Tariffa R.O.C.: Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB - FILIALE DI FORLÌ - Contiene i. p. - Reg. al Tribunale di Forlì il 20/02/2006 n. 6 - EURO 3,00
PESARO N° 1 APRILE/MAGGIO 2017
BALDELLI
Simona
LIBRO TERAPIA
PESARO / Città dello sport MATTHEW LEE / Pura energia FRANCESCA PAOLUCCI / Obiettivo orgoglio
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EDITORIALE
SOMMARIO
A
Apriamo questo primo numero del 2017 con la cultura e i libri in compagnia di Simona Baldelli, che ci racconta come nascono le sue storie. Proseguiamo con un servizio su Pesaro Città europea dello sport, riconoscimento che arriva direttamente da Bruxelles, con un occhio di riguardo ai giovani sportivi. Abbiamo inoltre incontrato Rodolfo Brandi, Gloria Bellardi, Marco Muratori, Andrea Casula e Samuele Vincenzi con cui abbiamo parlato di creatività e start-up. Non poteva mancare l’incontro con l’arte, con testimoni d’eccellenza come il pianista Matteo Orizi (in arte Matthew Lee), le cacciatrici di paesaggi Rosetta Borchia e Olivia Nesci, gli scrittori Massimo Foghetti e Sara Ferri. Spazio infine alle istituzioni con il sindaco di Tavullia, Francesca Paolucci, e al tennis con il giovane Luca Nardi. Andrea Masotti
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ANNOTARE
Brevi IN
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ESSERE
Simona Baldelli
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ECCELLERE
Pesaro città dello sport
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SOSTENERE
Bees
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IDEARE
Start-up
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SCOPRIRE
Teatro del Sole
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SCRIVERE
Massimo Foghetti
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ELETTRIZZARE
Matthew Lee
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INDAGARE
Sara Ferri
EDIZIONI IN MAGAZINE S.R.L. Redazione e amministrazione: Via Napoleone Bonaparte, 50 - 47122 Forlì Tel. 0543.798463 / Fax 0543.774044 www.inmagazine.it info@inmagazine.it
GESTIRE
Francesca Paolucci
DIRETTORE RESPONSABILE: Andrea Masotti REDAZIONE CENTRALE: Gianluca Gatta, Giulia Masci Ametta IMPAGINAZIONE: Francesca Fantini UFFICIO COMMERCIALE: Irena Coso, Laura De Paoli, Olimpia Sinistrario COORDINAMENTO REDAZIONE PESARO: Simonetta Campanelli - 335 5262743 nelli@simonettacampanelli.it STAMPA: Seven Seas Srl - RSM Anno XI - N. 1 Chiuso per la stampa il 05/04/2017 Collaboratori: Benedetta Andreoli, Alberto Berardi, Simonetta Campanelli, Ettore Franca, Alice Muri, Giovanna Patrignani, Solidea Vitali Rosati, Silvia Sinibaldi, Maria Rita Tonti Fotografi: Laura De Paoli, Leo Mattioli, Luca Toni
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SFIDARE
Luca Nardi
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GIROVAGARE
Peglio
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RISCOPRIRE
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Tutti i diritti sono riservati. Foto e articoli possono essere riprodotti solo con l’autorizzazione dell’editore e in ogni caso citando la fonte
Rosetta Borchia e Olivia Nesci
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IMBANDIRE
Giovedì trippa
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ANNOTARE a cura di Simonetta Campanelli
Eessere chic LALTRASTORIA STILE PESARO Giulia e Samuele Vincenzi: un’esposizione di gusto, il piacere
della fantasia e della femminilità ed è subito tutta un’altra storia, uno stile! Samuele ha iniziato la sua attività come venditore ambulante creando uno spazio open air ben allestito, d’impatto e molto accattivante per catturare la curiosità della donna a spasso per il mercato: una bancarella in ferro battuto con music surround. Dal vendere è passato presto alla produzione diretta con raffinato senso estetico: Laltrastoria Stile è un marchio invitante per giovani donne che cercano nel dettaglio dell’abbigliamento la propria personalità e il gusto individuale. Laltrastoria a Senigallia, Fano e Rimini ora è anche in via Rossini 52 dove, Samuele e Giulia, propongono la loro linea di abbigliamento femminile fatta di ricercatezza, sapere artigiano, colori, dettagli e fantasie su tessuti fini e di gran qualità.
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La forma del design ASTER CUCINE
Al museo Omero, bello E ACCESSIBILE
PESARO Libertà e
FRONTONE Il Museo Omero ha creato la Sezione itinerante del Museo Tattile Statale per veicolare una cultura senza barriere e per esportare la propria filosofia. Fino al 29 ottobre, il Castello Della Porta sarà la cornice storica che darà risalto a Bello e Accessibile. La mostra presenta un corpus di 24 opere tra cui 14 riproduzioni da originali di arte antica, 8 opere originali di arte contemporanea e 2 modelli architettonici. Tra questi la copia in gesso della Dama col mazzolino di Andrea Verrocchio (1475), il modellino architettonico del Partenone, la scultura Busto di Giovane dello scultore cieco Felice Tagliaferri, il bronzo Ingranaggio di Umberto Mastroianni. Le opere sono accostate per temi e tipologie.
personalizzazione, contaminazione di stili e materiali. È più che mai unico e identificativo il design di Aster. Un universo di stili e linguaggi che il brand continua a sviluppare e ampliare. Al cuore di tutto c’è la personalizzazione. La ricercatezza si fa strada anche nei dettagli più nascosti, come nella nuova collezione di accessori, disegnati dall’architetto Lorenzo Granocchia, art director del brand. Il progetto applica lo spirito progettuale di Aster agli elementi interni. Aster presenta in anteprima le nuove collezioni di accessori negli oltre 400 mq del suo showroom aziendale in via degli Abeti 354 a Pesaro. www.astercucine.it
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ANNOTARE
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l’uomo dello Shiatsu, è appassionato di scienze orientali ed è profondamente convinto della potenza che l’energia riveste nel corpo. L’antica disciplina Shiatsu è molto efficace per alleviare alcuni disturbi: toglie affaticamento mentale e fisico mentre rilassa ed energizza. Massimo si è perfezionato in questo tipo di massaggio perché “è una tecnica i cui benefici allentano le tensioni e migliorano l’umore. Lo scambio energetico tra operatore e ricevente è basilare e permette di accedere alla sfera emozionale e spirituale. Le persone assimilano il trattamento in modo intimo e soggettivo, il tutto finalizzato al raggiungimento di un alto senso di benessere”. (S.C.)
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PESARO Presentata da Andrea Cangini, direttore di Qn-il Resto del Carlino, la serie di quindici videoclip Due minuti di storia, online sul portale del quotidiano tutti i lunedì fino alla fine di luglio. La serie Web intende far conoscere aspetti inediti o sconosciuti della vita quotidiana del passato. “Sono già online le prime puntate – ha detto il giornalista Giovanni Lani, curatore insieme a Solidea Vitali Rosati della serie e con ospite (quasi fisso) lo storico Riccardo Paolo Uguccioni –. Ogni lunedì, una puntata nuova, ricca di curiosità e approfondimenti in chiave locale: dall’arrivo del telegrafo all’esplorazione dei segreti della Rocca ubaldinesca di Sassocorvaro, dall’utilizzo del passaporto in epoca pontificia, alle ragioni che resero invincibile il castello di Montecopiolo, talmente inespugnabile da essere difeso da solo 12 uomini di guardia.”
Relax e divertimento eco NAUTILUS FAMILY HOTEL PESARO Vorrei del tempo tutto per me, per riposarmi e rigenerarmi completamente. Vorrei del tempo per la coppia, per trascorrere indimenticabili momenti insieme. Vorrei del tempo per la famiglia, per divertirci insieme ai bambini. Vorrei del tempo per i bambini, per farli sognare e giocare in allegria. Se sogni una vacanza così, il Nautilus Family Hotel di Pesaro ti aspetta per una vacanza in famiglia rilassante, divertente ed ecosostenibile. Sì, perché questa struttura della catena Eden hotels + Resorts è un hotel per famiglie progettato in bioedilizia.Tutto quello che serve per una perfetta vacanza in famiglia! Camere con tutte le comodità, mini club e animazione nella stagione estiva, piscina, aree gioco, ristorazione, ottima posizione, sul mare e a due passi dal centro storico di Pesaro, pet friendly. Cosa si può chiedere di più a un family hotel?
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ESSERE
Libro
TERAPIA NON HA MAI TENUTO UN DIARIO, AMA IL TEATRO E JOHN FANTE. È CONVINTA CHE I LIBRI SALVINO LA VITA. SIMONA BALDELLI, SCRITTRICE PESARESE, CI RACCONTA COME NASCONO LE SUE STORIE. di Silvia Sinibaldi / ph Leo Mattioli
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Nessuna concessione al personaggio. Non per modestia ma per la sua naturale potenza. Simona Baldelli si è affacciata al mondo della letteratura, o del romanzo se vogliamo circoscrivere, con un testo che è diventato un caso letterario e ha collezionato prestigiosi riconoscimenti. Diciamoci la verità, potrebbe tirarsela un pochino, ma la guardi negli occhi, ti lasci trasportare dalla sua genuina teatralità e capisci che non ne ha bisogno. Da Evelina a Caterina passando per Regina. C’è un legame fra le protagoniste dei suoi libri? “Personaggi diversi che appartengono a epoche lontane tra loro, con storie e caratteristiche senza elementi in comune. Eppure ultimamente mi sono accorta che un ideale filo conduttore c’è. Ed è il tentativo di capire cosa stia accadendo all’universo femminile. Regina, per esempio, nasce nelle scuole, tra i bambini che ho incontrato per parlare di Evelina. Ho avuto la sensazione di trovarmi davanti a un’infanzia spaventata e in particolare davanti a
bambine diverse da come ero io e da come me le ricordavo. Vestite tutte allo stesso modo, con un’omologazione che le svilisce, generalmente sedute negli ultimi banchi. Ricordavo invece le bambine vicine alla cattedra, sempre pronte ad alzare la mano, quasi sempre l’asse portante della classe. Ho percepito un cambio di fronte e mi sono chiesta che cosa sia successo.” Dal punto di vista narrativo che sfide hanno rappresentato i suoi tre romanzi? “Evelina e le fate ha tradotto il mio sguardo sulla società. Raccontare la sua storia ha sollecitato le mie memorie d’infanzia, i racconti che ho ascoltato suggerendomi l’individuazione di un lessico e una struttura che sapessero interpretare l’animo di una bambina. Ragionare come una bambina per rispondere a una domanda: il mondo ha imparato qualcosa da quegli anni di guerra e stenti? De Il tempo bambino, di Regina e di Mr Giovedì, posso dirle che la sfida stilistica è stata quella di armonizzare uno sguardo infantile con una storia com-
“NON RIESCO A PENSARE ALLA VITA SENZA LIBRI E CREDO INOLTRE CHE QUELLO DELLA SCRITTURA SIA UN TEMPO TERAPEUTICO. NON HO MAI TENUTO UN DIARIO, NON AMO RIGUARDARE VECCHIE FOTO E VIVO COSTANTEMENTE PROIETTATA IN AVANTI.”
