Tariffa R.O.C.: Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB - FILIALE DI FORLÌ - Contiene i. p. - Reg. al Tribunale di Forlì il 16/01/2002 n. 1 - EURO 3,00
R AV EN N A N° 2 APRILE/MAGGIO 2015
DISTEFANO
Antonio Dikele
VOLEVO FARE LO SCRITTORE
PROGETTO COLABORA / Pronti? Via! LOZZOLE / Il borgo incantato ALBERT BUCCI / Fisico teorico al cinema
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EDITORIALE
E
d eccoci qua... con in mano il nuovo numero di Ravenna IN Magazine, nuovo nel formato, nuovo nella grafica, sempre vicino ai lettori per raccontare le storie, i personaggi che fanno la nostra città e la nostra terra. Un’evoluzione che vuole mantenere la rivista contemporanea, autorevole e insieme piacevole e ricca di contenuti. E per inaugurare la nuova immagine della rivista abbiamo scelto storie ed esempi che ci parlino della voglia di futuro, del coraggio di mettersi in gioco, a partire dalla copertina, il giovanissimo scrittore Antonio Dikele Distefano, approdato a Mondadori grazie alla sua tenacia e intraprendenza. E poi le imprese del territorio che affrontano ogni giorno una sfida, come Menabò Group o le startup che trovano supporti e stimoli in iniziative quali il Progetto CoLaboRA. Ma cominciamo subito a sfogliare questo numero... sempre insieme, sempre nuovi! Andrea Masotti
SOMMARIO
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ANNOTARE
Brevi IN
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ESSERE
Antonio Dikele Distefano
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INTRAPRENDERE
Progetto CoLaboRA
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CRESCERE
Menabò Group
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CUCINARE
Francesco Saccomandi
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DIPINGERE
Giovanni Bubani
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SCRIVERE
Mariangela Gualtieri
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COSTRUIRE
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Davide Cortesi
EDIZIONI IN MAGAZINE S.R.L. Redazione e amministrazione: Via Napoleone Bonaparte, 50 - 47122 Forlì Tel. 0543.798463 / Fax 0543.774044 www.inmagazine.it inmagazine@menabo.com
PRESERVARE
Rudy Gatta
DIRETTORE RESPONSABILE: Andrea Masotti REDAZIONE CENTRALE: Serena Focaccia ARTWORK: Lisa Tagliaferri IMPAGINAZIONE: Francesca Fantini CONTROLLO PRODUZIONE E QUALITÀ: Isabella Fazioli UFFICIO COMMERCIALE: Gianluca Braga STAMPA: Montefeltro di Celli F. - Rimini Chiuso per la stampa il 27/04/2015 Collaboratori: Erika Baldini, Roberta Bezzi, Dolores Carnemolla, Andrea Casadio, Arianna Denicolò, Nevio Galeati, Gianluca Gatta, Giorgio Pereci, Aldo Savini, Michele Virgili Fotografi: Lidia Bagnara, Silvia Bigi, Filippo Cinotti, Valentina Donatini, Massimo Fiorentini, Marco Garofalo, Melina Mulas, Giorgio Sabatini
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VINCERE
Rinascita Pattinaggio
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VISITARE
Lozzole
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RICORDARE
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La Grande Guerra
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Tutti i diritti sono riservati. Foto e articoli possono essere riprodotti solo con l’autorizzazione dell’editore e in ogni caso citando la fonte
ORGANIZZARE
Albert Bucci
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Confusion IN VIDEO RAVENNA Dopo aver vinto la prima edizione del talent TOP DJ su Sky Uno HD, Geo From Hell, nome d’arte del ravennate Andrea Georgiou, non è rimasto certo con le mani in mano. Dopo aver convinto i tre giudici di gara del programma - Albertino, Stefano Fontana e Lele Sacchi - è poi passato alla Sony, con cui ha debuttato a inizio anno con il singolo Confusion, disponibile su iTunes, Spotify e Google Play. Da fine aprile è invece possibile vedere su YouTube il video, girato interamente in Sardegna e dalla vocazione decisamente internazionale. Partito dalle discoteche della Riviera, Geo ha girato per l’Europa diventando una star dei palchi internazionali, fino al palco del leggendario Tomorrowland. (R.B.)
Il parco degli SCOIATTOLI MILANO MARITTIMA
Le origini di ANNA MAGNANI RAVENNA Di Anna Magnani, attrice simbolo del cinema italiano
neorealista, si è scritto di tutto, ma solo di recente sono state scoperte le sue origini ravennati, grazie al lavoro di ricerca dell’associazione culturale Alteo Dolcini. “Cinque anni fa – racconta Andrea Dolcini, presidente dell’associazione -, abbiamo concluso lo studio sulla sua famiglia e, da un’analisi delle certificazioni anagrafiche, siamo ora certi delle sue origini ravennati da almeno tre generazioni. Sua madre Marina era una sarta originaria di Ravenna. Nel 1892, lascia la città con i genitori e le sorelle. Dopo un lungo peregrinare in diverse città, approda a Roma nel 1905 e tre anni dopo diventa una ragazza-madre. Forse per la sua giovane età, dopo aver dato alla luce la piccola Anna, decide di affidarla alle cure della nonna materna Giovanna Casadio, anch’essa di origini ravennati. La bambina non conoscerà mai il suo padre naturale”. Marina Magnani emigra ad Alessandria d’Egitto, dove conosce e sposa un ricco e facoltoso austriaco. Proprio per questo, per lungo tempo, si era creduto che la Magnani fosse nata in Egitto. Recentemente, l’Amministrazione comunale ravennate ha celebrato il compleanno di Nannarella, con l’inaugurazione del toponimo Piazzetta Anna Magnani allo spazio lungo via Romolo Ricci. (R.B.)
Questa estate i turisti avranno a Milano Marittima una nuova attrazione: un parco tematico dedicato agli scoiattoli. Si tratta del Parco dell’Anello del Pino, una pineta a pochi metri dal mare, con un’estensione di 21.000 mq, che quest’anno prenderà vita, dal 30 maggio a fine settembre. Sono stati organizzati spazi di accoglienza e relax, un’area Racconta favole, una dedicata agli spettacoli. Non mancherà un maxischermo gonfiabile e un’area con giochi in legno. Il parco sarà seguito da animatori in costume da scoiattolo che accoglieranno i piccoli e grandi visitatori nei percorsi naturali alla ricerca degli scoiattoli veri, che da tempo vivono sui pini. (R.B.)
Matite IN TRINCEA FAENZA La città di Faenza, come d’altra parte tutto il territorio
della Provincia di Ravenna, fin dall’entrata in guerra il 25 maggio del 1915 venne dichiarata zona di guerra per la sua posizione strategica, assumendo un ruolo di collegamento nei trasporti ferroviari, nella logistica dei rifornimenti e nell’accoglienza di feriti e profughi. Senza intenti celebrativi, ma per far conoscere alle nuove generazioni il dramma della guerra e come abbia inciso sulla realtà locale, la Biblioteca Manfrediana propone nelle sue sale la mostra Matite in trincea che offre l’immagine della Grande Guerra attraverso i disegni acquerellati e le illustrazioni a colori dei periodici italiani e stranieri dell’epoca, principalmente satirici, umoristici, di costume, femminili. La mostra, curata da Emanuela Morganti, resterà aperta fino a metà ottobre, secondo gli orari della biblioteca. (A.S.) 4
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Nuovo look PER LA ROCCA LUGO È terminato ad aprile
La festa del cibo ALTERNATIVO RIOLO TERME Torna Riolo VegFest, il festival vegano e vegetariano, presso il Parco Fluviale di Riolo Terme, dal 22 al 24 maggio 2015. All’interno del parco verrà allestita un’ampia area espositiva e di vendita di prodotti per vegani, vegetariani, prodotti senza glutine, prodotti biologici e bioenergetici, tutti gli alimenti e le tendenze gastronomiche per creare benessere ed equilibrio tra la mente e il corpo. Oltre al mercatino e agli stand gastronomici per la preparazione e la degustazione di piatti vegani, vegetariani e crudisti, saranno presentati spazi d’incontro sulle filosofie di vita, workshop, concerti e spettacoli a tema. www.riolovegfest.it.(E.B.)
I segreti DELL INCISIONE RAVENNA L’Italia è una fra le nazioni in cui si è più arricchita
e diffusa l’arte dell’incisione contemporanea. Non esistono, però, molte realtà in cui studiare questa forma espressiva. Come apprendere, quindi, le tecniche dell’acquaforte, della ceramolle, dell’acqua tinta o della punta secca? Una possibilità viene offerta a Ravenna dal laboratorio “Ink 33” (in via Salara 33), che ha organizzato cinque workshop indirizzati a studenti di Belle Arti, licei artistici, a illustratori e artisti che vogliano qualificare la propria produzione creativa. I workshop sono tenuti dall’illustratore/incisore Enrico Rambaldi e dal serigrafo Mauro Ciancone, insieme alla maestra Annalicia Caruso (Incisione Bologna) e in collaborazione con l’Associazione Autori di Immagini. Il primo workshop è in calendario per il 9 e 10 maggio; gli altri si terranno in week end di maggio, giugno, luglio, agosto e settembre. Durante i laboratori ci si baserà sul lavoro pratico adattato ai livelli individuali dei partecipanti e verranno ripercorse le tappe fondamentali della storia dell’incisione dalle origini ad oggi con collegamenti ad esperienze che uniscono le antiche tecniche incisorie ad un linguaggio contemporaneo. Per informazioni: infoink33@gmail.com. (N.G.)
il recupero e restauro del piano nobile dell’ala Ovest della Rocca di Lugo, un intervento che ha interessato complessivamente una superficie di 450 mq, oltre a tutte le superfici parietali e i controsoffitti. Nato per esigenze strutturali, l’intervento ha interessato in particolare il camminamento di ronda medievale, il soffitto liberty del grande vestibolo di rappresentanza, le sale istituzionali, con l’ingresso monumentale. I lavori sono stati progettati e diretti dal Servizio del Patrimonio del Comune di Lugo, ed eseguiti dal Consorzio nazionale cooperative di produzione lavoro “Ciro Menotti” di Ravenna, ACMAR di Ravenna e Italica s.r.l. di Bologna. Con l’apporto della Regione, della Provincia di Ravenna e della Fondazione Cassa di Risparmio.
Un milione di euro PER LA CULTURA RAVENNA Un milione di euro sono in arrivo dal Ministero per le attività e i beni culturali a valere sul programma Ravenna capitale italiana della cultura 2015, titolo che Ravenna condivide con Siena, Lecce, Cagliari e Perugia. Di tale somma, il Comune ha deciso di spendere 400.000 euro per la promozione di iniziative culturali già organizzate – come la mostra “Il Bel Paese” al MAR e Ravenna Festival 2015 – nonché per finanziare due grandi eventi previsti per 18 luglio, in Darsena, e il 12 dicembre, a Palazzo Rasponi, sui quali si sta ancora lavorando con le realtà culturali locali. Invece 600.000 euro saranno utilizzati per finanziare interventi sugli immobili, quali gli allestimenti e gli arredi delle aree museali del Museo del Territorio, all’interno dell’ex Zuccherificio di Classe, e quelli di Palazzo Rasponi, del teatro Rasi e della Biblioteca Classense.
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Dal mare di Romagna ALLA SPAGNA BARCELLONA Apre a
Barcellona il primo fast-food artigianale interamente dedicato alla cucina romagnola. Si chiama Ro.magna e si propone sia come punto di riferimento per chi vuole pranzare o cenare in un ambiente intimo sia per chi è curioso anche solo di assaggiare cibi romagnoli da asporto – non mancano ovviamente la piadina o il piadaburger o acquistare prodotti tipici romagnoli, come i fichi caramellati e lo squacquerone. I vini, in particolare, sono tutti provenienti dalla Tenuta Paguro, socia dell’iniziativa, conosciuta per l’originale metodica di conservazione e affinamento dei vini: la sua cantina è situata infatti nelle stive dell’inabissata piattaforma del Paguro, a trenta metri di profondità nell’Adriatico, di fronte a Marina di Ravenna. www.ro-magna.it
Riccardo Muti IN CONCERTO BOLOGNA In occasione
Street art D AUTORE RAVENNA All’angolo tra via Tommaso Gulli e via Fiume c’è una palazzina che rimarrà nella storia della street art. Una serie di volti di uomini, donne e animali osservano i passanti dall’alto del muro su cui sono stati dipinti: si tratta dell’opera di Jim Avignon (nella foto) – pittore e musicista tedesco – che ha dato vita al murales in tre giorni, nel mese di aprile, aiutato da Giuseppe Ciantia e Marco Miccoli, dell’associazione culturale Indastria. Oltre ai passanti, a fare da spettatori non sono mancate le telecamere di Sky Arte, che ha inserito questa performance all’interno della serie di documentari dedicati alla street art, “Un muro a...”, curata dall’artista David Diavù Vecchiato. Il quartiere Gulli è stato scelto proprio perché periferico e dunque rappresentativo di un secolo, il ’900, dove l’arte ha sviluppato, più che in altre epoche, linguaggi estremamente innovativi rispetto al passato. (R.B.)
del cinquantesimo anniversario dell’AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro), si terrà un concerto straordinario di Riccardo Muti, all’interno del cartellone della 34° edizione di Bologna Festival, che dirigerà il 28 maggio al Teatro Manzoni, alle 20.30, l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, da lui stesso fondata e interamente costituita da giovani musicisti italiani. In programma l’Ouverture “nello stile italiano” D. 591 di Schubert, la Sinfonia K. 385 “Haffner” di Mozart, la Sinfonia e “Le quattro stagioni” (ballabili atto III) tratti dall’opera di Verdi I Vespri siciliani.
