€ 3,00 - N. 2/16 Tariffa R.O.C.: Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB - FILIALE DI FORLÌ -
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IMPRONTE DI STILI. Matteo MARZOTTO, Alberto GALASSI, Vasco ROSSI, Raoul CASADEI, Dario FO.
SPECIAL DOME. architettura e interior design
PESARO: Nel segno del design,
CASTROCARO TERME: La casa preziosa,
FORLÌ: La nuova Rocca.
Ford Mustang: consumi da 8,0 a 13,6 litri/100 km (ciclo misto); emissioni CO2 da 179 a 306 g/km.
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Editoriale
EDITORIALE di Andrea Masotti
Apriamo il numero invernale di Premium con uno sguardo del sommelier Flavio Barge Sintoni a tre vini che, tra Romagna e Marche, sono stati classificati in questo fine d’anno tra i migliori dalla prestigiosa Guida dei Vini Gambero Rosso. Rimaniamo nel mondo del food con Simone Giovannini, fondatore di Sluurpy, il primo e unico portale italiano che pubblica e digitalizza i menù dei take away e dei ristoranti e pizzerie d’asporto. Parliamo poi del Ristorante San Domenico di Imola, che ha conservato anche quest’anno la seconda stella Michelin, unico in tutta la Provincia di Bologna. Passiamo alla segnalazione delle novità editoriali con i libri di Mariavittoria Andrini e Pierluigi Moressa, pubblicati dalla nostra casa editrice Edizioni IN Magazine e disponibili in tutte le librerie Mondadori d’Italia. Questo 2016 porta con sé l’anniversario di una rivista del nostro gruppo: festeggiamo infatti i dieci anni di Pesaro IN Magazine. Diamo spazio ai progetti che Menabò Group ha organizzato per ITEMA e ISKO all’estero, rispettivamente a Shangai e Düsseldorf, e al dietro le quinte dello sport con i leoni della Squadra Corse CEA, gli angeli custodi dei piloti di Formula 1 sulle piste di tutto il mondo. Gli articoli centrali della rivista sono dedicati a protagonisti del nostro tempo, nel mondo dell’impresa come delle arti. Iniziamo da Matteo Marzotto, manager e imprenditore ma anche forte attivista a favore della ricerca sulla Fibrosi Cistica. Proseguiamo con Alberto Galassi, AD di Ferretti Group, che si racconta in un’intervista sulla sua carriera e il futuro del gruppo. Continuiamo con Vasco Rossi di cui è appena uscito un album retrospettivo di tutti i suoi successi e quattro inediti. Non
Tariffa R.O.C.: Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB - FILIALE DI FORLÌ -
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€ 3,00 - N. 2/16
poteva mancare un ricordo su Dario Fo, che ha vissuto i suoi ultimi anni a Cesenatico, un attore, scrittore, affabulatore di cui ricordiamo soprattutto il sorriso. Terminiamo la carrellata dei personaggi con Raoul Casadei, di cui ripercorriamo la carriera attraverso i luoghi a lui più cari della nostra e sua terra. Segue uno sguardo al Museo Ducati, di cui è stato realizzato un restyling in occasione dei 90 anni della casa motociclistica. Abbiamo intervistato il fotografo Marco Onofri, che ci ha parlato del suo progetto Followers. Abbiamo esplorato per voi il borgo medioevale di Mondaino, traendo spunto da una delle nostre guide di successo: 52 Domeniche in Romagna (vol. 2). L’appuntamento con Dome, in questo numero ospita una casa di Pesaro, nata nel segno del design e della funzionalità: un luogo dove poter
IMPRONTE DI STILI. Matteo MARZOTTO, Alberto GALASSI, Vasco ROSSI, Raoul CASADEI, Dario FO.
SPECIAL DOME. architettura e interior design
PESARO: Nel segno del design,
CASTROCARO TERME: La casa preziosa,
FORLÌ: La nuova Rocca.
ospitare gli amici ma anche un nido dove poter rimanere da soli, raggiungibile solo in ascensore. Una casa preziosa, dove l’elemento guida è il travertino toscano di Rapolano, usato per le pavimentazioni esterne come per i particolari dell’interno è quella di Castrocaro Terme. Rimaniamo in provincia di Forlì per visitare la nuova Rocca delle Caminate, che dai fasti dell’epoca fascista è passata sotto molteplici proprietà e utilizzi fino ad essere, oggi, ristrutturata per ospitare uno dei poli tecnologici aeronautici d’avanguardia d’Italia. Finiamo questo numero dando spazio al lughese Simone Resta, chief designer di Ferrari, oggi sinonimo di eccellenza a livello internazionale, entrato in scuderia nel 2011, scala la carriera tecnica del cavallino fino a raggiungere il massimo livello nel 2014, sotto la presidenza di Marchionne.
Editoriale / 5
Un luogo luminoso, accogliente, dedicato all’archivio della storia Dondup. Uno spazio che racconta il mondo Dondup dai capi delle collezioni all’accoglienza, al design in pieno stile Dondup.
Orari di Apertura Da Martedì a Venerdì: 10.00 – 13.00 | 14.00 – 19.00 Sabato: 10.00 – 13.00 | 15.00 – 20.00 Domenica: 16.00 – 20.00
Via Achille Grandi, 10 61034 Fossombrone (PU) Italy (+39) 0721 740966 archivio@dondup.com www.archiviodondup.it
ANVERSA - BEIRUT - CHICAGO - HONG KONG - MIAMI - NEW YORK - SEUL - SINGAPORE - TAIPEI - KUALA LUMPUR
Sommario Premium
SOMMARIO - PREMIUM impronte di stili
Editoriale 3
32
38
Accenti 10 Good Wine 18 New Enterprise 20 Gourmandise 22 Tra le Righe 24 Anniversary 26
44
Happening 28 Sporting Club 30 Matteo Marzotto 32 manager e imprenditore... ma non solo.
Alberto Galassi 38 campioni del Made in Italy.
68
Vasco Rossi 4 4 tutto è possibile se c’è Vasco.
Dario FO 50 il Nobel con il sorriso.
Romagna capitale 54 la terra del Liscio.
Stile a due ruote 6 0 il nuovo Museo Ducati.
Followers 64 il progetto social.
Mondaino 68 sapore medioevale.
10 / Sommario Premium
Sommario Premium
SOMMARIO - PREMIUM impronte di stili
SPECIAL DOME architettura e interior design
Accenti 76
Nel segno del design 78 un rifugio al sesto piano.
78
La casa preziosa 84
“IN MAGAZINE PREMIUM” anno X - n° 2 dicembre 2016 Reg. al Tribunale di Forlì il 28/10/2005 n. 43
lo stile nell’uso del travertino.
Edizioni IN MAGAZINE S.R.L. - Menabò Group Redazione e amministrazione: 47122 Forlì - Via Napoleone Bonaparte, 50 tel. 0543.798463 - fax. 0543.774044
La nuova Rocca 90
www.inmagazine.it www.menabo.com info@inmagazine.it
Rocca delle Caminate, polo tecnologico d’eccellenza.
Simone Resta 98 la mia Ferrari.
Stampa: Grafiche MDM Forlì
Direttore Responsabile: Andrea Masotti.
84
Redazione centrale: Gianluca Gatta. Artwork: Lisa Tagliaferri. Impaginazione: Francesca Fantini. Ufficio commerciale: Gianluca Braga, Irena Coso, Laura De Paoli, Elvis Venturini. Collaboratori: Mariavittoria Andrini, Annalisa Balzoni, Alessandro Bucci, Erika Baldini, Barbara Baronio, Flavio Barge Sintoni, Alessandro Bucci, Lucia Lombardi, Marina Osorio, Giorgio Pereci, Matteo Ranucci. Fotografi: AGF, Riccardo Gallini, Giorgio Sabatini, Luca Toni. Chiuso per la stampa il 6/12/2016 Seguici su FB: www.facebook.com/edizioni.inmagazine
90
gruppo
Sommario Premium / 11
Accenti
Aiuti ai MUSEI D’IMPRESA. Emilia-Romagna - La Regione stanzia quasi 15 milioni di euro per progetti innovativi di riqualificazione turistica, commerciale e culturale di imprese locali, fondi che produrranno oltre 43 milioni di investimenti nei prossimi due anni. E lo fa attraverso un unico bando, con scadenza a fine febbraio, che per la prima volta mette insieme tre importanti settori come turismo, commercio e cultura. Strutture ricettive rinnovate, botteghe nei centri storici, cinema e teatri moderni e accoglienti, ma anche nuovi musei d’impresa: l’Emilia-Romagna diventerà ancora più attrattiva grazie alla valorizzazione dei territori e delle proprie eccellenze. A essere maggiormente premiate saranno quelle in grado di creare nuova
occupazione. Il bando prevede tre misure di sostegno: una per progetti sulla ricettività, in particolare alberghiera e all’aria aperta; la seconda per progetti sulle attività al dettaglio, soprattutto nei centri storici; la terza rivolta a progetti relativi a luoghi adibiti a rappresentazioni cinematografiche, teatrali e musicali. Per la prima volta si finanzia anche la nascita dei musei d’impresa, intesi come quei percorsi o spazi-mostra voluti dalle aziende per trasmettere il valore della cultura produttiva territoriale. Sono sempre più frequenti le imprese che aprono le porte ai visitatori per illustrare, in contesti dedicati, il processo produttivo, e se ne registrano di importanti anche in Emilia-Romagna (fra gli altri i musei Ferrari, Lamborghini, Ducati).
RICCARDO MUTI, 50 anni in punta di bacchetta.
Bergamo - 50 anni dall’esordio sul palco per il grande Riccardo Muti. Il celebre maestro d’orchestra ravennate ha festeggiato a Bergamo il mezzo secolo di carriera. Era infatti il 27 novembre 1966 quando Muti diresse l’orchestra Vít Nejedlì proprio nel capoluogo orobico, al teatro Donizetti. Il 29 novembre scorso il maestro ha ricevuto dal
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Consiglio comunale di Bergamo la medaglia d’oro e ha diretto al Donizetti l’orchestra Cherubini, da lui stesso fondata, davanti all’autorevole presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e davanti ad un pubblico entusiasta, sparso anche per la città, grazie alla presenza di 4 megaschermi che hanno trasmesso l’evento in diretta. Il concerto al Teatro Donizetti è stato l’unico appuntamento italiano di Muti in questa fine d’anno. In novembre il maestro ha diretto i Wiener Philharmoniker a Vienna e poi a Tokyo per tre recite delle “Nozze di Figaro”, mentre in dicembre sarà a Tel Aviv, dove è stato invitato a celebrare gli ottant’anni della Filarmonica d’Israele. In gennaio ci sarà il tour europeo con la Chicago Symphony, con tappe a Parigi, a Vienna, in Germania e anche alla Scala, il 20 e il 21 gennaio, dove non dirige dal 2005, quando lasciò il suo storico ruolo di direttore musicale del teatro.
Happy cocktail Chopard.
Pesaro - L’allure della maison Chopard, firma amata dalle star del cinema, è sbarcata a Pesaro in settembre, in occasione della Mostra del Cinema di Venezia, per un cocktail esclusivo organizzato dal gruppo Bartorelli Gioiellerie, che ha voluto deliziare la propria clientela con un’esposizione delle nuovissime collezioni della griffe icona di stile. Un evento speciale che ha avuto luogo all’interno della boutique nel centro cittadino, in perfetto orario da cocktail, e che ha permesso ai selezionati invitati di immergersi per una sera nell’atmosfera lussuosa di Happy Dreams, una delle nuove collezioni di punta del brand, sulle note del DJ set live creato appositamente. Gli invitati hanno potuto ammirare anche le preziose creazioni delle collezioni Happy Sport e Happy Diamonds. (S.C.)
Gioielli Damiani.
Pesaro - Tutti i gioielli Damiani, realizzati a mano e con la massima cura per i dettagli, sono veri capolavori di arte orafa, unici e di grande valore. Valore e artigianalità dei suoi gioielli, attenzione per le cause umanitarie. Valore è il filo conduttore della filosofia di Damiani. Tra le iniziative sociali più recenti: Damiani per l’Emilia; Damiani nell’arte, a supporto di iniziative culturali. E ancora Clean Water, curata dell’associazione non profit Drop in the Bucket. Ogni gioiello Damiani ha una preziosità in più: il valore umano. (S.C.)
Accenti
PREMIO GUIDARELLO 2016.
Ravenna - Si è tenuta a fine novembre la cerimonia di assegnazione dei premi Guidarello per il giornalismo, condotta da Bruno Vespa, che presiede anche la giuria nazionale. I premi sono assegnati per la sezione società ad Alberto Negri, inviato di guerra del Sole 24 Ore, per la sezione cultura al direttore di Rai Cultura Silvia Calandrelli, per la sezione radio/televisione a Sarah Varetto che dirige SkyTG24. Per il giornalismo romagnolo il premio è stato assegnato a Rossella Bonfatti nella sezione studi e ricerche; ad Alberto Giorgio Cassani nella sezione cultura e al regista Italo Moscati per la sezione società. Il Guidarello Turismo è stato attribuito a Silvia Vaccarezza, volto del Tg2. Il Guidarello Giovani è stato assegnato alla classe II A del liceo Torricelli Ballardini di Faenza, che ha realizzato un blog sul lavoro degli ormeggiatori del porto di Ravenna.
Il premio è nato nel 1972 e nel 2002, in occasione del trentennale, la titolarità venne assunta da Confindustria Ravenna che, nell’ultima edizione, ha passato il testimone a Confindustria Romagna, nata dalla fusione tra Ravenna e Unindustria Rimini. Paolo Maggioli, neopresidente, ha portato i saluti dell’associazione alla cerimonia di premiazione motivando il premio ad honorem di Confindustria assegnato quest’anno a Francesco Ticozzi, preside dell’Istituto tecnico Omar di Novara, “che ha ideato un progetto di alternanza scuola-lavoro riconosciuto dalla Regione Piemonte, e che ogni anno conferma con contratti a tempo indeterminato il 95% degli inserimenti in azienda. Un esempio di scuola che funziona, integrata con il territorio grazie alla costruzione di un rapporto con le aziende da un lato e con i ragazzi e le loro famiglie dall’altro”.
Maria Grazia Arcaroli Ago Atelier.
Riccione - Nasce a Riccione nella seconda metà degli anni ’80 come sartoria, conquista la sua clientela grazie a tessuti particolari e materiali sofisticati, elabora corsetti e privilegia la schiena nuda e la linea aderente. AGO è sempre stata meta di artisti e promotrice di eventi e nelle estati della riviera si fa spazio con i suoi abiti da sera. Maria Grazia iniziò lavorando nei festival, fu così che venne invitata come emergente a Düsseldorf per presentare la nuova collezione d’intimo. Oggi AGO collabora con una nota agenzia di Milano, fa sfilare i ragazzi soprattutto all’interno delle discoteche e prosegue la sua passione collaborando con TV private. Ago Atelier Riccione ha riaperto in via Missori n. 1. AGO confeziona abiti su misura, disegna campionari e presenta la collezione al cliente. (S.C.)
PESARO WINE FESTIVAL 2017. Pesaro - Per gli amanti del gusto, assolutamente da non perdere è il Pesaro Wine Festival, prima fiera internazionale del vino d’artigianato. L’evento si terrà a Pesaro ad aprile e sarà una splendida occasione di incontro e di scambio tra i migliori produttori di vino da tutta la penisola, la vicina Francia e l’Istria. Verrà proposto il meglio della stagionatura di alta fascia di salumi e formaggi, cui si accompagneranno esibizioni, cooking show, degustazioni, seminari e lezioni con specialisti di fama internazionale. Il festival si terrà al Centro Arti Visive Pescheria in via Cavour, la seconda location è il seicentesco palazzo Gradari, che ospita il Rossini Opera Festival e l’Enoteca Comunale Rossini.
Accenti / 13
Accenti
XLVI Coffee Machine macchine per caffè espresso.
Hotel Excelsior, 5 stelle con Spa vista mare. Pesaro - L’Hotel Excelsior è il primo 5 stelle della costa marchigiana: un simbolo di ospitalità e contemporaneità. La sua rinascita si deve a Nardo Filippetti, Presidente Eden Viaggi, e all’architetto Marco Gaudenzi, ideatore della struttura. Protagonista degli spazi è la luce naturale, che invade anche la Spa: le vetrate permettono la vista sul mare nell’area piscina e in tutte le cabine. Nei 500 mq dedicati al benessere, l’hammam è diviso in tepidarium, calidarium e due stanze per il savonnage. È inoltre presente una vasca idromassaggio in area privata. Al tema del food&wine sono dedicati due ristoranti: il Bistrò, con dehors sul mare, e il ‘59, dove il pesce dell’Adriatico dà vita al brodetto alla Pesarese e ad altre specialità delle Marche. www.excelsiorpesaro.it (S.C.)
Pesaro - Pensate per un’esperienza che duri in eterno. XLVI Operai del vapore è un contenitore creativo che innova. Manifattura meticolosa con elaborazioni sartoriali permette di confezionare macchine da caffè su misura impeccabili. XLVI è un laboratorio artigianale che opera nel mondo del caffè. Lo scopo è quello di innovare, costruire, elaborare e rendere unici gli strumenti del barista. L’idea guida è trasformare oggetti ad uso quotidiano in strumenti progettati e realizzati a regola d’arte che in mani esperte contribuiscano a
dare un’anima all’opera del barman creativo. La consistenza della parte materica, l’unione dei componenti e la creatività del disegno sono uniti per ottenere macchine da caffè altamente durevoli. Acciaio, rame, ottone: spesso sostituiti oggigiorno da materiali plastici, rimangono al contrario qui il riferimento su cui lavorare, il punto di partenza. La solidità dei macchinari è immediatamente percettibile. Essenzialità e praticità di utilizzo sono alla base dei progetti di XLVI Operai del vapore.
