i doveri a cui deve rispondere un atleta”. Un impegno davvero grande, che conosce bene anche Valeria Battisodo, oggi giocatrice di Parma: “Ho iniziato a giocare a basket all’eta di 8 anni. Tutto è iniziato al mare, ai Bagni Spinaci di Pesaro, IN MAGAZINE

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squadra e scuola quando si è cosi giovani non è mai semplice, ma devo dire che mi sono adattata quasi subito e mi sono trovata bene fin dall’inizio. Mi mancava la vita di prima ma questa nuova esperienza portava con sé grandi ambizioni, voglia di fare e di misurarmi con le altre giocatrici ma, soprattutto, con me stessa per provare a migliorare ogni giorno di più. Mi allenavo cin-

“HO LA FORTUNA E LA CONSAPEVOLEZZA DI FARE UN LAVORO DIVERSO DA TUTTI GLI ALTRI, CHE SI FA CON IL SORRISO SULLE LABBRA MA ANCHE CON TANTI SACRIFICI E TUTTI I DOVERI A CUI DEVE RISPONDERE UN ATLETA.” (GIOVANNI TOMASSINI)

GIOVANNI TOMASSINI, HA INIZIATO A GIOCARE A BASKET A CINQUE ANNI E OGGI È NELLA JUNIOR CASALE.

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IN MAGAZINE

dove c’era un campetto da pallacanestro in cui io e i miei amichetti, tra cui proprio Giovanni Tomassini, amavamo giocare. È lì che iniziai a fare i primi tiri a canestro e dove sbocciò la passione per questo sport, che mi portò ad iscrivermi all’Olimpia Pesaro, squadra nella quale poi sono cresciuta e con cui ho partecipato ai campionati giovanili, di serie C e serie B”. Valeria descrive tutta la sua esperienza sul campo: “Questo è un gioco contagioso – spiega – mio padre era un giocatore ed è stato lui a trasmettermi questa passione. E oggi anche la mia mamma, pur non avendo mai giocato, è super appassionata e conosce tutte le regole di questo gioco. Io ho capito che il basket poteva diventare una professione quando iniziarono ad arrivare delle richieste dalle squadre di serie A, tra cui Parma, dove gioco tutt’ora. Mi sono trasferita in Emilia a 17 anni ed è stato un grande sacrificio lasciare la mia famiglia e i miei amici. Cambiare

que ore al giorno, ma ogni tanto facevo anche delle singole sedute d’allenamento con l’allenatore di quell’anno, Maurizio Scanzani. Alcune volte mi capitava anche di fare allenamento nello stesso giorno con la squadra della mia età e con quella della serie A, ma era uno stimolo e un grande divertimento per me più che una fatica. Questo infatti mi ha permesso di diventare una giocatrice, quindi direi che ne è valsa sicuramente la pena. Non smetterò mai di ringraziare i miei genitori per i sacrifici che hanno fatto per me”. E tornando all’amicizia che lega Valeria Battisodo ad Andrea ma, soprattutto, a Giovanni aggiunge: “È stato proprio insieme a Giovi che ho iniziato a conoscere la pallacanestro. I nostri genitori sono molto amici e se sono arrivata fino a qua lo devo anche a lui: perché marcarlo tutti i giorni a piedi scalzi sul cemento sotto il sole al mare, non era affatto facile! - scherza Valeria -. Per quanto riguarda


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“RICORDO QUANDO AVEVO 14-15 ANNI E I MIEI AMICI USCIVANO. IO ERO IN PALESTRA AD ALLENARMI E IL SABATO SERA DOVEVO RIENTRARE PRIMA PERCHÉ POI LA DOMENICA AVEVO UNA PARTITA DA GIOCARE.” (ANDREA BENEVELLI)

A SINISTRA, VALERIA BATTISODO, CESTISTA NEL BASKET PARMA FEMMINILE; A DESTRA, ANDREA BENEVELLI, PIVOT DELLA CENTRALE DEL LATTE DI BRESCIA.

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Andrea invece lo incontro spesso a Pesaro, in estate, e so che anche lui sta avendo grandi soddisfazioni con questo grande sport”. È proprio Andrea Benevelli, oggi centro della Centrale del Latte Brescia, a raccontare ciò che sta vivendo e come è nata la passione per la palla a spicchi: “Mi sono avvicinato al basket da piccolissimo – spiega – . Mio padre giocava da professionista e quindi spesso mi capitava di assistere agli allenamenti e alle sue partite, così mi ha passato sicuramente tutta la sua passione. Finite le giovanili, intorno ai 18 anni, alla mia prima esperienza da professionista a Fossombrone ho capito per la prima volta che questa passione poteva diventare il mio futuro lavoro”. Una professione fatta di tante imprese, gioie ma anche tanti sacrifici: “Sicuramente questo è un lavoro capace di offrire tantissime soddisfazioni – ammette Benevelli – ma che sicuramente costa, ed è costato, anche tanti sacrifici. Ricordo quando avevo 14-15anni e tutti i miei amici uscivano e andavano