Un duo musicale CANTA LE DONNE RAVENNA Simona Gatto e Marta Celli, in arte Alarc’h, duo forlivese
di musica folk, dopo numerosi concerti in Italia e all’estero approdano quest’anno al Ravenna Festival. Saranno infatti le protagoniste de “Il Canto nell’Antro” spettacolo composto su commissione dello stesso Festival in una location d’eccezione: l’ex-cava Marana, nel Parco del Carnè. Il concerto-trekking, curato da Trail Romagna, prende spunto dalla leggenda alpina delle Anguane, eteree e bellissime creature dai lunghi capelli e dal melodioso canto. Un viaggio musicale, che vedrà le Alarc’h accompagnate dall’ensemble di archi “G.Sarti” di Faenza e dal flautista Fabio Mina, attraverso gli archetipi del femminile, dove l’acqua, madre e matrigna, si unisce alla grotta in un “regressus ad uterum”, simbolica discesa agli inferi, per giungere infine ad una nuova nascita. L’appuntamento è per il 21 giugno. www.alarch.it 8
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Gli otto talenti DI RAM 2015
Nuova sede ANMIC
RAVENNA Sono otto
CERVIA L’ANMIC di
i talenti, ravennati e non solo, selezionati per l’edizione 2015 di RAM – Concorso per giovani artisti, promosso dall’associazione Mirada, che è trampolino di lancio per artisti e creativi del territorio. Per la categoria “mosaico” la vincitrice è Sara Vasini, per la fotografia Nicola Baldazzi, per la scultura Victor Fotso Nyie, per la videoarte Miriam Dessì, per la pittura DissensoCognitivo, per l’installazione Caterina Morigi e Uki Yo-E, di Silvia Bigi e Luca Maria Baldini. Per la sezione “curatore” ha vinto Niccolò Bonecchi. Sono stati anche segnalati Chiara Talacci per la fotografia, Federica Giulianini per la pittura e Valentina Fussi per la grafica di comunicazione. A selezionarli una commissione formata da Maria Rita Bentini, Gianluca Costantini, Sabina Ghinassi, Elettra Stamboulis e Antonella Perazza, che faranno parte del gruppo di curatori che seguirà il progetto di realizzazione delle opere e di allestimento. I vincitori sono chiamati a realizzare un’opera sul tema “pedagogia” per la mostra che si svolgerà a settembre al MAR. (R.B.)
Ravenna ha inaugurato una propria sede anche a Cervia. L’ufficio si trova al civico 96/B di via XX Settembre, in pieno centro storico e sarà aperto il martedì e il venerdì, dalle 16.00 alle 18.00. Consigliere responsabile della sede è Carmela Calabrese. “Vogliamo essere un punto di riferimento per gli associati e anche un luogo – spiega Carmela Calabrese – dove si possano trovare risposte alle tante problematiche quotidiane, mettendo in comune le nostre esperienze. Il nostro impegno sarà di rivalutare, attraverso un confronto capillare, i diritti e le priorità ai bisogni degli invalidi e dei loro familiari. Vogliamo presidiare costantemente il territorio e svolgere un ruolo di accompagnamento per le famiglie, e di consulenza qualificata sulle problematiche inerenti l’handicap nei confronti delle istituzioni e di ogni realtà attiva nel processo sociale. Questa nuova sede – conclude Calabrese – rientra nel programma più ampio di potenziamento della rete territoriale, rendendo partecipi gli associati e il volontariato.”
Viaggiare TRA I SAPORI CERVIA Da Sabato 30 maggio a martedì 2 giugno 2015, in piazza A. Costa, avrà luogo la quarta edizione della manifestazione “Sale e Vino – Prodotti & Sapori delle Regioni a Cervia”. Un lungo weekend ricco di degustazioni, a cui parteciperanno operatori commerciali ambulanti e ristoranti cervesi per proporre le migliori produzioni tipiche regionali e percorsi guidati sui piatti della tradizione locale. Calici Divini Wine Tasting, un gruppo di 30 cantine in rappresentanza delle maggiori Regioni, parteciperà proponendo una vasta scelta di vini DOC italiani. La manifestazione è organizzata da Ascom Cervia srl in collaborazione con Confcommercio Imprese per l’Italia Ascom Cervia, FIVA Confcommercio- Federazione Italiana Venditori Ambulanti e Federalberghi Cervia con l’obiettivo di sviluppare un turismo integrato con un’attenzione particolare al made in Italy agroalimentare.
Piccoli imprenditori CRESCONO RAVENNA Parte la Startcup Emilia-Romagna, una competizione
di idee imprenditoriali a cui possono concorrere persone o soci di startup costituite dopo il 1° gennaio 2015. Si tratta di una gara che prevede premi in denaro e servizi per i primi tre classificati: 5.000 euro, formazione e assistenza allo sviluppo dell’idea imprenditoriale con il supporto di esperti e possibilità di partecipare al PNI Cube, il premio nazionale degli incubatori universitari. Il Comune di Ravenna inoltre premierà, a sua volta, i primi tre classificati fra i partecipanti ravennati con 6.000 euro complessivi; il Comune di Faenza con 3.250 euro. Il termine di iscrizione è il 25 maggio ma, già prima di quella data, sono previsti eventi di scouting in tutta la Regione, utili per il perfezionamento dei progetti candidati. www.startcupemiliaromagna.it 10
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ph Marco Garofalo
ESSERE
Volevo essere
SCRITTORE ANTONIO DIKELE DISTEFANO, 22 ANNI, È LA NUOVA SCOPERTA DELL’EDITORIA ITALIANA. HA RACCONTATO IN FUORI PIOVE, DENTRO PURE, PASSO A PRENDERTI? LA SUA VITA DI GIOVANE RAVENNATE, TRA INCOMPRENSIONI E RIFLESSIONI SU UNA DIVERSITÀ SOLO APPARENTE. di Gianluca Gatta / ph Filippo Cinotti - V Multimedia
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Ci saremmo dovuti incontrare al Caffè Letterario di Corso Diaz, il posto apparentemente più adatto a Ravenna per parlare di libri. E invece il ritardo di un treno ci ha portati prima a trovarci a Piazza Resistenza – lo vedo arrivare in bicicletta, un scambio di saluti, chiude con la catena la bici alla rastrelliera – e poi in Via Vicoli, in un semivuoto bar gestito da cinesi. E così scopro che non c’è un posto adatto per parlare di libri. Anzi, proprio in questo locale buio, con tipiche sedie “da bar” in metallo nero, davanti a un caffè che si chiama solo “caffè”, senza altri nomi che servono a farlo costare qualche centesimo in più, mi racconta la sua straordinaria storia e capisco che è il posto più giusto. Per la verità lui non prende il caffè, ma solo una mezza d’acqua naturale e durante l’intervista mastica orsetti di gomma che raccoglie nella tasca destra del giubbotto: “Scusami, non bevo, non mi drogo, ma mangio gli orsetti di gomma” mi dice sorridendo. Scopriamo subito le carte: che cos’ha di straordinario questo
ragazzo di 22 anni che ho davanti? Innanzi tutto per intervistarlo ho dovuto scambiare email per qualche giorno con l’ufficio stampa della Mondadori. Bum. È autore di un libro che, appena pubblicato, è andato esaurito in pochi giorni arrivando poi a vendere una media di 2.700 copie alla settimana. Bum. È già stato contattato da alcune case di produzione per la trasposizione cinematografica del libro. Bum. Basterebbe già solo questo per attirare l’invidia di tanti scrittori che si ostinano a cercare il “sacro Graal della letteratura” la popolarità tra presentazioni in librerie indipendenti e recensioni su bollettini associativi. Ma la storia di Antonio Dikele Distefano non è molto differente dalla loro: ha pubblicato da solo l’e-book su Amazon, ha creato una propria comunità su Facebook, ha cantato canzoni che ha pubblicato su youtube come booktrailer, si è autoprodotto la prima edizione cartacea del libro e ha fatto un tour con le copie da vendere nello zaino. Fino a che Mondadori non l’ha contattato. Bum. IN MAGAZINE
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Dopo la pioggia, IL SOLE Un libro per giovani scritto da un ragazzo che ama riflettere su quello che fa e su ciò che lo circonda: questo è Fuori piove, dentro pure, passo a prenderti? (Mondadori). Suddiviso in brevissimi capitoli che partono con il suggerimento di una canzone da ascoltare durante la lettura, come un ideale sottofondo sonoro, è un testo fortemente autobiografico. La storia d’amore si intreccia immediatamente con quella di una gioventù passata a confrontarsi con evidenti o sottili forme di discriminazione. È la storia dell’autore, un ragazzo di origine angolana, nato a Busto Arsizio e cresciuto a Ravenna, che nel raccontare il suo essere giovane ha trovato una via di riscatto sociale.
