€ 3,00 - N. 1/16 Tariffa R.O.C.: Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB - FILIALE DI FORLÌ -
IMPRONTE DI STILI. Elio e LE STORIE TESE, Kobe BRYANT, Famiglia GUALANDI, Romagnoli OLIMPICI, Gradara NEL CUORE.
SPECIAL DOME. architettura e interior design
FORLÌ: La casa risorta,
MONTE S. BARTOLO: La grotta vivente,
GUASTALLA: A misura di bambino, RIMINI: Cuore di paglia.
Ford Mustang: consumi da 8,0 a 13,6 litri/100 km (ciclo misto); emissioni CO2 da 179 a 306 g/km.
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Editoriale
EDITORIALE di Andrea Masotti
Apriamo questo numero di Premium ospitando un omaggio a Olindo Guerrini, meglio conosciuto come Lorenzo Stecchetti, di cui si celebrano quest’anno i cento anni dalla morte. L’occasione per parlare di questo intellettuale romagnolo, poeta e bibliotecario la cui intelligenza dissacrante, l’originalità e l’ironia della penna affascinano ancora oggi, è la pubblicazione del libro “Olindo Guerrini. Ricordi autobiografici”, a cura di Mariavittoria Andrini (edizioni IN Magazine). Ravenna Festival rappresenta l’appuntamento fisso di ogni primo numero del nostro semestrale, quest’anno organizzato nel segno della libertà: il riferimento è a Nelson Mandel, in onore del quale si apre il festival con il musical-opera “Mandela Trilogy”. Il lavoro artistico di Graziano Villa, che con le sue fotografie ripercorre in modo insolito gli angoli di Parigi. Non manca un cenno alla Wellness Valley di Romagna con un’intervista a Luigi Angelini, consigliere delegato della Wellness Foundation. Menabò Group, agenzia di comunicazione di Forlì, presenta l’evento organizzato a Treviso per ISKO, leader mondiale della produzione di tessuto denim: la finale di un contest internazionale tra giovani designer. Volgiamo infine lo sguardo sul Minardi Day di Imola, una grande occasione per i fan più genuini del Motorsport, per rivivere tempi, riassaporare odori e risentire suoni ormai persi nel passato. Il servizio di apertura della rivista questo semestre è dedicato a Elio e le Storie Tese. L’occasione per parlarne è la partecipazione all’Emilia-Romagna Festival con un concerto offerto da Caviro in Piazza del Popolo a Faenza. Segue Kobe Bryant, un talento del basket cresciuto in Italia negli
Tariffa R.O.C.: Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB - FILIALE DI FORLÌ -
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€ 3,00 - N. 1/16
anni Ottanta al seguito del padre cestista Joe Bryant. Abbiamo poi un focus sulla Famiglia Gualandi di Bologna, che controlla un grande gruppo con una visione internazionale e che gestisce anche un buen retiro di lusso come l’Hotel Cristallo di Cortina, e sui campioni romagnoli chiamati a partecipare alle Olimpiadi di Rio. Il nostro sguardo sul territorio ci porta a Gradara e alla sua alla rocca galeotta, complice Dante Alighieri. Parliamo inoltre di Gian Paolo Dallara, leader mondiale nella tecnologia automobilistica e anima del mondiale Indycar, che quest’anno ha festeggiato il centenario della 500 miglia di Indianapolis. L’appuntamento consueto con DOME ci porta a Pievequinta (FC), dove la ex Casa del Fascio oggi rinasce dopo sette anni di restauro. A Monte San Bartolo visitiamo una casa in-
IMPRONTE DI STILI. Elio e LE STORIE TESE, Kobe BRYANT, Famiglia GUALANDI, Romagnoli OLIMPICI, Gradara NEL CUORE.
SPECIAL DOME. architettura e interior design
FORLÌ: La casa risorta,
MONTE S. BARTOLO: La grotta vivente,
GUASTALLA: A misura di bambino, RIMINI: Cuore di paglia.
castonata nella roccia e affacciata sul parco naturale. Il nido d’infanzia a Guastalla è un esempio di sostenibilità e sicurezza in spazi all’avanguardia, una struttura in legno con ampie vetrate che consentono l’interazione tra le aree chiuse delle aule e l’esterno, e che testimonia l’identità di una terra che rinasce. Tra le rubriche, diamo spazio a Margherita Foschi, architetto dello studio Archifabrica di Rimini, che si occupa insieme al socio Pietro Pezzi di progettazione di case in paglia. Passiamo poi a Giulia Meloncelli, che ha fatto del riuso una scelta di vita e ci tiene a sottolineare come le sue opere siano Authentic Made in Italy. Finiamo con Azzurra Cesari che ricerca, propone nuove cromie ed effettua consulenze gemmologiche: una professione antica in cui oggi convivono artigianato e tecnologia.
Editoriale / 3
Un luogo luminoso, accogliente, dedicato all’archivio della storia Dondup. Uno spazio che racconta il mondo Dondup dai capi delle collezioni all’accoglienza, al design in pieno stile Dondup.
Orari di Apertura Da Martedì a Venerdì: 10.00 – 13.00 | 14.00 – 19.00 Sabato: 10.00 – 13.00 | 15.00 – 20.00 Domenica: 16.00 – 20.00
Via Achille Grandi, 10 61034 Fossombrone (PU) Italy (+39) 0721 740966 archivio@dondup.com www.archiviodondup.it
Sommario Premium
SOMMARIO - PREMIUM impronte di stili
Editoriale 3
32
Accenti 10
Tra le Righe 18
Happening 20
Vernissage 22 40
46
Good Life 24
Gourmandise 26
Fashionable 28
Sporting Club 30 52
Gian Paolo Dallara 32 un cuore a stelle e strisce.
Famiglia Gualandi 3 6 dall’Emilia alle Alpi.
Elio e le Storie Tese 4 0 una vita per la musica.
Kobe Bryant 46 la leggenda del canestro.
Romagnoli Olimpionici 52 un sogno a cinque cerchi.
La rocca galeotta 52 amore e cibo a Gradara.
8 / Sommario Premium
Sommario Premium
SOMMARIO - PREMIUM impronte di stili
SPECIAL DOME architettura e interior design
Accenti 68 La casa risorta 70 il passato dialoga con il presente.
La grotta vivente 78 tra stile e natura.
70
A misura di bambino 84
“IN MAGAZINE PREMIUM” anno X - n° 1 luglio 2016 Reg. al Tribunale di Forlì il 28/10/2005 n. 43
la rinascita di Pollicino e Rondine.
Edizioni IN MAGAZINE S.R.L. - Menabò Group Redazione e amministrazione: 47122 Forlì - Via Napoleone Bonaparte, 50 tel. 0543.798463 - fax. 0543.774044
Cuore di paglia 91 costruire casa (anche) da soli.
www.inmagazine.it www.menabo.com info@inmagazine.it
Giulia Meloncelli 94 la designer eco-sostenibile.
Azzurra Cesari 97 il nome di una gemma.
Stampa: Grafiche MDM Forlì Direttore Responsabile: Andrea Masotti.
78
Redazione centrale: Serena Focaccia. Artwork: Lisa Tagliaferri. Impaginazione: Francesca Fantini. Ufficio commerciale: Gianluca Braga, Irena Coso, Laura De Paoli, Elvis Venturini. Collaboratori: Annalisa Balzoni, Laura Bertozzi, Alessandro Bucci, Anna De Lutiis, Alessandra Leardini, Lucia Lombardi, Francesca Miccoli, Giorgio Pereci, Lucia Renati. Fotografi: Giuseppe Bucci, Riccardo Gallini, Massimo Lovati / AGF, Moreno Maggi, A. Masini/Deepbluemedia.eu, Luca Massari, Giorgio Sabatini. Chiuso per la stampa il 22/07/2016 Seguici su FB: www.facebook.com/edizioni.inmagazine
84
gruppo
Sommario Premium / 9
Accenti
CAFFÈ PASCUCCI apre a Cattolica con Nicco23.
L’arte è DOC su arteromagna.it. Imola - Il Centro di Documentazione delle arti in Romagna dal 1900 a oggi è il primo esperimento in Italia nel suo genere: si tratta di un sito che raccoglie centinaia di artisti e di opere, biografie, pubblicazioni, acquisizioni, mostre, recensioni. Voluto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Imola, www.arteromagna.it è pensato come un museo online, dove si confrontano le diverse espressioni artistiche maturate in Romagna negli ultimi cento anni. Si tratta di un lavoro in progress: le schede sono quelle degli artisti presenti alla mostra Arte dal VERO, ma sono già stati evidenziati altri cinquanta artisti che verranno inseriti nel 2016. Quest’attività di raccolta sarà accompagnata dalla creazione di una biblioteca specialistica.
Cattolica - Il Coffee Shop Pascucci di Cattolica nasce da una collaborazione ormai storica tra Pascucci Caffè e la famiglia Antonelli, di cui fa parte Niccolò Antonelli pilota del motomondiale. L’apertura è prevista il 9 settembre 2016 e coincide con la giornata di prove del Gran Premio di San Marino Riviera di Rimini nel circuito di Misano Adriatico. L’ambiente, curato dall’architetto Marco Lucchi e realizzato dalla ditta Merli
Arredamenti, è perfettamente in linea e rafforza la nuova identità estetica dei Caffè Pascucci. Semplice e contemporaneo il Coffee Shop di Cattolica conterrà gli specialty coffee serviti in tazza mug, le miscele bio in espresso, i Frappo ghiacciati e gli Hot Mocha bollenti oltre all’ormai storico Caffè Confuso e tutte le ricette che stanno riscuotendo un importante successo internazionale. Così Cattolica si profuma di Pascucci.
PRISMA, complementi d’arredamento. Rimini - Se dici Prisma, dici arredamento di design. Showroom sinonimo di avanguardia e raffinatezza nel mondo riminese dell’arredo casa e ufficio. Fondato dall’illuminato Aldo Biagetti negli esplosivi anni ‘70, si sviluppa su sette piani espositivi per 5000 mq, per un edificio che è già dichiarazione stile. La filosofia della famiglia Biagetti non è solo legata alla proposta d’arredamento ma al fornire un servizio completo di progettazione d’interni, di adattamento anche alle preesistenze, oltre ad avere una fornita équipe di collaboratori artigiani, per supportare il cliente nella scelta di un arredamento moderno, classico o contemporaneo. Visitare il Prisma inoltre è anche un viaggio culturale attraverso la storia del mobile d’autore. (L.L.)
10 / Accenti
Ph. Riccardo Gallini
Accenti
AGO, l’atelier degli artisti.
Riccione - AGO di Maria Grazia Arcaroli nasce come sartoria a Riccione, in Viale Virgilio, nella seconda metà degli anni Ottanta. Conquista subito la clientela maschile e femminile grazie al suo modo di esprimere le sue idee attraverso tessuti particolari e materiali sofisticati distinguendosi, in particolare, per i corsetti a balconcino e per la linea aderente al corpo che privilegia la schiena nuda.AGO è sempre stata meta di artisti e promotrice di eventi. Negli anni Novanta, Maria Grazia inizia a lavorare al festival di Castrocaro, vestendo vallette e presentatrici, e si fa spazio nel mondo dello spettacolo, così viene invitata come
Ducati festeggia 90 anni con un viaggio intorno al mondo.
emergente a Düsseldorf per presentare la nuova collezione d’intimo d’abbigliamento, dove la canotta e lo slip sono i simboli del marchio e vengono poi indossati da molti personaggi popolari. AGO collabora con una nota agenzia di Milano, fa sfilare i ragazzi soprattutto all’interno delle discoteche e prosegue la sua passione lavorando con TV private. AGO Atelier Riccione oggi apre in via Missori 1, all’angolo con via dei mille, e si affaccia al noto Palacongressi. Qui riceve su appuntamento, confeziona abiti su misura per spettacoli e eventi, disegna campionari e presenta la collezione ai clienti. info@agoriccione.com, grazia@pascucci.it
EATALY x AUTOGRILL in autostrada.
Modena - Inaugurato sulla A1 a Secchia Ovest – tra l’allacciamento con l’A22 e il casello di Modena Nord, un’area di snodo tra significativi flussi di viaggiatori italiani e stranieri – il primo punto vendita Eataly gestito da Autogrill. Il format si chiama Eataly x Autogrill e nasce per consentire a chi viaggia in auto per lavoro e per piacere di poter godere di una sosta gastronomica di qualità. Nel punto vendita si fondono infatti la filosofia Eataly, basata sul proporre
12 / Accenti
prodotti di alta qualità in maniera accessibile grazie alla creazione di un rapporto diretto fra produttore e distributore, e la volontà di Autogrill nel voler innovare e diversificare la propria offerta sul canale autostradale. Entrambi i marchi credono inoltre in valori comuni quali sostenibilità, responsabilità e condivisione oltre alla medesima passione per la qualità e la visione di un Made in Italy capace di affascinare il mondo.
Bologna - Partito il 4 luglio da Borgo Panigale Globetrotter 90°, il giro del mondo per i 90 anni di Ducati. Si tratta di un viaggio intorno al mondo per sette motociclisti, selezionati su oltre tremila domande di partecipazione e pronti ad alternarsi alla guida della Multistrada 1200 Enduro per percorrere i trentamila chilometri di questo grande viaggio che ripercorrerà strade e luoghi dove sono state scritte le pagine più importanti dei primi novant’anni della storia della Ducati. Il primo globetrotter è stato l’indiano Vir Nakai, 37 anni, motociclista e viaggiatore di grande esperienza che ha ricevuto la torcia direttamente dall’AD Claudio Domenicali, per poi partire da via Cavalieri Ducati in direzione Mosca dove il 29 luglio ha passato il testimone al secondo dei sette viaggiatori. La torcia è composta da due gusci che racchiudono una forma ispirata al traliccio Ducati. Al suo interno c’è una fotocamera che raccoglierà le testimonianze e i ricordi del viaggio dei globetrotter: una torcia che vive il viaggio e lo riporterà a Borgo Panigale per metterlo a disposizione di tutti gli appassionati.
Italian Masterpieces DIVANO SCARLETT. DESIGN BY J.M. MASSAUD. SALA OVALE, VILLA PALAGONIA, BAGHERIA, PALERMO. poltronafrau.com
Via Martoni, 54 Forlì Tel. 0543 724163 info@oggettidautore.it
Accenti
Musica d’organo a SAN VITALE.
Terza edizione di Primo Miglio. Forlì - Tutti ai nastri di partenza per la nuova edizione di Primo Miglio, il premio a sostegno dei migliori progetti d’impresa che è arrivato alla sua terza edizione. Il Premio è promosso e organizzato da Confartigianato di Forlì Federimprese, in collaborazione con Forlì Self Storage, Corriere Romagna, Agenzia Menabò e Edizioni IN Magazine, con il contributo di Cassa dei Risparmi di Forlì e della Romagna, Banca di Forlì Credito Cooperativo e Unicredit. I progetti vincitori riceveranno un contributo economico per lo sviluppo dell’idea imprenditoriale e diversi servizi gratuiti a sostegno dell’operatività e della promozione dell’impresa. Il bando scade il 31 ottobre. www.confartigianato.fo.it.
Ravenna - Fino al 29 agosto, tutti i lunedì sera alle 21.00 la Basilica di San Vitale ospita, a ingresso gratuito, il 55° Festival Internazionale di Musica d’Organo. Si tratta del primo e più antico festival organistico d’Italia, nonché uno dei più longevi d’Europa. Un evento di altissima qualità cui partecipano ogni anno i migliori organisti internazionali che si esibiscono all’interno della bellissima Basilica di San Vitale (Unesco) suonando un antico organo Mascioni. Il 25 luglio si è esibito Gail Archer (USA), seguono: il 1
agosto Daniela Del Monaco, mezzosoprano, e Roberta Schmidt, organo (Italia); l’8 agosto Daniel Zaretzki (Russia); il 15 agosto Lukasz Gothszalk, tromba, e Johannes Skudlik, organo (Germania); il 22 agosto l’Ensemble Teodora di Ravenna e Heiner Grasst (Germania); il 29 agosto Giulio Mercati (Italia). Il festival è a cura dell’Associazione Polifonica Adone Zecchi di Ravenna, che aderisce al circuito EGDO (Europäische Gesellschaft Der Orgel) e di cui è Presidente e Direttore artistico il M° Elena Sartori.
LIDO EXCELSIOR: presente in evoluzione. Pesaro - Come cartoline di un tempo, la spiaggia Lido dell’Hotel Excelsior, ha toni di bianco e nero con transizioni di grigio o color seppia che si rinnovano nell’azzurro del mare Adriatico. Una vita descritta da luce speciale, per quanti vi passano l’estate o solo una giornata balneare, diversa e impareggiabile. Senza il chiasso del mondo, accompagnato dal solletico delle onde, sotto ampi ombrelloni in stile Novecento, il Lido di Pesaro dichiara la sua vera vocazione nella zona relax, con due vasche idromassaggio e gazebo per il benessere e la bellezza del corpo. Il bar esalta l’accoglienza del moderno stabilimento e rigenera atmosfere e ricordi di un passato illustre.
14 / Accenti
JAGUAR XF
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Accenti
LE ORIGINI DEL CINEMA a Bologna.
