Ravenna IN Magazine 02 2018

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Tariffa R.O.C.: Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB - FILIALE DI FORLÌ - Contiene i. p. - Reg. al Tribunale di Forlì il 16/01/2002 n. 1 - EURO 3,00

R AV EN N A N° 2 MAGGIO/GIUGNO 2018

BUCCI

Maurizio

IMPRENDITORE VISIONARIO

LUNELLA DOLCINI / Fra antico e moderno MEZZANO / Il borgo e la sua storia FEDERICO CARICASULO / Guerriero della Supersport


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EDITORIALE

SOMMARIO

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Fil rouge di questa uscita è la passione, l’energia che muove le persone verso la loro realizzazione: a partire da Maurizio Bucci e dalla sua attività di imprenditore, a cui dedichiamo la copertina. Franco Masotti, direttore artistico del Ravenna Festival, ci svela i segreti dell’evento Le 100 Chitarre Elettriche. Parliamo poi con Lunella Dolcini dell’amore per l’interior design. Facciamo un tuffo nella storia e nei suoi personaggi con gli autori del libro Quando a pallone si giocava col bracciale e con l’articolo dedicato al borgo di Mezzano. Abbiamo poi incontrato il giovanissimo Federico Caricasulo, guerriero della Supersport, e Andrea Leggieri, ideatore dell’Eroica in moto. L’arte, infine, è al centro della vita di Alvaro Notari, Manuela Vallicelli e Vanni Spazzoli. Buona lettura!

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ANNOTARE

Brevi IN

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ESSERE

Maurizio Bucci

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SUONARE

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Franco Masotti

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ARREDARE

Lunella Dolcini

Andrea Masotti

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GIOCARE

Il pallone col bracciale

EDIZIONI IN MAGAZINE S.R.L. Via Napoleone Bonaparte, 50 - 47122 Forlì Tel. 0543.798463 / Fax 0543.774044 www.inmagazine.it info@inmagazine.it DIRETTORE RESPONSABILE: Andrea Masotti REDAZIONE CENTRALE: Gianluca Gatta, Giulia Masci Ametta, Lucrezia Monza COORDINAMENTO DI REDAZIONE: Roberta Bezzi ARTWORK: Lisa Tagliaferri IMPAGINAZIONE: Francesca Fantini UFFICIO COMMERCIALE: Gianluca Braga STAMPA: La Pieve Poligrafica Villa Verucchio (RN) ANNO XVII - N. 2 Chiuso per la stampa il 22/5/2018 Collaboratori: Linda Antonellini, Erika Baldini, Roberta Bezzi, Alessandro Bucci, Andrea Casadio, Anna De Lutiis, Nevio Galeati, Aldo Savini, Gianni Zampaglione. Fotografi: Archivio Ravenna Festival, Lidia Bagnara, Massimo Fiorentini, Giorgio Sabatini, Gianni Zampaglione.

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GIRARE

Andrea Leggieri

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CREARE

Manuela Vallicelli

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DIPINGERE

Vanni Spazzoli

REALIZZARE

Alvaro Notari

Seguici su FB: www.facebook.com/ edizioni.inmagazine

Edizioni IN Magazine si impegna alla salvaguardia del patrimonio forestale aderendo al circuito di certificazione di FSC-Italia.

Tutti i diritti sono riservati. Foto e articoli possono essere riprodotti solo con l’autorizzazione dell’editore e citando la fonte.

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SCOPRIRE

Il borgo di Mezzano

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COMPETERE

Federico Caricasulo

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ANNOTARE

Bunge Volley, storica VITTORIA RAVENNA Ravenna torna ad

Nuovo e-book PER GALEATI RAVENNA Porta la firma del

giornalista di Ravenna IN Magazine Nevio Galeati il racconto Sorpassi, uscito nella collana Crime per la casa editrice Delos Digital di Milano e già in vendita su Mondadori Store, Amazon, Google Play, Kobo. Due giovani vengono uccisi a colpi di doppietta mentre sono appartati in auto, in una larga vicino al fiume. L’assassino, che infierisce sulla ragazza anche con un coltello, non lascia tracce. La squadra mobile, diretta da Michele D’Arcangelo, teme si tratti di un serial killer. Torna dunque D’Arcangelo, coprotagonista dei gialli ambientati in Romagna, nella serie iniziata a puntate sul quotidiano L’Unità nel 1983, con in primo piano l’investigatore privato Luca Corsini.

Mostra al MAR ANDANTE DI ALEX MAJOLI RAVENNA Resterà aperta fino al prossimo 17 giugno, al museo del MAR di via di Roma, Andante, la mostra del celebre fotografo ravennate Alex Majoli. Majoli è il più giovane e primo degli italiani a essere presidente dell’agenzia Magnum Photos, la creatura di Henri Cartier Bresson e Robert Capa. Le foto esposte, oltre 250, indagano la condizione umana e gli elementi più oscuri della società; argomenti da sempre al centro delle ricerche dell’artista che in questa occasione riscrive una nuova sceneggiatura con un percorso temporale dal 1985 fino al 2018. Un viaggio che si conclude con Scenes, sezione della mostra curata da Diane Dufour direttrice del Museo LE BAL di Parigi, David Campany uno dei massimi curatori a livello mondiale di allestimenti fotografici e Cyrill Delhomme del Museo LE BAL di Parigi. Si tratta di un’esplorazione della teatralità presente nella quotidianità, in cui si confondono i confini tra vita reale e finzione. La linea sottile tra realtà e rappresentazione scenica, documentario e arte, comportamento umano e recitazione è l’esatto attrito che lo affascina e continua a vederlo tornare nelle strade e nei luoghi in cui la condizione umana viene messa in discussione. Anche nella più tragica delle miserie trova il teatro, l’orgoglio e soprattutto la magnificenza dello spirito umano.

alzare una coppa europea nel volley battendo l’Olympiacos per 3-1 in Grecia e aggiudicandosi così la Challenge Cup con il punteggio di 28-26, 23-25, 25-20, 25-18. Dopo il successo dell’andata per 3-1 a Ravenna alla Bunge bastava vincere due set nell’enorme e caldissima Peace and Friendship arena e la missione è stata compiuta, pur con qualche sofferenza dopo un secondo set che sembrava a un passo e che i giallorossi si sono fatti sfuggire nel finale. Infine il trionfo e la festa con una maglietta celebrativa sotto la tribuna dei tifosi ravennati. Ravenna arricchisce così la sua bacheca che conta già le tre Coppe dei Campioni conquistate fra il ’92 e il ’94 – due delle quali proprio sul Pireo dall’allora Messaggero di Ricci – e la Challenge Cup (che si chiamava Cev Cup) nel ’97, ben 21 anni fa.

Il restauro SALA GUIDARELLO AL MAR RAVENNA Nuova veste per la Sala Guidarello al museo MAR, rinnovata

nella proposta espositiva sulla base di un progetto integrato che ha chiamato in causa, oltre alle opere edili, un vasto e articolato programma di conservazione e restauro. Candidato dal Comune di Ravenna ai contributi regionali erogati sui Piani Museali 2016 finanziati con L.R. 18/2000, il progetto ha incontrato l’attenzione di IBC che ne ha sostenuto i contenuti. Da ora in poi, la Sala Guidarello può essere considerata il cuore pulsante delle raccolte civiche ravennati. La sala rappresenta più di ogni altra − con Guidarello e le botteghe di pittori come Nicolò Rondinelli, Baldassarre Carrari, Francesco Zaganelli e Luca Longhi che documentano l’installarsi di una nuova civiltà figurativa − l’arca del patrimonio, poiché in essa converge la summa del prestigio culturale espresso dalla città in un secolo turbolento come il Cinquecento. 4

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ANNOTARE

ScrittuRa FESTIVAL LUGO Per il terzo anno

Romagna ARTE STORIA RAVENNA È fresco di stampa

il volume 108 della rivista Romagna arte e storia, una delle più importanti pubblicazioni culturali romagnole, diretta da Ferruccio Farina. È un numero monografico, curato da Dante Bolognesi, che affronta il tema delle Acque in Romagna. Introdotto da un’intervista di Bolognesi a Franco Cazzola, il volume approfondisce la tematica in un arco temporale che va dal Medioevo al ’900 e sotto molteplici chiavi di lettura (gestione del territorio, infrastrutture, espressioni artistiche e cultura popolare), con il contributo corale di Leardo Mascanzoni, Oreste Delucca, Giordano Conti, Mauro Mazzotti, Stefano Piastra, Giancarlo Cerasoli, Alberto Malfitano. (A.C.)

Premio internazionale 5 STELLE AL GIORNALISMO MILANO MARITTIMA Al Palace Hotel sono stati assegnati i premi Cinque Stelle al Giornalismo, nati da un’idea di Antonio Batani, fondatore e patron della Batani Select Hotels, per valorizzare il miglior giornalismo italiano e internazionale. Per l’edizione 2018 (la tredicesima) la giuria, presieduta dal professor Ruben Razzante, ha scelto Francesco Carrassi, direttore de La Nazione e de Il Telegrafo, quotidiani del gruppo Riffeser Monti, Quotidiano Nazionale, assieme a Il Resto del Carlino e a Il Giorno; Andrea Montanari, direttore del Tg1 (ravennate); Silvia Grilli, direttrice del settimanale Grazia e Paolo Liguori, direttore di TgCom24, il sistema all e breaking news di Mediaset. Per la stampa estera è stata scelta Ute Müller, giornalista dell’agenzia di stampa DPA, Deutscher Press Agentur, che rifornisce media italiani e stranieri e collaboratrice del Financial Times Germania. Al professor Dino Amadori, fondatore dell’IRST e dello IOR, è stato assegnato il premio istituito alla memoria di Antonio Batani. Due le menzioni speciali: la prima a George Loomis, critico musicale collaboratore fra gli altri di Financial Times e del New York Times e la seconda al critico enogastronomico Edoardo Raspelli.

ScrittuRa Festival torna a Lugo con grandi autori al Pavaglione e ai chiostri del Carmine, aprendosi per la prima volta anche a Bagnacavallo e Fusignano. La manifestazione, con la direzione artistica di Matteo Cavezzali, durerà dal 22 maggio al 27 maggio. Tra gli ospiti, da segnalare l’arrivo di Daria Bignardi, che parlerà di Storia della mia ansia, di Corrado Augias, che ha raccontato le bellezze del nostro Paese in Questa nostra Italia. Luoghi del cuore e della memoria, e di Laura Morante, con il suo libro d’esordio Brividi immorali. Tra le novità dell’edizione 2018, le colazioni conviviali con gli autori a partire dal 26 maggio alle 11 nel cortile dell’Hotel Ala d’oro di Lugo, con Andrea Bajani, scrittore, drammaturgo e poeta, che ha scritto Un bene al mondo e la raccolta poetica Promemoria.

