Tariffa R.O.C.: Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB - FILIALE DI FORLÌ - Contiene i. p. - Reg. al Tribunale di Forlì il 16/01/2002 n. 1 - EURO 3,00
R AV EN N A
BARAVELLI
Maria Vittoria
INFLUENCER CULTURALE
DECO INDUSTRIE / Eccellenza oltre confine CLASSIS RAVENNA / Raccontare la città GIORGIA CORNIOLA / Scatti da Oscar
N° 1 MARZO/APRILE 2019
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EDITORIALE
SOMMARIO
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Apriamo il primo numero dell’anno parlando di cultura e social network con l’influencer e curatrice museale Maria Vittoria Baravelli, che con i suoi follower apre un dialogo tra l’arte e le nuove generazioni. Incontriamo l’AD di Deco Industrie, azienda specializzata nel bakery e nei detersivi per l’igiene domestica che chiude il 2018 in crescita, e Matteo Scaioli, musicista che mixa le tecnologie innovative all’antica tradizione dei grammofoni a manovella. Ci addentriamo alla scoperta di Classis Ravenna, il nuovo museo che racconta la storia della città e del suo territorio, e sveliamo alcune curiosità sull’evoluzione del Carnevale. Scopriamo i paesaggi urbani della pittrice Liliana Santandrea e gli scatti da Oscar della fotografa Giorgia Corniola. Infine, visitiamo il Parco Beato, il cimitero degli animali di Lugo. Buona lettura! Andrea Masotti
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Brevi IN
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Maria Vittoria Baravelli
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PRODURRE
Deco Industrie
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Matteo Scaioli
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Classis Ravenna
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FESTEGGIARE
Alle origini del Carnevale EDIZIONI IN MAGAZINE S.R.L. Via Napoleone Bonaparte, 50 - 47122 Forlì Tel. 0543.798463 / Fax 0543.774044 www.inmagazine.it info@inmagazine.it DIRETTORE RESPONSABILE: Andrea Masotti REDAZIONE CENTRALE: Clarissa Costa, Gianluca Gatta, Beatrice Loddo COORDINAMENTO DI REDAZIONE: Roberta Bezzi ARTWORK: Lisa Tagliaferri IMPAGINAZIONE: Francesca Fantini UFFICIO COMMERCIALE: Michela Asoli, Gianluca Braga, Elvis Venturini STAMPA: La Pieve Poligrafica Villa Verucchio (RN) ANNO XVIII - N. 1 Chiuso per la stampa il 11/03/2019
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DIPINGERE
Liliana Santandrea
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FOTOGRAFARE
Giorgia Corniola
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Collaboratori: Roberta Bezzi, Andrea Casadio, Anna De Lutiis, Serena Onofri, Aldo Savini. Fotografi: Lidia Bagnara, Andrea Bardi, Massimo Fiorentini, Piero Gemelli.
COMMEMORARE
Un parco pe ricordare
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Braga nel sequel di SORRENTINO RAVENNA Si chiama
Body Painting DANTESCO MARINA DI RAVENNA
Quindici artisti provenienti da tutta Italia hanno dato vita a un’originale sfida nella sede della Pro Loco di Marina di Ravenna: dipingere i corpi come una tela con disegni ispirati alle terzine del Sommo Poeta. Questa in sintesi la prima edizione del contest di Body Painting – Dante e la Divina Commedia organizzato dall’associazione Spazio Arte. Tra i partecipanti, presente anche Nicola Loda, il campione nazionale italiano di body painting che si è distinto nel 2017 nella categoria pennello e spugna e nel 2018 in quella di creative make-up. Mentre gli artisti erano al lavoro, una ventina di fotografi li hanno immortalati nell’ambito del correlato concorso Frammenti di Painter.
Aperte le audizioni per ENERGIE CREATIVE RAVENNA Si terrà dal 20 al 24 maggio la terza edizione di Alla scoperta delle energie creative della Romagna, che prevede audizioni per 200 ragazzi sotto forma di incontri-dialogo al Teatro Alighieri di Ravenna. “Lo considero una sorta di censimento dei giovani – spiega il presidente del Ravenna Festival –. L’intento, infatti, è quello di aiutare le nuove leve a scoprire le loro passioni, offrendo loro i giusti suggerimenti e consigli. Spero di rivedere anche alcuni dei partecipanti alle precedenti edizioni, per vedere come sono cresciuti e cambiati. So che molti di loro hanno intrapreso percorsi formativi professionali all’interno di istituti musicali, conservatori e accademie di danza, e ne sono molto orgogliosa. Quest’anno ho in serbo una novità: vorrei presentare qualcuno dei ragazzi durante il festival. Non so ancora come, ma potrebbe essere una serata a loro dedicata con l’inserimento di artisti che li aiutino e li incoraggino”. Le iscrizioni sono aperte fino al prossimo 18 aprile, esclusivamente via e-mail a segreteria@teatroalighieri.org. La chiamata è rivolta a tutti i ragazzi di Ravenna e della Romagna dagli 8 ai 18 anni, ma anche a chi ha già partecipato nel 2017 e 2018 e ha quindi superato la maggiore età. Possono partecipare singoli o gruppi (fino a un massimo di cinque persone).
Alessandro Braga il registaattore-architetto ravennate che si è ritagliato un piccolo ruolo nella nuova serie tv di Sky HBO e Canal+, firmata dal premio Oscar Paolo Sorrentino,The New Pope, sequel del fortunato The Young Pope. Le scene sono state girate a Venezia qualche settimana fa, ma l’intera trama del lavoro – che dovrebbe uscire entro fine 2019 – è rigorosamente top secret. “Sono rimasto colpito dalla professionalità e velocità di quel centinaio di persone che realizzava le riprese – afferma Braga –. E anche dalla grande sicurezza di tutti, che mi rendeva cosciente di star facendo qualcosa di importante. Nel cast ci sono attori del calibro di Jude Low e John Malkovich che ho solo intravisto…”. Cosa ricorderà per sempre? “Il silenzio irreale che si creava subito dopo il ciak”.
Wasp presenta LA CASA STAMPATA MASSA LOMBARDA Si chiama Gaia la prima casa stampata in
3D generata con la terra, presentata dall’azienda di Massa Lombarda Wasp, leader nel settore della stampa 3D. Si tratta di un nuovo modello architettonico ecosostenibile, realizzato con la terra del luogo, paglia e lolla di riso e, quindi, con particolare attenzione all’impiego di materiali naturali di scarto, provenienti dalla filiera produttiva di riso e orientati alla realizzazione di murature efficienti dal punto di vista bioclimatico e di salubrità degli ambienti. L’involucro esterno, completamente stampato in 3D in sito attraverso la stampante Crane Wasp, è stato progettato con la finalità di integrare al proprio interno i sistemi di ventilazione naturale, di isolamento termo-acustico e di impiantistica. Con Gaia, e sulla base dei dati sperimentati, è possibile immaginare in maniera concreta nuovi scenari economici. 4
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Il posto dove vivere.
ANNOTARE
La nuova Bonas è GIADA PAPETTI
Crossroads, il jazz in CENTO GIORNI
RAVENNA Si chiama Giada
RAVENNA Oltre 500 artisti, dai più blasonati alle nuove leve, per la ventesima edizione di Crossroads, il festival itinerante in Emilia-Romagna che propone il giro del mondo jazz in 100 giorni, 20 città e oltre 70 concerti, fino al 7 giugno. I jazzisti residenti impegnati in vari progetti sono i trombettisti Paolo Fresu, Enrico Rava (che festeggia 80 anni) e Fabrizio Bosso. A Ravenna, Fresu sarà nel Mare nostrum con il fisarmonicista Richard Galliano e il pianista Jan Lundgren l’11 maggio; Rava insieme a Tommaso Vittorini, Mauro Ottolini e Alien Dee, in Pazzi di jazz, il 6 maggio, e anche in Malìa napoletana, con il cantante Massimo Ranieri, il 5 maggio; Bosso con lo Spiritual Trio il 18 aprile a Russi. In cartellone anche il festival Ravenna Jazz dal 3 al 12 maggio. Per informazioni: www.crossroadsliveclub.it
Papetti la trentaduenne ravennate scelta come nuova Bonas, ossia la ragazza chiamata a distrarre i concorrenti del programma Avanti un altro, condotto da Paolo Bonolis e in onda tutti i giorni alle 18.45 su Canale 5. Capelli biondi e fisico statuario, Giada è nata a Ravenna e, dopo il diploma di laurea triennale in Massofisioterapia a Perugia, ha studiato Lingue e letterature straniere moderne occidentali all’università Ca’ Foscari di Venezia. Nella vita lavora come modella, insegnante di Pilates, ginnastica posturale e functional training. Ha la passione per la cucina, il cinema e la moda. “Lo sport è il mio compagno di vita”, ama ripetere Giada Papetti. Scelta come donna portafortuna al posto di Laura Cremaschi, la modella sta già bucando lo schermo.
Duello panoramico AL DUCATI WORLD MIRABILANDIA È cominciato il conto alla rovescia per l’inaugurazione in primavera del nuovo Ducati World al parco di Mirabilandia. Il tracciato del panoramico duelling coaster Desmo Race, unico nel suo genere al mondo, è stato montato e fotografato dall’alto con un drone per appagare la curiosità dei tanti fan Ducati e appassionati del parco. Si tratta di due binari che, a un certo punto, si incrociano, su cui corrono due moto Panigale V4 pronte a sfidarsi su un tracciato panoramico lungo 550 metri. Tre le attrazioni per i più piccoli: Diavel Ring, Kiddy Monster e Scrambler Run. L’esclusiva area tematica di Mirabilandia riservata alle Rosse di Borgo Panigale – la prima al mondo consacrata a un brand motociclistico in un parco divertimenti, occuperà ben 35.000 mq, pari a circa un terzo dell’intero parco. È frutto dell’accordo tra il marchio Ducati e Parques Reunidos, gruppo leader nel mercato del divertimento a livello mondiale.