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Prima del libro c’era il progetto Primavera araba, di cosa si tratta? “Il progetto è nato a dicembre 2013. Il titolo è legato ai movimenti arabi di allora, ma nasce senza un collegamento diretto, politico, con quegli eventi. Piuttosto ci rifacevamo alla sensazione di speranza e di libertà che respiravamo allora. Con un mio amico tunisino abbiamo cominciato a postare delle riflessioni su Facebook e così ci hanno invitato a parlare nelle scuole di felicità, amore e anche di discriminazione. Ma con un taglio diverso dal solito. Ci siamo accorti che la soluzione migliore per superare il problema della discriminazione è comuni-
care: se tu oggi nel corridoio della scuola mi guardi male, domani io devo avere il coraggio di parlarti e di presentarmi dicendo ‘Ciao sono Antonio e nella vita scrivo’. Quando mi vedrai la prossima volta allora penserai ‘quello è Antonio lo scrittore’ e non guarderai il colore della mia pelle.” L’idea del libro nasce da quel progetto? “No, anche se molto di quello che c’è nel libro c’è grazie a quel progetto. I riscontri positivi avuti nelle scuole mi hanno permesso di guardare le cose da un altro punto di vista. Prima ero molto distruttivo e arrabbiato invece, grazie a Primavera araba, ho cominciato a cercare un’altra strada per risolvere, e parlare, dei problemi di discriminazione. Io ho sempre amato scrivere, e ho usato Facebook come un muro su cui fissare i miei pensieri e fare partire la discussione. Il libro ho cominciato a scriverlo per una storia d’amore finita male. Ero fidanzato con una ragazza i cui genitori non mi accettavano. Questa situazione mi ha dato la forza di scrivere, per raccontare di me e mostrare chi sono veramente.” Come sei passato dalla scrittura alla pubblicazione? “Mi sono detto ‘Se ce la faccio da solo a pubblicare e vendere il libro è una vera storia di riscatto’. Sul web leggevo che, dal punto di vista della promozione, potevo fare da solo quello che può fare una piccola casa editrice. Allora mi sono messo a studiare un po’ di web-marketing e ho iniziato a pubblicizzare il libro, prima ancora di finirlo. Ho iniziato a scriverlo a novembre 2013 e l’ho finito ad aprile 2014. Volevo arrivare a tutti e ho pensato che il miglior modo per farlo leggere fosse renderlo disponibile gratuitamente e scaricabile su un cellulare. Così a giugno l’ho pubblicato su Amazon in versione e-book. E ha funzionato, perché in tre mesi sono stati fatti ventimila download. A fine agosto Mondadori mi contatta con una e-mail, ma io non la leggo perché si perde tra le altre. Agli inizi di settembre partecipo
al Festivaletteratura di Mantova e, alla fine della presentazione, si avvicina Antonio Riccardi, il direttore letterario di Mondadori, che mi dà il suo biglietto da visita e mi dice ‘Sono della Mondadori e vorremmo pubblicarti’. Prima di Mondadori non mi aveva calcolato nessuno, subito dopo si sono proposte invece Rizzoli, Garzanti e altre case editrici. Io ho scelto Mondadori perché è la più grossa e per la capacità di distribuzione. Ma soprattutto perché idealmente corona la storia di un ragazzo che parte da solo e arriva alla più grande casa editrice italiana. E da lì alla Spagna e alla Grecia, dove i diritti sono già stati acquistati.” Quali libri leggi? “Amo gli scrittori non tradizionali, quelli che non hanno paura di rischiare. In un mondo come quello di oggi, in cui c’è tantissima varietà, rischiare è bello. Io sto leggendo Fabio Genovesi, mi piace molto Mauro Corona, Vasco Brondi. Ma quando mi chiedono quali sono gli autori che mi hanno formato, io rispondo sempre ‘i cantautori’, perché comunque è più il tempo 16
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che ho passato ad ascoltare musica che a leggere libri. Parlo di Niccolò Fabi, Max Gazzè, Daniele Silvestri, Fabrizio De Andrè, Luigi Tenco, Lucio Battisti, Jovanotti, Tiziano Ferro. Sono loro i miei autori di riferimento.” Come vedi il tuo futuro? “Nel mio futuro vedo innanzi tutto la sceneggiatura del film, l’audiolibro, un altro libro a ridosso dell’uscita del film. E poi, negli anni, mi piacerebbe tantissimo riuscire a trovare una stabilità economica proprio grazie alla scrittura, per fare in modo che mio padre smetta di lavorare. E anche perché fra sei anni vorrei avere un figlio, da grande voglio fare il papà e voglio essere molto presente e non vedere mio figlio solo alla domenica. Per questo giro molto per la promozione del mio libro.” Tu dimostri un approccio molto commerciale in tutto quello che fai... “È vero. Sembra che se una cosa vende significa che è brutta, ma non è vero. Ci sono libri brutti che hanno venduto milioni di copie e altri che ne hanno venduti al-
NON SONO MAI STATO D’ACCORDO CON CHI DICE “AL MONDO SIAMO TUTTI UGUALI”. MIO PAPÀ INVECE DICEVA: “SIAMO TUTTI ALLA PARI, OGNUNO DI NOI È UNO ZERO PERCHÉ LO ZERO NON È UN NUMERO MA UN PUNTO DA RIEMPIRE, STA A NOI DECIDERE COME…”.
trettanto e sono veramente belli. Io sono convinto che quando una cosa vende significa che ‘prende’. Io cerco di fare cose che ‘prendono’, anche se questo è legato alle circostanze del momento. Un libro è una cosa che rimane per sempre, anche se io sparirò nei prossimi anni. Sai, le cose come arrivano se ne vanno, e questa piccola notorietà può finire anche domani.” E i tuoi amici che cosa dicono? “Dicono ‘Sei un grande!’.”
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NASCE A FORLÌ IL BASEMENT CLUB, UN PUNTO DI INCONTRO TRA IDEE E IMPRESA PROMOSSO DALL’UNIVERSITÀ DI BOLOGNA. MENTRE A RAVENNA IL COMUNE PROMUOVE IL PROGETTO COLABORA, UN INCUBATORE CREATIVO DI STARTUP D’IMPRESA. di Dolores Carnemolla
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Ecco la startup revolution, un fenomeno che coinvolge idee, creatività e business. In una sola parola: innovazione. Secondo i dati di Unioncamere oggi in Emilia-Romagna sono registrate 397 startup e 2 incubatori certificati. Per la precisione 279 nuove imprese si dedicano al settore dei servizi, 94 all’industria e artigianato, 13 al commercio mentre l’agricoltura e il turismo sono le aree più marginali (fonte Infodata e Sole 24 ore). A livello nazionale i finanziamenti, anche se in crescita del 75%, sono ancora troppo pochi. In altri Paesi europei (su tutti Francia e Germania) si investe otto volte di più che in Italia. Proprio in città a Ravenna, nei primi mesi del 2016 partirà concretamente il progetto CoLaboRA, un incubatore creativo
promosso dal Comune. Verrà realizzato nella Darsena. Il progetto prevede di inserire quattro startup ogni due anni, offrendo loro spazi polifunzionali nel magazzino dell’ex Dogana. “Entro l’anno partiranno i lavori di ristrutturazione dell’edificio – ci racconta Massimo Cameliani, assessore alle Attività Produttive –. Contestualmente stiamo predisponendo il bando che consentirà alle startup di richiedere l’ingresso nell’incubatore. Cosa che sarà possibile per quattro di loro, non appena approntato l’edificio. La loro vocazione deve riguardare sia aspetti legati all’innovazione che agli elementi tipici del territorio: mare, energia e turismo”. Le startup avranno a disposizione due anni di incubazione, durante i quali verranno
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costantemente formate col supporto della Fondazione Mattei e della Fondazione Flaminia sulle competenze necessarie per dare solidità al loro business. Dal secondo semestre del secondo anno gli startupper potranno trasformarsi in azienda autonoma o in spin-off di altra azienda. “Una volta uscite dall’incubatore, le giovani imprese, avranno necessità di finanziamenti per continuare la loro attività - continua l’assessore Cameliani – e questo purtroppo in un contesto economico in piena crisi. In tal senso le banche possono essere di grande aiuto concedendo loro prestiti agevolati: mi piacerebbe che il mondo del credito dimostrasse la propria lungimiranza nel favori-
Le iniziative riguardano aspetti formativi e pongono al centro gli studenti, puntando ad educarli, supportarli e coinvolgerli in relazione alle tematiche imprenditoriali e dell’innovazione. Nel nome sono espressi due punti chiave di questo progetto: Basement come qualcosa che parte dal basso in un’ottica di “r-innovamento” radicale. Club perché punta alla creazione di un gruppo fatto di persone - studenti, professori e stakeholder esterni - con l’inclinazione all’imprenditorialità. Basement Club offre servizi, attività, spazi attrezzati, office hours, tutor dedicati, eventi e attività di networking. Gli office hours sono incontri informali tra il Basement Club Team e gli studenti interessati a valutare la propria idea di business. Durante questi incontri, gli studenti propongono le proprie idee al Basement Club Team così da valutarle e lavorarci insieme secondo una struttura che mira a dare agli studenti gli strumenti necessari per portare le idee ad uno stadio di sviluppo successivo. “Ai ragazzi che vengono al Basement Club diamo un consiglio: viaggiate, passate tempo all’e-
ph Massimo Fiorentini
L’UTILIZZAZIONE DEGLI SPAZI POLIFUNZIONALI DELL’EX DOGANA NELLA DARSENA DI RAVENNA PER OSPITARE LA NUOVA IMPRENDITORIA GIOVANILE INTENDE ANCHE RIVITALIZZARE E RIQUALIFICARE IL QUARTIERE.
re il rinnovamento dinamico del mercato imprenditoriale”. Tutta la Romagna è però impegnata ad offrire opportunità ai giovani. A Forlì è nata una realtà che si colloca un passo indietro rispetto agli incubatori di startup: è il Basement Club. Il progetto è gestito dal Prof. Massimo Spisni - che ne è responsabile e tutor - e dagli ex studenti dell’Università di Bologna Mario Di Nauta e Lorenzo Visani. Si tratta di un’iniziativa che mira a valorizzare la cultura d’impresa e permette ai giovani di trasformare le proprie idee, gli interessi e le passioni in piani imprenditoriali e potenziali startup. Si rivolge contemporaneamente agli studenti e ai neolaureati di tutte le facoltà del Campus di Forlì e alle varie organizzazioni presenti sul territorio per favorire e promuovere spazi di collaborazione. Basement Club ha sede nel campus Universitario di Forlì, nel piano seminterrato della Scuola di Economia, Management e Statistica ed è promosso dalla Scuola di Economia, Management e Statistica e dal Dipartimento di Scienze Aziendali dell’Università di Bologna.
GLI SPAZI DELL’EX DOGANA A RAVENNA DOVE TROVERANNO SPAZIO LE START UP
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Ravenna - Via S.Gaetanino, 104 - Tel. 0544.454119 - Fax. 0544.688706 - info@casadellatenda.com - www.casadellatenda.com
RINNOVA ROMAGNA INNOVAZIONE È UNA SOCIETÀ DI INGEGNERIA DELL’INNOVAZIONE NATA NEL 2008 A FORLÌ. I SUOI SOCI SONO LA FONDAZIONE CASSA DEI RISPARMI DI FORLÌ, L’UNIVERSITÀ DI BOLOGNA E LA CAMERA DI COMMERCIO DI FORLÌ.
culturale gioca un ruolo determinante. “Sul potenziale modello ho una visione romantica ma a mio avviso possibile - sostiene l’ingegner Torelli -. Realisticamente, il nostro territorio oggi non è in grado di fornire strumenti finanziari e di mercato che possano determinare importanti accelerazioni, però semplicemente favorendo la sinergia dell’esistente, potrebbe supportare le giovani imprese nella fase iniziale di messa a punto dell’idea per poi spingerle e accompagnarle verso contesti extraterritoriali per l’accelerazione, legandole con accordi morali o reali al vincolo di riportare il know-how e l’impresa nel territorio. Questo è possibile perché il territorio, dispone di professionalità, apparati logistici e infrastrutturali idonei per lo sviluppo di un’impresa avviata.”
ph Giorgio Sabatini
stero, osservate con attenzione e guardate cosa fanno meglio di noi, se non potete farlo per ovvie ragioni di budget fatelo da qua, attraverso internet, leggete, osservate e cercate di pensare oltre agli schemi del passato”, racconta Lorenzo Visani. “Le scuole e le Università italiane stimola-
no poco l’autoimprenditorialità degli studenti, proponendo un percorso che lascia poco spazio all’immaginazione e alla creatività, così i futuri lavoratori sono preparati a livello teorico ma non pronti a reinventarsi, a guardare fuori dagli schemi e soprattutto a considerarsi imprenditori di se stessi” sostiene Mario Di Nauta. Secondo Stefano Torelli, Responsabile area business di Romagna Innovazione, è stata la crisi, che ha generato innumerevoli problemi per il territorio, a scuotere fortemente il sistema mettendo in discussione i vecchi paradigmi e determinando una spinta all’innovazione vista come possibile way out: in questo nuovo contesto solo le imprese giovanili basate su idee innovative possono trarre dei benefici. Ovviamente c’è bisogno degli investimenti necessari e il fattore
A FIANCO, LORENZO VISANI E MARIO DI NAUTA DEL BASEMENT CLUB; SOPRA, UN PROTOTIPO PRESENTATO DA ROMAGNA INNOVAZIONE
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CRESCERE
Comunicare
COL MONDO PARTNERSHIP DI RILIEVO PER L’AGENZIA DI COMUNICAZIONE FORLIVESE MENABÒ GROUP CON IL NETWORK MONDIALE J. WALTER THOMPSON. UN TRAGUARDO PRESTIGIOSO E INSIEME UN PUNTO DI PARTENZA PER CRESCERE NEI MERCATI INTERNAZIONALI. di Serena Focaccia
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Creazione di reti e internazionalizzazione: due linee guida che la regione Emilia-Romagna mette alla base del programma di sviluppo delle imprese per dare vita a un sistema innovativo, responsabile e articolato e su un’ampia rete di centri di competenza e servizi per l’innovazione. In questo senso infatti il presidente stesso della Giunta regionale, Stefano Bonaccini, ha esortato i rappresentanti del mondo produttivo ad “aggregarsi per essere capaci di cogliere la sfida dell’internazionalizzazione”. Un percorso senza dubbio stimolante e impegnativo, che diverse aziende del nostro territorio stanno affrontando e che vede coinvolta in maniera significativa Menabò Group, un’agenzia leader del territorio forlivese che apre i suoi orizzonti in ambito
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nazionale, e non solo. Menabò, nata ormai trent’anni fa a Forlì, è oggi un punto di riferimento per le aziende che cercano soluzioni comunicative evolute, strategie scientifiche basate su dati e non semplici intuizioni e una creatività appassionata ed emozionante. La crescita e l’evoluzione dell’agenzia raggiungono quest’anno un traguardo significato con l’affiliazione al network mondiale di brand marketing communication J. Walter Thompson, un’operazione che si colloca esattamente dell’ambito del raggiungimento degli obiettivi di internazionalizzazione e creazione di reti professionali individuati come vincenti per lo sviluppo imprenditoriale. Un risultato, inoltre, che conferma il dinamismo e lo spirito innovativo di Menabò Group e che ne raffor-
L’ATTIVITÀ DI MENABÒ GROUP SI SVILUPPA IN PARTICOLARE IN TRE AEREE SPECIFICHE, NELLE QUALI HA ACQUISITO COMPETENZE APPROFONDITE E DIVERSIFICATE: IL MONDO DEL FASHION INTERNAZIONALE, LE IMPRESE TECNOLOGICHE E AD ALTO GRADO DI INNOVAZIONE E IL COMPARTO FOOD&BEVERAGE.