Golf per TUTTI RAVENNA È stato inaugurato a Porto Fuori, all’Acquae Sport Center,

il nuovo campo pratica golf. A volerlo fermamente è stato Andrea Girolami, presidente di Asd Golf per tutti che per ben otto anni si è battuto affinché anche a Ravenna gli appassionati di questo sport avessero la possibilità di allenarsi sotto casa. Le postazioni sono cinque, affacciate su un suggestivo laghetto, dove i giocatori possono misurare il proprio swing sotto l’occhio vigile di un maestro professionista. L’obiettivo di Asd-Golf è di diffondere il golf rendendolo accessibile a tutti attraverso corsi sia invernali che estivi, per adulti e bambini, a prezzi contenuti. “È per me motivo di grande soddisfazione la nascita di questo campo pratica – dichiara Girolami –. Fino a ora riuscivo a organizzare corsi di golf solo in inverno, in palestra. Da ora potremo farlo tutto l’anno, sia al chiuso che all’aria aperta”. Info: 377-4468708 e 0544-432390. 6

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RAVENNA | FORLÌ | FAENZA

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ANNOTARE

Bandiera Blu ai 9 LIDI RAVENNATI

Il Palio del NIBALLO

RAVENNA Confermata anche

FAENZA Si terrà dal 3 al 24

quest’anno la Bandiera Blu della FEE (Foundation for Environmental Education) dei nove lidi ravennati. Le nostre spiagge figurano fra le 368 selezionate in Italia quest’anno (342 nel 2017). Non solo qualità delle acque e dei servizi, ma anche gestione del territorio, impianti di depurazione, gestione dei rifiuti, vivibilità in estate, valorizzazione delle aree naturalistiche, iniziative di educazione ambientale e informazione sono fra i 32 criteri da rispettare per ottenere la Bandiera Blu. L’assegnazione del riconoscimento è stata ufficializzata a Roma, in maggio, nel corso di una cerimonia svoltasi nella sala convegni del CNR – Consiglio Nazionale delle Ricerche. In rappresentanza del Comune di Ravenna è intervenuto l’assessore al Turismo Giacomo Costantini.

giugno, a Faenza, lo storico Palio del Niballo. Ricco il programma che vedrà in apertura la gara degli sbandieratori e il giuramento dei cavalieri della Bigorda d’Oro in piazza del Popolo. Dal 4 all’8 giugno, nelle sedi rionali, si terrà la Settimana della Bigorda d’Oro con gastronomia e spettacoli. Sabato 9 giugno, allo stadio B. Neri, sarà la volta della Bigorda d’Oro, la gara tra i giovani cavalieri disputata secondo le stesse regole del Palio del Niballo. Sabato 16 e domenica 17, ancora in piazza del Popolo, si celebrerà il Torneo degli sbandieratori, dopo il giuramento dei cavalieri giostranti. Dal 18 al 23 giugno, nei vari rioni, spazio alla settimana del Palio del Niballo con tanto buon cibo ed eventi vari. Il gran finale, domenica 24 giugno, è con la gara del Niballo allo stadio B. Neri, al termine del corteo storico.

Tante band a BEACHES BREW 2018 MARINA DI RAVENNA È già cominciato il conto alla rovescia con

l’edizione 2018 di Beaches Brew, il festival interamente gratuito che si tiene ogni anno sulla spiaggia dell’Hana-Bi di Marina di Ravenna, un piccolo paradiso tra sole, sabbia e surf. L’appuntamento è dal 4 al 7 giugno. In attesa delle ultime novità, sono già stati svelati i primi tredici artisti che prenderanno parte alla settima edizione: Khruangbin, The Comet Is Coming, Jlin, Ezra Furman, Hailu Mergia, Sudan Archives, Nadah El Shazly & Band, Liima, Flohio, Mattiel, Downtown Boys, Omni, Rizan Said, Tune-Yards, Amber Arcades, Havah, Tobjah, Jack Cannon, Dj Fitz. Il festival è frutto di Bronson Produzioni, in collaborazione con l’assessorato alla Cultura del Comune di Ravenna.

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ESSERE

Imprenditore

VISIONARIO MAURIZIO BUCCI, RAVENNATE DOC, È UNO FRA I PIÙ AGGUERRITI IMPRENDITORI DEL SETTORE TURISTICO E DELLA RISTORAZIONE. LA SUA ULTIMA SFIDA? IL SALONE DEI MOSAICI. di Nevio Galeati / ph Massimo Fiorentini

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Nato il primo giorno del segno del Leone, classe 1962, geometra, un figlio e una figlia, Maurizio Bucci è uno fra i più agguerriti imprenditori del settore turistico e della ristorazione. Osando un po’, si potrebbe dire che ama le missioni impossibili; e in realtà ne ha portate a termine un bel numero, fino a quella del Salone dei Mosaici, all’interno dell’ex Palazzo del Mutilato, che si affaccia sulla rinnovata piazza Kennedy a Ravenna. Il suo intervento ha infatti restituito alla città uno spazio di grande valore artistico, con i più importanti mosaici ravennati del Novecento. Bucci, è vero che tutto è iniziato per caso? “Sì. Dopo il diploma nel 1981, sono andato in studio da mio zio Carlo, Saturno Bucci, presidente del Ravenna Calcio. Ho quindi iniziato a lavorare come tecnico, nel mondo delle costruzioni. Poi, una mattina, un cliente chiese allo zio la consulenza e la progettazione di una pensilina, diversa dalle altre, per il proprio ristorante a Lido Adriano. Parlando, spiegò che stava anche cercando

un gestore. Così, prima ancora di compiere 19 anni, nel 1982, ho aperto la pizzeria Il Pirata. È un periodo memorabile per Lido che si sta espandendo e lavoriamo davvero tanto, con un risultato economico eccellente. Dopo quattro anni, decido di espandermi: acquisto e trasformo Il Desiderio, che oltre al servizio di pizzeria, ha una grande cucina, con pesce e carne di qualità. E dietro al ristorante c’è anche un parco acquatico. La località è la punta di diamante per il turismo sui lidi ravennati: tre discoteche, bella gente, spettacoli, ospiti internazionali. Allora nessuno avrebbe mai pensato di… mandare controlli ai colleghi. Lavoravamo in sintonia e tutti con lo stesso obiettivo: il clima era quello.” Poi, cos’è cambiato? “Il colpo è arrivato con la prima stagione delle mucillagini, che ha inginocchiato l’economia turistica. Abbiamo dovuto rivedere tutta l’offerta, anche se era come cercare di vendere… latte scaduto. Lido Adriano ha iniziato a puntare sul turismo dell’Est, che però non era neppure allora

ricco e all’altezza delle aspettative. Quindi nel 1992 ho lasciato il lido e sono rientrato a Ravenna, a fare attività immobiliare, da geometra. Una svolta non da poco, nella mia vita professionale.” Ma la voglia di lavorare nel mondo del turismo non si era spenta, giusto? “Esatto. Così, quando nel 2000 capita che Confartigianato voglia vendere la propria sede nella Darsena di città, decido di acquistarla e di trasformarla in albergo, l’attuale Hotel Mosaico. Penso di essere stato un apripista. Di certo il primo a pensare che quella zona di Ravenna poteva e doveva essere valorizzata. La sfida era scommettere su quella strada d’acqua che scorre per 9 chilometri e dal centro città porta all’Adriatico. Il realtà, oltre che il primo, per quasi 18 anni sono stato anche l’unico a lavorare in questa direzione. A quel punto avevo aperto un altro fronte: dalla ristorazione all’accoglienza, cercando di offrire proposte nuove. Così ho tentato un altro esperimento: trasformare una residenza lussuosa in IN MAGAZINE

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una room&breakfast. Ho aperto Villa Santa Maria Foris, in pieno centro storico, primo progetto in assoluto di questo genere a Ravenna. Un’operazione complicata, nella quale la cifra principale è stata lo charme: camere diverse, tranquillità, colazioni curatissime. Un’esperienza che è andata avanti con successo per alcuni anni, anche se, ne frattempo, sono tornato a pensare al mare…” In che senso? “Nel senso che accolgo una proposta di Aldo Accardi, presidente delle Terme di Punta Marina. In quegli anni la sua struttura aveva solo l’offerta termale e i servizi di spiaggia. In realtà poco per pensare a uno sviluppo turistico vero. Così progettiamo e realizziamo camere – ventinove su due piani, comprese le junior suite – in funzione dei servizi termali, valorizzando inoltre l’immensa terrazza panoramica. La prima volta che sono andato a vedere il posto, prima di partire con la ristrutturazione, sono rimasto colpito dal vento che soffiava dal mare. Dobbiamo costruire una veranda, mi sono detto. E così è stato. Anche in questo caso la scommessa non era piccola. Ab-

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biamo lavorato bene per diversi anni. Poi la gestione delle Terme è passata al figlio del presidente. Intanto Mosaico Hotel continua a funzionare bene e mentre avvio altri due alberghi, l’Executive a Forlì e il Mosaico Hotel a Cesena, faccio forse il colpo più visionario di tutti: compro l’ex cinema Mariani.” La ristrutturazione per realizzare tre sale ha portato a un fronte strada che non è piaciuto a tutti i ravennati. La gestione è rimasta quasi subito bloccata per la concorrenza del gigante CinemaCity. Poi il lungo periodo di chiusura. Mettersi in questa impresa è stato un atto di coraggio o… incoscienza allo stato puro? “È stato il modo per mettere a frutto la mia esperienza. E, appunto, una scelta visionaria. Utilizzare lo splendido spazio a piano terra per il ristorante i Passatelli 1962; mantenere una piccola sala cinematograf ica, che propone prime visioni e film d’essai; inventare un locale per i giovani e trovare la collaborazione con una sigla così importante come Diabolik. Peraltro una formula replicabile, della quale de-

LA SUA AVVENTURA IMPRENDITORIALE INIZIA PER CASO, A 19 ANNI, QUANDO APRE PRIMA LA PIZZERIA IL PIRATA E POI IL DESIDERIO A LIDO ADRIANO, VIVENDO GLI ANNI MITICI DELLA LOCALITÀ. POI RIENTRA A RAVENNA E INAUGURA L’HOTEL MOSAICO.

teniamo il copyright. Una grande novità, che sta dimostrando di funzionare. Avevo tentato l’esperienza di portare i Passatelli in un grande centro commerciale, a Faenza. Ma servizi come questo hanno la necessità della presenza costante di chi li ha creati. Là non è andata, pazienza!” Mariani Life Style non è un bel punto d’arrivo, dal punto di vista professionale? Perché rischiare ancora con il Salone dei Mosaici? “Arrivati a un certo punto, fai fatica ad avere stimoli nuovi. Pensi a proseguire le attività che hai, a salvaguardarle e a mantenere gli impegni. Però si è presentata questa nuova occasione, che cor-


Vivere momenti straordinari in ambienti in cui tutto è in perfetta armonia dove le forme sono semplici e chiare.

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rispondeva al mio modo di intervenire e lavorare: aprire attività commerciali valorizzando spazi che già esistono, senza nuove colate di cemento. Insomma, ridare vita a strutture apparentemente morte, o quanto meno abbandonate. Dopo aver acquistato lo spazio sono stato almeno un mese e mezzo senza sapere cosa fare. Oggi sono intenzionato a proporre nuove offerte culturali e di accoglienza, anche con un collegamento con piazza Kennedy; ristorazione veloce, ad esempio, che potremmo… calare con cestini dal primo piano al personale che sarà in servizio in piazza. Per turisti, certo, ma non solo.”