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ESSERE
Inf luencer
CULTURALE MARIA VITTORIA BARAVELLI, 26 ANNI, È IL NUOVO, GIOVANE VOLTO DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DEL MAR. CURATRICE MUSEALE, CONDIVIDE L’ARTE E LA CULTURA CON I SUOI 15.000 FOLLOWER. di Serena Onofri / ph Piero Gemelli
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Maria Vittoria Baravelli è originaria di Ravenna ma vive, studia e lavora a Milano. È una curatrice d’arte e di fotografia, contributor per diverse riviste culturali e dal 2018 è stata nominata membro del consiglio di amministrazione del Mar – Museo d’Arte della Città di Ravenna. Un curriculum niente male e un incarico prestigioso per una ragazza che ha appena compiuto 26 anni. Con il suo account Instagram condivide con i suoi 15.000 followers il suo modo di vedere il mondo e la cultura. Così facendo, ha vinto il premio istituito dalla Fondazione Arnaldo Pomodoro per la valorizzazione delle opere del maestro ed è stata inserita tra i 20 giovani influencer italiani, intervistati nel corso del documentario firmato da Alberto D’Onofrio, andato in onda lo scorso 12 febbraio su Rai Due. Com’è cominciato tutto? “Dalla passione per la letteratura e per l’arte. Fin dai tempi dell’adolescenza, sapevo che avrei voluto lavorare nel mondo della cultura. Non avevo esattamente idea di cosa sarei diventata, il che
significava che sarei potuta essere tutto!” Il tuo percorso formativo come si è sviluppato? “Sono nata e cresciuta a Ravenna, dove ho frequentato il Liceo Scientifico A. Oriani che mi ha avvicinato a diverse discipline e ha fatto scaturire un profondo amore per le lettere, la storia e la filosofia, anche grazie alle mie insegnanti che mi hanno decisamente infervorato, valorizzando al contempo una dote più legata alle discipline scientifiche: la capacità di ottimizzare gli obiettivi da raggiungere. Poi mi sono trasferita a Milano, per iscrivermi alla facoltà di Lettere Moderne continuando però a sviluppare i miei interessi. Ho seguito un corso di scrittura creativa organizzata dalla Holden, la scuola diretta da Alessandro Baricco, e due corsi di Social Media Stategy. Da qui nasce la mia necessità di comunicare attraverso i social network”. Ami definirti art sharer, perché? “Per ribadire l’urgenza di un più profondo dialogo tra il mondo accademico, le nuove generazioni e
le arti, dalla pittura alla fotografia, dal cinema alla moda, dalla letteratura alla musica. Raccontando il tutto in un modo lineare, accattivante e mai banale, perché la cultura istituzionale è importantissima e oggi è quanto mai necessario saperla comunicare nel modo più giusto”. Quali altre esperienze formative ti hanno segnato fortemente? “Ho fatto l’assistente di galleria a Milano e poi a Londra, in una galleria nel cui palazzo David Bowie aveva creato il suo alter ego Ziggy Stardust. E poi, come è bello che sia, da cosa è nata cosa. Ad oggi ho curato mostre, partecipato alla realizzazione di cataloghi e scritto per giornali e riviste tra cui il Corriere della Sera, LensCulture, Il Fotografo, Artribune, Exibart e Cultweek”. Hai avuto la fortuna di incontrare grandi nomi del10
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la cultura mondiale: da Dario Fo al fotografo Peter Lindbergh, da Patti Smith a David Bailey. Come si viene in contatto con personaggi così importanti? “Essendo freelance devo sempre essere molto informata su ciò che avviene. L’abilità sta soprattutto nel saper cogliere le opportunità estemporanee che è difficile prevedere con anticipo. Due anni fa, tornando da New York in aereo mi sono accorta di essere seduta vicino a una signora che sembrava essere a tutti gli effetti Patti Smith. Arrivata a Milano, ho cercato su internet alcuni indizi e ho letto che Patti avrebbe ricevuto l’indomani la Laurea Honoris Causa all’Università di Parma. Così, ho chiamato subito l’ufficio stampa incaricato di coordinare la cerimonia che mi ha felicemente concesso un pass stampa. Il tempo per parlarle è stato poco
“MI DEFINISCO ART SHARER PERCHÉ È IMPORTANTE RIBADIRE L’URGENZA DI UN PIÙ PROFONDO DIALOGO TRA IL MONDO ACCADEMICO, LE NUOVE GENERAZIONI E LE ARTI. È FONDAMENTALE COMUNICARE LA CULTURA ISTITUZIONALE NEL MODO GIUSTO”.
ma ne è nato un articolo molto bello intitolato Patti Smith, la poetessa innamorata del vento”. Puoi raccontare di quella volta che hai incontrato Dario Fo? “Appena trasferita a Milano mi ero interessata alla storia della città meneghina, per me così accogliente, tanto da inventare una breve fiaba sulla sua nascita.
IN APERTURA E IN ALTO, DEI FOTORITRATTI DI MARIA VITTORIA BARAVELLI, SCATTATI DA PIERO GEMELLI. NELLA PAGINA SEGUENTE, UNA FOTO DELL’INFLUENCER CON IL BACIO DI HAYEZ.
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oppure hai trovato altri spazi e luoghi più affini a te? “Milano è stata un’incredibile storia d’amore. Ravenna tuttavia è sempre stata per me la città dell’ispirazione. Come scrisse Pasolini, Ravenna è un tappeto orientale: permette di addentrarti nella storia semplicemente passando da una strada all’altra e oggi accanto a monumenti storici si possono scorgere opere contemporanee come quelle di Invader. Ed è bellissimo”. Quali sono state, tra le mo-
Quando lessi a un’amica illustratrice un estratto dei miei appunti sull’Accademia di Brera, scuola che Dario aveva frequentato, lei mi confidò di essere stata la sua assistente e mi invitò ad andare insieme a trovarlo. Mentre mi arrovellavo su cosa poter raccontare a un uomo insignito del premio Nobel per la letteratura, nel soggiorno di casa sua, Dario Fo mi chiese subito, senza presentarsi, cosa vedessi nel dipinto che stava rifinendo. C’era una donna che volava nel cielo, come portata via da una folata di vento. Risposi che mi ricordava La Passeggiata di Marc Chagall. Era proprio così… Parlammo a lungo e raccontai a Fo di un libro che avevo letto anni prima, Come fiamma che brucia, una biografia del pittore russo raccontata da Bella, moglie che lo amò infinitamente. Dario si commosse molto perché, del resto, lui stesso aveva vissuto una forte unione con Franca Rame. Mi chiese se fossi potuta andare da lui qualche volta per leggerglielo. Così, divenne Dario. Un amico. Un gran curioso. Per ringraziarmi mi regalò un suo disegno e aggiunse: ‘per il tuo libro su Milano’. E nacque così il libro C’era una volta la nebbia”. Poi ti sei specializzata nella fotografia, che ha portato altri begli incontri… “Sì, ho intervistato molti dei fotografi che hanno fatto la sto12
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ria della moda tra cui Peter Lindbergh, Albert Watson, Gian Paolo Barbieri, Paolo Roversi, David LaChapelle e David Bailey. Quest’ultimo è colui che ha ispirato Antonioni per il suo film Blow-Up. Dopo una ricerca matta e disperatissima, ho trovato il modo di contattarlo e sono andata a trovarlo a Londra nel suo studio. Bisogna perseverare! Quando Peter Lindbergh inaugurò la sua ultima mostra in Italia non potei essere presente ma fu proprio una persona del suo entourage a richiamarmi dopo aver letto un mio articolo scritto precedentemente. Fu un’intervista magica e nacquero 8 pagine di pura poesia. Presi coraggio e contattai una delle riviste di fotografia più importanti d’America, LensCulture, con oltre 3 milioni di lettori al mese. Mi risposero quattro minuti dopo. Accettarono il pezzo e fu l’intervista più letta del mese”. Quali autori e artisti sono stati fondamentali nel tuo percorso? “Sono molto affascinata dagli autori che insegnano ad attraversare i muri e a coltivare la nostra sofferta unicità. Tra questi, Marina Abramovic, Wisława Szymborska, Dante, Alex Majoli, Emilio Isgrò, Leopardi, Catalano. Amo anche la musica di Michael Nyman, di cui sono stata assistente per un breve periodo”. Senti le tue radici a Ravenna
“QUELLA A PETER LINDBERGH FU UN’INTERVISTA MAGICA E NACQUERO 8 PAGINE DI PURA POESIA. PRESI CORAGGIO E CONTATTAI UNA DELLE RIVISTE DI FOTOGRAFIA PIÙ IMPORTANTI D’AMERICA, LENSCULTURE: ACCETTARONO L’INTERVISTA E FU LA PIÙ LETTA DEL MESE”.
stre che hai curato, quelle che preferisci ricordare? “Anzitutto, idDante, Il volto di Dante per una traduzione contemporanea. Per l’occasione ero riuscita a contattare Eduardo Kobra che, dopo aver realizzato il murales per le olimpiadi di Rio de Janeiro, era volato a Ravenna per dipingere il murales in via Pasolini. Sempre con lui a Düsseldorf ho contribuito alla realizzazione della sua esposizione organizzata da Sit Group dal titolo Mothers of the World. Comunque non esiste mostra che non abbia amato alla follia! Da Fabio Giampietro a Cracking Art, da Michele Palazzo a Robert Gligorov”. C’è un’opera d’arte a cui sei particolarmente legata? “Il Bacio di Hayez è una delle mie preferite perché la tela intrisa di pulsioni risorgimentali è divenuta fin da subito l’icona di un’Italia giovane, sensuale, sentimentale e ribelle”.
PRODURRE
Eccellenza
OLTRE CONFINE DECO INDUSTRIE, AZIENDA SPECIALIZZATA NEL BAKERY DOLCE E SALATO E NELLA PROGETTAZIONE E CONFEZIONAMENTO DI DETERSIVI PER L’IGIENE DOMESTICA, CHIUDE IL 2018 IN CRESCITA E VOLA OLTREOCEANO.
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di Roberta Bezzi / ph Massimo Fiorentini
Si è subito investiti da un profumo di dolci e lievitati, entrando nello stabilimento Deco Industrie di via Braccesca 56 a San Michele, a pochi chilometri da Ravenna. È qui infatti che si producono crostini, biscotti e dolci da ricorrenze come panettoni, pandori e colombe, destinati a entrare nelle case di tutti gli italiani. Ad attirare l’attenzione, appena si accede al reparto, è la catena di montaggio interamente dedicata ai Granetti del Mulino Bianco: una volta lievitato l’impasto, un macchinario dispone centinaia di palline che poi vengono allungate e leggermente tagliate in superficie, prima della cottura; dopo una fase di raffreddamento, i Granetti ormai pronti per essere mangiati vengono messi su un’altra macchina dove vengono confezionati e poi infine collocati all’interno di scatoloni, destinati all’ampio magazzino. Lo stesso procedimento, con fasi diverse a seconda del prodotto, viene eseguito per i numerosi biscotti in produzione sia per marchi propri (Pineta, Loriana, Fornobuono, F&P), sia per marchi di clienti (Conad, Coop, Crai, Intermedia, Metro, Selex, Sun, Barilla). Un’altra catena di montaggio è dedicata ai dolci di
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ricorrenza che, in questo periodo dell’anno, sono le colombe messe in produzione da metà gennaio. In un apposito laboratorio, a cui pochi hanno accesso, si custodisce il segreto del lievito madre che serve per la creazione degli impasti lavorati in planetarie gigantesche che fanno sembrare irrisorie le dosi impiegate per i dolci casalinghi. In un’ala separata, è già in funzione in via sperimentale il nuovo comparto produttivo riguardante gli snack free-form, ossia senza aggiunte di grassi, zuccheri, sale e uova, molto richiesti in questo momento da chi desidera mangiare restando in forma. Da questo nuovo reparto, vera e propria novità del 2019, ci si aspetta grandi risultati. Lo stabilimento di San Michele è solo uno dei cinque di proprietà di Deco Industrie in Emilia-Romagna, gli altri si trovano: a Bagnacavallo, dove si realizzano detersivi liquidi per stoviglie e per la pulizia delle superfici dure, detergenti per il bucato e coadiuvanti, trattanti per i tessuti, candeggine; a Forlì, per la produzione di piadine e pani morbidi; a Bondeno, per la produzione di biscotti; a Imola, con la Packaging Imolese che fa
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detersivi liquidi, tavolette da bagno, deodoranti, oltre a effettuare attività di blistering, assemblaggio e confezionamento. Nel complesso, i marchi propri di Deco Industrie sono: Loriana, Pineta, Giorgione e Saltari per il comparto alimentare, Scala, Casachiara, Green Emotion per la detergenza domestica. A controllare che tutto funzioni alla perfezione, è l’Amministratore Delegato Giorgio Dal Prato che vanta ben 42 anni di onorata attività in azienda, avendo cominciato l’1 febbraio 1977 come commesso viaggiatore di Lughesina in provincia di Ferrara. I risultati sono dalla sua parte se si considera che, in un momento di perdurante flessione per molte aziende, Deco Industrie ha chiuso il 2018 con un consistente incremento delle vendite di oltre il 12% sull’anno precedente, con un giro d’affari di 170 milioni e nuove iniziative all’orizzonte. “Nonostante perdurino le difficoltà delle vendite nella grande distribuzione organizzata – afferma Dal Prato –, principale mercato di sbocco dei beni di largo consumo confezionati, abbiamo ottenuto risultati superiori alle attese che ripagano i soci e lavoratori dei notevoli sforzi effettuati per soddisfare il consistente e a volte imprevisto incremento del volume di lavoro in tutti e cinque gli stabilimenti produttivi. Gli 16
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DECO INDUSTRIE CONTA OGGI QUASI 600 DIPENDENTI DISTRIBUITI FRA I VARI STABILIMENTI, DI CUI LA SEDE DI RAVENNA È QUELLA PIÙ IMPORTANTE. DECO CHIUDE IL 2018 CON UN GIRO D’AFFARI DI 170 MILIONI E NUOVE INIZIATIVE ALL’ORIZZONTE.
