Tariffa R.O.C.: Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB - FILIALE DI FORLÌ - Contiene i. p. - Reg. al Tribunale di Forlì il 23/11/1998 n. 27 - EURO 3,00
F O R L Ì N° 6 DICEMBRE 2018/GENNAIO 2019
REMONDINI
Anna
PATTINANDO SUL MONDO
FILIPPO VENTURI / Il fotografo dell’anno SUPERFOOD / Cibo super LE CASINE / Capolavori d’amore
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EDITORIALE
SOMMARIO
I
In questo numero ci affacciamo al 2019 con il sorriso e l’eleganza di Anna Remondini, pluricampionessa del mondo di pattinaggio artistico su rotelle della Forlì Roller. Conosciamo altre culture con i reportage del fotografo cesenate Filippo Venturi, premiati a livello internazionale e le opportunità per il territorio offerte dai superfood, cibi considerati veri elisir di lunga vita. La birra artigianale? È nata a Forlì con Gaetano Pasqui e risorge oltre un secolo dopo con l’iniziativa dei suoi pronipoti. Con Carlo Cola scopriamo il progetto Le Casine capace di stupire chi sa superare i pregiudizi. Andiamo poi a esplorare il mondo della musica meccanica con la collezione di Franco Severi e lo Human Beatbox del giovane cesenate Giuseppe Cuna. Entriamo nella casa in stile americano anni Cinquanta di Riccardo La Corte, un sogno vintage che racchiude tutto il mondo del fondatore di America Graffiti. Buona lettura! Andrea Masotti
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ANNOTARE
Brevi IN
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ESSERE
Anna Remondini
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ESSERE
Filippo Venturi
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SCEGLIERE
Cibo super
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VOCALIZZARE
Giuseppe Cuna
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IL FORO DI LIVIO
Musica in riga
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PRODURRE
Uomo della birra
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ABITARE
Sogno vintage EDIZIONI IN MAGAZINE S.R.L. Via Napoleone Bonaparte, 50 - 47122 Forlì Tel. 0543.798463 / Fax 0543.774044 www.inmagazine.it info@inmagazine.it DIRETTORE RESPONSABILE: Andrea Masotti REDAZIONE CENTRALE: Clarissa Costa, Gianluca Gatta, Beatrice Loddo COORDINAMENTO DI REDAZIONE: Roberta Invidia ARTWORK: Lisa Tagliaferri IMPAGINAZIONE: Francesca Fantini UFFICIO COMMERCIALE: Michela Asoli Gianluca Braga, Elvis Venturini STAMPA: La Pieve Poligrafica Villa Verucchio (RN) ANNO XX- N. 6 Chiuso per la stampa il 5/12/2018 Collaboratori: Barbara Baronio, Andrea Bonavita, Dolores Carnemolla, Clarissa Costa, Giulia Farneti, Beatrice Loddo, Francesca Miccoli, Umberto Pasqui, Giorgio Pereci, Francesca Renzi, Rosanna Ricci. Fotografi: Andrea Bonavita, Clarissa Costa, Giorgio Sabatini, Gianmaria Zanotti.
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RALLENTARE
Vivere la montagna
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LEGGERE
Libri belli e buoni
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CREDERE
Benedetta Bianchi Porro
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DIPINGERE
Capolavori d’amore Seguici su FB: www.facebook.com/ edizioni.inmagazine
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DIFFONDERE
L’arte dell’insolito Edizioni IN Magazine si impegna alla salvaguardia del patrimonio forestale aderendo al circuito di certificazione di FSC-Italia.
Tutti i diritti sono riservati. Foto e articoli possono essere riprodotti solo con l’autorizzazione dell’editore e citando la fonte.
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COLLEZIONARE
Macchine da musica
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ph Giorgio Sabatini
ANNOTARE
Lo sport con ANDREA ZORZI FORLÌ Il Cna Day di
La neve ROSSA FORLÌ Giornalista fin dai tempi
ph Roberto Conte
del liceo, Grazia Buscaglia Bonesso, nata e cresciuta a Torino, capopagina de Il Resto del Carlino a Forlì negli anni ’90, vive in Romagna da tempo. E ha scelto proprio la città di Forlì per ambientare il suo primo romanzo, Rosso come la neve (L’Infernale Edizioni). Un esordio che arriva dopo una lunga carriera giornalistica – attualmente si occupa di cronaca nera e giudiziaria e vive a Rimini. La storia racconta di Giulia, scrittrice, donna appassionata che affronta la vita a muso duro. Ma dal suo passato riaffiorano ricordi, sepolti nella memoria, che forse le permetteranno di capire meglio il suo presente. Un caleidoscopio di personaggi dalle mille sfaccettature, riemergeranno alla luce.
4
IN MAGAZINE
2019: i piccoli AL PICCOLO FORLÌ Per grandi e piccini si prospetta una stagione teatrale davvero
avvincente allo storico Teatro “Il Piccolo”. Dopo l’imponente restauro e restyling negli arredi della platea e dei camerini, Accademia Perduta/Romagna Teatri, con il suo nucleo artistico (Claudio Casadio, Maurizio Casali, Mariolina Coppola, Danilo Conti, Ferruccio Filipazzi) e la “start-up” per giovani artisti a livello nazionale (Pietro Piva, Tonio De Nitto, Sandro Mabellini tra gli altri) sta ultimando i preparativi in vista degli spettacoli in calendario per la stagione 2018/2019. Tra i titoli in cantiere: Raperonzolo, Patchwork, Un mosaico di storie, Sogni Bambini, Thioro, Un Cappuccetto Rosso senegalese, Chi ha paura di Denti di Ferro?, a cui si aggiungono altri titoli classici (Pinocchio, Il Mago di Oz, Peter Pan), ancora in fase di progettazione. I cartelloni di Teatro per le Scuole (il più consistente del territorio romagnolo) e di Favole saranno completati dall’ampia ospitalità offerta alle migliori compagnie nazionali di Teatro Ragazzi, mentre la sala di via Cerchia continuerà a ospitare La notte del cialtrone – Cialtronight di Andrea Vasumi e i suoi comici e la consistente programmazione di spettacoli di teatro dialettale.
quest’anno è stato un successo: l’evento formativo dedicato allo sport si è concluso con lo spettacolo di Andrea Zorzi e Beatrice Visibelli, La leggenda del pallavolista volante. Con all’attivo oltre 150 repliche, è una storia per tutti, non solo per un pubblico sportivo, e focalizza il proprio messaggio sulla motivazione e sulla collaborazione. Attraverso la biografia di un campione, abbiamo riscoperto la filosofia e il potenziale umano dello sport, e ora possiamo applicare la sua morale: senza una squadra, nella vita come nella pallavolo, non si arriva da nessuna parte. Andrea Zorzi, classe 1965, ex pallavolista, ha militato per tutta la sua carriera in Italia, ritirandosi a soli 33 anni dall’attività agonistica, ed è considerato un membro della cosiddetta generazione di fenomeni.
Arte e impresa IN SINERGIA FORLÌ Sarà visitabile fino al 13 gennaio, presso la Fondazione Dino Zoli
(viale Bologna 288) la mostra La basilica di Siponto di Edoardo Tresoldi. Un racconto tra Rovine, Paesaggio e Luce, a cura di Nadia Stefanel. Edoardo Tresoldi, incluso da Forbes tra i 30 artisti under 30 più influenti d’europa nel 2017, e recentemente incoronato al Coachella Valley Music and Arts Festival in California, ha realizzato nel 2016, in collaborazione con il Mibact, il restauro della Basilica paleocristiana Santa Maria di Siponto (FG), una convergenza unica tra arte contemporanea e archeologia. La mostra a Forlì, presentata da DZ Engineering e Fondazione Dino Zoli, intende ripercorrere, grazie all’uso di materiali d’archivio, il primo incontro tra Edoardo Tresoldi e gli ingegneri della DZ Engineering, chiamati nel 2016 a illuminare la Basilica di Siponto. Un’occasione per creare un’efficace sinergia fra arte e impresa. L’ingresso è libero.
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ANNOTARE
Economia Circolare I'M A DREAMER
Vent’anni IN... ARTE
FORLÌ Nuova e importante tappa del progetto I’M A DREAMER, sogno_riciclo_creo, l’iniziativa nata nel 2017 dalla collaborazione tra Dorelan, l’Istituto Tecnico Saffi Alberti di Forlì - sezione Moda e CavaRei - Impresa Sociale: sei dei progetti originali legati all’ambiente notte e presentati dai giovani fashion designer vedranno prodotti da CavaRei per essere commercializzati, a partire dal 2019, nei negozi monomarca Dorelan presenti in tutto il territorio italiano. “Il progetto è un esempio concreto di economia circolare”, afferma Pietro Paolo Bergamaschi di Dorelan. Una dimostrazione concreta che impresa e territorio possono collaborare, nel rispetto dell’ambiente, per una crescita comune.
FORLÌ Non un traguardo, ma un
ph Giorgio Sabatini
Confindustria LA SQUADRA DI MAREMONTI FORLÌ-CESENA Andrea Maremonti è stato eletto nuovo presidente di Confindustria Forlì-Cesena. L’amministratore delegato dell’azienda di abbigliamento maschile Alea Fashion Industries di Savignano sul Rubicone, che in passato aveva già ricoperto la carica di presidente, è affiancato da quattro vicepresidenti, ognuno con delega a specifici temi che l’associazione industriali ha posto come sue priorità (industria 4.0, internazionalizzazione, sostenibilità, formazione, occupazione e infrastrutture). I vice presidenti sono Pierluigi Alessandri di Technogym (politiche industriali), Carlo Comandini di Vossloh Schwable Italia (relazioni industriali, credito e bilancio), Giovanni Giannini di Sogliano Ambiente (energia, ambiente, sostenibilità) e Giacomo Gollinucci della Gollinucci (formazione e marketing). La nuova squadra segna la ripartenza dell’associazione, nel solco di Confindustria nazionale, dopo una fase di passaggio che ha visto la guida in mano al commissario Floriano Botta.
trampolino da cui spiccare il volo verso un futuro pieno di nuovi progetti. Questo è lo spirito con cui Ilaria Mazzotti e Andrea Farì festeggiano il ventennale dell’Associazione Culturale InArte. Projects of Cultural Integration, da loro fondata nel 1998. Oggi ente riconosciuto dalla Regione Emilia-Romagna e accreditato dal Miur. L’esperienza maturata a Forlì si è estesa, dal 2015, oltre i confini cittadini, quando l’Associazione si è aggiudicata il bando per la gestione della scuola di musica comunale “Glenn Gould” di Bellaria-Igea Marina. Forti di queste esperienze, Ilaria Mazzotti e Andrea Farì lanciano un nuovo progetto: “Continueremo a puntare sulla produzione di musica originale e sulla promozione della creatività dei giovani.” (L.B.)
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Natale A CESENA
Natale A FORLÌ
CESENA Il Natale cesenate ha
FORLÌ Il Natale forlivese
in serbo sorprese per grandi e piccini. In piazza della Libertà, fino al 13 gennaio, ci sarà la pista da pattinaggio e, fino al 24 dicembre, i più piccoli potranno visitare il villaggio di Babbo Natale, con una ricca animazione a tema natalizio. In piazza del Popolo, il 15 dicembre sarà goloso grazie allo show cooking, mentre la musica sarà protagonista il 22 dicembre con il coro gospel I Can Choir, e il 23 dicembre con la Babbo Natale Street Band. L’imprescindibile Fiera di Natale animerà il centro il 9, 16 e 23 dicembre. E dopo il Capodanno in piazza, l’1 gennaio Cesena saluterà l’anno nuovo con artisti di strada, giocolieri, mangiafuoco e trampolieri nel centro storico. Ultimo appuntamento il 6 gennaio, in piazza del Popolo, con Befana e streetband per salutare le feste e l’inizio del nuovo anno.
è d’incanto, grazie alla valorizzazione del progetto Piazze d’Incanto. Un percorso suggestivo tra le piazze del centro storico attraverso eventi, luci, colori, profumi e sapori tipici del Natale. In piazza Saffi, fino al 13 gennaio, immancabile la pista di pattinaggio, a cui si aggiunge quest’anno la giostra dei cavalli. I mercatini, aperti dalle 8.00 alle 20.00, chiuderanno il 6 gennaio. Per i più piccini, in piazzetta San Carlo, fino al 6 gennaio, c’è la Casetta di Cristallo: uno spazio accogliente che sarà teatro di piacevoli appuntamenti; mentre sabato 8, 15, 22, 29 dicembre in piazza Saffi fermerà il trenino incantato, per fare tappa in luoghi speciali del centro storico. Ricordiamo che fino al 31 gennaio la sosta in tutte le strade e aree regolamentate con sosta a pagamento saranno gratuite.
ph Giorgio Sabatini
Passaggio di consegne IN PREFETTURA FORLÌ-CESENA Il Prefetto Fulvio Rocco De Marinis prende commiato e va in pensione: nel concludere il suo percorso professionale ha ringraziato la comunità e tutti coloro che, negli oltre tre anni che ha passato in carica, hanno collaborato con lui. “Conserverò un ricordo indelebile di questa splendida e nobile terra, di cui ho apprezzato il livello di cultura, di tradizione e di accoglienza, promettendo a me stesso di farvi frequente ritorno”, ha dichiarato al termine del suo discorso in Prefettura. La carica di Prefetto della Provincia di Forlì-Cesena passa ad Antonio Corona, 62 anni, romano, laurea in Scienze Politiche, Prefetto a Chieti e prima ancora a Lodi.