ATTUALMENTE LA SUA ATTIVITÀ SI CONCENTRA SUL MARIANI LIFE STYLE CHE COMPRENDE UNA SALA PER FILM D’ESSAI, IL RISTORANTE I PASSATELLI 1962 E IL LOCALE PER GIOVANI DIABOLIK. IN ULTIMO, È ARRIVATO IL NUOVO SALONE DEI MOSAICI.

A proposito di turismo: come sta Ravenna da questo punto di vista? “Questa è una città con del turismo, non una città turistica. Dovremmo lavorare tutti per offrire vera ospitalità. Strutture, servizi, percorsi e idee nuove. Fare sistema, insomma. Speriamo di non perdere il treno. Oggi, dal momento che gli imprenditori non riescono più ad avere appoggi bancari concreti, diventa complicato, se non impossibile, addirittura aprire una pizzeria. E la politica dell’Amministrazione non è chiara. Correggo quello che ho detto un secondo fa: speriamo di non averlo già perso, quel treno.” Un’ultima domanda, allora: la sua stagione politica è conclusa? Forse questa è sta14

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ta la vera missione impossibile, che dice? “Non so. Di certo la politica è come gli amori. Quando un amore finisce non lo si deve trascinare, fingendo che non sia successo niente. Meglio chiudere. Me ne sono accorto con le ultime elezioni amministrative; il progetto di una lista civica appoggiata al centrodestra era vincente. Eppure, per consentire ai soliti noti di mantenere le proprie posizioni, gli altri, che dovevano essere alleati, mi hanno lasciato da solo. Ed è andata com’è andata, con una giunta espressa ancora dal centro sinistra. Quindi sì: per me l’esperienza è chiusa.”

NELLE PAGINE PRECEDENTI, L’IMPRENDITORE MAURIZIO BUCCI NEL NUOVO SALONE DEI MOSAICI. QUI SOTTO, ALL’INTERNO DEL LOCALE PER GIOVANI DIABOLIK. IN BASSO, LA FACCIATA ESTERNA DEL MARIANI LIFESTYLE IN VIA PONTE MARINO.



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SUONARE

100 chitarre

ELETTRICHE FRANCO MASOTTI, DIRETTORE ARTISTICO DEL RAVENNA FESTIVAL, SPIEGA I SEGRETI DI UN PROGETTO SULLO STRUMENTO CHE È L’EMBLEMA DELLA MUSICA POP NEL MONDO. di Anna De Lutiis / ph Archivio Ravenna Festival

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Dopo la travolgente, irruenta, contagiosa invasione pacifica dei 100Cellos condotta da Giovanni Sollima nel 1016, Ravenna Festival raddoppia con Le Cento Chitarre Elettriche che porteranno musica e spettacolo dal 19 al 24 giugno, non solo in città ma anche fuori dei confini, fino a raggiungere il Delta del Po, Palazzo San Giacomo a Russi e le valli di Comacchio. La straordinaria avventura We Sing the Body Electric comincia con gli appuntamenti alle Artificerie Almagià del 19, 20 e 21 giugno: tre serate con musiche di grandi compositori come Ennio Morricone e Steve Reich, Alessandro Ratoci e Christopher Trapani, Steve Mackey dei Pulp e Bryce Dessner dei The National, la band vincitrice dell’ultimo Grammy per il miglior album di musica alternativa. Il diretto referente di questo brillante progetto è Franco Masotti, direttore artistico di Ravenna Festival. Come si inserisce la chitarra elettrica nel Festival? “Da sempre il nostro è un festival multidisciplinare, in quanto propone musica sinfonica, musical, musica corale, recital di poesie, rappresentazioni teatrali. In que-

sto caso propone lo strumento che non solo rappresenta l’emblema della musica pop, ma è anche disponibile a tutti, nel senso che raccoglie musicisti che praticano generi musicali diversi. Senza dimenticare che sono… rumorose e si faranno sentire!” Ha previsto un numero esorbitante: cento. Ci sono già tutte? “Stiamo procedendo molto bene. Abbiamo attivato una collaborazione con una realtà che in Romagna si è imposta nel giro di due-tre anni, Rockin’1000, la più grande rock band al mondo, con base a Cesena, che ha firmato alcuni dei più grandi eventi musicali collettivi degli ultimi anni. Siamo vicini al risultato. Poi faremo una selezione, perché le musiche da eseguire non sono semplici, sono partiture piuttosto complicate e con un direttore d’orchestra. Quindi si andrà a costituire una vera e propria orchestra di chitarre elettriche. Inoltre molti brani sono stati scritti appositamente per questa occasione.” Lo si può considerare anche un modo di fare conoscere ancora meglio il festival? “Il Festival, dopo tanti anni, ormai si è imposto, ma questa può IN MAGAZINE

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“IL FESTIVAL, DOPO TANTI ANNI, ORMAI SI È IMPOSTO, MA QUESTA PUÒ ESSERE L’OCCASIONE PER DIMOSTRARE CHE OLTRE ALLA MUSICA CLASSICA, ALL’OPERA, C’È MUSICA ROCK E PER DARE UN’IMMAGINE PIÙ DINAMICA E COLORITA, DI MAGGIORE ATTRAZIONE PER I GIOVANI.”

NELLA FOTO DI APERTURA, L’ARTISTA LUCA NOSTRO CHE SUONERÀ ALLE ARTIFICERIE ALMAGIÀ DI RAVENNA. QUI SOPRA, UN MOMENTO DI SPETTACOLO A PALAZZO SAN GIACOMO A RUSSI E LE CHITARRE DELLA MOSTRA FENDER VINTAGE.

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essere l’occasione per dimostrare che oltre alla musica classica, all’opera, c’è musica rock e per dare una immagine più dinamica colorita e sonora e di maggiore attrazione per i giovani.” Prima di raggiungere altri luoghi, le chitarre saranno alle Artificerie Almagià, viaggiando nelle vene dell’America, uno dei temi conduttori nei quali viene declinato il titolo dei questa edizione di Ravenna Festival, We have a Dream… “Saranno tre serate molto importanti tra soli, come il grande Luca Nostro, ed esibizioni di massa come We Sing the Body Electric che non è un revival, ma uno sguardo sul futuro della chitarra elettrica. Il progetto è realizzato con la partecipazione di PMCE,

Parco della Musica Contemporanea Ensemble, in collaborazione con Fondazione Musica per Roma e Rockin’1000. È un omaggio all’America dove è nata la chitarra elettrica. Con la nascita delle orchestre jazz e blues ci si rese conto del problema della limitata amplificazione delle chitarre acustiche e si cercarono espedienti per ottenere maggior volume, siamo negli anni Venti circa del ’900.” La serata più suggestiva penso sia quella a Palazzo San Giacomo di Russi, il 22 giugno, In a Blink of a Night… “Sicuramente lì le cento chitarre suoneranno tutte insieme, dirette da Tonino Battista, ed eseguiranno alcuni brani del compositore Michele Tadini, anche grande chitarrista. Insomma vogliamo confrontarci con importanti chitarristi dell’ultima generazione senza dimenticare i grandissimi Jimi Hendrix, Eric Clapton, Jimmy Page. Sarà una serata entusiasmante, come negli anni precedenti. Mi piace sottolineare che ascolteremo anche brani in prima esecuzione mondiale. Sarà la celebrazione dello strumento che ha dato voce a tutte le sfaccettature della musica americana che si è evoluta partendo da quella degli afro-americani che cantavano nelle piantagioni.”

Fender VINTAGE Si intitola Fender Vintage la mostra che avrà luogo a Palazzo Rasponi dalle Teste, nella Sala delle Feste, in piazza Kennedy 12, a Ravenna, dal 16 al 24 giugno, in contemporanea con le giornate dell’invasione di Cento Chitarre Elettriche. Una storia lunga, quella della chitarra Fender, che ha le sue radici nel lontano 1946, quando Leo Fender ha toccato e trasformato la musica moderna di ogni genere: rock’n’roll, country e western, jazz, rhythm and blues e molti altri. Il Museo Fender di Flavio Camorani e Michela Taioli ripercorre il periodo d’oro della celebre ditta, fondata in California appunto da Leo Fender, attraverso tutti i modelli di strumenti elettrici e amplificatori costruiti dal 1946 al 1974. Un viaggio imperdibile nella storia della musica attraverso oltre 100 chitarre con le loro custodie originali, insieme a cataloghi, manifesti, documenti, fotografie.


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Fra antico

E MODERNO L’INTERIOR DESIGNER LUNELLA DOLCINI HA MESSO LA SUA FIRMA SU MOLTEPLICI SPAZI ABITATIVI PRIVATI, MA ANCHE SU NEGOZI, ALBERGHI E LUOGHI AZIENDALI.

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di Roberta Bezzi / ph Massimo Fiorentini

Non ci può essere presente senza il passato. Parte da questo semplice ma significativo concetto la ricerca della ravennate Lunella Dolcini che mette i progetti a cui lavora al centro della sua vita. Che si tratti di organizzare il restyling di interni, ammodernare appartamenti, pianificare spazi aperti e giardini oppure immaginare ritocchi di stile, segue un principio: la cura dei dettagli. E ama diversificare la sua attività, occupandosi non solo di spazi abitativi privati, ma anche di negozi, alberghi e luoghi aziendali. Proprio di recente, ha ultimato uno spettacolare show-room per un’importante società di navigazione che realizza super yacht, in grado di catturare l’attenzione dei potenziali clienti. Da quale idea è partita per arrivare a un risultato così scenografico che ben si adatta al settore nautico? “Uno show-room deve essere prima di tutto un luogo in cui esporre i prodotti aziendali, in tal caso per l’allestimento degli interni di super yacht. Ma deve essere anche uno spazio elegante e funzionale in cui non necessariamente tutto va visto in un unico momento. Partendo da que-

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sto ragionamento, ho iniziato a pensare a un originale espositore con alcune parti a vista e altre più nascoste ma facilmente accessibili attraverso l’apertura di ante, una specie di baule ‘verticale’ che per l’appunto evoca il tema del viaggio, strettamente correlato alla navigazione. Con questo sistema è anche facile tenere in ordine l’ambiente, in attesa di capire cosa mostrare al cliente in base alle sue esigenze.” Lei ha scelto con cura ogni particolare, senza lasciare nulla al caso… “Sì, volevo creare uno spazio di impatto ma di classe, in grado di creare interesse sia nei visitatori sia negli interior designer che seguono i lavori. Tutti i mobili sono stati realizzati su mio disegno, a parte quelli ovviamente acquistati da Oggetti d’Autore. Mi sono divertita anche a disegnare le scatole-contenitori per suddividere i vari materiali: i piccoli mosaici, i campioni di legno, di marmo, di moquette, d’acciaio. Un modo efficace per mostrare, fare ordine, decorare l’ambiente e attirare l’attenzione, per fare vedere in modo gradevole al cliente i pezzi valorizzandoli. Alcune scelte formali, come una lampada che evoca l’e-

lica di una nave, sono infine legate a una mia visione romantica della navigazione…” Com’è nata la passione per l’interior design? “Da sempre, fa parte di me. Mio fratello che studiava Architettura a Firenze è stato un aggancio... Dopo aver concluso il liceo artistico Pier Luigi Nervi di Ravenna, mi sono trasferita a Roma per frequentare l’Accademia italo/americana per architettura d’interni. Poi ho avuto il piacere e la fortuna di lavorare nello studio di Fabio Lenci, noto industrial designer a cui si deve l’invenzione, nei primi anni Settanta, dei componenti idrosanitari per la Teuco dei fratelli Guzzini.” Cosa le è rimasto impresso di quel periodo formativo? “È stata un’esperienza straordinaria. Ho vissuto in un ambiente altamente creativo, senza alcun limite a livello di comunicazione mentale di intenti. Ci confrontavamo su tutto, a volte si discuteva anche e se ne ricavavano grandi stimoli. In studio con noi c’era anche il grafico Ferro Piludu che fece la copertina di un disco di Mina. A un certo punto Fabio, che lavorava insieme all’industrial designer Carlo Urbinati, mi