Trona è marchio ufficiale Yacht Club de Monaco. Rimini - Trona ha partecipato, lo scorso 3 giugno, a Benvenuta Estate-Soirée Italienne, l’evento esclusivo che si tiene nel Principato di Monaco e a cui partecipano i più importanti Yacht Club d’Italia. “Un traguardo che sembrava impossibile – afferma Christian Tamburinelli, il titolare –. Siamo una delle poche aziende Italiane che hanno avuto l’onore di presentare i propri esclusivi prodotti allo Yacht Club de Monaco, dove sono presenti solo le eccellenze a livello mondiale”. Trona ha ottenuto il marchio ufficiale Yacht Club de Monaco per la fornitura di alcune poltrone galleggianti con relativi basamenti e tavolini, oltre al tavolino galleggiante porta champagne e al bar galleggiante.
Bologna - Le origini del cinema sono in mostra a Bologna nello spazio sottopasso di Piazza Re Enzo fino al 22 gennaio 2017. Si tratta di un’eccezionale raccolta di materiali originali costitutivi dei primi pionieristici esperimenti dei fratelli Lumière (nella foto) che si intreccia alla scenografia di proiezioni che portano alla scoperta della nascita del cinema. Lo stabilimento dei Lumière era la prima
industria fotografica d’Europa e nel 1884 contava già più di 250 dipendenti. È in quegli stessi anni che si scatenò una gara a colpi di brevetti e invenzioni tra Europa e Stati Uniti: la fotografia in movimento fu l’oggetto di una ricerca incessante, la cui epopea è raccontata nella mostra anche grazie al contributo del Museo Nazionale del Cinema di Torino e della Cinémathèque Royale de Belgique.
EVAGARDEN apre Shop in Shop in tutto il mondo. Pesaro - Evagarden, l’azienda pesarese di make up, porta l’eccellenza e lo stile del Made in Italy in tutto il mondo con l’apertura di numerosi Shop in Shop in paesi quali Canada, Kuwait, Giordania, Norvegia, Belgio, Spagna, Germania. Ogni Shop in Shop Evagarden è uno spazio che conquista e fidelizza ogni donna, dove i consigli di esperti ed i prodotti di alta qualità soddisfano ogni esigenza e desiderio che riguardi il make up. Sono le stesse caratteristiche che si ritrovano nei due Evagarden Make up Lounge a Pesaro, i negozi monomarca dell’azienda, punto di partenza di questo progetto globale. Il progetto Shop in Shop, oltre a riscuotere consensi in tutto il mondo, ha esempi di successo anche in Italia, uno fra tutti il negozio Fabi Shoes nella prestigiosa Via del Babbuino a Roma.
16 / Accenti
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Tra le Righe
OLINDO GUERRINI cent’anni e non sentirli. testo Serena Focaccia
Si celebrano quest’anno i cento anni dalla morte di Olindo Guerrini, intellettuale romagnolo, poeta e bibliotecario la cui intelligenza dissacrante, l’originalità e l’ironia della penna affascinano ancora oggi.
“A vol savè coma ch’le fatt e’ mond? Ch’un staga a incoioniss cun tanti fotti, Che in do parôl ai è deggh ciêr e tond: Chi magna agli òss, chi magna la suzezza: Chi ch’lavora va a pè cun al scherp rotti, Chi n’fa un cazz va in carroza cun la plezza.” Non dimostrano più di un secolo questi versi di Olindo Guerrini, così come tanta della sua opera, magmatica, poliedrica, originale e spesso dissacrante; un’opera, come scriveva l’amico e intellettuale bolognese Oreste Trebbi in particolare riguardo alla produzione in dialetto, “che al pregio massimo della originalità, aggiunge quelli della giustezza dell’osservazione e della spontaneità della forma”. Sono cent’anni dunque che Olindo Guerrini, il 21 ottobre 1916, si è congedato da questa vita, con la sua abituale leggerezza e ironia, accomiatandosi nelle righe datate 5 ottobre 1916 che chiudono l’ultima sua fatica, “L’arte di utilizzare gli avanzi della mensa”, con queste parole: “Venuta l’ora, dico fine anche a me e buona fortuna a chi legge.” E tanti poi hanno continuato a leggere la sua opera e a riconoscerlo nei suoi molteplici pseudonimi letterari, da Lorenzo Stecchetti ad Argia Sbolenfi, da Bepi a Mercutio. Come scrive Monica Alba, studiosa dell’Accademia della Crusca, “L’adozione di nuove identità consentì a Guerrini di sperimentare più generi letterari, specialmente in versi: dalla satira alla lirica, dalla poesia comica a quella impegnata civilmente, da quella amorosa a quella dialettale. […] La sua produzione fu vasta e multiforme a tal punto da rendere difficile il tentativo di darne una descrizione d’insieme, specie se si annoverano anche i componimenti inediti e le centinaia, forse migliaia, di paginette in prosa sparse qua e là in giornali e riviste dell’epoca.” (introduzione a “Olindo Guerrini. Ricordi autobiografici”, Edizioni IN Magazine, 2016) Questo centenario può, e deve, essere l’occasione non solo per celebrare l’immagine più nota del letterato con la passione per la poesia dialettale satirica, ma anche per riscoprire le altre innumerevoli sfaccettature, liriche e non solo, di un personaggio e di un autore che ha ancora tanto da raccontare. Le iniziative messe in campo sono numerose in terra di Romagna, tra il forlivese e il ravennate, anche se va detto per onor di cronaca che il Guerrini si sentì sempre più ravennate – anzi di Sant’Alberto a cui riconosce la dignità di “vera patria” –, perché a Forlì solo nacque e con suo esplicito rammarico. Forlimpopoli tuttavia non ha mancato di celebrare il centenario dedicando le recenti Feste Artusiane alla figura di Olindo e al suo speciale rapporto con Pellegrino Artusi: una corrispondenza intensa infatti legò i due romagnoli, entrambi appassionati di cucina, e oggi tutto questo interessante e prezioso scambio epistolare è entrato nel patrimonio di Casa Artusi di Forlimpopoli in seguito alla donazione della famiglia Santini di Cesena.
18 / Tra le Righe
Ricordando Olindo. Nella ricorrenza del centenario dalla morte di Olindo Guerrini, esce con Edizioni IN Magazine la ristampa integrale dei “Ricordi autobiografici”, una raccolta di saggi critici e memoriali scritti da amici e colleghi del Guerrini. Il volume è curato da Mariavittoria Andrini ed è arricchito dai contributi di Monica Alba, Antonella Imolesi, Vittorio Mezzomonaco, Pierluigi Moressa, Laila Tentoni e Wilma Vernocchi.
Tra le Righe
Una consistente serie di eventi per la celebrazione del centenario è stata poi messa in campo dall’inizio del 2016 dall’associazione santalbertese “Amici di Olindo Guerrini”, con concerti, recital, laboratori, convegni scientifici che avranno il loro coronamento nel mese di dicembre prossimo con una mostra presso la Biblioteca Classense di Ravenna dedicata alla figura di Olindo Guerrini e al complesso della sua opera e della sua biografia. Sempre nell’ottica della riscoperta di una personalità, letteraria e non solo, il cui fascino aumenta con il passare del tempo, con l’approfondirsi delle ricerche e con il moltiplicarsi degli stimoli e delle curiosità che la vita e l’opera di Olindo Guerrini suscitano ancora nel presente. Una personalità, quella del Guerrini, che ha sempre acceso la sincera ammirazione di amici e intellettuali anche quando era in vita e infatti in tanti accorsero a scrivere di lui e per lui nei “Ricordi autobiografici”, da Corrado Ricci ad Alberto Bacchi Della Lega, da Luigi Rava ad Adolfo Albertazzi. Tuttavia Guerrini stesso, con quell’understatement che lo contraddistingueva in ogni occasione, scriveva, riguardo alla sua vita, in calce al capitolo dedicato alla sua giovinezza compreso nel libro di cui sopra: “Non c’è nulla di strano o di romanzesco. La vita terra a terra, se non sempre casta e pura come la dimora di Margherita, non reca però con sé alcuna macchia o alcun rimorso. Vita incolore ma non insipida, almeno per me, se qualche caso imprevisto non ne intorbida la fine.” Una vita incolore, a suo dire, che però ancora brilla agli occhi dei posteri.
Qui sopra, un ritratto fotografico di Olindo Guerrini tratto dall’edizione dei “Ricordi Autobiografici” del 1916 e conservato presso la biblioteca A. Saffi di Forlì, Raccolte Piancastelli.
Tra le Righe / 19
Happening
RAVENNA FESTIVAL 2016 nel segno della libertà. testo Anna De Lutiis
Un bene irrinunciabile, la libertà, è al centro dell’edizione di quest’anno che si apre con un omaggio a Nelson Mandela, un musical prodotto dalla Cape Town Opera.
Un titolo molto impegnativo “Ho camminato sulla lunga strada della libertà” quello del Ravenna Festival 2016 dedicato a Nelson Mandela. Ma la caratteristica multidisciplinare ha permesso di formulare un programma ricco di eventi che hanno declinato il tema negli aspetti culturali più importanti della musica, della danza (quella classica e folk), del teatro e persino dello sport. Emblema di questa edizione è stato il musical-opera “Mandela Trilogy”, l’importante produzione di Cape Town Opera, la principale struttura produttiva in ambito operistico attiva nel continente africano, scritta da Michael Williams, che ne è anche regista, con musiche di Allan Stephenson, Mike Campbell e Peter Louis van Dijk. Tre episodi a raccontare tre periodi della vita dell’eroe del popolo africano. Un percorso difficile che ha cambiato le leggi dell’apartheid. “Non esiste un cammino facile per la libertà e molti di noi dovranno passare attraverso la valle dell’ombra della morte, più e più volte prima di raggiungere la vetta dei propri desideri.” Sono le parole di Mandela e sono state anche quelle che hanno indotto i tre direttori artistici del festival, Cristina Mazzavillani Muti, Angelo Nicastro e Franco Masotti alla scelta del tema. Ma è stato interessante sapere da Cristina Muti, presidente del Festival, la motivazione concreta che ha portato alla scelta: “È bastato guardarsi intorno, ascoltare le notizie trasmesse dai mass media, vedere giorno dopo giorno i migranti in fuga dalla guerra, quelli che riuscivano a raggiungere le nostre coste, per sentire il bisogno di dedicare attenzione al momento difficile che molte popolazioni stanno vivendo. La libertà è un bene irrinunciabile per cui molti sono disposti a morire e noi, che l’abbiamo, dobbiamo difenderla. Come sempre noi scegliamo ogni anno il tema ma devo dire che molto spesso è il tema che ha scelto noi”. Si chiama Ravenna Festival ma ogni anno aumenta il coinvolgimento con Forlì, che è stata scenario di importanti concerti, uno per tutti Stefano Bollani Piano Solo, con Comacchio, che ha vissuto due intere giornate sull’onda della musica popolare, mattatore Ambrogio Sparagna, abbinata alla visita delle viste suggestive del luogo e alla degustazione delle specialità locali. La città di Ravenna è stata invasa da spettacoli e concerti a tutte le ore. La novità più coinvolgente e “sconvolgente” è stata senza dubbio l’invasione di ogni luogo della città da parte dei “100Cellos”, cento
20 / Happening
Happening
Ph. Luca Concas
A sinistra, Cristina Muti; a destra, uno spettacolo musicale all’interno della Basilica di San Vitale.
scatenati violoncellisti che, insieme o a gruppi hanno portato musica sacra e profana ovunque: dalle basiliche alle piazze, dai chiostri al Teatro Socjale di Piangipane, alla Rocca Brancaleone che per la serata è diventata la succursale estiva della Ca’ del Liscio. Insomma musica per tutti. Ma veniamo alla grande musica e alla danza, programmi che da sempre vedono il Pala de André tutto esaurito con un pubblico proveniente da molte città limitrofe. Per il concerto eseguito dall’Orchestra Giovanile Cherubini diretta dal maestro Riccardo Muti si è verificato, come sempre, il sold out ma anche le grandi orchestre straniere, come la Budapest Festival Orchestra diretta da Ivan Fisher, la Mahler Chambero Orchestra diretta da Daniel Harding, l’Hamburg Philharmonic diretta da Kent Nagano, ormai beniamino del Festival, hanno significato un importante richiamo per il pubblico non solo ravennate. A conclusione del Festival, il maestro Muti ripropone quella che lo scorso anno è stata una novità di grande successo: l’Italian Opera Academy. Questa seconda edizione, con artisti scelti fra centinaia provenienti da vari continenti, indagherà su “La Traviata” di Giuseppe Verdi dal 23 luglio al 5 agosto. A conclusione sono previste due serate: nella prima, il 3 agosto, Muti sul podio dirigerà l’Orchestra Giovanile Cherubini e i cantanti dell’Italian Opera Academy in una selezione di brani; in data 5 agosto, stesso direttore e stessa orchestra daranno ai direttori d’orchestra e cantanti dell’Italian Opera Academy l’opportunità di mostrare i loro talenti. Anche l’autunno sarà ricco di eventi con la Trilogia, “Lungo il Danubio” e i cento violini della Budapest Gipsy Symphony Orchestra.
Happening / 21
Vernissage
GRAZIANO VILLA la grandeur di Parigi. testo Lucia Lombardi
Parigi vista con gli occhi di un fotografo originale che valorizza le architetture e gli scorci in modo insolito.
“In questo particolare momento storico, dove Parigi è stata ferita, il mio è un omaggio alla Città della Libertà, della Cultura e dell’Arte dove è nata la Fotografia”, questa affermazione del fotografo Graziano Villa si fa netta linea guida. È proprio nell’antica terrà della libertà, San Marino, che durante la rovente estate 2016 viene dedicata una mostra alla Grandeur di Parigi, città che ha accolto nel suo “ventre” esuli da ogni dove. L’esposizione rimarrà aperta dal 30 luglio al 30 settembre 2016, presso Palazzo Graziani, via Piazzale Lo Stradone 13. Un omaggio alla Ville Lumière ferita, attraverso una carrellata fotografica, Nôtre Dame, la Grande Arche, Place de la Concorde, la Tour Eiffel, i grattacieli della Défence, rivelano sì l’attitudine verso un tipo di immagine architettonica, verso linee nette che creano quasi un’idea di sfondamento, un voler oltrepassare la seconda dimensione del mezzo per farsi quasi tridimensionali, per uscire dal loro consueto ruolo da cartolina. I monumenti stessi della città, attraverso le epoche e ciò che esse rappresentano, diventano manifesti, urlano un presente che sfugge di mano, per cui si tenta di far parlare i simboli stessi della libertà, attraverso la deformazione della forma, delle linee, dei colori, che diventano altro, esprimono dolore e al tempo stesso vitalità, una necessità di rileggersi attraverso immagini di forme traslate. La Tour Eiffel, per esempio, viene inquadrata dal basso all’alto proprio da quei piloni, le radici stesse del simbolo della modernità, che sorreggono il trascorrere del tempo, è l’angolo che ne diventa focale, quell’angolo che se smussato, se girato, se si ha il coraggio di voltare, mostra l’altra faccia, permettendo un cambio di visuale, divenendo quasi altro da sé. L’operato di Villa ricorda il costruttivista russo Tatlin, e la fusione delle tecniche artistiche qui divengono sinonimo di una sorta di esperanto artistico, una lingua nuova della libertà, scevra da patronati. Villa, che ha lavorato per anni per riviste quali AD-Architectural Digest, Capital, Amica, Dove, Class, Traveller, Fortune, Vanity-Fair, è dotato di un certo imprinting, forte della sua esperienza lavorativa, qui spinge sul dato grafico, materico. I monumenti simbolo della grandeur nel mondo diventano emblemi distorti, in linea con la realtà altra che ci circonda, figlia di una violenza inaudita. Non resta ancora una volta che avere il coraggio di cambiare il punto di vista, mettere a fuoco il tutto con occhi nuovi. Sperando che qualcosa cambi partendo da ogni singolo palpito di click.
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Lo scatto intitolato “Nécropole Royale n. 1“ di Graziano Villa.