CNA NETWORK business day. Ferrara - Grande partecipazione al CNA NetWork Business Day: oltre 2.300 incontri di affari per le piccole e medie imprese, 250 aziende tra cui 23 forlivesi, 2.300 incontri di affari che corrispondono a 964 ore. L’entusiasmo è stato tangivile tra le imprese che hanno partecipato venerdì 21 ottobre a CNA NetWork Business Day alla fiera di Ferrara. L’evento, organizzato dalle CNA dell’Emilia-Romagna, ha dato la possibilità alle PMI di presentare i propri prodotti e i propri servizi in incontri individuali di 25’ ciascuno. Segui CNA Network su www.facebook. com/networkcna
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Accenti
Urbanizzazioni virtuose.
Forlì - Il Comune di Forlì è capofila del progetto europeo SOS4Life (Save Our Soil for Life) che vede inoltre coinvolti la Regione Emilia-Romagna, i Comuni di Carpi e San Lazzaro, Cnr Ibimet, Legambiente, Ance Emilia-Romagna e Forlì mobilità integrata. Obiettivo del progetto è l’elaborazione di un pacchetto di norme, linee guida e strumenti urbanistici per applicare alla dimensione comunale il consumo di suolo zero e promuovere la rigenerazione urbana. Tre saranno gli interventi pratici dimostrativi che si realizzeranno e rappresenteranno un esempio di buone prassi urbanistiche che farà da modello in Regione: la destinazione a giardino del parcheggio antistante i Musei San Domenico a Forlì, del parcheggio dell’ex bocciofila Malatesta a Carpi e di un’area
Consumo energetico sostenibile.
artigianale nella periferia di San Lazzaro di Savena. Il progetto SOS4Life terminerà nel 2019 ma ha già visto una serie di incontri transnazionali a Dresda e Stoccarda “per studiare”, spiega l’assessore forlivese all’urbanistica Francesca Gardini, “le soluzioni avanzate in materia di de-sealing (deimpermeabilizzazione del suolo) adottate da queste città. Abbiamo potuto conoscere percorsi virtuosi interessantissimi e condividere esperienze e pratiche. La partecipazione a questo progetto è uno strumento importante per la città e per la nostra Regione per adottare nuovi strumenti di pianificazione urbanistica in linea con l’Europa.” (nella foto il gruppo dei partecipanti al progetto in visita-studio a Stoccarda) (S.F.)
Emilia-Romagna - Dopo gli Energy Days il progetto Sostenibilità... mai più senza – la campagna promossa dalla Regione per fornire utili consigli ed indicazioni ai cittadini per risparmiare energia – continua attraverso la partecipazione alla community attiva sul sito www. sostenibilitamaipiusenza.it o sull’app. La comunità sostenibile è stata creata per condividere e votare consigli. L’impegno per un futuro sostenibile è costituito infatti di piccoli e grandi gesti quotidiani – come l’uso della bicicletta anziché dei veicoli a motore, di maglioni di lana, dell’installazione dei pannelli solari – tutti possiamo può imparare ad adottare semplici comportamenti e dispositivi che ci aiutino a ridurre i consumi energetici e le emissioni di CO2 così come a ridurre gli effetti dei cambiamenti climatici. L’obiettivo della campagna non è solo di proporre stili di vita sostenibili ma anche di creare una rete virtuosa per lo scambio d’idee e consigli fra cittadini che, utilizzando il sito web, l’apposita app e le piattaforme dei social network permetta di alimentare la diffusione e l’aggiornamento delle informazioni utili ad avviarsi verso un futuro sostenibile.
Gli spettacoli dal vivo in Emilia-Romagna. Emilia-Romagna - La Regione possiede un sistema teatrale diffuso e dinamico, con un offerta culturale varia e originale. Lo rende noto il recente rapporto I teatri in Emilia-Romagna, geografia, tipologie e forme di gestione, dove scopriamo come il territorio conti di 352 sedi di spettacolo, 193 delle quali sono teatri, di cui ben 72 situati in comuni con meno di 15.000 abitanti e 77 teatri storici ancora attivi sui 106 presenti. Il dato evidente è il fermento delle piccole comunità. Il 63% dei teatri si trova nei comuni medio-piccoli. Bologna è in testa con 24 sedi teatrali, seguita da Parma (11), Piacenza (8), Modena (7) e Reggio Emilia (5). Complessivamente la gestione è privata nel 62% dei casi. “Il teatro nei piccoli centri – ha sottolineato l’assessore alla Cultura, Massimo Mezzetti, in occasione
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della presentazione del rapporto al Teatro Petrella di Longiano –, spesso costituisce il cuore di una comunità e il principale centro pubblico di aggregazione. Lo abbiamo appurato recentemente con il progetto “Scena solidale”, realizzato immediatamente dopo le scosse di terremoto del 2012, che ha garantito la certezza di un’offerta culturale di alto livello e di una stabilità morale e sociale, resa fragile dal crollo di abitazioni e strutture. In proposito la Regione sostiene, nel triennio 2016-2018, 13 progetti di compagnie che, oltre a produrre e distribuire i propri spettacoli, gestiscono uno spazio teatrale in centri piccoli o medi, con un investimento pari a oltre 500.000 euro, una parte del quale copre le spese di programmazione e gestione degli spazi.”
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Accenti
HUGO PRATT E CORTO MALTESE.
Bologna - protagonista per le mostre in questo freddo inverno. Ha aperto i battenti a novembre, a Palazzo Pepoli, “Hugo Pratt e Corto Maltese. 50 anni di viaggi nel mito”. L’esposizione - organizzata da CMS.Cultura e Genus Bononiae, a cura di Patrizia Zanotti e con la collaborazione di Cong - Hugo Pratt Art Properties - è una grande antologica dedicata al mitico fumettista e scrittore Hugo Pratt e alla sua creazione più nota, il marinaio Corto Maltese: oltre 400 opere tra disegni, acquerelli, chine, riviste e rarità per ripercorrere il primo mezzo secolo di storia tra Pratt e il suo eroe principale. In mostra Anna della Giungla (1959), Ernie Pike del 1961,
Sg.t Kirk del 1955, le tavole e gli acquerelli di Wheeling e degli Scorpioni del Deserto che conducono il visitatore nell’Africa del 1941/1942 e nelle cui storie personaggi immaginati e personaggi reali si mescolano e rimescolano a ritmo forsennato. In esposizione non mancano poi le 164 tavole originali di Una ballata del mare salato, forse la graphic novel più famosa di Pratt. Il percorso ha come scopo quello di celebrare Pratt, a 50 anni dalla nascita del suo alter ego Corto Maltese, ma anche di porre l’attenzione sul panorama storico-geografico che ha fatto da contorno all’opera dell’autore. www.mostrapratt.it.
GENESI di Sebastião Salgado. Forlì - Allestita nella chiesa di San Giacomo e inserita nell’offerta culturale del Complesso di San Domenico – ideata da Amazonas Images, promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Forlì in collaborazione con il Comune di Forlì, organizzata da Civita Mostre in collaborazione con Contrasto – fino al 29 gennaio è possibile visitare la mostra fotografica Genesi di Sebastião Salgado, uno dei più importanti fotografi documentaristi del nostro tempo. Si tratta di una collezione fotografica unica, che mostra la natura, gli animali e gli uomini con uno sguardo appassionato e rispettoso. Un percorso etico, quasi spirituale. Nel primo mese la mostra ha registrato oltre 15.000 visitatori, con un trend costantemente in crescita.
18 / Accenti
Bowie, l’europeo. Bologna - Dallo scorso novembre, e fino al 29 gennaio 2017, la Biblioteca d’Arte e di Storia di San Giorgio in Poggiale accoglie BOWIE – L’EUROPEO: Fotografie di Philippe Auliac, una mostra fotografica che prosegue sulla scia del sentito rimpianto per la scomparsa del mitico artista. Le immagini scattate da Auliac ripercorrono quel periodo degli anni ‘70 in cui David Bowie divenne, da acclamata rock star, un comune cittadino d’Europa, senza più maschere o personaggi da interpretare. Dal deserto di cocaina e paranoia vissuto a Los Angeles, Bowie fece in quegli anni ritorno in Europa, in quella Berlino divisa tra Est e Ovest, tra capitalismo e comunismo, mentre a Londra il Punk stava cambiando il panorama delle sottoculture giovanili. Prima però Bowie viaggiò in treno per tutta Europa, da Amsterdam a Bruxelles a Stoccolma e fino alle porte di Mosca. A Parigi fece sosta per registrare Low e finalmente a Berlino, dove salvò se stesso dalla droga e dove compose due album che entreranno nella storia, Heroes e Lodger. Questo passaggio è rappresentato in mostra attraverso 20 scatti d’epoca di Philippe Auliac. Presenti in mostra anche alcune immagini di Jan Persson, Ian Dickson e rari materiali di archivio dell’etichetta RCA e Arista, nonché i poster originali dei due film girati da Bowie negli anni ’70, L’uomo che cadde sulla terra e l’inedito Ziggy Stardust.
Good Wine
VINI AL TOP
tre Bicchieri tra Romagna e Marche. testo Flavio Barge Sintoni - foto Giorgio Sabatini
Ad autunno, quando si raccoglie l’uva, vengono pubblicate le classifiche dei migliori vini che premiano i produttori di tutta Italia. Diamo uno sguardo ad alcuni vini di Romagna e Marche segnalati con Tre Bicchieri nella Guida dei Vini del Gambero Rosso.
Quest’anno la novità più interessante, per quanto riguarda la Romagna, è la conferma, anzi, l’ampliamento, di un vitigno che, fino a pochi anni fa, è sempre rimasto circoscritto nel territorio. È grazie al coraggio e allo spirito di innovazione di alcuni viticoltori romagnoli, che stanno cercando di esaltarne la ricchezza di sfumature, se in questi ultimi anni l’Albana di Romagna può vantare prodotti di ottima qualità che possono fregiarsi dell’ambito riconoscimento dei Tre Bicchieri, assegnato dalla Guida dei Vini del Gambero Rosso Oggi vogliamo raccontare tre vini, due romagnoli e uno marchigiano, scelti fra tutti i premiati: un Passito di Albana, un Sangiovese Superiore e un Rosso Conero. L’Albana è un vitigno a bacca bianca che dà il meglio di sé sia se viene vinificato in versione dolce che in versione secca. I risultati migliori si hanno dalle vigne posizionate in zone collinari come nel caso del Passito Riserva Docg Regina di Cuori dell’azienda agricola Gallegati, prodotto sulle colline di Brisighella. È un vino che, nonostante la latitudine, non ha nulla da invidiare a vini passiti prodotti molto più a Sud. Ha un’ottima struttura e profumi intensi che passano dall’albicocca matura ai fichi. È perfetto come vino da meditazione o abbinato a formaggi o a biscotti secchi oppure, come da tradizione, con la ciambella Romagnola. Un grande cavallo di battaglia e già vincitore di tre bicchieri, in uscite precedenti, è il Sangiovese Superiore Limbecca prodotto da Paolo Francesconi, azienda faentina appartenente al gruppo di BioVitiCultori. Il Limbecca, vinificato esclusivamente con uve Sangiovese, è affinato e fermentato totalmente in vasche d’acciaio e dimostra appieno lo spirito romagnolo con la sua schiettezza e freschezza. Può accompagnare i corposi primi romagnoli come le tagliatelle al ragù, ma anche salumi, formaggi, carne di maiale o di agnello. Un altro grande vino vincitore del meritato premio, molto apprezzato per la sua struttura e potenza, è Campo San Giorgio, Conero Riserva Docg 2011 di Umani Ronchi, grande azienda di vini che dal 1959 produce Verdicchio e Montepulciano e che ha fatto la scelta di coltivare esclusivamente in biologico. Il Campo San Giorgio è un vino cento per cento Montepulciano che, dopo l’affinamento in legno, sprigiona tutta l’eleganza e la potenza che questo vitigno può esprimere. È perfetto abbinato ad arrosti di carni rosse, cacciagione o anche solo con un buon formaggio stagionato.
20 / Good Wine
Qui sopra il sommelier Flavio Barge Sintoni.
Foto: Alessandro Giovanelli
New Enterprise
SLUURPY
la buona tavola online. testo Marina Osorio
Alla base due idee vincenti: combattere lo spreco cartaceo e la possibilità di avere sempre a portata di mano il menù del proprio locale preferito, fruibile sul web e su Smartphone. Sluurpy è il primo e unico sito in Italia che pubblica e digitalizza gratuitamente i menù dei take away e dei ristoranti e pizzerie con asporto. “Una guida accreditata alla scelta del ristorante preferito, con un efficace servizio di Drive to Restaurant, una guida completa su tutto il mondo Food & Beverage” specifica il fondatore di questa originale Start Up, il giovane imprenditore bolognese Simone Giovannini: “Sluurpy è nato dopo aver raccolto e studiato attentamente, insieme al mio gruppo di collaboratori, dati e tendenze del F&B, sia degli italiani sia dei principali paesi in via di espansione in Europa, Asia e Sud America. Abbiamo notato che l’utilizzo del menù da parte delle persone per prepararsi all’acquisto o alla prenotazione di un tavolo è un’usanza in crescita. Da qui è nata l’idea di digitalizzare il biglietto da visita più importante di un locale, il proprio menù, la propria offerta culinaria, il proprio brand.”
Come scegliete tra i menù da pubblicare? Quali servizi offrite? “Per noi è centrale la qualità dell’immagine del menù, per questo non pubblichiamo foto di cellulare o file di scarsa qualità. Per Sluurpy la centralità dei servizi offerti passa dal mettere al centro il brand di qualsiasi attività del settore F&B, perché si sa quanto il brand sia fondamentale. Un altro importante servizio è la valutazione oggettiva di un locale. Esistono siti che valutano i locali in base ai propri utenti, oppure siti o guide che danno i loro personali voti e giudizi a ristoranti e locali. Sluurpy va oltre: vuole essere un portale oggettivante per la qualità di un locale. Sluurpy si propone come guida delle guide, raccogliendo ed elaborando i dati del web, dei siti autorevoli del settore F&B, delle guide più accreditate e altri dati che, rielaborati attraverso un innovativo algoritmo, permettono di avere una valutazione in centesimi che rispecchia la reale popolarità e qualità di un locale.” Avete iniziato nel settembre 2013, come evolve il progetto? “La prima sfida che abbiamo dovuto affrontare è stata la raccolta capillare dei menù. Oggi abbiamo oltre 12.000 locali presenti su Sluurpy, copriamo tutte le province italiane, oltre 1.000 città. Abbiamo una squadra che si occupa fisicamente della raccolta dei menù, e allo stesso tempo siamo in comunicazione con i ristoranti per ricevere costantemente menù aggiornamenti, è il nostro cavallo di battaglia. Vista la tendenza mondiale nell’utilizzo del menù e l’apprezzamento da parte degli utenti della loro digitalizzazione, ci stiamo preparando per aprire mercati come Argentina, Brasile, Messico, Sud Est Asiatico, in Europa Spagna, Francia e Germania.”
22 / New Enterprise
Nella foto Simone Giovannini, il fondatore di Sluurpy, primo sito italiano che pubblica online menù d’asporto.
Gourmandise
SAN DOMENICO il sapore delle stelle. testo Mariavittoria Andrini
Da oltre quarant’anni, arte, fantasia e passione sono i capisaldi della cucina del ristorante San Domenico a Imola. La Guida Michelin gli ha assegnato il premio Qualità nel tempo Michelin Italia 2017.
Non c’è altro ristorante in Italia, e uno dei pochi al mondo, che possa vantare un simile record, 40 anni ininterrotti con le stelle Michelin. Possono andare fieri di questo primato i fratelli Valentino e Natale Marcattilii, primato che, proprio quest’anno, la prestigiosa Guida Michelin ha voluto riconoscere e premiare assegnando al Ristorante San Domenico di Imola il premio Qualità nel tempo Michelin Italia 2017.
Era il 7 marzo 1970 quando Gianluigi Morini, cuoco, sommelier e grande appassionato di cinema, apre le porte del ristorante San Domenico, a Imola. In cucina Morini aveva fortemente voluto il maestro Nino Bergese, chef delle più grandi casate italiane, definito Il cuoco dei re e gli aveva affiancato il giovanissimo Valentino Marcattilii. È a lui che Bergese trasferisce tutto il suo sapere tanto che, da subito, il San Domenico è sinonimo di classe e ospitalità. Il primo prestigioso riconoscimento arriva nel 1975 con la prima stella Michelin. La seconda viene assegnata al giovane Valentino due anni dopo. E per quarant’anni il San Domenico è sempre stato presente nella famosa guida chiamata “la rossa”, per l’immutato colore della sua copertina. Oggi il San Domenico mantiene la sua immutata atmosfera elegante e raffinata, forse un po’ retrò rispetto ai nuovi canoni di ristorazione moderna e minimalista, ma i suoi ambienti caldi, la perfetta accoglienza altamente professionale di Natale Marcattilii, la cucina che conserva il piacere dei piatti storici sempre con un occhio all’evoluzione, la prestigiosissima scelta dei vini, fanno sì che gli ospiti si sentano perfettamente a loro agio. Ad affiancare Valentino oggi c’è anche il giovane nipote Massimiliano Mascia che ha portato una ventata di freschezza e di evoluzione di sapori e di profumi, forte di tutte le esperienze che ha potuto fare in giro per i ristoranti migliori del mondo. Arte, fantasia e passione fanno sì che il San Domenico continui ad essere un caposaldo da oltre quarant’anni della cucina italiana.