plessa trovando anche lo spazio riservato all’onirico e alla fantasia. Procedimento che si è compiuto con Il mondo a rovescio, dove lo spunto narrativo nasce dalla lettura di un saggio di Marzio Barbagli. Questo romanzo mi ha proposto un ulteriore stimolo. Non avevo nessun appiglio personale, nessun humus a cui fare riferimento. Per la prima volta, in campo letterario, mi sono affidata a quella che definisco la memoria politica, la memoria collettiva e non personale. Dal punto di vista della lingua, dovendo raccontare la dicotomia vissuta da Caterina, mi ha richiesto un grande sforzo di elaborazione anche se la fatica insormontabile è stata quella di
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raccogliere elementi storici. La mia ricerca è rimbalzata troppe volte contro un muro di gomma.” Una sorta di incontro predestinato quello con Barbagli? “Storia di Caterina che per ott’anni vestì abiti da uomo mi è stato regalato da un’amica nei giorni del Salone del libro di Torino nel 2014. Ero lì con Evelina e le fate. Un pomeriggio mi sono trovata per puro caso alla presentazione del saggio di Barbagli. Così è iniziata la mia storia con Caterina Vizzani. Una storia racchiusa in otto anni di vita pazzesca e intensissima.” In un mondo 4.0 cosa significa scrivere libri? “Non riesco a pensare alla vita senza libri e credo inoltre che quello della scrittura sia un tempo terapeutico. Non ho mai tenuto un diario, non amo riguardare vecchie foto e vivo costantemente proiettata in avanti. Scrivere mi induce a rif lettere su come sono arrivata qui, e quindi a fare i conti con l’accaduto. I libri sono anche e soprattutto lettura. Un’esperienza simile a quella del teatro ovvero un’occasione di accumulare esperienza e poi l’esperienza accumulata leggendo mi ha preparata alla vita. Anche
i miei tanti mestieri sono stati l’esito della palestra fatta sui libri. Sono profondamente convinta che i libri salvano la vita.” Pesaro? “Non ho un grande rapporto con Pesaro. Sono scappata appena ne ho avuto l’occasione. Ci torno spesso, ovviamente, ma a volte con fatica. Ma ancora una volta, leggere e scrivere, mi hanno svelato un’altra verità. Pesaro e i suoi dintorni mi compongono e gli elementi di questo territorio mi hanno forgiato e nutrito. Sono fatta di questa pasta.” Roma? “A Roma sono arrivata per ragioni legate al teatro ma quando ho deciso che scrivere era la mia urgenza e il mio futuro, me ne sono allontanata. Sono andata a vivere fuori dal raccordo anulare. Roma distrae moltissimo, è vittima di una forza centrifuga che la fa ruotare su se stessa. È come impazzita anche se continua a offrire stimoli di ogni genere. Posso dire in sintesi che Roma per me è il luogo delle amicizie. È anche una capitale priva di baricentro, fortemente empatica, coinvolgente e straniante e per questo solo lontano da lei io ho ritrovato il mio baricentro. Vivo comunque
il mio sogno. Del resto il mio lavoro è anche la mia passione. Non ho hobby, anzi sinceramente sono contraria agli hobby.” Ecco, le passioni. “Confesso al vertice c’è lo sport. Tutto lo sport come territorio di sfide e di conoscenza che mi è molto affine. Lo sportivo si confronta costantemente con i suoi limiti proiettato a superarli. Nel sangue ho lo spirito della mia terra che significa inevitabilmente motori. I brividi, le gioie e i dolori di tifare per Valentino Rossi,
il privilegio di averla vicina.” I suoi maestri? “John Fante innanzitutto. Perché leggendo Aspetta primavera, Bandini è esploso il mio spirito di emulazione. Ecco voglio scrivere così mi sono detta. Un incontro fulminante che ha aperto una nuova pagina della mia vita. Non riesco a raccontare la complessità delle emozioni che ho provato il giorno in cui la moglie e i figli mi hanno consegnato il premio che porta il suo nome per il mio Evelina e le fate. Quanto al mio dna di lettrice e scrittrice, appartengono alla mia natura dei libri: Cent’anni di Solitudine e l’Isola di Arturo. Esprimono lo stupore e la magia di cui è fatta la mia scrittura.” Qualche donna? “Le scienziate, le matematiche, le donne che vanno sulla luna e sott’acqua. Tutte quelle donne capaci di arricchire la razionalità con quel pezzetto di cromosoma in più che possiedono.” Cosa la ispira? “Mi ispira tutto: storie, persone, la voglia di raccontare. Anche mentre scrivo, mentre sono concentrata su una storia mi si aprono finestre inedite, nuove fonti di ispirazione.” Il sogno nel cassetto? “Il mio sogno è quanto sto vivendo. Magari con più consapevolezza e con maggiore visibilità ma sento che questa è la strada verso 18
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“MI ISPIRA TUTTO: STORIE, PERSONE, LA VOGLIA DI RACCONTARE. ANCHE MENTRE SCRIVO, MENTRE SONO CONCENTRATA SU UNA STORIA MI SI APRONO FINESTRE INEDITE, NUOVE FONTI DI ISPIRAZIONE. IL MIO SOGNO È QUANTO STO VIVENDO.”
sono stati e saranno un patrimonio unico.” E la musica? “Adoro ascoltarla dal vivo mentre suscita in me scarso interesse quella riprodotta. Continuo ad acquistare cd ma restano sullo scaffale. Più il piacere di averli che di ascoltarli. Con la musica sono onnivora: adoro il jazz, la lirica e il bel canto (mi ricordano anche la mia gioventù e le esperienze come comparsa al Rossini Opera Festival), ma sono rapita anche dalle sonorità africane e dalle commistioni anche audaci.” Una domanda politicamente scorretta: quale scrittore pesarese preferisce? “Paolo Teobaldi. Avrei dato la stessa risposta se mi avesse chiesto quale scrittore italiano preferisco. Teobaldi è un autore vero, profondo capace di dare un registro diverso alla lingua in ogni romanzo. Uno degli obiettivi che mi impongo.”
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ECCELLERE
Passione
SPORT
PESARO NEL 2017 È CITTÀ EUROPEA DELLO SPORT. QUESTO RICONOSCIMENTO, CHE ARRIVA DIRETTAMENTE DA BRUXELLES, È ANCHE DOVUTO A NUOVE ECCELLENZE E DISCIPLINE MENO CONOSCIUTE.
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di Alice Muri / ph Luca Toni e Laura De Paoli
Oltre 35mila tesserati, 394 società sportive, circa 200 impianti dislocati in tutto il territorio. Pesaro è città europea dello Sport 2017 e i numeri non fanno che darle ragione. Un riconoscimento arrivato da Bruxelles solo qualche mese fa, che rende orgogliosi tutti i cittadini di questa città, dove in ogni angolo si può respirare tradizione e passione per lo sport. Perché se Pesaro è conosciuta soprattutto per essere una delle più importanti capitali del Basket italiano, così come può vantare una storica tradizione per il mondo delle motociclette, negli ultimi anni si è deciso di investire molto nel settore sportivo, sia per sviluppare discipline poco conosciute dal grande pubblico come il baseball o il paddle, che per creare vere e proprie eccellenze, come la ginnastica ritmica ed il tennis. Basti pensare a quello che è stato fatto lo scorso anno con la Coppa Davis, ospitata ai campi della Baratoff, ma anche al fatto che quest’anno Pesaro ospiterà i campionati mondiali e la coppa del mondo di ginnastica ritmica. Grandi eventi da un lato, investimenti in sempre nuove discipline sportive dall’altro, che non fanno che arricchire il nostro territorio.
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Un arricchimento che si sviluppa sia in termini economici che di accrescimento del turismo e della cultura sportiva. “Lo scorso anno abbiamo avuto l’onore di ospitare qui, per ben due volte, la Coppa Davis – dice ancora entusiasta il Presidente del circolo del tennis della Baratoff, Pierangelo Benedetti –. È stato un evento davvero straordinario che ha visto la partecipazione di tanti campioni e che ci ha impegnato in prima persona per la realizzazione di campi ad hoc per ospitare la coppa. Non potevamo certo perdere l’occasione. Così oggi il nostro circolo, che è il più grande di tutte le Marche, può contare su 8 campi da tennis (di cui 7 coperti), un campo da paddle, e campi polivalenti”. Il circolo del tennis della Baratoff, nasce nel 1982, ed oggi conta 135 soci ordinari e 150 soci frequentatori. “Tantissimi sono gli eventi che organizziamo ogni anno all’interno del nostro circolo – aggiunge Benedetti – perché pensiamo possano essere anche un volano economico per il nostro territorio. Quest’anno ospiteremo gli internazionali della categoria Over 50-75, come il classico torneo Ornamobil (Under 10-12 e 14), che anche il nostro Luca Nardi, tennista emergente del pesare-
NEGLI ULTIMI ANNI SI È DECISO DI INVESTIRE MOLTO NEL SETTORE SPORTIVO, SIA PER SVILUPPARE DISCIPLINE POCO CONOSCIUTE COME IL BASEBALL O IL PADDLE, CHE PER CREARE VERE E PROPRIE ECCELLENZE, COME LA GINNASTICA RITMICA ED IL TENNIS.
se e campione mondiale in carica Under 14, ha vinto più volte. Possiamo poi contare su una squadra maschile appena promossa in serie A2 e una femminile che milita in serie B”. E conclude: “Quest’anno Pesaro è la città europea dello sport e credo davvero tanto che per essersi aggiudicata un riconoscimento simile, sia i grandi eventi come la Davis, ma anche tutto il movimento sportivo di questa città siano stati determinanti per ottenerlo. E di questa nomina siamo orgogliosi”. E sempre in tema di grandi eventi, ad aprile Pesaro è stata teatro della Coppa del mondo di ginnastica ritmica e ad agosto si prepara ad ospitare un altro evento legato a questa disciplina di livello internazionale: i cam-
IN APERTURA, LUCA NARDI E PIERANGELO BENEDETTI, PRESIDENTE DEL CIRCOLO TENNIS BARATOFF PESARO. IN ALTO, LUCA PIERI, PRESIDENTE ASPES MULTISERVIZI IMPIANTI SPORTIVI PESARO.
