Perugia IN Magazine 01 2019

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PERUGIA

N° 1 MAGGIO/GIUGNO 2019

Gino

SIRCI

OLTRE LA RETE

UMBRE NETWORK / Turismo Smart CHEF GIORGIONE / Istigatore culinario ENNIO BOCCACCI / Di arte e nell’arte



EDITORIALE

SOMMARIO

I

Inauguriamo Perugia IN Magazine con un’intervista a Gino Sirci, imprenditore di un’azienda punta di diamante dell’antinfortunistica e presidente del Sir Safety Volley Club. Incontriamo le cinque imprenditrici dietro Umbre Network, un progetto nato per attrarre turismo di qualità in un’ottica smart, e lo chef Giorgione, volto noto di Gambero Rosso Channel, che ci propone una ricetta gustosa. Con Wearable Italia, la start-up di Andrea Tomassini, il lusso incontra la tecnologia, mentre il presidente Massimiliano Santopadre ci racconta il sogno di far tornare l’AC Perugia ai massimi livelli. Entriamo dentro il Teatro della Concordia definito il teatro più piccolo del mondo, e scopriamo gli eventi estivi di Umbria Jazz, Festival Due Mondi e Festival Villa Solomei. Infine incontriamo Ennio Boccacci, ÅVM QVKWV\ZQIUW -VVQW *WKKIKKQ pittore, scrittore e poeta. Buona lettura! *]WVI TM\\]ZI Andrea Masotti

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INAUGURARE

Edizioni IN Magazine

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ANNOTARE

Brevi IN

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ESSERE

Gino Sirci

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PROMUOVERE

Umbre Network

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CUCINARE

Chef Giorgione

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EDIZIONI IN MAGAZINE S.R.L. Via Napoleone Bonaparte, 50 - 47122 Forlì Tel. 0543.798463 / Fax 0543.774044 www.inmagazine.it info@inmagazine.it DIRETTORE RESPONSABILE: Andrea Masotti REDAZIONE CENTRALE: Clarissa Costa, Gianluca Gatta, Beatrice Loddo COORDINAMENTO DI REDAZIONE: Silvia Palozzi ARTWORK: Lisa Tagliaferri IMPAGINAZIONE: Francesca Fantini UFFICIO COMMERCIALE: Alessandro Sanchini STAMPA: Litograf Editor s.r.l. Via C. Marx 10 Cerbara, Città di Castello(PG) ANNO I- N. 1 Chiuso per la stampa il 7/05/2019 Allegato al numero 02.19 di Forlì Cesena IN Magazine. Testata in corso di registrazione. Collaboratori: Luca Fiorucci, Cristina Moretti, Luana Pioppi. Fotografi: Andrea Bartolozzi, Francesco Richieri.

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ATTRARRE

L’estate è festival

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SUONARE

Fuori dai teatri

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IDEARE

Ennio Boccacci

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INNOVARE

Wearable Italia Seguici su FB: www.facebook.com/ edizioni.inmagazine

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GIOCARE

Rinascita biancorossa Edizioni IN Magazine si impegna alla salvaguardia del patrimonio forestale aderendo al circuito di certificazione di FSC-Italia.

Tutti i diritti sono riservati. Foto e articoli possono essere riprodotti solo con l’autorizzazione dell’editore e citando la fonte.

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SCOPRIRE

Teatro della Concordia

40 IN MAGAZINE

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INAUGURARE

EDIZIONI IN MAGAZINE LA CASA EDITRICE ATTENTA AL TERRITORIO. Braschi, Valentino Rossi, Massimo Ambrosini, Simona Branchetti, Carlo Cracco, Andrea Dovizioso, Francesco Damiani. Alle riviste locali si sono affiancate velocemente alcune pubblicazioni di settore, come Premium, dedicata alle eccellenze di Emilia-Romagna e Marche, un semestrale dove personaggi popolari, artisti, chef stellati, imprenditori, si raccontano nella loro vita privata e pubblica. Ultima nata è Dome, rivista annuale interamente dedicata all’architettura e al design, dove entriamo nelle più belle case del territorio e intervistiamo architetti e designer di fama nazionale e internazionale. Oltre alle riviste, Edizioni IN Magazine pubblica anche guide turistiche e libri di architettura, gastronomia, cultura del territorio, distribuite nel