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Nella foto a sinistra, lo staff del ristorante San Domenico. Sopra, la cantina e un’immagine notturna del locale.
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Tra le Righe
NOVITÀ EDITORIALI
nella Romagna del gusto e dei luoghi eccellenti. testo Giorgio Pereci
Ci sono libri che lasciano il segno, che chiedono di essere riletti. I due volumi di Mariavittoria Andrini e Pierluigi Moressa pubblicati dal nostro marchio editoriale, Edizioni IN Magazine, fanno parte di questa categoria di libri privilegiati.
Ci sono libri che una volta letti non rimangono chiusi, riposti in una libreria o dimenticati su uno scaffale, bensì vengono ripresi, riletti e consultati. Perché ad ogni nuova lettura ci offrono qualcosa di più, riescono ad essere strumenti utili nelle nostre vite. Non parliamo dei manuali, ma di quei libri che diventano nostri compagni di viaggio, quelli di cui difficilmente riusciamo a separarci. Un esempio è quello di Mariavittoria Andrini Profumi di casa mia che fin dal sottotitolo promette “menu e ricette per chi ama la buona tavola e ha tempo da dedicare ai fornelli”. Per l’autrice non è più l’ora di cucinare alla svelta, per garantire al palato una soddisfazione superficiale. Preparare un piatto è un’esperienza che può far viaggiare nella memoria – ricordiamoci della madeleine di Proust – e attraverso i ricordi e gli aneddoti soddisfare non solo il gusto ma anche la curiosità di parenti e amici. Il libro di Andrini è una tranche de vie dell’autrice, ma potrebbe essere quello di ognuno di noi perché la sua storia è la storia di tutti. Lei, giornalista e scrittrice specializzata nel settore del turismo e dell’enogastronomia, ci ha aperto la sua casa. Dopo i volumi Le ricette di famiglia 1 e 2, che contiene 146 ricette raccolte nei decenni da una famiglia nobile emiliana nell’arco di cinque generazioni, l’autrice ha deciso di raccontarci i segreti dei suoi piatti facendoci percorrere un viaggio di sapori, di colori e, come recita il titolo, di profumi: quelli che nascono dalle pietanze appena sfornate o dalla frutta matura conservata sui vassoi della cucina. Il libro è suddiviso in 21 menu, che raccolgono ricette della tradizione romagnola (ma non solo) intorno ai ricordi dell’autrice. Scopriamo così che per una domenica in famiglia, il menu consigliato è composto da pasta al forno con cardi e Brie, patate al forno, polpette al sugo di pomodoro e crostata con marmellata di albicocche. Se vogliamo un pranzo raffinato, abbiamo un menu a base di quenelle al tartufo in brodo di cappone, puré di patate viola, agnello in fricassea e frutta mista cotta al forno. La preziosità del libro risiede nella narrazione di ogni piatto, che si accompagna a un ricordo, a un evento speciale, a un aneddoto. Per il lettore è come stare seduti alla tavola apparecchiata di Mariavittoria, una sensazione ricostruita anche grazie alle foto di ciascun piatto che lei ha personalmente scattato durante la stesura dei testi.
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Qui sopra la copertina del volume di Mariavittoria Andrini. Nella pagina accanto, quella della guida di Pierluigi Moressa.
Tra le Righe
Modulato secondo una suddivisione settimanale è invece il nuovo libro di Pierluigi Moressa, Una terra da scoprire. 52 luoghi di Romagna. È l’ultimo nato della collana 52, divenuta ormai un marchio riconosciuto di guide sulla Romagna, suddivise, da qui il nome, in 52 schede, una per ogni settimana dell’anno. Si tratta di una formula che consente di guardare alla guida come un’ideale compagna di viaggio per un intero anno. Edizioni IN Magazine ha pubblicato in questa collana numerosi successi editoriali, come i due volumi che compongono la serie 52 Domeniche in Romagna, I luoghi dello spirito in Romagna, Il cammino di San Vicinio, 52 Domeniche con i bambini in Romagna. Quella di Moressa, autore di innumerevoli libri di arte e storia locale (tra cui 52 Miti e misteri di Romagna, 2015), è una guida a quei luoghi capaci di rappresentare un unicum nel loro genere. Il testo si sofferma sulle preziosità talvolta trascurate – e che anche i romagnoli spesso non conoscono – che costellano musei, riserve naturali, città, luoghi della storia e della fede. La guida è comunque indirizzata a tutti coloro che non solo amano viaggiare ma che sono anche persone curiose, con uno spirito esplorativo, che riescono ad emozionarsi davanti alle rarità anche minute che la Romagna nasconde nella consapevolezza che i viaggi in Romagna sono stati descritti di frequente come esperienze uniche. Questa guida vuole portare in luce, e condividere con chi ha voglia di curiosare tra le bellezze locali, luoghi che potremmo definire imperdibili. Suddivisa in quattro parti – natura e cultura; aree museali; segni della storia e della fede; quartieri, paesi e città –, vi troviamo un’idea per ciascun fine settimana: da Riccione considerata in una prospettiva liberty ai percorsi naturali della bassa ravennate, dal borgo faentino di Durbecco fino alle antichità storiche e memorie granducali di Galeata, dall’arte futurista che si celebra a Morciano al Borgo San Giuliano di Rimini, luogo felliniano per eccellenza. Ciascuna scheda contiene un approfondimento storico e culturale, tanto che la guida può essere intesa non solo come strumento da portare con sé in visita ai luoghi suggeriti, ma anche e soprattutto un libro da sfogliare e leggere comodamente seduti, facendosi sorprendere dalla magistrale capacità narrativa dell’autore, che riesce a portarci nel cuore della storia di Romagna affiancando con raffinatezza storie popolari e nobiliari, leggenda e cronaca, cultura e natura.
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Anniversary
PESARO IN MAGAZINE dieci anni di informazione locale. testo Gianluca Gatta - foto Luca Toni
C’era Valentino Rossi in copertina, nel primo numero di Pesaro IN Magazine. Era stato da pochissimo insignito della laurea honoris causa in Comunicazione e pubblicità per le organizzazioni e pareva rappresentativo di una Pesaro con un grande futuro davanti, una Pesaro adulta ma ancora in crescita. Tanto da poter ospitare una rivista che cerca nelle eccellenze del territorio il suo perno fondamentale. Pesaro IN Magazine si affiancava ai magazine di Forlì-Cesena, di Ravenna, di Rimini che – insieme a Premium e, recentemente, a Dome – ancora la accompagnano in questo viaggio di esplorazione di questo lembo di terra adriatica, denso di attività e di persone che hanno voglia di emergere con il loro lavoro e la loro arte. Anche l’ultimo numero si apre con un articolo dedicato alla carriera di Valentino Rossi, come a chiudere idealmente un cerchio di fortuna che possa costituire un nuovo acceleratore per il futuro. Ma avere nuovamente il Dottore in prima fila tra gli ospiti della rivista non è solo un segno di
buon auspicio. Vuol essere in verità soprattutto rappresentativo dello spirito audace e schietto di un’intera comunità. E ciò risulta chiaro dalle parole di coloro che seguono nella rivista: dal sindaco Matteo Ricci, che fa il punto sugli ultimi dieci anni di impegno istituzionale all’insegna della passione per la politica, a coloro che hanno dato sostegno alla rivista con le proprie inserzioni, motore fondamentale per un magazine che viene distribuito come freepress. E non poteva mancare nemmeno un’intervista al Prefetto di Pesaro e Urbino Luigi Pizzi, recente vincitore del premio Marchigiano dell’anno. A cui vanno aggiunti tutti i personaggi – tra imprenditori, artisti e persone di cultura –, che ci hanno raccontato la loro storia Un ringraziamento deciso va comunque ai giornalisti e agli altri collaboratori della rivista, senza i quali – come è naturale che sia – nulla potrebbe esistere. La loro passione e tenacia consente a questo periodico di raccontare il territorio pesarese in modo sempre nuovo, da prospettive differenti e originali. Parliamo di Simonetta Campanelli, coordinatrice del gruppo di lavoro composto da Benedetta Andreoli, Alberto Berardi, Franco Bertini, Ettore Franca, Giovanna Patrignani, Silvia Sinibaldi, Maria Rita Tonti, Laura De Paoli, Leonardo Mattioli, Luca Toni e Olimpia Sinistrario. Ma parliamo anche di Roberto Bagazzoli, Daniela Battistini, Lamberto Bettini, Elisabetta Ferri, Elio Giuliani, Giovanni Lani, Glauco Maria Martufi, Cristina Ortolani, Camilla Olivieri, Enzo Polverigiani, Simona Spagnoli, Marco Sensoli, Beatrice Terenzi, Riccardo Paolo Uguccioni, Solidea Viviana Vitali Rosati. Con un ricordo speciale per Paolo Angeletti.
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I collaboratori della redazione di Pesaro IN. In piedi da sinistra: Leo Mattioli, Maria Rita Tonti, Giovanna Patrignani, Alberto Berardi, Ettore Franca, Franco Bertini, Olimpia Sinistrario, Simonetta Campanelli. In basso da sinistra: la mascotte Leonberger Artù, Luca Toni, Silvia Sinibaldi, Laura De Paoli.
Happening
MENABÒ GROUP creatività sempre più internazionale. testo Teresa Batista
L’agenzia di comunicazione Menabò di Forlì, gruppo di cui fa parte anche Edizioni IN Magazine, crea e cura eventi non solo a livello nazionale. Gli ultimi mesi di questo 2016 hanno visto i talenti creativi dell’azienda romagnola impegnati in prestigiosi progetti destinati al mercato estero.
L’estro e la professionalità di Menabò viaggiano veloci, e non solo in Italia. A ottobre è stata l’importante cornice asiatica del salone di Shanghai ITMA ASIA + CITME 2016 a ospitare l’anteprima del nuovo progetto ITEMA, impresa italiana leader mondiale nella produzione di telai per la tessitura. Menabò ha curato la realizzazione del video pensato per presentare R9500 Denim, il nuovo telaio che l’azienda ha sviluppato per il mondo del denim. A supporto del video dimostrativo anche il sito howdoyoudenim.com che presenta, oltre alla nuova proposta, le migliori tecnologie sviluppate da ITEMA per la tessitura e la lavorazione del jeans. Un portale che mette in luce tutta la grande expertise di questa grande eccellenza made in Italy. Sempre nell’ambito del duttile tessuto color indaco, altro progetto e altro continente, a chilometri di distanza ma con la stessa competenza, Menabò ha firmato un importante evento che ha organizzato. Il 17 novembre 2016 a Düsseldorf, presso gli spazi suggestivi della Lofthaus, si è tenuto “Injeanious” ISKO, evento di successo all’insegna dell’innovazione e della sperimentazione nel settore denim. A Düsseldorf, ISKO ha chiamato a raccolta esperti e strateghi del settore per indagare su sfide e opportunità, assieme a product manager, designer, rivenditori, “padrini” della Moda e influencers di livello internazionale. Media Partner Sportswear International. Idea Sharing e Cross-Fertilization sono stati i concetti chiave di questa interessante giornata di seminari ed incontri, scanditi da una tavola rotonda aperta alla discussione (a cui hanno partecipato François Girbaud, lo stilista che ha fatto la storia del denim; Marco Lucietti, direttore Global Marketing di SANKO/ISKO; Dirk Lehmann, responsabile editoriale e Vendite per Sportswear International; Markus Hefter, direttore di ISKO; con la moderazione di Sabine Kühnl, direttrice responsabile di Sportswear International), dettagliati discorsi programmatici (tra i relatori Olaf Gerwing, co-fondatore di P3 Communications; Luciano Pinna, designer e artista concettuale che ha parlato di digitalizzazione e innovazione; Michael Schragger, CEO di Sustainable Fashion Academy e Esin Kiliçkan, R&D Manager ISKO) e soprattutto tanto networking. L’intensa giornata si è conclusa, da collaudato copione, con cena e party, per celebrare tutti assieme l’innovazione e il futuro del settore. La musica e la visone creativa della serata è stata curata dalla DJ, scrittrice e modella Aurielle Sayeh.
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Due momenti dell’evento “Injeanious” ISKO a Düsseldorf, lo scorso 17 novembre.
Sporting Club
SQUADRA CEA la sicurezza sul circuito. testo Alessandro Bucci - foto Giuseppe Bucci
L’azienda è leader a livello europeo nella progettazione e nella produzione degli estintori. La squadra corse, presente negli autodromi sin dal 1970, è considerata l’eccellenza assoluta come team antincendio. Non a caso li chiamano leoni, da quel lontano 1978 quando salvarono dal rogo Ronnie Peterson.
Cultura della sicurezza, tradizione familiare, determinazione, competenza, passione e coraggio: questi sono alcuni dei grandi valori di CEA Estintori. Obiettivo primario dell’azienda è da sempre rafforzare la cultura della sicurezza sul territorio, attraverso il costante aggiornamento tecnico e legislativo unito ad un’azione capillare di formazione e informazione, rivolgendosi al settore privato e pubblico. Abbiamo raggiunto la responsabile CEA Squadra Corse Rossella Amadesi per approfondire gli aspetti principali del lavoro dei leoni. Com’è nata la CEA squadra corse? “Quando i vigili del fuoco a metà degli anni ‘60 nella zona di Bologna erano in pochi per via delle emergenze. Gli impianti erano ancora molto pesanti e si usava un tipo di schiuma con tanta acqua. C’erano solo dei cannoni che sparavano un liquido estinguente dal tetto dei primi due posti dell’auto. Tutto ebbe inizio nel 1967 a Imola, poi andammo a Monza, a Misano e al Mugello.“ Quali sono le sedi principali CEA? “La sede principale è a Castenaso, dove abbiamo l’area assistenza (manutenzione periodica degli estintori e ricarica di quelli utilizzati) e dove vengono svolte le fasi di assemblaggio e finitura, effettuate anche nello stabilimento di Mordano, dove hanno luogo le fasi iniziali del processo di produzione dell’involucro. Nel 2000 abbiamo aperto a Trento un’unità locale. Nel 2015 ci siamo spostati in una sede molto più grande, lasciando comunque autonomia alle aziende riunite sotto il marchio CEA Gruppo Servizi, con il quale abbiamo anche riconosciuto la qualifica CEA e il cer-
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Sporting Club
tificato TUV alle realtà sparse nell’intero territorio italiano. L’Istituto Sicurezza e Qualità (ISQ), a Savignano sul Rubicone, accreditato dalla Regione Emilia-Romagna, è la sede della nostra rete, la prima per la sicurezza antincendio. Qui, teniamo anche corsi per la gestione del panico. CEA ha fornito la propria supervisione e consulenza anche a squadre di sicurezza fuori dall’Italia? “Sì, in Spagna, Portogallo, Francia, Ungheria e India. La CSAI (ora ACI Sport) ci chiamava per i nuovi GP, come a Barcellona nel ‘91. Fornivamo conoscenze, oltre a supporto, consulenza e supervisione ai responsabili locali della sicurezza. Ad Abu Dhabi siamo andati ufficiosamente invece, poiché la FIA aveva chiamato inizialmente una squadra inglese.“ Il soprannome leoni nasce in circostanze drammatiche. “Nel ‘78 a Monza salvammo Ronnie Peterson da un rogo verificatosi a 200 metri dalla partenza per una carambola che coinvolse otto macchine. Purtroppo tre giorni dopo, per via delle gravi fratture, Peterson non sopravvisse ad un’embolia lipidica. I giornalisti iniziarono a chiamarci angeli del fuoco e leoni, così scegliemmo come simbolo il leone che rappresentava al meglio il nostro modo di combattere il fuoco in pista, stando pronti ad aggredirlo nei momenti necessari.” Puoi descriverci l’addestramento cui sono sottoposti gli aspiranti leoni? “Innanzitutto ci vuole passione per il motorsport, poi si fa un corso full immersion di due giorni nel campo di Savignano in cui si svolgono prove teoriche, pratiche e la visita medica specifica.
Nelle foto, i leoni della Squadra Corse CEA in azione.
Superata questa fase si va direttamente in pista affiancati da un leone che abbia almeno cinque anni d’esperienza e che possa trasferire competenze e supervisionare il lavoro. Dopo un’intera stagione si viene chiamati per un corso di consolidamento a Savignano per un altro weekend e, una volta superato, si diventa leoni, ma non ancora a tutti gli effetti, perché si viene affiancati per altri due anni.” Quanti e quali mezzi vengono impiegati in un week-end di gara? “Solitamente una gara di auto impiega da 15 a 20 mezzi, con almeno due leoni per macchina. A questi vanno aggiunti i commissari presenti ai box e lungo la pista. Per un GP impieghiamo quasi 40 macchine e 150 uomini, più gli estintori portatili e carrellati. Siamo impegnati spesso anche nell’intervento di decarcerazione, ovvero nel liberare una persona dalla propria autovettura. Il nostro obiettivo è di spegnere il fuoco entro 30 secondi.” Concludiamo parlando degli indumenti che i leoni utilizzano quando sono in servizio. “Dobbiamo sempre essere pronti e tenere le protezioni anche per 10-12 ore al giorno, quindi cerchiamo delle tute che possano essere traspiranti. Un altra sottotuta in lana merinos può essere indossata anche con 40° all’ombra. I guanti devono avere una particolare protezione sul dorso della mano perché è il primo ad essere esposto al calore. Gli indumenti e le prove che svolgiamo hanno un costo, ad esempio per ottenere omologazioni particolari o per avere dispositivi individuali giusti. Non dimentichiamo il casco F1 Gallet, studiato inizialmente da noi.”