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Merletti E RICAMI
I Labirinti di CARLO RAVAIOLI
CESENA Alla Fiera di Cesena,
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il 19 e il 20 gennaio, si tiene la rassegna In principio era…il filo, un’occasione di incontro, confronto e approfondimento sul vasto e ricco patrimonio tessile italiano, dove la tradizione artigianale si incontra con la ricerca per l’innovazione. L’evento prevede un programma ricco di contenuti, declinati in esposizioni, corsi, dimostrazioni, workshop, a cura di associazioni e scuole provenienti da tutta la penisola, con una parte commerciale realizzata alla presenza di operatori specializzati per la vendita di tessuti filati, schemi, accessori, editoria, kit e manufatti. Il merletto e il ricamo sono una vera e propria arte tessile che richiede solamente tanta curiosità e volontà, le tecniche sono innumerevoli, più o meno complicate e riscuotono interesse in persone di tutte le età. Info@blunautilus.it.
I luoghi riflessi DI MAURO PIPANI CESENA E CESENATICO A Casa Moretti (Via Marino Moretti 1) e
alla Galleria d’Arte Damasco (Via Fra Michelino, 9) sarà ospitata fino al 20 gennaio la mostra Luoghi riflessi di Mauro Pipani, curata da Flaminio Gualdoni. Si tratta per l’artista (nato a Cesenatico nel 1953) di un ritorno nei suoi luoghi dell’anima: una narrazione per immagini che andrà a dialogare con i versi e le pagine di Marino Moretti all’interno della casa del poeta. In totale saranno circa 100 opere, fra le due sedi della mostra. L’ingresso è libero. Orari: Casa Moretti: sab, dom, festivi 15.30-18.30 (dal 22 dicembre al 6 gennaio tutti i giorni 15.30-18.30); Galleria d’Arte Damasco: mar, mer, ven, sab e dom 16-19.
di complessi spazi comunicanti, fabbricati sull’orlo della demolizione, edifici indecifrabili e dedali: sono questi gli elementi da cui l’artista Carlo Ravaioli ha tratto ispirazione per la sua nuova produzione pittorica, in cui il labirinto è il paradigma del viaggio. L’artista traduce in immagini la propria profonda sensibilità dell’Io facendo prendere forma ad architetture e palazzi immaginari, dove i corridoi diventano l’allegoria del viaggio interiore che ognuno di noi percorre. In queste opere Ravaioli gioca con lo spazio, sovverte gli equilibri e toglie la centralità di un punto focale, provocando smarrimento. È comprensibile che, in questo intricato groviglio architettonico, non ha molta importanza riconoscere il percorso esatto per uscirne, quanto ricercarne l’essenza più intima. Ravaioli è presente con le sue opere, oltre che in prestigiose gallerie d’Italia, su importanti pubblicazioni d’arte e case d’asta.
ADVERTORIAL NEWS
FISIOLOGY CENTER COMPIE 10 ANNI FORLÌ La struttura di via Grigioni, nella quale Fabrizio Borra e
Nicola Gramellini hanno sviluppato il loro Servizio Riabilitativo a Forlì, compie 10 anni. Una struttura di ultima generazione, sia in termini di metodo che di tecnologia, in grado di abbinare i trattamenti alla ricerca, per applicare quello che altri hanno studiato e diffuso, ma anche per essere partecipe dello sviluppo di nuove vie di conoscenza del settore. Risultati che si ottengono grazie alla stretta collaborazione e sinergia tra i vari professionisti coinvolti, che diventa una delle principali caratteristiche del centro. Le varie figure professionali che su un caso specifico interagiscono tra loro: l’ortopedico che dialoga direttamente col fisiatra, col terapista, eventualmente con l’osteopata e il posturologo, e infine col preparatore atletico che si occupa dell’ultima fase, che è quella di ripristinare i giusti schemi motori del movimento. Questo vale non solo per l’atleta, ma anche per la gente comune che non deve accontentarsi di gestire il dolore, ma deve tornare a essere in grado di muoversi in modo efficiente. Motivo per cui in questo primo traguardo raggiunto si sente il bisogno di ringraziare tutti i professionisti, sia interni che esterni, che in questi anni hanno collaborato con la struttura, mettendo a disposizione la loro conoscenza all’interno di un progetto comune, permettendo non solo di offrire un servizio sempre più adeguato alle esigenze del paziente, ma di alimentare una
continua crescita tecnico-scientifica. Al tempo stesso, un ringraziamento ai tanti pazienti che in questi 10 anni hanno creduto nelle capacità dello staff, anche a quelli che per qualsiasi motivo non hanno raggiunto l’obiettivo desiderato: è proprio attraverso gli insuccessi che passa il processo del miglioramento.
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IN MAGAZINE
ESSERE
Pattinando
SUL MONDO ANNA REMONDINI, PUNTA DI DIAMANTE DELLA FORLÌ ROLLER, È PLURICAMPIONESSA IRIDATA DI PATTINAGGIO ARTISTICO SU ROTELLE. MANTOVANA DI NASCITA E FORLIVESE PER AMORE: “IL MIO FUTURO È QUI”.
M
di Francesca Miccoli / ph Giorgio Sabatini
Magia, incanto, suggestione, fascino. Sono le parole che ricorrono maggiormente nella lettura delle esibizioni di Anna Remondini, pluricampionessa del mondo di pattinaggio artistico su rotelle. Ventotto anni, occhi azzurrissimi incastonati in un viso da ragazzina che sembra prendersi gioco della carta d’identità, l’atleta iridata è nata a Mantova ma da due anni vive all’ombra di Saffi, punta di diamante della società sportiva Forlì Roller. Magnifica interprete di uno sport spesso sottovalutato, considerato di nicchia e addirittura vintage, oscurato dal più popolare pattinaggio sul ghiaccio, disciplina olimpica capace di regalare ben altra visibilità ai suoi protagonisti. Basti pensare alla fata bolzanina Carolina Kostner o alla regina della velocità Arianna Fontana, campionissime dal palmarès prodigo ma addirittura avaro rispetto a quello di Anna, abituata a fare incetta di titoli mondiali juniores e seniores, corone continentali e tricolori. Ma la neo-forlivese non se ne cura, forte di una grinta che trova eguali solo nell’eleganza, una determinazione pari solo alla leg-
giadria, abile a incarnare simultaneamente delicatezza e potenza. Opposti che nei sinuosi movimenti si conciliano come per magia. Anna non vince ma stravince, non si impone ma domina, mandando in visibilio le folle e strappando iperboli ai commentatori. È il caso dei cronisti francesi che pochi mesi fa in quel di Mouilleron-le-Captif ne hanno riconosciuto la grandezza, celebrando un’atleta che tutto il mondo ci invidia. E viene allora in mente la canzone di Paolo Conte in cui Ginettaccio Bartali faceva infuriare i superbi transalpini. La passione di Anna viene da lontano e, come nella più tradizionale delle fiabe, sboccia quasi per caso. “Da piccolissima mi ero cimentata nel nuoto e nella pallavolo senza troppa convinzione. Un giorno un’amichetta mi chiese di accompagnarla a provare una nuova disciplina. Avevo 5 anni, indossai i pattini e non li ho più tolti. Un amore a prima vista”. Il seguito è noto: se la compagna ha veleggiato verso altri lidi, Anna è salita sull’Olimpo delle quattro rotelle. Attraverso un percorso fatto di rigore e di-
sciplina. “Completato l’avviamento, a 6 anni ho iniziato l’attività agonistica. La mia quotidianità era divisa tra scuola e pattinodromo, dove mi allenavo dalle 14 alle 19 con una pausa compiti nel mezzo. Ma non mi è mai pesato, anzi: lo sport è stata una scuola di vita. Non mi sono mancati gli svaghi e non ho fatto grandi rinunce neppure a tavola: mi capita di mangiare pizza per tre giorni di seguito, pranzare al volo al McDonald o fare colazione con brioche alla crema e frappuccino alla Nutella”. Originaria di Casteldario, paesino di 4.000 anime nella terra dei Gonzaga, la campionessa è approdata a Forlì per motivi di cuore, al seguito del fidanzato calciatore. “Prima abitavo a Rimini, dove ho frequentato la facoltà triennale di Scienze Motorie, poi il biennio in Management e organizzazione di eventi sportivi. Conclusa la scuola superiore, avevo infatti sentito l’esigenza di inseguire l’autonomia e di fronte a me si sono schiuse due opportunità per studiare e continuare a praticare pattinaggio: Roma o Rimini”. Troppo caotica la città eterna, paradossalmente sprovIN MAGAZINE
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vista di impianti all’altezza. “Rimini ha rappresentato il compromesso ideale. Mi sono tesserata per la Sport Life, società di prestigio, rinomata per aver portato al successo un campione del calibro di Patrick Venerucci”. Accolta a braccia aperte per via di un palmarès già carico di due titoli iridati juniores, l’impatto in riviera è soft. “C’era un po’ di nostalgia per quello che lasciavo ma anche tanta voglia di fare nuove esperienze, vivere la magia della scoperta”. Se lo strappo con il paesello non è violento, lo stesso non può dirsi di quello che si consuma con il
partner di tanti successi, Alessandro Piva, l’amico d’infanzia, complice in pista e nella quotidianità extrasportiva. All’orizzonte si profila un altro Alessandro [Spigari, N.d.a], destinato ad accompagnare due volte Anna sul tetto del mondo: nel 2012 a Auckland in Nuova Zelanda e dodici mesi più tardi a Taipei. Un biennio trionfale, seguito da un periodo travagliato, concluso con un divorzio burrascoso. Consumatosi addirittura via sms. È il preludio di un’altra separazione, quella con la storica allenatrice, Lorenza Residori. Ma poiché le persone intelligenti
INTERPRETE DI UNO SPORT SPESSO SOTTOVALUTATO, CONSIDERATO ADDIRITTURA VINTAGE, OSCURATO DAL PIÙ POPOLARE PATTINAGGIO SUL GHIACCIO. ANNA FA INCETTA DI TITOLI MONDIALI JUNIORES E SENIORES, CORONE CONTINENTALI E TRICOLORI.
sanno tornare sui propri passi, il connubio con la mentore si ricompone in terra forlivese. L’attuale partner si chiama Daniel, è padovano e ha un cognome assonante a quello della sua lei: Morandin. Con Anna ha vinto il titolo iridato in Cina lo scorso anno e pochi mesi fa in Francia. Il resto è storia recente. Remondini è protagonista nelle gare di coppia ma anche nel solo dance, dove incanta in magnifica solitudine. “Ma nel singolo ho vinto solo un oro e un bronzo europeo”. E la chiave dei successi va ricercata proprio in quel laconico solo. Sinonimo di un carattere fortissimo. “La mia allenatrice mi definisce un cavallo da coppia, ma l’entità singola mi piace e mi completa”. Il futuro proseguirà sulle due strade parallelamente e non sarà una passeggiata. 14
IN MAGAZINE
QUI ACCANTO, ANNA REMONDINI SUL PODIO AI CAMPIONATI ITALIANI DI SOLO DANCE DEL 2018. NELLA PAGINA SEGUENTE, DURANTE UNA COMPETIZIONE.
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“Perché toccata la cima del mondo, l’obiettivo diventa uno solo: la piazza d’onore sarebbe un insuccesso”. La nuova coreografa per il programma lungo sarà nientemeno che l’ex iridata su ghiaccio Barbara Fusar Poli, chiamata a cucire addosso agli atleti un esercizio spettacolare, da esaltare con una superba colonna sonora in sottofondo. In passato il duo Remondini-Morandin ha stupito sulle note della Carmen di Bizet, interpretata da tanti sportivi, non solo su rotelle. “Secondo i tecnici abbiamo dato vita a un’esibizione come non se vedevano da anni. Un’aria che ha esaltato il rapporto tra me e il mio partner. Abbiamo caratteri simili ma lui sa sopportare la mia logorrea. Sono una pentola di fagioli e capisce quando è il momento di lasciar correre. La verità è che sono snervante e perfezionista”. 16
IN MAGAZINE
Esigente con se stessa, con gli studenti della scuola media Maroncelli, dove insegna educazione fisica, e con le sue piccole allieve al pattinodromo di via Ribolle. “Uso tanto bastone e poca carota”. Tra le ragazzine dai 4 ai 19 anni, Anna ha già individuato un’erede: si chiama Alice Balzani e, ironia della sorte, fa coppia con un ragazzo di Mantova. Città in cui la nostra campionessa non farà ritorno. “Amo Forlì, è a misura d’uomo, vicina al mare e alla montagna. Da grande mi vedo in Romagna, docente a scuola e allenatrice di pattinaggio”. Insegnante come la mamma, sua prima tifosa, sempre composta sugli spalti, al contrario del papà giullare di corte in tribuna, perennemente in compagnia del fedele dalmata. Il momento di appen-
INSEGNA EDUCAZIONE FISICA AGLI STUDENTI DELLA SCUOLA MEDIA MARONCELLI E PATTINAGGIO ALLE PICCOLE ALLIEVE DELLA FORLÌ ROLLER. “AMO FORLÌ, È A MISURA D’UOMO, VICINA AL MARE E ALLA MONTAGNA. DA GRANDE MI VEDO IN ROMAGNA”.
dere i pattini al chiodo è ancora lontano, Anna vuole continuare a emozionare e a emozionarsi. “In gara 7 giudici scrutano ogni mio minimo movimento: li fisso anch’io ma, quando sono di spalle, cerco lo sguardo degli spettatori. E se vedo nei loro occhi l’emozione e addirittura le lacrime, capisco di aver lasciato un segno”.