Good Life
LUIGI ANGELINI a tutto wellness.
testo Lucia Renati - foto Riccardo Gallini
Se tutto il mondo fosse come la Romagna, si vivrebbe di più e meglio. La novità? Beh, almeno due: la prima è che (per una volta) non ce lo diciamo da soli, la seconda è che qualcuno ci sta seriamente lavorando. Se Nerio Alessandri, fondatore di Technogym ed ideatore del progetto wellness valley, non fosse romagnolo fino al midollo (di Calisese), incarnerebbe l’ideale del sogno americano. Invece è un miracolo italiano, anzi romagnolo. E la sfida più grande spetta proprio alla Romagna: questo piccolo angolo di mondo vorrebbe diventare per il benessere quello che la Silicon Valley è per il mondo dell’hi-tech. Luigi Angelini è consigliere delegato della Wellness Foundation, si occupa del progetto wellness valley. Quando lo raggiungo per l’intervista, è appena tornato da una corsa nel parco. Quando si dice sposare la mission di un’azienda. ‘’Il wellness è un modo di vivere. Alla base, c’è un approccio mentale positivo, senza stress. Poi alimentazione e movimento. Wellness significa più qualità per la vita delle persone, maggiore produttività per le imprese che beneficiano dell’approccio sano dei dipendenti, ma anche minor spesa sanitaria per i governi.” Spiegami meglio, dunque, che cos’è il progetto Romagna Benessere? “L’idea di Nerio Alessandri è creare un distretto del benessere coinvolgendo 2.500 aziende e 9.000 addetti nei settori bio, sport e salute. La Wellness Foundation ha messo in rete le migliori esperienze romagnole, avviando collaborazioni con università e aziende sanitarie. La sfida non è portare le persone in palestra ad ammazzarsi tre volte a settimana, ma è che lo facciano come aspetto quotidiano della vita. È la creazione di un ecosistema culturale e sociale che ha effetti sull’economia e sul turismo.” Risultati? “I romagnoli sono la popolazione più attiva d’Italia: il 10% in più rispetto alla media nazionale.” Perché funziona? “L’Italia, dopo l’America, è il secondo paese con i bambini sovrappeso. Il nostro governo spende 40 miliardi per curare malattie cardiovascolari, diabete e obesità. L’Emilia-Romagna nel 2014 è stata la prima ad inserire l’esercizio fisico in ricetta medica. Il Wellness è stato uno dei punti chiave dell’agenda del World Economic Forum di Davos dove la wellness valley di Romagna è stata presa ad esempio dai grandi del mondo.” Chi è venuto a visitare la Valley? “Sono venuti da Miami e dalla Malesia. I malesiani stanno costruendo una città e vogliono inserire il tema del wellness già dalla pianificazione urbanistica.” Quanto vale tutto ciò nel settore ricettivo? “Secondo l’Osservatorio turistico della regione 200 milioni in più sul fatturato. Oltre 46 milioni di presenze nei 12 mesi (+3,2%), con record nel comparto termale.” Chi sono i turisti del wellness? “I DINK, Double Incom No Kids (ragazzi giovani, laureati con due stipendi e senza figli). È un turista di fascia medio alta. Per soddisfarlo ci vogliono: territorio, eventi, cultura, enogastronomia, arte e paesaggio, strutture adeguate. E qui c’è tutto.”
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Gourmandise
IL GIN DELLA RIVIERA una nuova ricetta per un liquore tradizionale.
Da un’antica ricetta trovata in un cassetto tra le carte di famiglia, prende vita il primo e unico gin italiano prodotto con distillato di vino e non con cereali. Nasce da Alessandro Zaghini e Roberto Guidi, imprenditori e riminesi doc, ai quali si è aggiunto da poco più di un mese l’amico di sempre Fabio Della Rosa che segue la parte commerciale, il marchio Riviera Gin. Un omaggio al territorio, per un Gin high quality unico nel suo genere. Una storia del passato, i concitati giorni della II Guerra Mondiale, l’entroterra riminese, Virgilio Leardini, proprietario terriero romagnolo e un ufficiale inglese, una passione e un sogno in comune: creare una ricetta per produrre Gin mantenendo invariata la caratteristica profumazione e il classico gusto delle bacche di ginepro, senza però utilizzare il distillato di cereali (frumento e orzo). A oltre settant’anni dalla sua ideazione, Alessandro Zaghini, albergatore e Roberto Guidi, commerciante e imprenditore, amici di una vita e compagni d’avventura, fanno rivivere in tutta
Breve storia del gin. Il gin è un distillato che tradizionalmente viene ottenuto con cereali quali il grano e la segale e aromatizzato con erbe e spezie. La sua nascita si fa risalire a circa metà del XVII secolo, da parte di un dottore in farmacia di Leida che si occupava dello studio anatomico della circolazione sanguigna e dei processi digestivi. Con l’obiettivo di curare i disturbi di stomaco e reni creò il “ jenever” (il termine olandese che indica il ginepro) che doveva avere la funzione di panacea come digestivo, tonico e coadiuvante dei processi renali per i ricchi mercanti olandesi che soffrivano di gotta e di reumatismi, patologie che traevano giovamento dalla funzioni diuretiche della bacca di ginepro. Il jenever veniva prodotto mettendo le bacche di ginepro in infusione in un alcol di origine cerealicola. Il liquido, ulteriormente distillato, dava vita a un liquore balsamico dall’aroma pungente. Grazie ai rapporti mercantili dell’Olanda, il gin divenne così il distillato più noto e diffuso in tutto il mondo.
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la sua fragranza l’antica ricetta e propongono Riviera Gin, un distillato ricco di aromi preziosi. Particolari e ricercate specie botaniche e spezie quali coriandolo, cannella, fiori di sambuco, zenzero, bergamotto e arance dolci contribuiscono a dare a Riviera Gin un sapore e una profumazione originale con caratteristiche vellutate e morbide che lo fanno apprezzare anche al pubblico femminile che non sempre si accosta volentieri al gusto secco del gin. Riviera Gin, già presentato e proposto dal Brand Ambassador, voluto dai tre soci Charles Flamminio in alcuni locali di tendenza della riviera romagnola, sta riscuotendo grande successo, “Un successo che va ben oltre ogni nostra ottimistica aspettativa – ci confida Alessandro Zaghini. Non ci aspettavamo così tanto clamore. Piace il Gin, da alcuni definito addirittura come gin da meditazione, e piace anche la storia che sta alle sue spalle”. Per uscire dal circuito romagnolo e lanciare sul territorio nazionale l’unico gin brandizzato Riviera, Alessandro Zaghini, Roberto Guidi e Fabio Della Rosa hanno ideato il “Riviera Gin Speakeasy Tour”, una sorta di roadshow che avuto come prima tappa l’Embassy di Rimini cui faranno seguito altri locali cool di alcune città italiane tra le quali Sondrio, Bormio, Milano, Bologna e Marotta. Tra una battuta e l’altra, Alessandro Zaghini ci svela anche un piccolo segreto: “Stiamo già lavorando su un secondo prodotto di prossima uscita... sempre gin ma con caratteristiche profumate e note fruttate per il quale utilizzeremo un frutto selvatico tipicamente italiano”. Anche per questo, come per Riviera Gin, la ricetta rimane un segreto nel cassetto! (I.C.)
Fashionable
MENABÒ GROUP
un evento originale organizzato per ISKO. testo Giorgio Pereci
Ancora un grande evento organizzato a Treviso dall’agenzia di comunicazione Menabò di Forlì per ISKO, leader mondiale nella produzione di denim e nell’innovazione tessile. Si tratta di The night is young, serata finale di ISKO I-SKOOL, il fashion contest che premia la creatività dei giovani designer.
Si è tenuta a Treviso, il 15 luglio, The night is young una notte dedicata ai talenti che disegneranno il futuro della fashion industry. Una formula di successo ideata e organizzata da Menabò Group per ISKO, leader mondiale nella produzione di denim, che ha coronato la terza edizione di ISKO I-SKOOL, il contest dedicato alla moda creato da ISKO. L’evento, che ha riunito alcuni dei più importanti player del settore, è andato in scena a Villa Corner della Regina, storico palazzo palladiano a Treviso, una location scelta per rendere omaggio a un territorio storicamente chiave per l’industria del denim italiana e internazionale. Anche quest’anno il talent si è snodato attraverso due principali terreni di sfida: il Denim Design Award, dedicato agli studenti di fashion design, e il Denim Marketing Award, pensato per coinvolgere gli studenti di marketing. Due settori differenti ma complementari, strettamente correlati ai fini di un efficace raggiungimento dei consumatori finali. Un progetto di respiro globale che ha potuto contare sul prezioso supporto di brand prestigiosi: il Gold Partner – Avery Dennison RBIS, Mavi e Archroma – hanno lavorato a fianco degli studenti lungo tutte le fasi del contest, insieme a partner come Ralph Lauren, Swarovski, Replay, Haikure, Tonello Laundry, C&S garment maker e ISKOTECA. In particolare, il denim è stato il punto di partenza che ha scatenato la creatività di 50.000 studenti delle più importanti scuole di moda del mondo. Il Denim Design Award ha coinvolto UAL (Chelsea, UK), ESMOD (Monaco, Germania), IUAV (Venezia), Artesis Plantijn University College (Anversa, Belgio), POLIMODA (Firenze), AMD (Düsseldorf, Germania), FIDM (Los Angeles, USA), NABA – Nuova Accademia di Belle Arti (Milano), AALTO (Helsinki, Finlandia), Beijing Institute of Fashion Technology (Pechino, Cina), Academy of Arts & Design of Tsinghua University (Pechino, Cina), BUNKA Fashion college (Tokio, Giappone) e UTS (Sidney, Australia). La sfida era creare outfit in denim lasciandosi ispirare da tre mood di stile: Renovated denim icons (gli studenti hanno dovuto esplorare l’evoluzione del denim partendo dai capi icona che hanno fatto la storia del jeans per reinventare il proprio simbolo fashion), Athleisure (dedicato alla combinazione di stile e sport nel nome di un look urban e grintoso), Jool (pensato per valorizzare ISKO JOOL, l’innovativo tessuto che unisce denim e lana).
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Sporting Club
MINARDI DAY
affetto travolgente per le quattro ruote. testo Alessandro Bucci - foto Giuseppe Bucci
Il Minardi Day è stata una grande occasione per i fan più genuini del Motorsport per rivivere tempi, riassaporare odori e risentire suoni ormai persi nel tempo. L’autodromo di Imola è stato animato da tante vetture storiche del team Minardi ed è stato travolto da un mare di appassionati, felici di tributare gli onori all’ex scuderia di Formula 1.
Sono trascorsi dieci anni dall’ultimo Gran Premio di Formula 1 disputato a Imola, undici dall’addio al grande Circus della scuderia Minardi, alla quale è succeduta la Scuderia Toro Rosso, cugina della più blasonata Red Bull Racing. In un mondo in cui tutto viaggia a una velocità forse fin troppo elevata, verrebbe da pensare che anche la storia venga dimenticata in fretta. Tuttavia, quando una cosa è vera e genuina, resiste al tempo, rimane come un segno indelebile nella Storia, con la S maiuscola, e nel cuore degli appassionati. Il Minardi Day, andato in scena il 25 giugno 2016 presso l’autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola, ne è stata una prova evidente. L’evento ha infatti raccolto oltre quattromila persone, tra tifosi, addetti ai lavori e sponsor, accomunate dalla forte passione per il Motorsport e dallo spirito che il patron Gian Carlo Minardi e la sua ex scuderia di Formula 1 hanno saputo trasmettere nelle ventuno stagioni disputate dal 1985 al 2005 nella massima serie. “Siamo molto soddisfatti dell’affetto che abbiamo ricevuto oggi. Questo ci ripaga di tutto il duro lavoro svolto” ha dichiarato un commosso Gian Carlo Minardi. “Oggi ho vissuto emozioni che non avevo mai provato nella mia carriera di Team Principal. Dopo dieci anni, vedere che il nome Minardi è ancora così ben voluto, per me è un motivo di soddisfazione e orgoglio”. Tanti i piloti che hanno risposto “presente” al grande evento, tra i quali il primo driver Minardi Miguel Angel Guerra, Pierluigi “Piero” Martini, Gianni Morbidelli, Luis Perez-Sala, Adrián Campos, Giancarlo Fisichella e Jarno Trulli. “Il modo migliore per ringraziare Gian Carlo è stato quello di essere presente con tanti piloti e tante persone che hanno fatto parte del mondo Minardi. Tanta gente che Gian Carlo ha lanciato nel mondo delle corse.” Queste le dichiarazioni rilasciate ai nostri microfoni dal pilota abruzzese Trulli, vincitore del GP di Monaco 2004, prima di lasciarsi andare a un ricordo dei suoi primi passi in F1: “Minardi ebbe fiducia in me, in un momento di apprendistato quando le mie prime gare non erano facili. Quando ho iniziato ad andare forte, sono stato mandato alla Prost. Nell’ultima gara con la Minardi, in Canada, ero sesto, ma purtroppo il motore cedette. Fu un peccato, avrei voluto lasciare un bel ricordo a Gian Carlo”. “Piero” Martini, driver icona del team faentino, ci ha raccontato come è nata l’idea di questo Minardi Day: “Lo scorso anno stavo provando al Mugello e, vedendo molto interesse, ho detto
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Sopra, Gianni Morbidelli (pilota Minardi dal ‘90 al ‘92) e Pierluigi “Piero” Martini (in Minardi nell’85 e poi dall’88 al 91 e dal ‘93 al ‘95) in posa sulla griglia di partenza. A destra, Pierluigi “Piero” Martini, pilota icona del team Minardi, seduto sulla M189, vettura con la quale il pilota romagnolo colse diverse piccole “vittorie”, tra cui una prestigiosa prima fila a Phoenix.
Sporting Club
che avrei girato con una F1 a Imola. Subito tutti i fan si sono rivolti a Gian Carlo e così insieme abbiamo condiviso l’idea di organizzare una giornata come quella di oggi. Abbiamo raggiunto tante piccole vittorie nella nostra storia, nei circuiti dove la potenza contava meno ci siamo fatti sentire.” “Questo evento ha riavvicinato il pubblico e gli appassionati, questo è il Motorsport!” ha commentato Thomas Biagi, ex tester Minardi ed ex pluri campione FIA GT1, scendendo maggiormente nei particolari: “Il vero Motorsport permette agli appassionati di vedere le macchine da vicino. Il Minardi Day simboleggia il segno importantissimo lasciato da Gian Carlo Minardi. Oggi non abbiamo più piloti italiani in F1 proprio perché non c’è più una scuderia come la Minardi che apriva le porte ai giovani talenti italiani nella massima serie”. Lo spirito latino si è respirato anche grazie agli ex piloti spagnoli che hanno corso per il team faentino negli anni ‘80, come l’iberico Luis PerezSala, felicissimo di essere all’evento: “Ho incontrato tanti amici, oltre alla famiglia Minardi. Sono stati anni storici per noi. Questo sport è sempre stato anche una passione oltre che un mestiere. Gian Carlo è sempre stato come un padre per me, per tutti noi. Una persona e un capo sul quale potevi sempre contare. Come lui, non c’è nessuno”. Al Minardi Day non sono mancate le figure che hanno permesso alle monoposto del team manfredo di ruggire sugli asfalti dei circuiti di tutto il mondo, come l’Ing. Gabriele Tredozi, importantissima figura del Motorsport. “La possibilità di rivedere tantissime macchine, anche dai primi anni ‘80 sino ai giorni nostri, è stupenda. Ritrovarsi tutti assieme, far girare oltre alla mia vettura anche tante altre Minardi, utilizzate di solito in Olanda, è molto bello. La mia lunga esperienza in Minardi è stata un’avventura irripetibile, se si considera la F1 attuale. Ringrazierò sempre la Minardi, perché mi ha permesso di fare quello che ho sempre desiderato in tutti i campi di un team di F1 e di arrivare ad essere Capo Progetto e Direttore Tecnico di una scuderia vicino alla mia città.” Ercole Colombo, storico fotografo del grande Circus, ha espresso il suo punto di vista: “Questa giornata è stupenda. Imola dà il meglio in occasione di eventi di questo tipo, come quando c’è stata la rievocazione per Senna. Il Minardi Day è entusiasmante, si possono vedere tantissime macchine, tanti piloti e tanti amici. Vedo che la passione continua e questa giornata ha portato all’autodromo le nuove generazioni”.
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Gian Paolo Dallara
GIAN PAOLO DALLARA un cuore a stelle e strisce. testo Alessandro Bucci
Leader mondiale nella tecnologia automobilistica, Dallara è l’anima del mondiale Indycar che quest’anno ha festeggiato il centenario della 500 miglia di Indianapolis.