a divertirsi. Io ero quasi sempre in palestra ad allenarmi e il sabato sera dovevo rientrare prima, perché poi la domenica avevo una partita da giocare”. Un impegno, quello del professionista sportivo, che, come spiega Andrea, ma come sottolineato anche da Giovanni e Valeria, “ti porta anche ad essere quasi sempre via da casa, lontano da tutti i tuoi amici, ma anche dalla tua famiglia”, forse il sacrificio più grande. Andrea poi conclude parlando dell’amicizia che lo lega agli altri due “colleghi” cestisti, nonostante sia un po’ più grande d’età: “Ci conosciamo fin da piccoli e sicuramente mi fa molto piacere e mi rende orgoglioso il fatto che tutti e tre siamo riusciti a raggiungere ottimi livelli grazie a questa passione con cui siamo cresciuti. Tra l’altro poi con Giovanni capita spesso di sfidarci sul campo, anche durante il campionato”. Il che rende tutto ancora più divertente, perché le sfide per tre amici-campioni come loro, legati da una passione così forte, non finiranno mai.


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APPASSIONARE

Poker

D ARTE QUATTRO PERSONAGGI CHE HANNO MESSO L’ARTE AL CENTRO DELLA PROPRIA VITA CI CONFIDANO QUANDO E COME È SCATTATA LA “SCINTILLA” CHE HA FATTO ACCENDERE IN LORO LA PASSIONE. di Benedetta Andreoli / ph Luca Toni

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“A casa mia si è sempre respirata arte - ricorda Alessandro Bettini collezionista di pregiate opere in ceramica -. Mio padre, che ne era appassionato, gestiva l’osteria La Guercia che dagli anni ‘50 ai ‘70 divenne il cenacolo di quel gruppo di artisti che animava la vita culturale a Pesaro: mio zio Werther Bettini, Bruno Baratti, Nino Caffè, Alessandro Gallucci, Aldo Pagliacci, Tullio Zicari, Achille Vildi. Poi grazie agli incontri con lo studioso Paride Berardi e Gian Carlo Bojani, allora direttore del Museo internazionale delle ceramiche di Faenza, ho iniziato a studiare la maiolica rinascimen-

“PER ME È STATA UNA GRANDE SODDISFAZIONE ESSERE STATO L’UNICO COLLEZIONISTA ITALIANO AD ESSERE STATO INVITATO ALLA MOSTRA ORGANIZZATA DAL GOVERNO UNGHERESE PER FESTEGGIARE IL 550° ANNIVERSARIO DEL RE.” (ALESSANDRO BETTINI)

tale a Pesaro. Per me è stata una grande soddisfazione essere stato l’unico collezionista italiano ad essere stato invitato alla grande mostra organizzata nel 2008 dal governo ungherese per festeggiare il 550° anniversario dall’ascesa al trono di Mattia Corvino a Re dell’Ungheria. Inoltre di recente ho curato il volume Un ritorno insperato. La Madonna della Misericordia di Jacobello del Fiore nel Santuario di Santa Maria delle Grazie di Pesaro.” Per Anna Maria Ambrosini Massari, professore associato di Storia dell’Arte Moderna all’Università di Urbino, di scintilla ce n’è stata più di una: “Le bellissime lezioni di Grazia Calegari al liceo classico Mamiani di Pesaro - ci svela -. Compresi 30

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come l’arte possa essere un approccio fortissimo alla vita, qualcosa di vero, civile, che libera la testa. Da quelle lezioni entravo nel mondo di conoscenza di Roberto Longhi, di cui era stato allievo Francesco Arcangeli, maestro della Calegari.” Grandi soddisfazioni le hanno dato “le ricerche e le mostre sul grande pittore pesarese Simone Cantarini, alcuni premi come Il Frontino nel 2008 e il Premio Salimbeni per la Storia e la critica d’arte nel 2009, riconoscimenti scientifici.” Tra i prossimi impegni conferma “l’impegno didattico, il lavoro quotidiano di formazione, che oggi è più importante che mai e

ALESSANDRO BETTINI, COLLEZIONISTA DI OPERE IN CERAMICA, E ANNA MARIA AMBROSINI MASSARI, PROFESSORE ASSOCIATO DI STORIA DELL’ARTE MODERNA. IN APERTURA, UNA SALA DEI MUSEI CIVICI DI PESARO



“HO SEMPRE AMATO SPERIMENTARE, TANTO DA AVER DATO VITA ANCHE A CORRENTI ARTISTICHE, COME IL TRANSFIGURATIVISMO E IL TRANSCONCETTUALISMO. A ME L’ARTE CONTEMPORANEA EMOZIONA TANTISSIMO.” (ALESSANDRO MARCUCCI)

A SINISTRA, CLAUDIO GIARDINI, STORICO DELL’ARTE ED EX DIRETTORE DEI MUSEI CIVICI DI PESARO; A DESTRA, ALESSANDRO MARCUCCI, ARTISTA E CULTORE D’ARTE.