IN QUESTA PAGINA, IN ALTO, LA COPPIA CREATIVA DI MENABÒ GROUP: ELISA RAVAGLIA E LUCA RONDONI; A DESTRA LO STAFF AL FEMMINILE DELL’AGENZIA FORLIVESE. NELLA PAGINA A FIANCO, ENRICO DORIZZA, PRESIDENTE DI J. WALTER THOMPSON ITALIA. IN APERTURA, STEFANO SCOZZOLI PRESIDENTE DI MENABÒ GROUP.
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za il posizionamento strategico e la capacità di affiancare i clienti, come afferma Stefano Scozzoli, presidente e socio di Menabò Group insieme a Elisa Ravaglia, Andrea Masotti e Luca Rondoni: “Siamo orgogliosi di quest’opportunità. Da un lato è un riconoscimento autorevole della nostra professionalità, dall’altro è un grande stimolo a fare molto di più, a continuare il nostro percorso di crescita verso l’internazionalizzazione e il miglioramento.” E anche da Milano, dove ha sede la divisione italiana di J. Walter Thompson, fa eco il presidente Enrico Dorizza: “Menabò Group è una società dinamica e in crescita, con un portafoglio clienti interessante e di valore che, in partnership con J. Walter Thompson, ha le potenzialità per aumentare la sua influenza non solo sul distretto emiliano-romagnolo ma in tutto il nord est. Con questa affiliazione noi rendiamo ancora più capillare la nostra presenza sul territorio italiano e, avvalendoci di una struttura affermata in un’area produttiva ed economicamente vivace, riusciamo ad essere più vicini ai clienti di quest’area. Ulteriore valore aggiunto che Menabò porta alla partnership sono poi le competenze nell’ambito dell’organizza-
Chi è J.Walter THOMPSON J. Walter Thompson Worldwide è una delle più note e affermate realtà internazionali nel campo della comunicazione e da oltre centocinquanta anni offre soluzioni innovative per brand e imprese. Con sede a New York, si è sviluppata come una vera e propria rete globale con più di duecento uffici in oltre novanta paesi, che impiegano circa diecimila professionisti del marketing. La divisione italiana di J. Walter Thompson Worldwide ha sede a Milano, in un vecchio mulino recuperato architettonicamente che ospita dal 1998 gli uffici in cui sono stati applicati i principi del feng shui perché, come affermano in agenzia, “continuiamo a credere nel valore dei flussi di energia e di lavoro positivi”. www.jwt.com
zione eventi e della produzione editoriale, in cui l’agenzia romagnola ha sviluppato una significativa esperienza.” Dorizza prosegue delineando gli scenari in cui si concretizzerà questa collaborazione: “J. Walter Thompson e Menabò Group sono entrambe realtà partner di aziende vocate all’internazionalizzazione e all’innovazione, con questa collaborazione integrano la rispettiva gamma di opportunità offerte ai clienti, con una sinergia di know-how che potenzia il valore aggiunto delle strategie di comunicazione e marketing. La logica di squadra e di condivisione delle competenze è la scelta vincente, muovendosi su scenari
internazionali estremamente dinamici che il mercato propone.” Dinamismo e internazionalizzazione sono due caratteristiche che contraddistinguono l’agenzia romagnola e che emergono scorrendo i “numeri”: un’età media di trentacinque anni dei professionisti che lavorano in azienda, un fatturato che per un terzo proviene da clienti esteri e una intensa fidelizzazione dei clienti con rapporti di collaborazione da oltre dieci anni. In più, una nota rosa: dei trentacinque dipendenti impiegati in Menabò Group l’80% sono donne. I presupposti e lo slancio ci sono dunque tutti, perciò pronti alla sfida: dalla Romagna verso il mondo.
SCRIVERE
La mia casa
NELLA PAROLA NUTRIRSI DI ISTANTI PER TRAMUTARLI IN ARTE: LA POETESSA E DRAMMATURGA MARIANGELA GUALTIERI SI RACCONTA, DALLA FORMAZIONE DA ARCHITETTO CHE L’HA EDUCATA ALLE ARTI, AL MOMENTO CREATIVO, SENZA INFINE DIMENTICARE LA SUA AMATA ROMAGNA. di Dolores Carnemolla / ph Melina Mulas
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Nei suoi versi c’è il corpo e c’è il pensiero. La sua poesia incontra il teatro e celebra la profondità del vivere. Abbiamo intervistato la poetessa Mariangela Gualtieri: è nata a Cesena e in questa città, con Cesare Ronconi, agli inizi degli anni Ottanta ha fondato il Teatro Valdoca. Tra le sue opere ricordiamo “Bestia di gioia” e “Senza polvere e senza peso” pubblicate da Einaudi. Lei è laureata in architettura. Come e quando si è avvicinata alla poesia e quale percorso l’ha portata al teatro sperimentale? “L’aver fatto architettura può sembrare una scelta fuorviante rispetto alla poesia e al teatro. In realtà credo sia proprio la miglior formazione che potesse capitarmi: questa disciplina in fondo educa lo sguardo all’arte, a tutte le arti, perché a tutte dà asilo, spazio. La poesia è un’entità in cui mi pare di essere caduta: un buco, una fessura, una magnifica voragine in cui sono precipitata, non per mia determinazione. Tutto piano piano si è poi composto, addensato attorno al teatro, un teatro che non amo definire
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sperimentale perché in realtà mi pare vicinissimo alle origini, alla ritualità e sacralità del teatro al suo inizio”. La poesia è parola, il teatro è anche corpo: nella sua ricerca lei è riuscita a intrecciare queste due forme espressive. Dov’è il punto di equilibrio? “Il punto di equilibrio sta fra le mani della regia. È la regia con la sua scrittura scenica e la sua forza drammaturgica che ha sempre tenuto insieme corpo e parole, a volte addirittura scontrandosi con me che magari avrei privilegiato le seconde. Il sodalizio con Cesare Ronconi e la sua arte è stato di vitale importanza per me, vitale proprio nel senso di avere strappato la mia parola al pericolo della letterarietà, al peso della pagina scritta che in teatro spesso è tombale”. Chi sono i poeti e i drammaturghi che l’hanno influenzata? “Impossibile non citare Antonin Artaud e Carmelo Bene, Peter Schumann e Jerzy Grotowski, Valère Novarina, Giovanni Testori e Franco Scaldati. Fra i poeti certamente Amelia Rosselli è entrata più di una volta nella mia scrittura
per il teatro. Ma vorrei dire anche che ogni attore e attrice per i quali ho scritto è stato fonte di ispirazione e dunque ha influenzato la mia scrittura. Una scrittura che quasi sempre si è composta su quei corpi, su quelle voci e non astrattamente a tavolino”. Qual è il rapporto che ha con la sua città e con la Romagna? “È un rapporto di grande amore. Io mi sento a casa ovunque, e cioè da nessuna parte, se non con la parola, nella parola. Ma nella gente di questa terra riconosco ancora dei caratteri comuni, come ad esempio la gentilezza, l’ospitalità, l’apertura, l’operosità, la passionalità, e nel paesaggio vi sono scenari che mi sono talmente cari da non sapere quasi se sono fuori o dentro di me: penso alla fioritura delle acacie, penso alle nostre colline, al fiume Savio o al fiume Marecchia”. Qual è il senso del teatro e della poesia oggi: possono avere una funzione sociale o civile? “Certo, possono innescare un’intera rivoluzione. Ma non si deve pensare alle formule del passato. Oggi ciò che può e deve accadere deve avvenire all’interno delle
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incontri, alle più piccole esperienze, tutto ciò che è vissuto in piena attenzione può transitare poi in poesia. La poesia si nutre di ogni istante di consonanza attenta col mondo. Il momento espressivo, cioè la vera e propria precipitazione delle parole, dei versi, avviene in apparenza casualmente. È vero che vi è un punto di saturazione, in cui ci si sente davvero troppo gravidi, e si ha bisogno di vuotare il sacco, di sgravarsi, appunto, quasi scoppiando in parole. E allora si cerca qualche angolo silenzioso e solitario e ci si mette a scrivere, come un animale che si apparta per partorire”. Secondo lei la poesia è un dono innato o è qualcosa che si può imparare ad apprezzare e ad apprendere col tempo? “Io credo sia un dono e, come accade a volte per i doni, provare a chiederlo può essere la chiave che lo fa ottenere. Io sicuramente l’ho chiesto. Ma è anche qualcosa che accade da qualche millennio e dunque è indispensabile sapere come gli altri hanno accolto ed espresso questo dono. persone, in quella profondità da cui tutto ora pare volerci tenere alla larga. Il teatro, quando non è semplice intrattenimento, e la poesia quando è tale, ci portano alle soglie di una rivelazione. La poesia, ma forse tutta l’arte, ci aiuta a connettere la persona con le grandi forze che muovono l’universo. Queste forze Dante le sintetizza in una: la gran potenza d’antico amor. Oggi la tecnologia ha un tale potere seducente, affascinante, che riusciamo ad attraversare una vita restando sempre in superficie, senza mai entrare davvero in risonanza con tutto il resto. Ma io credo che solo in quella risonanza e solo nella profondità di noi stessi, possa esistere una gioia duratura”. Come e quando arriva la poesia dentro di lei: il momento creativo è istintivo o è frutto di studio e riflessione? “Il bello è che qualunque cosa vissuta pienamente, dallo studio agli 30
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GLI ALTRI SONO TROPPI PER ME. / HO UN CUORE EREMITA. SONO / IMPASTATA DI SILENZIO E DI VENTO. / SONO ANTICA. / MI PENTO OGNI VOLTA CHE VADO LONTANO DAL MIO STARE LENTO. (DALLA RACCOLTA “SENZA POLVERE, SENZA PESO”)
Indispensabile studiare, cioè amare i versi che sono patrimonio di noi tutti e farsi fecondare, nutrire da essi. La nostra aggiunta nel grande libro del mondo non può non essere consapevole di ciò che è avvenuto prima di noi e di ciò che sta avvenendo intorno a noi. Questa coralità è anche il bello, la vera grande opera in cui nessuno è indispensabile e ognuno porta un’inconfondibile aggiunta”.
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VISITARE
Il borgo
INCANTATO LOZZOLE È UN BORGO MONTANO DEL COMUNE DI PALAZZUOLO SUL SENIO DIVENTATO META DI PELLEGRINI ED ESCURSIONISTI ALLA RICERCA DI PAESAGGI INCANTEVOLI. di Giorgio Pereci / ph Giorgio Sabatini
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Lozzole è situato a 796 m di altitudine sulla sommità del monte fra la Valle del Senio e quella del Lamone e da alcuni anni è stato oggetto di un lento recupero, iniziato con il restauro da parte di don Antonio Samorì e altri volontari, anche con l’aiuto dei discendenti della famiglie che abitavano il borgo, della chiesa di San Bartolomeo apostolo, già chiesa parrocchiale risalente al 1782-4 e costruita probabilmente su una precedente struttura del XIII secolo. Uno studio di Aldo Begliomini ci ricorda che accanto all’attuale chiesa sorgeva uno dei castelli della famiglia Ubaldini, nominato spesso nelle cronache locali nel periodo che va dal 1349 al 1353. Nel 1373
PER RAGGIUNGERE IN CAMMINATA IL BORGO DI LOZZOLE SI PARTE DA PALAZZUOLO SUL SENIO, SEGUENDO IL PERCORSO TRACCIATO DAL SENTIERO CAI N. 685 E GIUNGENDO A SCAVALCARE IL MONTE PREVALIGO.