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ph Sandra Lazzarini
Gusto inconfondibile
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IN MAGAZINE
ESSERE
Il fotografo
DELL’ANNO FILIPPO VENTURI HA VINTO PREMI FOTOGRAFICI DI ALTISSIMO LIVELLO. I SUOI REPORTAGE SULLE DUE COREE HANNO RACCONTATO REALTÀ INEDITE E CONQUISTATO LA STAMPA INTERNAZIONALE. di Barbara Baronio / ph Gianmaria Zanotti
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A 38 anni è riconosciuto a livello internazionale come fotografo documentarista di alto livello, grazie ai suoi reportage che affrontano tematiche originali e poco indagate. Lavori pubblicati su magazine e quotidiani internazionali come The Washington Post, Financial Times, Vanity Fair, Die Zeit, Internazionale, La Stampa, Geo, D di Repubblica e Io Donna del Corriere della Sera, solo per citarne alcuni. È il cesenate Filippo Venturi, da poco eletto Fotografo dell’anno dalla Fiaf Emilia Romagna. Venturi, che arriva da una formazione tecnologica e dopo l’ITI Pascal di Cesena ha studiato Informatica, ha scoperto la fotografia per curiosità: galeotta è stata la partecipazione a un corso base guidato da Silvia Camporesi e offerto dall’Università. “A quei tempi – racconta Venturi –, avevo a casa una macchina fotografica compatta e per me le foto erano per lo più legate a ricorrenze e a ricordi. Le lezioni con Silvia sono state per me l’occasione di sperimentare un approccio alla fotografia autoriale e artistica. Ho
appreso i primi passi per realizzare un progetto fotografico, coerente a livello stilistico e con una sequenza di immagini funzionale alla narrazione”. Ama operare con i suoi tempi, che non seguono i ritmi serrati del fotogiornalismo di cronaca, non a caso Venturi sceglie spesso tematiche ad ampio respiro sulle quali compie importanti approfondimenti. “Il vantaggio di un lavoro autoriale – spiega – è che è più longevo, rimane attuale più a lungo e concede il tempo di gestire preparazione e rifinizione”. Tanti sono i progetti di Venturi, ma quello sulla penisola coreana, durato tre anni, ha raccolto un interesse planetario tanto da permettergli di aggiudicarsi il Sony World Photography Awards, il LensCulture Emerging Talent Awards, il premio il Reportage, il Premio Voglino e il Portfolio Italia - Gran Premio Hasselblad. Un progetto singolare, quello coreano, in cui il documentarista espone la sua idea di osservazione delle due Coree e delle sue trasforma-
IL LAVORO SULLA PENISOLA COREANA HA RACCOLTO UN INTERESSE PLANETARIO E GLI È VALSO PREMI COME IL SONY WORLD PHOTOGRAPHY AWARDS, IL PREMIO IL REPORTAGE, IL PREMIO VOGLINO E IL PORTFOLIO ITALIA - GRAN PREMIO HASSELBLAD.
zioni, composto dai due capitoli Made in Korea e Korean Dream. A instillargli l’idea, la compagna Elisa Cimatti. “Elisa si occupa di marketing del turismo e per un certo periodo ha dovuto seguire i gusti e i trend dei turisti sud coreani. Durante questo suo studio mi ha raccontato particolari sulla Corea del Sud e su fenomeni di questo Paese che non conoscevo. È nato in me un profondo desiderio di saperne di più e ho cominciato ad approfondire. Ho messo in campo il progetto sulla Corea del Sud e nel 2017 ho proseguito con il reportage sulla Corea del Nord come inviato di Vanity Fair”. Seconda tappa di un progetto coraggioso e originale che ha dato a Venturi l’occasione di farsi scoprire dal grande pubblico. “Sono sbarcato in Corea del Nord nel
maggio del 2017 proprio in un periodo molto caldo, con Trump che minacciava scenari bellicosi. Ricordo che per ricevere il visto c’è voluto molto tempo. Una volta arrivato mi sono mosso sempre con tre guide che mi erano state imposte per aiutarmi ma soprattutto per limitarmi nell’operato e per controllarmi. Ho fatto esperienza di cosa significhi vivere isolati, con informazioni manipolate e selezionate, senza Internet e social. Dove alloggiavo sapevo di dover fare attenzione anche a quello che dicevo, sempre registrato da telecamere e microfoni”. Un lavoro non semplice quello nella Corea del Nord che ha mostrato a Venturi le varie sfaccettature della gioventù coreana. “A sud vivono in un ambiente altamente competitivo. Al nord vivono in una costante emergenza, convinti di essere sempre sotto attacco da parte degli USA. I nord coreani avvertono un forte senso del dovere e sono pronti a scendere in campo per la loro terra. Sognano la riunificazione sotto un unico leader, prospettiva a cui non aspirano i sud coreani. È stato un lavoro complesso che ha richiesto anche un processo di preparazione intenso. Non sono un purista: credo che la post produzione in
A SINISTRA, UNA FOTO DEL BACKSTAGE. A DESTRA, ALCUNI SCATTI TRATTI DAL PROGETTO KOREAN DREAM (COREA DEL NORD) E DI MADE IN KOREA (COREA DEL SUD).
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GUIDATO DALL’ISTINTO E DALLA RICERCA DELL’ORIGINALITÀ NON MANCA DI COMPIERE PROGETTI IN LOCO E NON SOLO ALL’ESTERO. VENTURI, OGGI PADRE DI ULISSE, DI POCO MENO DI UN ANNO, È ANCHE IL FOTOGRAFO UFFICIALE DEL ROMAGNA RUGBY E DEL RAVENNA CALCIO.
fotografia sia utile, ma l’autore deve sempre rispettare l’osservatore. Soprattutto nel fotogiornalismo gli interventi devono essere limitati. Non si rimuove e non si aggiungono elementi, per un fotografo che ambisce ad essere testimone affidabile della realtà,
IN ALTO, UNA FOTO SCATTATA DURANTE UNA PARTITA DEL ROMAGNA RUGBY. SOTTO, IL FOTOGRAFO DURANTE L’INTERVISTA A TG3 NEL MONDO.
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non esistono trucchetti”. Venturi ha attirato l’attenzione dei grandi media anche con un primo progetto locale. “Ho scoperto che a Forlì, la città dove ora vivo, aveva aperto la Camera della rabbia, una stanza in cui si entra imbracciando una mazza e si sfascia tutto quello che ci si trova davanti. Sono stato attratto dal fatto che, tra i clienti, la maggior parte erano donne. Così ho compiuto un servizio su queste ragazze, ho realizzato dei ritratti cercando di interpretare queste anime”. Una capacità innata, quella di Venturi, di cui è stato scritto: “È preciso, si interroga, esplora, impara e ci restituisce immagini bellissime dove tutto è bilanciato e maledettamente nel posto giusto al momento
giusto. Un’eleganza spiazzante, ma ciò che più colpisce è la capacità e la volontà dell’autore di parlare dell’uomo moderno e dei propri malesseri. Come la migliore arte contemporanea. L’approfondimento antropologico, preciso e puntuale, che si accompagna ad ogni immagine, fornisce spunti di riflessione universali su chi siamo e dove stiamo andando. Per questa ragione il lavoro supera il reportage e la fotografia di genere destando un interesse universale, realmente antropologico”. A breve Venturi presenterà il suo libro fotografico con l’intera raccolta sulla penisola coreana e a marzo organizzerà un workshop fotografico. Guidato dall’istinto e dalla ricerca dell’originalità non manca di compiere progetti in loco e non solo all’estero. Venturi, oggi padre di Ulisse di poco meno di un anno, è anche il fotografo ufficiale del Romagna Rugby e del Ravenna Calcio. “Devo molto alla mia famiglia. In particolare Elisa, la mia compagna, è la mia factotum. Anche mia madre è un’accanita fan. Un rimpianto è non aver potuto mostrare a mio padre, prima della sua scomparsa, il frutto di tanta fatica ma, chissà, spero che in qualche modo oggi possa essere orgoglioso di come sono riuscito a raggiungere questo mio grande traguardo”.
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SUPER I SUPERFOOD SI FANNO STRADA NELLE ABITUDINI ALIMENTARI DELLE PERSONE E APRONO NUOVE OPPORTUNITÀ DI BUSINESS. ECCO LE ESPERIENZE DI QUATTRO AZIENDE TRA FORLÌ E CESENA.
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di Dolores Carnemolla / ph Giorgio Sabatini
Superfood, sì o no? Secondo un’indagine condotta da Coldiretti, il 25% degli italiani ha messo nel carrello della spesa, più di una volta durante l’anno, quelli che vengono definiti superfood, alimenti dalle proprietà nutritive talmente benefiche da essere descritti come veri elisir di lunga vita. Al di là di mode e tendenze, i superfood aprono nuove opportunità anche sul nostro territorio: sia dal punto di vista dei produttori che dal punto di vista commerciale. Tra gli alimenti più gettonati ci sono senza dubbio le noci, ricche come sono di sostanze benefiche: acidi grassi omega-3, vitamina E e arginina, veri concentrati di energia e di grassi buoni. A San Martino in Strada, Alessandro Annibali, amministratore delegato della New Factor di Rimini e anche dell’Azienda Agricola San Martino, si dedica alla produzione delle Noci di Romagna, una filiera tutta nostrana. “Ci sono più di vent’anni di ricerca scientifica sui contenuti salutistici della frutta secca e delle noci: non è solo moda – ci racconta Annibali –. Aver saputo dare seguito all’argomento con una buona operazione di marketing, partita dieci anni fa dal Nucis
Italia, di cui sono stato presidente, dimostra che siamo stati bravi a rilanciare un’immagine matura della nostra filiera. Siamo riusciti a soddisfare le esigenze del consumatore”. Un consumatore sempre più attento a ciò che mangia. Alessandro Annibali ha dato via al progetto Noci di Romagna vent’anni fa: è stato allora, infatti, in seguito a una legge speciale che incentivava la piantumazione di alberi per il rimboschimento, che decise di piantare i primi due ettari di noceto nella azienda agricola di San Martino in Strada, dove da generazioni la sua famiglia coltivava frutta, grano e altre colture estensive. In quel periodo andò in California dove si mise a studiare la coltivazione intensiva del noce, irrigua e meccanizzata. Al ritornò rinunciò agli incentivi per il rimboschimento e convertì il suo piccolo noceto seguendo le tecniche apprese negli Stati Uniti. Nel progetto di Annibali, l’amore per la terra e l’amore per il territorio si incontrano in un volume dal titolo Il tempo delle noci che raccoglie l’esperienza dei ragazzi della Scuola Media San Martino, alla scoperta delle Noci di Romagna. L’interesse della nostra zona per la IN MAGAZINE
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“ALCUNI VEGETALI DEFINITI SUPERFOOD, COME BACCHE DI GOJI, ARONIA, SCHISANDRA, MAQUI, HANNO PROPRIETÀ CHE POSSONO AGIRE DIRETTAMENTE SULLE FUNZIONALITÀ DELL’ORGANISMO, PER QUESTO SONO DETTI ALIMENTI FUNZIONALI”.
ph Gianmaria Zanotti
coltivazione delle noci è testimoniata anche da un’altra iniziativa. A San Tomè di Forlì è nato nel 2013, un progetto di coltivazione biologica del noce, dall’esperienza di diverse aziende agricole: Conti Guarini Matteucci, Fabbri Denis e Drei. L’obiettivo è quello di proporre al consumatore un prodotto con determinate qualità organolettiche. Sulle prime colline che si staccano dalla pianura cesenate, a Borghi, c’è l’azienda agricola Rossovivo, guidata da Paolo Giorgini insieme alla moglie Silvia. Entrambi architetti, hanno deciso di abbandonare l’attività di sviluppo di progetti all’estero per dedicarsi al food design. La Rossovivo, che seleziona
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varietà vegetali provenienti da tutto il mondo, sta attualmente lavorando a una linea di prodotti ad alto valore nutrizionale pensato per le persone anziane ma anche per i bambini: “In fondo si trattava solo di traslare le competenze acquisite dall’architettura di lusso al mondo del cibo di alta qualità – ci racconta Paolo –. Il processo progettuale non cambia: idee innovative, qualità,
consulenti di livello internazionale, ricerca e sperimentazione continua sono gli ingredienti che ancora utilizziamo. Noi non siamo particolarmente attratti dall’idea di superfood, piuttosto si dovrebbe parlare di smartfood o ancora meglio smartdiet: alcuni vegetali definiti superfood, come le bacche di goji, l’aronia, la schisandra, il maqui, hanno proprietà che possono agire direttamente sulle funzionalità dell’organismo,
IN APERTURA, ALESSANDRO ANNIBALI DI NEW FACTOR E DELL’AZIENDA AGRICOLA SAN MARTINO. IN QUESTA PAGINA, IN ALTO, SILVIA GIORGINI DELL’AZIENDA ROSSOVIVO. SOTTO, MARIANNA PALELLA, AD DI CITRUS.
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per questo sono detti alimenti funzionali”. Nella campagna romagnola, a Gambettola, altra azienda impegnata a promuovere una cultura alimentare attenta alla salute è Citrus. Qui Marianna Palella, giovane amministratrice delegata, si dedica – insieme a tutto lo staff – a far diventare il consumatore protagonista di una scelta che unisce qualità, sostenibilità ed etica del lavoro. Citrus propone varietà di frutta e verdura bio non trattate. “Per noi non si tratta semplicemente di commercializzare frutta e verdura – ci racconta Marianna – scegliamo i prodotti sulla base dei valori nutrizionali e scientifici che li contraddistinguono, riscopriamo varietà autoctone dimenticate, seguiamo l’intera filiera con rispetto della terra e degli agricoltori
che la coltivano. Il marketing ha permesso di far conoscere al pubblico i superfood e le loro incredibili proprietà. Tuttavia, se non ci fossero dei reali benefici nutritivi, quelle stesse logiche li avrebbero distrutti – continua Marianna –. I consumatori sono sempre più informati e competenti in merito ai temi generali dell’alimentazione e della prevenzione a tavola. Sono sensibili al valore nutrizionale dei prodotti perché consapevoli ormai che quello che mangiamo può modificare, in positivo o negativo, il nostro organismo e dunque il nostro futuro”. E infine Sofia Rani, 23 anni, laureata in scienze erboristiche, è la responsabile ricerca e sviluppo dell’azienda Puro & Bio di Forlì. È lei l’ideatrice del progetto Puro & Bio Superfood, locale multifunzionale che da qualche mese ha aperto i battenti in città, nel cuore del centro storico, su Piazza Saffi, puntando proprio su questi alimenti. “Se mettiamo da parte il discorso legato al termine utilizzato nel marketing, rimane il fatto che certi alimenti contengono una rilevante quantità di sostanze nutritive benefiche per l’organismo. Noi proponiamo i superfood come integrazione al menù che è arricchito con la scelta di alimenti sempre più sani, di coltivazione biologica e di stagione, preferibilmente a chilometro zero e i forlivesi dimostrano di apprezzare”.