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la ricerca, sempre fondamentale. Inoltre preparo saggi, convegni e mostre.” “Per me è stata una vocazione tardiva - ci racconta Claudio Giardini, storico dell’arte ed ex direttore dei Musei civici di Pesaro -. Ho conseguito la specializzazione in Storia dell’arte a Bologna a 44 anni nel 1992, dopo aver conseguito da giovane gli studi classici e la laurea in filosofia. Intanto nell’ottobre del 1986, mentre lavoravo all’ufficio personale del Comune di Pesaro, entrai ai Musei civici per incontrare l’allora direttrice Maria Mancini Della Chiara e pensai ‘Questo è il luogo per me’. Quindi sono diventato direttore dei Musei Civici di Pesaro il 1° gennaio 1987 e ho ricoperto l’incarico per quattordici anni fino al 2000. Ora sto lavorando, insieme alla docente Bonita Cleri, al volume L’arte venduta, centrato sulle opere d’arte passate da una collezione privata all’altra dal XIV al XIX secolo: dovrebbe essere pubblicato a fine dicembre per concludere

la trilogia iniziata con il volume L’arte conquistata (2003) e proseguita con L’arte confiscata (2011), sempre realizzati con la professoressa Bonita Cleri”. Assicura di fare arte per diletto e di non aver mai voluto vendere le sue opere d’arte per non trasformare questo divertimento in un lavoro, il conte Alessandro F. Marcucci di Valfesina detto Nani che racconta di aver “sempre amato sperimentare, tanto da aver dato vita anche a correnti artistiche, le ultime delle quali sono il Transfigurativismo e il Transconcettualismo. A me l’arte contemporanea emoziona tantissimo, quindi il 28 giugno 2008 ho aperto a Pesaro l’Alexander Museum Palace Hotel, albergo di nove piani d’arte in cui sono rappresentati tutti gli stili contemporanei, con 63 camere realizzate da 75 artisti mentre altri 25 artisti hanno creato le opere esposte a piano terra. Inoltre finora vi hanno tenuto mostre oltre 200 artisti e tanti scrittori vi hanno presentato i libri”.



CRESCERE

Comunicare

COL MONDO PARTNERSHIP DI RILIEVO PER L’AGENZIA DI COMUNICAZIONE ROMAGNOLA MENABÒ GROUP CON IL NETWORK MONDIALE J. WALTER THOMPSON. UN TRAGUARDO PRESTIGIOSO E INSIEME UN PUNTO DI PARTENZA PER CRESCERE NEI MERCATI INTERNAZIONALI. di Serena Focaccia

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Creazione di reti e internazionalizzazione: due linee guida che la regione Emilia-Romagna mette alla base del programma di sviluppo delle imprese per dare vita a un sistema innovativo, responsabile e articolato e su un’ampia rete di centri di competenza e servizi per l’innovazione. In questo senso infatti il presidente stesso della Giunta regionale, Stefano Bonaccini, ha esortato i rappresentanti del mondo produttivo ad “aggregarsi per essere capaci di cogliere la sfida dell’internazionalizzazione”. Un percorso senza dubbio stimolante e impegnativo, che diverse aziende del territorio stanno affrontando e che vede coinvolta in maniera significativa Menabò Group, un’agenzia forlivese leader in Romagna che apre i suoi orizzonti in ambito nazionale, e non solo. Menabò, nata ormai trent’anni fa a Forlì, è oggi un punto di riferimento per le aziende che cercano soluzioni comunicative evolute, strategie scientifiche basate su dati e non semplici intuizioni e una creatività appassionata ed emozionante. La cre-

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scita e l’evoluzione dell’agenzia raggiungono quest’anno un traguardo significato con l’affiliazione al network mondiale di brand marketing communication J. Walter Thompson, una delle più note e affermate realtà internazionali nel campo della comunicazione e da oltre centocinquanta anni offre soluzioni innovative per brand e imprese, sviluppando una vera e propria rete globale con più di duecento uffici in oltre novanta paesi. Un risultato che conferma il dinamismo e lo spirito innovativo di Menabò Group e che ne rafforza il posizionamento strategico e la capacità di affiancare i clienti, come afferma Stefano Scozzoli (nella foto), presidente e socio di Menabò Group insieme a Elisa Ravaglia, Andrea Masotti e Luca Rondoni: “Siamo orgogliosi di quest’opportunità. Da un lato è un riconoscimento autorevole della nostra professionalità, dall’altro è un grande stimolo a fare molto di più, a continuare il nostro percorso di crescita verso l’internazionalizzazione e il miglioramento.”