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la signoria di Firenze acquistò dagli Ubaldini il castello comprensivo di servi, vassalli e cose – istituendovi un nuovo vicariato. Per quanto riguarda la chiesa, sembra che all’epoca di costruzione del castello esistesse un oratorio affidato ai monaci vallombrosani dell’abbazia di Santa Maria a Crespino. Oggi borgo disabitato, un tempo ospitava le famiglie di boscaioli e mezzadri, che spesso dovevano trascorrere giorni nei boschi e dormire nelle capanne. Nel secondo dopoguerra si contavano ventidue famiglie, per circa trecento abitanti, che facevano riferimento alla parrocchia locale, la quale abbracciava Fantino, Piedimonte, Palazzuolo e il crinale appenninico. Il racconto di Smeriglio Fabbri, un testimone dell’epoca, raccolto da Franco Conti del CAI di Faenza negli anni 1990, ci riporta a un’epoca in cui i boschi erano coltivati e i campi ben tenuti, dove ci si poteva addentrare in una grotta delle fate, dove i giovani amavano incontrarsi per ballare e conoscersi e dove nella prima domenica di maggio si festeggiava davanti alla chiesa la Festa dei fiori. Ma anche dove in inverno si poteva rimanere chiusi in casa per un mese in attesa che il tempo si facesse più mite e per sfamare la
SOPRA, L’INTERNO DELLA CHIESA DI SAN BARTOLOMEO CON IL CRISTO IN LEGNO; SOTTO, UNO SCORCIO DELL’ABITATO DI LOZZOLE.
famiglia ci si doveva accontentare di un po’ di farina di marroni, una soma di grano per fare il pane, polenta, formaggio, latte e dell’immancabile maiale. Non mancano i racconti che, quasi leggende, rendono perfettamente il clima di precarietà di quella vita: si narra che il 2 gennaio del 1868 il garzone di una famiglia venisse mandato a fare provvista d’acqua; non vendendolo tornare, il capofamiglia uscì alla sua ricerca; poi fu la volta della madre, alla ricerca del marito e del garzone; in casa rimasero tre bambini di cinque, tre e due anni che vennero ritrovati alcuni giorni dopo assiderati. I genitori e il garzone vennero rivenuti sepolti dalla neve a fine gennaio. Lozzole era dunque un luogo isolato, che si poteva tra l’altro raggiungere solo a piedi o a dorso di mulo, difficile ma comunque vivo. Un luogo che ha provato da vicino gli orrori della seconda guerra mondiale (a Palazzuolo erano di stanza i tedeschi e a Casaglia gli inglesi, con Lozzole proprio in mezzo, tra i bombardamenti e le rappresaglie), ha vissuto le passioni politiche del dopoguerra e, infine, quelle carenze che, dagli anni ’50 in poi, non hanno consentito più una vita dignitosa ai suoi abitanti, spingendoli verso valle a trovare la-
voro, comodità e benessere in città. Si pensi che nel 1956 erano rimaste a Lozzole solo due famiglie. Oggi Lozzole è un borgo che sta cominciando a vivere una seconda vita, sia come luogo spirituale si organizzano ritiri e messe, anche la notte di Natale sia come punto di passaggio suggestivo per chi si dedica al trekking. Tanto che, accanto alla chiesa, sono stati resi disponibili anche i locali della vecchia Casa del Popolo, ricordo di un passato in cui il borgo era luogo di fermento politico e lo scontro vivace tra comunisti e cattolici si consumava nel raggio di qualche decina di metri. All’interno della chiesa è possibile oggi ammirare, sulla parete dietro all’altare, appoggiato su una croce in cemento, il grande Cristo in legno di castagno (circa 4 metri di altezza per 2,50 di larghezza) inaugurato insieme alla chiesa restaurata e aperta al pubblico il 12 agosto del 2012. Si tratta del Cristo che sorride, che accompagna l’altra scultura in legno, la Madonna della carezza, con un Gesù bambino rappresentato all’età di sei anni che accarezza il volto della madre mentre con l’altra mano regge un cesto di castagne, entrambe opere dello scultore faentino Giorgio Palli.
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IL RISTORANTE DI PUNTA MARINA TERME PUNTA L’ATTENZIONE VERSO LE MATERIE PRIME E LA RICERCA GASTRONOMICA, IN UN AMBIENTE RINNOVATO CHE NON DIMENTICA LA TRADIZIONE.
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La qualità del pesce abbinata alla territorialità, la cordialità e l’accoglienza proprie di una tradizione familiare di lungo corso, sono il miglior biglietto da visita del ristorante Cristallo di Punta Marina Terme. Da poco il locale ha festeggiato il ragguardevole traguardo di sessant’anni di attività. Tutto inizia infatti nel 1955, su iniziativa di Luciano Succi e della moglie Domenica Valentini, meglio nota come “Silvana”, che in una posizione ideale – a ridosso della spiaggia e del mare – aprono un ristorante che proponeva alcuni classici della cucina a base di pesce, quali risotto alla marinara, i tagliolini allo scoglio, il fritto e gli spiedini, accanto a piatti tipici romagnoli. Nel 2000, la gestione passa alla figlia Emanuela Succi e al nipote Christian Savini che hanno
saputo rinnovare il menù e il locale, adattandolo alle nuove e diverse esigenze della clientela, senza però far venire meno quell’attenzione verso la materia prima, sempre fresca e possibilmente del territorio, e verso la ricerca gastronomica, con piatti in grado di stupire e di farsi ammirare. “In passato – racconta Christian Savini -, il punto di forza erano un semplice piatto di spaghetti alle pavarazze accompagnato da un fritto di paranza, oggi invece la clientela ricerca qualcosa in più: nuove specialità e mescolanze di sapori, per appagare gli occhi e il palato. Riuscire a mantenere un’attività di questo tipo per così tanto tempo, significa non ‘dormire’ sugli allori ma essere in grado di rinnovarsi continuamente,
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senza per questo snaturarsi, dimostrando di saper cogliere i nuovi gusti e di saper soddisfare le esigenze più varie”. Ecco perché il menù è ben calibrato tra tradizione e modernità, con piatti sempre molto curati in grado di stupire la clientela affezionata come i nuovi arrivati. Tra gli antipasti, sono molto apprezzate le crudità, ma anche le alici marinate che sono preparate con pazienza in cucina. Le paste fatte in casa o di semola sono condite in modo variegato: sempre molto richiesti sono per esempio i gnocchetti con gamberi e curry, i garganelli alle aragostelle, i tagliolini al grillo o con l’astice, paccheri con sugo di sgombro, oltre agli ‘intramontabili’ spaghetti allo scoglio. Tra i secondi, accanto al fritto e alla grigliata con i calamari e le sogliole nostrane, si sono aggiunte preparazioni di pesce al forno e al sale. Tra le specialità della casa c’è sicuramente la Padellina del Cristallo, un guazzetto di cozze, vongole, crostacei e polenta fritta. Se poi si vuole chiudere in bellezza, è bene ordinare la zuppa inglese preparata con la ricetta della nonna che non ha eguali. La carta dei vini è ricca, in moda da garantire sempre il giusto abbinamento. La ciliegina sulla ‘torta’ è il personale sempre gentile e professionale che garantisce un servizio veloce e puntale che non passa inosservato.
Il ristorante è stato rinnovato di recente e reso ancora più accogliente e luminoso grazie ad arredi e decori sulle tonalità del bianco e del grigio. Lo stile è classico ed elegante, per un ambiente intimo e accogliente. Oltre alle due sale interne, di cui una è in grado di accogliere fino a cinquanta persone ed è disponibile anche per cene e feste private, in estate si può utilizzare anche la veranda esterna.
Da otto anni a questa parte, il Cristallo offre anche un comodo servizio di vendita al cartoccio per accontentare chi preferisce mangiare in riva al mare. Il locale è aperto tutti i giorni per pranzo e cena, tranne il mercoledì (da luglio tutti i giorni). Una tappa d’obbligo, dunque, per tutti gli amanti del pesce grazie a una selezione accurata della materia prima che è garantita in tutte le stagioni.
Punta Marina Terme Piazza Aurelio Saffi, 13 - Tel. 0544 437228 cristalloristorante_55@virgilio.it - www.ristorantecristallo.com ININ MAGAZINE MAGAZINE37 3
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Lì dove cominciò
LA GUERRA FU A PORTO CORSINI, NELLA NOTTE TRA IL 23 E IL 24 MAGGIO 1915, CHE FU SPARATO IL COLPO DI CANNONE CHE INAUGURÒ L’ENTRATA IN GUERRA DELL’ITALIA. di Andrea Casadio
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Come Ravenna ha costruito la sua identità attraverso le vicende del passato ha aspetti indubbiamente singolari. Da una parte c’è lo splendore dei “secoli d’oro”, quelli fra la tarda antichità e l’alto Medioevo, che assicurarono alla città un ruolo di protagonista nel proscenio europeo. A questo, che potremmo definire il “palinsesto” di base, si aggiunge tutta una serie di episodi (o di presenze) che popolano anche i secoli dell’“ombra”, vicende quasi fortuite nel loro prescindere dall’“epoca d’oro” tardoantica eppure non meno importanti, quasi che la Grande Storia, mossa forse da qualche forma di nostalgia, abbia provato il gusto di tornare periodicamente a fare una capatina, nel corso dei secoli, nel luogo dal quale aveva levato le tende più o meno verso l’anno Mille. Non era iscritto nell’antico imprinting “imperiale”, ad esempio, che dovessero venire a vivere proprio qui Dante o Byron, o che nel 1512 vi si dovessero fronteggiare gli eserciti di Spagna e di Francia, o che Garibaldi vi capitasse nella sua rocambolesca fuga del 1849. Meno noto, ma non meno importante, è poi un altro evento, di cui ricorre il centesimo anniversario proprio in queste settimane: quello
che vide sparare proprio sulla riva dell’Adriatico, e non in qualche pietraia del Carso o delle Dolomiti, il primo colpo di cannone della Grande Guerra italiana, nella notte fra il 23 e il 24 maggio 1915. L’ingresso dell’Italia nel conflitto europeo scoppiato nell’estate del ’14 - tutti lo sapevano, mentre il sole calava la sera del 23 maggio - era solo questione di ore. I mesi dei contrasti fra “neutralisti” e “interventisti”, culminati nell’esaltazione collettiva del “maggio radioso”, erano sfociati tre giorni prima nel voto dei pieni poteri al governo da parte del Parlamento. Ma quella fatidica sera del 23 il presidio militare di Porto Corsini, da poco rinforzato da dieci cannoni e da due plotoni della milizia territoriale, non aveva ricevuto dai comandi centrali l’informazione che, dallo scoccare della mezzanotte, l’Italia sarebbe stata ufficialmente in guerra con l’Impero austro-ungarico. Dall’altra parte del mare, invece, furono assai più tempestive le mosse delle squadriglie navali che partirono dalla base di Pola per la prima operazione stabilita dai generali asburgici: l’assalto a vari porti adriatici dalla Romagna alle Marche, e fra IN MAGAZINE
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ne sbalzò fuori bordo l’ufficiale torpediniere. Anche la torpediniera 80 venne danneggiata, ma chi subì le perdite maggiori fu lo stesso Novara, raggiunto da diversi colpi, uno dei quali causò la morte di cinque soldati e di un ufficiale. Anche fra gli italiani si contarono diversi feriti e un morto, lo sfortunato “marinaio militarizzato” Natale Zen di Chioggia, classe 1868, colpito verso le 3.45 nella camera da letto della casa privata in cui alloggiava. L’ennesimo paradosso di quella notte: la prima e inconsapevole vittima delle 600.000 contate dall’Italia al termine di un conflitto che, chiudendo gli occhi per sempre quella sera del 23 maggio, egli non vide neppure cominciare, e che pure cominciò proprio con la sua morte.
SOPRA, UN’ILLUSTRAZIONE DELL’EPOCA CHE RAFFIGURA L’ATTACCO A PORTO CORSINI. A DESTRA, L’ABITATO DI PORTO CORSINI COME APPARIVA AI PRIMI DEL ’900.