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PRODURRE
L’uomo della
BIRRA
I DISCENDENTI DI GAETANO PASQUI, PRIMO COLTIVATORE DI LUPPOLO IN ITALIA, A DISTANZA DI OLTRE UN SECOLO HANNO RIDATO VITA ALL’ANTICO MARCHIO DI BIRRA ARTIGIANALE.
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di Rosanna Ricci / ph Giorgio Sabatini
Non tutti i forlivesi sanno che la loro città, a metà del XIX secolo, è stata la capitale italiana della birra artigianale, in un periodo in cui in Romagna era il vino a farla da padrone. E invece, grazie alla lungimiranza e alle precise conoscenze agrarie di Gaetano Pasqui, questa apprezzata bevanda fu prodotta ed esportata proprio da Forlì. Le notizie dettagliate su questo evento sono pervenute grazie alla pubblicazione del saggio di Umberto Pasqui l’Uomo della birra (CartaCanta, 2010). Come rivela il cognome, Umberto Pasqui è un discendente di Gaetano e, assieme alla sorella e ai cugini, ha dato nuova
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vita alla fabbrica artigianale del geniale parente proponendo, dal 2016, tre etichette della Premiata Fabbrica di Birra Gaetano Pasqui – Forlì le quali hanno i nomi della prole dell’avo forlivese, Livia, Claudia e Tito, con ricette ovviamente ispirate a quelle originali di Gaetano. E veniamo alla storia del Maestro Birraio Gaetano Pasqui, nato a Forlì nel 1807 e morto nel 1879. Fin da giovane Gaetano mostrò un forte interesse per l’agricoltura e per gli strumenti e le tecnologie che servivano nei campi. Nella sua azienda, che si trovava in aperta campagna fra i fiumi Rabbi e Montone alla periferia di Forlì,
A SINISTRA, LA STORICA ETICHETTA DELLA BIRRA PASQUI E IL SUO FONDATORE, GAETANO PASQUI. IN ALTO, UMBERTO PASQUI CON LE TRE NUOVE ETICHETTE DELLA PREMIATA FABBRICA DI BIRRA GAETANO PASQUI.
PASQUI OTTENNE NUMEROSI PREMI NAZIONALI E INTERNAZIONALI E SI ADOPERÒ PER OFFRIRE AI NUOVI COLTIVATORI LE CONOSCENZE PER L’IMPIANTO DI LUPPOLI. UN SECOLO DOPO, LA SUA PASSIONE E I SUOI SOGNI SONO ANCORA VIVI.
Gaetano aveva inventato aratri e apportato modifiche significative ad attrezzi allo scopo di renderli più agevoli al terreno. Strumenti come il Piantapertiche Pasqui e il Levapertiche Pasqui, furono premiati a Firenze nel 1861 e a Londra nel 1862. Poi, durante il periodo in cui fu assistente alla cattedra di agronomia nel Regio Istituto Tecnico di Forlì, Gaetano inventò il Polivomero Pasqui, un aratro con ampie funzioni che riscosse notevole successo all’E-
sposizione universale di Parigi del 1867. Non solo attrezzi, ma sul suo terreno agricolo Pasqui sperimentò colture originali: l’arachide, la barbabietola da zucchero e… il luppolo, la pianta che gli permise di creare il suo birrificio. Il luppolo è la pianta aromatica fondamentale per dare l’amaro e l’aroma alla birra, e Pasqui fu il primo a coltivarla in Italia: in precedenza, il luppolo veniva importato dalla Germania, dall’Inghilterra o dagli Stati Uniti d’America. È una pianta che allora, come oggi, cresceva spontanea sugli argini dei fiumi dell’area forlivese. L’acume di Pasqui lo indusse, nel 1847, a coltivare una trentina di germogli di luppolo selvatico che diventarono, nel giro di dieci anni, 3.500 piante con una produzione di birra di oltre 30.000 bottiglie all’anno. Non mancarono però momenti difficili. “La sua produzione, in quegli anni – dichiara Umberto Pasqui –, fu osteggiata dai grandi marchi, diffidenti nei
confronti del luppolo selvatico e di un così piccolo birrificio. Ma gli studi effettuati dalle università del tempo dimostrarono che il luppolo coltivato alla Pasqui aveva proprietà idonee alla fabbricazione di buona birra. Birra che fu apprezzata anche all’estero grazie all’instancabile attività del figlio Tito, rappresentante italiano alle Esposizioni Universali: le prove sono conservate tra i Fondi Antichi della Biblioteca Comunale A. Saffi di Forlì. La scommessa di Pasqui risultò quindi vincente, perché attirò molti industriali italiani che si sentirono liberi dalla dipendenza nei confronti dei Paesi stranieri. Pasqui ottenne anche numerosi premi nazionali e internazionali e si adoperò per offrire ai nuovi coltivatori le conoscenze pratiche per l’impianto di luppoli. Con la sua morte, la bella avventura finì, ma la sua passione e i suoi sogni, a distanza di oltre un secolo, sono stati ereditati dai cinque cugini: Umberto Pasqui, Valentina Farolini, Emma Cimatti, Caterina Pasqui, Francesco Pasqui, i quali hanno voluto tuffarsi nella bella avventura di rimettere in moto la Premiata Fabbrica di Birra Gaetano Pasqui – Forlì. “Le birre che intendiamo produrre – sottolinea Umberto Pasqui –, avranno caratteristiche ben chiare, come un rigoroso rispetto dell’identità locale (Forlì e dintorni) con apertura verso il mondo: non esistono infatti birre artigianali italiane che abbiano una storia tanto antica e che siano ancora rette da parenti del fondatore. Poi, un attento studio sulle ricette, con ingredienti non comuni, antichi, talora rivisitati in chiave contemporanea, e una decisa italianità. Non troverete termini stranieri, Gaetano non li avrebbe sopportati: ha combattuto una vita con i grandi marchi per dimostrare che la birra non è esclusiva di altre latitudini, anzi, è italianissima, fin dagli Etruschi”. Decisi e creativi, i cinque parenti dell’Uomo della birra affrontano la sfida con la stessa passione che aveva segnato Gaetano Pasqui. IN MAGAZINE
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DIPINGERE
Capolavori
D'AMORE CARLO COLA CI PORTA ALL’ENAIP DI CESENA PER SCOPRIRE UN PICCOLO MIRACOLO CHIAMATO LE CASINE. UNA FINESTRA APERTA SU UN MONDO CAPACE DI STUPIRE CHI SA SUPERARE IL PREGIUDIZIO. Testo e foto di Andrea Bonavita
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Istintivo, passionale, luminoso. Carlo Cola è un artista vitale che esprime la sua arte nella pittura e nel suo esistere nel momento, senza premeditazioni o sterili calcoli. Passare una giornata con lui ti cambia la prospettiva, e forse anche di più. Entrando nella sua casa-studio, nel centro storico di Forlimpopoli, si viene avvolti da un’atmosfera fuori dallo spazio e dal tempo, creata dalle fantasiose forme e dai colori accesi delle pareti e delle miriadi di oggetti presenti in ogni angolo. Comodamente seduti davanti al camino, con una tazza di caffè in mano, iniziamo a chiacchierare. “Dipingo fin da ragazzo – dice Carlo – la pittura l’ho sempre percepita come una forma espressiva personale e intima. Non è un lavoro, è un mio modo di essere. Ho utilizzato varie tecniche, dai pastelli ai colori a olio ma sono sempre state scelte dettate dalla casualità. Do poca importanza ai formalismi e agli stili, preferisco lasciarmi trasportare dalla mia immaginazione e lasciar fluire nel pennello, senza troppi ragionamenti, quello che mi viene da dentro. Così, paradossalmente, riesco a creare uno stile mio, personale e unico”. È questo essere un’artista fuori dagli schemi che ha portato Cola a ideare un particolarissimo laboratorio nel Centro di formazione lavoro dell’Enaip di Cesena, dedicato a persone con disabilità. Ed è lì che la mia giornata con Carlo continua. Appena arrivati, la caratteristica che colpisce subito è la grande vetrata che permette alle perso-
ATTRAVERSO LA FINESTRA SI VEDONO RAGAZZI E RAGAZZE A LAVORO CHE TI INVITANO AD ENTRARE. UNA VOLTA DENTRO, LA PRIMA COSA CHE SI RICEVE È IL CONTATTO UMANO, DATO CON IL METODO PIÙ SEMPLICE, EFFICACE E DETONANTE: L’ABBRACCIO.
ne dall’esterno di vedere ragazzi e ragazze al lavoro ma anche di entrare, conoscerli e passare un po’ di tempo con loro. E una volta dentro, la prima cosa che si riceve è il contatto umano, dato con il metodo più semplice, efficace e detonante: l’abbraccio, quello sincero, candido e potente. I ragazzi infatti non lesinano un caloroso affetto che dimostrano con grandi sorrisi, strette di mano e voglia di mostrare le loro meravigliose creazioni. Ognuna delle opere realizzate è un pezzo unico che trasuda originalità ed espressione artistica.
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“Io non insegno loro a dipingere in questo o in quel modo – spiega Cola – al contrario li sprono a essere se stessi e portare avanti le loro peculiarità e inclinazioni. C’è chi adora fare piccoli puntini colorati con la punta del pennello e quindi realizza splendide cornici zeppe di migliaia di puntini colorati. C’è chi preferisce disegnare quadrati, e allora nascono grandi specchiere con motivi a quadri. C’è chi taglia il legno, chi decora la ceramica, chi taglia la carta e così via”. Nel corso degli anni, circa trenta, sono nati tanti progetti, ma uno fra tutti è rimasto e cresciuto nel
IN APERTURA, CARLO COLA NEL LABORATORIO DELL’ENAIP DI CESENA. QUI SOTTO, E NELLE PAGINE SUCCESSIVE, GLI ALLIEVI E LE OPERE REALIZZATE NEL LABORATORIO.
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? e n i c i ll o b i d o cc i r
Bolé celebra il suo primo Natale con una Christmas Edition tutta da scoprire. Quest’anno riempi di energia le festività e regala le irresistibili bollicine romagnole. Per un brindisi scintillante a nuovi orizzonti! Vai sul sito alla sezione “Trova Bolé” e cerca il ristorante, l’enoteca o lo shop più vicino a te. BOLEWINE.COM TAGGA IL TUO MOMENTO BOLÉ:
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“IO NON INSEGNO LORO A DIPINGERE, AL CONTRARIO – DICE COLA – LI SPRONO A ESSERE SE STESSI, A PORTARE AVANTI LE LORO PECULIARITÀ E INCLINAZIONI. CON LE CASINE ABBIAMO RESO L’ERRORE UNA NUOVA FORMA ESPRESSIVA, INESPLORATA E ORIGINALE”.
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tempo, Le Casine. Le Casine sono lampade in legno a forma di piccola casa, appunto, realizzate dai ragazzi del centro, secondo il loro gusto personale. Ognuno mette il proprio contributo in un concerto di arte, amore e condivisione, ingredienti che danno vita a oggetti unici, densi di significato. Porte e finestre asimmetriche e sghembe, tetti improbabili e muri storti sono il telaio sul quale vengono dipinti
fiori, spirali e svariate altre forme colorate che andranno a creare un vero e proprio capolavoro, imperfetto e bellissimo. “Non abbiamo paura dell’errore, qui viene inteso anzi come possibilità creativa. Dall’errore infatti spesso nasce una nuova forma espressiva inesplorata e originale. La richiesta per Le Casine è alta ma noi non siamo un’azienda, il nostro scopo è sociale e di condivisione di passioni e valori umani per cui la produzione è limitata
alla voglia di fare dei ragazzi. Ci sono infatti giornate in cui lavorano a testa bassa e giornate in cui si canta e si ride. Non c’è problema, è proprio lo scopo del centro, far sentire questi ragazzi a proprio agio e mostrare a chi sta fuori che sono in grado di realizzare cose meravigliose e fuori dagli schemi e dai preconcetti del mondo. Chi ci viene a trovare, poi ritorna. Con Le Casine si è inaugurata un’altra strada, una corsia prefe-
renziale. Non c’è più bisogno di spiegare troppo, finalmente ognuno, guardando attraverso il vetro, può mettere alla prova se stesso, la sua voglia di conoscere. La maggior parte di questi luoghi è chiusa o fuori città. Perché evitiamo il contatto? Forse perché tutti abbiamo paura di cambiare il nostro sguardo. Se le cose le vivi, non hai bisogno di costruirci sopra troppe teorie”.
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L’arte
DELL'INSOLITO IN CORSO GARIBALDI È APPENA ARRIVATA MARMO, LIBRERIA INDIPENDENTE DOVE L’ARTE CONTEMPORANEA DIVENTA UN’ESPERIENZA DA VIVERE.