Sporting Club / 33
Matteo Marzotto
MATTEO MARZOTTO manager e imprenditore... ma non solo. testo Giorgio Pereci
Ha saputo integrare vita imprenditoriale e manageriale con attività benefiche a favore della ricerca medica e sponsorizzazioni nei confronti di start-up innovative. Matteo Marzotto è rappresentativo di una generazione che guarda al futuro con lo spirito che animava i grandi imprenditori del passato.
La vita di Matteo Marzotto deve essere fatta di impegno totalizzante, sia che si tratti di responsabilità imprenditoriali e manageriali, di passioni personali o di attività sociali e caritatevoli. Solo in una tale prospettiva possiamo infatti farci una ragione di una persona che è riuscito a inanellare negli anni una serie più che notevole di incarichi istituzionali e aziendali, e di essere il promotore e il motore di iniziative – e parliamo soprattutto del suo impegno a favore della ricerca sulla fibrosi cistica – capaci di catalizzare al massimo livello l’attenzione dei media, delle istituzioni e delle persone comuni. Per non parlare dello sport, sua passione da sempre, che ha praticato con le moto anche a livello professionistico, e che lo vede protagonista sulle due come sulle quattro ruote, oltre che nelle discipline legate al volo. Matteo appartiene alla storica famiglia dei Marzotto, industriali della lana dal 1836, quando Luigi Marzotto fondò una piccola tessitura laniera a Valdagno, una vallata non lontana da Vicenza. È negli anni ’50 del novecento che la Marzotto intraprende la strada dell’abbigliamento cominciando a produrre, oltre a tessuti, anche abiti. Negli anni ’80 viene avviato invece un percorso di crescita esterna che in venticinque anni porta all’acquisizione di marchi come Missoni, Marlboro classic, Lanerossi, Ferré, Hugo Boss, Valentino e al coinvolgimento in altre realtà del settore. È del 2005, infine, il ritorno al focus sul business tessile. Oggi la Marzotto conta undici stabilimenti produttivi in Italia e cinque all’estero, e sedi commerciali negli Stati Uniti, Spagna, Germania e Cina. È in questo contesto di forte sviluppo internazionale che Matteo Marzotto si inserisce nel management dell’impresa familiare. Dopo avere lavorato per quindici anni nelle aziende collegate, maturando esperienze lungo tutta la filiera del tessile e dell’abbigliamento, tra il 2003 e il 2008 diviene prima Direttore Generale Operativo e poi Presidente di Valentino S.p.A. Come imprenditore, tra gennaio 2009 e gennaio 2013, acquisisce e successivamente rilancia la maison Vionnet, di cui è stato anche Presidente. Oggi siede in diversi consigli di amministrazione, tra cui in quello di Brunello Cucinelli S.p.A., di Morellato & Sector S.p.A. e del Consiglio Generale di Fondazione CUOA (Centro Universitario di Organizzazione Aziendale), una tra le più importanti scuole di business italiane, con sede ad Altavilla Vicentina. I suoi coinvolgimenti più recenti lo vedono, da settembre 2016, come azionista e pre-
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Ph. Giovanni Gastel
Matteo Marzotto
Integrazione tra fiere
Ph. Alfonso Catalano
sidente di Dondup e, da ottobre 2016, come vicepresidente di Italian Exhibition Group, società nata dall’integrazione tra Rimini Fiera e Fiera di Vicenza, di cui Marzotto era Presidente. Matteo Marzotto è inoltre dal 2012 Presidente dell’Associazione Progetto Marzotto, che promuove ogni anno il Premio Gaetano Marzotto dedicato alle start-up innovative. Il primo dicembre scorso, il primo premio di 300.000 euro è stato assegnato a Eucardia, società nata nel 2013 per sviluppare un nuovo dispositivo cardiaco impiantabile. Ha vinto invece 50.000 euro la società Wrap, che sta sviluppando terapie tissutali innovative tramite stampa 3D per il trattamento di piaghe da piede diabetico. Dal 2010 a oggi, il Premio ha elargito circa 5 milioni di euro, premiato 80 startup, registrato oltre 4.200 application, generato decine di milioni di euro di investimenti indiretti. Ma la vita di Matteo Marzotto non è solo tutta management e impresa. Lui ha voluto legare fortemente il suo nome a un’iniziativa che definire benefica è riduttivo, in quanto le ricadute sono più propriamente sociali e collettive. Parliamo della Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica Onlus, che ha co-fondato nel 1997 con gli amici Vittoriano Faganelli e Gianni Mastella e di cui ha oggi la vicepresidenza. La fibrosi cistica è una malattia estremamente rara e con innumerevoli mutazioni che colpisce soprattutto l’apparato digerente e polmonare. È dovuta ad anomalie nel trasporto di sali e acqua alle cellule. Non esiste attualmente una cura, e l’aspettativa di vita supera di poco i 40 anni. Quando entrambi i genitori sono portatori del gene della fibrosi cistica
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Il 28 ottobre 2016 Fiera di Vicenza e Rimini Fiera si sono integrate dando vita a Italian Exhibition Group (IEG), il primo esempio in Italia di fusione tra due società fieristiche. Pur continuando ad esistere con le rispettive denominazioni e mantenendo distinte sedi operative e quartieri fieristici, le due fiere sono ora una sola realtà, di cui è presidente e AD Lorenzo Cagnoni (già presidente di Rimini Fiera, nella foto in basso, a sinistra) e vicepresidente Matteo Marzotto (già presidente di Fiera di Vicenza). La Società ha come obiettivo la quotazione in Borsa e punta a fungere da soggetto aggregatore per altre realtà fieristiche. Sono azionisti di IEG: Rimini Congressi srl (che include Comune di Rimini attraverso Rimini Holding, Camera di Commercio di Rimini e di Provincia di Rimini), Regione Emilia-Romagna, GL Events, King Spa, Salini Impregilo, Fiera Invest Spa; Comune di Vicenza, Camera di Commercio di Vicenza, Provincia di Vicenza per il tramite di Vicenza Holding e altri soci privati.
Matteo Marzotto
Ph. Giovanni Gastel
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Un milione di Km
Ph. Alfonso Catalano
(e si può esserlo senza nessun sintomo), c’è una probabilità su quattro che i figli contraggano la malattia. Proprio come Annalisa, sorella di Matteo, morta a 32 anni nel 1990. I malati di fibrosi cistica sono in Italia poche migliaia, e il basso numero comporta meno attenzione al fenomeno, meno risorse finanziarie, meno ricercatori, meno risultati. Da qui l’importanza di soggetti privati, come quello fondato da Matteo Marzotto, che riescono a raccogliere fondi per la ricerca e a sensibilizzare l’opinione pubblica. La Fondazione si propone tre obiettivi principali: promuovere e finanziare la ricerca scientifica attraverso bandi di ricerca internazionali, formare giovani ricercatori e personale sanitario, diffondere la conoscenza della malattia tra la popolazione. Ultima iniziativa in tal senso è stato il BikeTour 2016, percorso charity sportivo giunto alla quinta edizione. Al Bike Tour – che negli anni ha coinvolto amici sportivi e grandi campioni come Davide Cassani, Max Lelli, Fabrizio Macchi, Francesco Moser – è stato anche dedicato un libro, pubblicato da Rizzoli nel 2014, firmato da Matteo Marzotto e dal fotografo Alfonso Catalano intitolato Bike Tour. Pedalando per la ricerca, diario di viaggio dell’iniziativa sportiva. Un reportage corredato dalle molte riflessioni dei partecipanti e dalle considerazioni dei fondatori della Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica. Tutto il ricavato realizzato dalle vendite del volume è devoluto interamente alla Fondazione, che potrà così adottare un progetto specifico, supportando il team europeo dei ricercatori che da anni si battono per trovare la cura risolutiva a questa grave malattia genetica.
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Anche Edizioni IN Magazine ha sostenuto e sostiene tutt’ora la ricerca sulla fibrosi cistica attraverso la pubblicazione del libro illustrato Un milione di chilometri in moto di Loris Camprini. Il numero dei chilometri percorsi appare smisurato, ma dall’Europa agli Stati Uniti, l’autore – architetto forlivese che opera prevalentemente nel settore del restauro, arredamento e design per interni – quei chilometri li ha percorsi davvero. A testimonianza di ciò, il libro si compone come una sorta di album illustrato dei viaggi compiuti, fatti di piccoli avvenimenti, di emozioni indimenticabili e di luoghi lontani dagli itinerari turistici convenzionali. Il testo si dipana come un omaggio per parole e immagini alla libertà delle due ruote, all’amore per la vita che non sempre è felice ma che comunque continua e va vissuta fino all’ultima emozione.
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ALBERTO GALASSI campioni del Made in Italy.
testo Gianluca Gatta
Alberto Galassi, AD di Ferretti Group, si racconta in un’intervista sulla sua carriera e il futuro del gruppo. E scopriamo che per portare al successo un’impresa bisogna avere il coraggio di circondarsi di persone migliori di sé.
Ferretti Group è leader mondiale nella progettazione, costruzione e commercializzazione di motor yacht e navi da diporto, con un portafoglio unico di marchi prestigiosi ed esclusivi: Ferretti Yachts, Riva, Pershing, Itama, Mochi Craft, CRN e Custom Line. L’arrivo di capitali cinesi, in un momento di crisi del settore, fece storcere più di un naso tra i puristi del Made in Italy così come la più recente apertura della divisione dedicata alla difesa, con le navi per la Guardia di Finanza, ha fatto alzare qualche sopracciglio a chi era abituato a vedere Ferretti Group solo come produttore di navi di lusso. Il gruppo oggi è guidato dal Presidente Tan Xuguang e dall’Amministratore Delegato Alberto Galassi. Abbiamo intervistato proprio quest’ultimo: un avvocato appassionato di arte contemporanea – “mi piace conoscere personalmente gli artisti per capire come nascono le loro creazioni e come variano ispirazioni e sensibilità secondo le varie fasi della carriera. D’altronde anche Ferretti Group produce capolavori galleggianti” –, di cantautori italiani – “De Gregori su tutti, ma ascolto con emozione anche il repertorio classico napoletano e, sempre in tema di melodia, gli Eagles.” – e dei libri di Edoardo Nesi – “Ho sempre letto con piacere le sue storie di imprenditoria coraggiosa, raccontate, una volta tanto, da chi imprenditore è stato realmente e quindi conosce gioie, dolori e fatiche quotidiane del nostro mestiere.” Qual è stato il percorso professionale che l’ha portata alla guida di Ferretti Group? “Sin da quando studiavo Giurisprudenza ho sempre avuto una grande passione per le dinamiche
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e le vicende delle grandi aziende, in particolare quelle che contribuivano al prestigio dell’Italia nel mondo. Sono felice di poter dire che la mia carriera si è modellata su quell’interesse. In Piaggio Aero Industries sono stato uno dei promotori della partnership strategica, e quindi dell’ingresso nel capitale aziendale, di Mubadala Development Company, la società d’investimenti del Governo di Abu Dhabi, e del Gruppo Tata. In questo modo una società italiana si è rafforzata nella competizione sul mercato internazionale. Questo percorso è culminato nell’ottobre 2013 quando sono entrato nel Consiglio di Amministrazione di Ferretti Group, assumendo nel maggio 2014 l’incarico di Amministratore Delegato.” Avere capitali stranieri in società ha solo vantaggi finanziari o anche ripercussioni organizzative e produttive? “Il successo di Ferretti Group negli ultimi due anni e mezzo non sarebbe stato possibile senza gli investimenti del Gruppo Weichai, che hanno consentito lo sviluppo di 24 nuovi modelli fra 2015 e 2017. Anche la riorganizzazione della società ha avuto un ruolo fondamentale nel raggiungere e addirittura superare gli obiettivi fissati. Credo fortemente in queste partnership fatte con imprese industriali, che si basano sulla fiducia reciproca e sulla disponibilità di tutte le parti nel creare collaborazioni di lungo termine. Per rendere efficiente un processo così complesso, serve innanzi tutto una definizione chiara del ruolo delle diverse figure presenti in società: sia del top management che di tutti i dipendenti dei diversi marchi. Solo in questo modo si possono raccogliere i
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frutti dell’investimento. Weichai, sotto questi aspetti, si è dimostrato l’azionista ideale.” Nel 2016 Ferretti ha raggiunto buoni profitti netti positivi, in decisa controtendenza rispetto agli anni passati: qual è stato il cambio di passo che ha permesso questi risultati? “Abbiamo impiegato le risorse messe a disposizione da Weichai in varie aree chiave della nostra attività. Ci siamo concentrati sul prodotto, ampliando e rinnovando la gamma dei marchi Ferretti Yachts, Pershing, Riva e Custom Line. Abbiamo puntato all’eccellenza rispettando la storia di ognuno dei nostri brand e cercando sempre l’innovazione. Questo è stato possibile grazie a tecnologie all’avanguardia e a un’attenzione maniacale ai dettagli, due elementi che garantiscono la realizzazione di imbarcazioni capolavoro, iconiche, ognuna per il proprio segmento di mercato. Inoltre, abbiamo reso la nostra produzione significativamente più efficiente, modernizzando tutti i cantieri. Per citare l’esempio più recente, quello di Ancona, lo storico stabilimento delle navi a marchio CRN, è diventato il nuovo Superyacht yard, centro di eccellenza per la produzione di navi in composito e lega leggera da 30 fino a 90 metri di lunghezza, a marchio Riva, Pershing, Custom Line oltre che CRN. Questo polo è destinato ad essere uno dei più importanti stabilimenti di questo tipo in Europa.” Può dare tre consigli a un imprenditore che intende portare la propria impresa al successo? “Innanzitutto serve voglia di cercare sempre il massimo, quindi capacità di scegliere e moti-
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vare i dipendenti e infine la massima disponibilità nel lavorare insieme e nel delegare i compiti ai collaboratori. Non bisogna avere paura dei capitali esteri, che sono una risorsa e una dimostrazione d’apprezzamento verso l’unicità dell’impresa italiana. Come nel nostro caso, quando questi capitali provengono da investitori seri, competenti, innamorati del nostro Made in Italy e non alla ricerca di facili speculazioni. Soprattutto bisogna credere senza esitazioni nei giovani e nelle donne, al riguardo in Ferretti Group abbiamo esempi eccezionali per competenza e abnegazione. Da ultimo, circondarsi sempre di professionisti bravi, ancora più bravi dei vertici dell’impresa. I migliori, infatti, scelgono per la propria squadra solo campioni.” Che spazio avrà in futuro la produzione di navi per la difesa? Ci sono altre prospettive oltre al rinnovo della flotta della Guardia di Finanza? “La divisione Ferretti Security & Defence è nata con l’obiettivo di soddisfare la crescente domanda di mezzi navali dotati di prestazioni e sistemi tecnologici all’avanguardia, progettati per essere impiegati in tutti gli scenari operativi della difesa via mare. Quest’estate abbiamo varato il primo dimostratore FSD195: un’imbarcazione di 20 metri, con un’autonomia superiore alle 500 miglia e velocità media di oltre 50 nodi, che dispone di notevole affidabilità e tenuta al mare. Tutte caratteristiche che soddisfano ampiamente le richieste di molti governi a livello mondiale, in cerca di flotte versatili, da utilizzare per la difesa, il pattugliamento, la prevenzione e il soccorso.”
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In basso, il 55 metri di Crn M/Y Atlante premiato come “Best Power Design Award 2016” nella categoria dai 40 ai 65 metri agli International Superyacht Society Awards.
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VASCO ROSSI tutto è possibile se c’è Vasco. testo Alessandro Bucci - foto AGF
Vasco Rossi torna con una monumentale raccolta contenente 69 brani, di cui quattro pezzi inediti: un viaggio a ritroso nella storia della rockstar, che è anche quella della canzone italiana.