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questi, appunto, quello di Porto Corsini. Il Candiano mormorava placido nella tiepida notte primaverile, e la borgata dormiva ignara nel coprifuoco, quando, verso le 3.00, una vedetta avvistò una sagoma sconosciuta che procedeva lungo il canale. Era il cacciatorpediniere Scharfschütze, che stava silenziosamente avanzando di poppa (per meglio poter fuoriuscire alla fine della missione) con il compito di affondare o danneggiare quante più imbarcazioni vi avesse rintracciato. In mare, poco oltre le palizzate, stazionavano le due torpediniere 80 e 81 con l’incrociatore leggero Novara (nome che rievocava la vittoria austriaca contro il Piemonte nel 1849), capitanato da un comandante d’eccezione: si trattava nientemeno che di Miklòs Horthy, che sarebbe divenuto in seguito ammiraglio in capo della marina imperiale e che poi, dal 1920 al 1944, avrebbe governato l’Ungheria in una dittatura militare de facto con la carica di “reggente”. Quella notte, il suo avversario di pari grado era il capitano Alfredo Dentice di Frasso, comandante del presidio di Porto Corsini. Questi, appena ricevuta la segnalazione della vedetta, inviò sul luogo un soldato con il compito di verificare la nazionalità del na-
tante. Una volta chiaritasi la situazione scattò l’allarme, e i marinai si schierarono velocemente nella trincea predisposta lungo il canale. Secondo quanto Horthy scrisse molti anni dopo nelle sue memorie, un sottufficiale avrebbe addirittura chiesto dalla riva all’equipaggio della nave austriaca che nel frattempo si era spinta fino in prossimità del vecchio faro, allora in una posizione più a monte di quello attuale, quasi all’incrocio del Candiano con la Baiona quali fossero le sue intenzioni. Un episodio che, se rispondente al vero, conferirebbe un tono ancor più surreale a una vicenda già di per sé abbastanza onirica. Come che fosse, gli italiani si fecero prendere di sorpresa dalla reazione del caccia, che all’incirca alle 3.30 aprì improvvisamente il fuoco contro le postazioni dei marinai. Al tempo stesso, per coprirgli la fuga il Novara cominciò a cannoneggiare dal largo verso l’abitato, colpendo il faro, la stazione di salvataggio e alcune abitazioni private. Ripresisi dalla sorpresa, i difensori non tardarono però a far sentire la loro reazione. Lo Scharfschütze riuscì sì a riprendere il largo, ma non prima di essere stato colpito da una granata che
Il significato militare dell’attacco, in realtà, fu complessivamente scarso. Fu però il brusco avviso di come le coste romagnole fossero in prima fila sul fronte di un conflitto che si svolgeva contro un nemico appostato appena al di là del mare. La mattina dopo tutti i cittadini se ne resero conto, osservando gli sfollati di Porto Corsini accalcarsi sotto i portici del Comune in cerca di generi di conforto. Quella che si apriva ormai era ufficiale non sarebbe stata un’estate di bagni e di brodetti all’osteria della “Foca Monaca”. Negli anni del conflitto, la tradizionale meta delle gite estive dei ravennati sarebbe diventata un’importante base aeronavale, che al posto dei bagnanti avrebbe ospitato gli equipaggi dei
sottomarini e delle squadriglie di idrovolanti americani. Per questo la località avrebbe subìto altri due attacchi, nel novembre 1917 e nel luglio 1918, come del resto la stessa Ravenna, colpita dai primi e rudimentali bombardamenti aerei, come quello che nel 1916 danneggiò gravemente la basilica di S. Apollinare Nuovo. Quattro estati sarebbero dovute passare perché i ravennati, nel ’19, potessero finalmente ritrovare la strada delle loro spensierate gite sulla spiaggia. A quel punto, però, in un mondo (e in una Ravenna) molto diversi da quelli che erano finiti per sempre la notte in cui, nelle acque del Candiano, avevano tragicamente incrociato i loro destini l’oscuro pescatore di Chioggia e il futuro dittatore d’Ungheria.
IL PICCOLO BORGO RAVENNATE DI PORTO CORSINI PRENDE IL NOME DA PAPA CLEMENTE XII CORSINI CHE NEL 1736 DIEDE IL VIA AI LAVORI DI SISTEMAZIONE DELLO SBOCCO PORTUALE DEL CANALE CANDIANO NELL’ADRIATICO.
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ORGANIZZARE
Fisico teorico
AL CINEMA
ALBERT BUCCI RACCONTA LA SUA PASSIONE PER IL CINEMA CHE LO HA PORTATO A IDEARE E DIRIGERE I PIÙ IMPORTANTI FESTIVAL RAVENNATI, SENZA DIMENTICARE L’INSEGNAMENTO DI MATEMATICA E FISICA NEI LICEI.
di Erika Baldini / ph Valentina Donatini
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Vestito di nero, occhiali hipster, arguto più che mai, ci siede di fronte, davanti a un bel bicchiere di rosso, in una vineria del centro, Alberto Bucci, anzi, Albert, come preferisce essere chiamato. Parlando di cinema, a Ravenna, è impossibile non fare il suo nome: direttore artistico del Ravenna Nightmare Film Fest, direttore organizzativo del Mosaico d’Europa Film Fest, ha fondato l’associazione Ravenna Cinema e cura la rassegna di cinema alternativo ControCinema, ha una rubrica di cinema su Ravenna & Dintorni e una laurea in fisica teorica. Attualmente insegna matematica e fisica nei licei. In passato è stato docente di Sceneggiatura e tecniche narrative presso la IULM di Milano, nonché produttore esecutivo di spot pubblicitari. Raccontaci qual è il tuo percorso formativo, come sei arrivato ad occuparti di cinema. “Non vorrei deludere quanti credono al cliché che la passione per il cinema nasca da bambini, legata al fascino delle vecchie sale e alla magia delle immagini sullo schermo. In me l’amore è arrivato relativamente tardi, verso i 18 anni:
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quando compresi che il cinema era la forma d’arte e di pensiero più rappresentativa del ’900. Se c’è qualcosa di atipico nella mia formazione, è la compresenza di cultura artistica e scientifica, alta e bassa, iniziata al liceo e proseguita con una laurea in fisica, alla quale però sovrapponevo corsi di regia, di recitazione, di sceneggiatura con maestri come Vincenzo Cerami e Giancarlo De Cataldo. Iniziai così a lavorare al Corto Imola Festival. Di lì ebbi una folgorante parentesi, in pubblicità, come produttore esecutivo di spot, per poi tornare a lavorare nei festival, col Ravenna Nightmare e il Mosaico d’Europa Film Fest. Parallelamente insegnavo sceneggiatura all’Università IULM di Milano e matematica e fisica nei licei. Capisco che il percorso non sia lineare e possa sconcertare: ma così è stato.” Hai qualche ricordo, qualche aneddoto su come sia nato il tuo amore per il cinema? “Anni fa, per uno spot, ebbi come cameraman Enrico Umetelli. Il nome è sconosciuto a tutti: ma è stato il cameraman di Coppola per Apocalypse Now, un monumento
del cinema dal quale imparai in 4 giorni più che in decine di seminari: come gestire la fotografia sul set, come muovere la cinepresa, cosa focalizzare del lavoro degli attori, oltre a innumerevoli aneddoti sui set di tanti capolavori del cinema. Sono queste le esperienze che insegnano a leggere dentro il cinema.” Come sposi tra loro queste diverse esperienze? Qual è l’attività che svolgi con più piacere? “Le esperienze sono diverse, ma la cultura è totale. Che sia cinema di genere o d’autore, arte o scienza, letteratura o matematica, i modi in cui trasmettere le emozioni della cultura e del sapere passano sia attraverso l’insegnamento, che nel proporre cinema inedito perché libero dai vincoli di un mercato invasivo. Il sapere e la cultura sono come il cibo: si può e si deve educare a un nuovo gusto, perché si possono scoprire nuovi sapori in quelle che sono le sue nuove forme.” Ravenna è la tua città, qui vivi e qui il tuo nome è legato al cinema d’autore, che è cultura oltre che intrattenimento. Fondamentali le esperienze dei due principali festival del-
L’EVENTO PRINCIPALE DELL’ULTIMA EDIZIONE DEL RAVENNA NIGHTMARE È STATO IL CONCORSO NAZIONALE PER LUNGOMETRAGGI CHE HA PREMIATO IL FILM ISRAELIANO “BIG BAD WOLVES”. la città: Ravenna Nightmare e Mosaico d’Europa... “Il Nightmare è il festival dell’emozione e del pensiero. Horror, fantascienza, thriller e un bellissimo clima scanzonato e irriverente nel quale la mia emozione più grande è percepire ogni volta l’energia di un pubblico eccezionale che si fida delle nostre scelte. Il Mosaico è il festival delle sperimentazioni. Cinema d’autore, sicuramente, ma sul quale abbiamo sempre innestato, come in un gioco, forme e generi atipici e di ricerca. Per entrambi, una sola regola: programmare grandi film che avessero prima di tutto colpito me stesso, col desiderio di contagiare il pubblico delle mie emozioni provate.” Come sono cambiate queste manifestazioni nel corso del tempo e come sei cambiato tu? “Fare festival, per usare una metafora culinaria, è come inventare 44
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ogni anno un menù diverso ma sempre coerente con le proprie idee e con la propria ricerca di sapori perfetti e nuovi. Ovviamente Nightmare e Mosaico si sono evoluti, come me: ma sempre, spero, nella continuità.” Quali esperienze e ricordi conservi? Quali titoli e autori hai apprezzato di più? “In più di 30 festival organizzati, i ricordi sono sicuramente tanti. Ricordo l’emozione di ospiti come Dario Argento, Nicolas Winding Refn, Jerzy Skolimowski, Pupi Avati, Giorgio Diritti, i fratelli Manetti. Molti sono diventati amici personali, con i quali rimango sempre in contatto al di là del lavoro. Ma uno voglio citarlo: lo scrittore Valerio Evangelisti, primo fan del Nightmare, e le sue spassose e geniali presentazioni e ‘lezioni’ sul cinema horror.” Ci racconti qualcosa dell’associazione che hai fondato, Ravenna Cinema, che fa parte del progetto Ravenna Screen? “Come Ravenna Cinema, sappiamo che un altro tipo di cinema è possibile: intellettuale senza essere accademico, popolare senza essere populista, intelligente senza essere noioso, artistico senza essere incomprensibile. Ecco allora il nostro obiettivo, attraverso festival, rassegne, incontri e lezioni generare una nuova cultura del cinema,
mostrando che esistono nuove forme e generi alternativi, un raffinato cinema della biodiversità e della contemporaneità fatto di idee geniali, grandi visioni e potentissime emozioni. Un cinema che sempre più emerge nei nuovi meccanismi di produzione e distribuzione dell’epoca di internet.” Più festival di cinema, diverse rassegne, spazi dedicati ai corti, al documentario, mega sale di cinema, sale d’essai, arene estive, un ufficio comunale per le Attività Cinematografiche: la proposta cinema a Ravenna e provincia è varia. Come risponde il pubblico in questo periodo di crisi? “La proposta di cinema è sicuramente ampia: ma c’è un problema, che non è solo ravennate bensì globale. Siamo in un meccanismo economico e commerciale nel quale Ken Loach e i cine-panettoni sono merci vendute con le medesime tecniche di marketing e nel medesimo contenitore. E il pubblico finisce per stancarsi di entrambi e sceglie cose migliori: per esempio le serie tv. Il miglior film di quest’anno è la serie True Detective - che sia passata in televisione e non in sala a me non fa differenza.” Ad un fine cinefilo quale sei, non possiamo non chiedere un consiglio sulle prossime uscite in sala e su qualche vecchio titolo da recuperare. “Tutti hanno visto Casablanca. Ma quasi nessuno l’ha mai ascoltato. Guardatelo in versione originale con i sottotitoli: ascoltate, almeno una volta, le vere voci di Humphrey Bogart e Ingrid Bergman, non quelle posticce dei loro doppiatori. E poi recuperate True Detective, sempre in versione originale, e dedicategli una full immersion.” Chiudiamo l’intervista nel modo più classico possibile, quali sono i tuoi progetti? “Oltre al Nightmare, al Mosaico e a ControCinema, ho in mente un nuovo format, ma è ancora nello stato embrionale. In ogni caso, voglio continuare a contagiare la città con grande cinema.”
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CUCINARE
Il dolce
SEGRETO FRANCESCO SACCOMANDI È UN ESPERTO DI MARKETING INTERNAZIONALE, MA HA UN SEGRETO CHE LO HA PORTATO IN TV ACCANTO A CATERINA BALIVO E ANTONELLA CLERICI: AMA FARE I DOLCI.
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di Arianna Denicolò / ph Massimo Fiorentini
Francesco Saccomandi, ravennate, lavora nel marketing internazionale del fitness, ma da quattro anni è anche autore del blog www.pandispagna.net nel quale raccoglie con grande cura le ricette dei suoi dolci e, in particolare, dei cupcakes. Una passione che lo ha portato in televisione accanto a Caterina Balivo e Antonella Clerici, e che coltiva fin da bambino, da quando riuscì a compiere il miracolo della separazione del tuorlo dall’albume e a realizzare la sua prima torta margherita. Da dove deriva la passione per la cucina?