circuito nazionale delle librerie Mondadori. Con uno staff composto da oltre 50 giornalisti, collaboratori e fotografi, le riviste IN Magazine raccontano le città e i personaggi di spicco garantendo un’informazione autorevole e dal taglio divulgativo, che appassiona i lettori e identifica le riviste con una voce indipendente molto apprezzata a livello locale. Così come ogni rivista, diretta e scritta da redattori e collaboratori locali, anche Perugia IN Magazine si avvale di uno staff commerciale e giornalistico interamente perugino. Con la nascita di questa nuova rivista, il territorio di Perugia vede valorizzate una volta di più le sue bellezze e i suoi abitanti, le imprese e le attività culturali, la storia e i progetti di innovazione.

Tariffa R.O.C.: Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB - FILIALE DI FORLÌ -

€ 3,00

Edizioni IN Magazine, nata nel 1998 all’interno dell’agenzia di comunicazione Menabó Group di Forlì, è una casa editrice che si distingue per un’attenzione particolare a tutto ciò che accade nel territori locali. In questa realtà ha visto la luce inizialmente Forlì IN Magazine, la rivista che da vent’anni racconta la città con i suoi personaggi, le bellezze del territorio, la sua cultura. Il progetto si è poi allargato, in seguito al crescente numero di lettori, a Rimini IN Magazine nel 2000, seguita da Ravenna IN Magazine, Cesena IN Magazine nel 2002 e Pesaro IN Magazine nel 2006. Tra i personaggi di copertina, IN Magazine ha presentato nel corso degli anni Giorgio Squinzi, Sergio Zavoli, Paolo Cevoli, Ivano Marescotti, Arrigo Sacchi, Mirka Viola, Antonio Sughi, Nicoletta

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IN MAGAZINE

SPECIAL DOME. architettura e interior design

FAENZA: Villa dai due volti, RICCIONE: La casa museo,

FORLÌ: L’attualità dell’antico, SAN MARINO: Spazi di luce.


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ANNOTARE

Trasimeno in MUSICA

La magia delle INFIORATE

Primo d’Anfora AL VINITALY

TRASIMENO Gli splendidi

SPELLO È uno spettacolo che ogni anno richiama, nella piccola

ORVIETO Primo d’Anfora, l’ultimo bianco della cantina Argillae della Famiglia Bonollo, è stato presentato al Vinitaly 2019. Con questa etichetta si mette in campo un progetto ambizioso e sostenibile, votato alla qualità. Primo d’Anfora è infatti il primo vino prodotto da Argillae a essere fermentato e affinato in anfore di terracotta plasmate con la stessa argilla di cui è composto il terreno dell’azienda. Un progetto che rappresenta l’identità dell’azienda e del suo terroir.

tramonti del lago Trasimeno faranno ancora da cornice alla quinta edizione di Moon in June, il festival in programma all’Isola Maggiore il 21, 22 e 23 giugno. Musica di qualità e uno scenario mozzafiato sono le carte vincenti della manifestazione che punta ad animare la più grande delle isole situate al centro del lago. Just like a women è il titolo di questa edizione che vedrà protagonisti Carmen Consoli, domenica 23 giugno, e i Bowland, sabato 22 giugno.

cittadina di Spello, dalle 60.000 alle 100.000 presenze e anche l’edizione del 2019 delle Infiorate del Corpus Domini, in programma il 22 e 23 giugno, si preannuncia come un evento da tutto esaurito. In occasione della manifestazione, infatti, le stradine del borgo umbro si trasformano in vere e proprie tele pronte ad accogliere le coloratissime creazioni delle diverse squadre che si fronteggiano nella tradizionale competizione. Il momento più emozionante è la Notte dei Fiori, la veglia notturna, tra il sabato e la domenica, che coinvolge attivamente tutte le famiglie e i gruppi di Spello: circa 2.000 persone di tutte le età, compresi quasi 500 bambini, che si dilettano nella realizzazione dei quasi 2 km di meravigliosi tappeti e quadri floreali che adornano le vie medievali. Ma già dalla settimana che precede l’evento, la città si anima con tante manifestazioni collaterali a ingresso libero. Come le mostre dei bozzetti e di ricamo floreale al Museo delle Infiorate.