incrementi sono avvenuti nella cura della casa e della persona, così come nei marchi della grande distribuzione italiana per cui Deco realizza oltre 1.000 articoli, sia con i propri marchi, sia con i prodotti realizzati per conto di grandi industrie leader di mercato in Italia e all’estero”. Gli ultimi 16 anni di Deco Industrie – nata nel 1951 nel settore dei detersivi con Lughesina per poi spostarsi nel settore alimentare nel 1995 con l’acquisizione di Cofar di Ravenna, della Piadina Loriana di Forlì nel 1999 e di Italiana Biscotti di Ferrara nel 2013 – sono stati tutti positivi e quindi con forte crescita di prodotti e mercati, malgrado la crisi del 2017, grazie soprattutto ad alcune importanti acquisizioni: quella di Scala detersivi, l’ultimo marchio storico della detergenza italiana, nel 2003; quella del biscottificio
IN APERTURA, L’AMMINISTRATORE DELEGATO DI DECO INDUSTRIE, GIORGIO DAL PRATO. IN ALTO, DAL PRATO ALL’INTERNO DI UN REPARTO PRODUTTIVO DELLA SEDE RAVENNATE.
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IN BASSO, UNA FOTO DEL REPARTO PRODUTTIVO. IN ALTO, FRANCESCO CANÉ, NUOVO DIRETTORE GENERALE DI DECO INDUSTRIE.
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Saltari di Bondeno nel 2012; e quella di Packaging Imolese nel 2016. Proseguendo con i numeri, Deco Industrie conta oggi quasi 600 dipendenti distribuiti fra i vari stabilimenti, di cui Ravenna è quello più importante; il 65% della produzione è per conto terzi, il 35% a proprio marchio. Qual è la strategia vincente? “La grande diversificazione – spiega Dal Prato –, sia nei prodotti spaziando dalla detergenza all’alimentare, i due settori che più interessano i consumatori quando vanno al supermercato, sia nei mercati, producendo per marchi nostri ma anche per altri leader di mercato. In questo modo, se qualcosa va male, siamo in grado
di compensare. Ma non è facile, perché abbiamo bisogno che 1 milione di consumatori ci scelga ogni giorno e questo dà la misura della tensione sulla qualità dei prodotti che devono sempre essere conformi”. Un punto, quest’ultimo, molto caro a Dal Prato che controlla personalmente tutti i reclami, circa 150 all’anno. Un prodotto che sta dando grande soddisfazione? La piadina Loriana, tant’è che a Forlì sarà presto ampliato lo stabilimento con nuove linee di produzione, incluse le piadine senza glutine. Ma a spopolare sono anche i panettoni in produzione ormai per quasi metà anno, considerando che dopo Ferragosto inizia l’infornata destinata ad Australia e Sudamerica, per continuare con quella destinata al Nord-America e poi all’Europa. I panettoni Pineta sono conosciuti dalle Maldive al Madagascar, in tutto il mondo. Senza contare che la nuova linea Giorgione – realizzata con grano italiano al 100% – è stata lodata dal quotidiano America Oggi, quando il giornalista Dom Serafini ha consegnato i panettoni Deco ai pompieri della Caserma 44 di New York lo scorso dicembre.
Il nuovo Direttore GENERALE Nell’assemblea dei soci della cooperativa ravennate che ha chiuso il 2018, è stato presentato il nuovo Direttore Generale del gruppo, Francesco Cané, bolognese di 48 anni. Con quali propositi affronterà il nuovo incarico in Deco Industrie? “L’obiettivo è di guidare l’azienda in una crescita sana e sostenibile. Il prossimo triennio sarà strategico per rafforzare quanto fino a oggi avviato, consolidando il mercato interno ed esplorando i mercati esteri”. In quale misura il suo precedente percorso professionale la aiuterà? “Sono orgoglioso di poter mettere al servizio di Deco le mie passate esperienze che spaziano dall’alimentare alla cosmetica e detergenza, con focus sull’internazionalizzazione che oggi rappresenta per noi un ulteriore driver di sviluppo”. Quali sono attualmente alcuni dei punti di forza del gruppo? “Al momento siamo uno dei principali player nazionali nella produzione di biscotti e crostini, categorie in cui possiamo vantare impianti tecnologici avanzati e un team di ricerca e sviluppo estremamente competente con cui stiamo valutando opportunità per l’estero. Già da qualche anno il nostro panettone con grano 100% italiano è conosciuto oltreoceano e presto sarà seguito da altri prodotti di eccellenza”. Obiettivi principali per il 2019? “Quest’anno lanceremo sul mercato diverse novità sia a marchio Loriana – dalla piadina senza glutine a crostini funzionali – che a marchio Scala e Green Emotion con prodotti sempre più green e attenti al rispetto dell’ambiente e della persona. Sarà poi l’anno in cui termineremo il rimodernamento del reparto cosmetico del nostro stabilimento di Imola aumentandone la capacità e la competitività”.
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La Màquina
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MATTEO SCAIOLI È UN MUSICISTA CONTROCORRENTE CHE CREA STRUMENTI DAI SUONI UNICI E MIXA LE TECNOLOGIE INNOVATIVE ALL’ANTICA TRADIZIONE DEI GRAMMOFONI A MANOVELLA.
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di Anna De Lutiis / ph Massimo Fiorentini
“A cinquant’anni ho la sensazione di avere finalmente nella mente, nel cuore e nelle mani la musica che ho inseguito con la mia creatività. Un percorso iniziato da bambino quando mi divertivo a percuotere le corde della chitarra perché non mi bastava suonarle, quando cercavo qualcosa di diverso. Ho inseguito da sempre quella che per me è la musica dell’anima. La vibrazione del suono che ricerco è una suggestione: se è quella giusta sento di riuscire a trasmetterla, altrimenti non riesco a creare la mia musica”. Questo è Matteo Scaioli, un musicista controcorrente noto più all’estero che a Ravenna, un personaggio speciale che si esibirà al prossimo Ravenna Festival, dove aveva già suonato nel 2014 insieme a David Loom in Foley Mandala e dove torna con un importante programma da venerdì 7 a domenica 9 giugno alle ore 21, nella Sala del Refettorio del Museo Nazionale. Ogni sera Matteo, con il suo programma Harmograph, dedicherà un omaggio ai suoi musicisti preferiti: a quello che inizialmente l’ha ispirato, Igor Stravinsky, e ai grandi maestri che sono stati il suo punto di riferimento, Egisto Macchi e
Giusto Pio. È stato emozionante incontrarlo nel suo studio di Godo, alla periferia del piccolo centro. Si racconta saltando da un episodio all’altro e si emoziona nel ricostruire il suo percorso davvero incredibile: “Mi guardo indietro, e mi dico: ma quante cose ho fatto, come ci sono riuscito da solo? Certo, ho studiato sempre e molto da autodidatta, pronto ad aprirmi ai suggerimenti dei grandi musicisti che ho incontrato. Ho provato ogni tipo di musica, contemporanea, jazz, etno music per arrivare a quella di oggi”. Come si è accorto di essere portato per la musica? “Un giorno suonavo la batteria a casa di un amico, a Ravenna – risponde –, quando mi si avvicinò il dj l’Ebreo, nome d’arte di Mauro Beretti. Si fermò ad ascoltare e poi mi disse che avevo qualcosa di speciale. Dopo un po’ di tempo mi chiamò per accompagnarlo a suonare alla festa dell’Unità di Venezia; lui era già un nome importante, eppure chiamò proprio me. Non mi stanco mai di ringraziarlo perché non solo ha creduto in me, ma mi ha convinto che davvero potevo farcela”. È interessante scoprire i momenti che hanno maggiormente influito IN MAGAZINE
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con Davide Riondino e Massimo Ottoni nel progetto teatrale Pinocchio di sabbia che poi ha preso parte al Festival di Roma diretto da Patti Smith, che definì Matteo “grande musicista”, o ancora con il progetto Man Lost in Space al Planetario di Ravenna. Entrando nella sua stanza delle meraviglie, dove troneggia un grammofono in ottone lucente davvero spettacolare, ci si imbatte in tanti oggetti che producono musica. “Qui sto costruendo
sulla sua formazione e i suoi cambiamenti di rotta. Come quando, a 21 anni, decise di andare a Calcutta per studiare con il famoso maestro Pandit Sankha Chatterjee. Matteo Scaioli ha un bagaglio culturale notevolissimo originato dai suoi viaggi in giro per l’Asia e per lo Sri Lanka, luoghi che gli hanno dato l’ispirazione per la produzione di alcuni dei suoi album. Durante la sua permanenza in questi territori, rimane affascinato dall’utilizzo che le popolazioni native fanno degli strumenti e inizia a costruirne anche di propri. Parte da qui il suo radicale cambiamento, frutto di un accanito allenamento che lo porta lontano dalle classiche tradizioni e lo induce a creare un suo stile unico e personale. Negli anni Novanta, Matteo si dedica a un progetto che lo porta a utilizzare i taiko, i tamburi giapponesi. Questa è la svolta che lo avvicina al percussionista romano Maurizio Rizzuto. Incoraggiato dal successo nasce il gruppo Percussion Voyager, un gruppo che si esibisce nei migliori club e festival europei, fra cui il Localizza World Music Festival di Belo Horizonte in Brasile nell’ottobre 2000. Matteo si esibisce anche con Claudio Coccoluto, il nome probabilmente più rappresentativo in Italia nell’ambito dj e ben noto anche al di là dei nostri confini; parte22
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cipa al Wave Festival e all’Mtv Live Tour che segna l’inizio della sua ricerca nella musica elettronica, usando la sintesi analogica di brani degli anni Settanta e Ottanta, traguardo che lo proietta nel nuovo momento creativo in cui nasce il gruppo Liquid Desire. Matteo racconta che spezzando due dischi e riunendo brani di due musicisti, per esempio Beethoven e Wagner, crea nuovi accordi. “La prima esibizione con La Màquina Parlante, il dj set che mixa tecnologie innovative all’antica tradizione dei grammofoni a manovella, è stata in Qatar – ricorda –, in una manifestazione di moda, per poi essere prelevato e portato direttamente in Svizzera, a Verbier, convocato da Audiorama. In quell’occasione ho incontrato e ricevuto i complimenti per il mio talento da Giorgio Moroder, produttore discografico, compositore e dj italiano, considerato uno dei musicisti più innovativi e influenti nell’ambito della musica elettronica”. Una lunga storia e una carriera altrettanto ricca, quella di Matteo Scaioli. L’unica amarezza è il fatto di non essere noto proprio a Ravenna, la sua città, anche se il programma speciale del Ravenna Festival lo porterà a familiarizzare con il pubblico del territorio. Un’altra importante tappa è stata nel 2012, quando ha collaborato
MATTEO SCAIOLI HA UN BAGAGLIO CULTURALE ORIGINATO DAI SUOI VIAGGI IN GIRO PER L’ASIA E PER LO SRI LANKA, IN CUI RIMANE AFFASCINATO DALL’UTILIZZO CHE LE POPOLAZIONI NATIVE FANNO DEGLI STRUMENTI E INIZIA A COSTRUIRNE ANCHE DI PROPRI.