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INVESTIMENTI IN APPUNTAMENTI DI LIVELLO INTERNAZIONALE MA NON SOLO. IL PESARESE È RICCO DI SOCIETÀ E DISCIPLINE NON SEMPRE CONOSCIUTE DAL GRANDE PUBBLICO, MA CHE SI STANNO FACENDO STRADA NEL TERRITORIO.
pionati del mondo. Per la prima volta in 35 anni, la Federazione Italiana si è candidata per ospitare i campionati del mondo e il comitato organizzatore composto da Aspes Spa e Aurora Fano è riuscito a portarli nella nostra
SOPRA, LA SQUADRA MYTH&BEST PADDLE. A FIANCO, ALESSANDRO BALLESTRIERI, CAPITANO DELLA SQUADRA MYTH&BEST PADDLE.
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città. Per i due appuntamenti sono previsti circa 20mila spettatori. I media presenti saranno centinaia, per circa 120milioni di spettatori nel mondo. Un ritorno economico davvero importante per il tutto il territorio e per l’indotto, segno che investire nello sport può e deve essere un punto essenziale per il rilancio della provincia, spiega Luca Pieri, Presidente Aspes. Investimenti in appuntamenti di livello internazionale ma non solo. Il Pesarese è ricco di società e discipline non sempre conosciute dal grande pubblico, ma che si stanno facendo strada nel territorio. Una di queste è il paddle, dove la Myth&Bnet paddle Pesaro si è appena conquistata un posto nella serie A2. “Il paddle è una disciplina simile al tennis
e allo squash – spiega il capitano della squadra Alessandro Ballestrieri –. I giocatori utilizzano racchette più corte di quelle del tennis, senza corde, costituite da una gomma speciale ricoperta di fibra di vetro o carbonio, forate. Sul nostro territorio la crescita e lo sviluppo della disciplina del paddle, che attualmente coinvolge giocatori di tutti i livelli, dai principianti ai giocatori più esperti che partecipano al campionato nazionale a squadre di seria B e serie A2, è in ascesa”. La Myth&Bnet Paddle Pesaro, appena salita in serie A2, si allena allo Smash paddle & beach ed è composta da 16 giocatori (11 uomini e 5 donne) annoverando tra i suoi componenti anche giocatori che hanno la qualifica di istruttore di primo livello di paddle, come Edoardo Vampa e Christian Pizarro. “Fino a poco tempo fa non era possibile svolgere questa disciplina nel nostro territorio – aggiunge Ballestrieri –. Ora al fatto che le strutture sportive si sono adeguate, possiamo vantare addirittura una squadra appena promossa in serie A2 ed un’altra squadra che milita nel campionato di serie B. Lo sport quindi – conclude – incide sempre sia direttamente che indirettamente sullo sviluppo ed interesse dell’economia del territorio, a tutti i livelli. Nel caso del paddle sono state create strutture nuove o ampliate quelle già esistenti, per la realizzazione dei campi da gioco. E grazie a questi sviluppi, due marchi come Bnet di Luca Buresti e Myth di Massimo Vitali hanno deciso di
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ALTRA DISCIPLINA STORICA DEL TERRITORIO, CHE CONIVOLGE TANTISSIMI GIOVANI PESARESI, È IL BASEBALL. LA SOCIETÀ BASEBALL CLUB PESARO È NATA NEL 1968. UNA STORIA PRESTIGIOSA CHE NEGLI ANNI HA PORTATO TITOLI E RICONOSCIMENTI.
IN ALTO, CRISTIANO CRINELLI, PRESIDENTE BASEBALL CLUB PESARO.
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investire nel paddle”. Altra disciplina storica del territorio, che conivolge tantissimi giovani pesaresi, è il baseball. “La società Baseball Club Pesaro è nata nel 1968 – spiega il presidente Cristiano Crinelli –. Una storia prestigiosa che negli anni ha portato titoli e riconoscimenti in tutte le competizioni disputate sia nel baseball che nel softball”. Fiore all’occhiello il settore giovanile. “Attualmente sono coinvolti nelle nostre attività circa un centinaio di iscritti – aggiunge il presidente –, che spaziano dalla categoria di Minibaseball (6 – 9 anni) alla categoria Seniores (over 18), che attualmente milita al campionato nazionale di serie B. Numeri in crescita, risultato di un costante impegno da par-
te di tantissimi volontari e tecnici qualificati”. Decine i tornei e gli eventi organizzati ogni anno: “La società partecipa ai campionati inter-regionali per tutte le fasce d’età, a tornei nazionali e organizza nell’ultimo week-end di luglio il torneo Città di Pesaro dedicato alle categorie giovanili. Un evento che richiama oltre un centinaio di piccoli atleti e le loro famiglie provenienti da tutta Italia. Un’esperienza fortemente motivante e stimolante. Quest’anno inoltre celebreremo i 25 anni del torneo softball-by night I marinai. È una proposta dedicata a tutti gli amici, appassionati, exgiocatori, curiosi, che vogliono giocare a baseball”. E conclude: “La nostra è una realtà riconosciuta in tutto il movimento del baseball italiano. Siamo anche diventati un punto di riferimento per le squadre straniere del nord Europa, che in primavera chiedono di poter effettuare il loro spring-training a Pesaro. Siamo parte di una vetrina che promuove la città e cerchiamo ovviamente di favorire la vocazione ricettiva turistico-culturale nostro del territorio”.
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di Simonetta Campanelli / ph Laura De Paoli
I Bees sono una realtà sportiva socio-solidale che annovera quasi 450 bambini iscritti ai corsi di minibasket (da 5 a 12 anni) e di babybasket (2-4 anni), 80 ragazzi tesserati delle categorie Under 13 e 14 ed un centinaio di praticanti nei gruppi amatoriali collegati. Tutti indossano l’originale abbigliamento delle api, compresa la squadra di Baskin del gruppo Bees Pesaro. “L’aspetto sociale è tenuto in ampia considerazione dai Bees, tanto che la società di basket dilettantistico – ci racconta Graziano Sartini, general manager – collabora, attraverso iniziative
sportive, al sostegno di vari progetti di solidarietà. Il Baskin, per esempio, è una recente attività cestistica praticata da normodotati e diversamente abili ed è una disciplina in grande crescita”. Sensibili al supporto umano, i Bees hanno aperto una scuola di basket in Africa (nel villaggio di Shisong in Camerun), spediscono periodicamente materiale da gioco in Niger dove hanno instaurato una fattiva collaborazione di didattica con il villaggio di Keita (gemellato con Pesaro ormai da vent’anni); inviano materiale sportivo anche in Brasile e in un orfanotrofio in Moldavia. Bees card e Carta famiglia sono un’ulteriore agevolazione e facilitazione per i miniatleti per usufruire di convenzioni attive con Istituzioni ed Enti pubblici e sconti presso esercizi commerciali Sono innumerevoli le attività e le iniziative proposte dalla società dei Bees per cercare di soddisfare al meglio le aspettative dei ragazzi che la frequentano e le esigenze delle famiglie che li affidano agli istruttori. Aspettative ed esigenze che vanno ben oltre la forma meramente sportiva e legata al solo minibasket. Non si
trascurano educazione al gioco, coscienza di sé, socialità, maturazione personale, senso di appartenenza e condivisione al fine di vivere la crescita dei bambini insieme ai genitori. Un’attività che è rivolta a rendere i bambini educati, responsabili, curiosi, appassionati mentre acquisiscono il senso civico, del sociale e della solidarietà umana in un percorso formativo divertente ed istruttivo, a tutto tondo per i ragazzi che sono sempre muniti di una palla a spicchi. Certo, il minibasket è l’attività preponderante, proposta per i bambini: nessuna selezione, nessun provino, nessun esame da superare: serve solo la voglia di divertirsi e di imparare insieme, come recita lo slogan: “Bees Pesaro: ci divertiamo imparando, impariamo divertendoci!”. Il binomio divertimento-apprendimento è inscindibile. Il divertimento è l’essenza pura di ogni bambino, irrinunciabile per fare breccia nel muro della fiducia del bambino stesso verso un adulto. Quest’ultimo, a sua volta, si propone come istruttore o insegnante. Non è un divertimento fine a se stesso, ma un’accoppiata ricca di contenuti di vita.
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IDEARE
Menti
APERTE TRE ESPRESSIONI PER ALIMENTARE DELLE MENTI VIVACI E TRE START-UP PESARESI CHE CI SPIEGANO COME LE HANNO DECLINATE NEL LORO LAVORO: IMPRESA INNOVATIVA, CONDIVISIONE DI RISORSE, LAVORARE INSIEME.
S A FIANCO, RODOLFO BRANDI, FONDATORE DI EDILMAG.