Il 29 maggio 2016 si è corsa la centesima edizione della 500 miglia di Indianapolis, storica gara inclusa nel Mondiale Indycar e vinta dal rookie Alexander Rossi. Nel 2011 era già stato celebrato un centenario, ma quest’anno è stato riproposto, considerando gli anni di guerra in cui la storica corsa non venne disputata. Abbiamo colto l’occasione per contattare l’ing. Gian Paolo Dallara e parlare dell’evento, oltre a ripercorrere la storia della sua azienda. Iniziamo parlando del centenario. Come ha vissuto il festeggiamento? “L’intensità delle emozioni e la cura dei dettagli hanno superato, se possibile, quelle dell’edizione del centenario da calendario. La 500 miglia è una gara molto importante anche dal punto di vista coreografico. Si è corso la giornata antecedente a quella della memoria e vi sono state sfilate importanti. È un evento nell’evento, animato anche dal concerto all’interno del circuito.” Lei ha un rapporto particolare con gli States. Può parlarci del centro di ingegneria che ha aperto nel 2012 e che ha sede ad Indianapolis? “Ringrazio la Ferrari che mi ha permesso di arrivare negli USA e farmi conoscere. Per la casa di Maranello in passato abbiamo costruito la 333 che guidava le gare IMSA e c’era un pilota che correva sia lì che in Indycar. C’era un team che aveva anche una squadra a Indianapolis (era il momento della scissione) e cercavano dei costruttori. Un organizzatore ci propose di realizzare quindici vetture fornendoci un anticipo. L’inizio fu deludente, ma poi riuscimmo ad avere la meglio sulla rivale G-Force, alternandoci al comando nel corso degli anni, in un duello continuo anche sullo sviluppo della vettura. Con il Mondiale monomarca la sfida si è spostata sul produrre vetture a prezzo basso, sulla qualità, sull’assistenza in pista, sui cambi, sulla sicurezza e sull’affidabilità.” Quella dell’azienda Dallara è una storia magica: nata in un piccolo garage di Varano nei primi anni ‘70, è diventata progressivamente un punto di riferimento mondiale. Quali sono stati i punti chiave che hanno reso possibile questa impresa? “Importantissimo è stato il primo rapporto con la Lancia per programmare la nostra crescita e il nostro sviluppo e consolidare l’aspetto economico e finanziario. Abbiamo costruito la galleria del vento e ci siamo irrobustiti tecnicamente entrando nel giro dell’automobilismo che conta. Un altro step è stata la Formula 3: prima il nostro mercato era essenzialmente italiano con qualche puntata in Francia, ma con la F3 abbiamo attaccato i tedeschi nel loro campo di battaglia preferito. Battere le marche straniere ci ha fatto crescere e dato visibilità all’estero. Un altro punto interessante è stato l’ingresso con la Scuderia Italia in F1 nel Mondiale marche, così come l’esperienza con Ferrari attraverso la 333 e il rapporto con Audi, che ci ha permesso di lavorare sull’aerodinamica (in particolare nelle vetture DTM), affinando le nostre conoscenze e entrando con decisione nel settore delle vetture stradali ad alte prestazioni (il 30% della nostra attività). Siamo attivi anche nella ricerca aerodinamica sulle vetture da competizione e in attività di consulenza. Infine quattro anni fa abbiamo aperto il nostro polo a Indianapolis, un centro di progettazione e di servizio di costruzione di componenti. Dall’Indycar adesso ci siamo spostati anche in altre attività, come
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Gian Paolo Dallara
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Gian Paolo Dallara
l’aerospaziale, con collaborazioni molto interessanti.” Sin da giovanissimo ha ricoperto incarichi importanti per scuderie prestigiose e rivali, come Ferrari e Maserati. È stato allievo di personaggi del calibro di Enzo Ferrari e Ferruccio Lamborghini. Se dovesse ripercorrere la sua lunga carriera, quali momenti le sono rimasti più impressi, professionalmente ed umanamente parlando? “L’incontro con Ferrari mi ha messo a grandissimo disagio perché era un personaggio gigantesco che ti segna per tutta la vita: con lui ho imparato a capire le corse e quel mondo, a incontrare personaggi come i grandi piloti (Phil Hill, Von Tripps, Ginther) e progettisti importanti come Chiti e Bizzarrini. Anche la breve parentesi in Maserati è stata interessante grazie all’ing. Alfieri, un mago della progettazione, e per la prima volta sono stato in pista come responsabile. In Lamborghini invece ho accettato la sfida, rischiosa ma a lieto fine, di costruire una vettura partendo da una pagina bianca.” Lei è stato un pioniere del simulatore e della galleria del vento. In che modo queste due dimensioni hanno cambiato la storia delle competizioni automobilistiche? “In Ferrari si facevano le prime prove in galleria del vento soprattutto per le vetture sporting. Così ho iniziato a capire l’incredibile importanza dell’aerodinamica. Gli americani sono stati i primi a lavorare sia sull’effetto suolo che sulle ali mobili alte con la Chaparral e da quel momento si è capito che l’aerodinamica diventava il player principale. L’arrivo del Computational Fluid Dynamics, pur dando dei risultati non assolutamente precisi, ha permesso di capire il funzionamento, le direzioni dei flussi e le aree di pressioni. I numeri si capiscono meglio con la galleria del vento, ma il fenomeno si capisce con l’aerodinamica numerica. Il simulatore ci permette di capire gli input che arrivano dalla vettura al pilota. Si è scoperto un mondo nuovo, sempre in evoluzione e che ci permette di capire sempre di più.” Con la Scuderia Italia di Lucchini Dallara (in veste di telaista) ha preso parte a cinque stagioni di Formula 1, rispettivamente dall’’88 al ‘92. Può svelarci alcuni aneddoti di quell’avventura nella massima serie e che ricordi ha di quella Formula 1, profondamente diversa da quella attuale? “Lo sviluppo si faceva in un modello preistorico A4 senza ruote mobili. Mi veniva chiesto come mai a metà stagione c’era un peggioramento nelle prestazioni. In realtà erano gli altri a migliorare perché facevano sviluppo continuo, invece noi, una volta fatta la macchina, ne parlavamo l’anno successivo. Le risorse erano poche, sono stati compiuti quasi dei miracoli. Rivedo quella F1 più umana con nostalgia, è stata un’opportunità di grande apprendimento e di grande crescita.” Dallara fornisce i telai al debuttante team Haas di F1 per la stagione 2016. Com’è logico aspettarsi il team dovrà ingranare gradualmente? “Ci siamo riavvicinati alla F1 attuale che è incredibilmente complessa. La parte in cui siamo coinvolti è molto inferiore rispetto a quella che avevamo in passato. Ferrari fornisce ad Haas le sospensioni, la power-unit, i freni e lo sterzo. Penso che dovranno ingranare gradualmente perché la F1 è comunque un esercizio molto complesso, non bisogna avere delle aspettative troppo alte.” Dallara fornisce le monoposto ai campionati propedeutici alla Formula 1 quali GP2 e GP3, oltre ad altre categorie come la F3. Pensa che possano effettivamente contribuire alla crescita dei giovani verso la F1? “Sono le categorie che permettono di individuare i giovani con del potenziale. I piloti si confrontano in modo molto competitivo e si vede chi ha la stoffa. Alcune categorie sono sotto gli occhi dei team di F1 come GP2 e GP3. La World Series 3.5 è pur sempre un campionato con circuiti importanti e un parco piloti molto competitivo. La F3 fa vedere davvero i giovani che hanno talento.”
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coffee head (‘ko-fE’ ‘hed’) 1. people who understand that life is too short to drink weak coffee 2. people who believe coffee is nature's greatest gift to the human species. 3. people who seek out great coffee, and once found, will drink in mass quantities.
Nome Cognome
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Famiglia Gualandi
FAMIGLIA GUALANDI dall’Emilia alle Alpi. testo Serena Focaccia
Un grande gruppo a gestione familiare con una visione internazionale, quello gestito dalla famiglia Gualandi, che gestisce anche un buen retiro di lusso come l’Hotel Cristallo di Cortina.
Più di cinquant’anni nel mondo dell’igiene e della cura delle persona, il gruppo Coswell guidato dalla famiglia bolognese dei Gualandi vanta un mezzo secolo di imprenditoria all’avanguardia nella creazione e sviluppo di prodotti (e di marchi) leader. Parliamo di nomi come Antica Erboristeria, Cera Grey, Vape, Coloreria Italiana o Neutromed, che tutti abbiamo letto su una confezione, un barattolo, una scatola in giro per casa. Marchi gestiti con uno spirito e una lungimiranza internazionali nella prospettiva ben chiara di lanciarli, farli crescere e poi cederli a multinazionali, per ricominciare con lo studio di nuovi prodotti: non per niente è la Coswell stessa ad autodefinirsi una brand factory. Oggi la Coswell dal suo quartier generale a gestione familiare a Bologna ha un portafoglio ricco di marchi venduti in Italia e all’estero: Bionsen, Istituto Erboristico L’Angelica, BlanX, BioRepair, Prep, Transvital, Mr baby e Fave di Fuca e anche le licenze per alcuni profumi firmati Byblos, Luciano Soprani, Renato Balestra e Braccialini. Dal 2001 la famiglia ha acquisito l’Hotel Cristallo di Cortina, un cinque stelle lusso fondato nel 1901 e inserito nell’esclusiva selezione di The Leading Hotel of the World. La famiglia lo ha rilanciato in questi quindici anni ristrutturando completamente l’antico palazzo con un lavoro di interior design ispirato al gusto neoclassico nordico di Gustavo III di Svezia. In questi anni il Cristallo ha quindi ottenuto il prestigioso riconoscimento internazionale dei World Travel Awards 2005, 2006, 2007, 2009 e 2010; è stato poi insignito del rinomato Seven Stars and Stripes Award 2011 con una doppia menzione sia per l’ospitalità di lusso, ricevendo sei stelle su sette, sia per la Cristallo Ultimate Spa. Politiche di alta qualità e attenzione allo sviluppo sono le linee guida con cui l’Hotel Cristallo si è affermato in questi anni al top dell’accoglienza e anche l’estate 2016 si contraddistingue per il sostegno al progetto Carta di Cortina lanciato dal Ministero dell’Ambiente con l’avvio di una sperimentazione di buone pratiche green oriented. Il progetto Carta di Cortina ha reso evidente il fatto che gli operatori turistici sono i primi portatori di interesse nella tutela del territorio. L’Hotel Cristallo Spa & Golf ha per questo deciso di avviare un percorso verso la ricerca di una nuova dimensione del lusso: il lusso rispettoso e sostenibile, sono banditi gli eccessi e gli sprechi.
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Famiglia Gualandi
Nuovo Executive Chef del 5 Stelle Lusso di Cortina. È il bresciano Fabrizio Albini il nuovo Executive Chef del Cristallo Hotel Spa & Golf di Cortina d’Ampezzo che dopo aver moltiplicato le esperienze all’estero e in Italia, tra Tel Aviv, la Francia e lo yacht di Giorgio Armani, ha assunto le redini della cucina dell’unico 5 Stelle Lusso delle Dolomiti. La sua filosofia in cucina unisce il rispetto della tradizione, la qualità delle materie prime e il gusto per forme, colori, temperature, profumi nuovi. È stata una lunga gavetta quella di Albini, già finalista del concorso Bocuse d’Or, che ha moltiplicato le esperienze all’estero con un percorso costellato di incontri determinanti, come quello con Gualtiero Marchesi, che lo ha voluto come Sous Chef da Henri Chenot, e Giorgio Armani, che lo ha “arruolato” per cucinare per gli ospiti del suo yacht. Negli ultimi anni è stato Executive Chef al ristorante La Colombara del Relais Franciacorta, poi al Cappuccini Resort di Cologne, nel bresciano.
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L’alto di gamma deve essere sostenibile e rispettoso dell’ambiente, soprattutto se l’ambiente in cui ci si trova è meraviglioso come quello della Regina delle Dolomiti, ha dichiarato Michele Gualandi, amministratore del Cristallo. L’obiettivo della famiglia Gualandi, aderendo con il loro Hotel a questa iniziativa, è di creare una best practice per l’ospitalità: il Cristallo vuole diventare una case history nell’ambito del risparmio energetico e del consumo consapevole, sperimentando soluzioni innovative da condividere con gli altri hotel di Cortina. Sono dunque state introdotte diverse pratiche virtuose per la riduzione dei consumi come il press reader, la sensibilizzazione del personale e dei clienti a un utilizzo idrico responsabile, l’applicazione di lampadine a basso consumo e la razionalizzazione dell’illuminazione esterna o della parti comuni. Sul fronte della mobilità poi il Cristallo Hotel Spa & Golf ha organizzato il Transfer a impatto zero per il trasferimento dei clienti da e verso Venezia e gli altri aeroporti italiani. Nel processo di razionalizzazione è stato anche coinvolto Andrea Segrè, professore presso la facoltà di Agraria dell’Università di Bologna, fondatore di Last Minute Market, promotore della campagna Spreco Zero e presidente del comitato tecnico scientifico per il piano nazionale prevenzione rifiuti del Ministero dell’Ambiente: la sua consulenza supporterà l’Hotel Cristallo nella realizzazione del progetto Zero Scarti per affrontare il tema dell’educazione alimentare e della prevenzione degli sprechi.
“Exclusive Creations”
Piazza Tre Martiri, 82 |Centro Storico di Rimini | Tel. 0541 21962 | www.rdpreziosi.it
Ph. ZUMAPRESS.com / AGF
ELIO E LE STORIE TESE una vita per la musica.
testo Giorgio Pereci
L’influenza degli Elio e le Storie Tese sulla musica e il costume italiani degli ultimi trent’anni è sotterranea ma evidente. Nessun’altra band è riuscita a segnare così profondamente il gusto del pubblico.
Elio e le Storie Tese
Il 29 giugno i faentini hanno potuto assistere gratuitamente, in Piazza del Popolo, al concerto degli Elio e le Storie Tese organizzato nel contesto di Emilia-Romagna Festival e sponsorizzato dalla cooperativa agricola Caviro, in occasione dei cinquanta anni dalla fondazione. Gli EESLT hanno portato a Faenza il Piccoli Energumeni Tour, un concerto che ripercorre tutti i successi della band milanese. Perché questa scelta? Al di là del successo scontato per una band che fa sempre il pieno di pubblico, Caviro trova negli EELST più di un punto di contatto: lo spirito di avanguardia – Caviro ha precorso i tempi nel packaging del vino e nella sostenibilità della produzione –, la genuinità e la trasparenza di comunicazione con il proprio pubblico di riferimento e, non ultimo, la popolarità. Non bisogna dimenticare, inoltre che il 1983 è l’anno del lancio del Tetra Pak per il Tavernello e della vittoria degli EELST al concorso musicale di Radio Poster, che segnò la svolta fondamentale nella carriera della band. Quale può essere la ragione di tanto successo? I motivi sono sempre molteplici e concorrenti, ma la forza degli EELST sta nell’aver spinto gli elementi kitsch propri delle trasmissioni televisive, e di un certo tipo di spettacolo di massa, così oltre il limite da essere riusciti a denudare la fabbrica di plastica del successo e delle luci del varietà. E questo è evidente sia nei brani musicali sia nella maniera di presentarsi al pubblico, di condurre le trasmissioni TV, di partecipare a qualunque evento. Il rock degli EELST è sempre troppo rock, il miscuglio dei generi e delle tonalità è virtuosistico e accelerato, i testi slittano costantemente tra presa in giro
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Elio e le Storie Tese
e serietà. L’effetto comico è sempre assicurato da questo contrasto tra finta normalità e sottolineatura costante di tale finzione. Presentarsi sul palco di Sanremo travestiti da Kiss – come hanno fatto nell’ultima edizione – fa ridere il pubblico per almeno due motivi: innanzi tutto perché richiama quando su quello stesso palco, venti anni prima, erano apparsi travestiti da Rockets, ma soprattutto, perché Sanremo è codificato come il tipico evento paludato da cantanti per bene e politicamente corretti. Il che contrasta evidentemente con una mascherata alla Kiss e contrasta anche con quello che sembra dirci il gruppo, ovvero che su quel palco nulla deve essere preso sul serio, tutto è finto, tutto è costruito. Anche la normalità, quando appare in un contesto di spettacolo, è finzione. Tant’è che è praticamente impossibile trovare intervista o apparizione, anche sul loro sito ufficiale, in cui gli EELST escano dal personaggio e mostrino il dietro le quinte del loro lavoro. La loro è una vita assolutamente pubblica e, proprio per questo, garante del privato. Al di là di tutte le interpretazioni, comunque, c’è un dato di fatto fondamentale: Elio e le storie tese è un gruppo che suona benissimo, dalle canzoni divertenti e trascinanti, che sa fare spettacolo come pochi altri in Italia. E allora può essere utile, al di là degli pseudonimi, conoscerne i veri nomi anagrafici dei componenti, per ricostruire le carriere nascoste tra le pieghe dei dischi altrui, come arrangiatori, musicisti, autori. Così riusciamo a farci più chiaramente una sorta di enigmistico quadro d’insieme nascente da scarni, ma numerosi, punti uniti come con un tratto di penna. Un quadro che consente di capire meglio, facendoci guidare dalle curiosità, chi sono gli EELST, da quale ambiente nascono le loro idee e come hanno influenzato la musica italiana dagli anni Ottanta ad oggi. Troviamo quindi Rocco Tanica (Sergio Conforti), tastierista – il quale ha annunciato ad aprile, alla prima del Piccoli Energumeni Tour partito da Assago (MI), di abbandonare l’attività live con gli EELST – a suonare nel 1984 le tastiere e programmare i drum nel singolo L’estate sta finendo dei Righeira per poi apparire nel 1990 in Le Nuvole di Fabrizio De André come musicista e arrangiatore, tra gli altri pezzi, di Ottocento e Don Raffae’. Ma appare anche tra i crediti di Perdere l’amore di Massimo Ranieri, come tastierista e arrangiatore, e come arrangiatore d’archi in Male di me di Claudio Baglioni. Jantoman (Antonello Aguzzi), tastierista, è tra i musicisti accreditati nell’album di Pierangelo Bertoli Tra me e me del 1988 e nell’album di esordio di Ligabue. Ma alla sua professione di musicista affianca quella di compositore di jingle commerciali per Stefanel, Combipel, Dixan, Acqua San Benedetto, Baci Perugina, Coppa del nonno, Cameo e tanti altri marchi. Christian Meyer, batterista, oltre a essere insegnante di strumento, milita in numerosi gruppi blues e jazz e ha suonato con Eugenio Finardi e Tullio De Piscopo. Cesareo (Davide Civaschi), chitarrista, ha collaborato con Daniele Silvestri e Annalisa Minetti. Faso (Nicola Fasani), bassista, ha collaborato con Rossana Casale, Franco Battiato, Sergio Caputo. Senza dimenticare Feiez (Paolo Panigada), mancato nel 1998 ma presente costantemente nei ricordi della band, polistrumentista e tecnico del suono, che ha lasciato la propria impronta lavorando con Tazenda, Timoria, Mina. Mangoni (Luca Mangoni) è l’outsider del gruppo, accompagna infatti la sua attività di performer con gli EELST a quella professionale di architetto. Ed Elio? Stefano Belisari, ingegnere, flautista diplomato al conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, ha partecipato inizialmente ad alcune produzioni musicali (come i primi due album dei veneti Pitura Freska) per poi esplodere insieme alle Storie Tese come cantante e intraprendere la carriera di attore, autore, giudice di X Factor: è quello che più di tutti aderisce al modello di uomo di spettacolo. Insomma, gli EELST sono presenti in tantissima musica di successo italiana degli ultimi trenta anni, come autori o anche solo come arrangiatori e strumentisti. E questo porta solo a un risultato: volente o nolente non possiamo non dirci EELST.