Vasco Rossi
Nato nel 1952 a Zocca di Modena, il cantautore e chitarrista italiano Vasco Rossi ha apposto un altro mattone nella sua sterminata carriera artistica, iniziata nell’ormai lontanissimo 1975 in veste di DJ fondatore di Punto Radio. La nuova compilation di 69 canzoni, intitolata Vasco NoStop e pubblicata a novembre per celebrare i suoi quarant’anni di attività, ripercorre a ritroso tutta la carriera di Blasco. La raccolta è stata anticipata il 14 ottobre dal singolo Un Mondo Migliore e dal relativo videoclip, girato nella campagna foggiana, dove si miscelano immagini oniriche alla storia di un ragazzo alle prese con una realtà difficile e pressante, che lo porta a vivere in uno stato d’ansia molto forte. Ed è qui che compare Vasco che gli suggerisce di liberarsi di tutte le paure ed affrontare il futuro con forza e libertà d’animo, accompagnandolo metaforicamente fino ad una sorta di porta dimensionale che lo traghetterà verso lidi ignoti. “Tutto è possibile, persino credere che possa esistere un mondo migliore,” ha dichiarato Vasco Rossi, non dimenticando di sottolineare il sarcasmo e quel pizzico di ironia che hanno sempre contraddistinto la sua musica. “Costa molto essere liberi, scegliere di partire, di cambiare, di cercare e credere di poter costruire un mondo migliore. Essere libero costa solo qualche rimpianto, perché la libertà non è mai gratis.” La storia narrata nel videoclip, simile ad un piccolo film, è quella condivisa da molti ragazzi del giorno d’oggi, alle prese con una realtà che offre loro poche chance e speranze. Quel che conta, per Vasco, è liberarsi delle paure che spesso intrappolano l’uomo e affrontare le sfide con leggerezza e al contempo forza. In sostanza quello che ha dimostrato di fare per tutta la vita, sempre in ascesa anche se altalenante e costellata di polemiche nonché, come dimenticarlo, anche segnata da una grave malattia che per mesi ha lasciato i fan con il fiato sospeso. La sua carriera comincia grazie all’amico Gaetano Curreri, leader degli Stadio, che porta Vasco a incidere il primo 45 giri intitolato Jenny/Silva, uscito nel ‘77 per la label Borgatti Music. Ma l’esordio ufficiale avviene con l’LP ...Ma cosa vuoi che sia una canzone..., pubblicato dall’etichetta Lotus e prodotto da Alan Taylor. Tre anni dopo, con l’uscita del quarto album Siamo solo noi, Vasco inizia ad ottenere successo anche oltre il confine regionale, dopo un anno di polemiche per via di alcuni versi del testo Colpa d’Alfredo. La partecipazione al Festival di Sanremo 1982, con la presentazione del brano Vado al Massimo consacra l’artista italiano. Nel 1983 è ancora a Sanremo con Vita Spericolata che arriva in finale e lo fa entrare nell’olimpo della musica italiana. Ancora una volta è polemica, dal momento che Vasco abbandona il palco ancor prima che il brano sia finito, rendendo evidente a tutti il playback. Vasco torna poi alla ribalta nel 1987 con l’album C’è chi dice no che gli permette di rimanere in testa alla classifica per dodici settimane, passando dalla dimensione del palazzetto a quella dello stadio. Nel 1990 i due concerti di Blasco tenuti rispettivamente negli stadi San Siro a Milano e Flaminio a Roma totalizzano circa 90.000 spettatori: numeri da capogiro. Una particolarità legata al personaggio di Vasco Rossi è proprio l’eterogeneità del suo pubblico, dal momento che tra i fan del cantautore emiliano possiamo trovare persone di tutte le età, estrazione sociale, abbigliamento e gusti musicali. Si può tranquillamente affermare che i fan di Vasco attraversino ben tre generazioni, onore riservato a ben pochi artisti nella storia musicale. Un aspetto, quello della varietà del suo pubblico, che va oltre il genere scelto dal cantautore, un rock dalle venature talvolta hard o pop non per forza etichettabile. Nel 1993 Rossi vince ben dieci dischi di platino con l’album Gli spari sopra. Memorabile, l’anno dopo, il doppio appuntamento live a San Siro Rock sotto l’assedio contro la guerra in Jugoslavia, dove Blasco invita gruppi musicali di etnie diverse fatti giungere clandestinamente dalla zona di guerra con l’aiuto di collaboratori. Il videoclip di Angeli, uscito l’anno dopo nell’album
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Una carriera al contrario. La nuova raccolta Vasco NoStop è organizzata in modo anticronologico. Si apre infatti con 4 canzoni inedite e si prosegue a ritroso con le 65 del repertorio di Vasco, da Sono innocente ma… (2015) fino a Jenny è pazza (1975). Un mondo migliore è la canzone di apertura della compilation, lanciata a ottobre con un videoclip. Seguono poi Come nelle favole e Più in alto che c’è, dal gusto decisamente retro, molto anni ’90. L’amore ai tempi del cellulare rimane a tenere alta la bandiera rock anche se, richiamando il romanzo di Gabriel Garcia Marquez L’amore ai tempi del colera e assimilando dunque le chiamate di cellulare a un virus, sembra arrivata fuori tempo massimo, considerato che oggi già si discute del post-facebook e postwhatsapp. (G.G.)
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Vasco Rossi
In queste pagine il mitico “Blasco” in alcuni momenti della sua lunga carriera artistica.
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Nessun pericolo... per te, viene realizzato con il celebre regista Roman Polanski e viene diffuso online, una mossa pioneristica per l’epoca. Nel 1998 Vasco vince il Festivalbar per la seconda volta in carriera e incamera anche la Targa Tenco con il miglior album dell’anno, Canzoni per me. Non pago, totalizza anche 130.000 persone come headliner all’Heineken Jammin Festival, stabilendo un record. Nel 2005 Blasco riceve dallo IULM di Milano una laurea honoris causa in scienze della comunicazione per aver scatenato una rivoluzione musicale, introducendo uno stile espressivo unico, con temi del privato che fanno parte del tessuto sociale e arrivano a colpire la sensibilità dei giovani. “Quando scrivo una canzone, cerco di esprimere con una frase o una parola che mi viene dall’inconscio una sensazione complessa – dichiara Vasco nel documentario girato per Sky Arte, parlando del mistero che sta dietro alla scrittura di una canzone –. Creo le condizioni per cui succedono le cose, dei momenti in cui non esiste più l’orario del tempo e a quel punto inizio a strimpellare la chitarra e talvolta escono delle canzoni su cui passo tutta la notte”. Il mondo che vorrei, 21° album in studio per l’emiliano, viene lanciato il 16 marzo 2008 entrando subito al primo posto della classifica digitale Fimi. Secondo i dati SIAE Vasco detiene il primato della musica live grazie al record di presenze registrato nelle diciotto date del tour 2008. Due anni dopo Vasco diventa editore della rivista Satisfiction, confermando la sua poliedricità, mentre nel 2011 firma le musiche e la drammaturgia per la produzione L’altra metà del cielo presso il Teatro della Scala di Milano, spettacolo incentrato sulla figura femminile e sui giovani.
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Dario Fo
DARIO FO il Nobel con il sorriso. testo Gianluca Gatta - foto AGF
Il 13 ottobre ci ha lasciato Dario Fo, che da tempo risiedeva insieme a Franca Rame sulla riviera romagnola, nella Cesenatico che lo aveva insignito della cittadinanza onoraria, adottandolo come tutti i suoi cittadini.
Il volto pubblico di Dario Fo era sempre gioioso. Sembrava aver scelto per sé, tra le due maschere del teatro romano antico, quella che ride. D’altronde aveva scelto la burla per denunciare le ombre della nostra vita civile, a partire da quella Canzonissima del 1962 che amplificò, oltre la misura consentita all’epoca dalla censura politica, temi come le morti bianche, la mafia, la corruzione, la malattia professionale. Dario Fo, insieme a Franca Rame, ha sempre cercato, nel suo teatro, di togliere dallo sguardo della gente comune quel velo impercettibile, ma onnipresente, dell’interpretazione istituzionale sulle vicende politiche e nazionali. E aveva scelto di farlo con il sorriso. Una missione, la sua, sintetizzata efficacemente dalla motivazione del Premio Nobel, assegnatogli nel 1997, “Perché, seguendo la tradizione dei giullari medioevali, dileggia il potere restituendo la dignità agli oppressi.” Di Cesenatico Dario Fo era cittadino onorario e solo da poco aveva deciso di trasferirsi a Milano. È stato ricordato dal sindaco, Matteo Gozzoli, come “una persona piena di energie e di idee, un uomo appassionato che in pochi minuti ha ideato una mostra splendida. Nelle pause e nelle sere d’estate ero solito fermarmi con lui al Palazzo del Turismo a parlare di storia, arte e politica e ogni volta era una sorpresa e una nuova sfida che mi poneva.” Il riferimento è alla sua ultima mostra, ospitata a Cesenatico al Palazzo del Turismo. Una mostra di dipinti e pupazzi dedicata alla vita di Charles Darwin, rifluita poi anche in un libro pubblicato a settembre da Chiarelettere e intitolato Darwin. Ma siamo scimmie da parte di padre o di madre?
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Dario Fo
Un po’ di date...
Una esposizione sui generis, come tutte le sue performance, per almeno due motivi: perché aveva deciso di accompagnare personalmente i visitatori e perché le opere esposte erano il frutto di un lavoro collettivo compiuto insieme ai giovani della sua bottega artistica, nata proprio nella sua casa di Cesenatico: Enrico Bartolini, Jessica Borroni, Michela Casiere, Margherita Pigliapochi, Luca Vittorio Toffolon, Jacopo Zerbo. La figura del grande artista in quanto catalizzatore e perfezionatore del lavoro materiale e delle idee di giovani apprendisti rappresenta un ritorno alle forme rinascimentali della collaborazione artistica. In queste, Dario Fo ritrovava probabilmente il modello ideale, e ideologico, per una rinascita partecipativa e collettiva dell’espressione artistica. D’altronde Dario Fo ha lavorato tutta la vita per aprire gli occhi alla “gente” e dalla gente, da tutti noi, dalle relazioni di potere, ha sempre preso spunto nella sua carriera di attore e autore per ridonarci un’immagine amplificata, satirica, della realtà. I due grandi maestri di Fo, Ruzzante Beolco e Molière, venivano disprezzati “soprattutto perché portavano in scena il quotidiano, la gioia, la disperazione della gente comune, l’ipocrisia e la spocchia dei potenti, la costante ingiustizia. E soprattutto avevano un difetto tremendo: raccontavano queste cose facendo ridere. Il potere ha sempre avuto paura della risata.” Queste sono parole di Fo al discorso del Nobel: ci piace pensare dunque che quel sorriso che ritroviamo nelle sue foto non fosse solo espressione di serenità, ma anche di un atteggiamento consapevole nei confronti del mondo.
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1926 Dario Fo nasce a San Giano, sul Lago Maggiore. 1940 Frequenta l’Accademia di Brera. Dopo la guerra si iscriverà ad Architettura al politecnico di Milano. 1945-51 Si dedica alla scenografia e alla pittura, e lavora come aiuto architetto in uno studio professionale. Si interessa di recitazione. 1950 Entra a far parte della compagnia di Franco Parenti e conosce Franca Rame. 1951 Insieme a Parenti partecipa alla trasmissione radiofonica della RAI Chicchirichì. Il sottinteso richiamo a vicende di attualità politica lo fanno sospendere per un anno dalla trasmissione. 1952-1961 La carriera decolla a teatro, nel cinema e alla TV. 1962 È l’anno di Canzonissima: Dario Fo e Franca Rame interpretano sketch ritenuti inappropriati perché fanno rifermento a temi di attualità e irridono il potere politico e istituzionale. Il programma viene sospeso e segue una battaglia legale. Per i successivi 16 anni Fo e Rame sono esclusi dalle trasmissioni TV (tranne Carosello). 1970-1980 Sono gli anni del trionfo a teatro, in Italia e all’estero. 1997 Gli viene assegnato il premio Nobel per la letteratura, che lui condivide con Franca Rame. 2013 Muore Franca Rame. 2016 Muore Dario Fo.
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ROMAGNA CAPITALE la terra del Liscio. testo Erika Baldini
Raoul Casadei, indiscusso Re del Liscio, celebra 50 anni di brillante carriera. Per raccontare la storia di questo instancabile musicista e uomo di spettacolo abbiamo chiesto a lui e al figlio Mirko, che ora guida l’Orchestra Casadei, di percorrere tra passato e presente la loro decantata terra, la Romagna.
Se dovessimo prendere la Romagna e trasformarla in note di pentagramma, se dovessimo scegliere il volto del menestrello che poi le suona e le canta, il nome non potrebbe che essere il suo: Raoul Casadei. L’Orchestra Casadei è l’orchestra italiana da ballo più famosa al mondo. Fondata nel 1928 da Secondo Casadei (1906-1971), storico autore di Romagna mia, l’Orchestra ha avuto il suo più grande successo negli anni ‘70, quando Raoul (classe 1937) nipote di Secondo, lanciò l’hit Ciao mare e venne incoronato indiscusso Re del Liscio. Quest’anno Raoul celebra i 50 anni di onorata carriera, tra centinaia di canzoni e successi discografici, premi, mitiche collaborazioni che vanno da Gloria Gaynor a Tito Puente sino all’esibizione di San Remo con Elio e le Storie Tese, tra comparsate cinematografiche, idee esplosive su turismo, balere e festival, Musica Solare e Ballo Globale, partecipazioni televisive, sino all’azienda Casadei Produzioni, diretta oggi dai suoi tre figli. È talmente tanta l’energia e la vitalità di Raoul che per scriverne abbiamo pensato di “comprimere” la sua storia passando per la sua terra, quella Romagna tanto decantata. In questo viaggio virtuale, in una sorta di “doppia intervista” incrociata, ci accompagna il figlio Mirko che negli anni ‘80 ha preso in mano le redini dell’Orchestra. Sono tantissimi i testi dell’Orchestra dedicati alla Romagna. Cos’è per voi la Romagna? Ci sono posti speciali? Ad esempio, dove avete debuttato sul palco? Raoul: “La Romagna è casa mia, c’è la mia gente. Ho scritto una canzone, una poesia per la Romagna, che per me è molto bella. Le parole dicono Romagna capitale, Romagna ballerina, Romagna che si sveglia col sorriso ogni mattina” ... “Sono salito per la prima volta sul palco a Busecchio, vicino Forlì. Avevo già scritto per mio zio, canzoni come San Marino Goodbye, Riviera
Romagna capitale
Romagnola... Lui mi aveva regalato una chitarra. Ma avevo paura di andare sul palco. Un sabato mi dice domani sali sul palco. Io mi vergognavo, ero timido, avevo la tremarella... Poi lo zio mi ha passato il microfono in mano, ho cominciato a parlare e non ho più smesso.” E i luoghi più cari? R: “Piazza Saffi a Forlì, dove facevamo il Primo Maggio, sul palco con mio zio, era un successo, era il nostro Festivalbar, diciamo. Poi mi è sempre piaciuto Gatteo, c’è il fiume Rubicone dove andavamo a pescare. E Cesenatico, per me una delle cittadine più belle d’Italia.” Mirko: “La Romagna è la mia casa, il mio terreno, dove torno sempre con grande amore. Ho girato il mondo per lavoro ma la Romagna! Per noi romagnoli c’è l’amore viscerale per la nostra terra, è la nostra casa, lì ci sono i ricordi, le nostre cose. Noi romagnoli siamo legati molto alla nostra terra. Il debutto più emozionante, si, quello dove ancora non sapevo dove mi andavo a mettere, quello davanti ad amici e parenti è stato a Cesenatico, a casa nostra, nel Teatro Comunale... serata molto intima, teatro piccolo, con pubblico fatto di parenti e amici, una serata molto emozionante per me ma credo anche per Raul, il passaggio del testimone, la nuova storia dei Casadei è iniziata quel giorno lì a Cesenatico.” Sempre nelle vostre canzoni, si parla del mare. Che rapporto avete con la riviera? R: “Io tutti i giorni vado in mare, a nuotare o camminare, perché fa bene. Sono innamorato del mare: comincio il primo maggio e finisco verso la fine di settembre, io sotto ombrellone, a mezzogiorno, col sole, a mangiare con la famiglia la pasta fredda. D’inverno in spiaggia faccio le passeggiate col cane da caccia, coi bastoncini lì, il North Walking. Io non potrei vivere senza il mare.” Tu Mirko addirittura parli di Beach Band... M: “Diciamo che la Romagna è la riviera e la costa romagnola. Io sono legatissimo al mare, abitando a Cesenatico, a due passi dalla spiaggia, sono legato al mare, spesso vado in mezzo al mare. Vivo anche questa parte, non solo la spiaggia. La Romagna è comunque tutto, la riviera, l’entroterra con le colline, le campagne, il bello della Romagna è che hai tutto. Comunque con la musica solare, l’esplosione del turismo, l’orchestra Casedei si è legata alla musica solare, alla parte vacanziera, al turismo... Non possiamo non citare la Nave del
In alto, Raoul accanto a Secondo Casadei. In basso, foto promozionale dell’orchestra negli anni ’70.