Testi e foto di Solidea Vitali Rosati
Start-up, sharing economy, coworking: impresa innovativa, condivisione di risorse, lavorare insieme per alimentare una mente aperta. Tre espressioni tre, che pur non contemplate dall’Accademia della Crusca sono entrate nel quotidiano degli italiani e di conseguenza di tanti, giovani e meno giovani, pesaresi. A parte l’idioma che cela al colpo d’occhio il significato, le tre espressioni si traducono nel più semplice sogno dell’uomo e della donna di fare impresa, mettersi in gioco, restando in equilibrio in un mercato animato dalla globalizzazione. La vivacità di pensiero è un altro elemento che accomuna l’imprenditore edile Rodolfo Brandi, fondatore di Edilmag; la fashion designer Gloria Bellardi e i tre under 40 – Marco Muratori, Andrea Casula, Samuele Vincenzi – fondatori di Navicaapp. La più digitale delle tre è certamente Navica, l’app sviluppata dal mombaroccese Marco Muratori, pensata insieme a due amici imprenditori: Andrea Casula, 37 anni, del caseificio Val D’Apsa e il pesarese Samuele Vincenzi, 32 anni, titolare dell’azienda di abbigliamento Made in Italy L’altrastoria. IN MAGAZINE
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“IMPRESA INNOVATIVA”, “CONDIVISIONE DI RISORSE”, “LAVORARE INSIEME PER ALIMENTARE UNA MENTE APERTA”: TRE ESPRESSIONI TRE, CHE, PUR NON CONTEMPLATE DALL’ACCADEMIA DELLA CRUSCA, SONO ENTRATE NEL QUOTIDIANO DEGLI ITALIANI.
SOPRA, GLORIA BELLARDI, FASHION DESIGNER. NELLA PAGINA ACCANTO, MARCO MURATORI, ANDREA CASULA E SAMUELE VINCENZI FONDATORI DI NAVICA-APP.
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“Navica? L’idea è nata quasi per caso – spiega Muratori –. Siamo tutti e tre appassionati di nautica – continua Vincenzi –, ma avere una barca è un hobby costoso e impegnativo. A leggere le statistiche, in media un armatore usa la sua imbarcazione mediamente non più di 14 giorni l’anno”. Da qui l’intuizione di Casula: “Perché non realizziamo un sistema per noleggiare le imbarcazioni?”. Detto, fatto. “Navica è un’app pubblicata per ora sull’Apple store – spiega Muratori –. Propone l’incrocio tra domanda e offerta di chi vuole noleggiare la propria imbarcazione con o senza skipper, per un giorno o più giorni. Abbiamo segnato già 200 utenti registrati tra cui uno di Ibiza e un altro con sede in Turchia”. Edilmag invece è l’impresa innovativa di Rodolfo Brandi, 56 anni imprenditore edile di Pesaro e presidente della provinciale
Scuola edile. “Edilmag è una srl, registrata nel 2016 – conferma Brandi – e prevede una piattaforma informatica utile a mettere in contatto imprese edili tra di loro per segnalare avanzi di magazzino, macchinari e attrezzature non sfruttate a pieno”. L’app non prevede l’atto di compravendita? “No, è un network. Ognuno di noi ha un capannone con bancali di materiali usati solo in parte. Rimetterli in circolo permette di contenere le spese, alleggerire il bilancio di un settore in difficoltà”. Come ci ha pensato Brandi, lo spiega così: “Ero stufo di sentire i discorsi sulla crisi dell’edilizia, della guerra tra professionisti con gare al ribasso che hanno solo rovinato il mercato. Ho pensato che sarebbe stato bello creare qualcosa di sinergico, qualcosa che ci rendesse colleghi e non antagonisti”. Bene. A tal punto che Edilmag ha destato l’attenzione della Protezione Civile nazionale. Tramite i referenti territoriali Brandi ha donato al gruppo di Protezione Civile le chiavi di accesso alla piattaforma web di Edilmag. Il meccanismo ideato da Brandi, in effetti, ben si presta alle emergenze. Infatti ogni ditta ha in pancia le proprie attrezzature: Edilmag oltre a fare ordine ne traccia anche la disponibilità. I gruppi locali di protezione civile per affrontare gli interventi su scala nazionale, non conoscendo le risorse a disposizione nel luo-
go di destinazione, mobilitano le proprie, con maggiore dispendio di tempo e soldi, quando, magari, ce ne sarebbero non utilizzati in zona e anche più specifici. Gloria Bellardi, classe 1986, con esperienze da fashion designer da Roma a Londra, dopo la formazione milanese all’Istituto Marangoni, le collaborazioni con Vivia Ferragamo e Roberto Cavalli, ha fondato, in via Dell’Abbondanza a Pesaro, il suo GB fashion Lan&Shop. Lei è, e resta, una fashion designer, creando collezioni di moda conto terzi e studi personalizzati su tessuti, colori, tendenze, soluzioni sartoriali, ma, nel dare una veste innovativa alle sue competenze ha voluto rinsaldare il rapporto con gli aspetti più solidi del made in Italy: l’identità del prodotto e la personalizzazione. “Il mio sito ha anche la parte di commercio elettronico: vendo capi unici avendo lanciato il marchio Gloria
Bellardi già dai tempi in cui lavoravo a Londra, a Shoreditch. Ho comunque deciso di aprire il mio studio al pubblico – racconta Bellardi – per promuovere momenti culturali che possano alimentare il gusto per la moda e lo stile tra le persone”. Non per niente tra appendiabiti carichi di pezzi in seta, cotone, lino; figurini, libri, progetti e poco distante dal laboratorio c’è un bel camino a legna. Gloria ride. “Sì, la dimensione social è importante. Da incontri, seminari, iniziative nasceranno sinergie creative (leggi coworking) mentre il contatto con le donne che entreranno in studio, attratte dai capi che espongo in vetrina, terranno vivo il rapporto con le esigenze e i sogni di tutti i giorni. L’abbigliamento non è un’armatura, ma l’espressione più fedele di noi. È la prima cosa da tenere presente per chi come me si propone come personal shopper o consulente d’immagine”.
Cristina De Franca, la hair stylist brasiliana sfida i momenti difficili dell’andamento del mercato economico e apre a Pesaro il suo nuovo salone di bellezza Rogério Parrucchiere. Cristina ha portato a Pesaro, la sua pluriennale esperienza nel settore della cura dei capelli ed l’innovativo metodo sudamericano per la elaborazione delle acconciature per signore. Tutti i trattamenti ai capelli vengono effettuati con sapiente creatività brasiliana e con l’uso di prodotti protettivi e nutritivi Sinergy, Artego e Selective. Cristina - mamma di Franco Morbidelli, il giovane pilota romano di Moto 2 al mondiale - svolge la sua attività di hair stylist da ventisei anni, sedici dei quali effettuati a Roma e gli ultimi dieci a Pesaro. Finalmente da Rogério Parrucchiere una ventata di novità tra i capelli.
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Quando Matteo si è trasformato in Matthew Lee? Tantissimi anni fa. Mi piaceva il rock’n roll e mi piaceva suonare dal vivo. Ho pensato di scegliere un nome inglese, facile da ricordare e che rimandasse ai grandi protagonisti di questo genere musicale come Albert Lee, Jerry Lee Lewis, Alvin Lee... Quando è nata la passione per la musica e per il pianoforte? “Sono stati i miei genitori ad iscrivermi al Conservatorio. Dopo alcuni anni però sono stato radiato dall’istituto perché volevo fare musica a modo mio, un modo originale che non rientrava nei canoni tradizionali di una scuola come il Conservatorio, dove, naturalmente, ci sono delle regole da rispettare. Ho comunque avuto la possibilità di farmi le ossa, cominciando a suonare quasi per scherzo. Poi di botto mi si è accesa la lampadina e ho capito che la mia strada era quella del rock’n roll e della musica dal vivo.” Che cosa la affascinava di questo genere musicale? “Si tratta di un genere che ho conosciuto attraverso mio padre, anche lui musicista, che mi passava i dischi sotto banco. Attraverso l’ascolto ho visto la luce, sono impazzito per il rock’n roll e per la sua energia fantastica. All’inizio erano solo dischi, poi ho scoperto che quella musica aveva cambiato un’epoca. Per me era una passione viscerale di cui non potevo fare a meno: tornavo a casa da scuola e passavo tutto il mio tempo attaccato allo stereo.” Come si è sviluppata la sua carriera? “Sono stato fortunato perché quando io cominciavo a suonare, si diffondevano i social: Facebook, Twitter e soprattutto You Tube. Appena si è presentata l’occasione, abbiamo caricato dei video e così ho cominciato a farmi conoscere all’estero. Ma è chiaro che per avere un seguito devi metterci del tuo, devi dimostrare che hai qualcosa da dire. I primi successi sono stati in Inghilterra
e in Francia, un paese quest’ultimo che mi ha offerto molte opportunità. In seguito le cose sono cresciute. In questo percorso è stata determinante la scelta di uno staff di lavoro molto ristretto e del quale mi fido ciecamente, a cominciare dal mio manager ed amico Francesco Fabbri. Al di là delle sue performances funamboliche, che tipo di rapporto cerca di instaurare con il pubblico? Cerco di essere naturale. La musica fa passare emozioni e quindi è importante stabilire un’empatia, specie quando si fa musica dal vivo. Mi dicono che riesco ad instaurare un rapporto sincero con le persone. Io non faccio il rock’n roll per scimmiottare qualcuno o qualcosa, lo faccio a modo a mio
“ALL’INIZIO ERANO SOLO DISCHI, POI HO SCOPERTO CHE QUELLA MUSICA AVEVA CAMBIATO UN’EPOCA. PER ME ERA UNA PASSIONE VISCERALE DI CUI NON POTEVO FARE A MENO: TORNAVO A CASA DA SCUOLA E PASSAVO TUTTO IL MIO TEMPO ATTACCATO ALLO STEREO.”
e il pubblico questo lo percepisce. Inoltre durante i concerti parlo molto. Seguo una scaletta che appartiene alla mia vita in cui presento i vari brani dando un senso ad ogni canzone.” Per tutta l’estate sarà impegnato nell’Italian Roots Tour 2017 che la porterà in molte città d’Italia fino a Parigi. “Dopo D’altri tempi, abbiamo pensato ad un tour con radici italiane. L’italianità, specie all’estero, è un valore aggiunto in molti campi, dalla cucina alla musica. La musica italiana ha un fondo melodico che a me piace molto per cui ho pensato di riprendere alcune canzoni del repertorio
A FIANCO, MATTHEW LEE PIANO PERFORMANCE.