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ANNOTARE

L’Umbria CHE SPACCA

Il Bollino del Trasimeno A STOCCARDA

PERUGIA Tutto pronto per

TRASIMENO È stato il Bollino

la 7° edizione de L’Umbria che Spacca, il festival organizzato dall’associazione culturale Roghers Staff con il patrocinio di Regione Umbria, Comune di Perugia, Adisu e Galleria Nazionale dell’Umbria. La manifestazione ritorna nella splendida cornice dei Giardini del Frontone di Perugia nei giorni 5, 6 e 7 luglio. Il punto cardine del festival resta la valorizzazione delle eccellenze musicali umbre. Il primo headliner di questa edizione sarà Motta, che si esibirà sabato 6 luglio, sul main stage del parco perugino mentre, a dare appuntamento al 2020, ci sarà Gazzelle. “L’obiettivo di questa nuova edizione – hanno spiegato gli organizzatori – sarà quello di offrire un programma variegato e di qualità: concerti, con 2 palchi in contemporanea e oltre 30 artisti umbri, italiani e stranieri”.

del Trasimeno a rappresentare l’Umbria alla Fiera dello Slow Food di Stoccarda, una vetrina importante e il principale evento organizzato dall’associazione in Germania. Alla mostra-mercato sono stati esposti e fatti degustare i principali prodotti del lago che hanno portato i sapori e i colori della nostra Regione oltreconfine. In particolare, sono stati presentati la filiera delle carni, l’olio extra vergine di oliva, i formaggi, i vini, la birra, il pesce di lago, i cereali e i legumi. Alla Markt des Guten Geschmacks Die Slow Food Messe Slow Food Stuttgart 2019, denominazione della fiera in lingua tedesca, vengono selezionate specialità enogastronomiche il cui processo di lavorazione deve essere di carattere artigianale rispecchiando il motto dell’associazione Slow Food: buono, pulito e giusto.

Il Festival delle Nazioni OMAGGIA LA CINA CITTÀ DI CASTELLO Sarà dedicata alla Cina e alla sua cultura

musicale la 52° edizione del Festival delle Nazioni, in programma a Città di Castello da domenica 25 agosto a sabato 7 settembre. Con l’omaggio a questo Paese, attraverso un cartellone composto da 20 spettacoli principali e numerose iniziative collaterali, la manifestazione esce di nuovo dai confini dell’Europa, a pochi anni di distanza dalla fortunatissima edizione dedicata all’Armenia. Quello proposto sarà un viaggio musicale che partirà dalle atmosfere antiche di Pechino per arrivare alle migliori espressioni artistiche del panorama contemporaneo cinese ed europeo, che vedrà la presenza di artisti autorevoli, talenti emergenti e produzioni inedite. Due i complessi orchestrali: la Shenzhen Symphony Orchestra (nella foto) diretta da Lin Daye e l’Orchestra della Toscana guidata da Hong Yin, solisti al pianoforte Jieni Wan e Francesco Libetta. Nell’ambito dei gruppi cameristici, spicca la prestigiosa presenza della European Chinese Chamber Orchestra, che aprirà la manifestazione.

Un viaggio sentimentale nella moda e nel silenzio lussuoso della femminilità. Uno splendido reggiseno gioiello da indossare come complemento femminile sotto abiti particolarmente scollati lasciando spazio a piccoli gioielli Swarovski incastonati, cristalli su torchon di cashmere, perle di fiume su seta straccettata, piume di pavone, coralli, conchiglie. Le fascette posteriori e le bretelle sono intercambiabili consentendo di coordinare il reggiseno basic ai toni stilistici di ogni occasione: una serata cocktail, una cerimonia, un evento a teatro oppure un incontro informale ma glamour. Lavorazione artigianale, materiali di eccellenza, stile insuperabile sono le caratteristiche che rendono ogni reggiseno gioiello un pezzo unico e interamente personalizzabile.