una macchina speciale, una seconda macchina meccanica per il progetto Harmograph che serve a incamerare suoni che poi si fondono, si espandono, producendo suoni diversi, irreali, affascinanti, pazzeschi. È un lavoro che mi servirà per lo spettacolo di Ravenna Festival e ho il prezioso aiuto di un fantastico personaggio come Gill Pa”. Per capire la sua musica bisogna ascoltarla e mi sento di suggerire uno dei miei preferiti: Laughing Monkey. È un viaggio mediato dall’uso di un suono ricercato, per merito delle percussioni ipnotiche e dei sintetizzatori. “Fin dall’inizio avevo una visione della giungla – conclude Scaioli –. L’elemento principale è costituito da un intreccio di percussioni tipiche dell’Asia e dello Sri Lanka, l’utilizzo di voci di ispirazione dal canto ritmico indonesiano della scimmia detto Kecak, il tutto mescolato abilmente con i sintetizzatori”.
IN APERTURA, UNA FOTO DI MATTEO SCAIOLI NEL SUO STUDIO. IN ALTO, LA COPERTINA DELL’EP LAUGHING MONKEY.
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IL CERCHIO DIGITALE È IL SERVIZIO DI IMPIANTOLOGIA DENTALE OFFERTO DALLA CLINICA DENTALE SANTA TERESA CHE ASSICURA UNA DIAGNOSI PRECISA, VELOCITÀ E RISULTATI ECCELLENTI.
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La Clinica Dentale Santa Teresa, con sede a Ravenna, Faenza e Cesena, presenta un nuovo servizio di impiantologia dentale avanzata: il Cerchio Digitale, un innovativo sistema integrato che rende più sicuro, più veloce e mininvasivo il piano di cura implanto-protesico. Si tratta di una digitalizzazione del flusso di lavoro che consente di produrre i denti in anticipo rispetto alla seduta di chirurgia, facendo ottenere al paziente il suo nuovo sorriso in pochissime sedute. Questo sistema prevede infatti la produzione della maschera Pilot 3D e dei denti su misura prima della seduta di implanto-protesi, così da rendere possibile il posizionamento dei denti fissi agli impianti dentali nella stessa seduta dell’intervento, una procedura denominata carico
immediato. Nel caso in cui non sia clinicamente possibile posizionare gli impianti in un’unica seduta, il paziente viene sottoposto a un intervento di implantologia con l’uso di Pilot 3D, con tutti i benefici della mininvasività e sicurezza della procedura, senza dover più prendere impronte poiché la telecamera intraorale fornisce tutte le informazioni per produrre i denti su misura. Il flusso digitale, in questo, fornisce il comfort di non dover prendere impronte tradizionali con quel fastidioso masticone che viene messo in bocca. Ma come funziona il Cerchio Digitale? E che cos’è Pilot 3D? La procedura avviene in tre fasi. La prima è una visita eseguita dall’odontoiatra, in cui vengono acquisiti i dati in
IN ALTO, LA TAC CONE-BEAM RILEVA LA STRUTTURA OSSEA TRIDIMENSIONALE DEL PAZIENTE. NELLA PAGINA A FIANCO, DALL’ALTO, LA MASCHERINA PILOT 3D E LA PRODUZIONE DEL DENTE TRAMITE CAM. SOTTO, L’IMPIANTOLOGO SIMULA L’INTERVENTO.
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PILOT 3D CONSENTE UN DECORSO POST OPERATORIO MINIMO E UNA PRECISIONE E VELOCITÀ DI ESECUZIONE CHE RENDONO L’INTERVENTO ACCESSIBILE ANCHE A PERSONE IN TERZA ETÀ.
3D del paziente e, dopo l’accettazione del piano di cura, viene effettuata la TAC e la scansione intraorale con la telecamera. Nella seconda fase, il Laboratorio Dentale Santa Teresa acquisisce tutti i file in 3D del paziente, li unisce in un unico software e li invia all’implantologo, il quale studia la bocca del paziente ed esegue virtualmente l’intervento, simulando il posizionamento degli impianti dentali nell’osso e i denti mancanti nel modello virtuale. Nell’ultima fase, l’implantologo invia il progetto finale al laboratorio, che lo acquisisce nei software CAD delle macchine per produrre i denti, con le macchine fresatrici CAM, e Pilot 3D con una stampante 3D. Pilot 3D non è altro che una mascherina chirurgica personalizzata, come un Bite rigido, che viene posizionata in bocca al paziente durante l’intervento di implantologia. Ha dei fori rinforzati in metallo utilizzati come guida dall’implantologo, che consentono di inserire gli impianti dentali nell’osso nell’esatta posizione progettata, sia in termini di profondità, inclinazione e posizione orizzontale. Questa mascherina, se utilizzata al massimo delle sue
potenzialità, consente un decorso post operatorio minimo e una precisione e velocità di esecuzione che rende l’intervento accessibile anche a persone in terza età. Sono quindi numerosi i vantaggi dell’uso di questo sistema innovativo. Esso offre una diagnosi precisa nella zona di intervento grazie alla Tac Cone Beam, che permette di acquisire la struttura ossea
della bocca, e alla scansione con la telecamera intraorale per ricostruire in 3D la bocca del paziente. Un’operazione che garantisce la predicibilità del risultato, la velocità e la precisione dell’esecuzione. Il Cerchio Digitale dona un risultato ottimale al paziente, che ottiene una soluzione estetica di lunga durata che può essere visualizzata fin dall’inizio del processo.
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VISITARE
Raccontare
LA CITTÀ DA EX ZUCCHERIFICIO, CLASSIS RAVENNA È IL NUOVO MUSEO CHE RACCONTA LA STORIA DELLA CITTÀ E DEL SUO TERRITORIO. di Roberta Bezzi / ph Andrea Bardi
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Il 2018 si è chiuso con una novità destinata a lasciare il segno a Ravenna: l’apertura, il primo dicembre, del nuovo Classis Ravenna – Museo della Città e del Territorio. L’obiettivo dichiarato è ambizioso: farlo diventare un biglietto da visita di Ravenna e della sua illustre storia, un punto culturale di riferimento per chiunque desideri conoscere la storia della città con i suoi snodi principali, dalle origini etrusco-umbre all’antichità romana, dalle fasi gota e bizantina all’Alto Medioevo. “Ci sono vari modi di raccontare una storia. A Classis Ravenna lo straordinario racconto della città è sviluppato
CI SONO VOLUTI CIRCA VENT’ANNI PER FAR SÌ CHE IL MUSEO PRENDESSE FORMA. L’AREA ESPOSITIVA, EX ZUCCHERIFICIO, OGGI SI SVILUPPA SU 2.600 MQ. TUTTO INTORNO, UN’OASI VERDE DI UN ETTARO E MEZZO SEMPRE APERTA AL PUBBLICO.
attraverso materiali archeologici il cui valore viene esaltato dall’essere proposto in un’ottica unitaria, nonché supportato da tecnologie innovative, quali plastici, interventi multimediali, come si addice a una moderna struttura”, afferma Giuseppe Sassatelli, presidente della Fondazione RavennAntica a cui il Comune ha demandato la realizzazione e la gestione del nuovo museo, insieme a quelle dell’Antico Porto, della basilica di Sant’Apollinare e della Domus dei Tappeti di Pietra, il Museo Tamo e la Cripta Rasponi. “Un museo aperto, pronto ad arricchire la sua narrazione di nuove acquisizioni, sempre attivo sul fronte della ricerca e flessibile nella struttura espositiva, in linea con i criteri museo28
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logici contemporanei. Un museo, infine, concepito per suggerire e sollecitare ulteriori itinerari e approfondimenti, creando una reale e virtuosa collaborazione con altri centri espositivi e monumenti del territorio”. Il nuovo museo, unitamente all’Antico Porto di Classe inaugurato nel 2015 e alla basilica di Sant’Apollinare in Classe, costituisce il Parco Archeologico di Classe che sarà completato, in futuro, con la musealizzazione della basilica di San Severo. Ma Classis Ravenna è molto altro ancora: il più importante intervento di archeologia industriale per la realizzazione di un contenitore culturale, a
livello nazionale. Sorge infatti su quello che un tempo era un ex zuccherificio. Nei primi decenni del Novecento vi lavoravano 600 operai che trasformavano tonnellate di barbabietole in montagne di zucchero che, per nave e ferrovia, raggiungevano l’Italia e l’Europa. Poi il declino e la chiusura nel 1982. A testimonianza di questo importante pezzo di storia, c’è una piccola sezione del museo con foto storiche e video che mostrano come si presentava in origine l’ex zuccherificio. Con l’abbandono della produzione, i grandi fabbricati diventano presto ricettacolo di ogni emarginazione. Finché, negli anni Novan-
UNA TESSERA GASTRONOMICA NELLA MOSAICALE CREATIVITÀ DI RAVENNA
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ALL’INTERNO DEL MUSEO, LUNGO LA LINEA DEL TEMPO CHE SEGNA TUTTO IL PERCORSO DI VISITA, VENGONO SCANDITE LE DIVERSE EPOCHE CHE INTERESSARONO LA CITTÀ E IL SUO TERRITORIO, DALL’EPOCA PREROMANA ALL’ANNO MILLE, CON OLTRE 600 REPERTI.
IN APERTURA, UNA FOTO DELL’INGRESSO DEL MUSEO CLASSIS RAVENNA, CON LA SCALINATA SU CUI SPICCA IL MOSAICO DELL’ONDA. IN QUESTE PAGINE, ALCUNE FOTO DELLE SALE INTERNE.