E anche da Milano, dove ha sede la divisione italiana di J. Walter Thompson, fa eco il presidente Enrico Dorizza: “Menabò Group è una società dinamica e in crescita, con un portafoglio clienti interessante e di valore che, in partnership con J. Walter Thompson, ha le potenzialità per aumentare la sua influenza non solo sul distretto emiliano-romagnolo ma in tutto il nord est. Con questa affiliazione noi rendiamo ancora più capillare la nostra presenza sul territorio italiano e, avvalendoci di una struttura affermata in un’area produttiva ed economicamente vivace, riusciamo ad essere più vicini ai clienti di quest’area. Ulteriore valore aggiunto che Menabò porta alla partnership sono poi le competenze nell’ambito dell’organizzazione eventi e della produzione editoriale, in cui l’agenzia romagnola ha sviluppato una significativa esperienza.” Dorizza prosegue delineando gli scenari in cui si concretizzerà questa collaborazione: “J. Walter Thompson e Menabò Group sono entrambe realtà partner di


aziende vocate all’internazionalizzazione e all’innovazione, con questa collaborazione integrano la rispettiva gamma di opportunità offerte ai clienti, con una sinergia di know-how che potenzia il valore aggiunto delle strategie di comunicazione e marketing. La logica di squadra e di condivisione delle competenze è la scelta vincente, muovendosi su scenari internazionali estremamente dinamici che il mercato propone.” Dinamismo e internazionalizzazione sono due caratteristiche che contraddistinguono l’agenzia romagnola e che emergono scorrendo i “numeri”: un’età media di trentacinque anni dei professionisti che lavorano in azienda, un fatturato che per un terzo proviene da clienti esteri e una intensa fidelizzazione dei clienti con rapporti di collaborazione da oltre dieci anni. In più, una nota rosa: dei trentacinque dipendenti impiegati in Menabò Group l’80% sono donne. I presupposti e lo slancio ci sono dunque tutti, perciò pronti alla sfida: dalla Romagna verso il mondo. IN MAGAZINE

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ORGANIZZARE

Va dove vuole

LA MUSICA

DAL CONSERVATORIO ROSSINI ALLA DIREZIONE ARTISTICA DEI PRINCIPALI TEATRI ITALIANI: GIANNI TANGUCCI NON HA PROGRAMMATO LA SUA CARRIERA, MA HA SAPUTO COGLIERE LE OCCASIONI CHE LA MUSICA GLI HA OFFERTO. di Maria Rita Tonti / ph Luca Toni

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Gianni Tangucci, pesarese, è volato fin da giovanissimo alla volta dei principali teatri d’opera italiani. Consulente artistico del Maggio Musicale Fiorentino dal 2002 al 2006 e da gennaio 2013 all’autunno 2014, attualmente è responsabile del Maggio Formazione, Accademia rivolta a giovani cantanti e maestri collaboratori, che prevede anche la creazione di un coro di voci bianche. Ha compiuto i primi passi negli studi musicali al Conservatorio Rossini di Pesaro. Che cosa ricorda? “Ho studiato al Rossini per poi seguire la mia insegnante a Venezia, dove mi si sono aperte prospettive di lavoro. Al mio diploma, siamo alla fine degli anni ’60, era presente Bagnoli, segretario artistico al Teatro La Fenice, che mi ha chiamato come maestro collaboratore. Così ho cominciato il lavoro in campo teatrale e ho scoperto un mondo non immaginato, lontano da quello di una città di provincia come Pesaro. Curioso per natura, in teatro ho fatto tutto quello che un musicista può fare, vivendo il palcoscenico dove nasce lo spettacolo e dove bisogna applicare passione e fantasia per risolvere i problemi.” Quando ha deciso che il suo mestiere sarebbe stato quello di direttore artistico? “Non ho fatto scelte pensate e programmate. Dopo una decina d’anni di mestiere è stato automatico occupare il posto di segretario artistico con la direzione di Sylvano Bussotti. In precedenza seguivo Mario Labroca, che era stato tra l’altro sovrintendente del Teatro Comunale di Firenze, un po’ come un figlio adottivo. Per un po’ ho seguito lavori in palcoscenico poi mi sono dedicato completamente all’organizzazione.” Che cosa la affascina di questo mestiere?

“Ciò che mi ha tenuto lontano dall’essere burocrate è compiere le scelte assemblando artisti e riuscire a continuare a fare musica tramite loro. Quando si mette in scena un’opera, anche se non sei presente in palcoscenico, sei responsabile dell’esecuzione come gli artisti e questo è il fascino del mio mestiere. Soprattutto considerarsi orecchio amico per tutti gli esecutori.” Tra le tante esperienze da lei vissute nei principali teatri d’opera, quali sono quelle che conserva gelosamente? “L’inizio alla Fenice, che non posso assolutamente cancellare dalla memoria, e il passaggio alla segreteria artistica del Teatro alla Scala che ha aumentato la mia conoscenza e formazione nel mondo dell’opera.” Questo è un periodo di generale crisi economica. Come affronta il problema un direttore artistico? “Adattandosi alla situazione. Si sogna di meno e bisogna stare assolutamente dentro il budget, disciplina che mi sono sempre imposto.” Uno spettacolo nel cassetto? “Non basta un cassetto, ho un baule troppo pieno di sogni.” Che rapporti ha con il mondo musicale pesarese e, in particolare, con il ROF? “C’è un rapporto d’amicizia con Gianfranco Mariotti e con Alberto Zedda. Dire Pesaro è dire ROF e questo è un concetto che i pesaresi dovrebbero prendere maggiormente in considerazione.” Quali sono le cose che le piacciono di più e di meno della sua città natale? “Giro in tranquillità, vado in bicicletta: apprezzo l’investimento fatto sulle piste ciclabili. Vorrei più attenzione per il futuro a pensare architettonicamente lo sviluppo della città.”