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ESSERE

Oltre

LA RETE GINO SIRCI, FONDATORE DI UN’AZIENDA PUNTA DI DIAMANTE DELL’ANTINFORTUNISTICA, HA GUIDATO I BLOCK DEVILS AI VERTICI DEL VOLLEY. PROFESSIONALITÀ E POSITIVITÀ SONO I SUOI SEGRETI. di Luca Fiorucci / ph Francesco Richieri

D

Dietro i successi sul parquet, dietro il sogno sotto rete che infiamma il PalaBarton ad ogni incontro casalingo e che spinge centinaia e centinaia di persone a seguire i Block Devils in tutta Italia ed Europa, c’è un uomo. Un presidente che ha sposato la causa della pallavolo e ha portato una squadra di Provincia fino ai vertici mondiali. Un imprenditore che ha saputo costruire, in venti anni, un’importante realtà aziendale, punta di diamante nell’antinfortunistica. È il vulcanico Gino Sirci, ormai famoso per l’amore con il quale segue la sua Sir Safety Volley Club e, di pari passo, conduce la sua omonima azienda. Uomo di pallavolo e uomo di affari, due volti, un denominatore comune: la passione. Quella per la pallavolo come nasce? “Nasce grazie a mio figlio che, a dodici anni, lascia il basket per dedicarsi al volley, nelle giovanili del Bastia. In questo contesto mi venne chiesto, inizialmente, se volevo partecipare come sponsor; diventai il principale sostenitore, poi il presidente per sostituire

quello in carica che si era dovuto fare da parte per motivi di salute. Da quel momento abbiamo iniziato una lunga e ambiziosa scalata che ci ha portato dalla C1 alla B2, quindi B1, A2 e poi la Superlega. E alla fine, insomma, eccoci qua. Siamo diventati famosi”. Da padre di un praticante a presidente di una delle squadre più importanti d’Europa... “Eh, queste cose nascono così. C’è sempre una ragione profonda per la quale si entra in questo mondo. Magari si inizia per caso, ma capita molto frequentemente che un figlio ti porti a frequentare determinati ambienti che diversamente ti appassioni, vedi che è un bell’ambiente e che in mezzo agli altri ti trovi bene, che sei ben voluto, ma anche seguito da altri colleghi. Perché quello che abbiamo fatto non è il frutto solo della passione e dei nostri sforzi, ma il risultato di un impegno condiviso. Pallavolo e azienda: chi c’è per prima nel suo cuore? “Beh, l’azienda. Perché è quella che riesce a supportare la palla-


ENIZ AGAM NI

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IN QUESTE PAGINE, ALCUNE FOTO DI GINO SIRCI ALL’INTERNO DELL’AZIENDA SIR SAFETY SYSTEM, AD ASSISI.

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IN MAGAZINE

volo, senza la prima infatti non ci sarebbe la seconda. La pallavolo rimane sempre un hobby – fatto bene e ricco di soddisfazioni, una passione fortunata per alimentare la quale siamo riusciti a coinvolgere tante realtà importanti – ma senza la nostra attività principale come forza economica questa realtà sportiva non esisterebbe. Perché, lo sappiamo bene, la pallavolo costa”. Momenti difficili e come superarli? “Tutti ne attraversiamo ed è proprio in questi momenti di difficoltà che bisogna cercare gli aspetti positivi. Gli imprenditori devono essere positivi anche nelle avversità perché un domani c’è sempre e in esso bisogna riporre fiducia, nella convinzione che sia migliore. Anche noi, come azienda, abbiamo vissuto momenti difficili, raramente ma ci sono stati. E per quanto riguarda la pallavolo sì, abbiamo perso tante volte all’inizio, ma adesso abbiamo iniziato a ingranare e siamo vittoriosi anche nel confronto con le tante realtà che prima ci hanno battuto. È stata proprio questa mentalità positiva, questa forte, ostinata volontà di guardare oltre, che ci ha portato qua. Altrimenti poteva-