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di Roberta Invidia / ph Giorgio Sabatini
Un luogo insolito in un angolo insolito di Forlì, dove protagonista è l’arte contemporanea in tutte le sue forme. Si chiama Marmo ed è la prima libreria indipendente di arte contemporanea di Forlì, l’unica nel suo genere in tutta la Romagna. Nelle salette, affacciate su corso Garibaldi, si possono trovare edizioni particolari sull’arte a 360 gradi (fotografia, architettura, design, pittura, street art) ma si possono vedere anche esposizioni e performance teatrali. Ad aprire questo piccolo scrigno di bellezza è Elena Dolcini, forlivese, 36 anni, che dell’arte ha fatto la sua professione. Dopo la laurea in filosofia estetica alla Sapienza di Roma, ha frequentato un master in Teoria dell’arte contemporanea a Edimburgo per poi fare esperienza nella gestione di gallerie d’arte commerciali come Hollybush Gardens a Londra. Qualche anno fa, ha deciso di tornare a Forlì e dopo aver contribuito all’avvio della Galleria d’arte Marcolini, come braccio destro del direttore, ha deciso di dar vita a Marmo: non solo una libreria, ma un’esperienza d’arte e un luogo di incontro e confronto tra artisti e appassionati.
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“In questa libreria c’è tutto il mio mondo e la mia esperienza – dice Elena, che è anche presidente dell’associazione Dif-fù-sa Contemporanea che si occupa proprio di fare cultura del Contemporaneo in città –. Ho scelto il nome Marmo perché è un nome semplice e immediato ma anche perché richiama uno dei simboli più tangibili dell’architettura forlivese, come quella razionalista, o di opere come l’Ebe del Canova e le sculture di Wildt conservate a palazzo Romagnoli. Certamente, la scelta di aprire in corso Garibaldi, tra piazza Melozzo e porta Schiavonia, in un punto senza troppe attrattive, è stata coraggiosa ma i clienti della libreria sono estimatori di un settore di nicchia e molti vengono anche da fuori. Da Faenza o da Ravenna, ad esempio. Il mio obiettivo è quello di organizzare eventi e iniziative per coinvolgere un pubblico più ampio che potrà magari appassionarsi all’arte conoscendola meglio, a partire dai bambini per i quali organizziamo letture d’arte anche in lingua inglese”. Ad accompagnare l’avvio di Marmo, è una personale di Patrizia Giambi, artista insolita e polie-
NELLA FOTO, ELENA DOLCINI, NELLA VETRINA DELLA SUA LIBRERIA.
MARMO NON È SOLO UNA LIBRERIA, MA UN’ESPERIENZA D’ARTE E UN LUOGO DI INCONTRO E CONFRONTO TRA ARTISTI E APPASSIONATI. I CLIENTI DELLA LIBRERIA SONO ESTIMATORI DI UN SETTORE DI NICCHIA E MOLTI VENGONO ANCHE DA FUORI.
drica le cui opere saranno visibili fino al 7 gennaio. Sono già previste anche collaborazioni con il Museo Zauli di Faenza e una serie di dialoghi tra filosofi, scultori e ceramisti. L’inaugurazione della libreria invece ha visto una performance teatrale che ha animato la vetrina che si affaccia sul corso. Ma tutto all’interno della libreria è un richiamo all’arte pensato per incuriosire. “Ho scelto di non saturare lo spazio con i libri destinati alla vendita e di lasciare spazio agli artisti e alle loro opere, così anche il libro diventa esso stesso un oggetto d’arte attraverso un allestimento che valorizza i volumi e li mette in risalto”. E si tratta sempre di li-
bri particolari di case editrici che non si trovano facilmente. Il libro che è già best seller? “Per Strada” del cesenate Guido Guidi, uno dei maggiori fotografi italiani contemporanei, che raccoglie una serie di immagini scattate lungo la via Emilia. Le case editrici che si possono trovare sono spesso piccole ma con un respiro internazionale come Osservatorio Fotografico di Ravenna e Bruno editore ma anche Orecchio Acerbo per l’illustrazione. Troviamo anche editori stranieri come Dent-de-Leone co-fondata dal designer Martino Gamper e Zooo Print and Press con un focus particolare sulla street art. IN MAGAZINE
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COLLEZIONARE
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DA MUSICA FRANCO SEVERI È L’AUTORE DI UNA STRAORDINARIA RACCOLTA DI STRUMENTI MECCANICI CHE DANNO VITA AL MUSEO MUSICALIA DI VILLA SILVIA-CARDUCCI A CESENA.
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di Dolores Carnemolla / ph Gianmaria Zanotti
Secoli di musica in sette stanze. Succede a Musicalia, il Museo Nazionale di Musica Meccanica, ospitato a Lizzano di Cesena, tra gli splendidi ambienti settecenteschi di Villa Silvia-Carducci. Percorrere le sale del museo, significa fare un viaggio attraverso i primi strumenti per riprodurre la musica, dai carillon alle impressionanti macchine da fiera in grado di suonare come un’intera orchestra, ai progenitori dei juke-boxe a gettone. Il viaggio inizia in una tenda militare di fine Quattrocento, in questo ambiente è conservato il Tamburo da guerra di Leonardo, riproduzione di una macchina progettata da Leonardo da Vinci per sostituire i tamburini che davano il ritmo a tutto l’esercito, uno dei primi esempi degli ingranaggi, a cilindri dentati e martelletti, che danno vita al suono. Si prosegue entrando in un salottino aristocratico di metà Ottocento, dove sono esposti strumenti pensati per stupire gli ospiti di un tempo, come l’autopiano, un pianoforte che suona da solo leggendo un cartone forato e con il solo utilizzo di pedali. E ancora i cosiddetti automi: scimmiette in miniatura vestite come l’alta
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borghesia dell’epoca in grado di suonare, muoversi o fumare come gli esseri umani. Poco più in là, nella sala di registrazione sonora il protagonista è il fonografo: il primo strumento nella storia, inventato da Edison nel 1879, in grado di permettere la registrazione e la riproduzione di voce e musica. In esposizione ci sono vari modelli di fonografo, dal primo prototipo, il Tin-foil, fino ad arrivare al grammofono con dischi di vinile. La Sala della regina Margherita è, come intuibile, dedicata alla sovrana. Era stata fatta predisporre in onore di una visita della Regina alla contessa Silvia: in questa suggestiva sala ovale e cupola con decorazioni floreali è esposto un piano melodico funzionante a manovella, con lettura di cartoni forati, direttamente appartenuto a Sua Maestà. Tra le altre stanze, anche una sala dedicata agli organi di strada, e la riproduzione della Hall di un Grand Hotel di inizio Novecento con uno dei pezzi più importanti: il Violano Virtuoso, prodotto nel 1913 a Chicago, unico strumento in grado di suonare contemporaneamente un pianoforte e un violino a quattro corde.
Ma chi è la figura di riferimento di un museo così particolare? L’appassionato collezionista Franco Severi, presidente dell’Associazione Italiana Musica Meccanica che ha cominciato a raccogliere gli strumenti musicali meccanici in maniera del tutto occasionale. “Per puro caso – racconta –, nel 1990 vidi un Piano a Cilindro di costruzione italiana funzionante a moneta e utilizzato all’epoca nelle balere e osterie per il ballo. Me ne innamorai e lo acquistai”. Tutti gli strumenti raccolti nel museo sono patrimonio dello Stato italiano, secondo una clausola stabilita alla costituzione dello stesso. “Negli anni, ad aste e mercati in Europa ho acquistato numerosi strumenti – continua Severi –, costruiti in Italia e nel mondo da metà del Settecento sino agli anni Trenta del Novecento che sono stati suddivisi in quattro distinte collezioni. Le raccolte, per la loro importanza storico-culturale, sono ora patrimonio dello Stato italiano. Il valore pratico di questa clausola risiede nel fatto che gli strumenti non potranno essere venduti o trasferiti in altri Paesi, diventando così beni fruibili per le future
UN VIAGGIO NELLA STORIA DELLA MUSICA CHE PARTE DAL TAMBURO DI LEONARDO, PASSA PER GLI AUTOMI E ARRIVA ALLE PRIME SALE DI REGISTRAZIONE DOVE PROTAGONISTA ERA IL FONOGRAFO DI EDISON. TUTTO QUESTO È MUSICALIA, IL MUSEO DI MUSICA MECCANICA.
IN QUESTE PAGINE, FRANCO SEVERI E ALCUNI PEZZI DELLA SUA RACCOLTA DI STRUMENTI MECCANICI.
generazioni. Il valore etico viene invece sottolineato dalla donazione degli strumenti, avvenuta nel 2014, alla Fondazione Franco Severi Onlus. Gli strumenti non dovranno essere mai trasferiti dalla mia città, legandoli spiritualmente al territorio”. Franco Severi è particolarmente legato al Piano Melodico appartenuto alla Regina Margherita di Savoia. Ma nella collezione non sono presenti solo strumenti musicali, ci sono anche libri dedicati alla musica. Tra i volumi di pregio c’è un libro dedicato agli automi, stampato negli anni Venti e acquistato
dallo stesso Severi a un’asta da Christie’s a Londra. Il museo racchiude la storia ma ha anche un rapporto diretto col presente: vi vengono organizzati percorsi didattici per bambini, incontri formativi. “Abbiamo l’obiettivo di portare avanti un costante rapporto diretto con tutto ciò che rappresenta il presente e il futuro. In particolar modo scolaresche e famiglie, le persone e il territorio rispondono bene mostrando interesse e partecipando agli eventi organizzati. Mi piace ricordare ad esempio la Giornata dei Piccoli Musei o quella dedicata alle famiglie”.
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VOCALIZZARE
Il giusto
BEAT
IL CESENATE GIUSEPPE CUNA, IN ARTE AZEL, È UN CAMPIONE DI BEATBOX, DISCIPLINA CHE CONSISTE NEL RIPRODURRE SUONI DELLA BATTERIA FACENDO USO DI BOCCA, GOLA E RESPIRAZIONE.
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di Giulia Farneti / ph Gianmaria Zanotti
Basi musicali fatte con la voce o più letteralmente scatole umane che battono: oramai ovunque si parla di Beatbox, ovvero un genere che sta coinvolgendo sempre più giovani sui canali di YouTube e che dà vita a vere e proprie competizioni che durano anche ore. Si tratta di ragazzi che riproducono con la laringe, la lingua e le corde vocali i rumori della batteria esibendosi in performance. Tra coloro che si sono fatti notare nel mondo c’è anche Giuseppe Cuna di Cesena, in arte Azel; frequenta l’Itis Pascal, ama l’inglese, la musica e l’informatica. A differenza di molti suoi coetanei riesce a riprodurre particolari suoni con la bocca. Recentemente ha partecipato all’evento TedX 2018 Equilibrium alla Fiera di Cesena raccontando al pubblico la sua particolarissima esperienza. Sei campione nazionale di Human Beatbox. Che effetto fa? “È un qualcosa che inizialmente ti fa sentire superiore e il più bravo in assoluto. Man mano che passa il tempo, ti accorgi che non esiste né il più bravo e né il più incompetente, molto semplicemente ti senti a tuo agio nel farlo e dimostri competenza e abilità attraverso il titolo”.
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Hai vinto altri premi oltre a questo? “Sì, sono campione a livello mondiale (online) 2016, campione regionale Emilia-Romagna e Toscana 2017 e ho partecipato a diversi incontri in Italia organizzati dall’Italian Beatbox Family dove sono arrivato terzo all’HomePage Festival 2017 a Trieste, primo al Bababoom Festival 2017 di Fermo e primo al Restart Battle 2017 di Imola”. Com’è iniziata questa passione? “Con un video su YouTube di uno Human Beatboxer di nome Rahzel, dal quale deriva il mio nome d’arte; appena lo vidi iniziò a suscitarmi una sfrenata voglia di ricopiare gli stessi suoni da lui emessi. Quando capii di cosa davvero si trattasse, fin da subito decisi che dovevo interpretare con la mia bocca la musica in sé”. Cosa ti ha attirato di questo particolare gioco? “La Human Beatbox consiste anche nel riprodurre percussioni corporee, ma io riproduco musica per lo più con labbra, lingua, denti, respirazione e gola”. Immagino ci sia un certo allenamento per riuscire in tutto questo...
“Sì, mi alleno dalle tre alle cinque ore al giorno, di pomeriggio-sera. I metodi di allenamento sono innumerevoli, non esistono scuole, è un fai da te personale dato che è un qualcosa che devi sentire in maniera naturale”. In cosa consiste questo allenamento? “Consiste nell’indossare un paio di cuffie, un registratore che permette di riascoltarti o una fonte audio/video, come un banale iPhone, che ti permetta di gestire della musica da ascoltare e riprodurre e infine un paio di bottiglie
d’acqua da 1,5 litri l’una”. La tua famiglia come ha reagito a questa tua passione? “In maniera positiva incentivandomi a continuare, adesso un po’ di meno dato che da passione è diventata ossessione, talvolta fino a fonte di fastidio; però sono comunque motivato da tantissimi e sono davvero felice di ciò”. Frequenti l’Itis Pascal, come vedi il tuo futuro? “Lo prevedo come un bivio formato da università – ingegneria informatica – e un lavoro appena guadagnato il diploma. Credo che
la strada più ovvia che intraprenderò sarà la seconda, dato che questa mi permetterà di avere un po’ più tempo e soldi necessari per poter continuare a fare quello che sto facendo. Penso che sia fattibile considerando che, non appena si consegue il diploma in questo istituto, l’80% trova lavoro in un settore relativo all’informatica”. Continuerai nello Human Beatbox? “Non smetterò mai di praticare questa disciplina, è una promessa che in primis rivolgo a me stesso e infine a tutti gli altri”.
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RISTORANTE ANNA TAGLIATELLE, UN RITO E UNA TRADIZIONE
IL RISTORANTE ANNA HA OTTENUTO IL RICONOSCIMENTO DI MIGLIOR RISTORANTE GRAZIE ALLE STORICHE TAGLIATELLE FATTE IN CASA DI VERDIANA. UNA SFOGLIA CHE LE È VALSA IL PREMIO ALLA CARRIERA.