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Romagna capitale
Sole, la balera galleggiante costruita su una motonave per i turisti degli anni ‘80... M: “Io ho iniziato lì i primi passi col microfono. Prima ho iniziato come marinaretto, poi animatore e dj, i primi rapporti con la gente e il microfono li ho avuti lì, a bordo iniziò la mia strada professionale nel mondo dello spettacolo. Quindi sono indissolubilmente legato al mare. Beach Band perché con questo gioco di parole ci leghiamo alla spiaggia, al pensiero vacanziero, alla voglia di divertirsi, all’allegria. Siamo legati al fatto territoriale del turismo, della voglia di vacanza...” Un altro progetto Casadei innovatore, una pietra miliare nella storia del liscio, nonché del turismo e della cultura in regione, fu La Cà del Liscio a Ravenna, la più grande balera d’Italia, era il 1976... R: “L’ho ideata e costruita io! Ci ho speso 7/8 miliardi nella Cà del Liscio, tutti i soldi che avevo fatto col boom del liscio in quegli anni... mi son mangiato tutto quello che avevo guadagnato. Però è stata una soddisfazione! Tutti venivano, veniva la RAI... La Cà del Liscio era il cuore della Romagna, come una cattedrale nel deserto, tutta l’Italia veniva, venivano da Venezia e Milano in pullman, soprattutto il sabato sera... È stata un’idea un po’ incompiuta, anche se meravigliosa. Io volevo fare un centro enorme dove tutti gli alberghieri della riviera, quando erano chiusi, potevano venire. Pensavo ad una cosa che partiva la mattina, con bar, colazioni, ristoranti e pizzeria, poi una sala moderna, una sala liscio per la sera, la notte col Night...era davvero un grande progetto. Poi ho avuto problemi con burocrazia...” Ora Mirko guida l’Orchestra. Con il tuo pop-folk hai portato aria nuova, proponendo nuovi sound e contaminazioni musicali. Dopo il successo del singolo Ad chi sit è fiol? con i Khorakhanè, è in preparazione un nuovo album che recupera la tradizione romagnola... M: “Si, c’è un’evoluzione del liscio ora, popular folk... vogliamo ricordarci bene la nostra provenienza, le nostre radici, il nostro dialetto anche, ma anche le vecchie canzoni tradizionali, come Bela burdela, canzoni storiche con sonorità folk di altre provenienze. Si crea una musica con un vestito nuovo pieno di orgoglio romagnolo. L’incrocio funziona. I vecchi successi sono riarranggiati, rivalutiamo il nostro patrimonio, è come un vestito vecchio ricucito addosso e su misura al nuovo, al presente. Il liscio infondo non è mai passato di moda, è rimasto comunque nel sottobosco. Ho scoperto che anche i giovani hanno più orgoglio romagnolo di prima, adesso i romagnoli cantano Romagna e Sangiovese allo stadio, c’è un senso di appartenenza alla propria terra, forse come risposta a questi tempi moderni troppo globalizzati.” Le radici, la famiglia, quanto contano? R: “L’esempio è la mia famiglia. Viviamo tutti a Cesenatico, “Il Recinto Casadei” è famoso. 5 famiglie tutte insieme, sotto lo stesso tetto. Io preparo la legna, coltivo l’orto per tutti, i limoni, le uova delle galline, il vino. Penso che noi Casadei abbiamo successo non solo per la musica ma perché siamo il simbolo della famiglia romagnola. Sai che vengono le televisioni ad intervistarci? Siamo quasi un miracolo ora come ora. Non una famiglia patriarcale dove io comando, ognuno fa quello che vuole, ha il suo spazio, ma siamo tutti insieme appassionatamente.”
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Raoul Casadei e il figlio Mirko.
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“IL GIOCO PUO’ CAUSARE DIPENDENZA”
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IL PIACERE DI GIOCARE CON STILE
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Stile a due ruote
STILE A DUE RUOTE il nuovo Museo Ducati. testo Erika Baldini
Ducati festeggia 90 anni di storia. Tra gli eventi organizzati per celebrare la ricorrenza, il restyling dello storico Museo Ducati. Ne parliamo con Livio Lodi, Responsabile del Museo.
Celebre in tutto il mondo per stile, performance e ricerca della perfezione, il marchio Ducati, leader nella produzione di motociclette, festeggia quest’anno i 90 anni di storia. Tra i vari eventi e celebrazioni di questa importante ricorrenza, c’è ne è uno che lascia inderogabilmente un segno: il nuovo Museo Ducati. Il museo è stato oggetto la scorsa primavera di un’importante operazione di restyling e ristrutturazione. L’inaugurazione del nuovo spazio espositivo, il 23 settembre alla presenza del premier Matteo Renzi, è stata l’occasione per fare un viaggio nel mito, per ripercorre la storia dell’azienda, una storia legatissima al territorio e alla città di Bologna, raccontata attraverso un linguaggio composto da forme e colori. Un’avventura intensa, in cui ogni moto esposta diventa una vera e propria opera d’arte da vivere. Ce ne parla con orgoglio il Curatore del Museo Livio Lodi, da oltre trent’anni in azienda, direttore del Museo dal 2001, data in cui è diventato ufficialmente la memoria storica di Ducati, la persona incaricata di raccogliere, ordinare e conservare tutto ciò che riguarda l’azienda dal 1926. “Per cominciare è giusto dare una datazione al museo, che nasce nel ‘98 quando aveva un target diverso da quello attuale. Era un museo dedicato alle moto da corsa e alle competizioni. Era quindi un cospicuo tributo ai successi della Ducati in pista. Nel corso degli anni è stato visitato più e più volte e uno dei crucci dei visitatori era quello di non trovare esposte anche le moto stradali. Quando è arrivato il momento giusto abbiamo ritenuto opportuno rivedere l’esposizione, attraverso l’inserimento - questa la grossa novità, al di là del vernissage e del progetto grafico e creativo
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Stile a due ruote
- delle moto stradali. Perché banalmente i nostri clienti conoscono, e comprano Ducati, soprattutto grazie alle competizioni di moto Gp, le super bike, i modelli più attuali... senza fare una colpa a chi si avvicina al mondo Ducati, non possono sapere tutto! È un po’ come la percezione della punta dell’iceberg, solo una parte. Sotto c’è tutto un sotto-strato storico,culturale, tecnico, umano interessantissimo e che noi abbiamo voluto raccontare. Partendo del 1926 anno in cui l’azienda viene fondata dai tre fratelli Ducati, che cominciano con una produzione che è tutt’altra tipologia rispetto a quella che conosciamo oggi, perché iniziarono coi condensatori, spinti dalla passione per Guglielmo Marconi, e entrarono - nel dopoguerra quando la fabbrica era danneggiata e doveva ripartire da zero - nel mondo delle due ruote, con un micromotore che si chiamava Cucciolo e che si attaccava al telaio delle bici.” Quale è la linea guida, l’obiettivo che avete seguito in questo restyling? “Vorrei focalizzarmi sull’aspetto della reinterpretazione del museo: perché io tratto un argomento spinoso: la storia. La storia per molti, purtroppo, è un argomento noioso. Io gestisco un museo di motociclette, che ha un altro appeal, ma che aveva bisogno di un essere rinfrescato perché mancava l’abc della storia della produzione Ducati, che è quello che serve a chi si approccia per la prima volta, ma anche al ducatista (che è come chiamiamo i clienti, gli appassionati), per conoscere i punti basilari della nostra storia. A fine marzo abbiamo chiuso il museo per tre mesi e lo abbiamo reinterpretato in una nuova chiave che comprende sia la moto stradale che quella da corsa, non solo nell’aspetto tecnologico ma con un occhio al momento storico e sociale in cui è nata questa motocicletta: in che periodo era contestualizzata, cosa rappresentava quel modello e perché è entrato nella storia Ducati. Tutto per rendere più vivo ed interessante la storia.” Il settore museale d’impresa sta prendendo sempre più piede... “Abbiamo la fortuna di essere in un territorio dove l’amante della velocità, del bel oggetto su 2 o 4 ruote può trovare il meglio al mondo. È una nuova forma per veicolare il turismo, molto importante. Solitamente è l’arte che veicola il turismo in certe città italiane. Ma è in crescita un tipo di turismo legato a marche premium. Non a caso la Ferrari ha un museo a Maranello, e la casa Enzo Ferrari a Modena, Lamborghini ha il suo museo, Ducati ha il suo museo... è come una Silicon Valley della velocità. O una Dop della velocità, visto che il riferimento gastronomico è molto usato!” Dalla riapertura in settembre ad oggi, quanti visitatori avete avuto? “Dalla riapertura non abbiamo ancora dati disponibili, ma ti posso riferire che dal 1998, dall’apertura sono passati, in 18 anni, 650mila visitatori calcolati. Ora è poco, è molto? Noi abbiamo il vincolo degli orari legato alla fabbrica. Noi ci troviamo dentro la fabbrica. Ora qual è il vantaggio nello svantaggio di trovarci dentro lo stabilimento? Chi dal lunedì al venerdì viene a trovarci, visita anche la fabbrica in funzione, un valore aggiunto. Il proprietario di una Ducati vede il luogo dove è nata la sua motocicletta, il profano vede un luogo nuovo, che crea interesse. È come una sorta di pellegrinaggio in un luogo sacro anche se suona un po’ blasfemo dirlo.”
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Museo Officine Benelli Non solo la Romagna terra di motori. Dal 2016 il Museo delle Officine Benelli fa parte del circuito Pesaro Musei. La struttura, nota anche come Museo della moto Marchigiana o Mototeca Marchigiana, rientra nel progetto Officine Benelli che riunisce le funzioni di: Museo Espositivo delle Moto Benelli – MotoBi e delle Moto Marchigiane, Centro Culturale di raccolta e diffusione di cultura motociclistica. I locali della vecchia fabbrica Benelli ospitano 150 moto Benelli e MotoBi, un percorso espositivo straordinario che racconta l’avventura dei Benelli, la tecnologia, le stupefacenti vicende dei loro piloti, da Tonino Benelli a Valentino Rossi.
Messaggio pubblicitario con finalità promozionale - Per le condizioni contrattuali e per quanto non espressamente indicato si rinvia ai fogli informativi disponibili nelle filiali di Banca Carim e sul sito www.bancacarim.it
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FOLLOWERS il progetto social.
testo Barbara Baronio - foto Marco Onofri
Quando si attraversano gli ampi spazi del suo studio denominato Senape è difficile non farsi rapire ad ogni passo da una delle sue opere. È un fotografo dalle mille identità, ognuna delle quali sembra non andare d’accordo con l’altra: wedding photographer da oltre quindici anni (di recente è stato il fotografo ufficiale del matrimonio dell’ex velina Melissa Satta con il calciatore Kevin Prince Boateng, che si è tenuto a giugno a Porto Cervo), ritrattista e anche professionista a servizio della moda, della pubblicità e grande amante dei reportage. Questo è Marco Onofri, classe 1973, nato a Cesena, romagnolo nel carisma, ma dall’indole timida, ex progettista meccanico, che ha iniziato come autodidatta per arrivare ad esser oggi un fotografo italiano affermato. Grande successo ha avuto il suo ultimo progetto, la mostra Followers, che per la prima volta ha rappresentato il mondo dei social in una serie di immagini, riducendo lo spazio tra chi è guardato e chi scruta attraverso il desk. “Si tratta di un’idea in continuo sviluppo – spiega Onofri – che racconta cosa accade quando tra modelle e seguaci viene eliminato il social network che sta in mezzo, che è lo scudo per i critici, lo spioncino per i più timidi, il mezzo dei fanatici e la finestra sul mondo per i più giovani. È stato un lavoro faticoso. Per un anno intero ho selezionato i followers proprio attraverso la rete, su Facebook. Ne sono arrivati oltre centoquaranta, da Napoli a Milano, per partecipare ai miei set fotografici. A loro ho chiesto solo di presentarsi da me così, come erano, quando mi scrivevano da casa al computer.” Il risultato è stato uno strabiliante quadro dove i veri protagonisti sono proprio i followers che,
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intorno ai corpi nudi delle modelle, mostrano le loro espressività senza veli: c’è chi ride beffardo, chi si copre gli occhi, chi giudica, bambini incuriositi, madri che allattano. “Sono scene di vita quotidiana che noi stessi viviamo e che si rivelano attraverso l’obiettivo fotografico e le luci soffuse di camere d’albergo, di appartamenti. Il progetto Followers è composto da quattordici stampe fineart a tiratura limitata di cinque pezzi più due prove d’artista, alcune di queste adocchiate da collezionisti.” Non usa quasi per nulla Photoshop, per lui le foto sono finite nel momento in cui le ha in macchina. “Non critico assolutamente chi lavora nella post produzione, anzi, alcuni fotografi li stimo per il lavoro che fanno, ma per ora la postproduzione spinta non mi appassiona. Amo stare dietro all’obiettivo, non davanti al PC. Sono affascinato dalla figura femminile, dall’eleganza e la raffinatezza, dedico tempo al ritratto di amiche, modelle e non, persone che incontro e trovo interessanti. Il momento del ritratto per me è molto importante perché parla di un incontro tra due persone, che si mettono in gioco. Quando mi trovo a fotografare i momenti speciali delle persone cerco di essere sempre discreto. Ad esempio ogni matrimonio ha la sua storia: la racconto con tutti gli scatti che servono, per me è importante che sia la giornata degli sposi, non del fotografo come protagonista. Io sono chiamato a raccontare una storia vera, non trovo giusto che gli sposi debbano impegnarsi per realizzare foto precotte dal fotografo. La spontaneità è fondamentale.”
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Marco Onofri. Marco Onofri (1973) vive a Cesena e lavora - come viene indicato sul sito ufficiale www.marconofri.com Mostre e pubblicazioni: MIA ART FAIR, Romberg Gallery, Milano, 2016 - FOTOFEVER ART FAIR, Romberg Gallery, Parigi, 2015 - LE FIL(LE) ROUGE, exhibition, Officine delle Zattere, Venezia, 2015 - MIA ART FAIR, Romberg Arte Contemporanea, Milano, 2015 - Bambi Magazine, portfolio, 2015 Progresso Fotografico Gold, intervista e portfolio, 2015 - 365 AMERICA, Limited edition calendar, 2014 - FOTOFEVER ART FAIR, 3D gallery, Parigi, 2014 - I 5 SENSI, Group Show, a cura di Miriam de Nicolò e Silvia Ceffa, Spazio Tadini, 2014 - MIA ART FAIR, 3D gallery, Milano, 2014 - Lazagne Magazine, intervista e portfolio, 2014 - Riven Magazine, intervista e portfolio, 2014 - IL RUMORE DI UNO SGUARDO, workshop, Bourbon Lancy, Francia, 2013 - IL RUMORE DI UNO SGUARDO, workshop, Dijon, Spagna, 2013 - NY LOW AND HIGH, Best Self Publish Book Of The Year, primo premio, 2010 - CUBA, exhibition, Palazzo dei Sette, Orvieto Fotografia, 2010 - ANOTHER PLACE, SIFEST Photofestival, Savignano sul Rubicone (RN), 2009
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Followers backstage. Il lavoro di un fotografo è fatto di passione, arte e tecnica. Gli scatti di Followers sono il risultato di un lavoro paziente durato un anno intero concretizzatosi solo dopo una lunga selezione delle persone ritratte, avvenuta attraverso i social network. Qui accanto, attraverso le foto di Marta Tomassetti, diamo uno sguardo al dietro le quinte per assaporare da vicino il lavoro di costruzione del progetto, il punto esatto dove convergono arte e artigianato.
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MONDAINO sapore medioevale. testo Matteo Ranucci
Mondaino è un luogo affascinante e pieno di sorprese: la piazza dalla inconfondibile forma a padella, la rocca malatestiana, il piccolo borgo cinto da mura, ma anche le feste, tra cui il Palio del Daino, e i prodotti del luogo, primi tra tutti il formaggio di fossa e il tartufo.
Mondaino
La Rocca malatestiana che domina sul paese.
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Al confine tra Romagna e Marche, tra Malatesta e Montefeltro, a metà strada tra Rimini e Urbino, Mondaino, il monte del daino, o di Diana, è un mondo sospeso nel tempo. Daini ce ne sono ancora nei boschi che circondano il borgo, mentre del tempio di Diana, di cui si dice fosse uno dei più importanti di questo lembo d’Italia, non ci sono tracce. Ma è rimasta l’atmosfera di un borgo antico, ricco di tradizioni e di storie, di sapori e di bellezze che rendono questa cittadina una meta obbligata per tutti. Si accede al paese dalla Porta Marina, una struttura massiccia che quasi emerge a fianco del maschio del castello e mantiene intatto tutto il suo aspetto fiero e senza fronzoli. Appena passati sotto l’arco della porta ci si ritrova ai margini di una delle più intriganti e curiose piazze delle colline romagnole. Quale altro borgo, infatti, può vantare quella che viene affettuosamente chiamata la “piazza a padella”? Un grande spazio semicircolare, una vasta piazza tonda, ornata da un porticato neoclassico sopra il quale si alza il palazzo del comune. Salendo in alto, magari al secondo piano del palazzo, si capisce il motivo del nome. Dalla parte opposta del colonnato comincia via Roma, che prosegue dritta come un fuso quasi fosse il manico della padella. E la padella è proprio la piazza. Ce n’è abbastanza per rendersi conto che Mondaino è un luogo in cui la buona tavola ha un posto importante nelle tradizioni. Qui, infatti, si produce un interessante formaggio di fossa e Mondaino è uno dei pochi comuni delle colline riminesi ad avere una sagra dedicata al tartufo. Tornando coi piedi per terra, sotto le arcate della piazza si trova il bar del paese, il luogo in cui
Mondaino
Lo scorcio è molto suggestivo perché la via, stretta, serpeggia raccolta tra due file di abitazioni basse e colorate fino a scontrarsi contro il grande campanile della chiesa di San Michele Arcangelo. Secondo la tradizione, il luogo in cui sorge la chiesa è quello su cui un tempo si trovava il tempio romano dedicato a Diana, dea della caccia e della Luna. Anche se le prime notizie risalgono al XIII secolo, l’attuale stile della chiesa, barocco, è conseguenza di una ricostruzione della metà del ’700. Al suo interno si conserva un prezioso crocifisso ligneo del XV secolo di scuola tedesca, notevoli paliotti in scagliola e pregevoli opere pittoriche tra le quali una Crocifissione e santi e l’Apparizione di San Michele Arcangelo entrambi di Giorgio Picchi. La via poi continua lungo la parte bassa del paese sino a giungere
ci si raduna per commentare i fatti della giornata. Alle spalle della piazza si alza la Rocca Malatestiana. È una struttura imponente, di pregevole architettura, costruita nel XIV secolo e visibile dal fondovalle. Durante il governo della famiglia Malatesta, Sigismondo Pandolfo fece erigere ben 13 torrioni, il cassero, l’ampia cerchia muraria e i camminamenti sotterranei (scavati nel tufo, sotto il maschio, pronti per essere utilizzati in caso di assedio come cisterne o in caso di disfatta come sicura via di fuga), scoperti, questi ultimi, nel 1987 e attualmente in fase di recupero. All’interno della rocca si possono ammirare l’affresco la Madonna del Latte di Bernardino Dolci di Casteldurante (oggi Urbania) e il Museo Paleontologico. Dalla parte opposta, via Roma attraversa tutto il borgo tagliandolo longitudinalmente.
al Mulino della Porta di Sotto, addossato a un’altra porta. L’edificio, risalente al XV secolo, è parte del tessuto storico cittadino. Qui si trovano le antiche fosse in cui in epoca malatestiana si faceva stagionare il formaggio. Da alcuni anni la tradizione è stata riportata in auge e il formaggio di fossa di Mondaino guadagna sempre più estimatori. Il formaggio e gli altri prodotti tipici del borgo sono i protagonisti di una sagra che anima le vie e le piazze di Mondaino. Ma la festa che in assoluto ha contribuito a far conoscere il borgo malatestiano è il Palio del Daino. Il Palio è una disfida tra le quattro contrade della città, Borgo, Castello, Contrade e Montebello, un’occasione per godere della città al pieno del suo fascino medievale. Per quattro giornate, nel mese di agosto, si entra in città in compagnia di armigeri, donzelle, cavalieri, signori addobbati di velluti, saltimbanchi, pastori, imbonitori, maghi, falconieri e musici. E anche la città riscopre le sue origini e i negozi diventano botteghe, i ristoranti taverne e gli avventori cambiano i propri euro in antiche monete da spendere all’interno delle mura. Attorno all’asse viario principale di Mondaino corrono altri piccoli vicoli, spesso rasenti o sotto le mura della città che regalano scorci e vedute di grande suggestione. Prima di uscire da una delle due porte del paese vale la pena di ritornare all’interno della Rocca Malatestiana per una visita al Museo Paleontologico che raccoglie un interessante campionario dei fossili di fauna e flora rinvenuti nel territorio di Mondaino, risalenti alla fine del Miocene. Un museo quasi unico per il territorio romagnolo che fa di Mondaino una tappa irrinunciabile per gli appassionati del settore.