VISITARE

Sul monte

DEGLI UCCELLI A SPASSO NEL TEMPO A MONDAVIO, LA META GIUSTA PER UN FINE SETTIMANA IN FAMIGLIA IMMERSI NELLA STORIA MEDIOEVALE TRA LE VALLATE DEL METAURO E DEL CESANO. di Ettore Franca / ph Leo Mattioli

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Vale la pena dedicare una domenica a uno dei centri più belli fra le vallate di due fiumi marchigiani, il Metauro e il Cesano. Sto parlando di Mondavio, che con le torri, i campanili e la bella cinta muraria che affianca la rocca roveresca domina il panorama dal mare ai Catria e Nerone. Circa il nome, che compare verso il 1180, c’è una ridda d’ipotesi fra cui la più diffusa vuole derivi da mons avium, monte degli uccelli. Molto dubbia è l’attribuzione a San Francesco che a quella data non era ancora nato; ben più tardi, dato che era in giro da quelle parti, questi volle invece un convento che fu costruito sul terreno donatogli da un devoto. In seguito, siamo nel XIV secolo, attorno a quello era sorto un nucleo di abitazioni che presto diventa “castello”: uno dei tanti circonvicini che il cardinale Egidio Albornoz (1355) innalza a “vicariato” ma, per volere di Bonifacio IX, nel 1391 tornerà sotto il dominio dei Malatesta di Rimini. Nel 1462 sarà il campo di battaglia a decidere la vecchia ruggine fra Sigismondo Malatesta e Federico da Montefeltro che, al soldo della Chiesa, lo toglie dai piedi e riconsegna al papato quanto fino ad allora era malatestiano. Francesco della Rovere, diventato Sisto IV, combina il matrimonio fra la figlia del duca Federico e suo nipote Giovanni, dallo zio investito di Mondavio. Sarà Giovanni della Rovere a chiamare Francesco di Giorgio Martini affidandogli il progetto della rocca, che mai subirà un assedio e i cui cannoni non spareranno un colpo. I lavori vanno avanti nel decennio 1482’92, con più interruzioni per l’assenza dell’architetto richiamato a Siena per far l’acquedotto. Sotto i Della Rovere, per circa centotrent’anni, si visse un periodo di benessere che sarà dimenticato con l’estinguersi della dinastia roveresca nel 1631 quando ducato, vicariato e... Mondavio torneranno alla Santa Sede, che degrada a carcere la rocca a suo tempo non completata per la morte sia di Giovanni che di Giorgio Martini

quand’era ancora in costruzione. All’interno della cinta muraria, il centro storico è fra i meglio conservati della Regione e, all’ombra della Rocca, sulla piazza e lungo i vicoli su cui s’affacciano graziosi cortili, sorgono il Palazzo comunale e, voluto da un’Accademia, il piccolo Teatro Apollo attivo dall’800 fino a metà del ’900, recentemente restaurato nei tre ordini di palchetti, completi delle originali decorazioni ottocentesche. Sulla piazza si trova il convento di S. Francesco con l’ampio chiostro - diciotto arcate a tutto sesto e volte a crociera - dal quale si accede al Museo civico dove sono dipinti, arredi, suppellettili e reperti trasferiti da vari edifici religiosi. Preziose sono alcune rare edizioni del XV-

IL CENTRO STORICO DI MONDAVIO È FRA I MEGLIO CONSERVATI DELLA REGIONE E, ALL’OMBRA DELLA ROCCA, SULLA PIAZZA E LUNGO I VICOLI SU CUI S’AFFACCIANO GRAZIOSI CORTILI, SORGONO IL PALAZZO COMUNALE E IL PICCOLO TEATRO APOLLO.

XVIII secolo, già nella biblioteca fondata dai Cappuccini presenti a Mondavio da metà ’500. Sul retro, all’esterno del ristorante “al giardino” – che fa ottimo cinghiale alla brace – da più di 250 anni vegeta, maestoso ed elegante (alto 10 metri e 4,50 di circonferenza) il più antico cedro del Libano della provincia, giustamente iscritto all’albo nazionale degli alberi monumentali d’Italia. La Rocca, dal 1966, ospita il Museo di Rievocazione Storica che propone un tuffo nella vita di una fortezza rinascimentale. Nella Rocca, una fortificazione delle maggiori e meglio conservate, manichini di cera vestiti alla moda dell’epoca fanno rivivere le IN MAGAZINE