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ta, si fa strada per la prima volta l’idea di trasformare un enorme problema in una fondamentale risorsa per il futuro. Ci sono voluti circa vent’anni per far sì che il museo prendesse forma, grazie a un investimento complessivo di 22 milioni di euro messi a disposizione dal Comune di Ravenna, con Regione Emilia-Romagna, Mibact e Unione Europea, con l’apporto della Fondazione Cassa di Risparmio. La progettazione del nuovo Classis Ravenna è stata affidata all’ar-
chitetto Andrea Mandara che ha operato al servizio di un comitato scientifico coordinato dal professor Andrea Carandini. Sotto le imponenti campate, l’area espositiva si sviluppa su 2.600 mq. Tutto intorno, un’oasi verde di 1 ettaro e mezzo sempre aperta al pubblico. L’ingresso del museo è caratterizzato da una scalinata lungo la quale spicca Il Mosaico dell’Onda, ideato dall’architetto Andrea Mandara e realizzato dal mosaicista Paolo Racagni. L’imponente opera musiva di 33 metri è stata realizzata dal Laboratorio di restauro del mosaico antico di RavennAntica e inaugurata nel 2015. All’interno del museo, lungo la Linea del tempo che segna tutto il percorso di visita, vengono scandite le diverse epoche che interessarono la città e il suo territorio, dall’epoca preromana all’anno Mille, con oltre 600 reperti. Accanto a questa si sviluppano alcuni approfondimenti che riguardano la crescita e lo sviluppo della città, la sua stratificazione, la flotta e
la navigazione, la sua variegata etnicità, la produzione artistica, le consuetudini funerarie e le modalità della preghiera. Il più importante riguarda Ravenna e il mare, dato che la città aveva un porto apertissimo ai traffici internazionali, da cui transitava in epoca romana la flotta imperiale di Augusto che controllava tutto il Mar Adriatico. All’interno del museo una sezione rende omaggio a San Severo, dalla villa al monastero: attraverso immagini, planimetrie ed elaborazioni grafiche, viene illustrata l’intera e articolata evoluzione nel tempo delle fasi insediative del sito archeologico, dalla villa romana fino al complesso monastico di San Severo, importante presidio monastico fino all’epoca degli Ottoni e oltre. Tra la fine del 2019 e il 2020 sono già in programma altri due filoni: Abitare a Ravenna, ossia l’edilizia, e Pregare a Ravenna, l’architettura. “Un museo ma non solo – precisa l’assessore comunale alla Cultura Elsa Signorino che ha seguito il progetto sin dall’inizio, come ex presidente di RavennAntica –. Non sarà un semplice contenitore di materiali, ma anche un attivo centro di ricerca e formazione di altissimo profilo. Qui ampi laboratori per lo studio e il restauro consentiranno a docenti e studenti dell’università di svolgere le loro attività nell’ambito dei loro percorsi formativi e di ricerca. Un museo contemporaneo in cui ci sarà spazio anche per laboratori didattici, laboratori di inclusione digitale per la sperimentazione di start-up innovative”. E la risposta del pubblico c’è stata, sulla base del primissimo bilancio reso noto da RavennAntica su Classis Ravenna: nei primi due mesi del nuovo museo – dicembre e gennaio – i visitatori sono stati 10.855. Considerando che di questi, 6.231 sono entrati gratuitamente, l’incasso complessivo è stato di 38.112 euro. Ma ci si aspetta molto di più con l’arrivo della primavera, in cui sono soliti arrivare più turisti e tante scolaresche da tutta Italia.
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FESTEGGIARE
Alle origini
DEL CARNEVALE I RITI, LE TRADIZIONI, LE MASCHERE: SCOPRIAMO ALCUNE CURIOSITÀ SULLA STORIA E SULL’EVOLUZIONE DEL CARNEVALE, UNA FESTA LE CUI ORIGINI SI PERDONO NELLA NOTTE DEI TEMPI.
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di Andrea Casadio / ph Massimo Fiorentini
“Oggi, diciassettesimo giorno dell’anno, entra il Carnevale. Così dice la consuetudine tramandata dai ricordi, ma chi si accorgerà di trovarsi in un periodo di vita eccezionale, di esuberante festività? Nessuno, ahimè, nessuno, perché il Carnevale non è più dei nuovi tempi”. Il Novecento era iniziato da nemmeno tre settimane, e già sulle colonne del Ravennate, il quotidiano cittadino, si lamen-
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tava il malinconico tramonto del rito che per secoli aveva incarnato, nella cultura collettiva, il concetto stesso di Festa al suo massimo grado. In effetti, quello che l’anonimo cronista già allora intuiva era davvero un fenomeno dalla portata epocale. Le origini della festa si perdono infatti nella notte dei tempi, tanto che, nonostante le indefesse ricerche di storici e
antropologi, non ne è ancora stata data una spiegazione esaustiva. Senza dubbio, molte delle sue caratteristiche si trovavano già nei Saturnalia, la festa invernale dei romani, quando il mondo finiva sottosopra e accadeva che, per un breve momento, i servi prendevano il posto dei padroni. In ogni caso il Carnevale, come il periodo di inizio novembre e quello natalizio, è sostanzialmen-
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te un capodanno: il passaggio dal culmine dell’inverno al primo soffio di primavera, così come i due periodi precedenti segnano rispettivamente la fine dell’anno agrario e il rinnovo del ciclo solare. Come questi, è dunque un tempo fuori dal tempo, in cui ricreare periodicamente il caos primigenio dal quale, attraverso una serie di riti, rifondare il mondo normale. Tali riti, nella tradizione, erano le gozzoviglie, i falò, i ribaltamenti dei ruoli, e soprattutto le maschere. Come mezzo di occultamento e rovesciamento della propria identità, la maschera era la quintessenza del Carnevale: più in profondità, però, era anche la rappresentazione simbolica dei defunti, che proprio in questo periodo – come negli altri consimili capodanni – tornavano a manifestarsi nel mondo dei vivi. Nelle campagne romagnole, nei giorni carnevaleschi si poteva vedere aggirarsi la Vecchia, una figura in camicione bianco, appoggiata a un bastone e con il viso tinto di fuliggine. Jò, la povra Vecia! (“c’è la povera Vecchia!”), era la formula con cui si presentava alle case in cerca di offerte di cibo o di vino. Offerte che le famiglie visitate solitamente non mancavano di dare, per non vedersi apostrofare con la maledizione di Cà bruseda! (“casa bruciata!”). Un rogo reale, quello del Carnevale, rappresentato da un fantoccio o
semplicemente da un mucchio di sterpi, giungeva infine, il martedì grasso, ad aprire simbolicamente le porte alla Quaresima. Se dalle campagne ci spostiamo all’interno delle mura cittadine, ritroviamo una prima testimonianza da parte di S. Pier Crisologo, arcivescovo di Ravenna nel V secolo, che lamentava come nella sua epoca i ravennati continuassero ancora a celebrare gli antichi saturnali romani, vagando per la città mascherati e portando chiassosamente in processione fantocci che venivano poi fatti ritualmente a brandelli. Dopo una lunga parentesi di buio quasi completo, è poi dal Cinquecento che cominciamo ad avere informazioni più dettagliate. Ancora nel pieno di quel secolo, ad esempio, era in uso la pratica (senza dubbio assai più antica) della caccia e uccisione del toro nella Piazza Maggiore, il giovedì grasso. Un’usanza che sapeva ancora di un Medioevo ferino e cruento, e che venne sostituita con il palio della quintana verso il 1570. Il disciplinamento dei costumi promosso in quell’epoca dalla Chiesa cattolica non significò tuttavia un depotenziamento del Carnevale. Al contrario, se la società della Controriforma, con la preminenza riservata all’ortodossia religiosa, è stata definita dagli storici come il “trionfo della Quaresima”, era naturale che anche il Carnevale, che della Quaresima era l’opposto comple-
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mentare, ne traesse nuova linfa, benché in parte modificato. Il Carnevale di questi secoli era una successione di eventi che per diverse settimane, all’incirca da metà gennaio fino al culmine del martedì grasso (quando la Lova, ossia i rintocchi della campana del Duomo, annunciava cupamente la fine dei festeggiamenti alle soglie della mezzanotte) trasformavano la città in un grande palcoscenico. Alla quintana, che si svolgeva in piazza, partecipavano i rampolli delle più importanti casate cittadine, mentre nei teatri e nei palazzi si svolgevano feste e ricevimenti, e il Corso (l’attuale via di Roma) ospitava la sfilata delle carrozze e le mascherate. Non mancava talvolta il contorno di fastosi carri allegorici, come ad esempio quello che nel 1683 ebbe come tema il trionfo di primavera, preceduto dalla parata – scriveva un cronista dell’epoca – di “tutti li dodici mesi dell’anno vagamente vestiti, con suoni e canti, che facevano vaghissima vista”. L’uso della maschera era un fenomeno di massa, ammesso tutti i giorni tranne i festivi e il venerdì, ma non la notte, quando era possibile (anzi obbligatorio) camuffarsi solo nei veglioni. Era regolamentato da apposite notificazioni emanate ogni anno dai legati e, come sempre accade, l’elenco dei divieti era la fotografia degli inconvenienti che potevano effettivamente capitare in queste settimane di follia: per esempio, il bando del 1692 proibiva alle maschere di molestare donne, aggredire altre persone, entrare in case private, nonché – a scanso di equivoci – di far homicidij. Era inoltre vietato vendere e gettare contro malcapitati uova ripiene di acqua nanfa (acqua odorosa) o di altre misture. Fino a tutto l’Ottocento, anche se ormai depurato degli elementi più crudamente eversivi, il Carnevale godette di ottima salute. Ancora dopo l’unità d’Italia conobbe un’estrema stagione di gloria per merito della Società di 34
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Mariola, un sodalizio con finalità di beneficenza fondato nel 1869 da un gruppo di notabili, che per alcuni anni organizzò fastosi festeggiamenti rinnovando la tradizione delle mascherate e dei carri allegorici nel Corso, giungendo perfino a inventare di sana pianta una maschera tipicamente ravignana, appunto Mariola. Fu però un estremo colpo di coda. Ben presto, l’inarrestabile processo di modernizzazione dei costumi avrebbe relegato i carnevali di una volta nella
COME MEZZO DI OCCULTAMENTO, LA MASCHERA ERA LA QUINTESSENZA DEL CARNEVALE: PIÙ IN PROFONDITÀ, PERÒ, ERA ANCHE LA RAPPRESENTAZIONE SIMBOLICA DEI DEFUNTI, CHE PROPRIO IN QUESTO PERIODO TORNAVANO A MANIFESTARSI NEL MONDO DEI VIVI.
galleria dei rimpianti di chi aveva l’età sufficiente per averli vissuti. Il martedì grasso del 1915, poco prima dell’ingresso in guerra, fu anche quello in cui i rintocchi della Lova risuonarono per l’ultima volta, simbolico de profundis per un intero mondo giunto al capolinea. Nei decenni seguenti il Carnevale avrebbe perso il carattere di grande baccanale pubblico che lo aveva contraddistinto per secoli, per ritirarsi sempre più nel chiuso delle feste e dei veglioni, fino ad assumere l’impronta di festa dedicata all’infanzia. E anche in tale veste, negli ultimi anni, sembra forse essersi ulteriormente appannato, proprio mentre i più giovani sono diventati protagonisti di un altro specifico fenomeno sociale, quello di Halloween: ma dopotutto, come abbiamo visto, fra la povra Vecia e dolcetto o scherzetto c’è meno distanza di quanto a prima vista si potrebbe pensare.
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IL NAZIONALE CAFFÈ E PASTICCERIA ARTIGIANALE
IL NAZIONALE È CAFFÈ-PASTICCERIA, GELATERIA E PICCOLA RISTORAZIONE, NEL CENTRO STORICO DELLA CITTÀ. FRANCO SCARFATI, TITOLARE E PASTICCIERE PLURIPREMIATO, PUNTA A UNA PRODUZIONE ARTIGIANALE CON PRODOTTI D’ECCELLENZA.