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Bisogna viverle per raccontarle. Le tagliatelle fatte a mano dalla signora Verdiana del Ristorante Anna. Un rito quotidiano che si compie ogni giorno da cinquant’anni: “Ho imparato a farle da mia madre, Anna – racconta Verdiana –. È passato mezzo secolo da allora e non ricordo che sia passato un giorno senza aver tirato la sfoglia. Una sfoglia che vive, che sente tutto: il vento, il freddo, l’umido, il caldo e che per questo va protetta, per farla asciugare bene, né troppo né poco…”. Protetta, avete letto bene, dalle correnti d’aria, da un calore eccessivo o da temperature troppo basse che rischierebbero di compromettere il risultato finale. Che, a quanto pare, da Anna è sempre perfetto e che è valso a Verdiana il Premio alla carriera. Il locale ha anche ottenuto l’ambito ri-
conoscimento di Miglior Ristorante al Premio Internazionale Rimini – Europa, proprio grazie alle tagliatelle fatte in casa e al loro essere al centro della tradizione. Al Ristorante Anna si possono mangiare le classiche tagliatelle romagnole condite con ragù preparato con una cottura di tre o quattro ore, quelle con asparagi e salsiccia, con gli stridoli, con tartufo, la variante più sottile con prosciutto e piselli e anche la variante particolare impastate con farina di farro. In questa stagione il piatto forte sono le tagliatelle con il prosciutto, realizzate secondo la storica ricetta, numero 69, di Pellegrino Artusi: “Tagliate a piccoli dadi una fetta grossa di prosciutto grasso e magro: tritate bene sedano e carota in tal quantità che ambedue facciano il volume del prosciutto all’incirca. Po-
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“HO IMPARATO A FARE LE TAGLIATELLE DA MIA MADRE, ANNA – RACCONTA VERDIANA –. È PASSATO MEZZO SECOLO DA ALLORA E NON RICORDO CHE SIA PASSATO UN GIORNO SENZA AVER TIRATO LA SFOGLIA”. L’EREDITÀ DI VERDIANA CASADEI È STATA RACCOLTA DALLA NIPOTE MIRKA, A CUI LA NONNA HA INSEGNATO A TIRARE LA SFOGLIA.
nete al fuoco queste tre cose insieme, con un pezzo di burro proporzionato al condimento delle tagliatelle”. Ogni singolo ingrediente ha la sua importanza, ogni piatto ha la sua storia e viene realizzato per esaltarne al meglio ogni componente, in una danza armonica di sapori e odori. “Anche se la ricetta dell’Artusi l’abbiamo lievemente modificata, un pochino alleggerita – ci racconta Verdiana –, perché a quei tempi i condimenti erano più corposi rispetto al consumo di oggi”. E arriviamo appunto ai nostri giorni: l’eredità di Verdiana Casadei è stata raccolta dalla nipote Mirka che ha 29 anni, a cui la nonna ha insegnato a tirare la sfoglia. Tra passato e presente una tradizione che vive e arriva in tavola, genuina e generosa.
NELLA PAGINA ACCANTO, UN PIATTO DI TAGLIATELLE AL RAGÙ. IN ALTO, LA NIPOTE DI VERDIANA, MIRKA, NELLA CUCINA DEL RISTORANTE. SOTTO, UN PIATTO DI TAGLIATELLE CONDITE CON PROCIUTTO E PISELLI.
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IL FORO DI LIVIO
Musica
IN RIGA IL PENTAGRAMMA? NACQUE A FORLÌ DALL’INGEGNO DI UGOLINO, FORLIVESE O URBEVETARO, GRANDE COMPOSITORE E TEOLOGO MUSICALE TRA IL XIV E IL XV SECOLO.
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di Umberto Pasqui
La musica ha compiuto un passo decisivo verso la modernità proprio a Forlì. Che cosa accadde? Un prete che per anni lo si poteva vedere tra le navate del Duomo intuì l’importanza di scrivere la musica entro cinque linee parallele. Quest’uomo divenne celeberrimo proprio perché inventor delle note sopra gli articoli delle mani. Nel 1950, la Commissione Toponomastica gli dedicò una strada: via Ugolino da Forlì. In realtà il nome fu azzardato, in quanto quel da Forlì non è sempre univoco. Chi fu quindi questo personaggio, misterioso perfino nel
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nome? Per i più è chiamato Ugolino Urbevetaro o da Orvieto; il di lui padre, Francesco, era nato nella cittadina umbra. Se si è avvezzi a Wikipedia, si riscontrerà che la sua voce italiana è: Ugolino da Orvieto, mentre quella inglese è Ugolino of Forlì. Flavio Biondo, sommo umanista forlivese, assicura che Ugolino è di Forlì. Dalle fonti, non a caso, è indicato essere qui nato attorno al 1380 mentre la morte lo colse a Ferrara dopo il 1457. A prova di questa tesi c’è una lettera del 1761 in cui Giacinto Sbaraglia, scrivendo a padre Martini, grande maestro di musica bolognese, sostiene che Ugolino si chiami Urbevetaro di cognome, che vorrebbe dire di Orvieto, aggiungendo che la sua nascita avvenne all’ombra di San Mercuriale. Al di là delle chiacchiere, questo signore ha fatto qualcosa di sensazionale: inventò il pentagramma. Fino ad allora era d’uso il tetragramma, risalente all’anno Mille per l’ingegno di Guido d’Arezzo. Il sistema delle note sopra gli articoli delle dita delle mani, invece, significa più o meno il rigo musicale che usiamo tutt’ora. La vita di Ugolino, come il nome,
è sfuggente: nel 1411 è sacerdote nella chiesa di Sant’Antonio in Ravaldino, quindi è citato tra i canonici della Cattedrale di Forlì nel 1415, poi lo ritroviamo a Firenze come prete cantore di Santa Maria del Fiore con l’amico Jacopo Masi. E poi di nuovo a Forlì. Probabilmente, il prete guelfo, si era lasciato un po’ andare sulle questioni politiche della città: nel 1442, entrato in contrasto insanabile coi signori Ordelaffi, ghibellini, lascia Forlì e se ne va a Ferrara. Là muore dopo il 1457. Nel periodo centrale della sua vita fu arcidiacono della Cattedrale del capoluogo romagnolo e si prodigò ad animare le funzioni religiose con la musica. Addirittura i suoi occhi, il 4 febbraio 1428, furono testimoni del miracolo della Madonna del Fuoco. Musicista, compositore e teorico musicale, tra il 1430 e il 1440 scrive in cinque libri il trattato Declaratio musicae disciplinae e commenta il De musica mensurata. Quindi si può dire che in Romagna il pentagramma diventa forma mettendo in pensione il tetragramma e aprendo una strada del tutto nuova alla musica, tanto che ancora si seguono le sue cinque vie.
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ABITARE
Sogno
VINTAGE L’IMPRENDITORE FORLIVESE RICCARDO LA CORTE, FONDATORE DELL’IMPERO AMERICA GRAFFITI, CI APRE LE PORTE DELLA SUA ABITAZIONE IN STILE ANNI CINQUANTA. testo e foto di Clarissa Costa
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Parliamo di sogni. C’è un film dell’89, Great Balls of Fire! – Vampate di fuoco, ispirato alla vita di Jerry Lee Lewis in cui la tredicenne Myra Gale sogna di possedere una casa rosa con una porta blu. “All I ever wanted was a little pink house with a blue door...”, dice Myra nel film ambientato nell’America degli anni Cinquanta. Ed è proprio a questa frase, a questo desiderio anche un po’ suo che Riccardo La Corte si è ispirato per il design esterno, un po’ vintage e un po’ fiabesco, della propria casa: muri rosa nella tonalità pink flamingo, porte e finestre azzurre, una pavimentazione a scacchi e un paio di fenicotteri posizionati a lato dell’ingresso, come a darti il benvenuto. Un design anni Cinquanta che per l’imprenditore forlivese non è solo uno stile e filosofia di vita, ma anche un vero e proprio marchio che è diventato case history: nel 2008 fonda, supportato dalla moglie Cinzia Daltri, l’inconfondibile America Graff iti
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ispirandosi ai diner statunitensi, trasformandolo successivamente in franchising con più di 60 ristoranti tra nord e centro Italia, un impero che lo scorso anno ha ceduto al colosso della ristorazione Cigierre. Vita e business per Riccardo La Corte vanno a braccetto e si complementano, mi è chiaro mentre chiacchieriamo seduti sulle sedie della sala da pranzo dal design estremamente famigliare… “Sono quelle dei miei locali – spiega –, ma in azzurro e non in rosso. Il tavolo da pranzo invece è un’idea mia, l’ho creato su misura in collaborazione con l’arredatore che ha curato i miei locali”. La passione per il mondo americano Rock ‘n’ Roll e delle auto d’epoca si rif lette perfettamente in ogni angolo e dettaglio della sua casa, in cui Riccardo e Cinzia si sono trasferiti circa un anno fa e sulla quale hanno effettuato un’importante ristrutturazione. “È un quartiere che conoscevo
benissimo perché abitavo in un appartamento proprio qui di fronte. Il restauro è durato circa due anni, a livello architettonico non è cambiato praticamente nulla se non la disposizione e l’uso degli spazi – racconta –. Era una casa che frequentavo già da bambino, quando i vecchi proprietari vendevano fiori, ortaggi e uova. Ricordo che l’attuale sala da pranzo era adibita a serra e il soggiorno a garage”.
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Non a caso anche il ristrutturato soggiorno richiama un design da garage, dedicato però interamente all’Harley-Davidson, dal pavimento grigio stile industriale ai colori madre nero e arancione della casa motociclistica, con tocchi di argento che richiamano la vernice del centenario. Tra le due finestre, troviamo una colonna contenitiva a forma di pompa di benzina firmata HarleyDavidson e un mobile bar creato da una cassetta porta attrezzi. Il divano arancione brillante che si allunga per tutta una parete è il punto focale e pezzo forte della sala. “L’ho fatto fare su misura, cercando il colore giusto per abbinarlo al contesto e anche per dare spazio ai nostri cani, tre jack russel, con i quali condividiamo la casa”. In un angolo, un po’ timido, scopriamo un pianoforte che – specifica – viene usato quasi esclusivamente dagli ospiti e amici musicisti che si esibiscono nei suoi locali. “Poco tempo fa ho avuto come ospite l’artista Karim Dama. Viene da San Diego e mi 56
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sono compiaciuto del fatto che un’americana si sia piacevolmente stupita da quello che noi, cultori esteri del mondo USA, siamo riusciti a creare qui in Italia”. Nel soggiorno troviamo diversi oggetti vintage come una collezione di statuine di Elvis iniziata circa 10-15 anni fa. “L’Elvis più particolare che ho è il carillon degli anni Settanta fatto in Giappone, può sorprendere ma nel collezionismo il Made in Japan di quegli anni è molto ricercato e prezioso. Io ne ho uno ma la serie comprende 15 pezzi, con il tempo forse la completerò!”. La cucina anni Cinquanta è invece un sogno condiviso con la moglie Cinzia, con gli elettrodomestici firmati Smeg nel classico rosa e oggettistica vintage in stile Pin-Up, dai piatti sulle mensole alle targhe sui muri. Non si tratta, sorprendentemente, di un pezzo d’epoca ma di un design da catalogo nuovo, ricreato fedelmente da un’azienda specializzata. “I nostri amici sono dei veri cultori degli anni Cinquanta. Io sono sì un amante dell’epoca, ma
IL PEZZO PIÙ PREGIATO, DISPOSTO NELL’ANGOLO DELLA CUCINA, È SICURAMENTE IL JUKE-BOX, UN AMI CONTINENTAL DEL 1960 CONTENENTE 200 DISCHI DI ROCK ‘N’ ROLL, PERFETTAMENTE FUNZIONANTE E DAL SUONO CALDO. “IL MIO PREFERITO IN ASSOLUTO”.
sono anche consapevole di vivere nel 2018 – spiega La Corte –, e amo la comodità della tecnologia moderna”. Il pezzo più pregiato, disposto nell’angolo della cucina, è sicuramente il jukebox, un Ami Continental del 1960 contenente 200 dischi di Rock ‘n’ Roll, perfettamente funzionante. “Il mio preferito in assoluto – mi racconta mentre accarezza i tasti, seleziona la traccia e parte la musica. “Quando invitiamo ospiti ci piace ascoltare il juke-box, con il suo suono caldo che si espande in tutta la casa”.
IN QUESTE PAGINE, RICCARDO LA CORTE NELLA SUA CASA ARREDATA IN STILE ANNI CINQUANTA.
IL SOGGIORNO È TUTTO IN STILE HARLEY-DAVIDSON, DAL PAVIMENTO GRIGIO INDUSTRIALE AI COLORI NERO E ARANCIONE DELLA CASA MOTOCICLISTICA. IL DIVANO ARANCIONE BRILLANTE CHE SI ALLUNGA PER TUTTA UNA PARETE È IL PUNTO FOCALE E PEZZO FORTE DELLA SALA.
Nel piano superiore, i pavimenti in marmo delle camere e della scala sono ancora quelli originali, trattati e lucidati. Mentre si percorre la scala per raggiungere il primo piano è impossibile non notare l’altissima parete contenente la collezione di Barbie di Cinzia, che tra le altre comprende quasi tutta la collezione di Grease. Sempre dedicata a Cinzia è la stanza guardaroba in rosa, con oggetti di bigiotteria d’epoca ma anche borse e vestiti originali anni Quaranta-Cinquanta. “Il nostro è tutto modernariato e col-
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lezionismo – spiegano –. Questi oggetti hanno un valore affettivo, non un vero e proprio valore di mercato. Sono un diverso tipo di tesoro”. La passione del collezionismo di Riccardo e Cinzia si è trasformata in un mestiere grazie all’unione dell’utile con il dilettevole, e che proprio per questo li rende instancabili: “Sto lavorando su un nuovo locale a Forlimpopoli che aprirà nella seconda metà di dicembre: sarà un locale in cui faremo fritture, gelateria e una pizza innovativa di cui non
voglio ancora svelare il segreto. La gelateria uscirà con il nome Flamingo 2 [la prima gelateria Flamingo è stata aperta a Vecchiazzano lo scorso aprile, N.d.a]. Gestiamo inoltre il ristorante Old Boy a San Martino e abbiamo aperto da un paio di mesi la concessionaria di auto d’epoca Big Boss garage. Mentre a Cesena abbiamo aperto Kazuma, un negozio che tratta fumetti, giochi e prodotti giapponesi. Insomma, il nostro lavoro ci piace – conclude La Corte con un sorriso–. Se tornassi indietro lo rifarei”.