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Attacco ALLA ROCCA La rocca è una “macchina da guerra” in cui ogni dettaglio è studiato per resistere agli attacchi sferrati sia con armi a getto sia con le prime rudimentali armi da fuoco. Il mastio domina l’insieme e stupisce per le dimensioni e per la particolare forma in cui le otto facce, i prospetti sfuggenti e gli spigoli affilati sono progettati per ridurre la violenza dei proiettili. Dal mastio, un camminamento porta alla torre attraverso un ponte e, se potessimo guardare a volo d’uccello, potremmo vedere come torre e camminamento formino la figura di una balestra, stravaganza architettonica di Francesco di Giorgio Martini, come la struttura a tartaruga della rocca di Sassocorvaro. Nel fossato è stato allestito un parco con alcune macchine, tutte tratte dai disegni di Francesco di Giorgio Martini. Sono ricostruzioni in dimensione reale di catapulte, trabucchi e altre macchine d’assedio.

FRANCESCO DI GIORGIO MARTINI, PROGETTISTA DELLA ROCCA, È STATO UN ARCHITETTO, INGEGNERE, PITTORE E SCULTORE TOSCANO NATO A SIENA NEL 1439. OPERÒ A LUNGO PRESSO LA CORTE DEI SIGNORI DI MONTEFELTRO A URBINO.

scene conviviali, le attività degli armigeri con la collezione di strumenti d’uso militare, artiglierie, armature, cavalli alla posta e, ovviamente ricostruite, non potevano mancare le segrete e gli ambienti per la tortura. All’esterno, ricostruite in scala naturale, sono sistemate alcune macchine da guerra che suscitano sempre interesse fra i visitatori, specialmente fra i ragazzi condotti nelle visite didattiche. Oltre alle frazioni di San Michele al Fiume e San Filippo sul Cesa40

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no, in collina, a dieci chilometri da Mondavio, sorge il castello di S. Andrea di Suasa tuttora circondato dalle mura medievali. Il borgo risale all’epoca tardoimperiale, quando nel VI sec., al tempo della guerra greco-gotica, sconvolte queste zone, gli abitanti abbandonarono la città di Suasa e, cercando rifugio, fondarono il primo insediamento. Lo sviluppo del borgo di S. Andrea di Suasa avvenne ad opera dei Benedettini che rianimarono l’economia di quel territorio. Dal 12 al 15 agosto 2015, per la cinquantaseiesima volta, l’intero complesso della Rocca diventerà il suggestivo palcoscenico della rievocazione di una “caccia al cinghiale”, con la quale si ricorda l’arrivo a Mondavio di Giovanni della Rovere e il corteo dei dignitari del Ducato di Urbino che parteciparono ai festeggiamenti per il vicariato, dono di Papa Sisto IV in occasione delle nozze del nipote con Giovanna, figlia di Federico da Montefeltro.

Il programma della manifestazione è ambientato nel centro dove si ricostruisce il rientro dalla caccia al cinghiale, trofeo compreso, mentre alcuni figuranti danno vita a quanto rallegrava una festa rinascimentale: gare di tiro con l’arco e con la balestra ad opera del gruppo degli “arcieri storici”, gioco “dei nastri”, esibizione di danzatori e di giocolieri mentre la gente trova ristoro nelle taverne. Non manca il banchetto rinascimentale al quale si partecipa indossando abiti del ’500 concessi dalla pro-Loco per assumere l’identità di cavalieri o dame della corte di Giovanni della Rovere. Si osserva uno scrupoloso rituale con scalchi, credenzieri, bottiglieri, ripostieri, coppieri, “offitiali di bocca”, ancelle, cortigiane, giullari e con cibi preparati come allora mentre musici in costume suonano armonie rinascimentali. È un tuffo nello splendore del Rinascimento del quale si è partecipi e attori in attesa dello spettacolo pirotecnico che conclude, oggi, una festa di sei secoli fa.


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I tacconi

IN TAVOLA LA TRADIZIONE CULINARIA MARCHIGIANA AFFONDA LE RADICI NELLA POVERTÀ E NELL’INGEGNO DELLE CUOCHE DI CASA. I TACCONI – IN BRODO, IN BIANCO O AL SUGO – SONO UN PIATTO RARO FATTO DI FARINA DI FAVE MISTA A FRUMENTO.