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chiese di diventare il suo braccio destro come interior designer. Ma non me la sono sentita, perché non sopportavo più i tempi e i ritmi di Roma: da dinamica quale sono sempre stata, ho sempre detestato perdere ore negli spostamenti. Non faceva per me… Da qui la mia scelta di ritornare a Ravenna: malgrado i limiti oggettivi della provincia, con tanta voglia di crescere.” E così è iniziato il suo percorso professionale che l’ha portata ad arredare ville e case private, negozi (fra cui Maria Cristina Shoes, a Ravenna e a Milano Marittima, la gioielleria Ansaloni di via Cairoli, Al Cappuccetto Rosso per abbigliamento e calzature bimbi, Visiomed, etc.). Qual è il segreto per un buon lavoro di interior designer? “La passione per il proprio mestiere, anzitutto. E poi la fondamentale collaborazione con i miei artigiani, perché noi non siamo

NELLA FOTO DI APERTURA, UN RITRATTO DI LUNELLA DOLCINI. QUI SOPRA E A LATO, LA SALA D’ATTESA E LO SHOWROOM PROGETTATO E ARREDATO DALL’INTERIOR DESIGNER PER UNA IMPORTANTE SOCIETÀ DI NAVIGAZIONE CHE REALIZZA SUPER YACHT.

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nulla senza di loro. Cito in particolare Sergio Gasponi che, con la sua falegnameria, sa ottimamente coadiuvarmi nei miei lavori.” Come le piace definire il suo stile? “Partendo dal presupposto che bisogna sempre misurarsi con i gusti e le esigenze della clientela, adoro mescolare il moderno con l’antico e ho una predilezione per gli ambienti puliti e semplici di design arricchiti con un pezzo d’epoca. Ogni periodo storico ha una sua validità, per questo non mi trovo d’accordo con chi cerca di cancellare il passato. Senza il Seicento o il Settecento non si sarebbe arrivati al Bauhaus. Personalmente sono arrivata al minimalismo per passaggi successivi, perché ho gradualmente tolto qualcosa.” Guardando al futuro, quali nuovi progetti l’aspettano? “Da tempo mi affascina il restyling di alberghi perché credo che il settore dell’ospitalità offra

“CONSIDERANDO CHE BISOGNA SEMPRE MISURARSI CON I GUSTI E LE ESIGENZE DELLA CLIENTELA, ADORO MESCOLARE IL MODERNO CON L’ANTICO E HO UNA PREDILEZIONE PER GLI AMBIENTI PULITI E SEMPLICI DI DESIGN ARRICCHITI CON UN PEZZO D’EPOCA.”

grandi opportunità. Vorrei dare vita a un gruppo di diversi professionisti, dall’interior designer all’architetto, fino all’agronomo per i giardini, per lavorare insieme a un progetto comune. C’è tutto un mondo da scoprire: dall’albergatore che richiede di rinfrescare la propria struttura con un budget limitato a quello che è disposto a investire anche in opere d’arte.”


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GIOCARE

Il pallone col

BRACCIALE UN LIBRO, SCRITTO DA GUIDO DIRANI, PATRIZIA CARROLI, ANGELO EMILIANI E LEONE CUNGI, RICOSTRUISCE LA STORIA DELLO SPORT PIÙ FAMOSO E AMATO NELL’OTTOCENTO.

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“Perché, perché, la domenica mi lasci sempre sola per andare a vedere la partita di pallone”, cantava Rita Pavone nel 1962. Certo Rita non specificava quale pallone, ma si capiva: italiani popolo di calorosi appassionati di calcio. E non solo. L’espressione gioco del pallone si riferisce a una serie di attività sportive, chiamate anche sport sferistici, che prevedono l’utilizzo di una palla o di un pallone. Il termine non definisce

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di Erika Baldini

quindi necessariamente solo il calcio, anche se l’identificazione oggi è quasi totale. Nei secoli passati lo spettacolo atletico più popolare in Italia fu il gioco del pallone col bracciale, sport di squadra sferistico tra i più antichi. Il pallone veniva colpito con il pugno fasciato da stringhe di tela e di cuoio, poi sostituite da uno strumento più performante: un bracciale di legno, lungo fino all’avambraccio, in seguito perfezionato e allegge-

rito. Prima dell’arrivo del calcio e del ciclismo, per tutto l’Ottocento il gioco del pallone col bracciale fu lo sport più famoso e amato. Il declino arrivò verso gli anni Venti del Novecento per varie ragioni; la più credibile è quella che fosse diventato un gioco troppo lento, non in linea con la frenetica modernità novecentesca. Attualmente la sua eredità è raccolta dallo sport della palla tamburello, disciplina ancora diffusa ma non certo ai livelli passati di gloria. I pallonisti professionisti dell’epoca erano tra gli atleti più celebrati: forse solo i toreri spagnoli potevano rivaleggiare con loro in termini di fama e ricchezza. Tra di loro c’erano moltissimi romagnoli. Agli artigiani della Romagna il pallone a bracciale deve alcune migliorie tecniche, mentre molti sono gli sferisteri, ossia i luoghi deputati al gioco, presenti in Regione. Riuscito esempio di storia locale come specchio di storia nazionale, frutto di una lunga e meticolosa ricerca effettuata sulle carte dell’Archivio storico di Bagnacavallo, edito dal Comune di Bagnacavallo, realizzato grazie all’Art Bonus e finanziato dalle ditte Dirani Marino di Lugo e Blu Inox di Sant’Agata sul Santerno, il


NELLA FOTO DI APERTURA, I PROMOTORI DEL LIBRO SUL GIOCO DEL PALLONE COL BRACCIALE. IN ALTO A DESTRA, UN BRACCIALE.

libro Quando a pallone si giocava col bracciale – Luoghi, fatti e personaggi dell’antico gioco a Bagnacavallo ricostruisce due secoli di storia dell’antico gioco sul nostro territorio. A parlarne è Patrizia Carroli, bibliotecaria e archivista del Comune di Bagnacavallo, coautrice del libro insieme a Guido Dirani, Angelo Emiliani e Leone Cungi. Carroli, come nasce questo progetto e con quale scopo? “Nel 2013 Guido Dirani, discendente di Antonio Dirani, uno dei campioni del gioco del pallone a bracciale di Bagnacavallo, venne in Archivio e mi chiese di poter effettuare una ricerca sulla storia del gioco nelle carte locali. Da questo primissimo incontro scaturì una ricerca durata quattro anni che ha portato alla luce migliaia di documenti attinenti il gioco nei suoi aspetti più prettamente organizzativi, ricreativi e tecnici, questi ultimi inerenti l’imponente Sferisterio, costruito appositamente per il gioco, dalla sua erezione fino al suo parziale crollo nel 1964. Le informazioni ricavate erano così tante e così importanti per questa città che ci è sembrato doveroso restituire ai cittadini e agli interessati la memoria di questa pratica.” È un libro scritto a otto mani. Mi parla degli altri tre autori: Cungi, Dirani e Emiliani? “Dirani è l’anima di questo lavoro. Geologo di formazione, imprenditore, ha condotto la ricerca sui documenti in modo scrupoloso, preciso, degno di un ricercatore di professione. Ha coinvolto molti privati cittadini e si è speso su più fronti per la realizzazione di questo volume. Cungi, toscano di Monte San Savino, città che ancora ha una squadra che si diletta nel gioco nella sua versione rinascimentale, autore di Artisti degli sferisteri, è uno dei massimi esperti italiani di questa pratica e ha curato la parte inerente le biografie dei giocatori. Emiliani, faentino, autore di un libro sulla storia del gioco a Faenza intitolato Braccio d’atleta, è coautore del volume e ne ha curato anche la

A DARE IL VIA ALL’INIZIATIVA È STATO GUIDO, DISCENDENTE DI ANTONIO DIRANI, UNO DEI CAMPIONI DEL GIOCO DEL PALLONE A BRACCIALE DI BAGNACAVALLO. NE SONO SEGUITI QUATTRO ANNI DI RICERCA NELL’ARCHIVIO DELLA LOCALE BIBLIOTECA.

parte grafica.” Come è stata coinvolta lei? “Confesso che non sapevo nulla di questo gioco. Mi sono appassionata a questa storia, che ha davvero caratterizzato l’immagine di Bagnacavallo per tutto l’Ottocento e che in qualche modo la condiziona ancora, se pensiamo allo sferisterio in cui gioca la squadra della Fulgura Tamburello, che in questo sport conquista tutt’oggi titoli prestigiosi. Dopo molti anni conosco l’archivio storico comunale di Bagnacavallo, che è un labirinto di informazioni in cui mi so orientare. Quindi il mio ruolo è stato quello di fornire tutta la documentazione utile alla ricerca e coordinare le pratiche per la realizzazione del volume e della IN MAGAZINE

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giornata a questo dedicata.” È stato fatto un minuzioso lavoro di ricerca fra le carte dell’Archivio. Quali sono state quelle più soddisfacenti da scoprire e rivelare? “Direi che in egual misura tutte le carte rintracciate hanno contribuito alla definizione della storia: quelle di natura tecnica ci hanno aiutato a ricostruire le vicende dell’arena di gioco, quelle di natura economica, l’impatto del gioco sulla società civile e commerciale, i vari capitolati redatti

QUESTO GIOCO HA CARATTERIZZATO L’IMMAGINE DI BAGNACAVALLO PER TUTTO L’800 E LA CONDIZIONA ANCORA, SE SI PENSA ALLO SFERISTERIO IN CUI GIOCA LA SQUADRA DELLA FULGURA TAMBURELLO, CHE CONQUISTA TUTTORA PRESTIGIOSI TITOLI.

tra Amministrazione e impresari a cui veniva appaltata la stagione di gioco, le regole di questo. Per un mio gusto personale, mi hanno quasi commosso le istanze ovvero quei particolari documenti corali, cioè sottoscritti da centinaia di cittadini, con i quali viene richiesta l’erezione del muro di rimbalzo, la possibilità di giocare e in ultimo, tutti quei documenti scritti in occasione del crollo dello stesso, documenti da cui davvero traspare il dispiacere di una intera comunità intorno a un simbolo che la rappresentava. Questo credo sia in qualche modo il fascino e la magia della ricerca storica, non solo ricostruire fatti, avvenimenti o episodi, ma in qualche modo la sensibilità collettiva intorno a questi.” Parte della cittadinanza è stata coinvolta nella raccolta dei materiali di questo progetto. Come? “È un aspetto fondamentale di 26

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questo lavoro di ricerca: i cittadini sono stati invitati a venire in biblioteca per fare partecipi il gruppo di ricercatori delle proprie memorie relative al gioco o ai giocatori. Per memorie si intende sia ricordi di famiglia, sia immagini fotografiche, sia oggetti quali bracciali o costumi da gioco. Devo dire che la partecipazione è stata tanta e anche l’entusiasmo, tanto che una parte del libro è proprio dedicata ai bracciali che ancora appartengono alle famiglie eredi dei giocatori.”