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Partita a Ferragosto del 2018, la nuova sede concessionaria SVA della Volkswagen a Forlì ha già conquistato la città, come confermato dalla presentazione del 24 novembre animata, peraltro, dal comico Andrea Vasumi. Gianmarco Gamberini, AD SVA Plus, ci ha illustrato le caratteristiche della nuova realtà in via Dragoni, lanciando anche uno sguardo sul futuro dell’automotive. Dottor Gamberini, iniziamo parlando del trasferimento della vostra sede Volkswagen a Forlì, andando a rilevare la ex sede BMW. Che cosa vi ha spinto a intraprendere questo cambiamento? “A Forlì la nostra avventura è iniziata nell’ottobre del 2015 in viale Roma, un appoggio allestito velocemente per sostituire la storica concessionaria Ricci, della quale rilevammo il
personale. Negli anni, tuttavia, ci siamo resi conto che non avere un service adiacente era un elemento molto penalizzante e quindi abbiamo deciso di spostarci in via Dragoni nel 2018, un punto di riferimento storico per i forlivesi. La sede è stata restaurata e ristrutturata con i standard Volkswagen e potremo contare su 1.000 mq dedicati al service. Avendo aperto a Ferragosto, posso dire che la partenza è stata buona ed, evidentemente, la città aspettava questo”. Quanto è importante fornire service ai clienti nell’attuale mercato? “Il service oggi è il 50% dell’attività e, probabilmente, in futuro tutte le concessionarie saranno incentrate su questo aspetto. Un buon service ti fa vendere le macchine e viceversa. Il possesso dell’auto
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“IN VOLKSWAGEN ABBIAMO VISTO UN BRAND CON INVESTIMENTI VERI E SICURI. NEL 2020 VEDREMO 4 VETTURE COMPLETAMENTE ELETTRICHE. A BREVE RITORNERÀ UNA NUOVA MOTORIZZAZIONE A METANO SU GOLF E POLO”.
NELLA PAGINA ACCANTO, L’AD GIANMARCO GAMBERINI, AL CENTRO, INSIEME AL PERSONALE DEL GRUPPO SVA. IN ALTO, GAMBERINI INSIEME AL PADRE E AL NIPOTE. SOTTO, IL SERVICE DI VIA DRAGONI A FORLÌ.
non sarà più ricorrente e, soprattutto in Volkswagen, si sta spingendo sul pagamento di metà della vettura da parte del cliente, con i primi 3 anni in garanzia e tagliandi forniti regolarmente. Il cliente avrà la facoltà di cambiare auto qualora cambino le sue esigenze, un aspetto fondamentale al giorno d’oggi”. Volkswagen, ad oggi, vi permette di distribuire 2.000 macchine tra Ravenna, Faenza e Forlì. “Sì, in Volkswagen abbiamo visto un brand con investimenti veri e sicuri. Da qui al 2025 vantano oltre 100 auto in produzione e, nel 2020, vedremo 4 vetture completamente elettriche. A breve ritornerà una nuova motorizzazione a metano su Golf e Polo che, in Romagna, è molto sentita. La famiglia dei Suv sta andando molto forte e, a breve, vedremo la T-Cross che è su telaio polo; un buon compromesso a un prezzo abbordabile con marchio Volkswagen”.
Quali sono gli obiettivi futuri della concessionaria Volkswagen sita a Forlì? “Avendo la fortuna di avere un brand alle spalle, seguiamo in buona parte le direttive della casa madre. Ad oggi la forza la fa il metano-gas e magari un po’ l’ibrido benzina-elettrico. Il full electric, per la mobilità, non lo vedo ancora molto fattibile. La grossa rivoluzione sarà la guida autonoma”.
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RALLENTARE
Vivere la
MONTAGNA LA MONTAGNA È UNA SCELTA DI VITA. LO SANNO BENE STEFANO BELACCHI, GUIDA AMBIENTALE ESCURSIONISTICA E MICOLOGO, E LORENA BENILLI, ANIMA DELL’AGRITURISMO IL PODERONE IN CAMPIGNA. di Francesca Renzi / ph Giorgio Sabatini
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Inverno, stagione del riposo: anche se oggi la nostra vita è cadenzata da impegni improrogabili e appuntamenti quotidiani, un retaggio ancestrale ci ricorda che la stagione più fredda ci invita a rallentare il ritmo, a tirare il fiato. A volte la montagna ti ammalia, ti appassiona così tanto da indurti a plasmare la tua vita sui suoi tempi. È il caso di Stefano Belacchi, Guida Ambientale Escursionistica e micologo che vive dentro i confini del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna. Originario di Ravenna, ha deciso di lasciare la città spinto dall’amore per l’alta quota e per la natura. “Prima di arrivare nella mia attuale abitazione ho vissuto in altri luoghi qui in Val Bidente – racconta –. Cercavo, però, una casa immersa nella quiete e la sistemazione attuale rispecchia le mie esigenze”. Certo, il
“PRIMA DI TRASFERIRTI SEI PIENO DI ASPETTATIVE BUCOLICHE, CHE VENGONO PUNTUALMENTE DISILLUSE! SOLO VIVENDO QUOTIDIANAMENTE IN CERTE CONDIZIONI CAPISCI QUALI SONO I LIMITI E TI ORGANIZZI DI CONSEGUENZA”, RACCONTA BELACCHI.
passaggio dalla vita di città alla vita di montagna non è subito semplice, soprattutto se la nuova sistemazione non è raggiungibile in automobile e non è servita dalla rete elettrica, come nel caso di Stefano. “Prima di trasferirti sei pieno di aspettative bucoliche, che vengono puntualmente disilluse! Solo vivendo quotidianamente in certe condizioni capisci quali sono i limiti e ti organizzi di conseguenza”. Quando è giunto nella sua nuova casa, dove si arriva solo a piedi, 64
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ha trovato un paradiso immerso non solo nel silenzio... ma anche nel buio. L’abitazione non era fornita di illuminazione così, inizialmente, la luce era disponibile solo grazie a un gruppo elettrogeno. “Sono stati due anni strani e affascinanti, certamente difficili. Da generatore e candele, mese dopo mese, sono passato a un impianto elettrico e ora tutta la casa è servita dalla luce”. Altro cambiamento traumatico è l’impossibilità di arrivare sotto casa con l’automobile. Pensiamo alla gestione della spesa e dei beni di prima necessità: è impensabile fare un grosso carico di provviste se devi necessariamente trasportarle a piedi, in un sentiero di montagna. Tutti questi disagi, poi, vengono amplificati quando scende la neve: “Anche se sappiamo che nevicherà e se mettiamo in conto tutti i possibili fastidi, la neve è sempre un grosso problema oggettivo, nel
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senso che rischi veramente che tutto si fermi, strade in primis. D’altro canto, per il mio lavoro la neve porta grandi vantaggi perché molte escursioni si tengono proprio nel periodo invernale; la Campigna imbiancata è bellissima, ma l’inverno per me resta sempre la stagione più dura. Nonostante tutto sono ancora qua e sono contento delle mie scelte. L’importante, in montagna, è sapere organizzarsi per migliorare le criticità, con la consapevolezza che un aiuto può arrivare anche dalla tecnologia, che d’altro canto è indispensabile per il mio lavoro: un paio di anni fa sarebbe stato impensabile guardare un film in streaming da casa, oggi posso permettermi questo lusso!”. Fino a una sessantina d’anni fa, nelle campagne e nell’Appennino romagnolo, dopo la semina di novembre tutto si fermava, gli uomini si dedicavano ai lavori manuali, impagliavano le sedie, realizzavano i cesti; le donne filavano e accudivano la casa. I bambini e i ragazzi andavano a scuola, anche se questo significava percorrere chilometri a piedi, magari sotto alla neve. Lo sa bene Lorenza Benilli, anima del Poderone di Campigna: nata a Castagnoli, condivide con passione le memorie della sua infanzia, quando gli inverni erano lunghi e, per chi viveva in montagna, 66
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“una nevicata poteva significare anche lunghi periodi di isolamento”. Senza dubbio erano altri tempi, di cui Lorenza rammenta un grande senso di convivialità e di comunità: l’inverno dettava le sue regole, così si cenava alle 18.00, quando faceva buio, e di tanto in tanto si organizzava una veglia con i vicini. Che festa, poi, quando si cucinava la scottiglia! “Poteva succedere una o due volte in un inverno, si sceglieva la famiglia con la cucina più grande e ci si ritrovava lì. Ognuno portava un tipo di carne, quella che aveva in casa – in tutto ne servivano 7 qualità, tra pelo e penne – e si metteva tutto a cuocere nel pentolone, fino a ottenere una sorta di umido, una zuppa a cui aggiungere il pane”. Solitamente erano gli uomini a preparare questo piatto, abbondavano di spezie per renderlo piccante e poter bere un bicchiere di vino in più. E, dopo cena, si faceva spazio per ballare: c’era sempre un suonatore di fisarmonica, e allora tutti si toglievano gli scarponi e indossavano le scarpe fini portate da casa. “Ricordo ancora quelle lunghe file di scarponi sul pavimento!”, dice Lorenza. Al Poderone, oggi, si respira lo stesso senso di condivisione: in inverno il fuoco arde sempre nel grande caminetto, davanti al quale ci si ferma a chiacchierare. Sulla
LORENZA RAMMENTA UN GRANDE SENSO DI CONVIVIALITÀ E DI COMUNITÀ: “L’INVERNO DETTAVA LE SUE REGOLE, COSÌ SI CENAVA ALLE 18.00 E DI TANTO IN TANTO SI ORGANIZZAVA UNA VEGLIA CON I VICINI. CHE FESTA, POI, QUANDO SI CUCINAVA LA SCOTTIGLIA!”
tavola non mancano mai i piatti tradizionali, “che da necessità sono diventati nostalgia: l’acquacotta, la panzanella... una volta le preparavamo perché il pane era sacro, non andava sprecato. Oggi recuperiamo i sapori dimenticati”. Le tradizioni fanno parte del bagaglio personale di Lorenza, per lei è naturale preparare e condividere: l’agriturismo è un “racconto di una scelta di vita, di usi costumi e accoglienza”. E d’inverno, quando le giornate sono corte e magari non si riesce a uscire in automobile perché la strada non è ancora pulita, Lorenza approfitta di questi ritmi lenti: “L’inverno mi concede spazi per me stessa, posso leggere e fare quello che mi piace quassù al Poderone. La mia scelta è possibile solo perché io non so cos’è la solitudine, i libri e la musica mi hanno sempre fatto compagnia”.
IN ALTO, LORENZA BENILLI DELL’AGRITURISMO IL PODERONE.
il Natale è da A L B E R I D I N ATA L E - CO NF EZ I O NI R EG A LO - D ECO R A Z IONI O G G E T T I ST I C A - LU C I D ECO R AT I V E - A R R E D O E CO M P LE M E NT I
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AGENZIA IMMOBILI CAPPELLI DA 10 ANNI INNOVAZIONE ED ENERGIE RINNOVABILI
NICOLAS CAPPELLI È IL FONDATORE DELL’AGENZIA IMMOBILI CAPPELLI, CHE HA DA 10 ANNI SEDE A FORLIMPOPOLI IN VIA EMILIA PER CESENA, 150 E, DAL 2015, A CESENA IN VIA MURA BARRIERA DI LEVANTE, 1: UNA REALTÀ PROIETTATA SULLE GRANDI OPERE.