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Una sede storica nel cuore di Ravenna, una produzione artigianale di croissant, torte, gelati, piccola pasticceria o sapori salati tutti i giorni, un servizio attento e cordiale. Sono questi i punti di forza del Caffè-pasticceria Il Nazionale di Piazza del Popolo, che fa ormai parte della memoria storica della città, abituale ritrovo dei ravennati ma anche ottimo punto di partenza per i turisti che desiderano visitare monumenti e musei. A innamorarsene è stato il pasticciere Franco Scarfati che l’ha rilevato nel 2016 in società con la moglie Annamaria Bava e la figlia Michela, vivendo con orgoglio il passaggio da dipendente a imprenditore anche grazie alla collaborazione dei dipendenti che considera come una grande famiglia. “A convincer-
mi che questa fosse la strada giusta è la soddisfazione della clientela”, rivela. Il suo percorso professionale nasce per caso grazie alla passione per i dolci. Pur avendo studiato come tecnico industriale, alla fine degli anni Ottanta comincia a collaborare con un hotelpasticceria di Pompei. Dopo essersi formato secondo la
migliore scuola napoletana, decide di girare per l’Italia per conoscere e approfondire altre culture di pasticceria, finché trova a Ravenna la stabilità e gli stimoli che ricercava. Oggi Scarfati è uno chef pasticciere d’esperienza, pluripremiato: proprio nel febbraio 2019, alla 36esima edizione di Tirreno CT a Carrara Fiere, è
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IL NAZIONALE PROPONE UNA PRIMA COLAZIONE D’ECCELLENZA DOVE NON C’È CHE L’IMBARAZZO DELLA SCELTA CON TANTI LIEVITATI DI QUALITÀ, CON BURRI SCELTI E OTTIME MATERIE PRIME. PER VENIRE INCONTRO ALLE ESIGENZE SALUTISTICHE DELLE PERSONE, HA DIMINUITO GLI ZUCCHERI E I GRASSI NELLE CREME E NELLE VARIE PREPARAZIONI, PROPONENDO INOLTRE UNA LINEA VEGANA ADATTA A TUTTI. entrato a far parte dell’Équipe d’eccellenza Italiana Pasticceri e la sua pasticceria è stata certificata come locale Frusta d’argento – Top Quality Argento 2019 dalla Fipgc – Federazione Internazionale Pasticceria Gelateria Cioccolateria. Un motivo in più, per chi ancora non lo conoscesse, di provare le sue golose creazioni. Il Nazionale propone una prima colazione d’eccellenza dove non c’è che l’imbarazzo della scelta con tanti lievitati di qualità, con burri scelti e ottime materie prime. “Non ho un cavallo di battaglia, mi piace fare di tutto, ma sempre nel rispetto dell’artigianalità, della freschezza e dell’attenzione ai prodotti”, ama ripetere. Per venire incontro alle esigenze salutistiche delle persone, ha diminuito gli zuccheri e i grassi nelle creme e nelle varie preparazioni, proponendo inoltre una linea vegana adatta a tutti. Così i dolci, con un gusto più discreto, possono essere mangiati tutti i giorni. I più giovani adorano il suo cornetto pinguino con cioccolato bianco e scuro e scaglie di cocco. Una specialità? Senza dubbio i cornetti giganti, per un mini-
mo di cinque e un massimo di dieci persone, su ordinazione, in cui scegliere le farciture preferite. Un’ottima idea per fare una sorpresa ad amici e familiari, e per degustare insieme qualcosa di buono. Impossibile poi non citare i babà giganti, realizzati secondo la migliore ricetta napoletana, decorati con panna e frutta e sfornati – a richiesta – anche sotto forma di torta. Il laboratorio di pasticceria artigianale è in grado di realizzare torte per ogni tipo di ricorrenza (matrimoni, compleanni, feste di laurea, ecc...), e anche cupcake, cheesecake, macarons e cake
design. Un’altra particolarità? Il gelato di produzione artigianale. Il Caffè Nazionale nasce infatti come gelateria e bar negli anni Cinquanta. Oggi è l’unico a proporre le coppe gelato con un menù che prevede circa venti diverse proposte. Una tradizione che si stava perdendo, ma che è stata rinverdita per la gioia dei tanti turisti che ne vanno matti. La più apprezzata è la Anni 50 con i vari gusti di gelato serviti in una coppetta d’acciaio vintage. A chi predilige il salato, Il Nazionale offre primi piatti espressi e pizza, oltre a tutta la linea aperitivo di produzio-
ne propria, con stuzzichini vari, da abbinare a cocktail, vini e bollicine. Una scelta dunque vastissima in ogni momento della giornata, secondo la filosofia per cui “il cliente non deve mai uscire a mani vuote”. Per l’ottima posizione, con duplice esposizione sulla chiassosa Piazza del Popolo e sulla più appartata piazza Unità d’Italia, il locale si presta per festeggiamenti vari, in particolare durante la stagione estiva. Anche le sale interne al piano terra e al primo piano sono spaziose, oltre che moderne e accoglienti grazie al recente restyling.
Ravenna | Piazza del Popolo, 28 | Tel. 0544 217668 | info@caffeilnazionale.it | www.caffeilnazionale.it IN MAGAZINE
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DIPINGERE
Paesaggi
URBANI
L’HABITAT È IL NUCLEO CENTRALE DELLA POETICA DELLA PITTRICE FAENTINA LILIANA SANTANDREA, IN CUI LA FIGURAZIONE CEDE ALL’ESPRESSIONISMO.
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di Aldo Savini / ph Lidia Bagnara
La Scuola comunale d’Arte Bartolomeo Ramenghi, attiva a Bagnacavallo dal 1895, da alcuni anni occupa una parte dei locali dell’ex ospizio Bedeschi disponendo di aule, laboratori e di una grande sala destinata a ospitare le attività riservate ai ragazzi e ai bambini con i genitori. A partire dal 1981 è stata diretta da Liliana Santandrea che, subentrata a Dino Savini, ha dato ad essa un’impronta personale per renderla un luogo di incontro, di socializzazione e di impegno creativo, organizzando corsi di varie discipline affidati ad artisti
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che, insieme agli allievi e senza trascurare il rapporto con il territorio, la trasformassero nella loro seconda casa. Dal dicembre scorso è in pensione e ha ripreso a tempo pieno la pittura, peraltro mai abbandonata, nello studioabitazione nella campagna di Boncellino. Nata a Faenza nel 1952, poi trasferita a Bagnacavallo, ha frequentato il Liceo Artistico a Ravenna quando era ancora nei locali di Via Baccarini, ora occupati dalla Biblioteca Classense, seguendo l’insegnamento, tra gli altri, di Giannantonio Bucci e di Giulio Ruffini che l’avrebbe voluta come assistente. Poi a Venezia e a Urbino ha perfezionato la tecnica incisoria con il grande sperimentatore Riccardo Licata e per un breve periodo ha frequentato Tonino Guerra dal quale ha appreso che, dietro le apparenze, si celano valori profondi, universali e poetici. L’habitat, l’ambiente al quale l’uomo è inseparabilmente unito, peraltro titolo di una sua mostra del 2012 all’antica Chiesa di San Girolamo a Bagnacavallo, è il nucleo centrale della sua poetica, dove la figurazione cede all’espressionismo. Le immagini, pur realistiche, non conservano
IN ALTO, LILIANA SANTANDREA CON UN SUO QUADRO. IN BASSO, L’ARTISTA AL LAVORO NEL SUO STUDIO.
LE IMMAGINI, PUR REALISTICHE, NON CONSERVANO TRACCE DI QUEL SERENO E SOLARE NATURALISMO DELLA PITTURA DI PAESAGGIO ROMAGNOLA MA, INTERIORIZZATE, INTRODUCONO A UNA VISIONE IN CUI SI ADDENSANO MEMORIE E RIFLESSIONI PRIVATE.
tracce di quel sereno e solare naturalismo della pittura di paesaggio romagnola ma, interiorizzate, introducono a una visione in cui si addensano memorie e riflessioni private. La scelta di previlegiare l’ambiente e in particolare i complessi industriali funzionanti comporta una concezione dell’arte per cui il fine estetico non può essere disgiunto da un consapevole impegno etico e civile. Santandrea vuole portare in primo piano quello che in genere non si presenta nell’immediatezza ma che sta alla base della nostra quotidianità, convinta che “mentre una volta l’artista disegnava la natura morta perché la natura e la frutta erano la vita, attualmente la natura morta che chiamiamo viva è data da queste
fabbriche da cui l’uomo dipende. Sono uguali sia a Ravenna che in Russia e in altre parti del mondo, al loro interno si trasforma la materia, si produce energia, elementi indispensabili all’uomo. Insieme, tuttavia, anche alle scorie”. I suoi paesaggi, pertanto, si collocano al limite della figurazione tanto da assumere connotazioni quasi astratte, per legare la realtà al senso d’indefinito e allo stesso tempo di infinito. Non vuole che si veda un’immagine chiusa e circoscritta ma che le diverse linee di forza e i quattro colori che usa – nero, bianco, rosso e terra di Siena naturale con qualche inserimento di blu – diano sensazioni che oltrepassino il reale, sconfinando nel vuoto e nel dolore per aprire, infine, alla rigenerazione. IN MAGAZINE
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FOTOGRAFARE
Scatti da
OSCAR
LA FOTOGRAFA LUGHESE GIORGIA CORNIOLA HA RICEVUTO PRESTIGIOSI PREMI E RICONOSCIMENTI INTERNAZIONALI, DIVENTANDO LA PRIMA FOTOGRAFA ITALIANA A RICEVERE L’ATTESTATO DI MASTER PHOTOGRAPHER IN PORTRAIT.
C
di Roberta Bezzi / ph Giorgia Corniola
Con le sue foto è in grado di catturare attimi preziosi di vita, ritraendo sempre le persone con la massima spontaneità. Questo è il dono speciale della fotografa lughese Giorgia Corniola che, lo scorso novembre, ha vinto quello che viene considerato l’Oscar della fotografia: il primo premio della categoria Portrait (Ritratti) del prestigioso concorso internazionale Wppi Awards 2018 con la foto intitolata Metal Hair. Un
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riconoscimento che si aggiunge ad altri, fra cui il primo posto al Magic Lens Awards 2016 Annual Competition. Il suo studio Tagg Photography, che gestisce insieme al marito Antonio specializzato in post-produzione, ha anche conquistato l’ambito attestato di Master Photographer, rilasciato dall’omonima famosa organizzazione con sede in Canada, e quello di Mpp - Master Photographer in Portrait di cui può vantare il primato, visto che è la prima fotografa italiana a riceverlo. Tanti premi di livello internazionale che la rendono più nota all’estero che in patria, dove però in molti hanno imparato ad apprezzarla per lo stile inconfondibile con cui riesce a raccontare e valorizzare le emozioni dei matrimoni, della maternità, delle nuove nascite e dei bambini. Perché le famiglie e, in generale, le persone sono i suoi soggetti preferiti. Giorgia, perché non ritrarre invece un bel paesaggio, degli oggetti accattivanti… “Potrei certamente farlo, ma amo i soggetti umani da cui è possibile tirar fuori qualcosa di speciale che da un lato rende felice chi viene fotografato e dall’altro inorgoglisce chi esegue lo scatto.
IN BASSO, LA FOTOGRAFA GIORGIA CORNIOLA. IN ALTO, LO SCATTO METAL HAIR CHE LE È VALSO IL PRIMO PREMIO DEI WPPI AWARDS 2018.