La chiesa di San Michele Arcangelo al termine di via Roma.
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PRIMA DI TUTTO, L’ATTENZIONE ALLE PERSONE Bruno Vettore, una vita da leader.
Il “non leader” che bisogna accuratamente evitare, prima ancora di cercare di essere un buon “leader”? E’ egocentrico, distante, introvabile perché sempre troppo impegnato, capriccioso e poco attento allo staff, ai clienti, ai fornitori. In poche parole, poco attento alla persona. Un capo in via d’estinzione, fortunatamente, ma che purtroppo esiste ancora in molti ambiti aziendali e lavorativi e che, al tempo stesso, diventa il simbolo di una società in rapida trasformazione, che sembra non credere più a se stessa perché, appunto, più attenta a puntare
sulla sconfitta degli altri che a concentrarsi sulla sua crescita. In oltre trent’anni di esperienza alla guida dei principali network immobiliari (come Tecnocasa, Pirelli Re, Gabetti, solo per fare qualche nome), Bruno Vettore è uno dei più grandi esperti italiani in tema di Leadership oltre ad essere tra i manager più affermati del Real Estate italiano, nominato nel 2011 Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Da sempre attento alle tematiche della formazione, è stato relatore in oltre 200 seminari e conferenze, con più di 1000
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iscritti solo al suo ultimo roadshow e oltre 15.000 partecipanti, complessivamente, ai suoi corsi aziendali. Con la sua società BV Invest Srl., con sede a Milano, si occupa di consulenza manageriale, formazione, sviluppo di network, crescita personale. Il cliente – dall’impresa al team sportivo – viene aiutato a capire le proprie potenzialità, pianificare nuove sfide, riskillare il proprio team - ossia saper dargli nuovi obiettivi di sviluppo- e realizzare sinergie di rete. Alla base, quel concetto di Leadership che Vettore illustra molto bene nel suo libro “Trent’anni di un avvenire”. “La Leadership è ovunque, in tutte le persone che hanno la responsabilità di un gruppo – spiega il Cavaliere –: il capo di un’azienda, di una squadra, il maestro verso i suoi alunni, il capofamiglia verso i suoi figli”. Ma in ognuno di questi potenziali leader, secondo Vettore, deve esserci una caratteristica principale: l’attenzione alle persone, “ad ognuna di queste, con lo stesso grado di importanza”. Energia, empatia, equilibrio, estroversione, fiducia e passione sono alcune delle sue caratteristiche principali secondo il numero uno di BV Invest. Ma, soprattutto, il leader può parlare con l’esempio. A farlo è lo stesso Vettore che dopo aver iniziato la sua carriera dal gradino più basso, come agente immobiliare, è diventato in pochi anni titolare di più agenzie del settore e, dal 1998, anche presidente di Assofranchising, l’Associazione Italiana del Franchising. Nella sua carriera ha presenziato, in qualità di opinion leader, a numerosi eventi e trasmissioni televisive, conducendone anche una, “Ciak si cambia” (produzione 7Gold), sui temi della comunicazione e del public speaking. Un significativo esempio di quanto porsi nuove sfide sia fondamentale per ogni leader che si rispetti, è rappresentato anche da BV Invest Srl nella misura in cui questa rinomata realtà aziendale ha saputo trasformarsi da società di consulenza e advisory immobiliare, a vero e proprio incubatore di idee imprenditoriali nell’ambito della formazione e del training, dell’editoria e della consulenza strategica, del franchi-
sing e del real estate advisory. Ma come trasmettere volontà e passione ai propri clienti nel raggiungimento di nuovi obiettivi a livello personale e aziendale? “Attuiamo questa attività di affiancamento principalmente cercando di far capire, e illustrando, l’importanza e la valorizzazione del capitale umano
medie imprese – quelle che poi rappresentano il fulcro del sistema economico e produttivo nazionale – promuovono programmi di formazione e crescita per i propri collaboratori. Ma l’85% di queste imprese riesce ad aumentare il proprio fatturato proprio grazie a questa sensibilità verso il proprio staff.
– spiega Vettore -. Facendo riferimento, ad esempio, ai vertici di un’azienda, il nostro obiettivo è quello di far prendere coscienza che oltre ai conti finanziari c’è qualcosa di più importante: un ‘capitale umano’. E’ inutile parlare di fatturati e vendite se non c’è questa attenzione alle persone e alle risorse umane di un’azienda, anzi questa attenzione – conclude il Cavaliere – è fondamentale per ottenere risultati aziendali positivi concreti”. Ci sono numeri reali che lo dimostrano: da una recente indagine di BV Invest risulta che solo il 23% delle piccole e
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SCENOGRAFIE DI STILI. L’appuntamento con Dome, in questo numero ospita una casa di Pesaro, nata nel segno del design e della funzionalità: un luogo dove poter ospitare gli amici ma anche un nido dove poter rimanere da soli, raggiungibile solo in ascensore. Una casa preziosa, dove l’elemento guida è il travertino toscano di Rapolano, usato per le pavimentazioni esterne come per i particolari dell’interno è quella di Castrocaro Terme. Rimaniamo in provincia di Forlì per visitare la nuova Rocca delle Caminate, che dai fasti dell’epoca fascista è passata sotto molteplici proprietà e utilizzi fino ad essere, oggi, ristrutturata per ospitare uno dei poli tecnologici aeronautici d’avanguardia d’Italia. Finiamo questo numero dando spazio al lughese Simone Resta, chief designer di Ferrari, oggi sinonimo di eccellenza a livello internazionale: entrato in scuderia nel 2011, scala la carriera tecnica del cavallino fino a raggiungere il massimo livello nel 2014, sotto la presidenza di Sergio Marchionne.
PESARO: Nel segno del design,
CASTROCARO TERME: La casa preziosa,
FORLÌ: La nuova Rocca.
Accenti
ALPI premiata ai Best of 2016 di Archiproducts Design Award. Modigliana - ALPI, l’azienda modiglianese prima al mondo ad industrializzare il processo produttivo del legno composto, si aggiudica con la Designer Collection Tarsie di Piero Lissoni il Best of 2016 - categoria Finishes di Archiproducts Design Award, il premio promosso dall’affermato motore di ricerca per l’architettura e il design. La Giuria Internazionale, composta da 25 tra i più influenti Studi di Architettura in tutto il mondo, ha decretato dopo giorni di ricerca, valutazioni qualitative e approfondimenti, i vincitori degli ADA 2016. Gli Architetti della giuria hanno lavorato autonomamente da 15 Paesi diversi
raccogliendo poi i voti su una piattaforma condivisa. Ciascuno dei professionisti ha naturalmente seguito la propria personale visione del Design, dell’Interior Design e dell’Architettura, decretando la classifica dei vincitori. Il nuovo e importante riconoscimento premia lo sforzo profuso da ALPI, che a partire dallo scorso anno con l’arrivo in azienda di Piero Lissoni in qualità di art director, ha avviato un nuovo corso aziendale che ha visto una rinnovata apertura al mondo del progetto e del design. La collezione di tranciati TARSIE trae la sua forza dalla perfetta intensità della natura.
DTS illumina Dubai.
Misano Adriatico - La romagnola DTS di Misano Adriatico, azienda leader in progettazione e produzione di soluzioni illuminotecniche, è stata scelta come fornitore per l’illuminazione del suggestivo complesso del Dubai Water Canal. Un progetto da 550 milioni di dollari, il canale, lungo 2,9 Km, collega la Business Bay con il Golfo arabo ed è attraversato da ponti alti 12 metri. Una delle principali attrazioni del sito è la cascata del ponte Sheikh Zayed, che di notte diventa uno spettacolo di magici colori. Il design illuminotecnico trasforma il ponte in una cascata di giochi ed effetti luminosi che lo rendono unico nel suo genere. La Magical Water Fountains, specializzata in progetti d’acqua a grandi dimensioni, è stata incaricata della
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Gesù, energia del mondo.
realizzazione del progetto architettonico, e in questo contesto DTS, con i suoi proiettori Helios Bronze Fc interamente prodotti in Italia, ha fornito e curato i 240 punti di illuminazione. Questi proiettori subacquei sono un perfetto esempio dell’alta tecnologia dei prodotti DTS che grazie al proprio reparto di Ricerca e Sviluppo è in grado di rispondere ad ogni tipo di necessità in lighting design. Gli Helios Bronze Fc, creati per l’utilizzo in interazione con giochi d’acqua, garantiscono un mixaggio colori di alta qualità grazie ai LED Full Color. DTS si dichiara orgogliosa di prendere parte a questo innovativo progetto di rinnovamento della città di Dubai, un’ulteriore conferma della qualità e della competitività dei prodotti Made in Italy.
Pesaro - Il Museo diocesano, in Palazzo Lazzarini, ha ospitato una mostraevento dedicata ad un’opera d’arte sul tema dell’Eucaristia. L’opera protagonista di questa ricerca si intitola Gesù, Energia del Mondo, ed è la replica di un crocifisso in vetro pensato e realizzato dal designer Vittorio Livi (Fiam Italia) presso i laboratori dell’azienda a Tavullia, donata dal suo autore a Papa Francesco. Nell’opera emerge l’alto valore simbolico che, dalle stesse parole dell’autore, si manifesta come “un Gesù Crocifisso fatto non solo di figurazione ma anche di concetti, gli stessi che hanno da sempre accompagnato la mia vita”. L’esposizione mostra disegni e bozzetti della genesi artistica, frammenti vitrei e strumenti dell’artigianato a rimarcare l’importanza del vetro come medium espressivo. (S.C.)
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NEL SEGNO DEL DESIGN un rifugio al sesto piano. testo Lucia Lombardi- foto Riccardo Gallini
A pochi passi dal centro storico di Pesaro, in un palazzo moderno di nuova costruzione, un attico su due livelli rispecchia l’anima del proprietario, un giovane professionista, amante di collezionismo e auto, che ha commissionato l’opera all’architetto Monica Gasperini.
Nel segno del design
A pochi passi dal centro storico di Pesaro, in un palazzo moderno di nuova costruzione, si trova un attico su due livelli molto maschile. Commissionato da un giovane professionista, amante di auto, orologi, moto e collezionismo, ad una architetto, la raffinata ed esperta in residenze private Monica Gasperini, con studio a Cattolica. Il committente desiderava ottenere un insieme raccolto, un nido dove potersi rifugiare al sesto piano, raggiungibile solo da lui in ascensore e al quinto un luogo più conviviale, dove ospitare amici. Così Monica segna i vari ambienti, crea isole, suddivide i vari servizi secondo un ordine preciso, gioca tra effetti luministici naturali e artificiali. L’appartamento di 300 mq è suddiviso su due livelli, il primo si apre su un grande salone caratterizzato da una parete divisorio-libreria-contenitore, realizzata su misura in ebano, sormontata da un pannello tecnico a scomparsa da cui esce il telo tecnico che ospita le proiezioni del proiettore collocato sul divano. A valorizzare il mobile su misura sono i vasi Venini in vetro opalino e la serie asimmetrica Ritagli. Il sofà è realizzato su disegno di Monica da un tappezziere di fiducia, il tappeto in cotone dall’effetto vintage è adagiato su un parquet in listoni di rovere, che caratterizza l’intero progetto, su cui è collocato il tavolo basso con ruote di Gae Aulenti per Fontana Arte, il cui piano in vetro float molato poggia su ruote industriali con forcelle in metallo verniciato nero ottico, a sottolineare l’amore per i mezzi su gomma del proprietario. A caratterizzare l’ambiente masterpieces d’autore, classici senza tempo, come la Lounge chair con pouf di Charles e Ray Eames per Vitra.
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Sotto, un’immagine del grande salone caratterizzato dalla parete divisoria in ebano.
il cuore di Forlì
Piazza A. Saffi, 49 Forlì - tel. 0543 24026 - fax 0543 34112 - info@riccicamillo.com - www.riccicamillo.com
Nel segno del design
Un tocco di luce di design è dato dalla lampada estendibile Toio di Achille e Pier Giacomo Castiglioni per Flos, dal 1962 ad oggi prodotta ancora con grande successo. Un must per i collezionisti del genere. A parete è montato il multilettore della tecnologia brevettata Bang&Olufsen dall’incredibile sistema audio e scultura cinetica al contempo. L’ambiente nella sua globalità è armonico, sobrio e maschio, caratterizzato dai toni del tabacco. La grande libreria divisorio separa il living dalla cucina, ospitando un camino angolare, che invita a svoltare l’angolo, a cambiare registro per accedere alla cucina, bianco panna, tutta hi-tech come l’intero appartamento, a dominare tutta la parete di fondo un grande lavoro dell’artista romano Enrico Dinicolantonio (detto Dicò), una dirompente bandiera della serie Flags. Il piano da lavoro è in Corian, mentre il tavolo è realizzato con un vecchio pianale in legno sormontato dalle tre luci pendule targate Renzo Serafini per la serie “Sola grande”. Ampie aperture caratterizzano anche questo ambiente, lasciando libero l’accesso alla terrazza che circonda tutto l’appartamento facendo permeare ovunque luce naturale, dilatando al contempo gli spazi stessi. Al secondo piano si accede da una scala in resina grigio scuro, la parete della scala in ebano ottenuta con pannelli lignei sfalsati è tutta su disegno, a illuminare il vano una luce lineare dall’effetto industriale a barra verticale dal corpo in ferro con finitura in Corten e cinque lampadine a vista di Renzo Serafini. Terminata la rampa ci si trova catapultati nel regno del padrone di casa, un’isola felice in cui appartarsi e rigenerarsi. L’architetto ha dialogato con il cliente, tutto lo indica e nulla è autoreferenziale, dalla scelta dei materiali alla distribuzione degli ambienti. Nello studio campeggia il Cactus verde di Dracco+Mello per Gufram, anche qui presenzia la longilinea lampada Toio. A movimentare la parete una delle biciclette artistiche di Erika Calesini, sinonimo di libertà e attaccamento, mentre la grande scrivania è in rovere grezzo di recupero e la sedia in pelle è di Vitra, un must have da ufficio. Sofisticato l’impianto stereo B&O con due casse a pavimento. Un quadro antico campeggia sulla libreria in mogano, ritrae un antico prelato pesarese, un tocco d’antiquariato proveniente da una ereditata passione di famiglia; sulla libreria a muro svetta un Venini Opalino nero. Nel corridoio una libreria pone in mostra la collezione di caschi e le proprie passioni quale vessillo personale. Sulla sinistra si accede alla stanza padronale, un mix tra stile zen, per essenzialità e purezza dei materiali naturali prescelti, e uno stile country chic, dato dalla scelta del legno naturale vivo e un classico divano Chesterfield in pelle nera. Il letto è allestito sopra ad una sorta di atollo naturale di legno che prosegue a tutta parete divenendo boiserie e testiere al contempo, una valigia d’antan funge da comodino, mentre una madonna d’antiquariato ci parla delle radici. Un doppio volto per il luogo dell’intimità che rivela uno sguardo verso il nuovo e radici ben piantate alla terra. Dalla stanza si accede al vestibolo, dove il gioco di specchi rende vivace e luminoso l’insieme, progettato sin nei minimi particolari dall’architetto permette di tenere in perfetto ordine l’abbigliamento e godersi la scelta, con porte su misura a filo. Il bagno, caratterizzato da pareti in resina, è una sorta mini spa domestica, dove rilassarsi, sedersi e godersi le cascatelle d’acqua a parete o il rinvigorente massaggio verticale. Un vetro terra-soffitto color ambrato separa armoniosamente l’ambiente, i corpi illuminanti donano effetti scenografici calibrati. Il possente lavabo in pietra brown ottenuto da un’unico blocco è adagiato su un mobile contenitivo disegnato ad hoc. Le porte non intralciano il colpo d’occhio sugli spazi, sono tutte su disegno dell’architetto Gasperini, nei mobili concepite a filo come boiserie. Nulla è lasciato al caso. Il progetto è cesellato cosicché tutto l’ambiente sia caratterizzato da linee asciutte, calibrate, misurate per ottenere un’essenzialità avvolgente diffusa, ottenendo un’atmosfera calda, che quasi quasi profuma di tabacco.