Per il suoi cinquant’anni Caviro ha organizzato una serata al teatro Masini per i dipendenti e per tutte le persone che hanno contribuito al successo del Gruppo. Ospite d’eccezione Elio in versione solista. Nella foto, il taglio della torta. Da sinistra, Federico Fazzuoli, presentatore della serata; Elio; il Direttore Generale di Caviro Sergio Dagnino, il Presidente Carlo Dalmonte.
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Elio e le Storie Tese
Ph. Maria Laura Antonelli / AGF
Born to be Elio. Elio e le Storie Tese nascono a Milano nel 1980. Il fondatore è Stefano Belisari (in arte Elio). Nel 1983 vincono il concorso musicale di Radio Poster, punto di partenza ufficiale della carriera. L’album d’esordio è del 1989 e si intitola Elio Samaga Hukapan Kariyana Turu, un disco che la rivista Rolling Stones inserirà nel 2012 al quindicesimo posto dei cento album italiani più belli di sempre. Cominciano le collaborazioni televisive con le reti private milanesi che li fanno conoscere al pubblico giovanile italiano, che subito adottano gli EELST per il tono scanzonato e ironico con il quale affrontano tematiche quotidiane e politiche. Nel 1996 arrivano secondi a Sanremo con La terra dei cachi e scoppia il fenomeno mediatico. Qui vincono anche il premio della critica Mia Martini. Gli anni seguenti sono un susseguirsi di successi e partecipazioni a programmi televisivi, sia come band che come singoli. Nel 1999 ricevono a Dublino il premio come Best Italian Act agli European Music Awards di MTV. Nel 2003 ricevono il premio miglior videoclip con Shpalman agli Italian Music Award della FIMI. Nel 2013 partecipano per la seconda volta al Festival di Sanremo con La canzone mononota, classificandosi nuovamente secondi e vincendo il premio della critica Mia Martini, quello per il miglior arrangiamento e il premio della stampa. Partecipano ancora nel 2016 e si classificano dodicesimi con Vincere l’Odio.
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S P R I N G / S U M M E R 0 1 65 S P R I N G / S U M M E R 0 1 65 S P R I N G / S U M M E R 0 1 65 Tutti i capi d’abbigliamento d e l MT uotrtoi di ic aV pe in ed z’ iaab bs iognl oi a imn e vn et on d i t a d ep lr eMTsuos tortoi S diA iIcLaVIpeNinGed zS’ iataob rbseiognal oi aMiman er vinnet aon rdai .t a d ep lr eMs os or o S dA iI LVI eNnGe zS itao rseo na o Mi an r vi ne an rdai .t a presso SAILING Store a Marinara. Via Marinara, 81 - tel. 0544 538870 - Marina di Ravenna Via Marinara, 81 - tel. 0544 538870 - Marina di Ravenna
Kobe Bryant
KOBE BRYANT la leggenda del canestro. testo Francesca Miccoli
Un talento stellare, quello di Kobe Bryant: un talento cresciuto in Italia negli anni Ottanta al seguito del padre cestista Joe Bryant. Da Rieti a Reggio Calabria, per arrivare a Reggio Emilia, il giovane Kobe si è fatto le ossa sotto canestro per volare poi ai vertici della NBA.
Un congedo da applausi. Ma anche brividi, lacrime, struggenti emozioni. Una regia superiore sembra aver girato gli ultimi fotogrammi della vita da atleta di Kobe Bryant, uno sportivo appena uscito dalla storia e già entrato nella leggenda. Un addio consumatosi nello scenario a tratti persino surreale dello Staples Center, il tempio che per vent’anni ha visto KB24 straordinario protagonista. Un’ultima recita sublimata da una prestazione da incorniciare. Sessanta punti sessanta in una passerella che non ha avuto il sapore della resa: ancora troppo atleta e troppo forte Kobe, per vivere un finale da comparsa. Era stato lui stesso, alcuni mesi fa, ad annunciare il ritiro, consegnando il cuore a una lettera indirizzata alla pallacanestro. “È stato un amore così profondo che ti ho dato tutto, dalla mia mente al mio corpo, dal mio spirito alla mia anima – le intense parole scritte da Black Mamba –. Da bambino di sei anni profondamente innamorato di te non ho mai visto la fine del tunnel.” A decretare lo stop non tanto l’ultima stagione in chiaroscuro quanto un fisico usurato da mille contese. “Non posso amarti più con la stessa ossessione. Il mio cuore può sopportare la battaglia, la mia mente può gestire la fatica, ma il mio corpo sa che è ora di dire addio. Sono pronto a lasciarti andare. Ci siamo dati entrambi tutto quello che avevamo. E sappiamo entrambi, indipendentemente da cosa farò, che rimarrò per sempre quel bambino con i calzini arrotolati, il bidone della spazzatura nell’angolo, cinque secondi da giocare. Palla tra le mie mani. Ti amerò per sempre, Kobe.” Poco prima di lasciare, Bryant ha rivisitato vent’anni di vita cestistica in venti immagini: istan-
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Kobe Bryant
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Kobe Bryant
tanee capaci di immortalare, è proprio il caso di dirlo, momenti epici e irripetibili. Una carriera fatta di grandi numeri. Un’esistenza sportiva costruita su trionfi, tanti, e delusioni, poche. Imprese uniche ma anche momenti di difficoltà. Indispensabili a restituire la dimensione umana a un eroe della contemporaneità. La partita del congedo è stata presentata da un altro mito, quel Magic Johnson che tanto aveva riempito gli occhi e l’animo di un Kobe bambino. A impreziosire il pleludio “all’ultima”, il saluto in video di altri grandi campioni, un tempo “nemici” e avversari e ora compagni di un tratto di avventura. La gara contro gli Utah Jazz si è conclusa con una vittoria di misura ma in rimonta. Come nel classico happy end cinematografico. E a quattro secondi dalla sirena, l’uscita di scena. Questa volta definitiva. “Sarete sempre nel mio cuore – ha detto Kobe rivolgendosi ai tifosi stipati in un palazzetto pieno all’inverosimile –. Da piccolo ero tifoso dei Lakers, non avrei potuto chiedere di meglio. È un sogno diventato realtà.” E palesando serenità verso un futuro tutto da scoprire: “Sono tranquillissimo nel lasciare, quando andrò a letto stasera ringrazierò Dio poi spenderò più tempo con la mia famiglia”. Dotato di un fisico normale da madre natura, o forse sarebbe meglio dire da mamma Pamela, splendida modella appena sfiorata dal tempo, e papà Joe, il celebre Jellybean, Kobe ha saputo costruirsi giorno per giorno attraverso il lavoro. A consacrare il campione non è stata la prestanza ma la maniacalità persino ossessiva, che lo ha spinto a perfezionare i fondamentali fino a farli diventare automatismi, a tirare persino mille volte a canestro in una singola seduta di allenamento. Quel desiderio di migliorarsi sempre che una notte, prima delle Olimpiadi di Pechino, gli fece tirare giù dal letto un preparatore atletico. Il primo ad arrivare in palestra e l’ultimo a lasciarla. Un’abnegazione che, sposata a un talento cristallino, ha permesso a Kobe di mettere assieme cinque anelli NBA, tutti con quella canotta gialloviola da sempre cucita sulla pelle, e due ori a cinque cerchi. Chiude come terzo marcatore di sempre nella storia del campionato dei campioni: 33.643 i punti che gli consentono di guardare dall’alto gli idoli di fanciullo sognante. Record su record per agli annali, ma anche tanto cuore e tanta poesia. Che trae linfa da quell’infanzia italiana, dagli anni verdissimi in cui con energia inesauribile il piccolo Kobe imitava il papà fiondandosi sul parquet durante le partite. O da quando si calava dal balcone di casa a Rieti per
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Ph. ZUMAPRESS.com / AGF
Kobe Bryant
raggiungere il campetto parrocchiale dei Padri Stimmatini. Sette indimenticabili anni nel Belpaese consumati tra giochi e amicizia, lezioni di basket e di vita. “L’Italia avrà sempre un posto speciale nel mio cuore,” dichiara oggi Bryant con gratitudine e nostalgia. “Mi sarebbe piaciuto chiudere la carriera nei luoghi che mi hanno visto bambino, ma il mio fisico non me lo ha consentito.” Il corpo da combattente ha detto stop: ad accorciare la carriera la rottura del tendine d’Achille e altri infortuni di vario genere. “Ma non ho rimpianti, gli dei del basket mi hanno dato tanto e da parte mia c’è unicamente gratitudine,” ha ripetuto in questi ultimi mesi il 24 dei Lakers. Un campione incapace di lasciare indifferenti. Abile a calamitare fiumi di amore ma anche odio. Forse per la troppa sincerità, una virtù che spesso si paga. Kobe è stato accusato di egoismo, ma si sa che nei momenti di difficoltà la palla va messa in cassaforte. Paga la capacità di essere riuscito a costruire imprese personali, come le quattro partite consecutive sopra i 50 punti, anche in roster improvvisamente impoveriti. Nelle stesse stagioni in cui ha peraltro dimostrato di saper mettere il talento a servizio della squadra. La magia del congedo ha cancellato in un battito di ciglia le ostilità dei tifosi avversari, scattati in piedi come un sol uomo al momento dell’ovazione finale. Il sipario sull’ultima recita ha concluso un giorno triste per il basket. Tanti gli occhi lucidi, i groppi in gola, i vividi frammenti di memoria. Ma come si legge spesso nei messaggi postumi, la gioia di aver assistito allo scorrere della storia deve prevalere sulla tristezza del congedo.
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il cuore di Forlì
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Romagnoli olimpionici
ROMAGNOLI OLIMPIONICI un sogno a cinque cerchi. testo Francesca Miccoli
Otto ragazzi romagnoli partecipano alle Olimpiadi di Rio. In bocca al lupo a Daigoro Timoncini, Sara Errani, Simone Sabbioni, Alessia Polieri, Carlotta Zofkova, Ilaria Bianchi, Marcello Miani e Monica Magnani. Senza dimenticare il coach volley Marco Bonitta.
Al via a Rio de Janeiro i Giochi della XXXI Olimpiade. Per ogni atleta è l’appuntamento con la storia: l’occasione della vita, l’opportunità di suggellare un’intera carriera agonistica ed entrare nell’élite dei più grandi sportivi di sempre. Nella delegazione italiana che si appresta a salire sull’aereo per il Brasile ci saranno anche vari sportivi romagnoli. Campioni più o meno noti, giovani quotidianamente proiettati sulla ribalta mediatica ma anche ragazzi che vengono scongelati ogni quattro anni. Eroi di un giorno destinati a tornare nell’anonimato all’indomani della prova in terra carioca. Pensando alle discipline povere, pur ricche di storia, il primo nome che salta alla mente è quello dalla sfumatura vagamente nipponica del lottatore Daigoro Timoncini. Trent’anni, 96 chili di muscoli distribuiti su 183 centimetri, l’atleta di Riolo Terme è cresciuto all’ombra di Vincenzo Pollicino Maenza, due ori e un argento ai Giochi negli anni Ottanta. Tesserato per la Guardia Forestale, Daigoro è molto apprezzato anche dal pubblico femminile per i grandi e luminosi occhi azzurri. In bacheca vanta un bronzo ai Giochi del Mediterraneo e si appresta a vivere la sua terza Olimpiade. Acciuffare il pass per Rio non è stato semplice: un motivo in più per aggredire il tappeto e ripagare gli sforzi e le rinunce di una vita. Un’atleta particolarmente attesa all’ombra del Cristo Redentore è la tennista Sara Errani. La portacolori azzurra, bolognese di nascita ma residente a Massa Lombarda, torna a far coppia con la racchetta gemella di Roberta Vinci. La compagna con cui ha conquistato il Grande Slam e il primo posto del ranking mondiale del doppio femminile. Archiviate incomprensioni vere o presunte, le Chichis tornano a fare tremare i polsi delle avversarie. L’esordio sulla terra rossa è previsto sabato 6 agosto. I pronostici sono tutti per il duo romagnol-pugliese, l’auspicio è che i mesi di distacco non abbiano intaccato affiatamento e sincronismi. L’obiettivo, nemmeno troppo implicito, è di tornare nel Belpaese con una medaglia al collo. Meglio se del metallo più prezioso. Ricca e composita è la pattuglia dei romagnoli che si tufferanno in vasca in cerca di gloria: il diciannovenne riccionese Simone Sabbioni, che gareggerà nei 100 dorso, l’imolese Alessia Polieri, che andrà alla conquista dei 200 farfalla, la ravennate Carlotta Zofkova, regina del dorso, e Ilaria Bianchi, elegante delfinista di Castel San Pietro. Simone Sabbioni, nato a Rimini ma residente nella perla verde, è primatista italiano dei 100
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Romagnoli olimpionici
dorso in vasca lunga e delle tre specialità a pancia in su in vasca corta. Vent’anni ancora da compiere, noto per il carattere scanzonato e autoironico, la matricola della pattuglia natatoria nei giorni scorsi ha ricevuto da Renata Tosi, sindaco di Riccione, la maglietta benaugurante con la scritta FromRiccionetoRio. Già oro ai campionati europei e ai giochi olimpici giovanili, Simone è stato primatista mondiale di categoria, e ai recenti campionati continentali svoltisi a Londra, in quella che fu vasca olimpica nel 2012, ha messo in carniere un bronzo nella specialità preferita e un argento nella staffetta 4x100 mista. Sorriso solare e fare gentile, Alessia Polieri è nata a Castel San Pietro Terme e, pur essendo portacolori dell’Imolanuoto, si allena al centro federale di Verona. Ventun primavere all’anagrafe, la giovane romagnola ha un fisico da scricciolo – 163 cm per 55 chili – ma una volontà scolpita nel granito che lascia ben sperare. Ai blocchi di partenza all’Estadio Olimpico de Desportos Aquaticos di Rio ci sarà la neo-contessa Carlotta Zofkova. L’eclettica nuotatrice, scopertasi ottima dorsista dopo aver provato tutti gli stili natatori, è salita recentemente alla ribalta mediatica per una vicenda da libro Cuore. Nata a Lugo da mamma ceca e padre sconosciuto, pochi mesi fa ha ritrovato il genitore, un nobile di Biarritz. Un incontro che le ha aperto il cuore e allungato il cognome: non più semplicemente Zofkova ma Costa de Saint Genix de Beauregard. Con spirito fortificato Carlotta è pronta a incrociare cuffia e occhialini con la campionessa mondiale Emily Seebohm e la polivalente Katinka Hosszu.
In apertura, la tennista Sara Errani. A destra, il nuotatore Simone Sabbioni.
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Ph. Riccardo Gallini
posizionato sulla rotonda don minzoni, il ristorante la piazzetta ha appena aperto ed ha giÂĄ dimostrato di essere un punto di riferimento della riviera romagnola per il buongusto e lo stile. ll menâ „ cambia ogni due mesi, Ă’ prevalentemente di pesce, con qualche piatto della tradizione lombarda e alcune proposte vegetariane. I piatti possono essere accompagnati sapientemente da una delle oltre quattrocento etichette di vini e quaranta amari.