“GLI IMPRENDITORI DEVONO ESSERE POSITIVI ANCHE NELLE AVVERSITÀ PERCHÉ UN DOMANI C’È SEMPRE E IN ESSO BISOGNA RIPORRE FIDUCIA, NELLA CONVINZIONE CHE SIA MIGLIORE. ANCHE NOI, COME AZIENDA, ABBIAMO VISSUTO MOMENTI DIFFICILI”.

mo smettere, rinunciare e cambiare sport, cambiare hobby”. Quali sono i suoi rituali e abitudini? È scaramantico? “Ah, sicuro, la scaramanzia fa parte della nostra vita e non dobbiamo vergognarci di dirlo. Se non siamo scaramantici, non siamo uomini, secondo me. L’uomo è differente dagli animali per intelligenza. Gli animali non sono scaramantici, l’uomo sì. Ha un modus operandi fortemente segnato da quelli che sono i vissuti. Se, in occasioni importanti, determinati comportamenti, avvenimenti o coincidenze hanno corrisposto a un successo si è portati inevitabilmente a fare in modo che lo stesso percorso si ri-


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“MI RICORDO QUANDO INAUGURAI L’AZIENDA, CHE ERA PIÙ PICCOLA DI OGGI ED È CRESCIUTA UN PEZZO PER VOLTA – RACCONTA GINO SIRCI –. SONO PASSATI 20 ANNI, ERA IL 1999, MA RICORDO ANCORA LO STUPORE DI CHI ENTRAVA NELLO STABILIMENTO”.

IN ALTO, GINO SIRCI NELLO SHOWROOM DELLA SIR SAFETY SYSTEM.

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IN MAGAZINE

peta. È forza di volontà opporsi e non accettare quello che viene, ma impegnarsi perché la direzione sia quella voluta. E se serve un aiuto dalla scaramanzia, ben venga per aiutarci a fare scelte positive ed evitare, al contrario, quelle negative”. Ha un rituale? Ce lo svela? “Certo, ma qualunque scaramantico serio non ve lo direbbe, perciò...”. A che cosa non rinuncerebbe mai? “Difficile dire a cosa non rinuncerei perché bisogna valutare la situazione specifica nella quale ci si trova. Fare una rinuncia, per esempio, ti può condurre a una situazione che sulla carta non ti piace, ma che poi si rivela migliore. Se non ti fossi trovato a percorrere quella strada, avresti perso un’opportunità importante. Un esempio: quando siamo andati in A2 ci siamo dovuti munire di un palazzetto nuovo perché quello di Bastia non era più adatto. Io volevo restare lì, al PalaGiontel-

la dove tutto era cominciato, ma non c’era possibilità. Le alternative erano realizzare un palazzetto nuovo, nella zona di Umbria Fiere, oppure portare la squadra a Perugia. Per un mese e mezzo abbiamo discusso, cercato soluzioni praticabili perché ci tenevo a rimanere a Bastia. Ma alla fine abbiamo dovuto rinunciare. Mi è dispiaciuto molto, ma andando a Perugia ci si è aperto un portone. Questo per dire che è impossibile dire non rinuncerei a, perché non si può prevedere quello che ci aspetta”. Tre episodi da tirare fuori dalla scatola dei ricordi? “Mi ricordo quando inaugurai l’azienda, che era più piccola di oggi ed è cresciuta un pezzo per volta. Quel giorno c’era l’assessore allo Sport di Assisi, Eraldo Martelli. Sono passati 20 anni, era il 1999, ma ricordo ancora lo stupore di chi entrava nello stabilimento. Un altro momento bellissimo è stato quando abbiamo vinto la A2, ci fu una festa meravigliosa che non dimenticherò mai perché celebrava la prima grande vittoria. Poi, certo, sono arrivati la Coppa Italia, lo Scudetto, gli altri trofei, ma quella sera abbiamo raggiunto il primo traguardo importante. Ricordo i festeggiamenti al PalaEvangelisti, era 8 anni fa. E poi quando ho sposato mia moglie Monia, l’anno scorso. Prima la cerimonia in Comune, ad Assisi, poi quella alle Maldive, in una località idilliaca come sognavamo: una sposa e uno sposo, vestiti di tutto punto, ma scalzi. È stato bellissimo”. Un sogno da realizzare? “La quotazione in borsa dell’azienda. Abbiamo questa idea che non so quando realizzeremo, ci vuole tempo. Il mio sogno – non tanto segreto, diciamo un desiderio – è quello di aver creato un’azienda che si rivela interessante per gli investitori che possano impegnare soldi e speranza in questa realtà”.