QUI SOTTO, IL CAMPIONE ROMAGNOLO ANTONIO DIRANI E LO SFERISTERIO DI BAGNACAVALLO.


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Offrire sempre il meglio al proprio cliente e aiutarlo a ottenere ciò che desidera: questa è la mission della De Stefani spa, il gruppo di concessionarie Mercedes-Benz e smart che con le sue cinque sedi in Emilia-Romagna si segnala come punto di riferimento del mercato automobilistico del territorio. La società per azioni è oggi guidata da Adolfo Cosentino De Stefani, appena eletto Presidente di Federauto, la Federazione che riunisce i Concessionari Auto di tutta Italia. Cosentino De Stefani ha individuato nei nipoti Andrea e Luca Barbera i prossimi amministratori con deleghe alla supervisione e post vendita e commerciale. L’azienda, da oltre 100 anni sulla strada, guida e accompagna migliaia di clienti ogni anno verso la realizzazione di piccoli e grandi sogni sotto l’egida del-

la stella: quella di MercedesBenz. Il gruppo De Stefani, leader nel settore della compravendita, offre un servizio completo dall’acquisto al post vendita e la sua presenza capillare sul territorio garantisce un’assistenza e un servizio dediti all’eccellenza. I De Stefani da sempre si occupano di mobilità. Tutto ha avuto inizio nel 1910 con il giovane ravennate Evaristo De Stefani quando, già meccanico costruttore di biciclette, ha aperto la sua prima bottega artigiana. Lo sviluppo è stato repentino e dopo essere passati alle lambrette e alle moto, nel 1981, l’azienda è diventata società per azioni. Nel 1985 vi è stata l’acquisizione del mandato per la vendita dei veicoli industriali Mercedes-Benz su tutta la Romagna; nello stesso anno a Luglio è arrivato il mandato anche per la vendita

delle vetture Mercedes-Benz a Ravenna e sono nate le filiali di Forlì, Imola e Cesena, l’ultima sorta nel 2012. La De Stefani spa nel suo complesso conta oltre 90 collaboratori tra vendita e postvendita con un fatturato che supera i 70 milioni di euro. Assiste tra le sue officine oltre 10.000 clienti all’anno e vende oltre 1300 vetture nuove divise tra Mercedes, smart e veicoli commerciali e oltre 1400 vetture e veicoli usati. A questo si aggiunge una completa assistenza post-vendita per tutte le vetture e i veicoli commerciali, tutto grazie ai tecnici di alta specializzazione, all’officina dotata delle più sofisticate attrezzature, al magazzino fornito di tutti i ricambi originali Mercedes-Benz e Smart. Una squadra che si affianca al cliente e che mira alla sua soddisfazione. “Abbiamo una


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grande passione per il nostro lavoro – spiegano i Barbera –, puntiamo al meglio, cercando di rispondere alle grandi aspettative che ci troviamo davanti. L’acquisto dell’auto è un passo decisivo nella vita di una persona, è tra le spese più importanti, e proprio per tali ragioni merita grande attenzione. Dal prossimo settembre De Stefani intraprenderà la grande avventura dell’elettrico & plug-in Mercedes. Il marchio Smart tra poco più di anno sarà proposto interamente in elettrico e a listino svaniranno i prodotti a combustione tradizionale. La casa madre ha fatto una scelta e ha deciso di seguire questo trend che nel tempo andrà a coinvolgere tutta la società e che richiamerà tutti ad un cambiamento nell’approccio alla mobilità e ad una diversa organizzazione delle infrastrutture. “Anche sui prodotti Mercedes – sottolineano Andrea e Luca Barbera – avremo lo sviluppo di questa tecnologia. Con le ibride EQC, EQA ed EQB si potranno raggiungere anche i 350/400 km di autonomia. Mercedes-Benz già da ot-

tobre entrerà nel mercato con auto parzialmente elettriche.” Una nuova mobilità quella a cui punta Mercedes-Benz che grazie al suo marchio storico e allo status dato dalla stella abbraccia un pubblico di ogni età. I giovani prediligono auto come la Classe A o tutto il comparto Smart che, soprattutto in Romagna, piace moltissimo non solo per la sua praticità, ma anche per la sua linea glamour e molto trendy. Da parte del mondo adulto, forte è la passione per le auto di lusso, di cui la Classe S di Mercedes-Benz è una delle icone più ricono-

sciute. “Esiste una nicchia molto esclusiva – spiegano – che riguarda tutti i motori AMG. Si tratta di auto hand made, di tipo artigianale, il cui motore viene firmato dal meccanico che l’ha realizzato. Un brand grintoso ed estremo finalizzato alla progettazione e realizzazione dei modelli sportivi del marchio tedesco. Le auto con motore AMG sono scelte interamente dal cliente, che le configura completamente rendendo la propria vettura un pezzo unico della storia Mercedes”.

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REALIZZARE

Luci e

COLORI PER ALVARO NOTARI, LA TRIDIMENSIONALITÀ MATERICA È UN’ESIGENZA FORTEMENTE SENTITA. VIVE IN UNA SUGGESTIVA CASA COLONICA A RUSSI, CHE È ANCHE STUDIO E MOSTRA PERMANENTE DELLE PROPRIE OPERE.

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testo e foto di Gianni Zampaglione

Alvaro Notari viene definito dagli addetti ai lavori artista della luce, dei colori e della tridimensionalità materica, che traspaiono dalle sue opere per dare movimento alle immagini raffigurate. Nel suo lungo percorso pittorico, ha effettuato numerose mostre, fra cui spiccano quella del Festival dei due Mondi di Spoleto, al Palazzo dei Diamanti di Ferrara, all’Accademia Raffaello di Urbino, al Museo Remo Brindisi di Lido di Spina. Nel 2013, in occasione della mostra a Palazzo San Giacomo di Russi patrocinata da Ravenna Festival, la scrittrice Osiride Guerrini di lui ha scritto: “Un percorso, quello di Notari, che supera e sconvolge le consuetudini prospettiche e crea, con perizia

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esecutiva, corpi che hanno solidità e volume, un percorso di anni in cui un profondo desiderio, lo spinge ad affrontare e sperimentare tecniche esecutive, per toccare gradi più alti di conoscenza. Notari manipola la vile tela e la nobilita per trarne quell’essenziale ed efficace gestualità materica dell’opera, per sentirla viva e quindi più vicina a noi”. Per molti anni lo studio personale di Notari è stata Villa Rota, dopodiché ha acquistato una casa colonica a Russi, che è divenuta la sua abitazione, studio e mostra permanente delle proprie opere. Gli interni dell’abitazione sono stati impreziositi per mano dell’artista da affreschi, decorazioni e fregi ornamentali. L’arredo con mobili d’epoca ha subìto manipolazioni personali con l’intento di creare l’atmosfera di un passato rivisitato, dal sapore vagamente retrò, ironico ma nel contempo attuale, nel nuovo concetto compositivo di design. Notari, da dove nasce la sua grande passione per l’arte? “Sono nato in Umbria e fin da piccolo ero attratto dai colori della mia terra nel variare delle stagioni. In casa avevo a disposizione libri d’arte, colori, matite e

ALVARO NOTARI, CON LE SUE OPERE, NELLA CASA-MUSEO ALLE PORTE DI RUSSI. EVIDENTE È LA TRIDIMENSIONALITÀ MATERICA CHE SPRIGIONA DAI SUOI QUADRI.


“AFFRONTARE UN’IDEA E TRASFERIRLA SULLA TELA SIGNIFICA LOTTARE CON IL COLORE E FAR SÌ CHE L’OGGETTO SI UNIFORMI ALLE PROPRIE ESIGENZE NARRATIVE. QUANDO INIZIO UN QUADRO, HO GIÀ IN MENTE QUALE SARÀ LA PARTE CHE DOVRÀ UMANIZZARSI.”

tanta libertà di esprimere il mio interesse. Mio padre, ufficiale dell’Aeronautica, era obbligato a soventi trasferimenti, per cui ho avuto la possibilità di visitare monumenti, musei e gallerie d’arte. Da adulto sono arrivato a Ravenna dove ho trovato l’ambiente giusto per maturare artisticamente. Ho avuto la fortuna di frequentare, nel suo studio di Lido di Spina, il maestro Remo Brindisi che mi ha spronato a perseverare.” Il suo è un genere molto originale. A cosa è dovuta questa tridimensionalità materica che esce dalle sue tele? “È stata una mia esigenza fortemente sentita. Non mi bastava trovarmi di fronte al quadro ultimato dove le immagini erano

sì belle, ma imprigionate nella tela; volevo che queste si potessero liberare e assumere una loro gestualità umana. Nasce così la tecnica che ho battezzato Experimentum in corpore vili. I colori usati nei miei lavori sono sempre gli stessi: rosso, blu, giallo e bianchi fantasmici. L’alchimia delle macchie cromatiche evocano le improvvisazioni di Kandinskij e i fasci di luce che tagliano i piani ricordano Feininger e Delaunay. C’è una citazione di un grande artista, Francis Bacon, che rispecchia profondamente il mio modo di fare arte: non c’è tensione in un quadro se non c’è lotta con l’oggetto. Affrontare un’idea e trasferirla sulla tela significa lottare con il colore e soprattutto far sì che l’oggetto si uniformi alle proprie esigenze narrative.” Esistono altri artisti che propongono opere che possono avvicinarsi, per diversi motivi, alle sue? “Gli artisti delle correnti New Dada e Pop Art che sovrapponevano alla tela oggetti solitamente presenti nella vita di tutti i giorni. La mia tecnica non prevede l’aggiunta di parti estranee al quadro dipinto; quando inizio un quadro, ho già in mente quale sarà la parte dello stesso che dovrà umanizzarsi.” Perché ha scelto di vivere in una casa colonica a Russi? “La campagna con la sua semplicità ma piena di valori mi ha sempre attratto. Lì le persone sono genuine e portate all’amicizia disinteressata. Il paesaggio nel quale oggi sono immerso è la cornice ideale per il mio modo di fare arte e rappresenta il mio paradiso in terra.” IN MAGAZINE

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SCOPRIRE

Il borgo di

MEZZANO OGGI CHE IL NOVECENTO È FINITO, GLI STABILI IN ABBANDONO DEL TEATRO E DELLO ZUCCHERIFICIO SI AFFIANCANO IDEALMENTE ALLE TORRI DEI RASPONI E AL CONVENTELLO PERDUTO. di Andrea Casadio / ph Massimo Fiorentini