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Nelle case di campagna, oltre ad essere usata nei beveroni per gli animali, la fava veniva nobilitata a passatempo – insieme ai ceci – nelle serate di veglia quando si “bruscava” mettendola su una piastra di ferro che s’arroventava sulla brace del camino. Dopo qualche “smuscinamento”, mentre la buccia diventava bruciacchiata, avendo i denti buoni, una dietro l’altra si sgranocchiavano le fave brusche che, fra una chiacchiera e l’altra, chiedevano diversi bicchieri di vino. Quando fil rouge nelle cucine della nostra provincia era la miseria, un po’ di fava saggiamente messa da parte, “battuta” e seccata nell’estate, oltre che passatempo poteva essere un significativo sostentamento nell’inverno. Ci pensavano le donne la cui inventiva era inversamente proporzionale alla scarsità delle risorse. Alle fave erano già ricorse per fare il pane, macinandole e tagliando la “farina” di fava con quella, poca, di grano. Poi trovarono il modo di farne una minestra: i “tacconi”. Il nome – anche nella versione posteriore, quella con la polenta – rispecchia qualcosa di molto povero e poco esaltante perché, in

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di Ettore Franca / ph Leo Mattioli

bocca, si attaccavano ai denti o, peggio, perché ricordavano i pezzi di cuoio o di gomma con cui si risuolavano i tacchi delle scarpe. La miscela delle farine di fave e di grano, in proporzione che dipendeva dalla disponibilità della seconda, veniva impastata con l’acqua per poi tirarla in una sfoglia piuttosto spessa da tagliare a quadratoni irregolari. In un pentolino si soffriggeva l’aglio nel “battuto di lardo” aggiungendo la conserva allungata nell’acqua e, a bollore, si versavano i tacconi cuocendoli per un quarto d’ora. Scodellati si completava col pepe e il grattugiato di pecorino secco. In casa non si fanno più e solo in

qualche trattoria, magari travestita da ristorante, è possibile non tanto trovarli nel menù ma, se si ha fortuna, richiederli il giorno prima e rivivere così un amarcord più sentito dire che vissuto. I tacconi originali, che in area di montagna si chiamavano “basagnaccoli” o “batocchi” oppure, per la vicinanza della Toscana, “concioni” sono stati rivisitati aggiornandoli ai gusti di oggi. Per esempio, non sono presentati come minestra ma proposti “in asciutto” e nella forma di tagliatelle – tanto pochi sanno cos’erano all’inizio – eppure, cambiati d’aspetto, i moderni tacconi rivisitati mantengono quel tanto di rusticità e di antico.


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L’artista

DIMENTICATO ANNA CERBONI BAIARDI È DOCENTE DI TECNICHE ARTISTICHE E ARTI GRAFICHE ALL’UNIVERSITÀ DI URBINO: UNA VITA DEDICATA ALL’INSEGNAMENTO E ALLA RICERCA.

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Anna Cerboni Baiardi, urbinate, coltiva fin da giovanissima la passione per l’arte che la conduce alla docenza presso l’Università di Urbino “Carlo Bo”. “Sono cresciuta in una famiglia di intellettuali, aperta a studiosi provenienti da tanti luoghi, letterati e anche storici dell’arte. La mia scelta è nata in modo molto naturale.” Chi sono i suoi maestri ideali? “Potrei dire Adolfo Venturi, un pioniere con un atteggiamento di apertura a tanti aspetti del fare artistico, o Roberto Longhi, che ha scritto pagine memorabili su artisti di varia caratura; ma lo sono stati e lo sono continuamente anche grandi artisti come Raffaello, di cui mi interessa conoscere ogni aspetto, dal pensiero ai meccanismi che governavano il suo rapporto con allievi e collaboratori.” Come sceglie gli artisti a cui dedicarsi? “Nello studio, così come nella vita, si susseguono gli incontri: a volte non ci sono conseguenze, in altri casi alcune condizioni stimolano l’interesse all’approfondimento.” Quale artista l’ha intrigata maggiormente? “Forse Giovan Battista Nini, un plasticatore urbinate del Settecento emigrato in Spagna e poi in

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di Maria Rita Tonti / ph Luca Toni

Francia. Avevo trovato notizie di lui tra le carte manoscritte della Biblioteca Oliveriana. Era uno sconosciuto, nessuno se n’era occupato fino a quel momento e così mi sono messa sulle sue tracce. Sono partita letteralmente da zero, ripercorrendo i suoi spostamenti in diverse città europee. Ne sono nate una mostra a Urbino e una a Blois, nel castello di quella città.” Lei è docente di Tecniche artistiche e arti grafiche nell’Ateneo urbinate.

“Si tratta di un corso della Laurea magistrale in Storia dell’arte, con cui vorrei avvicinare gli studenti non solo alle arti maggiori, come la pittura e la scultura, ma anche ad altri manufatti, come la tarsia lignea o gli arazzi, parti integranti delle culture in cui sono inscritti.” Se avesse fatto un altro mestiere? “Mi sarebbe piaciuto fare l’imprenditrice nel senso più alto del termine: fare economia mettendo al centro le persone.”


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di Benedetta Andreoli / ph Luca Toni

Fondatore e presidente dell’azienda Fiam Italia, il noto imprenditore pesarese Vittorio Livi è impegnato anche alla guida di Assarredo. Presidente Livi, quali obiettivi si è posto e sta realizzando come nuovo presidente di Assarredo? “Nell’ottobre 2014, quando sono stato incaricato di fare il presidente vicario di Assarredo, mi sono posto due obiettivi molto importanti: valorizzare il prestigio del mobile italiano e promuovere la ricerca per aumentare le nostre

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quote di mercato a livello planetario. Abbiamo studiato una manifestazione annuale a livello mondiale, insieme ai responsabili della nostra struttura di Fla Eventi a Milano, e stiamo organizzando sedi commerciali e di promozione che verranno guidate da sei imprenditori in altrettante aree strategiche del mondo.” A quali progetti sta lavorando nella sua azienda Fiam Italia, celebre a livello internazionale per la realizzazione di arredamenti in vetro curvato?