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classico adattandole al mio stile. Non dimentico mai che sono nato a Pesaro, dove ho studiato e dove vive la mia famiglia. Con orgoglio tutto pesarese riconosco in Rossini un musicista pazzesco che si è inventato cose incredibili. Spesso ho attinto alla sua produzione. In questo tour in particolare ho ripreso la sua Tarantella napoletana proposta in una versione molto speciale. Ho infatti completamente smontato e rimontato il pezzo realizzando una versione rock. Anche se si tratta di un brano dell’Ottocento, ha un grande impatto sul pubblico e genera una reazione molto forte. Del resto nei miei concerti ho sempre mescolato la musica classica e il rock. Un mix che fa veramente impazzire il pubblico, specie all’estero.” Che cosa ha in mente per il 36
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“CON ORGOGLIO TUTTO PESARESE RICONOSCO IN ROSSINI UN MUSICISTA PAZZESCO CHE SI È INVENTATO COSE INCREDIBILI. SPESSO HO ATTINTO ALLA SUA PRODUZIONE. IN QUESTO TOUR IN PARTICOLARE HO RIPRESO LA SUA TARANTELLA NAPOLETANA.”
prossimo futuro? “Dopo il singolo Fiori di Maggio, presentato a Marzo, uscirà un altro singolo e poi all’inizio dell’autunno lavoreremo al nuovo disco con il famoso arrangiatore e produttore Nicolò Fragile. Abbiamo molti progetti in cantiere.”
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GIROVAGARE
Andare e
SCOPRIRE CON L’ARRIVO DELLE DOMENICHE DI PRIMAVERA ANDIAMO A SCOPRIRE PEGLIO, O MEGLIO, EL PÈJ, ANGOLO DI ENTROTERRA RICCO DI FASCINO, STORIA ED ANEDDOTI.
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di Ettore Franca / ph Leo Mattioli
In una Domenica di primavera, perché non mettete in programma di andare a scoprire un angolo dell’entroterra, di quelli che, chi vive sulla costa, ha sentito il nome ma non c’è mai andato? Mi riferisco a Peglio – sul posto lo chiamano el Pèj – capace di offrire al visitatore suggestivi scorci sulla vallata, e non solo. Il paese, 700 abitanti, uno più uno meno, lo vedete appena fuori Urbania sulla strada per S. Angelo in Vado. A destra vostra, a sinistra del Metauro, sopra un masso gessoso, abbarbicato a 500 metri sul mare, è quel gruppo di case che digradano lungo il pendio nel tipico paesaggio collinare. In alto sul colle, forte e massiccia, c’è l’antica torre del Girone, che c’era già nel XIII secolo ma che venne ricostruita dopo la distruzione degli eventi bellici del ’44; nella sua cella, in vetta, è l’originale, antica e grossa campana con le sue scritte a caratteri gotici. Dalla base della torre si gode l’ampio panorama sulle colline coi campi lavorati. Ai piedi della torre, su una passerella, si snoda un percorso, intitolato La materia dello spirito, dal quale si possono osservare i famosi gessi di Peglio, affiora-
menti della formazione solfifera, avanguardia meridionale della vena del gesso – da Senigallia a Bologna – deposta in fondo al mare circa 6 milioni di anni fa ed emersa nel Quaternario, solo 2 milioni e mezzo, quando avvenne il sollevamento del fondo marino. Di quanto è affiorato, sulla scarpata della rupe, è visibile il cosiddetto inghiottitoio. Del villaggio d’epoca romana, la Peglio di oggi conserva storpiato dalla storia l’antico nome di allora: Pilleus. Era il berretto calzato dai Romani ma che, come segno di libertà, veniva dato allo schiavo affrancato (pilleatus, si diceva). Quel cappello, simbolo di libertà (durante la “battaglia delle arance”, di Ivrea, chi non lo calza è bersaglio del lancio di arance), sarà portato dai Francesi durante la Rivoluzione e, se vive tuttora in certo folklore italiano o nella tradizione sarda, è ben noto a chi ama i personaggi dell’infinita popolazione dei Puffi di Pierre Culliford (Peyo) e Yvan Delporte. Nucleo abitato della Pentapoli, il pagus Pilleus era diventato un castello longobardo del quale, nel 739 d.C. i documenti ricordano la disfatta del re Liutprando ad opera IN MAGAZINE
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dell’esercito romano-bizantino. Fu quindi terra degli Arimanni (dal longobardo heer (esercito) e mann (uomo); in pratica era ogni maschio adulto, libero, in grado di portare le armi) che elevarono Pilleus a fortezza e, come tale, finirà alla Chiesa di Roma cui Pipino il Breve, vinti i Longobardi,
DEL VILLAGGIO D’EPOCA ROMANA, LA PEGLIO DI OGGI CONSERVA, STORPIATO DALLA STORIA, L’ANTICO NOME DI ALLORA: PILLEUS. ERA IL BERRETTO CALZATO DAI ROMANI MA CHE, COME SEGNO DI LIBERTÀ, VENIVA DATO ALLO SCHIAVO AFFRANCATO.
IN APERTURA, PEGLIO, SCORTA DALLA VALLATA SUPERIORE DEL METAURO. QUI ACCANTO, LA TORRE CAMPANARIA: DI ORIGINE MEDIEVALE, RIMANEGGIATA NEL CORSO DEI SECOLI, CONSERVA L’IMPIANTO ARCHITETTONICO ORIGINARIO E L’IMPONENTE MOLE.
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donò tutta la Massa Trabaria. Dal 1185, sarà feudo dei Benedettini ai quali, ogni focolare e ogni anno, versava un tributo di 12 denari. Curiosa la tassazione del tempo: oltre i nobili, non pagava chi possedeva un cavallo. Alla fine del ’200, papa Nicolò IV fa di Peglio la sede del Rettorato di Massa Trabaria. I primi anni del ’300 erano quelli in cui il territorio veniva aspramente conteso fra i Montefeltro, i Della Faggiola e i Brancaleoni che, dopo 40 anni di scaramucce infinite, ne divennero feudatari. Vent’anni dopo, nel 1357, il cardinale Álvarez Carrillo de Albornoz pretese la sudditanza alla Santa Sede e, ricevuto il giuramento di fedeltà al Papa nel castello di Peglio, il suo territorio insieme a quello di Urbino, venne concesso da Bonifacio IX al
conte Antonio da Montefeltro. Dopo i Montefeltro, Peglio passò ai Della Rovere conservando i propri statuti fino al 1631, morte di Francesco Maria II della Rovere, l’ultimo duca. Tutto il ducato torna così alla Santa Sede di Urbano VIII che, perché si capisca chi comanda, in suo onore farà chiamare Urbania quella che era stata Casteldurante. Come tutto il territorio, Peglio vivacchiò un secolo e mezzo sotto il Papa per il quale gli abitanti, più o meno convinti e attenti alle ruberie delle soldataglie francesi, parteciparono alla difesa anti-napoleonica del 1797, per poi
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OGNI SETTIMANA
NUOVI ARRIVI
intervenire attivamente nei moti risorgimentali ed nelle guerre dell’Indipendenza. Con l’Unità d’Italia, Peglio fu riconosciuto Comune autonomo ma, durante il fascismo venne inglobato in quello di Urbania dal quale è stato sganciato, e reso di nuovo indipendente, dopo l’ultima guerra. Ora è parte integrante dell’Unione Montana dell’alta valle del Metauro attiva dal 2015 a sostituire l’analoga precedente Comunità montana. Il paese, costruito su più livelli, dall’alto della sua posizione offre una suggestiva veduta sulla
LA TORRE, MEMORIA DEL PASSATO, OGGI È DIVENTATA LA BASE DI UN’ALTRA INSTALLAZIONE DAL TITOLO “SOGNO DI FANTASO”, IN CUI UN UOMO SI ALLUNGA PER CERCARE DI AFFERRAR LA LUNA, A SIMBOLEGGIARE LA VOGLIA UMANA DI RINCORRERE SOGNI.
valle del Metauro mentre la parte più antica del borgo conserva l’impianto medievale col tipico reticolo delle viuzze che corrono tra le case più antiche in cui le varie costruzioni – molte ristrutturate – sono raggiungibili da scalinate mentre i diversi terrazzi, abbelliti da sculture moderne di vari artisti, consentono una passeggiata panoramica che, a strapiombo sulla vallata, porta verso la spianata dove si slancia il girone, la torrecampanile. La chiesa, una delle più antiche della diocesi urbinate, è dedicata San Fortunato ricordato per la devota assistenza agli ammalati. Con Todi, di cui Fortunato fu vescovo, Peglio condivide la protezione del santo. Era morto al tempo di Totila, il re Ostrogoto che all’Impero bizantino contese 42
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il controllo della penisola per dieci anni durante la guerra grecogotica, dal 541 al 552. La chiesa, di stile barocco, restaurata e ampliata nel 1860, conserva due cripte d’epoca longobarda riportate in luce qualche decennio fa e la pregevole serie di 14 formelle di ceramica durantina che, datate 1733-1734 e attribuite a Francesco Scatena, rappresentano la via Crucis. Sul fianco della chiesa un’altra via Crucis, moderna, in mattonelle di ceramica verso il belvedere in vetta alla rupe di Peglio dove la solitaria torre, simbolo cittadino, è inquadrata da un portale di architettura moderna, una delle opere innalzate per impreziosire belvedere del Girone. La torre, memoria del passato, oggi è diventata la base di un’altra installazione dal titolo sogno di Fantaso, in cui un uomo si allunga per cercare di afferrar la luna, a simboleggiare la voglia umana di rincorrere sogni. Sul Girone è un itinerario artistico, con opere moderne ben integrate con il luogo dei panorami e dell’ambiente. Scendendo alcuni gradini dal livello della torre, si aprono dei livelli balconati adibiti a giardino roccioso dove sono stati impiantati alberi da frutto, roseti, piante officinali e fiori d’ altri tempi.