Milano Marittima - Rotonda Don Minzoni, 1 tel. 05441935185 - info@lapiazzettamima.it www.lapiazzettamima.it
BRUNCH APERITIVI RISTORANTE
Romagnoli olimpionici
Ph. A.Masini/Deepbluemedia.eu
Ph. Massimo Lovati / AGF
Si prepara a battagliare Ilaria Bianchi, splendida delfinista di Castel San Pietro. Quinta alle Olimpiadi di Londra, la ventiseienne è la prima e unica italiana ad aver vinto un mondiale in vasca corta. A tenere alti i colori della Romagna anche due convocati dell’ultim’ora: il canottiere Marcello Miani, di San Pietro in Vincoli, già quattro volte iridato, e la mezzofondista cesenate Monica Magnani, 29 anni, una laurea con lode in Legge e due polmoni da far invidia ai pallanuotisti. Un po’ di solatio e dolce paese sarà a Rio grazie a Marco Bonitta, allenatore della squadra femminile di volley, all’assalto della terza Olimpiade, dopo averne disputate una con la nazionale azzurra ad Atene e una con la canotta biancorossa della Polonia a Pechino. Cinquantatré anni, una medaglia d’argento agli Europei nel 2001, il coach ravennate è giunto al passo d’addio in azzurro prima del ritorno all’antico, ovvero a una squadra di club, ma nella nuova veste di dirigente. In attesa che il tricolore sventoli nella parata da brividi nella suggestione dell’Estádio Jornalista Mário Filho, meglio noto come Maracanã, una nota che rende orgogliosi i forlivesi, a questo giro orfani di Fabio Scozzoli, reduce da un grave infortunio e perseguitato dalla malasorte: la prima portabandiera del gentil sesso alla cerimonia di apertura olimpica fu Miranda Cicognani, figlia della città di Saffi. Un piccola grande donna per via del fisico minuto da ginnasta e per via dell’età: al giro di campo nello stadio di Helsinki nel 1952 non aveva ancora sedici anni. Oggi, a distanza di oltre mezzo secolo, l’imperativo per gli atleti romagnoli è il medesimo di allora ma la scaramanzia impone il silenzio. Con buona pace di De Coubertin.
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In alto, da sinistra, le nuotatrici Alessia Polieri, Carlotta Zofkova e Ilaria Bianchi.
La Rocca Galeotta
LA ROCCA GALEOTTA amore e cibo a Gradara. testo Alessandra Leardini
Visitare Gradara è un viaggio nella storia, nel mistero e nella buona tavola. Dalle fiamme dell’inferno, usciamo a veder le stelle sulla Via dell’Amore per poi mangiare i tradizionali Tagliolini con la Bomba, stando attenti a non scottarsi il naso.
Romantico, magico, misterioso, buongustaio: il borgo di Gradara, stretto intorno alla sua roccaforte medievale – una delle testimonianze architettoniche dell’“età di mezzo” meglio conservate di tutto lo Stivale – si presta a esperienze emozionali diverse per chi sceglie di salire in questo lembo di collina tra le Marche e la Romagna, ad appena cinque chilometri da Cattolica e dalla costa, tredici da Pesaro e venticinque da Rimini. È romantica, Gradara, soprattutto per aver fatto da cornice con il suo castello all’amore incondizionato per eccellenza, quello tra Paolo e Francesca. In queste mura si consumarono la passione e la tragedia dei due amanti, protagonisti del quinto Canto dell’Inferno dantesco testimoniato dalla celebre terzina, pronunciata dalla giovane tra le fiamme dei lussuriosi: “Amor, ch’a nullo amato amar perdona, / mi prese del costui piacer sì forte, / che, come vedi, ancor non m’abbandona”. Una storia, con il suo galeotto libro, che ancora oggi attira nel borgo migliaia di visitatori, curiosi di percorrere le orme dei due amanti leggendari per le sale del castello, testimonianza degli splendori delle potenti famiglie che qui hanno governato, dai Malatesta ai Della Rovere, passando per gli Sforza. Anche fuori dalla fortezza non mancano le occasioni per una passeggiata in coppia lungo la panoramica Via dell’Amore, i viottoli che attraversano il piccolo centro storico, i percorsi immersi nel verde, che scendono dalla collina. Il fascino tutto storico di Gradara – impossibile resistergli mentre si compie il giro sulle merlate mura, si supera il ponte levatoio e si incontra l’elegante cortile fino ad entrare nelle sale
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La Rocca Galeotta
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La Rocca Galeotta
interne del Castello – si intreccia con una componente altrettanto affascinante di magia e mistero, non a caso la Rocca fa da palcoscenico a eventi capaci di ricreare mondi fantastici e fatati (come l’estivo The magic castle). Per chi volesse scoprire il borgo da una prospettiva insolita, forse la meno nota, una tappa obbligata è poi rappresentata dall’unica delle dieci grotte sotterranee rinvenute e ancora agibili, visitabile al pubblico. Vi si accede dal Museo Storico, altro gioiello da mettere in agenda, ed è un autentico mistero come tutta la Gradara sotterranea. Tutte artificiali, alcune rivestite di latenzio, altre rimaste allo stato naturale con pareti in tufo nelle quali si riconoscono le scalpellature, non è facile capire a quando risalgano queste grotte ipogee e quale fosse la loro primaria funzione. Attualmente l’ipotesi più accreditata, come avviene per altre grotte sotterranee di borghi vicini come Santarcangelo, è che fossero centro di eresie e luoghi di culto nell’epoca più travagliata del Cristianesimo, tra il VI ed il VII secolo. Si pensa tuttavia che la loro costruzione risalga già al V secolo. Un’incognita resta anche il suo collegamento con il castello che inizia ad essere menzionato dal 1182: se erano delle vie di fuga dalla Roccaforte, come citano alcune fonti, perché allora risalgono a qualche secolo prima? Inoltre, fino a quando sarebbero state utilizzate queste grotte? Furono dimenticate e solo recentemente scoperte? Tra le varie chiavi “esperienziali” che possono fare da guida a un tour a Gradara, non manca poi
Dal museo alle grotte. Letterario, medievale e popolare: sono tre i percorsi che si possono scegliere una volta varcata la soglia del Museo Storico di Gradara. Un autentico gioiello che racchiude una collezione unica e interessante di oggetti antichi e documenti storici capaci di far entrare il visitatore nella storia della città e nelle intriganti atmosfere della età di mezzo. Il percorso letterario consiste in una fedele ricostruzione della storia d’amore di Paolo e Francesca, con costumi, arredi e immagini senza tempo. Quello medievale mette in mostra non solo armi tipiche del periodo ma anche oggetti-simbolo come gli strumenti di tortura o altri particolarmente curiosi che continuano a suscitare grande stupore nei visitatori, come gli orologi solari e le cinture di castità. Infine, il percorso popolare è un viaggio nella vita quotidiana del Medioevo attraverso un allestimento sugli usi e costumi della civiltà contadina. Dal museo sono visitabili anche le grotte sotterranee (incluse nel biglietto). www.museostoricogradara.com.
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La Rocca Galeotta
quella culinaria. Parliamo di un borgo che sorge in un territorio ricco d’ulivi, vigneti e dall’antica tradizione eno-gastronomica. Le tipiche trattorie e i ristoranti locali offrono un’ottima cucina marchigiano-romagnola, a cominciare dal piatto tipico del paese, i Tagliolini con la Bomba, dalla tradizione contadina, dal nome curioso, che deriva dalla modalità di preparazione, e che sembrerebbe perfettamente in sintonia con il passato turbolento di Gradara e della sua fortezza, testimone di cento battaglie. In realtà, un visitatore attento alle tradizioni locali scoprirà che si tratta di un piatto povero molto comune in questo angolo delle Marche e del pesarese, che veniva preparato quasi quotidianamente dalle azdore gradaresi. Questi tagliolini tipici sono descritti anche nel libro di Delio Bischi, La cultura Contadina nelle tre valli. Conca, Foglia e Metauro, che cita un racconto di Riccardo Romagna di Gabicce Mare, dove oltre ai trucchi per una buona preparazione (una sfoglia non troppo sottile) e un assaggio ad arte (a piatto ancora bollente) è servito anche qualche gustoso aneddoto. Si racconta che i ragazzi di allora avessero il naso sempre spellato, perché affamati, e che per poterne gustare un secondo piatto, mangiassero col risucchio e talmente in fretta che i tagliolini sbattevano bollenti sul naso, producendo delle scottature. Qualche cenno storico. La costruzione del Castello ebbe inizio attorno al XII secolo per volontà di Pietro e Ridolfo De Grifo che usurparono la zona al comune di Pesaro. Nella prima metà del XIII secolo, Malatesta da Verucchio (il Centenario), aiutato dal papato, si impossessò della torre dei De Grifo e ne fece il mastio della attuale Rocca, costruita secondo innovativi particolari come la doppia cinta muraria, che la rendeva pressoché inespugnabile. Il piccolo borgo, raccolto fra prima e la seconda cinta di mura, dopo il potere dei Malatesta e la tragedia di Paolo e Francesca, che qui si consumò nel settembre 1289, finì nelle mani degli Sforza. E dopo Francesca un’altra donna finì per lasciare la sua impronta nella storia del borgo: Lucrezia Borgia, figlia del terribile Papa Alessandro VI Borgia e seconda moglie di Giovanni Sforza, qui arrivata nel 1494. Nel 1497, per volere del Papa, fu sciolto il matrimonio e, dopo un breve periodo di dominazione del fratello di Lucrezia, Cesare Borgia, arrivarono i della Rovere con il nipote di Papa Giulio II, Francesco Maria II. Dopo la morte di Livia Farnese, sua vedova, la Rocca fu teatro dei più turbolenti scontri e passaggi di mano. La Rocca di Gradara e il suo borgo fortificato rappresentano una delle strutture medioevali meglio conservate delle Marche e d’Italia e le due cinte murarie che proteggono la Fortezza, la più esterna delle quali si estende per quasi ottocento metri, la rendono anche una delle più imponenti. Il castello sorge su una collina a centoquarantadue metri sul livello del mare e il mastio, il torrione principale, si innalza per trenta metri, dominando l’intera vallata. La fortunata posizione di Gradara la rende, fin dai tempi antichi, un crocevia di traffici e genti, mentre ai nostri giorni è meta prediletta di migliaia di visitatori che scelgono una località di collina, immersa nel verde, ma a pochi minuti di macchina anche dalle spiagge attrezzate di Cattolica, Gabicce e dal noto porticciolo turistico della Baia Vallugola.
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SAN GIOVANNI RELAIS **** Via Cavalieri del Lavoro, 37 - angolo via Malpasso San Giovanni in Marignano (RN) Tel. +39 0541 956205 www.sangiovannirelais.it
quartopianocomunicazione
Il ristorante Lo Scudiero è da sempre sinonimo di alta cucina, pesarese e marchigiana, mare e collina. Il suo ingresso si trova all’angolo tra via Baldassini e via San Francesco D’Assisi, nelle ex scuderie di Palazzo Baldassini. Scendendo le scale poste all’ingresso si compie un viaggio nel tempo, verso un passato glorioso: un recupero attento e appassionato a cura dello studio Grelli e Panicali ha contribuito a trasformare le scuderie in una casa piena di calore, luce, eleganza, senza rinunciare a nulla del fascino della storia. Padroni di casa, al servizio dell’ospite, lo chef patron Daniele Patti, il sous-chef Matteo Ambrosini e Dunia Donini, responsabile di sala. Oggi la cucina de Lo Scudiero è il luogo dove Daniele e Matteo propongono per dodici mesi
all’anno una cucina italiana moderna e creativa, che fa della qualità delle materie prime, di carne e di pesce, con una particolare attenzione ai prodotti del territorio, una condizione irrinunciabile. I saloni de Lo Scudiero sono oggi luoghi perfetti per ospitare appassionati gourmet in occasione di cerimonie private, matrimoni, eventi aziendali, avvenimenti speciali, in tutte le stagioni. Palazzo Baldassini risale alla fine del 1500, per iniziativa del Marchese Ranieri Del Monte, generale dei Della Rovere. Dopo un breve periodo nelle mani della famiglia Gozze, nel 1700 divenne di proprietà della famiglia Baldassini, e lo è tuttora.
quartopianocomunicazione
Il Cafè del Monte è nato per essere il luogo del mangiare bene e del bere bene, a qualunque ora, in centro a Pesaro. E’ bar pasticceria, enoteca, cocktail bar, gastronomia, aperto a tutti dalla prima mattina fino a tarda sera. Si trova all’interno di Palazzo Baldassini, a pochi metri da Piazza del Popolo, nei locali al di sopra del ristorante Lo Scudiero. A Pesaro non si era mai visto un locale così. Dalle 7,30 in poi il bar pasticceria propone breakfast con pezzi dolci e salati, caffè e infusi, spremute fresche e centrifugati. Dalle 12,30 la gastronomia propone piatti caldi e freddi di carne e di pesce preparati con ingredienti freschi di giornata e che è possibile consumare direttamente con servizio al tavolo. Dalle 18,30 il locale diventa perfetto per l'aperitivo: enoteca con bottiglie uniche in città e birre artigianali, cocktail bar con drink classici o nuove invenzioni del mixologist.
A tutte le ore è possibile acquistare qualunque tipo di prodotto: dalle bottiglie dell'enoteca ai salumi della gastronomia; dai formaggi agli olii d'oliva pregiati; dai dolciumi ai distillati da tutto il mondo. La ricerca e la selezione di fornitori è maniacale, attenta e costante. Perfetto per eventi e feste private o aziendali, Cafè del Monte propone un fitto calendario di appuntamenti che vanno dalla musica dal vivo fino alle degustazioni enogastronomiche. A guidare una squadra di giovani professionisti dell’ospitalità e del sorriso è Daniele Patti, chef patron del Ristorante Lo Scudiero, che di Cafè del Monte può essere considerato il fratello maggiore. Il progetto di ristrutturazione e progettazione è opera dello studio di architettura Grelli e Panicali.
CAFE' DEL MONTE via Baldassini n.2 61122 Pesaro (PU) - Marche - Italy. tel_ 07211720071 www.cafedelmonte.it | info@cafedelmonte.it
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FORLI’ tel. 0543.794511 forli@salaroli.it
CESENA tel. 0547.24434 cesena@salaroli.it
FAENZA tel. 0546.646049 faenza@salaroli.it
RAVENNA tel. 0544.213490 ravenna@salaroli.it
BOLOGNA tel. 051.6421511 bologna@salaroli.it
RIMINI tel. 0541.740683 rimini@salaroli.it
SCENOGRAFIE DI STILI. L’appuntamento consueto con DOME ci porta a Pievequinta (FC), dove la ex Casa del Fascio oggi rinasce dopo sette anni di restauro. A Monte San Bartolo visitiamo una casa incastonata nella roccia e affacciata sul parco naturale. Il nido d’infanzia a Guastalla è un esempio di sostenibilità e sicurezza in spazi all’avanguardia, una struttura in legno con ampie vetrate che consentono l’interazione tra le aree chiuse delle aule e l’esterno, e che testimonia l’identità di una terra che rinasce. Tra le rubriche, diamo spazio a Margherita Foschi, architetto dello studio Archifabrica di Rimini, che si occupa insieme al socio Pietro Pezzi di progettazione di case in paglia. Passiamo poi a Giulia Meloncelli, che ha fatto del riuso una scelta di vita e ci tiene a sottolineare come le sue opere siano Authentic Made in Italy. Finiamo con Azzurra Cesari che ricerca, propone nuove cromie ed effettua consulenze gemmologiche: una professione antica in cui oggi convivono artigianato e tecnologia.
Forlì: La casa risorta,
MONTE S. BARTOLO: La grotta vivente,
GUASTALLA: A misura di bambino, RIMINI: CUORE DI PAGLIA.
Accenti
In partenza il progetto per l’ex Casa del Fascio. Predappio (FC) - Al via il progetto scientifico e museografico per l’ex Casa del Fascio di Predappio. Il Consiglio Comunale ha approvato infatti lo schema di convenzione con la quale si definiscono i rapporti con l’Istituto per la Storia e le Memorie del ‘900 Parri Emilia-Romagna di Bologna, presieduto dal prof. Alberto De Bernardi, incaricato di redigere il progetto dell’esposizione permanente prevista nell’ambito delle nuove destinazioni d’uso progettate per l’ex Casa del Fascio e dell’Ospitalità. Il primo passo è la nomina di un comitato scientifico internazionale e di un gruppo di lavoro con specifiche competenze
connesse agli aspetti museografici che caratterizzeranno sul piano della fruizione lo spazio espositivo di circa 1.000 mq. La realizzazione dell’Esposizione permanente rappresenta il contenuto del primo lotto funzionale previsto dal progetto preliminare, il cui costo ammonta a poco meno di tre milioni di euro e per il quale è stato chiesto alla Regione Emilia-Romagna un contributo di due milioni. Per far fronte alle spese della progettazione curata dall’Istituto Parri è stato determinante il contributo assegnato al Comune di Predappio dalla Fondazione della Cassa dei Risparmi di Forlì.
TOTALLY LOST 2016.
Forlì - Dal 9 al 18 settembre approda a Forlì Totally Lost, una mostra fotografica che presenta una selezione dell’omonimo progetto internazionale sulle architetture totalitarie europee in abbandono. Il progetto, curato da Spazi Indecisi, è un racconto visivo che indaga gli spazi architettonici come frammenti da riconnettere, prospettando per questi luoghi nuovi e democratici contenuti. In tutto sono stati coinvolti 186 fotografi da tutta Europa, in un progetto di ricerca dal basso in cui sono stati mappati quasi 300 luoghi con
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Interni ed esterni di lusso con l’ecommerce Viadurini.
oltre 2.600 fotografie in oltre 25 nazioni. L’archivio on-line, in divenire, è consultabile su www.totallylost.eu. La mostra avrà luogo in tre location legate all’architettura del regime: la Casa del Mutilato di Forlì, l’ex Acquedotto Spinadello di Forlimpopoli e l’ex Casa del Fascio a Teodorano, Meldola (queste ultime aperte nei giorni 10-11 e 1718 settembre). Gli stessi edifici che ospitano la mostra sono ora in stato di inutilizzo e vanno ad amplificare le domande sul futuro di questi luoghi testandone un riuso temporaneo.