“In Fiam abbiamo lavorato per presentare al Salone del mobile di Milano diverse novità, tra le quali una collezione di specchi, progettata da Helidon Xhixha grande artista internazionale, con la collaborazione degli architetti Dante Oscar Benini e Luca Gonzo”. Quali caratteristiche hanno le creazioni del vostro nuovo brand Veblèn che avete presentato al Salone del Mobile di Milano ad aprile? “Questa collezione è per un pubblico che può e vuole spendere molto e che desidera cose più emozionali, sempre molto eleganti ma un po’ più lussuose: questo ci permetterà di crescere in aree di forte sviluppo quali Asia, Medio Oriente, Russia, Usa, Sud America, e così via. Per questa linea abbiamo abbinato al vetro altri materiali come legno, pelle, metalli, tessuti, per creare un nostro life style personalizzato. Per la collezione ci siamo affidati a due architetti di successo, Lorenzo e Marzia Dainelli; la ricerca di mercato è stata curata da mio figlio, Francesco mentre la realizzazione tecnologica, le scelte stilistiche, la comunicazione sono state fatte da mio figlio Daniele, amministratore delegato di Fiam”.


30 aprile / 31 luglio 2015 Museo Pinacoteca San Francesco e Museo di Stato della Rep. di San Marino Banca CIS e Scudo Investimenti SG in collaborazione con Segreteria di Stato Turismo, Segreteria di Stato Istruzione e Cultura e Istituti Culturali della Repubblica di San Marino Una mostra promossa da

C R E D I T O I N D U S T R IA L E S A M M A R I N E S E

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CORRERE

Sogni su

DUE RUOTE DA CAMPIONE ITALIANO DI MOTO A COMMENTATORE PER SKY SPORT MOTOGP HD: MAURO SANCHINI HA TROVATO A OGNI CURVA DELLA VITA LA FORZA DI CAMBIARE RIMANENDO FEDELE A SE STESSO.

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“Non è mai troppo tardi per realizzare i propri sogni”. E Mauro Sanchini, pesarese, ex pilota di motociclismo e oggi commentatore Sky della Moto2 e della Moto3 e delle prove libere della MotoGP al fianco di Zoran Filicic (qualifiche e gare della top class sono invece raccontate da Guido Meda e Loris Capirossi), ne è davvero convinto. La sua carriera, sia da sportivo che da personaggio della TV è la dimostrazione, perché, come lui stesso ammette, “bisogna avere tanta fortuna nella vita ma anche essere sempre positivi e soprattutto crederci. Fin da piccolo con mio padre andavo a vedere le gare di moto, sia nel circuito di Misano che in quello cittadino, dove correva Graziano Rossi. Da ragazzino, già con la mia prima bicicletta, sono stato il primo tra i miei amici a toccare il ginocchio per terra!” Ma la passione non basta: “I miei genitori lavoravano sempre, mia mamma aveva paura che io corressi con le moto, in più non c’erano grandi disponibilità economiche. Così finita la scuola, andai a lavorare nell’azienda di verniciatura dei miei”. Lì, a 20 anni, la svolta. “Un giorno arrivò un costruttore di minimoto di Cattolica, per

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di Alice Muri

verniciare i telai delle sue moto. Per scherzo gli chiesi di regalarmene una e lui mi disse: se ti piace così tanto, perché non vieni a provarle? Non me lo feci ripetere: vinsi subito la prima gara e da lì partì la mia carriera da pilota”. Tre volte campione italiano con gli scooter, poi dopo un anno nel mondiale Supersport arriva l’esordio nella Superbike, dove rimarrà per 9 anni. Nel 2004 però, nel Circuito di Assen, accade un imprevisto: “Durante una gara un pilota mi centra in pieno. Cadendo a terra, mi esce una spalla e mi portano in infermeria. Lì, per caso, incontro il commentatore di La7, Luigi Vignando, che mi fa

una proposta: che ne dici di fare il commentatore tecnico? Ho accettato subito ed è andata benissimo”. Mauro nel 2009 diventa commentatore ufficiale della Superbike su La7. Lo scorso anno arriva invece la chiamata di Sky: “È stata una soddisfazione unica e anche quest’anno sarà una stagione molto intensa: commentatore della Moto3, Moto2, delle prove della MotoGP e del momento dedicato alla “moviola”, dove i piloti ci rivelano i loro segreti”. E conclude: “Amo fare il commentatore? Forse ci sono nato: mentre ero in sella al motorino facevo finta di essere in gara e sotto il casco già facevo il commento della corsa.”




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