Santuari NASCOSTI Nascosto tra i boschi, con la sua imponente della cupola, c’è il santuario di Battaglia - non di questo Comune – sulla strada da Urbania per Peglio. Non cercate nella storia una battaglia da ricordare. Si chiama così in onore di tal Marino Battaglia, urbaniese, che volle edificare nel 1634 un piccolo oratorio dedicato al Crocifisso, venerato sull’altare fra la Madonna e san Giovanni in un affresco del XVI secolo. Per i miracoli, e al crescere della devozione, si dovette ampliare il complesso per accogliere i tanti pellegrini così, nel 1717, sul progetto di fra’ Giovanni di santa Teresa, un carmelitano di Urbino, venne realizzata l’attuale struttura. Agli altari, si trovano una Madonna con Michele arcangelo e San Zenone, di Domenico Giannotti di Urbino e un San Francesco di Paola, del veneziano Giovanni Bollani. L’interno è decorato in ogni ordine: altari e cantorie sono scanditi da archi a tutto sesto, la volta sugli archi è ornata da affreschi, il tamburo con dipinti entro cornici di stucco e la cupola con spicchi concentrici che culmina nella lanterna.
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RISCOPRIRE
Cacciatrici
DI PAESAGGI ROSETTA BORCHIA E OLIVIA NESCI RINTRACCIANO I LUOGHI REALI DIPINTI DAI GRANDI ARTISTI DEL RINASCIMENTO. LA LORO RICERCA HA PERMESSO L’APERTURA DI UN MUSEO DIFFUSO, DOVE AMMIRARE GLI STESSI SCORCI CARI A PIERO DELLA FRANCESCA, LEONARDO E RAFFAELLO.
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di Simonetta Campanelli / ph Rosetta Borchia
Molti storici dell’arte hanno ritenuto che i fondali dei grandi pittori rinascimentali fossero collocati geograficamente in paesaggi immaginari. Rosetta Borchia e Olivia Nesci, le due ricercatrici ormai note come le cacciatrici di paesaggi, hanno, invece, rintracciato i luoghi reali dipinti dai grandi artisti del Rinascimento. Le vedute che fanno da sfondo ai dipinti di Piero della Francesca, Raffaello Sanzio e alla Gioconda di Leonardo da Vinci sono riconoscibili tra le colline e le rupi del Montefeltro, nelle terre dell’antico Ducato di Urbino, tra Marche, Toscana ed Emilia Romagna. La ricerca scientifica delle due studiose si traduce in un progetto originale ed unico: prevede una rete diffusa sul territorio con una serie di spazi-belvedere, didatticamente attrezzati, corredati da piccoli e simbolici balconcini di ferro battuto, dai quali ci si affaccia per entrare nel paesaggio idilliaco, fondale delle opere ritrovate. Il progetto, supportato delle Regioni Emilia Romagna e Marche, ha sviluppato una nuova forma di turismo culturale. Uno staff di esperti e guide preparate, accompagnano i visitatori all’in-
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terno di un suggestivo Museo Diffuso. Impressionanti e suggestivi sono I balconi di Piero, I vista point di Leonardo. Si tratta dei fondali ritrovati tra la Val Marecchia e la Valle del Metauro. Sono sette quelli che riconducono a Piero della Francesca e dieci a Raffaello Sanzio e sono sparsi tra la Flaminia e la Valle del Metauro; il più famoso, quello della Gioconda, sorge dal fiume Marecchia per poi estendersi, in una veduta aerea, su tutto il territorio del Ducato di Urbino, oltre a una porzione della confinante Toscana.
IN APERTURA, LE CACCIATRICI DI PAESAGGI ROSETTA BORCHIA E OLIVIA NESCI. SOTTO, RAFFAELLO SANZIO, MADONNA DEL CARDELLINO (SEZIONE DI STUDIO).
Ricercare VEDUTE Le cacciatrici di paesaggi urbinati, Olivia Nesci (geomorfologa, docente universitaria) e Rosetta Borchia (pittrice, studiosa di paesaggi d’arte) svolgono un lavoro puntuale ed emozionante che, inizia nel 2006 e si avvale di rigorosi studi scientifici: dalle foto satellitari e aeree agli strumenti di digitalizzazione ad alta definizione, all’uso di droni che permettono di effettuare voli ad alta quota, in grado di individuare angolature e squarci poco visibili altrimenti. Il percorso di ricerca, sempre più ricco di felici scoperte, è inoltre avvalorato da una serie indagini storico artistico sul territorio, dalla biografia degli artisti, dalle strade che percorsero, dai luoghi in cui soggiornarono e da rari documenti poco considerati e mai identificati, quali ad esempio sette preziosi Codici di Leonardo della Royal Librery di Londra. Le due ricercatrici marchigiane, delegate dalla Regione Emilia Romagna, presentano e diffondono le loro scoperte e il progetto in Europa e non solo.
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IMBANDIRE
Giovedì
TRIPPA SE PENSAVATE CHE LA TRIPPA FOSSE SCOMPARSA DAI MENÙ DI OGGI, VI SBAGLIAVATE. LEGATA AL FOLKLORE E ALLA TRADIZIONE MARCHIGIANA, LA TRIPPA TORNA SULLE NOSTRE TAVOLE, CON TANTE PREPARAZIONI DIVERSE ED UNA STORIA CHE PARTE DALL’ANTICA GRECIA.
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di Ettore Franca / ph Leo Mattioli
È un piatto tradizionale delle Marche povere ma è vanto anche delle cucine, altrettanto misere, romana, toscana, veneta, milanese, napoletana… Non da ricchi, è un alimento già consumato dai Greci che la cucinavano sulla brace mentre i Romani copiarono dai Galli quella che oggi è la
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tripa d’Moncalé (di Moncalieri), in realtà un salume nello stomaco del maiale. La trippa è lo stomaco dei ruminanti costituito dal rumine (croce, panzone, busecca, ciapa...), dall’omaso (centopelli, millefogli, foiolo, libretto...), dal reticolo (cuffia, nido d’ape, bonetto, beretta...), e dall’abomaso (caglio, frez-
za, quaglietto, ricciolotta...) che è il vero stomaco di questi animali. Più legata al folklore che ai menu d’oggi, a richiesta, la trippa si trova già pulita, sbiancata e lessata ma, anche se tagliata a strisce, richiede molto tempo per la cottura perché acquisti morbidezza e s’impregni degli aromi che le danno il sapore appetitoso.
Via Calata Caio Duilio, 93 Porto di Pesaro #GELATOALMOLO La preparazione della trippa varia da una città all’altra, rispettando tradizioni della gastronomia ormai storica: alla genovese, con fagioli e altri legumi; la busecca milanese (… e i suoi busecconi= mangiatrippa) con fagioli, pomodoro, carote e sedano; alla parmigiana con sedano, carota, cipolle, pomodori, ecc. mangiata dopo uno spolvero di grana; alla fiorentina, con salsa di pomodoro e altre verdure ma, tipicamente fiorentino, è il lampredotto col quale si prepara il tradizionale panino con salsa verde; a Roma, oltre a sedano e carota, il piatto s’arricchisce con sapori e profumi intensi come guanciale, mentuccia, foglia di alloro, cipolla e chiodo di garofano il tutto impreziosito, alla fine, dalla grattugiata di pecorino romano. Il nun c’è trippa pe’ li gatti è dei primi del ’900, quando il sindaco Ernesto Nathan presentando la spending review del bilancio, annunciò d’aver tagliato la spesa per la colonia dei gatti di Torre Argentina. A Napoli, i ventraiuoli fanno ’a zuppa ’a mariscialla, tagliata a striscioline come i galloni dei marescialli con le pompose divise dell’epoca murattiana, e ’a zuppa ’e carnacotta
(per la smorfia=68), piatto antico e povero (ça va sans dire) che prevede trippa mista, freselle e, chi può, un po’ di pepe e formaggio; nel savonese, per il pranzo di Natale ecco maccheroni con la trippa, con la salsiccia; trippa alla moda di Caen, tipica della Normandia, realizzata coi quattro stomaci del bovino e che risale, si dice, a Guglielmo il Conquistatore che la consumava accompagnata al succo di mele (il sidro); e chissà quante altre preparazioni hanno mascherata la miseria. A Pesaro, in ogni quartiere, il giovedì alcuni macellai vendevano la trippa d’la pgnata, cotta in un pentolone con gli odori e la conserva, per due soldi era ceduta, davanti la bottega, agli operai dentro un filone di pane da un kilo tagliato a metà e svuotato di mollica, o alle donnette che andavano a rifornirsi portando un tegame di casa, la pgnata, da cui avrebbe attinto tutta la famiglia affogando tozzi di pane e, chi poteva, aggiungendo una spolverata di formaggio. E le calorie? Di suo, sono 90 ogni 100g; e il colesterolo? Nella carne, più o meno, 120 mg/100g; calorie e colesterolo in più sono nel condimento.
Tagliatella ai crostacei
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Un nuovo
SOLE
INAUGURATO NEL 1637, IL TEATRO DEL SOLE È STATO PALCOSCENICO DI IMPORTANTI RAPPRESENTAZIONI TRA CUI IL 188°ANNIVERSARIO DELLA NASCITA DI ROSSINI, IN OCCASIONE DELLA SUA RIAPERTURA. OGGI IL TEATRO È DEDICATO A LUI.
I QUI ACCANTO, L’INTERNO DEL TEATRO G. ROSSINI DI PESARO.