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Sopra, la camera da letto dominata dal legno naturale.
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La casa preziosa
LA CASA PREZIOSA lo stile nell’uso del travertino. testo Annalisa Balzoni - foto Giorgio Sabatini
Nel cuore di castrocaro terme c’è una dimora dove l’elemento guida è il travertino toscano di Rapolano e dove ogni particolare crea atmosfere uniche ed eleganti.
Lo Studio di Architettura di Loris Camprini di Forlì si occupa di architettura e di design, e lo fa con professionalità, garantendo lavori curati nel minimi dettagli e capaci di rispondere alle esigenze dei propri clienti, curando ogni minino particolare, perché è nel dettaglio che riscopriamo l’eleganza e la capacità. “Perché la mia prestazione e collaborazione con la committenza è totale ovvero inizia con l’assistenza e valutazione dell’immobile da risanare, ristrutturare e arredare, e prosegue fino all’entrata in casa con tutto illuminato e arredato. Considero tutto questo essenziale per la stesura di un progetto di massima fino ad arrivare al progetto definitivo e alla realizzazione conclusiva, il tutto finalizzato alla felicità della committenza”. L’architetto Camprini incarna da tantissimi anni la figura di un professionista che impronta il proprio lavoro sull’attenzione dei particolari, e sono proprio i particolari, la loro essenza ed unicità a rendere l’abitazione a misura del committente, e soprattutto unica. Questa premessa fa da apertura alla presentazione di questa dimora, la cui ristrutturazione è terminata nel 2010, il cui elemento guida è il travertino toscano di Rapolano, utilizzato negli esterni e negli interni, modellato e sagomato su disegno dell’architetto. Siamo nel cuore di Castrocaro Terme, e questa casa costruita, negli anni ’70, è stata totalmente trasformata in un dimora elegante, particolare e con un carattere decisamente originale e prezioso. Sviluppata su tre livelli, poggiata su un leggero pendio, ha l’ingresso principale a livello della
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La casa preziosa
strada maestra; ingresso elegante e raffinato caratterizzato da mobilio disegnato sempre dal progettista e da un corpo illuminante frutto della collaborazione con la ditta fabbricatrice. In questa parte della casa spicca la bellissima scala, composta da gradini in travertino bianco autoportanti, progettata dallo stesso Camprini, che funge da bypass tra la zona notte e la zona living, posizionata al piano sottostante. Dalla zona living accediamo al giardino, ove l’attenzione ai dettagli è stata massima, così come la scelta dei materiali e delle piante . La disposizione interna della dimora e ogni particolare architettonico, minuziosamente studiato, creano atmosfere uniche ed eleganti. Il leitmotiv è il travertino toscano color bianco e color noce di Rapolano, materiale da anni usato, o per meglio dire modellato, dal progettista, il quale, come confidatoci, personalmente sceglie i blocchi in cava. E così la pietra viene sagomata in base all’esigenze e trova una nuova vita nell’essere utilizzata nelle pavimentazioni esterne, nei gradini di accesso all’ingresso principale – ove troviamo blocchi interi che hanno funzione di pianerottoli –, nella bella scala esterna che collega il piano sulla strada maestra all’ingresso secondario e al giardino retrostante dove i gradini, sempre in travertino bianco, poggiano su struttura in ferro. Bello l’utilizzo del travertino come cornice alle finestre, prive di sistemi di oscuramento esterni. Di grande effetto gli infissi esterni a scomparsa, ampie vetrate che permettono alla luce naturale di penetrare e avvolgere gli interni.
88 / La casa preziosa
Sotto, una veduta dell’ampio salone, con la scala composta da gradini in travertino bianco.
La casa preziosa
Nella zona living spiccano mobili, disegnati dallo stesso Camprini, importanti e di effetto, come la tavola della zona pranzo e la stessa cucina. Anche le porte in wengè, montate a madonna, sono state disegnate dall’architetto, così come le maniglie con finitura argentata, realizzate dalla Ditta Baldini di Firenze. Eleganti i tendaggi in lino, sempre elegante e bellissima la pavimentazione in rovere rigatino e la scelta di usare un battiscopa alto in wengè. Ringraziando per l’ospitalità, ci sembra doveroso salutarci con un semplice pensiero: design è una parola inglese e si può tradurre con la parola progetto. Progettare deriva dal latino, e significa gettare avanti, quindi il design è avere consapevolezza del presente e immaginare un futuro in cui realizzare le proprie idee.
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In questa pagina, alcuni dettagli dei raffinati interni disegnati dall’architetto Loris Camprini.
LA NUOVA ROCCA
Rocca delle Caminate, polo tecnologico d’eccellenza. testo Annalisa Balzoni - foto Giorgio Sabatini
Lo storico castello, lungo i crinali tra Meldola e Predappio, è stato restaurato e ospiterà una delle sedi del tecnopolo per la ricerca industriale di Forlì-Cesena.
La nuova Rocca
Lungo la strada di un crinale tra Meldola e Predappio, esattamente a 14 km da questi Comuni, si erge la Rocca della Caminate. Sono state fatte due ipotesi sull’origine del nome dato alla Rocca: secondo la prima, le Caminate sarebbero i cammini di ronda che contornavano le mura dell’antico fortilizio; secondo un’altra ipotesi, invece, il nome deriverebbe dall’elevato numero di stanze caminate, cioè provviste di camino, quindi riscaldate. In origine centro di fondamentale importanza strategica, per la sua posizione dominante sulle vallate del Bidente e del Rabbi, è stata testimone di una storia travagliata e affascinante. Probabilmente eretta sui resti di un fortilizio romano, le prime attestazioni del Castrum Caminate sono del 997 quando risultava soggetto ad Ambrone delle Caminate. Nel 1120 era in possesso dei Belmonti i quali, ribellatisi all’autorità imperiale, furono costretti a fuggire e il castello venne distrutto. Ricostruito l’anno seguente da Guglielmo Belmonti, fu nuovamente preso e distrutto dai forlivesi nel 1212, e dagli stessi ricostruito l’anno successivo. Si susseguirono distruzioni e ricostruzioni e, nel 1380, venne affidato a Sinibaldo Ordelaffi che ne fece migliorare le fortificazioni. Ritornato ancora in possesso dei Belmonti, nel 1395 fu assediato da Francesco Ordelaffi che riuscì a espugnarlo. Nel 1407 ne era proprietario il Comune di Forlì il quale lo perse per opera dei Malatesta e da questi fu reso ai Belmonti. Passò quindi dagli Ordelaffi allo Stato Pontificio e ai Malatesta, nel 1468 a Pino III Ordelaffi che decise di raderla al suolo. Passata sotto il dominio francese nel 1494, ne fu decisa la riedificazione e i Forlivesi la tennero fino al 1503, anno durante il quale fu conquistata da Venezia. Il dominio veneziano non fu mai accettato di buon grado da nessuna delle parti che lottavano per il suo possesso e nel 1508 passò definitivamente sotto la sovranità della Santa Sede che la affidò ai conti Pio di Carpi. A fine Cinquecento la rocca fu possesso degli Aldobrandini, Pamphili per divenire poi, a fine ottocento, proprietà, per enfiteusi, della famiglia Baccarini di Forlì. Una forte scossa di terremoto nel 1870 la danneggiò gravemente mentre l’incuria e l’abbandono degli anni successivi ne peggiorarono le condizioni. Negli anni fra il 1924 e il 1927, la rocca fu oggetto di un radicale restauro finanziato da un prestito littorio – una sottoscrizione indetta fra i cittadini della Romagna – e attraverso l’opera dell’architetto ravennate Luigi Corsini. Vennero ricostruite la torre e la cortina muraria sagomata con
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A fianco, la sala del pozzo con la scala d’accesso ai piani superiori. In alto, una vista dell’ingresso ai futuri laboratori. In basso il soffitto a cassettoni della “stanza degli ospiti”.
merlatura guelfe (merlature squadrate per contrapporsi a quelle ghibelline, a coda di rondine), e venne donata a Benito Mussolini che la elesse sua residenza estiva. Sulla torre, riedificata, venne installato un faro che emetteva un fascio di luce tricolore con una potenza di 8000 candele, visibile a oltre 60 km di distanza, a indicare la presenza del Duce all’interno della rocca. Il 28 settembre 1943, a Rocca delle Caminate si tenne, presieduto da Mussolini, il primo consiglio dei ministri di quella che sarà la Repubblica Sociale Italiana. Durante la Repubblica Sociale Italiana la rocca fu luogo di torture a danno dei partigiani. Della fortezza originaria non restano che le fondamenta e qualche muro, mentre della fortezza ricostruita dai forlivesi all’inizio del Cinquecento restano i bastioni e alcuni camminamenti. La riedificazione voluta negli anni venti, avvenuta secondo i criteri e le linee correnti all’epoca, ne ha parzialmente stravolto la struttura originaria. Il castello, immerso in un parco di 8 ettari, è stato recentemente restaurato dalla Provincia, per ospitare una delle sedi del Tecnopolo per la Ricerca Industriale di Forlì-Cesena, e quindi sede di infrastrutture di trasferimento tecnologico, con laboratori di ricerca collegati con le Gallerie Caproni che si trovano sulla collina di fronte, che ospitano il laboratorio di Fluidodinamica. La struttura ha al suo interno un’ala intorno alla torre. Le stanze che componevano l’appartamento di Mussolini sono state divise in tre parti per ospitare i laboratori per i ricercatori, si tratta di
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vani che, attraverso un progetto riconvertibile, potranno trasformarsi anche in una sala unica per la didattica. La costruzione di un connettivo vetrato in copertura ha permesso l’utilizzo di spazi interni ove spicca una splendida scala in vetro che porta alla terrazza con un mirabile panorama sulla Romagna. Particolare della terrazza è il grande faro: ve ne sono nel mondo solo tre esemplari, tutti costruiti in Francia; gli altri due, funzionanti, si trovano in America. L’altra ala, la cosiddetta “residenza per gli ospiti”, è costituita da stanze con soffitti a cassettoni dipinti e alle pareti decorazioni di gusto rinascimentale e medioevale. Nell’ultima stanza troviamo uno degli stemmi della famiglia Mussolini, stemma
semplice riportante sei quadrati posizionati in modo scalare; in realtà non esistono stemmi unici ricollegabili alla famiglia Mussolini, infatti è risaputo che quando lo stesso Mussolini venne insignito dal re del Collare della Santissima Annunziata, la più alta onorificenza di Casa Savoia, fu doverosa la realizzazione di uno stemma. Per anni molti studiosi avevano cercato di trovare segni di nobiltà all’interno della famiglia Mussolini; venne addirittura pubblicato uno scritto ove si legava Benito Mussolini a famiglie nobili veneziane e bolognesi; la risposta dello stesso Mussolini a ciò è nota, infatti pubblicò uno scritto ove esprimeva tutta la sua indignazione, e dove sottolineava la sua fierezza per le proprie umili origini; e per far tacere il tutto si recò a Monte Maggiore nella casa ove per sei generazioni avevano vissuto i suoi avi e qui fece apporre una targa a testimonianza di ciò. Finisce qui il nostro viaggio all’interno della Rocca, rinata grazie ad un raffinato restauro, tornando a vivere con una nuova destinazione. La Rocca delle Caminate fa parte di quegli edifici che gli storici e filosofi del restauro chiamavamo “vivi”, perché il loro recupero, utile oltre che per la trasmissione dei valori da una generazione all’altra, può diventare centrale nei processi di rigenerazione e riqualificazione del tessuto urbano; inoltre in questo intervento possiamo trovare anche una risposta al concetto sul rapporto tra conservazione e creatività, poiché qui il restauro è divenuto un atto di creatività, principio basilare alla salvaguardia del nostro patrimonio storico.
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Sopra, un “trittico” fotografico dell’ingresso alla Rocca.
olin do guerrini ricordi autobiografici A CURA DI
M A R I AV I T TO R I A A N D R I N I
“Ebbi dalla natura una invidiabile facoltà, quella di essere insensibile alle critiche più acerbe ed ingiuriose ed, in compenso, una insensibilità uguale alla lode che mi ha tolto il piacere che altri dice di provarne.” [O. Guerrini]
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mo creato una linea di piatti innovativi, quale cornice ideale per ogni portata, dalla più semplice alla più elaborata”. Ed ecco che materiale come legno, ardesia e pietra acrilica (Krion Solid Surface) si uniscono per creare prodotti totalmente Made In Italy dal design moderno ed elegante. “Le creazioni di Infinito sono però qualcosa di più che semplici piatti di portata. Infinito è Design, in ogni dettaglio studiato; è Arte perché è ispirazione, come quella che ci ha portato a legarci con le creazioni di Catia Uliassi; è Food, perché gli chef animano il piatto con ogni
tipo di cibo e sapore; è Mare, perché apparecchiamo la tavola anche in barca; è Wellness perché amiamo mangiare e vivere in modo sano, prendendoci cura del nostro corpo e dell’ambiente che ci circonda. “E poi Infinito è People, perché Il successo di un’azienda dipende soprattutto dalle persone che credono e lavorano per essa.” Una storia quella di Laura e dei suoi fratelli in cui passato e presente, ricerca e innovazione, abilità ed entusiasmo sono messi su un unico piatto al servizio della tavola, luogo d’incontro e conviviale da sempre.
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Simone Resta
SIMONE RESTA la mia Ferrari. testo Alessandro Bucci
Nato a Lugo nel 1970, Simone Resta, oggi Chief Designer per la scuderia Ferrari F1, è sinonimo di eccellenza a livello internazionale. In Ferrari entra nel 2001 e scala la carriera tecnica del cavallino fino a raggiungere il massimo livello nel 2014, sotto la presidenza di Sergio Marchionne.
Nato il 14 settembre 1970 a Lugo, Simone Resta è originario di Solarolo e si laurea nel 1995 in Ingegneria Meccanica all’Università di Bologna. Tre anni dopo inizia il lavoro presso il Dipartimento di Ricerca e Sviluppo nel team Minardi di Formula 1, dove vi rimane fino al 2001. Ed è proprio in quell’anno, fatto di grandi gioie per il Cavallino Rampante, che Resta approda in Ferrari nel ruolo di Senior Designer Engineer presso la Gestione Sportiva del team di Maranello. Simone vive così l’epopea rossa guidata da Michael Schumacher, Jean Todt e Ross Brawn, durata dal 2000 al 2004, venendo promosso nel 2006 al ruolo di Responsabile del dipartimento di Ricerca e Sviluppo. Sei anni dopo arriva un nuovo traguardo per Resta, insignito del ruolo di Deputy Chief Designer per il team di Maranello. Nel 2014 Simone viene infine nominato Chief Designer dall’allora neo Presidente Ferrari Sergio Marchionne, succeduto a Luca Cordero di Montezemolo. Gian Carlo Minardi, ex team principal della scuderia omonima che ha contribuito a lanciare tante eccellenze nel mondo del Motorsport, ricorda così Resta: “Essendo romagnolo, Simone è sempre stato schietto, sincero ed un grande lavoratore. Forse avrebbe bisogno di un po’ più di tranquillità e di lavoro di gruppo di quello che al momento si svolge in Ferrari. Intervistato recentemente dall’addetto stampa Ferrari Alberto Antonini, Simone Resta ha spiegato le caratteristiche principali della SF16H, vettura F1 2016 del Cavallino Rampante: “La scelta del muso corto è legata a ragioni prettamente aerodinamiche, dal momento che abbiamo scelto di massimizzare il flusso sotto al corpo vettura e sotto al telaio che va ad insistere sulla parte anteriore del fondo. La scelta invece della sospensione anteriore push-road è legata a tre aspetti: il primo, sempre di natura aerodinamica, con una diversa gestione dei flussi, il secondo legato ai pesi che è un sistema che permette di massimizzare la rigidezza del sistema e quindi di minimizzare il peso, il terzo è una questione di lay-out, dal momento che ha dato a noi tecnici la possibilità di migliorare le caratteristiche cinematiche dell’anteriore, quindi la sua guidabilità. Fondamentalmente la vettura è stata rinnovata in tutte le aree, pochissimi sono le componenti che abbiamo salvato rispetto al 2015”. Attualmente Resta vive a Faenza con la moglie Samuela e i figli Benedetta e Nicolò. Simone è appassionato anche di bicicletta da corsa e mountain bike.
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