“NON BASTA FARE UN BELLO SCATTO O AVERE UNA BUONA MACCHINA FOTOGRAFICA. SERVE LA CREATIVITÀ, LA CAPACITÀ DI VEDERE OLTRE L’IMMAGINE CHE SI HA DAVANTI. E ALLORA INIZIA LA FASE DI POST-PRODUZIONE FOTOGRAFICA PER TIRAR FUORI FOTO MERAVIGLIOSE”.
Sin dalla sua apertura, il nostro studio si distingue per la sala posa pensata per la ritrattistica in chiave moderna. Qui ci piace ritrarre i nuovi nati, le donne in dolce attesa, i genitori con i figli, le coppie”. Nell’era digitale, in cui tutti si improvvisano fotografi, qual è il vostro valore aggiunto? “La professionalità anzitutto e, di conseguenza, la capacità di offrire un prodotto di qualità. Tutti possono fotografare, ma lavorare in studio è pressoché impossibile se non si ha la giusta padronanza. Certo, anche per noi è cambiato il modo di lavorare. Fino a una ventina di anni fa, quando non esi-
stevano le macchine digitali, per fare un buon servizio dovevamo scattare decine di rullini. Oggi non è più così, ma per fare bene il nostro lavoro serve passione e un aggiornamento continuo, attraverso master, workshop, corsi”. Come è nata la sua passione per la fotografia? “Probabilmente ho sempre avuto un’attitudine senza esserne consapevole. Al riguardo, devo ringraziare mio marito che, svolgendo già questa professione oggi più orientata verso la post-produzione, mi ha aiutata a maturare e a migliorare. Insieme, stiamo facendo queste nuove esperienze che ci stanno regalando non poche soddisfazioni”. Arrivando proprio alle gioie, cosa ha provato quando ha saputo di aver vinto il premio Wppi Awards 2018? “Inizialmente è stata una grande sorpresa perché, pur confidando in un buon risultato, non speravo di arrivare così in alto. Il premio, forse poco noto in Italia se non tra i professionisti, è realmente molto ambito come dimostra l’altissima partecipazione da tutto il mondo”. Si può dire che abbia trasformato in realtà il sogno di sempre? “Sì. Era il più grande obiettivo quando ho aperto lo studio. Ci tengo a dire che questo premio è frutto di un lavoro di squadra, di notti insonni e tante ore di lavoro mie e di mio marito. Il suo supporto è stato fondamentale. Non basta infatti fare un bello scatto o avere una buona macchina fotografica. Serve la creatività, la capacità di vedere oltre l’immagine che si ha davanti. E allora inizia la fase di post-produzione fotografica: qui arriva Antonio con la sua pazienza e la straordinaria capacità di giocare con luci e ombre, di lavorare su minuscoli fotoritocchi e tirar fuori foto meravigliose”. IN MAGAZINE
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“AMO I SOGGETTI UMANI DA CUI È POSSIBILE TIRAR FUORI QUALCOSA DI SPECIALE CHE RENDE FELICE CHI VIENE FOTOGRAFATO E INORGOGLISCE CHI ESEGUE LO SCATTO. SIN DALLA SUA APERTURA, INFATTI, IL NOSTRO STUDIO SI DISTINGUE PER LA SALA POSA”.
Come mai ha deciso di partecipare ai concorsi? “Per cercare di differenziare il nostro lavoro e al contempo ulte-
riormente qualificarlo. Ma anche per il desiderio di misurarsi, di alzare ogni giorno l’asticella e poter guardare in alto. Perché è solo dal confronto con altri professionisti di talento che si può imparare ed evolvere, anziché rimanere statici e ancorati alle proprie idee. Sin dall’apertura dello studio, ci siamo messi in moto in tale direzione anche se non pensavamo di ricevere così tanti premi a livello internazionale. Senza contare poi che misurarsi con i colleghi di alto livello è entusiasmante. Ne nascono anche belle amicizie e nuove collaborazioni”. Ed è così che lei è più conosciuta all’estero che in Italia. Come se lo spiega?
“Nel nostro Paese c’è minore apertura mentale e, se non si appartiene a certi gruppi molto chiusi, non si viene considerati. Proprio di recente sono stata chiamata da un noto fotografo di Parigi che mi ha invitata a far parte della giuria di un concorso internazionale. Che dire? Sono lusingata. Impensabile che una cosa così possa capitarmi in Italia”. E poi è arrivata anche una prestigiosa carica… “Sì. Da fine dicembre sono diventata Ambassador italiana di Mpi, che è un’associazione internazionale di fotografi professionisti con sede in Canada grazie alla quale avevo già ottenuto il titolo di Master Photographer in Portrait”.
IN QUESTA PAGINA, ALCUNI SCATTI DI GIORGIA CORNIOLA.
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FERGHI SALON RAVENNA MODERN HAIRSTYLE FERGHI SALON DI FEDERICA GHIRARDINI UNISCE CREATIVITÀ E CONOSCENZE TECNICHE DI COLORE, TAGLIO E TRATTAMENTI, PER VALORIZZARE PRIMA DI TUTTO IL BELLO E LO STILE DELLE PERSONE.
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Un salone in stile contemporaneo dove è possibile sperimentare un taglio moderno e personalizzato e farsi coccolare con un trattamento a base di prodotti naturali e di alta qualità. Questo è il biglietto da visita di Ferghi Salon, aperto in via Luigi Cilla 46 a Ravenna dalla giovane Federica Ghirardini nel giugno 2018 e che in poco tempo ha già saputo conquistare un’affezionata clientela. “Dopo aver maturato esperienza in altri saloni – racconta la titolare –, dove sono cresciuta e ho appreso i trucchi del mestiere, ho finalmente realizzato il sogno di un’attività tutta mia in cui poter esprimere il mio estro e le mie idee. Quando si è liberato questo negozio in una zona residenziale da me molto apprezzata,
non ci ho pensato due volte a fare il salto e diventare imprenditrice”. Il primo passo è stato quello di fare un piccolo ma accurato restyling dell’ampio e luminoso negozio ispirandosi a uno stile moderno, ma senza trascurare la funzionalità, per creare un ambiente accogliente e piacevole. “Diversamente da tanti miei colleghi – afferma Federica –, ho puntato molto sui giovani, spesso trascurati, che hanno immediatamente risposto e capito la mia proposta. Con soddisfazione li vedo venire da me non solo per il taglio o il colore, ma anche per provare settimanalmente uno shampoo con massaggio alla testa, o qualsiasi altro dei diversi trattamenti che ogni mese metto in promozione. Al riguardo, utilizzo solo linee di
prodotti a mio marchio che ho fatto realizzare appositamente da un’azienda di Cesena: maschere, trattamenti idratanti all’avanguardia, colorazioni senza ammoniaca, per un servizio sempre innovativo, competente e personalizzato”. Per quanto riguarda il taglio, Federica cerca sempre di adattarlo allo stile della persona, così come ai tratti del viso e alla tipologia di capelli, fornendo utili consigli per valorizzare prima di tutto il bello delle persone. “A chi arriva con idee troppo estreme o correlate alla moda – afferma – cerco sempre di far presente che prima di tutto bisogna pensare a ciò che sta bene”. Quali sono le ultime tendenze in fatto di tagli e colori? Per i ragazzi, i ciuffi versatili, che stanno bene ordinati e spettinati a seconda che si prediliga uno stile elegante o casual, con capelli tagliati corti ai lati. Per le ragazze i long bob, ossia i caschetti lunghi con onde morbide nella parte finale del capello, per una piega il più possibile naturale. Le nuove tonalità invece si sono spostate dai grigi verso i pastello, in particolare cipria, bronzo e lilla. Ferghi Salon è aperto il martedì, giovedì e sabato dalle 9 alle 17, il mercoledì dalle 14 alle 19, il venerdì dalle 9 alle 19 (in luglio e agosto, chiusura alle 14 il sabato).
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STUFE CAMINI DESIGN IL CALORE DELL’INNOVAZIONE
STUFE CAMINI DESIGN, CON SEDE A CESENA E A RAVENNA, FORNISCE UNA RICCA SELEZIONE DI STUFE E CAMINI DEI PIÙ RINOMATI MARCHI, NONCHÉ SERVIZIO ALTAMENTE PERSONALIZZATO E SU MISURA.
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Non c’è niente di più accogliente di un bel fuoco. Per realizzare il sogno di un camino o di una stufa in linea con i propri gusti, nonché ben adattabile per stile al proprio ambiente domestico, il posto giusto è Stufe Camini Design a Ravenna. L’azienda, che vanta più di quindici anni di esperienza, è infatti in grado di fornire un servizio altamente personalizzato e su misura, oltre che chiavi in mano: il cliente viene
infatti attentamente consigliato e accompagnato dalla progettazione all’installazione, fino alla manutenzione e all’assistenza. Aperta nel 2003 a Cesena, con la storica sede di via Emilia Ponente 985, l’azienda si è poi gradualmente espansa sul territorio romagnolo: dopo l’apertura qualche anno fa di un secondo punto vendita a Forlì, nel dicembre 2018 è stata la volta di Ravenna. All’interno di un edi-
ficio di nuova costruzione sulla Strada Statale 16, all’altezza di Madonna dell’Albero, nel nuovo ampio e luminoso show-room su più livelli è possibile ammirare una ricca selezione di camini e stufe dei più rinomati marchi di livello internazionale, con un occhio di riguardo per il design più contemporaneo che attualmente è molto apprezzato. Guardando alcuni dei camini esposti in mostra, è impossibile non restare colpiti dai pezzi di punta del prestigioso marchio Focus. Per esempio il Gyrofocus, il primo al mondo per la linea dei focolari sospesi e rotanti a 360°, creato nel 1968 dall’architetto Dominique Imbert, vincitore di numeri premi ed esposto al Museo Guggenheim di New York dal 1998. Per non parlare poi del più recente Slimfocus Suspendu, un periscopio di fiamme dalla forte presenza scenica, frutto di una ricerca di fluidità estetica, d’ingombro minimo e di performance termiche eccezionali. Si tratta del primo modello sospeso,
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A RAVENNA, NEL NUOVO AMPIO E LUMINOSO SHOW-ROOM SU PIÙ LIVELLI È POSSIBILE AMMIRARE UNA RICCA SELEZIONE DI CAMINI E STUFE DEI PIÙ RINOMATI MARCHI DI LIVELLO INTERNAZIONALE, CON UN OCCHIO DI RIGUARDO PER IL DESIGN PIÙ CONTEMPORANEO.
fisso o girevole, perfettamente compatibile con le case a basso consumo energetico. Accanto a pezzi importanti che, da soli, arredano casa, ci sono anche tante soluzioni di camini a incasso, che possono essere collocati all’interno di una parete in cartongesso o diversamente decorata, anche sotto il televisore appeso come un quadro. Come alternative al legno, ci sono i camini a gas o a bioetanolo, amati soprattutto da chi propende per una maggiore praticità e facilità di pulizia. Per quanto riguarda le stufe, accanto a quelle ultramoderne, stanno ritornando di moda in Romagna le stufe e le cucine a legna. Decisamente d’impatto sono le stufe di Sergio Leoni, in particolare la Maria Luigia prodotta alla fine degli anni Sessanta, ispirandosi
alla Granduchessa di Parma. Il maestro Leoni modellò questo manufatto rifacendosi alle antiche stufe militari, decorando poi il tutto in stile Impero: dal vestito in ceramica alle fusioni dello sportello in ghisa. “La clientela è sempre più esigente – racconta il titolare Nicola Conficconi che può contare su un team di dieci persone –. Per questo, oggi più che mai, è importante puntare sulla qualità dei prodotti e del servizio, la vera carta vincente per restare su un mercato altamente competitivo. Siamo in grado di sviluppare anche le idee più particolari, dato che ognuno cerca qualcosa di diverso, e di offrire consulenza per studi tecnici e di architettura. La nostra è una filosofia di casa e bottega, tant’è che abbiamo anche un laboratorio in cui produciamo canne fuma-
rie. Fino a quindici anni fa, era il magazzino edile a gestire il settore, insieme a qualche rivenditore di ceramiche e ad alcuni piccoli artigiani fai da te. Ora a imporsi sono negozi specializzati come Stufe e Camini Design, in cui si è in grado di gestire qualsiasi problematica tecnica correlata alla fase di progettazione e realizzazione, senza dimenticare il post vendita.” Quali sono le caratteristiche di una buona stufa e
di un buon camino? Anzitutto i rendimenti strettamente correlati a bruciatori più potenti, poi le certificazioni che sono sinonimo di sicurezza e di minore impatto ambientale, e la durata nel tempo. “Malgrado il terrorismo mediatico di questi ultimi anni – conclude Conficconi – un camino o una stufa di qualità restano un’ottima soluzione per scaldarsi sfruttando energie realmente rinnovabili.”
s.r.l.