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di Giovanna Patrignani / ph Luca Toni
Il primo teatro di Pesaro si chiamava Teatro del Sole e venne inaugurato il 23 febbraio 1637 con la rappresentazione dell’Asmondo, una tragedia a lieto fine del pesarese Giovanni Ondedei, consigliere di Stato dei duchi Francesco Maria II e Federico Ubaldo della Rovere. Era stato costruito nei pressi di Porta Collina su un ampio appezzamento di terreno dove sorgevano le vecchie scuderie ducali, edificate per iniziativa del
duca Guidubaldo della Rovere. Le spese vennero sostenute da alcune delle più ricche e nobili famiglie della città, destinate perciò a godere di un diritto di condominio sullo stabile, unitamente alla Civica Amministrazione, il cui contributo era stato però piuttosto limitato a causa delle gravi difficoltà finanziarie in cui versava, per cui fu costruito soltanto un palcoscenico di modestissime dimensioni e una platea con una fila di seggioloni, alcune file di panche
e sedie: tutto il resto era spazio libero, in piedi. Solo più tardi attorno ai muri venne aggiunta una gradinata di legno a vari ordini. Il corredo scenico e i marchingegni scenografici erano opera dell’architetto pesarese Niccolò Sabbatini. Il prospetto del teatro con il portale fu realizzato, su commissione del duca Guidubaldo della Rovere, da Filippo Terzi, uno dei più originali architetti del XVI sec. Dopo numerosi interventi strut-
turali, nel 1816 il Consiglio Comunale decise l’abbattimento del vecchio teatro (fatta eccezione per l’avancorpo), ormai inadeguato, e la sua immediata ricostruzione, diretta dall’architetto senigalliese Pietro Ghinelli e terminata nel 1818: in stile neoclassico, con tradizionale andamento a ferro di cavallo, quattro ordini di palchi con tredici palchi per ciascun ordine oltre ad un ampio loggione, aveva un’acustica perfetta. Fu dotato di un bellissimo sipario neoclassico, ancora oggi esistente, che rappresenta la fonte d’Ippocrene sul monte Elicona, presso cui si radunano le Muse e si dissetano i poeti: fu realizzato dal milanese Angelo Monticelli per l’interessamento dell’amico Giulio Perticari, che vi risulta effigiato insieme alla moglie Costanza, a Vincenzo Monti, a Ippolito Pindemonte. Il Teatro Nuovo fu inaugurato il 10 giugno 1818 con la rappresentazione de La gazza ladra diretta dallo stesso Gioacchino Rossini, già celebre anche se appena ventisettenne, ospite dei Perticari nel loro palazzo in corso XI Settembre. Lo spettacolo venne ripetuto per 24 sere e seguito da due rappresentazioni de Il Barbiere di Siviglia.
Nuovamente chiuso nel biennio 1853-54 per lavori di restauro, che salvaguardarono il prospetto con il portale cinquecentesco, il teatro restaurato fu intitolato a Rossini con una cerimonia solenne durante la stagione lirica carnevalesca del 1855 in assenza del musicista, ammalato. Danneggiato dai terremoti del 1916 e del ‘30, nel 1934, divenuto di proprietà comunale, fu sottoposto ad ulteriori restauri, fra cui un radicale abbellimento della facciata, lasciando però intatto il portale bugnato, sormontato dal grande ovulo con lo stemma roveresco, abraso nel 1797 dai repubblicani. E’ stato inaugurato la sera del 30 agosto 1934 con la rappresentazione del Guglielmo Tell, seguita il 1° settembre da Il Barbiere di Siviglia: le recite sono proseguite fino al 16 settembre. Dichiarato inagibile nel 1966 per ragioni statiche e sottoposto ad una complessa ristrutturazione, la riapertura ufficiale è avvenuta il 6 aprile 1980 in occasione delle celebrazioni per il 188° anniversario della nascita di Rossini, con un concerto di Luciano Pavarotti e dell’orchestra del Conservatorio Musicale Rossini di Pesaro.
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SCRIVERE
Il mistero
NEL MISTERO UNIRE LA PASSIONE PER LA STORIA DELL’ARTE, L’ACUME DA GIORNALISTA E I ROMANZI GIALLI SI PUÒ, CE LO DIMOSTRA MASSIMO FOGHETTI CON IL SUO NUOVO LIBRO LA PREDELLA, TRA FURTI D’ATTRIBUZIONI E OMICIDI.
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di Alberto Berardi / ph Leo Mattioli
Cominciò tutto con Luciano Anselmi, lo scrittore che nella calda estate del 1965 accettò incautamente l’invito del direttore di un quotidiano locale a scrivere un giallo a puntate assurdamente ambientato a Londra. Fu un fia-
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sco per lui intollerabile ma nello stesso tempo una sfida. Il personaggio da lui creato diresse successivamente le indagini su ben sette delitti e diventò famoso, un simpatico Maigret sulla costa dell’Adriatico. Anselmi, quel che più conta, aprì le porte e in molti si affrettarono a varcarle: Dante Piermattei, con due romanzi, Glauco Faroni con una pioggia di opere ambientate a Fano, Marzia Francescani di Marotta, Maurizio Lodovichetti, Leandro Castellani, il celebre regista ed infine, almeno per ora, il giornalista Massimo Foghetti con due interessantissime opere la prima legata al nome di Vitruvio, il celeberrimo architetto romano che nella sua opera La Basilica, con evidente riferimento a quel mistero nel mistero che secondo alcuni si celerebbe nel sottosuolo della città dove appaiono frammenti di singolari dimensioni. Quale scenario migliore di questo per ambientare una serie di delitti. Grande fu il successo tanto che Foghetti è stato spinto a pubblicare un secondo giallo, questa volta con riferimento al periodo rinascimentale e ad una opera sulla quale innumerevoli studiosi si sono applicati per
scoprire se il giovane Raffaello collaborò con il suo maestro Perugino nella realizzazione della predella della grande pala d’altare dedicata alle Storie della Vergine, attualmente nella Chiesa di Santa Maria Nuova di Fano. “Si può uccidere per l’attribuzione di un’opera ad un artista, anche se sommo come Raffaello”. Per l’attribuzione forse no, ma per il denaro che ne deriverebbe certamente sì. Foghetti propende per questa seconda soluzione ed impegna tutto il suo acume di giornalista e la sua conoscenza di storico appassionato di storia dell’arte per venire a capo della vicenda. Evidentemente non poteva finire altrimenti, se consideriamo che non è difficile cogliere aspetti autobiografici nella figura del protagonista Pompilio Albani, il giornalista di un quotidiano locale. Già in molti avevano notato le affinità tra le indagini degli storici dell’arte e quelle degli agenti della omicidi, Foghetti si è decisamente impegnato a dimostrarlo. Per questo, ma non solo per questo, invitandovi a leggere La Predella, attendiamo il suo prossimo volume.
ADVERTORIAL
PASTICCERIA ALBERINI QUANDO PASSIONE E TRADIZIONE INCONTRANO L’ARTE
CREATIVITÀ ED ARTIGIANALITÀ SI FONDONO NELLA POETICA DELLA PASTICCERIA ALBERINI E DELLE LORO SCULTURE... DI FRUTTA E DI ZUCCHERO! Quando una dote naturale incontra la passione, l’istinto, l’ispirazione e questa si combina con la capacità di modellare a mano libera, la creatività ed il talento, allora l’ingegnosità e l’artigianalità creano forme sinuose, ricercano colori nascosti e giocano con sfumature cromatiche per raggiunge la profondità dell’intaglio. Allora non è solo effetto visivo ricercato ma è il risultato di un faticoso e difficile impegno: è un’opera d’arte affascinante e stupefacente. Tali sono le meravigliose sculture di zucchero, frutta e verdura che Luca e Stefano Santini realizzano nella Pasticceria Alberini.
Zucchero, melone, cocomero, papaia, zucchine, carote, rape, finocchi e ancora tanta altra frutta e verdura da scolpire e da trasformare in opere artistiche aggraziate, bassorilievi, figura animali o rappresentazioni e composizioni floreali, tavolozze di colori, disegni, motivi e figurazioni ornamentali. Luca e Stefano, padre e figlio, maestro e allievo sono gli artisti della storica pasticceria pesarese. I due pastry chef – con alle spalle diverse medaglie vinte in competizioni nazionali ed internazionali con l’intaglio di frutta e verdura - sono sempre un passo avanti per la loro dedizione, innovazione ed evoluzione.
Luca, incontenibile e coinvolgente, ha sentito il bisogno di condividere con il figlio Stefano - al quale ha trasmesso lo stesso entusiasmo e un amore così spassionato per la pasticceria - questa propensione alla creazione di originali opere scultoree. Da quasi trent’anni, Luca lavora come pasticcere e tiene corsi di formazione, preparazione e perfezionamento di sculture fatte con frutta e verdura. Stefano, invece - diplomato all’istituto d’arte - lavora accanto al padre da sei anni e periodicamente frequenta corsi di formazione tenuti dai più abili docenti e chef; partecipa a competizioni del
Pasticceria Alberini | Corso XI Settembre, 119 | Pesaro 1
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settore per mettere se stesso alla prova ed emergere nella professione, per il gusto di imparare. Frutta e verdura per Luca, frutta e verdura per una vita sana, frutta e verdura per vivere leggeri, frutta e verdura per decorare, colorare, imbandire, abbellire ma, soprattutto, per stupire! Zucchero per Stefano, zucchero per dolcificare, zucchero nel caffè, zucchero per una dolce vita, zucchero per dare forma alla creatività e all’estro e per trasformarlo in un’opera singolare con una paziente e particolare lavorazione a caldo, zucchero per un risultato straordinario!
INDAGARE
Pesaro
IN GIALLO PESARO, ESTATE 2014, “CALDO AMARO” È UN GIALLO CHE SI RIVELA, PAGINA DOPO PAGINA. L’AUTRICE DEL LIBRO È LA SCRITTRICE PESARESE SARA FERRI, 34 ANNI, SPOSATA E MADRE DI UN BAMBINO.