Caratterizzata da un fascino senza tempo, Posta Donini - Historic Hotel mette in simbiosi arte, storia e natura: impreziosita da affreschi e tele originali del 1700 e del 1800 di famosi esponenti della scuola pittorica perugina come Giuli e Appiani, dall’elegante giardino all’italiana d’impianto seicentesco, dalla storia unica che inizia nel 1579. La Biowellness SPA all’interno della villa è un tempio dedicato all’arte dell’accoglienza e al completo benessere per celebrare e valorizzare il proprio corpo e il tempo prezioso della quotidianità, 7 giorni su 7. Per soddisfare tutti i sensi, non può mancare la celebrazione del gusto: il ristorante à la carte Pantagruel offre una cucina attenta alla valorizzazione dei prodotti locali abbinati alle eccellenze italiane, per creare un’indimenticabile esperienza di gusto. Chi desidera una location spettacolare per un meeting d’affari, una convention o che vuole organizzare un evento speciale, negli Spazi d’Autore trova la sua collocazione. Ogni sala ha un fascino unico, alcune impreziosite da affreschi del 1700 altre ricche di storia e fascino, sono capaci di rendere ogni esperienza creativa e memorabile, con il valore aggiunto di essere circondate da più di due ettari di parco secolare. Il piano nobile ospita la classica infilata di salotti settecenteschi che conducono al meraviglioso Teatro della famiglia Donini, oggi utilizzato anche per concerti e per celebrare matrimoni con rito civile. Per un break rigenerante, una fuga romantica, un’esperienza unica di gusto, un evento in una location spettacolare o un matrimonio indimenticabile, Posta Donini è la Residenza d’Epoca ideale: un contenitore d’arte che unisce la storia del passato al presente con uno sguardo al futuro. Posta Donini – Historic Hotel | Via Deruta, 43 San Martino in Campo (PG) | T. 075 609132 info@postadonini.it | www.postadonini.it


PROMUOVERE

Turismo

SMART

UMBRE NETWORK È UN PROGETTO NATO DA CINQUE TOP IMPRENDITRICI CON UN’IDEA INNOVATIVA: ATTRARRE TURISMO DI QUALITÀ IN UN’OTTICA TUTTA SMART. di Luana Pioppi / ph Umbre Network

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U

Umbre, ovvero United Marketing for Business and Regional Experience, è un progetto che nasce dall’amore e dalla passione che le sue fondatrici nutrono per l’Umbria e che punta a portare valore sul territorio. Al timone ci sono cinque imprenditrici: Michela Sciurpa, presidente, Ilaria Baccarelli, vicepresidente, Federica Angelantoni, Ilaria Caponi e Cristina Colaiacovo. Tutte donne manager provenienti da grandi aziende che, nel 2016, hanno deciso di unire i loro background per dare vita a una rete turistica regionale che promuove il territorio puntando sull’estrema qualità dell’offerta. L’obiettivo è quello di mettere a disposizione una modalità nuova di visitare l’Umbria, capace di promuovere tutte le attività della Regione: economiche, culturali ed enogastronomiche. Alla base di Umbre ci sono la tenacia e il talento di queste imprenditrici che hanno scelto di dedicare tempo e risorse per lanciare un messaggio innovativo. A raccontarlo sono loro stesse. “Sono nata in una famiglia di imprenditori – esordisce la presidente Michela Sciurpa – e conosco i sacrifici e il forte coinvolgimento che contraddistinguono gli italiani nel gestire la propria azienda. Il nostro progetto ha il valore aggiunto di essere stato condiviso e realizzato da cinque amiche con know-how diversi ma tutti qualificati. Abbiamo deciso di puntare proprio sul turismo perché promuovere questo comparto significa generare un indotto economico notevole e creare nuova occupazione. Ma perché ciò accada bisogna far riferimento a un turismo di qualità: nulla a che vedere con il turismo di massa. Ricordiamoci che un viaggiatore smart vuole sentirsi a casa, entrare nel vivo della cultura e dell’ambiente, e vuole esserne parte per un po’ per poi rientrare nella propria quotidianità arricchito dalla nuova esperienza”. Ilaria Baccarelli, perché ha deciso di aderire al progetto Umbre?