Santarcangelo di Romagna (RN) Milano è sinonimo di glamour, tendenza, shopping, ma soprattutto di moda. Se il nostro obiettivo è fare shopping senza badare a spese, la via di riferimento sarà la famosissima via Montelaponeone; un must per scegliere abbigliamento di lusso. Contenitore invece di tutte le novità in fatto di arredamento è Via Durini, la via scelta dagli amanti dell’arredamento. Via che prende il nome da una delle più antiche famiglie lombarde, i Durini, da sempre mecenati illuminati e sostenitori dell’arte. Proprio in omaggio alla famosissima via milanese, nasce Viadurini: l’ecommerce raggiungibile su www. viadurini.it, fondata da due romagnoli e specializzata in complementi d’arredo di design Made in Italy. Viadurini soddisfa ogni richiesta; il catalogo infatti include più di ventimila prodotti pensati per tutti gli ambienti della casa e dell’ufficio, interni e esterni, accanto a sezioni dedicate all’illuminazione italiana, ai prodotti per il riscaldamento, e alla realizzazione personalizzata di reti, materassi e letti singoli e matrimoniali.
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LA CASA RISORTA il passato dialoga con il presente. testo Annalisa Balzoni - foto Luca Massari
La Casa del Fascio di Pievequinta, sulla strada che porta a Cervia, continuò nel dopoguerra a essere riferimento per le attività ricreative, prima di essere abbandonata a se stessa. Oggi, rinata dopo sette anni di restauro, è un punto di incontro tra storia e attualità. Con un futuro aperto al pubblico.
La casa risorta
Le Case del Fascio vennero costruite e realizzate in un particolare periodo storico e per un preciso scopo. Gli edifici progettati e realizzati nel periodo che va dai primi del Novecento fino all’inizio della Seconda Guerra mondiale risentono spesso del pregiudizio ideologico. Vero è che l’architettura divenne la principale e migliore forma di propaganda e prestigio per il fascismo. In Italia, in quel tempo si sviluppa il concetto di arte di propaganda che investì anche l’architettura. Si cercò di promuovere un’architettura “imperiale” ispirata alla Roma dei Cesari e lasciare una chance che mantenesse al partito la sua iniziale facciata avanguardistica. Il regime fascista diede il via alla progettazione di aree urbane, alla costruzione di edifici e nuove città come Littoria (l’attuale Latina), Pomezia, Sabaudia ed Aprilia. Alcune di queste opere hanno pura funzione propagandistica, altre rappresentano dei capolavori. Lo scopo principale dell’architettura era di incanalare il gusto popolare in un’estetica che fosse lo specchio fedele del regime fascista, di “smuovere le masse”. Ma legare una corrente architettonica alla politica è limitativo e sbagliato, è più esatto dire che il movimento moderno dell’architettura, già affermato, venne usato e scelto come supporto alla propaganda fascista. Premessa doverosa, prima di addentrarci a parlare del recupero della Casa del Fascio di Pievequinta, restauro raffinato che ha portato alla Menzione d’onore alla festa dell’Architettura del 2014 per l’architetto forlivese Giancarlo Gatta, progettista del recupero e del riuso. Sembra più corretto parlare dell’avventura e
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La casa risorta
dello spirito che ha portato l’imprenditore forlivese Sergio Bordandini ad acquistare all’asta un edificio storico fatiscente per farlo rinascere, sorretto dalla volontà di fare “una cosa fatta bene – sue parole – senza nessuna precisa idea, né finalità immediate. Passando e vedendola mi sembrava una cosa interessante da fare, gli abitanti del quartiere mi hanno molto apprezzato e ringraziato, per avere preso l’onere del recupero, ridando vita a ciò che la comunità aveva sempre visto come qualcosa di appartenente al territorio. Non mi sono spaventato per la mole delle opere da realizzare, sono stato sostenuto solo dal desiderio e dalla passione.” Semplicemente ti ritrovi a restaurare un’opera che non ha raffronti immediati, che non si riconosce in niente, con le architetture del periodo razionalista della zona, soprattutto per le forme originali. Sembra strano, per anni si passa per una via conosciutissima che porta al mare, si nota un edificio storico abbandonato, che domina e si pensa “sarebbe bello...” Il recupero è durato circa sette anni. Di anno in anno, come ha affermato lo stesso proprietario, aumentava la passione nel riportare alla luce e ridare vita a quei luoghi, a quelle stanze che negli anni passati erano stati luogo di incontro per la comunità. Caduto il fascismo non venne abbattuta, ma rimase sempre fulcro di un’intensa attività ricreativa e non solo, fino a quando è stata abbandonata; nel corso del tempo alcune parti crollarono, l’unica cosa viva all’interno dell’area era un chiosco di cocomeri. La magistrale capacità dell’impresa edile incaricata Sartini Massimo unita allo spirito e all’anima del proprietario, sono riuscite a dar una nuova vita all’edificio. La destinazione è quella di uffici e civile abitazione, ma ancora non ben definita, nel senso, che come
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La grande aula centrale della costruzione, adibita a salone di intrattenimento.
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La casa risorta
La cucina con l’affaccio della finestra sulla torretta centrale.
confidatoci, “vedremo dove ci porterà, come una nave. Diventerà forse la nostra residenza”. Oggi è anche laboratorio e atelier della moglie di Sergio Bordandini, l’artista forlivese Alessandra Gellini. Nella sala al piano terreno posizionata a destra dopo il vestibolo, il visitatore può vedere il laboratorio dell’artista e anche l’esposizione di alcune sue opere tra cui spiccano i bellissimi “Papaveri”, opera del 1999. Al pian terreno dal vestibolo originario, ove è stata mantenuta e recuperata l’originaria biglietteria, si aprono due grandi sale, a sinistra la sala che ospitava il teatro e il cinema, ora divenuta salone di intrattenimento, mentre il vano a destra, che in origine era bar e sala biliardo, è divenuto laboratorio d’arte, accogliente e avvolgente; l’intreccio tra casa e laboratorio artistico fa vivere al visitatore una sensazione particolare e il desiderio di conoscere. Spicca nella sala principale la grande vetrata in copertura, “ove l’uso del vetro con la sua trasparenza ti permette di cogliere la storia dell’edificio, compreso il crollo della copertura (…). Una copertura in vetro ha quest’ambizione: essere accompagnati nell’incedere del tempo, vivendo una silenziosa relazione con l’esterno, senza esserne totalmente isolati” (da Il restauro dell’ex casa del Fascio di Pievequinta di Forlì di Giancarlo Gatta). Bellissima la pavimentazione lignea al piano terra, mentre sono state mantenute le pavimentazioni originali nella galleria al piano superiore, allestita con splendidi tavolini attorniati da sedie Thonet e, su ogni tavolino, lampade a libro Lumio. Recuperati totalmente i materiali che costituivano la scala di accesso al piano superiore così come la ringhiera, a questo livello sono stati creati vano cucina e sala pranzo, illuminate dalla grande apertura da cui si accede al terrazzino e alle aperture della torretta. Una sensazione particolare avvolge il visitatore, portato ad entrare in punta di piedi, come rapito da una certa soggezione, per poi rilassarsi e godere dell’opera realizzata. Forse è anche per questo che è intenzione della proprietà aprire la casa al pubblico, per riuscire a ricreare un’osmosi, per far entrare e alimentare la curiosità della gente, quell’interesse intelligente che può solo portare ad aumentare la propria conoscenza personale e per usare le parole della stessa Alessandra Gellini per “... volare liberi, volare alto, senza stancarsi di ricominciare sempre, senza lasciare che avvenimenti o persone spezzino le ali che ognuno porta con sé come dono...”
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La grotta vivente
LA GROTTA VIVENTE tra stile e natura. testo Lucia Lombardi
Incastonata nella roccia e affacciata sul parco naturale del Monte San Bartolo c’è una casa minimalista nata per i momenti di relax. Un progetto totalmente anticonvenzionale in cui l’architettura mostra il suo lato artistico e figurativo.
Nel ventre del parco naturale del Monte San Bartolo, a Gabicce Monte, è custodito un piccolo scrigno per le vacanze, quello di una coppia fedele allo stile degli architetti faentini Marco Bartoletti e Luigi Cicognani. Un duo che ha un tocco calmierato, originale, ben dosato, dove il minimalismo è tutt’altro che freddo. Colori, materiali, linee sono in continuo dialogo tra loro e ogni elemento crea relazioni preziose e costanti, ottenendo tanti microcosmi. Anche laddove, come nel caso di questo progetto, lo spazio è di una metratura contenuta, 73 mq (piano terra 25 mq - primo piano 48 mq). La coppia di proprietari desiderava dare risalto alla zona del living per ricevere amici e vivere in maniera conviviale i momenti di relax. L’intervento da parte dello studio è consistito nel mettere mano ad uno spazio degradato, pericolante, ricavato nella roccia, nella parte residuale di un complesso costruito negli anni Settanta. Gli ambienti mai utilizzati in precedenza sono stati completamente rivoluzionati. Il progetto parte dall’idea di poter adibire la zona al piano rialzato come abitazione e lasciare tutti i servizi al piano più basso; tutti e due i livelli sono in parte incassati nel terreno roccioso, ma entrambi si affacciano sul parco. Infatti il secondo piano, cuore della casa, in cui prendono spazio cucina e living, ha un ampio fronte vetrato inclinato e scorrevole, in ferro verniciato, con affaccio sul parco e sul mare, realizzato appositamente da un artigiano su disegno dei progettisti, che permette al paesaggio di entrare prepotentemente negli ambienti domestici, creando una sorta di sfondamento, un 3D naturale, che dona al tutto un ampio e avvolgente respiro. La casa su due livelli è antischema, infatti si entra dal secondo piano, quello più alto e panoramico per accedere all’intima zona notte, situata al primo piano, cui si accede da una sinuosa scala a chiocciola in legno e metallo, pensata quale corpo scultoreo, decorativo, di dimensioni importanti, e non quale soffocante disimpegno, al fine di rendere piacevole il percorrerla. La cucina, che si spartisce il predominio sul secondo piano col soggiorno, ha una connotazione del tutto inconsueta, determinata da un monolite di Corian® bianco, di quattro metri, senza linee di demarcazione, con tutti i servizi a scomparsa, come fosse un elemento naturale determinato dalla roccia stessa, stagliandosi su una parete in resina gianduia chiaro da cui emerge una rubinetteria in ottone ramato ossidato dalle linee d’antan, che si fa elemento decorativo, così come gli effetti
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La grotta vivente
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La grotta vivente
luministici che scaturiscono dai due punti luce targati Via Bizzuno. Un minimalismo coinvolgente, misurato, ragionato, dove non c’è protagonismo, un sobrio equilibrio d’insieme governa gli ambienti, i contrasti netti e sempre presenti non sono urlati, ma ottenuti da linee e materiali, da luci artificiali e naturali, in una progettazione a 360°. Per gli architetti Bartoletti e Cicognani il miglior risultato possibile è che il cliente sia a proprio agio nell’ambiente pensato per lui. Il parquet caldo dall’effetto vissuto, ottenuto da grandi assi in rovere di recupero e non, è trattato con una leggera termocottura. Anche il legno del grande tavolo conviviale è di reimpiego, disegnato su misura e realizzato da un artigiano di riferimento, abbinato a sedute che ricordano quelle dei vecchi uffici comunali, a coronamento due occhi di bue da teatro creano effetti luce del tutto inusuali e scenografici. Negli ambienti regnano sfumature terragne, dal gianduia chiaro al tortora pieno, classico e inconsueto occhieggiano alla convivenza di nuovo e vecchio. Nel living i divani realizzati per l’occasione da un prototipista diventano due letti singoli per gli ospiti. Entrambi gli architetti nutrono un grande rispetto per tecniche e materiali di una volta, come l’intonachino a base calce, un materiale naturale che respira, vive e muta, personalizzando ancora di più l’ambiente, in un fluire armonico d’insieme con le stagioni della vita. La loro cifra è interpretare, non imporre. Vivono l’architettura non come edilizia, bensì come arte figurativa. Le nuove sfide sono riuscire a stare dentro i parametri imposti dalle nuove leggi. Così come grande coraggio rivoluzionario è stato ottenere questo progetto totalmente anticonvenzionale.
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Il tavolo in legno realizzato su misura per la cucina. In apertura, la casa “incastonata” nella roccia.
La grotta vivente
Giochi di luce e materiali. L’edificio ricavato da uno scavo di parete rocciosa è stato consolidato con strutture di cemento armato. I materiali usati sono tutti naturali, il legno negli ambienti interni, gli intonaci a calce schiacciati e strappati: materiali di una volta che cambiano nel tempo personalizzando gli spazi. I grandi infissi dalle ampie vetrate inclinate e scorrevoli in ferro verniciato sono larghi 9,50 metri, le finiture interne in ottone anticato e legno invecchiato. La luce è usata come materiale da costruzione, posizionata in modo tale da sottolineare la semplicità delle architetture al fine di creare effetti emozionali, come nella camera da letto dove entra da due feritoie orizzontali di luce, quasi fossero occhi socchiusi sull’intimità domestica, creando giochi come nelle cabine al mare. Progettare un cono visivo verso l’orizzonte è stato l’intento dei progettisti faentini, ricostruendo una parte della montagna, per ottenere un buen ritiro moderno in costante dialogo con la natura circostante, perché per loro l’architettura non è edilizia, bensì arte figurativa.
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A MISURA DI BAMBINO la rinascita di Pollicino e Rondine. testo Giorgio Pereci - foto Moreno Maggi
Il nido d’infanzia a Guastalla è un esempio di sostenibilità e sicurezza in spazi all’avanguardia. Una struttura in legno con ampie vetrate che consentono l’interazione tra le aree chiuse delle aule e l’esterno testimonia l’identità di una terra che rinasce.
A misura di bambino
Il progetto Mario Cucinella Architects per la realizzazione del nuovo nido d’infanzia nel Comune di Guastalla (RE) è risultato primo classificato nella gara di evidenza pubblica di appalto integrato indetta nel 2013. La struttura sostituisce due nidi comunali dell’infanzia (Pollicino e Rondine) danneggiati dal terremoto del maggio 2012 e ospita fino a 120 bambini e bambine tra 0 e 3 anni. Il comune di Guastalla fa parte di un paesaggio fluviale, agreste e urbano, dove il passato aristocratico e la cultura contadina hanno sviluppato nel tempo una attenzione all’arte e alle tradizioni che ha fortemente influenzato l’educazione dei futuri abitanti. Proprio l’identità di questa terra, al confine tra Lombardia e Emilia-Romagna e dove da sempre si è stabilita una relazione profonda tra educazione e senso del territorio, ha ispirato lo studio Mario Cucinella Architects di Bologna nel progettare il nuovo nido comunale d’infanzia della città. La presenza sul lotto di numerosi alberi ad alto e medio fusto ha immediatamente suggerito l’idea di un edificio che dialogasse con il suo contorno. Ecco che la moltiplicazione degli elementi verticali in legno che caratterizzano l’impianto dell’edificio riprende il motivo dei filari degli alberi e dei tracciati dei campi coltivati, conferendo all’insieme leggerezza e scardinando la tipica immagine della scuola come volume compatto e monolitico. In questa logica il modello proposto si integra sia visivamente che architettonicamente con il contesto e con il paesaggio che caratterizza il sito di progetto. In un servizio per l’infanzia, la qualità dello spazio è un aspetto centrale del rapporto educativo con i bambini, che con l’ambiente circostante stringono un legame emotivo molto più intenso rispetto agli adulti. Gli elementi propriamente architettonici del nuovo asilo nido d’infanzia, come la forma degli interni, la loro organizzazione, la scelta dei materiali, l’insieme delle percezioni sensoriali legate alla luce, ai colori, alle sonorità, alle suggestioni tattili, sono concepiti tenendo conto degli aspetti pedagogici ed educazionali collegati alla crescita del bambino. Per questa ragione il progetto di Mario Cucinella Architects si basa sulla semplicità di una struttura in legno con ampie vetrate che consentono l’interazione tra le aree chiuse delle aule e l’esterno. La struttura prevede l’uso di materiali naturali a basso impatto ambientale. In particolare, la struttura portante è costituita da telai di legno:
La struttura interna dell’asilo, realizzata in legno con ampie vetrate che fondono interno ed esterno.