• RAVENNA | Via Monsignor Renato Casadio, 45 (ing. Via Classicana km 153) | tel 0544 1795230 • CESENA | Via Emilia Ponente 985 | tel/fax: 0547 600 180 • FORLÌ | c/o Zannoni | Via Padulli, 40
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COMMEMORARE
Un parco per
RICORDARE IL PARCO BEATO, PROGETTO NATO DALLA VOLONTÀ DI GIANCARLO ROSSI, È IL CIMITERO DEGLI ANIMALI DI LUGO. UN LUOGO DI MEMORIA PER GLI ANIMALI DOMESTICI. di Roberta Bezzi / ph Massimo Fiorentini e Lidia Bagnara
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Nella verde campagna lughese sorge quello che può essere considerato probabilmente il più grande cimitero per animali d’Italia. Realizzato su una superficie di 1 ettaro, in via Grilli 3/A nella frazione di Zagonara, il Parco Beato può ospitare fino a 5-6.000 tombe di animali domestici. A decidere di avviare un progetto mai visto prima, più di dieci anni fa, è stato Giancarlo Rossi, proprietario del vasto terreno e – neanche a dirlo – grande appassionato di animali, visto che definisce la sua casa un vero e proprio zoo dove convivono allegramente cani, gatti, criceti, inseparabili, cocorite, pavoncelle e tacchinelle. “Già da tempo – ricorda –, ricevevo richieste di amici che desideravano dare una degna sepoltura ai propri animali. L’idea mi è balenata in seguito ad alcuni viaggi all’estero, in particolare in Inghilterra e Germania dove già ne era sorto qualcuno sul finire degli anni Novanta. Così, una volta rientrato, ho pensato di destinare a tale scopo il mio terreno situato all’interno del paesaggio naturale protetto dell’antica centuriazione romana. Non è stato facile districarsi fra le normative, per lo più inesistenti in materia, e ottenere i necessari permessi ma nel 2007, dopo due lunghi anni, sono riuscito finalmente ad aprire il mio Parco Beato”. In questi dodici anni, la situazione è cambiata e altri sette cimiteri per animali sono stati aperti sul territorio nazionale. Due di questi in Emilia-Romagna, che vanta dunque il primato di Regione più all’avanguardia nel settore. Ma il Parco Beato resta forse quello più esteso e, attualmente, conta più di 600 tombe in cui riposano soprattutto cani e gatti, ma anche pappagalli, conigli, tartarughe, inseparabili e criceti. Alcuni di loro sono stati sepolti con i propri giochi preferiti, altri con i collari, una foto e una dedica. Per la maggior parte provengono dalla Provincia di Ravenna, altri anche da Forlì, Ferrara, Imola, Rimini, Modena e persino Trieste. “In genere, chi
“GIÀ DA TEMPO RICEVEVO RICHIESTE DI AMICI CHE DESIDERAVANO DARE UNA DEGNA SEPOLTURA AI PROPRI ANIMALI. L’IDEA MI È BALENATA IN SEGUITO AD ALCUNI VIAGGI ALL’ESTERO, IN PARTICOLARE IN INGHILTERRA E GERMANIA DOVE GIÀ NE ERA SORTO QUALCUNO”.
sceglie una sepoltura per il proprio amico a quattro zampe lo fa per poi potervi fare visita – racconta Rossi –. Per tutti il distacco è forse il momento più traumatico, difficile da spiegare a chi non ha mai vissuto un legame affettivo intenso con il proprio animale. Arrivano da me persone di qualsiasi età e provenienza sociale, dai ventenni ai settantenni, dagli studenti ai pensionati, tutti desiderosi di avere un luogo in cui appartarsi per ricordare chi non c’è più. Quando si ha molto amato il proprio animale, non ci si fa problemi a sacrificarsi un po’ per avere una tomba. Anche perché diversamente, per legge, le salme dovrebbero essere smaltite tramite inceneritori. Non è più legale
A LATO, UNA FOTO DEL PARCO BEATO DI LUGO. IN ALTO, GIANCARLO ROSSI, PROPRIETARIO DEL TERRENO.
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“CHI SCEGLIE UNA SEPOLTURA PER IL PROPRIO AMICO A QUATTRO ZAMPE, LO FA PER POI POTERVI FARE VISITA – RACCONTA ROSSI –. PER TUTTI IL DISTACCO È FORSE IL MOMENTO PIÙ TRAUMATICO. MOLTI SONO DESIDEROSI DI AVERE UN LUOGO PER RICORDARE CHI NON C’È PIÙ.”
IN QUESTA PAGINA, ALCUNE TOMBE DI ANIMALI DOMESTICI.
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infatti seppellire il proprio animale nell’orto o in un terreno di proprietà, anche se di fatto molti continuano a farlo. Molti lasciano la triste incombenza al veterinario, altrimenti chiamano me che organizzo un servizio semplice ma curato”. Servono dai 300 ai 500 euro per la bara – che può essere semplice, imbottita e decorata – e per la sepoltura e la lapide. Al Parco Beato non si fanno differenze e la lapide con foto è uguale per tutti. Dopo due mesi di assestamento del terreno, si può procedere al decoro. Per chi preferisce la cremazione, il cimitero se ne può occupare rivolgendosi a un inceneritore esterno con cui esiste un rapporto di collaborazione. Molteplici sono le toccanti
storie di cui Giancarlo Rossi è stato spettatore partecipe in questi anni. “Ogni caso è particolare – racconta –. Mi viene in mente un ragazzo, così affezionato al suo animale, che non andava in vacanza da tempo per non saltare la visita in cimitero. Un altro ancora stava cercando disperatamente un posto di lavoro in zona, per poter essere più vicino alla tomba. E ancora, non posso non citare una ragazza che viene da Forlì a giorni alterni. A volte si può pensare che siano gli anziani soli i più vulnerabili, ma non è necessariamente così. In ogni caso, tutti sono accomunati dal ritenere il loro animale il più bel-
lo, buono, simpatico, un po’ come se fosse un figlio”. A molti di loro, Rossi suggerisce, basandosi anche sulla sua esperienza personale, di prendere un altro animale. Quasi tutti inizialmente si dimostrano scettici, come se tradissero la memoria del defunto, ma c’è chi col tempo lo ascolta e ritorna più sereno al cimitero a far visita alla tomba con il nuovo animale. Le richieste più strane? “La sepoltura di cavalli – rivela il proprietario di Parco Beato – ma non è possibile perché in tal caso l’iter burocratico è molto complesso, lungo e nebuloso. Ho però una sezione del cimitero consacrata ai cani di grandi taglie fino a 50-60 chili”. Progetti futuri? “Potrei pensare a costruire vere e proprie cappelle – sorride Rossi –. C’è una signora che ha cinque animali sepolti al cimitero: un gatto e quattro cani. E non è l’unica. Tutti mi chiedeno di tenerli insieme e cerco di accontentarli, prevedendo degli spazi vuoti. E c’è anche chi vorrebbe essere sepolto vicino al proprio animale. In tanti, infatti, restano colpiti da quanto è curato il mio cimitero”. Quanto può durare una tomba? “Fino a quando si è disposti a confermarla, rinnovando il contratto ogni cinque anni. In caso di rinuncia, viene effettuata una riesumazione e i resti sono messi nell’ossario. Ma in genere i proprietari sono ben lieti di allungare il periodo per continuare a far visita al proprio indimenticabile animale”.
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Con le case in legno classe A, è possibile realizzare il sogno di un abitare sostenibile. Si tratta, infatti, dell’edilizia alternativa alla muratura con qualità straordinarie: certezza dei costi, risparmio energetico, comfort abitativo, versatilità, facile lavorazione, minime emissioni di CO2, velocità di costruzione, sismicità. Al riguardo, l’azienda ravennate Radis – da anni leader nel settore della vendita del legno e dei suoi elaborati – è in grado di offrire un servizio completo dalla progettazione alla posa in opera. “Ciò che fino a pochi anni fa sembrava impensabile, oggi è realtà – afferma il titolare Carlo Gelosi –. Le case in legno prefabbricate sono le più innovative sul mercato, perché in linea con i parametri dell’edilizia moderna. A seguito della recente crisi economica e dei frequenti terremoti, le richieste sono in costante crescita. Realizzarle è alquanto semplice. Basta disporre di un terreno e farsi fare un preven-
tivo per la struttura lignea, per poi passare alla realizzazione che richiede circa un mese di tempo, una volta fatte le fondamenta. Poi chiaramente si completa il lavoro con i vari impianti e tutto il resto”. I costi di costruzione non sono molto diversi rispetto a una tradizionale casa in muratura in fase di costruzione, ma i vantaggi si apprezzano nel lungo periodo, in termini di notevoli risparmi di gestione, oltre a un miglioramento della qualità di vita.
Radis propone due possibili soluzioni. La prima consiste in case in legno costruite con il sistema a telaio, ossia con esili colonne in legno massiccio o lamellare su cui vengono fissate delle lastre di fibrocemento, il freno-vapore e un grande spessore di isolante. La seconda in abitazioni con il sistema Xlam, ossia con pareti piene in legno lamellare con spessore variabile su cui, all’esterno, è applicato il cappotto, mentre all’interno una controparete per il passaggio degli impianti, chiusa con doppia lastra di cartongesso, fibrogesso o da pannelli lignei faccia vista. Ormai dunque l’edilizia, profondamente cambiata, non è più in mano ai muratori, ma a carpentieri e falegnami. La casa in legno consente notevoli risparmi energetici perché è fresca d’estate e calda d’inverno, evitando inutili spese di condizionamento e riscaldamento. È rispettosa dell’ambiente e delle persone che la abitano, perché il legno è l’unico materiale da costruzione che respira. Proprio per le sue caratteristiche di flessibilità ed elasticità, la casa in legno è inoltre resistente ai terremoti, e destinata – se ben realizzata – a durare secoli.
dal giovedì alla domenica aperitivo a buffet dalle 18 alle 20.30. Ristorante con cena alla carta Al 1° Piano di Piazza J. F. Kennedy • Ingresso in Via IX Febbraio n°1 Aperto dal giovedì alla domenica dalle 15.30 Tel. 366 9366252 • info@salonedeimosaici.it • www.salonedeimosaici.it
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