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Professionalità, passione, qualità del servizio: questi gli elementi che da 10 anni sono i pilastri portanti dell’agenzia Immobili Cappelli, con sede a Forlimpopoli in via Emilia per Cesena, 150 e, dal 2015, a Cesena in Via Mura Barriera di Levante, 1. Due gli agenti che dirigono l’ingente e impegnativo lavoro di compravendita di immobili residenziali. L’organico è composto dal fondatore del brand, Nicolas Cappelli, presente nella sezione di Forlimpopoli, e Luisa Zamara in quella di Cesena; a essi si aggiungono collaboratori, architetti e professionisti del settore. “L’esperienza dei collaboratori – spiega Nicolas Cappelli – e la crisi di questi ultimi anni sono stati il trampolino di lancio che ha permesso l’accrescimento di competenze, studi e sviluppi del mercato, nonché il raggiungimento di importanti obiettivi. Ad oggi le nostre sedi contano
la disponibilità di centinaia di immobili su tutto il territorio di nostra competenza e sono in grado di adoperarsi per la ricerca mirata di ciò che il cliente richiede”. Tutto questo grazie anche al nuovo mercato del web e alle tecnologie più avanzate per la compravendita di immobili residenziali, commerciali, artigianali, terreni agricoli ed industriali nonché interi poderi. Oggi, infatti, l’utente può sfogliare online il portale dell’Agenzia, su cui sono caricati gli immobili proposti e individuare, di conseguenza, le opzioni più interessanti e coerenti coi propri desideri e le proprie scelte. In questo modo, Internet compie la doppia azione di favorire l’utente e al tempo stesso l’agenzia, la quale offre la possibilità di far conoscere gli immobili, il loro prezzo, la metratura, la zona e i dettagli grazie alle immagini fotografiche con l’ausilio di Tour 3D in grado di rendere
realistici gli ambienti visualizzati e dando modo al cliente di muoversi nello spazio, standosene seduto sulla poltrona di casa. L’obiettivo di Immobili Cappelli è soprattutto quello di sviluppare grandi progetti impostati sull’utilizzo di energie rinnovabili e di grande impatto ecologico. “Ciò che vogliamo evidenziare è la correttezza e la professionalità del nostro staff sia nei confronti di chi vuol vendere un immobile sia nei confronti di chi vuole acquistarlo – aggiunge Cappelli –. Occorre avere una precisa competenza sui prezzi per dare indicazioni precise sull’andamento del mercato immobiliare e su eventuali momenti critici. Il cliente cerca un agente onesto e competente ed è in questo che vogliamo contraddistinguerci”. In questi 10 anni Immobili Cappelli è stata impegnata in trattative per lo sviluppo di grandi parchi commerciali con
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“IL CLIENTE CERCA UN AGENTE ONESTO E COMPETENTE ED È IN QUESTO CHE VOGLIAMO CONTRADDISTINGUERCI: CORRETTEZZA E PROFESSIONALITÀ DEL NOSTRO STAFF. OCCORRE AVERE UNA PRECISA COMPETENZA SUI PREZZI, PER DARE INDICAZIONI SULL’ANDAMENTO DEL MERCATO IMMOBILIARE E SU EVENTUALI MOMENTI CRITICI”.
fondi italo-inglesi, in importanti impegni col mercato russo, in meeting, riunioni, sviluppo di businessplan e per consulenze a 360° per lo sviluppo di intere aree da costruire. Ormai da anni Immobili Cappelli si colloca come punto di riferimento di Imprese e Costruttori che hanno già ricominciato a investire sul mattone, con ottimi risultati nella vendita sulla carta di nuove soluzioni abitative. Gli stessi proprietari terrieri, che si affidano all’agenzia per l’impegno con cui questa segue tutto il percorso delle realtà abitative, vengono aiutati nello sviluppo e nella vendita delle aree grazie al filo diretto tra investitori e tecnici specializzati. All’Agenzia Cappelli sono stati affidati grandi progetti come Innovillage a Forlimpopoli per la realizzazione di centinaia di unità abitative ecosostenibili ed ecocompatibili o come Immagina, a Cesena, un complesso di alto design immerso nel verde e costituito da ville e appartamenti in classe A, energicamente autonome ed ecosostenibili. Il grande aiuto dei siti web permette oltre 10 milioni di visualizzazioni all’anno da parte del pubblico interessato all’acquisto di unità
abitative. “Il nostro principale obiettivo – conclude Cappelli – è porre molta cura e attenzione sulla direzione delle esigenze di ogni singolo cliente,
gestendo con discrezione e riservatezza qualsiasi trattativa e andando ad affrontare serenamente l’acquisto dell’immobile che più desidera”.
Forlimpopoli - Via Emilia per Cesena, 150 - T. 0543 745904 Cesena -Via Mura Barriera di Levante, 1 - T. 0547 481870 info@immobilicappelli.it - www.immobilicappelli.it IN MAGAZINE
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Comac s.r.l. Via E. Valzania, 57 47121 Forlì (FC) Tel. 0543 61546 Comac s.r.l. Via E. Valzania, 57 47121 Forlì (FC) Tel. 0543 61546
Via A. Ascari, 165 47521 Cesena (FC) Tel. 0547 631528 Via A. Ascari, 165 47521 Cesena (FC) Tel. 0547 631528
LEGGERE
Libri belli
E BUONI
CONSIGLI DI LETTURA TRA GUIDE PER CHI ADORA VIAGGIARE E PER CHI AMA STUPIRE IN CUCINA AMICI E PARENTI CON RICETTE DELLA TRADIZIONE ITALIANA. SENZA DIMENTICARE LA FILOSOFIA E LA MEMORIA LOCALE.
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di Giorgio Pereci
Quando l’autunno porta il freddo un buon libro può fare la differenza tra una serata monotona e una densa di novità. A tal proposito, Edizioni IN Magazine esce in libreria con due guide interessanti e belle da sfogliare. Due libri utili e da utilizzare. Il primo è Il Paese più bello e buono del mondo, una guida ai siti Unesco patrimonio mondiale dell’umanità della penisola italiana. Non tutti sanno che l’Italia è al primo posto al mondo nella classifica mondiale dei siti Unesco. L’Italia è titolare di ben 54 siti, recentissima acquisizione è la città di Ivrea, tra i quali spiccano i monumenti paleocristiani di Ravenna, la città di Ferrara e il Delta del Po, i sassi di Matera, il monte Etna e le Dolomiti. Il volume raccoglie, per tutti questi siti (a cui è stata aggiunta anche San Marino), le schede illustrative, individuando per ciascun luogo e monumento le motivazioni di visita, un inquadramento storico-artistico e un suggerimento di percorso turistico. La guida, ricca di un apparato iconografico d’eccellenza, nasce sia come volume di consultazione, sia come riferimento per chi intenda visitare realmente i luo-
ghi recensiti. Non poteva mancare quindi uno spazio dedicato ai prodotti e ai piatti tipici di ciascuna località. L’autore della guida è Pierluigi Moressa, autore di saggi in tema di arte, storia, letteratura, che per Edizioni IN Magazine ha già
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NUMEROSE DONNE IMPARARONO A CUCINARE GRAZIE AI SUOI SUGGERIMENTI. IL LIBRO RACCOGLIE MOLTE DI QUESTE RICETTE, DAI PRIMI PIATTI ALLE PIETANZE DI CARNE, PESCE E VERDURA, PER CONCLUDERE CON DOLCI, MARMELLATE E LIQUORI.
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curato i volumi Miti e misteri di Romagna (2015) e Una terra da scoprire. 52 luoghi di Romagna (2016). Gli approfondimenti del settore enologico sono a cura di Flavio Barge Sintoni, mentre le schede dei piatti tipici sono state curate da Mariavittoria Andrini, giornalista e scrittrice, già curatrice per Edizioni IN Magazine della riedizione di L’arte di utilizzare gli avanzi della mensa di Olindo Guerrini (2012), del primo e secondo volume di Le ricette di famiglia (2014-15), di Ricordi Autobiografici di Olindo Guerrini (2016). Mariavittoria Andrini è anche la curatrice del secondo libro pubblicato da Edizioni IN Magazine, Ricette di Petronilla, un classico di inizio secolo che viene riproposto in una veste grafica che ricorda da vicino l’edizione del 1938. Amalia Moretti Foggia della Rovere, medico pediatra, tenne sotto diversi pseudonimi, a partire dal 1927, alcune rubriche sulla Domenica del Corriere e Il Corriere dei Piccoli. Fu il dottor Amal, esperto di piante e medicamenti, ma soprattutto Petronilla, donna di casa il cui motto era “mangiar bene con poco”. Numerose donne impararono a cucinare grazie ai suoi suggeri-
Un arcobaleno per OLINDO GUERRINI Prendendo spunto dal libro Olindo Guerrini. Ricordi autobiografici da lei curato e pubblicato nel 2016 da Edizioni IN Magazine, Mariavittoria Andrini (nella foto) ha realizzato uno spettacolo che si terrà il 7 febbraio alle h. 18.00 presso il ridotto del teatro Diego Fabbri di Forlì, tra gli eventi proposti da Accademia Perduta – Romagna Teatri. Si intitola Olindo Guerrini: ho un arcobaleno in testa e vede la partecipazione degli attori Fiorella Buffa e Fabio Bussotti con il giornalista Pietro Caruso. Una lettura teatrale dove il poeta romagnolo Olindo Guerrini – che seppe animare con spirito goliardico la vita culturale emiliano-romagnola e italiana di fine Ottocento tra polemiche anticlericali e beffe letterarie che ancora oggi conservano inalterato il loro vigore – si racconta e incontra, fra realtà e finzione, Pellegrino Artusi, Lorenzo Stecchetti, Argia Sbolenfi e gli altri sé.
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menti. Il libro raccoglie molte di queste ricette, che coprono ogni occasione, dai primi piatti alle pietanze di carne, pesce e verdura, per concludere con dolci, marmellate e liquori. Una lettura leggera e interessante che ci consente di portare lo sguardo, oltre che sulla tecnica culinaria, anche sulla società borghese di inizio secolo, con i propri rituali, le tipiche relazioni familiari caratterizzate da distinzioni di ruoli precisi e invalicabili, un sottile umorismo all’inglese. Un salto nella storia, raccontata dal cuore pulsante di ogni famiglia italiana: la cucina. Altre pubblicazioni, in questo scorcio di fine anno, possono essere interessanti e divertenti da leggere o utilizzare. Partiamo dall’Agenda Filosofica per Spiriti Liberi 2019, sempre di Edizioni IN Magazine, dedicata a Friedrich W. Nietzsche. Si tratta di un progetto editoriale nato all’interno dell’Associazione Agenda Filosofica, con un obiettivo preciso: l’associazione ritiene infatti – e citiamo direttamente dall’introduzione – che “la filosofia sia tra le urgenze che vanno praticate oggi, quasi una necessità improrogabile, perché essa insegna e allena a pensare e, per questo, rappresenta l’antidoto al veleno delle certezze fallaci e dei dogmi inadeguati permettendoci di avanzare alla ricerca di nuovi futuri.” L’agenda è un primo passo: ogni settimana presenta un aforisma tratto dalle opere di Nietzsche, probabilmente uno dei pensatori più citati e meno conosciuti della modernità, i cui testi sono forse i più folgoranti e memorabili della storia della filo-
sofia, fin dai titoli: Umano troppo umano, Al di là del bene e del male, Ecce homo, La nascita della tragedia, Così parlò Zarathustra. È una sorta di pausa caffè filosofica che serva alla nostra mente per distogliersi dai fantasmi della routine e che ci possa aiutare a meglio vivere grazie a qualche pillola di saggezza in più. Curatori dell’agenda – a cui si affianca il Taccuino Filosofico, un quaderno dove appuntare, o disegnare, i propri pensieri – sono Alberto Donati e Costantino Rossi, cofondatori dell’associazione. Segnaliamo infine il libro del giornalista Salvatore Giannella – che ha diretto giornali come Genius, L’Europeo, Airone – autore di In viaggio con i maestri (Minerva Edizioni) un libro che raccoglie il resoconto dell’incontro con 80 personaggi che hanno segnato la nostra epoca, frutto degli ultimi cinque anni di interviste. Un racconto delle esperienze di donne e uomini eccezionali, mai banali, che hanno illuminato il nostro Paese. Gabriele Zelli e Marco Viroli sono autori del terzo volume di Fatti e misfatti a Forlì e in Romagna (Il Ponte Vecchio) che nasce per chiudere una trilogia che raccoglie “cronache dimenticate, personaggi singolari, artisti ed avventurieri, cittadini di intemerata onestà e malfattori di impunita grandezza, e persino streghe scampate al rogo: una corsa attraverso secoli e territori diversi, ove passano Caterina Sforza e Lucrezia d’Este, la Segavecchia e l’acquedotto di Traiano, l’Uomo che cadde sulla terra e il sogno dell’Isola delle Rose”.
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BENEDETTA DOPO 45 ANNI IL PROCESSO DI CANONIZZAZIONE DELLA DOVADOLESE BENEDETTA BIANCHI PORRO, VENERABILE SERVA DI DIO, È A UNA SVOLTA: LA CERIMONIA DI BEATIFICAZIONE SARÀ NEL 2019.
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di Beatrice Loddo / ph Amici di Benedetta
Con autorizzazione del Santo Padre Francesco, la Congregazione delle Cause dei Santi ha promulgato il decreto contenente, fra gli altri, anche il miracolo attribuito alla Venerabile Serva di Dio
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Benedetta Bianchi Porro, laica. La notizia ha rallegrato la comunità e i devoti di Benedetta, in Italia e nel Mondo: l’iter della diocesi per la sua canonizzazione era iniziato ufficialmente l’8 dicembre del 1973, e aveva avuto un punto di svolta nel 1993, quando era stata riconosciuta Venerabile. Nel 2013 si aprì il processo sull’autenticità del miracolo: nel 1986, la madre di un giovane di Genova, rimasto ferito gravemente in seguito a un incidente stradale, chiese agli amici di pregare Benedetta, e il ragazzo guarì. I sette medici coinvolti nello studio dei referti si sono pronunciati sulla vicenda, definendola inspiegabile dal punto di vista scientifico. Dunque, dopo la notizia giunta dall’Ufficio Stampa della Santa Sede, Benedetta Bianchi Porro può essere considerata beata. È solo questione di attendere il giorno ufficiale della beatificazione, previsto per settembre 2019 nella Cattedrale di Forlì. Benedetta, nata a Dovadola l’8 agosto del 1936, si ammalò ad appena due mesi di poliomielite – malattia altamente infettiva, per la quale solo nel 1950 fu realizzato il vaccino, che non è
stata ancora debellata – e a soli 20 anni, studentessa di medicina, si diagnosticò lei stessa la neurofibromatosi, o morbo di Recklinghausen, che lentamente la privò dell’udito, poi della vista, dell’olfatto e del tatto. Una sofferenza durata per lunghi anni, che condusse Benedetta alla morte il 23 gennaio 1964, ad appena 28 anni: le sue spoglie terrene giacciono dal 1969 nella Badia di Dovadola. Una vicenda che colpisce, prima, per la crudele sorte di questa ragazza giovane, bella, intelligente; poi, per l’assoluta serenità e la disarmante fede in Dio, nonostante la disgrazia. Se non fosse stato per Dio, avrebbe subito mollato tutto, scrisse. Non riuscì a diventare medico – fu allontanata a causa della sua malattia – né a realizzare nessuno dei suoi sogni, e arrivò a poter comunicare con il mondo solo attraverso la mano destra, che miracolosamente aveva conservato una sensibilità: adoperava l’alfabeto muto per comunicare. Eppure nelle molte lettere che ha lasciato, esprimeva pace e conforto: parole serene che rimettono tutto in prospettiva, trasfigurando il dolore nella grande luce dell’Amore.
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