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un materiale sicuro e ideale per mantenere l’isolamento termico dell’edificio. L’elevata coibentazione, la distribuzione ottimale di superfici trasparenti, il ricorso a sistemi all’avanguardia per il recupero dell’acqua piovana e l’inserimento in copertura di un impianto fotovoltaico, consentono di ridurre al minimo il ricorso a impianti meccanici per soddisfare i fabbisogni energetici dell’edificio. La sinuosità dello spazio e il calore dei materiali rimandano a una tana sicura nella quale muovere i primi passi verso la crescita. I piccoli utenti si trovano quindi a scoprire luoghi complessi e allo stesso tempo familiari, dove sviluppare le capacità e le peculiarità proprie di ciascuno. Anche le zone di connessione tra le aule e i laboratori sono progettati per essere vissuti con curiosità e piacere: lungo i percorsi si trovano slarghi, aree di gioco e di relazione, nicchie dove sostare, elementi trasparenti per guardare verso l’esterno o sbirciare le attività degli altri bambini. Così partendo dai segni sinuosi interni, si è articolato anche il percorso sensoriale esterno all’edificio, che abbraccia la struttura senza soffocarla e determina spazi protetti per le attività dei bimbi, degli educatori e dei genitori. Tale percorso, che integra anche gli alberi già esistenti, delinea la forma di un piccolo animale fantasioso da bosco, un incrocio tra un ermellino, una donnola, una garzetta e un airone, specie che vivono comunemente in questo territorio fluviale. L’animale di fantasia diventa così un riferimento culturale per i bambini poiché rappresenta il cucciolo che vive nella sua comunità, dove impara, scopre, cresce, proprio come i piccoli utenti di questo asilo d’infanzia.
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Cuore di paglia
CUORE DI PAGLIA costruire casa (anche) da soli. testo Lucia Lombardi
Margherita Foschi, architetto dello studio Archifabrica di Rimini, si occupa insieme al socio Pietro Pezzi di progettazione di case in paglia, una tecnica innovativa che promette di risparmiare su costi di struttura e spese energetiche, a parità di sicurezza.
Si fa sempre più impellente la necessità di sviluppare una nuova coscienza ambientale, nonché l’esigenza di salvaguardare la propria salute e le proprie finanze, magari decidendo di vivere in una casa salubre, costruita con materiali naturali e ad alta efficienza energetica. “Edificare genera impatto sull’ambiente non solo all’atto della costruzione, ma anche lungo tutto il processo, dall’approvvigionamento delle materie prime, alla dismissione dell’edificio e allo smaltimento delle macerie. Tuttavia anche l’uso dell’edificio stesso, nel garantire condizioni di confort e benessere interno (lo sfruttamento di energia per cucinare, scaldare, etc.), influisce notevolmente a generare impatto ambientale,” spiega l’architetto Margherita Foschi, dello studio Archifabrica di Rimini che, insieme al socio Pietro Pezzi, si occupa anche della progettazione di case in paglia. Avete letto proprio bene, case di paglia, proprio sulla scia di quelle che studiavamo sui libri di storia. Le straw bale home, che nella versione attuale sono state realizzate sul finire dell’Ottocento dai pionieri del Nebraska e perfezionate da Judy Knox e Matts Myhrman nel 1970. Stati Uniti, Canada e Gran Bretagna sono i paesi in cui queste tipologie costruttive stanno riscontrando grande successo. Il primo esempio italiano lo abbiamo avuto in Veneto e poi in Trentino. Anche l’Austria è all’avanguardia in questa disciplina dal cuore green, ed è proprio lì che Margherita Foschi ha collaborato con “l’Istituto di Tecnologie Applicate (Grat), presso l’Università Tecnica di
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Cuore di paglia
Vienna dove la sostenibilità ambientale e il risparmio energetico, temi di grande attualità, sono applicati al contesto del recupero e del riuso dell’edilizia esistente”. Che la casa in paglia sia più debole di altre tecniche costruttive è un mito da sfatare: “Le balle di paglia sono i mattoni che vengono inseriti come coibentazione nella struttura generalmente di legno. Si possono utilizzare vari materiali di sostegno eco-compatibili, oltre alle classiche travi di legno, come il bamboo – prosegue l’architetto Foschi –. La paglia ha svariate caratteristiche: alta resistenza alla compressione, flessibilità, quindi resistenza al sisma, altissima capacità termo-isolante, alta traspirazione, isolamento acustico. Ma la caratteristica su cui mi voglio soffermare di più è la resistenza al fuoco al contrario di quanto si pensa nell’immaginario comune. Infatti, le case in paglia, testate al fuoco, nella classificazione a quattro categorie che si applica ai materiali da costruzione, risultano mediamente combustibili garantendo – se adeguatamente pressate e rivestite di intonaco in calce o terra cruda – una resistenza allo sviluppo di incendi pari anche a 90 min, corrispondenti quindi ai valori che presenta un muro di calcestruzzo spesso 25 cm”. Rispettare l’ambiente, vivere in una casa totalmente naturale, traspirante e con un elevatissimo confort interno difficilmente rinvenibile in altri materiali contemplando l’autocostruzione è dunque realtà. “Costruire muri in paglia è poco impegnativo, le balle di paglia sono facili da modificare, flessibili a sufficienza per essere utilizzate in diversi modi, solide e consistenti, durevoli nel tempo e facili da mantenere – chiosa Margherita –. Richiedono solo strumenti poco complessi e non costosi, una manodopera non specializzata e sono facili da procurare. In questo modo ci può essere un risparmio in termini onerosi oltre alla soddisfazione di essersi costruiti da soli la propria casa; è consigliabile comunque seguire corsi da chi ha studiato e insegna queste metodologie costruttive, perché spesso le informazioni che si trovano in Internet sono imprecise, inoltre è possibile contattare imprese specializzate nella realizzazione e costruzione di case in paglia che si occupano dell’intero progetto dall’inizio alla fine, con le quali noi collaboriamo.”
Un ambiente di una casa costruita in paglia con un’apertura nella parete in cui si nota la struttura dei muri.
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Giulia Meloncelli
GIULIA MELONCELLI la designer eco-sostenibile. testo Laura Bertozzi - foto Giorgio Sabatini
Ha fatto del riuso una scelta di vita e ci tiene a sottolineare come le sue opere siano Authentic Made in Italy: realizzate sia con materiali che manodopera italiani. Una missione che l’ha portata dalla progettazione di design all’artigianato.
“Ricicli”? Sì, è una domanda. Perché oggi più che mai è auspicabile abbracciare una scelta di vita anticonsumistica che rispetti ambiente, animali e persone. Ma “Ricicli” è anche una risposta, per chi vuole sposare questa filosofia senza rinunciare all’oggetto o all’accessorio ricercato. Il marchio, nato nel 2011 dall’estro della eco designer Giulia Meloncelli, ha oggi in catalogo oltre cinquanta articoli, fra capi d’abbigliamento, accessori per la moda e per la casa. È sempre stata sensibile al tema dell’ecosostenibilità? “Sì, infatti la mia tesi di diploma presso l’ISIA di Faenza verteva proprio sul tema Il rifiuto come risorsa. La mia è stata una trattazione abbastanza pionieristica: nel 1998 i materiali riciclati non erano un argomento all’ordine del giorno e faticai non poco a reperire della bibliografia utile.” È riuscita, al termine del suo percorso formativo, a infondere nei suoi progetti il concept del riuso? “Grazie all’Istituto Superiore per le Industrie Artistiche, sempre nel 1998, sono approdata alla Opposite, una compagnia che produceva sulla base dell’upcycling. Per loro realizzai una collezione di orologi fatti con i copricerchi delle auto, venduti in tutto il mondo e chiamati le ruote del tempo. All’epoca, però, era molto raro che a noi designer venisse concesso di creare oggetti con materiali di recupero. Fino al 2008, infatti, mi si presentò solo un’altra occasione per progettare articoli in cuoio rigenerato, quando creai per la A.G. Spalding & Bros. delle cartelle portadisegni e dei giochi di società tascabili da viaggio.” È dovuta venire a patti con la committenza? “Per un certo periodo sì. Ero libera professionista e portavo avanti delle linee che prescindevano dalla filosofia dell’upcycling. Ho lavorato con marchi prestigiosi come Moschino e Swarovski, ma ad un certo punto era inevitabile che la mia indole green prendesse il sopravvento.” Dunque per lei era molto più che una scelta artistica. “Certo, per me è un sistema di vita. Io credo nell’importanza del recupero che ognuno di noi può realizzare abbattendo consumismo e inquinamento e rispettando la natura. Cerco di essere coerente con questi valori in prima persona, tanto che lo studio dove attualmente metto mano alle
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La designer Giulia Meloncelli e, a destra, alcune sue creazioni nate dal recupero di oggetti.
Giulia Meloncelli
mie creazioni è in legno trattato con materiali di bioedilizia. Dato che i temi e i progetti che mi venivano commissionati non erano in linea con il mio impulso alla realizzazione di collezioni ecosostenibili, decisi di modificare la mia ragione sociale, diventare artigiana e dar vita a un marchio che mi rappresentasse pienamente.” Come sono stati gli inizi di Ricicli? “Dapprima ho presentato collezioni con pochi articoli. I primi sono stati i miei attaccapanni con le palle da biliardo o con gli omini del calcio da tavolo e le borse prodotte con pelli nuove di recupero, provenienti da rimanenze di magazzino e sfridi di lavorazione. Mi promuovevo tramite eventi, fiere e mercatini ed è stata proprio l’accoglienza incuriosita che il pubblico mi ha riservato a spingermi ad ampliare la produzione.” Con quale tipo di clientela ha a che fare oggi? “Sia privati, sia negozi rivenditori che scelgono di promuovere le mie linee, sia aziende che mi chiedono di riconvertire il loro materiale inutilizzato, usato, fallato o di scarto in regalistica aziendale o altro.” Ad esempio? “Per l’evento Red Bull Recycle ho rielaborato pezzi del merchandising di Red Bull, come insegne, ombrelloni o frigoriferi, in elementi d’arredo da reinserire nei loro bar. Al momento lavoro su tutto il territorio nazionale, specialmente nel Nord-Italia, ma la quasi totalità dei materiali usati sono a chilometro zero, ovvero provenienti da Forlì, la città nella quale risiedo, e provincia. Anche il mio rapporto con i fornitori è tutt’altro che standard.” Ci può spiegare? “Sono le singole persone che fanno la differenza. Quando espongo la mia visione e prendo contatto con i possibili nuovi fornitori, molti sono contagiati dalla mia passione e così capita che magari un impiegato dedichi una sua pausa a mettere insieme il materiale per me. È nato in questo modo il mio biglietto da visita, per il quale mi sono avvalsa di carte da gioco fallate fornitemi dallo staff dell’area controllo qualità dell’azienda produttrice di quell’articolo.” Chi volesse riciclare oggetti a cui è affettivamente legato può venire da lei? “Le personalizzazioni on demand sono proprio un settore in crescita della mia attività. Sempre più persone si rivolgono a me per studiare come cambiare destinazione d’uso a oggetti a loro cari in modo da renderli funzionali. Per me è un grande input creativo, anche perché è sempre il tipo di materiale a suggerirmi l’articolo finito e non il contrario. Inoltre, mi piace completare i miei pezzi con dei cartigli che raccontino la storia e l’unicità di quella creazione: si tratta di un valore aggiunto che non ha prezzo.” Un ottimo esempio di Made in Italy. “A voler essere precisi, sulle mie etichette ci tengo a precisare che il mio è Authentic Made in Italy, perché, oltre ai materiali, anche la manodopera di cui mi avvalgo è italiana e regolarmente retribuita.”
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Seg uic i su
LE EM O Z I ONI DI LA S VE GAS VIV I L E A SA N MA RI N O. Divertimento. Brivido. Gioia. Sensazioni intense che solo Giochi del Titano può offrirti, tutte da vivere in un ambiente raffinato dove lo stile si tocca, si gusta, si respira. Prova l’emozione di un offerta completa e ricchissima, con i giochi più amati da chi ama giocare. In una cornice così, ogni serata è come essere a Las Vegas.
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“IL GIOCO E’ RISERVATO AI MAGGIORENNI”
“IL GIOCO PUO’ CAUSARE DIPENDENZA”
“ V E R I F I C A L E P R O B A B I L I T A ’ D I V I N C I T A S U L S I T O W W W. G I O C H I D E L T I T A N O. S M ”
IL PIACERE DI GIOCARE CON STILE
Azzurra Cesari
AZZURRA CESARI il nome in una gemma. testo Lucia Lombardi
Si occupa di pezzi unici di grande pregio destinati all’alta gioielleria. Azzurra Cesari ricerca, propone nuove cromie ed effettua consulenze gemmologiche: una professione antica in cui oggi convivono artigianato e tecnologia all’avanguardia.
La passione per la bellezza guida Azzurra Cesari nel suo prezioso lavoro nell’azienda di famiglia, la Cesari&Rinaldi, gemmai con sede a Rimini e filiali a Forlì e Valenza (AL). Sensibilità per i colori, capacità di osservazione ed empatia, sono le sue innate skylls. La sua pietra preziosa è la tormalina Paraiba: il colore di questa gemma è turchese ma in trasparenza, paragonabile al colore della grotta azzurra di Capri. A pensarci bene, nel suo caso non potrebbe essere diversamente, nomen omen direbbero i latini. Mai pietra la rappresentò meglio! “È meravigliosa, cattura l’occhio al punto da sembrare fatata,” chiosa affascinata e, forse, inconsapevole di questa coincidenza. Dalla sua entrata in azienda, Azzurra si occupa di masterpieces, ovvero di pezzi unici di grande pregio destinati all’alta gioielleria. Il suo ruolo è di affiancare il direttore creativo della maison nelle diverse fasi di sviluppo del gioiello: ricerca, proposta di nuove cromie e consulenza gemmologica. Saper interpretare la cifra stilistica di ognuno è fondamentale. Le doti necessarie per essere un valido gemmologo, racconta l’esperta, sono “l’amore per le gemme nutrito da sensibilità per i dettagli e spirito di osservazione. La formazione scientifica è sostanziale, ma deve essere supportata dall’esperienza, attraverso la costante osservazione dei materiali. Ad oggi i maggiori istituti gemmologici offrono corsi e master di formazione: IGI International, GIA America, Gubeling Academy sono tra i nomi più prestigiosi. Personalmente mi sono formata presso IGI International in collaborazione con Assogemme, l’associazione nazionale italiana dei gemmai legata a Confindustria, che promuove la formazione in Italia”. Determinare il valore di una pietra di colore è un processo delicato, “che avviene attraverso la combinazione di tre elementi: analisi gemmologica, rarità del materiale e valore commerciale sul mercato. In particolare le pietre di colore non hanno una quotazione di settore, come il Rapaport per il diamante, per cui il peso specifico dell’expertise di un gemmaio è fondamentale nell’elaborazione di una quotazione economica corretta”. Per lei maneggiare preziosi è un gioco da ragazzi, la cosa più naturale di tutte, quando le altre maneggiavano gli abiti di Barbie e gioielli di plastica, lei, da vera figlia d’arte quale è, giocava con gemme vere e, affascinata dai racconti di viaggio del padre su luoghi esotici e personaggi singolari, non poteva che desiderare a sua volta di scoprire questo mondo da favola. Non appena ne
Azzurra Cesari con il padre, entrambi impegnati nell’azienda di famiglia Cesari&Rinaldi.
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Azzurra Cesari
ha avuto l’età, dice, “ho potuto verificare con mano la bellezza di questo settore, dove vigono regole antiche e una stretta di mano tra gentiluomini ha il peso specifico di un contratto. Credo sia stato un passaggio naturale desiderare di farne parte e sono felice di poterlo fare in Italia”. Lei è tra i più giovani membri del suo settore, rappresenta le nuove generazioni all’interno del direttivo del Club degli Orafi, un’istituzione nel mondo del gioiello, che ha l’obiettivo di promuovere la cultura e l’eccellenza del Made in Italy, di cui fanno parte le aziende più rappresentative del settore orafo, e orgogliosamente ne sente tutta la grande responsabilità: “l’obiettivo è coniugare processi antichi di produzione e nuove tecnologie nel rispetto dei valori di questo mestiere. Il taglio delle gemme, in
particolare è un’eccellenza italiana riconosciuta in tutto il mondo: per questa ragione, è un valore che desidero comunicare e preservare”. Dal punto di vista aziendale le sta particolarmente a cuore la responsabilità sociale d’impresa, infatti è membro del comitato etico di Assogemme, “che si occupa di stilare un codice etico procedurale al fine di garantire l’intera filiera etica di produzione delle gemme, dal grezzo al prodotto finito, di cui fanno parte Kering (Pomellato e Gucci) e LVMH (Bulgari) e diversi attori fondamentali del settore. È un processo che richiederà tempo, ma comporterà grandi cambiamenti, con la garanzia di pietre etiche, conflict free e child labour free”. L’azienda di famiglia collabora coi maggiori gruppi del lusso francesi, perciò possiamo parlare di soddisfazione, impegno e responsabilità al tempo stesso, “siamo orgogliosi di rappresentare il Made in Italy nell’ambito delle gemme e di essere considerati una garanzia di qualità”. Maison di quel calibro si soddisfano “garantendo costanza nell’eccellenza della produzione e in ogni singola fase: dalla scelta del grezzo alla consulenza gemmologica”. La filiera del gioiello è mutata, “questi ultimi anni hanno rappresentato una rivoluzione tecnologica in un settore a forte stampo artigianale – ci spiega –. La vera forza è stata integrare i due aspetti. Il taglio delle gemme è un processo che viene realizzato a mano ancora oggi ed io credo sia importante preservare la conoscenza artigianale attraverso il passaggio generazionale, garantendo la continuità di un mestiere antico con l’ausilio, non la sostituzione, della tecnologia nei sistemi produttivi”.
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