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Il territorio del Comune di Ravenna, uno dei più vasti d’Italia, è un insieme di ambienti diversi e di tante piccole comunità, ognuna con una sua storia e un’identità ben definita. Ci sono le località della costa, le meglio note ai ravennati di città per ovvi motivi ludico-balneari. C’è l’entroterra a Ovest e a Sud del capoluogo, con i suoi fiorenti paesaggi di agricoltura specializzata e le sue ville padronali. Per chi invece esce dalla città e imbocca la Reale verso Ferrara, nel giro di pochi chilometri lo scenario comincia a rivelare caratteristiche, a sua volta, del tutto peculiari, con la pianura che sembra allargarsi senza confini in un orizzonte spoglio e quasi metafisico. È il paesaggio della larga, quello in cui la Romagna si stempera negli umori della più tipica Bassa padana. Unica ma imponente presenza è quella del Lamone, le cui rive si ergono alte sulla campagna a spezzare l’orizzonte. Il Lamone, infatti, è uno dei due elementi fondamentali del territorio compreso fra Mezzano, Savarna e gli altri paesi del circondario. L’altro – oggi scomparso, ma il cui retaggio si perpetua proprio nella vastità della larga – fu rappresentato per secoli dalle valli, le grandi paludi che si estendevano a Nord di Ravenna fra il mare e il Po di Primaro. Luoghi sterili e insani ai nostri occhi, ma a quelli dei nostri antenati non del tutto improduttivi, in quanto riserva di risorse per loro importanti: pesce, foraggio, legname. E appunto le piccole comunità di pescatori e di cacciatori che si coagularono sugli argini dei fiumi e sulle rive delle valli (in particolare quella chiamata Fenaria) diedero vita alle frazioni ancor oggi esistenti. Le prime notizie al riguardo risalgono al 1371, quando in un registro fiscale sono indicate per la prima volta la chiesa di S. Cristoforo e la sua minuscola comunità di otto focolari, primo nucleo della futura Mezzano. Poco dopo, alla metà del ’400, è attestata l’esistenza del porto di Saverna, ossia un approdo fluviale sul Lamone.

Un evento importante fu poi la decisione dei Veneziani, nel 1504, di deviare il corso del fiume, che prima si immetteva nelle paludi, per farlo confluire a nord nel Po di Primaro, lungo il tracciato oggi percorso dall’ultimo tratto della via Basilica verso S. Alberto. La natura in gran parte selvaggia del territorio, covo di banditi e poco adatto a uno sfruttamento agricolo, favorì la sua concentrazione nelle mani di pochi grandi possidenti, sia ecclesiastici sia laici. Fra i primi spiccava in particolare il monastero di S. Maria in Porto, proprietario di vasti possedimenti a Nord-Ovest del Lamone, ossia nella parte cosiddetta di Savarna di là. La residenza edificata dai monaci, il Conventello, all’inizio dell’Ot-

IL PRIMO NUCLEO DI MEZZANO RISALE AL 1371, CON LA PRIMA COMUNITÀ DI OTTO FOCOLARI. LE GRANDI OPERE DI BONIFICA E LA COLTURA DI RISO FAVORIRONO L’ARRIVO DEI BRACCIANTI. PRESTO IL PAESE DIVENTA LA ROCCAFORTE ROSSA DELLA POLITICA RAVENNATE.

tocento vide anche risiedere fra le sua mura il giovane Gioacchino Rossini, ospite dell’amico Agostino Triossi, ricco borghese che acquistò molti dei terreni dopo la soppressione del monastero in epoca napoleonica. Attorno al Conventello e alla sua chiesetta dedicata a S. Ubaldo si sviluppò il borgo che ancor oggi ne porta nome, cosa che purtroppo non ha impedito la caduta in rovina dell’edificio e la sua quasi totale demolizione una quarantina di anni fa. La zona a Sud-Est del fiume (Savarna di qua) fu invece caratterizzata dalla presenza che influì maggiormente sulla storia di queste terre fino alle soglie del XX secolo, quella dei Rasponi.

IN APERTURA, LE TORRI DI SAVARNA, LOCATION DELL’INQUIETANTE SCENEGGIATO TELEVISIVO ALBERT E L’UOMO NERO (1976).

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SOPRA, L’EX ZUCCHERIFICIO DELLA SOCIETÀ LAMONE (POI ERIDANIA). NELLA PAGINA A FIANCO, L’ESTERNO DELL’EX TEATRO DI MEZZANO.

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La casata, nei vari rami in cui era articolata, aveva acquisito vaste possidenze nella zona fin dal ’400, ereditandole dalla famiglia Balbi. Fu però nel XVI secolo che i Rasponi fecero di Savarna il fulcro del proprio potere, simboleggiato dalle minacciose residenze fortificate ai margini delle paludi, le cosiddette torri. Una carta di metà ’500 riporta sette edifici, di forme più o meno imponenti e di proprietà di altrettanti membri della famiglia, disposti in successione Nord-Sud lungo il vecchio corso del fiume. Oggi restano le cosiddette torri di Savarna (un palazzo in laterizio oggi disabitato, adibito per qualche tempo a ristorante e negli anni ’70 azzeccata location dell’inquietante sceneggiato televisivo Albert e l’uomo nero), nonché, nelle vicinanze, altri due edifici purtroppo ormai ridotti quasi a rudere. Ad essi si aggiungeva, prima di essere distrutto durante la seconda guerra mondiale, il palazzo di Torri di Mezzano, davvero imponente nella sua massiccia struttura, appunto, di torrione fortificato. Quando i costumi si ingentilirono, fra Sei e Settecento, alcuni esponenti della famiglia abbandonarono quelle terre insalubri per luoghi più ameni. Al contempo, però, le paludi rappresentarono

NEL 1909 LA COSTRUZIONE DI UN IMPORTANTE ZUCCHERIFICIO DELLA SOCIETÀ LAMONE (POI ERIDANIA) INTRODUSSE UN’ALTRA PRESENZA DESTINATA A CARATTERIZZARE LA VITA DI MEZZANO NEL CORSO DI TUTTO IL SECOLO SCORSO.

l’ambiente ideale per iniziative di sperimentalismo agrario, in particolare quello delle risaie. Introdotte nella zona già nel ’700, esse conobbero una vera e propria esplosione dopo la colossale rotta del Lamone del 1839, quando si decise di sfruttare l’occasione per riprendere su larga scala l’opera di bonifica già tentata dal governo pontificio nei secoli precedenti. Le valli furono allora arginate nella cassa di colmata, dove il fiume venne deviato al fine di bonificarle con le sue torbide, mentre uno sfruttamento agricolo fu assicurato, appunto, attraverso l’introduzione della coltura del riso. Questa, insieme alle nuove grandi opere di bonifica intraprese dalla fine dell’Ottocento, necessitava di una numerosa


riserva di manodopera. L’incremento demografico dell’epoca ne offriva provvidenzialmente in grande quantità, in quella parte di popolazione espulsa dai poderi tradizionali e che, come mezzo di sostentamento, poteva contare sull’unica risorsa delle proprie braccia. Dalla fine dell’Ottocento, la presenza di questa massa di proletariato agricolo (i braccianti, appunto) divenne la caratteristica saliente di queste località, influenzandone profondamente l’economia, la struttura sociale e la mentalità collettiva. Attorno ai braccianti si crearono una nuova identità e una nuova mitologia (per esempio quella dello scariolante, l’operaio che parte nel cuore della notte con la carriola sulle spalle per il cantiere della bonifica), mentre la spontanea adesione a istanze collettivistiche fece della zona la roccaforte rossa della politica ravennate. Proprio la sua natura di borgo bracciantile favorì nel corso del

’900 l’ascesa di Mezzano come piccola capitale di questo mondo, in tutte le sue manifestazioni: epicentro delle violenze della Settimana rossa del 1914, ma anche sede di iniziative di grande pragmatismo come la Cooperativa Agricola Braccianti, vero centro propulsore della vita locale che a sua volta promosse addirittura l’edificazione di un teatro, per lungo tempo amatissimo simbolo del paese. Nel 1909 la costruzione di un importante zuccherificio della società Lamone (poi Eridania) introdusse un’altra presenza destinata a caratterizzare la vita di Mezzano nel corso di tutto il secolo scorso. Oggi che il Novecento è finito, gli stabili in abbandono del teatro e dello zuccherificio si affiancano idealmente (e malinconicamente) alle torri dei Rasponi e al Conventello perduto, simboli di una storia che avrebbe meritato maggiore fortuna nella trasmissione della propria memoria alle generazioni del nuovo millennio.

Circonvallazione S. Gaetanino, 104 Ravenna 0544 454119 www.casadellatenda.com


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L’O – OSTERIA, CUCINA & CANTINA A PASSEGGIO CON GUSTO

MIRKO BALESTRI PROPONE UNA CUCINA CREATIVA E CURATA, IMPRONTATA SULLA SEMPLICITÀ, CON INGREDIENTI FRESCHI E GENUINI. IN MEZZO ALLE PIANURE LUGHESI, IL LOCALE È INTIMO E SOBRIO.

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Si fa guidare dalla passione, Mirko Balestri, titolare de L’O – Osteria, cucina & cantina, immersa nelle pianure lughesi, più precisamente a Belricetto (Ravenna), in via Provinciale Maiano 3. Fiero del suo ristorante, del quale è unico proprietario dal 2012, propone una cucina creativa e curata, improntata sulla semplicità, con ingredienti freschi e genuini. È lui stesso a selezionare le materie prime, dalle farine per la pasta fatta in casa ai prodotti di stagione, tutti esclusivamente del territorio. A sentirlo parlare è un fiume in piena… Mirko racconta con entusiasmo il suo slancio per questo settore che – nel passato – non apparteneva alla sua vita, in quanto svolgeva altri lavori, altrettanto artigianali, che hanno arricchito il suo bagaglio conoscitivo e favorito il suo percorso di persona

autonoma e in grado di destreggiarsi nel risolvere qualsiasi piccolo intoppo quotidiano nel proprio locale. Forte delle proprie capacità, ma anche dell’intraprendenza e operosità che mai gli sono mancate, ha curato e arredato con gusto sobrio e amorevole la sua osteria rendendola familiare e delicatamente calda. Sempre pronto a rimboccarsi le maniche, a secondo della stagione, dipinge ogni parete delle tre sale interne. Ora gli occhi ammirano i colori tenui e primaverili, e lo sguardo viene subito attirato dai soffitti dove Mirko ha disposto un controsoffitto costituito da bianchi teli, morbidamente distesi, per favorire un miglioramento acustico delle sale. In ogni angolo ha saputo personalizzare la sua osteria, e il risultato nel complesso è di grande armonia, per uno spazio inti-

NELLA FOTO IN ALTO, AL CENTRO MIRKO BALESTRI CON TUTTO IL SUO STAFF.