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“Devo premettere che parto avvantaggiato poiché sono cresciuto in una famiglia in cui l’amore per la cucina accomuna tutti. Invece la passione per i dolci arriva direttamente dagli USA dove ho vissuto per tre anni, dal 1997 al 2000. È stato in quel periodo che ho scoperto l’entertainment, ossia il ricevere gli ospiti in maniera non convenzionale, e poi i cupcakes grazie a colei che considero la mia mentore, Martha Stewart, una conduttrice TV di origine polacca che è partita da un catering e oggi è la regina della domenica americana.” Le tue ricette ti hanno fatto meritare diverse apparizioni in TV. Ci racconti questa esperienza? “Tutto ha avuto inizio con YouTube dove pubblico video realizzati nella cucina di casa mia, per mostrare i passaggi necessari alla realizzazione delle ricette. Grazie a questo canale sono stato contattato da Caterina Balivo per partecipare a Detto-Fatto in qualità di tutor di preparazione di dolci americani. Devo dire che ho sempre un buon riscontro, che piaccio alla gente e ogni volta che appaio faccio record di like sul sito. La mia apparizione alla Prova del Cuoco è invece nata per gioco, grazie alla sfrontatezza della mia amica Maureen!”
Ti piacerebbe che la tua passione diventasse una professione? “Se bastasse per pagarmi da mangiare, ci farei un pensierino! Ma in quel caso tutto dovrebbe essere tradotto in qualcosa di più strutturato. Sono conosciuto come esperto nel mondo dei dolci ma la mia vera vocazione, lo so da quando ero piccino, è fare l’insegnante. Ho insegnato in palestra con la Federazione Italiana Fitness e ho trasferito nei miei video la possibilità di insegnare la mia arte culinaria. Per questo anche il blog è aperto e non ci sono segreti. Quando la gente mi scrive e mi dice che il dolce che ha realizzato seguendo la mia ricetta è venuto bene, quella per me è la più grande soddisfazione.” Nel tuo blog hai dedicato ampio spazio anche alle ricette per gli intolleranti. “Sì, me le chiedevano in molti, e visto che a me piace sperimentare e anche accontentare le richieste dei fans, ho deciso di creare questa sezione dedicata a chi non può mangiare determinati alimenti. Il risultato molte volte è davvero sorprendente. Prendete la cheescake vegana: l’ho portata una sera a casa di amici ed è stato un successo! Il bello è che mangi una cosa buona ma che non ti appesantisce.”
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Creative
ESPLOSIONI L’ARTISTA GIOVANNI BUBANI CREA LE SUE OPERE GIOCANDO CON IL BINOMIO LUCE-TENEBRE, INERZIA OSCURA E VITALITÀ LUMINOSA; UNA VISIONE CHE AFFONDA NELLA STORIA DELL’UNIVERSO E DELLA MEMORIA CREANDO IMMAGINI CARICHE DI TENSIONE CREATIVA A TRATTI DRAMMATICA. di Aldo Savini / ph Lidia Bagnara
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Nel mondo dell’arte, e non solo, alcuni incontri lasciano impronte incisive per l’evoluzione della personalità e risultano, poi, tanto determinanti da orientare la ricerca verso nuove e originali soluzioni espressive. Pier Giovanni Bubani incontra nel 1989, alla Galleria Il Patio di via Baccarini a Ravenna, Alberto Burri, allora impegnato nella preparazione e allestimento della mostra al Museo di San Vitale. Preesistevano le condizioni per una conoscenza non occasionale: Bubani fin dagli esordi all’inizio degli anni Ottanta aveva sperimentato materiali anomali come il polistirolo, le tele sfilacciate e il bitume, assimilabili per analogia a quelli utilizzati da Burri, dai sacchi alle plastiche. Burri apprezzò i lavori giovanili di Bubani riconoscendogli un valido talento artistico. Da allora Bubani si è imposto un ordine a cui attenersi, procedendo nella sperimentazione con lavori sia su tela che su carta per delineare una cosmologia fisica ed esistenziale, dove il puro visibilismo si compenetra con una tensione creativa a tratti drammatica. Le sue immagini vanno alla ricerca dell’origine a partire dall’esplosione iniziale che ha generato il movimento cosmico con flussi di energia incandescenti verso un altrove dove non c’è un alto e un basso. Così come, d’altra parte, nel racconto della creazione
il primo atto fu quello di separare la luce dalle tenebre, principio e causa a cui ricondurre l’incessante prodursi di tutti i fenomeni naturali e umani del mondo. Nelle sue opere dal nero bituminoso, che allude alla profondità dello spazio e anche del tempo, come apparizioni si sprigionano dal buio pesto lampi di luce folgoranti che si impossessano della gestualità dell’artista e autonomamente procedono in imprevedibili direzioni, in un gioco seducente tra l’inerzia piatta e oscura del fondale e la vitalità esplosiva del movimento luminoso. Queste immagini, a tratti violente, si consumano nella loro immediatezza nell’atto in cui vengono percepite visivamente. Conservano, però, un potere attrattivo che non consente atteggiamenti di indifferenza, perché catturano e coinvolgono l’immaginazione in un vortice di sensazioni sfuggenti e oscillanti tra l’incertezza e il piacere, tra la perdita dell’orizzonte di ogni forma di stabilità e il puro godimento. D’altra parte, sono uno stato della mente affiorante dal profondo del vissuto, dove le contraddizioni possono esplodere tra divieti e incondizionata tensione alla libertà, cosicché la visione assorbe, trattiene e restituisce la potenza dei contrari, al di fuori di ogni ordine cronologico, tendente ad annullare la distinzione tra il prima e il poi.
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ORTOPEDIA SPADONI I NOSTRI PRIMI 40 ANNI
LA FAMIGLIA SPADONI CI AIUTA A CAMMINARE DAL 1975, ANNO IN CUI NASCE LA SANITARIA RAVENNATE COME CENTRO DI VENDITA DI ARTICOLI SANITARI E ORTOPEDICI.
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Dopo oltre quarant’anni di presenza sul territorio, l’Ortopedia Spadoni costituisce oggi un punto di riferimento fondamentale che è riuscito a capitalizzare, a beneficio di tutta la clientela, un tesoro di esperienze tecniche prezioso e senza eguali. Aper ta l’attività nel 1975 come centro di vendita di articoli sanitari, Gianfranco Spadoni e Giovanna Zerbi, allora universitari e non ancora sposati, la ampliano ben presto fino a farla divenire un’ortopedia con annesso laboratorio. Questo grazie anche all’aiuto di Danilo Spadoni, che insieme al fratello Gianfranco ottiene l’abilitazione professionale a tecnico ortopedico. L’elevata professionalità di Gianfranco Spadoni sarà poi coronata dal ruolo di docente che ricoprirà per molti anni presso la Scuola Superiore
per Tecnici Ortopedici della USL Bologna. In pochi anni le sedi diventano quattro: a via Pasolini si aggiunge quella di Via Mentana, poi quella di Via Nigrisoli, davanti all’ingresso dell’ospedale pubblico, e di Via Gordini. Fino a ritornare a concentrare tutto nell’attuale, spaziosa, sede di Viale Alberti al numero 106. L’Ortopedia Spadoni è un’azienda gestita da una famiglia che non ha mai cessato di credere nel progetto dei fondatori e che, anzi, come racconta la sua storia, nel tempo ha saputo rinnovarsi, specializzarsi, ampliarsi e restare al passo con i cambiamenti, sempre con un occhio attento al futuro. Nel tempo si sono aggiunti allo staff altri due tecnici ortopedici, Francesco Spadoni, figlio di Gianfranco, e Domenico De Rosa. Ester Spadoni, la secondoge-
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nita, è invece responsabile del reparto vendite, supportata da tre esperte collaboratrici ed Elisa Bassi, moglie di Francesco, svolge funzioni amministrative e di marketing. Negli anni le esigenze della clientela sono mutate, così come è cresciuta la complessità del lavoro: il tecnico ortopedico non è più solamente un buon artigiano, ma anche, e soprattutto, un professionista sanitario che aiuta le persone nella ricerca del benessere, con un occhio particolare alla prevenzione. Ortopedia Spadoni offre plantari ortopedici realizzati su misura per ogni tipo di esigenza - diabetici, sportivi, persone che lavorano a lungo in piedi - o per prevenire dolori alle articolazioni o alla schiena, busti ortopedici, calze riposanti curative o semplicemente preventive, ma anche calzature comode
con un’ampia scelta di colori, pellami di qualità e modelli, mantenendo un’attenzione particolare all’estetica. Senza dimenticare il tradizionale settore degli ausili dedicati ad anziani e disabili, che facilitano la vita di tutti i giorni. Uno sguardo attento è sempre rivolto al cliente, per il quale l’Ortopedia Spadoni diventa preziosa anche sul fronte dei servizi: lavori al domicilio o al letto del paziente, noleggio di ausili ed elettromedicali per la riabilitazione post-traumatica o post-intervento, consulenza personalizzata sia dal punto di vista tecnico-funzionale che amministrativo, ad esempio per ottenere agevolazioni e forniture a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Ortopedia Spadoni da quarant’anni offre competenza e professionalità al servizio del territorio.
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COSTRUIRE
Il suono
DEL LEGNO DA MILANO A LONDRA, DA CREMONA A RAVENNA, L’ARTE INCONTRA L’ARTIGIANATO NEGLI STRUMENTI MUSICALI COSTRUITI DA DAVIDE CORTESI.
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di Roberta Bezzi / ph Massimo Fiorentini
Davide Cortesi, classe 1980, fa un mestiere raro che richiede pazienza e dedizione: il liutaio. Nella sua bottega di via Sant’Agata 12 a Ravenna è passato anche Uto Ughi, per farsi aggiustare e mettere a punto il violino. La sua passione per questo nobile strumento parte da lontano, quando aveva appena sedici anni. Dopo aver frequentato la “Civica Scuola di Liuteria” di Milano, diplomandosi nel 2003, ha fatto esperienza nelle botteghe di valenti maestri, tra i più esperti in Italia. La sua mano è in grado di conoscere il legno migliore e le vernici di qualità. D’altra parte, come artigiano, ha avuto la preziosa opportunità di lavorare tra il 2006 e il 2008 al Cantiere Navale Carlini alla costruzione di un veliero in legno, maturando così una conoscenza dei materiali tale da ampliare il rapporto legno/liuteria. Ha inoltre partecipato a concorsi internazionali, BVMA Londra 2004, “Triennale” Internazionale di Cremona 2006 e 2012. Come si è avvicinato alla liuteria? “Per caso. Da ragazzino suonavo il pianoforte e il violoncello, ma mi sono accorto presto che diventare davvero bravo era un’impresa ardua. Un giorno mi sono incuriosito alla costruzione degli strumenti,
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spinto dal bisogno di dare materia alla musica, di ricavarne una sensazione tattile. Così, ho deciso di intraprendere questo percorso, studiando per quattro anni a Milano.” C’è un maestro che ricorda con particolare affetto? “Più che un maestro, un amico, una guida: Christian Shannon, che ora vive negli Stati Uniti. Anche se aveva dieci anni più di me, era come me un allievo alla Scuola di Liuteria. Lo ricordo molto più sveglio e concentrato sulla professione ed è stato a lui a propormi di andare in Inghilterra nella bottega di Florian Leonhard. Un altro periodo importante è stato quello al fianco di Giuseppe Quagliano di Jesi.” A volte si impara molto anche dalla esperienze negative. Ce n’è qualcuna che è rimasta memorabile? “Sì, quella volta in cui andai in giro per l’Inghilterra a vendere i miei strumenti. Non riuscivo a piazzarli, così capii che dovevo migliorarmi attraverso la ricerca.” Qual è il segreto di un buon liutaio? “Capire le esigenze del cliente, dal maestro che deve suonare in un concorso all’allievo che sta cercando di imparare. Nel nostro mestiere il passaparola è la migliore pubblicità.”