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di Benedetta Andreoli / ph Luca Toni
La città di Pesaro è proprio una dei protagonisti del suo primo libro. “Sì, Pesaro non è una semplice ambientazione della storia. Ci sono diversi riferimenti a monumenti, bellezze paesaggistiche e caratteristiche della mia città: i punti forti di Pesaro”. Quindi Pesaro ha ispirato la storia del libro? “Inizialmente non avevo previsto di ambientare il romanzo a Pesaro e non avevo identificato una città in particolare come scenario della storia. È stata Silvia Scardigli, che mi ha seguita come editor freelance, a suggerirmi di ambientare il romanzo nella mia città. Il merito lo si deve a lei.” Per scrivere il romanzo lei ha anche attinto dai suoi studi? “Sì, io mi sono diplomata all’Istituto Agrario di Pesaro e poi ho conseguito la laurea triennale in Biologia ad indirizzo molecolare e la specialistica in Biotecnologie agro-industriali all’Università di Urbino.” Quindi la protagonista del romanzo, Noelia, è una sorta di sua alter ego? “Noelia è solo il mio alter ego lavorativo, cioè la biologa che non
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sono diventata, perché non svolgo questa professione. Per il resto ricalca in tutto e per tutto le donne trentenni, single, che fanno un lavoro sottopagato.” Noelia è una biologa che si ritrova a fare la detective. Questa era un’altra sua passione? “Dopo la laurea triennale avrei voluto arruolarmi nei Ris, il Reparto investigazioni scientifiche dei Carabinieri. Mi ero anche informata, poi non ho presentato la domanda.” Di sicuro, quindi, lei è un’appassionata di gialli e thriller. “Sì, a dieci anni ho letto il mio primo giallo: Dieci piccoli indiani di Agatha Christie.” Questo suo primo libro ha già ottenuto alcuni riconoscimenti? “Sì, con Caldo amaro quest’anno ho vinto il concorso letterario Io Scrivo 2017 e nel mese di dicembre 2016 il mio romanzo è stato segnalato in grande evidenza sulla rivista on line e cartacea Il Giallista.” Caldo amaro avrà un sequel? “Sì, il sequel è quasi pronto. Stavolta Noelia andrà a vivere e lavorare a Rimini... ma poi forse tornerà a Pesaro.”
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GESTIRE
Obiettivo
ORGOGLIO TAVULLIA HA SCELTO COME SINDACO UNA DONNA: LA PRIMA NELLA STORIA DEL PAESE DI VALENTINO ROSSI. UNA DONNA PIENA DI SPRINT, FRANCESCA PAOLUCCI, CHE HA VOGLIA DI FARE E DI COSTRUIRE CON TUTTI I SUOI CITTADINI UNA CITTÀ AL PASSO CON I TEMPI.
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di Simonetta Campanelli / ph Leo Mattioli
Francesca Paolucci non è una donna qualunque! È una donna sensibile, gentile ed altruista; è una donna caparbia, tenace e forte; è una donna che vuole condividere idee e scelte e che ascolta le esigenze ed i problemi di tutti. Perché in lei è innato il pensare agli altri, al benessere della comunità, alla crescita della Istituzione che guida. Francesca è riservata e generosa, un’amica cara con la quale ho avuto il piacere e l’onore di vivere preziosi momenti di vita, indimenticabili e formativi, in amicizia e condivisione. Ora che è diventa importante (ma per me è sempre stata importante...) le chiedo semplicemente: Sindaco o Sindaca? “Geometra o Geometro? Sindaco, ovviamente! Per quale ragione cambiare oggi la parola che determina un ruolo pubblico? È sempre stato così dunque, non mi pongo neppure il problema. Si tratta di una carica istituzionale e perciò non mi sento più uomo o meno donna. Mi sento solo di volere fare, organizzare, costruire per il bene della collettività e a vantaggio del cittadino. A mio parere un Comune va gestito come un’azienda, come una macIN MAGAZINE
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china organizzativa, dandogli un input privato, finalizzato a gratificare i dipendenti e collaboratori, a fare squadra con i dirigenti ed il personale, a creare affiatamento e supporto reciproco, ad evitare sprechi per il raggiungere di un obiettivo positivo comune: quello di essere orgogliosi di fare parte di questo paese. I dipendenti del nostro Comune sono stati scombinati con il mio arrivo perché ho voluto mettere in atto una celere ristrutturazione radicale per trasformare questa Ente in una attività snella e produttiva, affidando a soli tre dirigenti la guida di settori specifici. Nel contempo, però, ho voluto creare momenti di condivisione e confronto e ho indetto la programmazione di riunioni fisse e periodiche di tutti gli impiegati, per tenerli costantemente aggiornati ed informati sul procedere e all’andamento di tutti i servizi, indipendentemente da quelli di loro appartenenze specifica, ed abbiamo anche aperto il Comune alla cittadinanza: ingresso libero alle ispirazioni e ai nuovi progetti; ingresso libero per tutti i cittadini di Tavullia.” Come concili il tuo lavoro con la famiglia? 56
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“Come tutte le donne che lavorano, devo ringraziare mia mamma per l’infinito supporto quotidiano che mi regala e anche mio marito Giancarlo che è una persona estremamente disponibile e comprensibile. Due figli adolescenti hanno esigenze importanti e impegni sovrapposti e così devo correre. Ma del resto sono il Sindaco del Comune in area 46 dove correre è uno modus operandi.” I tuoi figli ti suggeriscono strategie? “Si certo! Mio figlio Alberto, che ha 12 anni, mi prospetta spesso le sue idee sulla scuola, sui ragazzi e sui lavori pubblici. Maddalena invece, che ha 16 anni, è più attenta al sociale e alle attività solidali. Il loro punto di vista, i loro commenti, mi sono utili per capire come le nuove generazioni affrontano i temi della collettività, delle innovazioni, del sostegno della comunità e come, senza difficoltà di giudizio primitivo, esprimono concetti ovvi e basici, talvolta dimenticati da noi adulti. Mi piace coinvolgere i miei figli in varie iniziative. Albi è venuto con me, ed una delegazione di Tavullia e del Fan Club, nelle aree terremotate ed ha vissuto con i ragazzi del luogo un’esperienza
“ASCOLTO VOLENTIERI TUTTI, MI PIACE CONOSCERE I PARERI SOGGETTIVI E TENERE LE PORTE DEL COMUNE APERTE A CHI FA CRITICHE COSTRUTTIVE, HA IDEE CONCRETE E UTILI PROPOSITI. PER QUESTO HO SCELTO DI CANDIDARMI, CON LORO E PER LORO.”
unica e singolare, molto costruttiva e coinvolgente. Maddy invece, è molto presente alle riunioni che facciamo con le associazioni di volontariato Avis e Aido. Questo mondo la sensibilizza particolarmente.” Obiettivo del tuo mandato? “Credo fermamente in un impegno rivolto alla collettività e l’obiettivo che vorrei raggiungere è far sì che i cittadini si sentano orgogliosi cittadini di Tavullia. Per questo ascolto volentieri tutti, mi piace conoscere i pareri soggettivi e tenere le porte del Comune aperte a chi fa critiche costruttive, ha idee concrete e utili propositi. Per questo ho scelto di candidarmi, per loro e con loro, per il simbolico partito di tutti: il partito di Tavullia.”
IN QUESTE PAGINE, FRANCESCA PAOLUCCI, SINDACO DI TAVULLIA DAL 2014. PRIMA DONNA ELETTA NEL COMUNE DI VALENTINO ROSSI.
SFIDARE
Piccole
ECCELLENZE A SOLI 13 ANNI PUÒ DIRE DI STARE SEGUENDO LE ORME DI FEDERER E NADAL, LUCA NARDI, PICCOLO CAMPIONE DEL CIRCOLO TENNIS DELLA BARATOFF, CONIUGA SPORT E COMPITI A CASA, RIUSCENDO A PENSARE ANCHE AL FUTURO.
H QUI SOTTO, LUCA NARDI. IN AZIONE. A DESTRA, LUCA NARDI CON, A SINISTRA, IL TECNICO DELLA FEDERAZIONE LUCA SBRASCINI E, A DESTRA, L’ALLENATORE FRANCESCO SANI.
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di Alice Muri / ph Laura De Paoli
Ha davvero la stoffa da campione, come ha già dimostrato più volte sul campo, il tennista pesarese Luca Nardi, prodotto del circolo del tennis della Baratoff. Solo pochi mesi fa, a soli 13 anni, è diventato campione mondiale under 14 vincendo il torneo Les Petits as, a Tarbes, in Francia, da dove sono emerse tutte le eccellenze internazionali della racchetta. “Ho iniziato a giocare a soli sette anni – spiega Luca Nardi –. Ho seguito l’esempio prima di mio padre e poi di mio fratello, che già avevano una grande passione per questo sport. Con loro seguivo le gare in tv e ho visto diversi match dal vivo, così ho deciso di provare a giocare anche io”. Dai primi
passi mossi all’interno del circolo del tennis della Baratoff, quella che ormai è diventata la sua seconda casa, sono stati tantissimi i successi inanellati da Luca. Solo per citarne alcuni, Nardi è riuscito a conquistare i campionati regionali under 10, under 11, under 12 e 13, nonché il campionato nazionale a squadre under 12 e il campionato nazionale under 13. Per quanto riguarda i tornei internazionali, Luca ha disputato 38 partite nel 2016, di cui 31 vinte nell’attività internazionale under 14. L’anno precedente, con l’under 12, non era stato da meno: 23 le gare disputate di cui 19 quelle vinte. Il pesarese fa parte anche della nazionale italiana dove si allena sotto lo sguardo del tecnico Luca Sbrascini, che lo segue da quando aveva nove anni. Poi il successo a Les Petits as, che è solo l’ultimo tassello di un curriculum invidiabile: “Quando ho messo a segno il punto della vittoria non ci potevo credere – ammette Luca ancora emozionato per il risultato –. Poi mi sono reso conto di quello che sono riuscito a fare ed ora sono davvero contento. In questo torneo sono passati diversi campioni del tennis come Fede-
rer, Nadal, Murray e Dyokovic. Anche loro sono stati vincitori de Les Petits as e mi auguro di riuscire a seguire le loro orme”. Poi ci tiene a sottolineare: “Questo per me non è un punto di arrivo – dice convinto – ma solo un punto di partenza da cui iniziare per cercare di migliorare sempre più”. Oggi Luca frequenta la terza media all’istituto Don Gaudiano di Pesaro: “Coniugare scuola e sport non è facile – dice – ma cerco di mettercela tutta. Spesso porto con me i compiti per casa, così da non restare indietro”. E per il futuro? “L’anno prossimo farò il Liceo Scientifico, indirizzo sportivo”. E non poteva essere altrimenti.
La mia Banca è differente.
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