ADVERTORIAL

I MENÙ CAMBIANO OGNI GIORNO SEGUENDO IL SUO TALENTO NATURALE PER LA CUCINA. MOLTO APPREZZATA È LA PROPOSTA DI ‘MENÙ GOURMET’, COSTITUITO DA CINQUE PORTATE A SORPRESA.

mo e sobrio. All’ingresso del locale ha posizionato la ‘sua’ cantina, interamente in legno, realizzato artigianalmente su progetto personalizzato con le proprie mani, dove conserva ‘etichette di livello’. Non si può che restare incantanti, notando la dedizione e l’impegno nell’esporre ogni bottiglia, come fosse una collezione di preziosi gioielli. Dotato di un talento naturale per la cucina, Mirko racconta di aver partecipato alla trasmissione televisiva Cuochi d’Italia con Alessandro Borghese, raggiungendo le semifinali. Ma la sua realtà oggi è l’osteria L’O . Con allegria e leggerezza racconta i suoi menù, che ogni giorno cambiano. “Mettersi nei panni del cliente è la cosa fondamentale per poi poterlo soddisfare”, ama ripetere. Dobbiamo ammetterlo, un po’ di acquolina viene dopo averlo sentito elencare alcuni dei suoi piatti: passatello asciutto con filetto di canocchie, pomodorini e basilico; gamberi rossi con fichi marinati con polvere di fois gras; carpaccio di tonno con fragole… e molto altro ancora! Da segnalare la sua proposta di ‘menù Gourmet’, costituito da cinque portate a sorpresa, sempre molto richiesto.

Durante il periodo estivo, lo spazio esterno che circonda il casolare in grado di ospitare circa 80-90 coperti, è utilizzato per pranzi e cene. È sempre molto apprezzato per la temperatura fresca e ventilata, e per il contatto con la natura circostante. C’è inoltre la possibilità di richiedere il servizio

catering adatto per cerimonie nuziali, comunioni, compleanni e feste in genere. Il garbo di Mirko e il suo sorriso allettante, sono un ottimo biglietto da visita con i suoi clienti. Con la sua tenacia e intraprendenza, riuscirà certamente in futuro, a realizzare i suoi progetti di ampliamento dei locali.

L’O osteria Via Provinciale Maiano, 3 - Belricetto, Lugo (RA) Tel e fax 0545/70026 info@loosteria.it - www.loosteria.it IN MAGAZINE

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COMPETERE

Guerriero della

SUPERSPORT FEDERICO CARICASULO, RAVENNATE CLASSE 1996, È UN PILOTA DI TALENTO ATTUALMENTE IN FORZE AL TEAM GRT NEL CAMPIONATO MONDIALE SUPERSPORT. di Alessandro Bucci

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Federico Caricasulo è un ragazzo alla mano, semplice e simpatico che, quando sale in moto, si trasforma in un guerriero indomito che morde l’asfalto, riuscendo a compiere delle imprese che rimangono nella mente degli appassionati. È il caso della splendida vittoria colta dal prodigio romagnolo in Thailandia lo scorso anno in sella alla sua Yamaha, per non parlare del successo a Jerez, al ritorno dall’infortunio sul finire della stagione 2017. Attualmente in forze al team GRT nel campionato mondiale Supersport, Caricasulo ha iniziato la stagione con un quarto, un terzo e un secondo posto, fiducioso di poter recuperare terreno strada facendo. Federico, com’è nata la tua passione per le due ruote e che ricordi hai dei tuoi primi chilometri in sella a una moto? “Sin da piccolo, ero sempre sul monopattino e mezzi che si muovevano con ruote [n.d.a., ride]. Il colpo di fulmine con le moto è scattato quando mio padre mi portò alla piccola pista per mini moto Lago Max a Ravenna. Ci giravano dei ragazzini che poi ho conosciuto quando ho iniziato a cimentarmi con le moto e che mi trasmisero una tale voglia di salire su una di esse che, quell’anno, Babbo Natale mi portò la mini moto cinese! La provai per la prima volta nel parcheggio dell’Iper e poi il resto è storia. Il mio papà ha provato a distogliermi dalle moto in più di un’occasione, ma alla fine non c’è riuscito, a quanto sembra...” Nel 2014 sei diventato campione italiano della classe Supersport con il team Evan Bros SMA, giungendo quinto nell’europeo. Che significato ha avuto per te questo traguardo? “È stato un primo passo importante nella mia carriera, oltre che un trampolino di lancio per passare ufficialmente all’europeo e poi dal 2016 a oggi al mondiale Supersport. Ricordo bene la prima gara nel 2014, dove arrivammo con il furgone io, un mio

amico e il meccanico. Vincemmo al primo tentativo, fu pazzesco. Inoltre citerei l’ultima vittoria, quando il team era divenuto più strutturato e vincemmo il campionato per una manciata di punti all’ultima gara.” Le apparizioni in Moto 2 che cosa ti hanno lasciato a livello professionale e personale? “Poco, purtroppo. Le apparizioni a spot non permettono di imparare con gradualità. Manca la dimensione dei test che ti aiutano a capire molte cose e ad acquisire coscienza di quello che stai facendo. Mi sono ritrovato fiondato in quel mondo un paio di volte ritrovandomi con gomme diverse, su piste differenti a parte Misano e mi sono mancati dei riferimenti importanti.”

“NEL 2014 È DIVENTATO CAMPIONE ITALIANO DELLA CLASSE SUPERSPORT, SULLA HONDA CBR600RR CON IL TEAM EVAN BROS SMA RACING. POI HA ESORDITO NELL’EUROPEO SUPERSTOCK 600, CHE CONCLUDE AL QUINTO POSTO CON TRE PIAZZAMENTI A PODIO.”

Lo scorso anno nel Campionato Mondiale Supersport hai ottenuto due belle vittorie oltre al podio in Italia. Che ricordi hai di quelle giornate e quanto è stato difficile rientrare dopo l’infortunio? “Purtroppo mi sono rotto la clavicola alla terza gara e ho fatto tutto il possibile per rientrare subito. Quando sono tornato a correre non ero al 100 per cento, ma è stato in parte gratificante. La prima vittoria in Thailandia è stata fantastica, un piccolo traguardo che mi ero prefissato e alla fine ce l’ho fatta, ma il successo che ricordo più volentieri è quello colto a Jerez nel finale di stagione.

UN PRIMO PIANO DEL PILOTA RAVENNATE FEDERICO CARICASULO, CLASSE 1996.

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A ISPIRARLO È MARCO MELANDRI, SUO CONCITTADINO E PUNTO DI RIFERIMENTO. SI ALLENANO SPESSO INSIEME SIA IN MOTO CHE IN PALESTRA E GLI FORNISCE SEMPRE STIMOLI IMPORTANTI PER MIGLIORARE. DEDICA DODICI ORE AL GIORNO ALLA SUA PROFESSIONE.

SOPRA, FEDERICO CARICASULO IMPEGNATO IN UNA GARA. A DESTRA, UN PRIMO PIANO DEL PILOTA.

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È stato bellissimo il duello con Jules Cluzel, un pilota che vantava maggior esperienza, un avversario di alto livello.” Sei soddisfatto di questo inizio di stagione? “Per quanto riguarda i piazzamenti sì, perché abbiamo comunque raccolto dei punti, ma penso che in quanto a risultati avremmo potuto fare anche qualcosa di più. All’interno della mia squadra sono cambiati alcuni elementi e ora dobbiamo ritrovare un po’ la giusta chimica. L’importante sarà

non totalizzare degli zeri nelle caselle dei risultati, sono fiducioso comunque.” C’è un pilota in particolare al quale ti sei ispirato nel corso della tua carriera? “Sicuramente Marco Melandri. Non solo è mio concittadino, ma è anche un punto di riferimento. Ci alleniamo spesso insieme sia in moto che in palestra e mi fornisce sempre stimoli importanti per mi-

gliorare.” Chi è Federico Caricasulo quando non indossa tuta e casco salendo sulla moto? “Un normalissimo ragazzo di Ravenna, direi. Dedico dodici ore al giorno alla mia professione, allenandomi e girando per questioni sempre legate al mio sport, ragion per cui il poco tempo libero lo spendo con gli amici e la mia ragazza.”


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GIRARE

L’Eroica

IN MOTO PER ANDREA LEGGIERI, LA MANIFESTAZIONE CHE OGNI ANNO FA TAPPA IN TOSCANA È UN CONDENSATO DI VALORI, ESPERIENZE, EMOZIONI CHE GLI HANNO ISPIRATO UNA VITA ON THE ROAD.

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di Roberta Bezzi / ph Giorgio Sabatini

Per i centauri è uno dei percorsi più incantevoli d’Italia che, tra storia e leggenda, racconto e narrazione, si snoda sulle colline del Chianti, caratterizzato da sali e scendi su strade per metà asfaltate e per metà sterrate. È la lunga via dell’Eroica, un moto itinerario di 205 km che idealmente disegna un otto, segnalato con appositi cartelli stradali in modo da non perdersi, che inizia a Gaiole in Chianti, costeggiando vigneti fino ad arrivare a vedere le mura di Siena. Da qui, percorrendo strade bianche affiancate da cipressi si entra nelle Crete Senesi. Si oltrepassa l’Ombrone e ci si alza in quota sulla strada di Castiglion del Bosco che raggiunge la bella altura di Montalcino, vicino al Passo del Lume Spento. Tra i vigneti del Brunello, si arriva piacevolmente dove la Val d’Orcia si fonde con la Val d’Asso. A Torrenieri si lascia la strada asfaltata della Toscana: grandi spazi aperti precedono il piccolo borgo di Lucignano d’Asso per fare tappa a San Giovanni d’Asso, patria del tartufo delle Crete. Ancora un tratto sulla strada bianca di Pieve a Salti per arrivare a Buonconvento, dove si attraversa la Cassia. Si percorre

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un tratto della Via Francigena e poi si torna sulle Crete attraversando due strade bianche: la via di Montacuto e la via di Monte Sante Marie. Ancora dopo un tratto sterrato si torna nel borgo di Asciano. A Castelnuovo Berardenga si torna nel Chianti. Dopo i mulini tornano i vigneti lungo la strada di Vagliagli. Da Radda si può ammirare il paesaggio del chiantigiano verso Vertine prima di giungere nella piazza di Gaiole, che è il punto di partenza e arrivo dell’Eroica in Moto. La manifestazione nasce sulle tracce della storica rievocazione cicloturistica, L’Eroica appunto, nata con successo vent’anni fa e diventata un brand importante nel settore del ciclismo a livello mondiale. “Pare di essere sul set di un film di Bernardo Bertolucci – afferma il promotore Andrea Leggieri –. Pur trovandosi in una delle regioni più turistiche d’Italia, il percorso dell’Eroica è in realtà in una zona isolata che pochi conoscono a fondo. Ogni anno, nel mese di maggio, si iscrivono cinquecento centauri provenienti da tutta Italia e dall’Europa, il numero massimo che possiamo accogliere, desiderosi di percorrere quello che è uno dei


TRA I 500 PARTECIPANTI CI SONO ANCHE EX PILOTI E CAMPIONI DELLA PARIGI-DAKAR CHE ARRIVANO CON LE LORO STORICHE MOTO DEGLI ANNI ‘8090. DURANTE LE DUE GIORNATE, SI CREA UNA GRANDE TRIBÙ CHE VIVE INSIEME ANCHE BEI MOMENTI CONVIVIALI.