Come si riconosce invece un buon strumento? “Ascoltando i propri sensi, cosa che le persone sono poco abituate a fare. Uno strumento montato bene, con un bel manico e una buona tensione delle corde, si riconosce al tatto. Poi c’è l’aspetto estetico: noi siamo abituati a misure precise e limitate, quelle della classicità. Ogni modello è riconoscibile e il carattere di chi l’ha costruito deve esserci.” L’Italia vanta ancora il primato nel settore? “Sì. Il violino italiano è ancora il più importante, anche se non è detto che la sua qualità sia superiore a quella francese, per esempio. Le scuole sono in Italia e da qui per forza bisogna passare. Il problema semmai è che i pochi strumenti belli sono chiusi in musei mentre
in paesi come la Germania, grazie alle banche, si offre l’opportunità a grandi musicisti di suonarli.” La musica è accessibile a tutti? “Non proprio. Un violino che funzioni e suoni bene costa più di mille euro. Una cifra minima con cui riesco a ristrutturare strumenti del primo Novecento, per offrire al cliente un oggetto che abbia una storia. Per un ragazzo che deve esercitarsi può andare bene, non per chi suona ai concerti. Quegli strumenti hanno ben altri costi.” Come avvicinare i giovani alla musica? “Mi capita spesso di andare nelle scuole e l’interesse c’è. Per renderla meno elitaria, bisogna abbassare i costi e pensare a progetti mirati. Con un po’ di buona volontà, suonare potrebbe costare meno di comprare ogni mese un videogioco.”
PRESERVARE
Parlare come
UNA VOLTA
RUDY GATTA HA IMPARATO IL DIALETTO ROMAGNOLO ACCOMPAGNANDO IL NONNO ALLA CASA DEL POPOLO: UNA “PALESTRA” CHE LO HA AIUTATO NEL MONDO DEL TEATRO PORTANDOLO A CONOSCERE RAFFAELLO BALDINI, DI CUI OGGI TIENE VIVA LA MEMORIA.
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di Nevio Galeati / ph Silvia Bigi
Questa è la storia di un incontro fra generazioni, sotto il segno di un obiettivo culturale importante: tenere in vita il dialetto. Da una parte c’è Raffaello Baldini, uno fra i maggiori poeti italiani dell’ultimo mezzo secolo, santarcangiolese trapiantato a Milano (cittadino onorario di Ravenna dal 2003), autore di raccolte poetiche e testi teatrali in dialetto di grande bellezza. Baldini è scomparso nel 2005, a 81 anni. Dall’altra c’è Rudy Gatta, classe 1978, dirigente di Legacoop, originario di Ammonite, una frazione del Comune di Ravenna. Li ha legati il dialetto romagnolo. Tant’è vero che qualche mese fa il giovane ravennate,
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insieme alla videomaker e fotografa Silvia Bigi, ha realizzato il cortometraggio “E’ diveri”, sulle strofe dell’omonima poesia di Raffaello Baldini; e il lavoro è stato premiato al festival “Sedicicorto” di Forlì. Nel decennale della scomparsa del poeta le iniziative sono destinate a moltiplicarsi e Rudy Gatta è stato invitato appunto a “Lingue di confine. Baldiniana 2015”. Ma come si fa, a meno di 40 anni, a essere così appassionati di dialetto? “Sono diventato di madre lingua romagnola da giovanissimo: i miei nonni - spiega Rudy - vivevano fra Ammonite e Bagnacavallo e parlavano solo in dialetto. I vecchi mi hanno sempre affascinato e da bambino ero felice di accompagnare mio nonno materno, Alfredo, alla Casa del Popolo. Passavo pomeriggi interi con lui e i suoi amici; e così ho imparato il dialetto. Il vero shock linguistico, quindi, è arrivato quando ho iniziato a frequentare le superiori a Ravenna: sono stato costretto a parlare in italiano”. Tabula rasa del dialetto, quindi? No, perché a 18 anni Rudy Gatta ha una prima svolta nella propria vita: “Ho avuto la fortuna di incontrare Marco Martinelli e la
sua non scuola teatrale”. Viene scelto per una parte che gli piace poco, Bottom (era la rivisitazione del “Sogno di una notte di mezza estate” di Shakespeare); la scelta registica è quella di farlo recitare, vestito da asino, in dialetto. Un successo. Così l’anno successivo, Rudy è scelto per lo spettacolo delle Albe “I Polacchi”. Durante una replica, Martinelli presenta a Gatta Raffaello Baldini. Che commenta: “’Sto ragazzino parla come i vecchi!”. L’amicizia fra i due inizia quella sera. “Baldini mi mandava i suoi testi per fax, dalla tabaccheria sotto casa. Mi chiamava per sapere quando recitavo. È stata una stagione entusiasmante. Poi mi sono fermato: gli impegni politici, il lavoro: sono stato costretto a lasciare il teatro, per un po’...” L’amicizia è rimasta, e nel frattempo Rudy ha conosciuto anche la figlia di Baldini, Silvia. Così, quando gli è stato proposto di realizzare qualcosa per raccogliere fondi a favore della fondazione “Dopo di noi” (che offre supporto alle famiglie di persone disabili), proprio grazie a quell’amicizia rinnovata, dopo il dolore per la morte del poeta, nasce il recital e il volumetto “E’ mond”.
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di collaboratori nella sede di Forlì e si avvale della collaborazione trentennale di Gabriele Gaiba Rappresentanze Industriali. Da tempo clienti del calibro di FA AC, automazione cancelli, Bargam, macchine a irrorazione, Kverneland Group, macchine agricole, Sampierana, macchine movimento terra, Grillo, macchine da giardinaggio, Arimar, settore navale, GSR, piattaforme aeree, trovano in Emporio Oleodinamico un fornitore affidabile e un partner capace di rispondere alle richieste in modo personalizzato e flessibile. Alla fornitura personalizzata dei kit tubi-raccordati, integrati con adattatori,
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La Romagna è da sempre terra d’origine di grandi tennisti. Molti dei nuovi talenti di oggi stanno crescendo al Circolo Tennis Dario Zavaglia di Ravenna dove ha sede la Urbinati Tennis Academy. A dirigerla è il campione Omar Urbinati, che dallo scorso novembre è diventato nuovo gestore anche del bar e del ristorante del prestigioso club ravennate. Il suo curriculum parla da sé: dopo aver vinto il campionato italiano under 14, ha giocato in serie A qualificandosi anche agli Internazionali di tennis di Roma dove ha disputato il primo turno. Da giovanissimo ha iniziato una luminosa carriera nell’insegnamento, riportando presto buoni risultati. È stato lui a scoprire Maria Elena Camerin, ex numero 41 al mondo, o Maria Francesca Bentivoglio, che a soli 16 anni – nel 1993 – è salita al 73° posto nel ranking Atp, o ancora Enrico Dalla Valle, classe 1998, uno dei migliori juniores al mondo. Ed è lui ad allenare
giovani promesse come Michele Vianello, 14 anni, tra i primi in Italia che il prossimo anno passerà sotto la Federazione Italiana Tennis, o Enrico Lanza Cariccio, appena dodicenne ma già molto forte. “Il mio obiettivo”, racconta Omar Urbinati, “è fornire la migliore preparazione possibile, con la massima specializzazione dei colpi. Lavoro con bambini dai 4/5 anni ai ragazzi di 15/16, con l’intento quindi di avvicinarli al tennis e di farli crescere, portandoli a un passo dalla carriera professionale. Dopodichè lascio che i migliori di loro siano seguiti direttamente dalla federazione”. C’è un segreto per essere un buon maestro? “I miei allievi sanno colpire bene la palla, in tutti i colpi fondamentali. La bravura sta nel capire il tipo di gioco più adatto per il tipo di allievo”. Collaborano da anni all’Urbinati Tennis Academy anche altri maestri, fra cui Enzo Bo-
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PER FORNIRE LA MIGLIORE PREPARAZIONE POSSIBILE, IL CIRCOLO SI AVVALE DI UN TEAM DALL’ESPERIENZA CONSOLIDATA E DI SETTE CAMPI, DI CUI UNO PER LA PRATICA DI BEACH-TENNIS. DISPONE INOLTRE DI UN BAR E UN RISTORANTE ACCOGLIENTI E RIMODERNATI DI RECENTE, PER OFFRIRE AI SOCI UNA VARIETÀ SI SPAZI E SERVIZI. naldo, Luca Bartera e Francesca Mazzali con consolidata esperienza nel settore. Il Circolo Tennis Dario Zavaglia ha sette campi di cui quattro in terra rossa, due in superficie dura con la possibilità di giocare anche a calcetto e uno per la pratica del beach-tennis. C’è poi una convenzione in atto con l’adiacente palestra. La struttura dispone anche di un accogliente bar e di un moderno ristorante, che sono stati interamente rimodernati e inaugurati lo scorso 28 febbraio. Il Circolo Tennis propone inoltre per tutta l’estate (con una pausa nella settimana di
Ferragosto) un Centro Estivo dedicato ai ragazzi dai cinque ai quattordici anni: sono previste tutti i giorni attività sportive incentrate sul tennis insieme a momenti ricreativi, con la possibilità di pranzare presso il ristorante del Circolo. “Vogliamo riportare il circolo al suo antico splendore”, spiega Urbinati. “Abbiamo fatto un bell’investimento per riportarlo a norma di legge e ora vogliamo offrire ai soci e non solo un’ampia varietà di servizi. Oltre alla pratica dello sport, qui abbiamo molti spazi utili di convivialità sia interni che esterni. Si può mangiare qualcosa in compagnia, prendere l’abitudine dell’aperitivo sia a mezzogiorno sia di sera, ma anche organizzare piccoli eventi, come feste di compleanno, di laurea, e molto altro. Abbiamo persino ricevuto la richiesta di una coppia di sposarsi al circolo”. Il club di via Marani è pronto per affrontare le sfide del futuro!
Via Marani, 1 - Ravenna - Tel. 0544 63737 ININ MAGAZINE MAGAZINE57 3
VINCERE
Piccoli grandi
PATTINATORI LA RINASCITA PATTINAGGIO RAVENNA È SEMPRE ALLA RICERCA DI GIOVANI ATLETI TRA CUI FAR NASCERE I CAMPIONI DI DOMANI. INTANTO IL PALMAS DELLA SOCIETÀ SPORTIVA È SEMPRE PIÙ RICCO E PRESTIGIOSO.
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“Negli ultimi anni abbiamo ottenuto dei buoni risultati. Sono arrivate tante soddisfazioni, diversi nostri atleti hanno raggiunto risultati importanti, l’obiettivo del 2015 è di portarci a casa qualche altro titolo.” Gianni Giugni, presidente dell’A.S.D. Rinascita Pattinaggio Ravenna, sintetizza con queste parole il cammino della società in quest’ultimo biennio. Nel 2014 la Rinascita sezione corsa (categorie Giovanissimi, Esordienti, Allievi, Junior, Senior, Master) ha ottenuto diversi risultati che hanno dato lustro al pattinaggio ravennate: due titoli tricolore grazie allo juniores Matteo Casadei che si è aggiudicato la maratona di categoria su una distanza di 42 km e la staffetta a squadre composta da Letizia Bellini, Noemi Buresta, Serena Mazzotti e Silvia De Santis che si sono laureate campionesse d’Italia su strada su una distanza di 3 km: per la Rinascita è stato il primo titolo nazionale in una corsa a squadre. Altri piazzamenti sono i podi al campionato nazionale con le medaglie d’argento per Giada Santucci, un argento e un bronzo per Letizia Bellini, un argento e due bronzi con Matteo Casadei e un altro argento con Michele Cicognani. Gli atleti ravennati si sono fatti onore anche nella Coppa
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IN MAGAZINE
di Michele Virgili
Europa, competizione di 11 tappe che si svolge in diversi paesi europei dove la Rinascita si è aggiudicata 44 medaglie totali, di cui 19 d’oro nelle singole competizioni e 19 medaglie di combinata di cui 12 d’oro. Presidente, quali sono gli appuntamenti clou del 2015? “Partiamo dalla Coppa Europa che nel 2015 si disputerà in nove tappe, da aprile ad agosto, sempre in diverse nazioni europee. Gli altri appuntamenti sono il Campionato Nazionale di Maratona a Senigallia nel mese di giugno, il Campionato Nazionale su strada a Terni che si disputerà nel mese di luglio, e il Campionato Nazionale su pista a Scaltenigo nel mese di settembre. Gli allievi, junior e senior nell’anello di Via Vicoli alternano la prepara-
zione tra velocità e fondo. Nei mesi invernali il pattinaggio si alterna con nuoto, spinning e pesi.” Quali sono i fattori che invogliano al pattinaggio? “Per cercare di avvicinare i ragazzini a questo sport organizziamo corsi d’avviamento, in estate, nella pista di Via Vicoli e, in inverno, alla palestra Olivetti di Via Nino Bixio. Arrivano da noi che hanno cinque-sei anni e in un gruppo di circa quaranta bambini almeno due vogliono provare a fare agonismo mentre tanti altri continuano per divertimento.” Rivedere un’altra Belloni non sarà facile. “I titoli che ha vinto parlano da soli, Valentina poi si dedicava solo al pattinaggio, erano altri tempi.”