pochi percorsi fuoristrada in Italia.” A farla da padrone non sono le moto nuove, ma quelle vintage, ossia risalenti agli anni Ottanta e Novanta, periodo d’oro delle mitiche Parigi-Dakar. Da anni, Leggieri risiede a Bagnacavallo anche se, in virtù dei suoi frequentissimi viaggi, a chi gli chiede dove abiti, lui risponde: “In giro per il mondo”. L’Eroica in Moto, che quest’anno celebra la settima edizione, per lui è tante cose: un condensato di valori, esperienze, emozioni e di quella bellezza che gli hanno ispirato un’intera vita on the road. Sin da ragazzino matura una passione per le moto che nel

tempo si trasforma in una professione. Inizialmente si specializza nel settore come giornalista, poi comincia a organizzare eventi e viaggi emozionali in moto, in un mondo diverso da quello attuale. In trent’anni di attività, dice di averne viste di tutti i colori, ma L’Eroica in Moto è la sua più grande soddisfazione sia sotto il profilo umano che professionale. Con i partecipanti, un po’ di tutte le età, di tutte le origini e di tutte le classi sociali, si instaura ogni anno un’atmosfera speciale, con la riscoperta e valorizzazione anche del meglio dell’italianità a livello di cultura, gastronomia, paesaggi. Tra di loro ci sono anche ex piIN MAGAZINE

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“PECCATO CHE OGGI L’AFRICA NON SIA PIÙ FACILMENTE PERCORRIBILE. COME ORGANIZZATORE DI EVENTI E VIAGGI HO DOVUTO TROVARE DELLE ALTERNATIVE PER I TOUR E, IN QUESTI ANNI, MI SONO SPECIALIZZATO NELLA MONGOLIA E NEI BALCANI.”

loti e campioni delle ParigiDakar, che arrivano con le loro storiche moto. “Durante le due giornate di circu-

ito – racconta Leggieri –, a cui si aggiunge la giornata di accoglienza, si crea una grande tribù in cui si fa tutto insieme. Anche se il percorso è sempre lo stesso, le emozioni cambiano di anno in anno ed è questo che fa dell’Eroica un appuntamento di culto. Quando siamo in strada, ci aiutiamo l’uno con l’altro, c’è una grande fratellanza e nascono delle belle amicizie. Poi ci sono i pranzi e le cene conviviali, i bivacchi notturni e i momenti di svago, sempre tutti insieme.” L’Eroica vanta una collaborazione con la Onlus dedicata a Fabrizio Meoni, vincitore di diverse Parigi-Dakar, morto durante una corsa circa dieci anni fa, noto

non solo per essere un campione, ma anche per la grande umanità e solidarietà, in particolare verso l’Africa, dove ha aiutato a realizzare diverse scuole. Anche L’Eroica dà il suo contributo ogni anno, oltre a rendere omaggio a Meoni, con la visita alla ex officina, ora museo, di Meoni nel suo paese natale di Castiglion Fiorentino. “Peccato che oggi l’Africa non sia più facilmente percorribile come una volta – conclude Leggieri –. Come organizzatore di eventi e viaggi ho dovuto trovare delle alternative e, in questi anni, mi sono specializzato nella Mongolia, oltre a essermi innamorato dei Balcani dove vado diverse volte l’anno con vari tour.”

IN APERTURA, UN RITRATTO DI ANDREA LEGGIERI. IN QUESTA PAGINA, DUE MOMENTI DELL’EROICA IN MOTO CHE SI TIENE OGNI ANNO NEL MESE DI MAGGIO IN TOSCANA.

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Una natura

TRAVOLGENTE MANUELA VALLICELLI È UNA GIOVANE ARTISTA RAVENNATE IN BILICO TRA PITTURA, FOTOGRAFIA E VIDEOARTE. LA SUA INFANZIA IN AFRICA È BEN EVIDENTE NELLE SUE OPERE, ANCHE DI GRANDI DIMENSIONI.

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di Linda Antonellini / ph Massimo Fiorentini

Manuela Vallicelli è una pittrice di Ravenna con trascorsi africani. Quando aveva appena due anni la sua famiglia si è trasferita per lavoro in Nigeria, nel mezzo della giungla più incontaminata. A tredici anni è tornata a Ravenna dove ha completato gli studi d’arte: liceo artistico e Accademia di Belle Arti. Dal 2000 si è concentrata solo sulla pittura. Parlando con lei si capisce quanto il suo lavoro sia un tutt’uno con la sua identità, perché la pittura è percepita come urgenza e fonte di energia, come espressione inarrestabile del proprio sé. Gli spazi

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e il respiro della natura sono elementi sempre presenti nella sua ricerca, passando da un figurativo dei primi anni fino ad arrivare a un’astrazione nei paesaggi dove l’orizzonte sparisce nell’infinitamente piccolo oppure nell’immensamente grande. Ha realizzato un murale per la collezione permanente del Museo d’Arte Paolo Pini di Milano e sue opere sono presenti in collezioni private in Italia e all’estero. Ha esposto in diverse gallerie in Italia e all’estero e nel 2011 ha vinto ex aequo il premio Marina di Ravenna. Visti i lavori incentrati sulla natura, quanto è stato importante aver vissuto tanti anni in Africa? “Sicuramente molto. Ricordo quando da bambina aspettavo il temporale in giardino, guardavo il cielo che diventava sempre più nero. In Africa ogni colore, suono e odore ha un’intensità travolgente. Questa forza della natura, che mi appartiene, mi ha portato a realizzare una serie di quadri di grandi dimensioni.” Una caratteristica dominante nelle sue opere è l’uso di pigmenti naturali… “Ritengo sia il mezzo migliore per creare colori e ottenere la giusta

opacità e trasparenza che ricerco in ogni mio quadro.” Un altro mezzo espressivo ricorrente è la videoarte… “Il punto d’incontro tra la videoarte e la pittura è stato sicuramente la fotografia. La videoarte è un approdo naturale di questo mio interesse, complementare alla pittura.” Considerato questo stretto rapporto con la fotografia e la videoarte, utilizza supporti fotografici per dipingere? “No, così come non copio dal vero. La mia potrebbe essere definita una pittura di soglia, mi pongo in mezzo fra il realismo e l’astrattismo. Le immagini nascono per un effetto di generazione spontanea in seguito a un dialogo fra il mio mondo interiore e la natura esterna, è un incontro fra l’inorganico e l’organico, il pensiero e la natura.” Progetti futuri? “Sto lavorando a una mia personale con opere di grandi dimensioni da abbinare a videoproiezioni e alla realizzazione di un libro d’arte dedicato a Luca Scacchi Gracco, con la collaborazione di Franco Maria Ricci, Jean Blanchaert e l’attrice Greta Scacchi, figlia di Luca Scacchi.”


We have a dream

18 giugno n

ERODIADE - FAME DI VENTO (1993-2017)

coreografia Julie Ann Anzilotti riallestimento nell’ambito del Progetto RIC.CI

29 giugno n

BALLET NATIONAL DE MARSEILLE & ICK APPARIZIONE coreografia Emio Greco e Pieter C. Scholten

1 luglio n

TANGO GLACIALE RELOADED (1982-2018) progetto, scene e regia Mario Martone riallestimento nell’ambito del Progetto RIC.CI

11 luglio n

BILL T. JONES / ARNIE ZANE COMPANY

A LETTER TO MY NEPHEW coreografia Bill T. Jones con Janet Wong

22 luglio n

ravennafestival.org

danza

Bill T. Jones ©Jim Coleman

ROBERTO BOLLE AND FRIENDS


DIPINGERE

Passioni

LIBERATORIE SIN DAGLI ESORDI IL PITTORE VANNI SPAZZOLI, INSOFFERENTE ALLE REGOLE DELLA BUONA PITTURA, È IN SINTONIA CON IL NEOESPRESSIONISMO DEI COSIDDETTI NUOVI SELVAGGI TEDESCHI.

S

di Aldo Savini / ph Lidia Bagnara

Sul finire degli anni Sessanta, Vanni Spazzoli, originario di Forlì ma residente a Sant’Agata sul Santerno, frequenta a Massa Lombarda la scuola diretta da Umberto Folli e lo studio di Ettore Panighi, manifestando una certa insofferenza per le regole compositive della buona pittura non rispondenti alle sue esigenze creative che appaiono, fin dagli esordi, in sintonia con il neoespressionismo dei cosiddetti nuovi selvaggi tedeschi. Il suo percorso artistico, segnato da cicli tematici, partendo da una figurazione decisamente espressionista è approdato in tempi recenti ad una visione in cui gli elementi figurativi si sono attenuati per pro-

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gressive sottrazioni fino a ridursi a segni vaganti, pur sempre forti e incisivi, nello spazio pittorico fatto di riquadri assemblati. L’immaginario di Spazzoli, che rimanda a tensioni interiori profonde, paure, ossessioni e desideri repressi, è popolato da animali aggressivi e rapaci, gatti famelici dalle bocche spalancate, leoni minacciosi, uccellacci e corvi neri, api solitarie, ma anche da giocattoli, macchinine, bambini sul triciclo, cavalieri erranti, solenni madonne regine con la corona in testa e le vesti sfolgoranti, tragiche crocifissioni e manager in abito scuro e cravatta. I ricordi dell’infanzia, le presenze familiari, i fatti del mondo e le cose della natura, i luoghi che conservano memorie stratificate sembrano rivisitati e associati secondo un ordine arbitrario, quasi seguissero il filo personale delle libere associazioni. Sono immagini generate da un’esplosione visionaria, gestuale e liberatoria, resa con tratti marcati e colori puri che escludono effetti luministici, vibrazioni atmosferiche e soluzioni tonali, pertanto, non sono riconducibili al naturalismo della pittura di tradizione in Romagna. L’immediatezza e la decisione con

cui prendono forma non lasciano spazio a ripensamenti, trattengono la potenza e la carica drammatica del grido; così le scene frammentate che si complicano con l’intrusione di presenze inquietanti e insidiose urlano, non parlano, e, prefigurando un affondo nella coscienza, non vogliono convincere quanto impressionare e provocare emozioni folgoranti e molto spesso disorientanti e allarmanti. Tra le esposizioni personali si segnalano quelle all’Istituto Culturale G. Cini di Ferrara (1991), alla Galleria La Bottega di Ravenna (1993), alle Pescherie della Rocca di Lugo (1998), al Museo del Senio di Alfonsine (2003), al Museo San Rocco di Fusignano (2010), ai Magazzini del Sale di Cervia (2013) e al Centro Mercato di Argenta del 2017, oltre al rapporto stabile con la Galleria L’Ariete arte contemporanea di Bologna che dal 2008 l’ha presentato ad Artefiera (Bologna), ArtVerona, Miart (Milano) e ArtKarlsruhe. Una sua opera raffigurante un’ape solitaria che vola indisturbata sopra tulipani pietrificati è stata scelta per la copertina della raccolta Poesie.1985 – 2017 di Nevio Spadoni, per la collana Tamerici I Classici della poesia romagnola.


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Concept: Roberto Gabellini Artwork: Menabò

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