CINQUE DONNE MANAGER PROVENIENTI DA GRANDI AZIENDE CHE, NEL 2016, HANNO DECISO DI UNIRE I LORO BACKGROUND PER DARE VITA A UNA RETE TURISTICA REGIONALE CHE PROMUOVE IL TERRITORIO PUNTANDO SULL’ESTREMA QUALITÀ DELL’OFFERTA.

“Quando Michela ci ha contattate per condividere la sua idea, oltre ad avermi incuriosito, mi ha subito entusiasmata. Lei è stata la promotrice e ci ha coinvolte con generosità, consapevole che ciascuna avrebbe portato la propria esperienza e le proprie specificità. Umbre ha sempre avuto caratteristiche speciali. È un progetto innovativo e lungimirante che punta a proporre una formula di ospitalità che coniughi imprenditorialità, formazione ed esperienze nel territorio. Insomma,

NELLA PAGINA ACCANTO, LE CINQUE FONDATRICI DI UMBRE NETWORK. IN ALTO, MICHELA SCIURPA, PRESIDENTE.

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“PUNTIAMO SUL TURISMO PERCHÉ PROMUOVERE QUESTO COMPARTO SIGNIFICA GENERARE UN INDOTTO ECONOMICO NOTEVOLE E CREARE NUOVA OCCUPAZIONE. MA PERCHÉ CIÒ ACCADA BISOGNA FAR RIFERIMENTO A UN TURISMO DI QUALITÀ”.

non ho potuto dire di no e sono veramente orgogliosa di essere stata inserita da subito nel team, sia perché Umbre mi sta facendo crescere anche in un settore diverso dal mio, sia per la continua occasione di networking e relazioni che sta alimentando”. Cristina Colaiacovo, per lei come si è evoluta questa esperienza, dal 18 ottobre 2016 ad oggi? “Ripensando a quel giorno, quando eravamo sedute davanti

al notaio, mi sembra sia passato un secolo. Questo perché, nel frattempo, sono accadute tante cose: i nostri progetti sono cambiati e sono diventati sempre più ambiziosi. Siamo partite con grande entusiasmo ma anche con un pizzico d’incoscienza. Oggi posso dire che siamo maturate e la nostra conoscenza del comparto turistico è notevolmente aumentata. Siamo entrate in contatto con tante persone che ci hanno seguite perché hanno capito l’importan-

IN ALTO, ILARIA BACCARELLI, VICEPRESIDENTE. A LATO, CRISTINA COLAIACOVO.

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za del nostro progetto e la bontà delle nostre intenzioni. Abbiamo scoperto che c’è tanta voglia di darsi da fare e sono tante le iniziative interessanti che aspettano solo qualcuno in grado di metterle a sistema e promuoverle. Sono stati anni intensi, in cui abbiamo superato step importanti, e il bagaglio di esperienze e conoscenze ci è servito a crescere e a guardare avanti con ancora più determinazione e consapevolezza”. Riguardo i progetti in corso, invece, Federica Angelantoni, cosa bolle in pentola? “Attualmente ci stiamo dedicando all’organizzazione di un convegno in collaborazione con il

“PUNTIAMO A CREARE NUOVE OPPORTUNITÀ DI BUSINESS. ABBIAMO DATO VITA A UN EVENTO CON UN FORMAT INNOVATIVO: UNA TAVOLA ROTONDA VIRTUALE TRA LA CALIFORNIA E L’UMBRIA IL CUI OBIETTIVO È STATO APRIRE UN CONFRONTO APPROFONDITO”.

Festival Universo Assisi. Inoltre, in occasione del cinquantesimo anniversario del gemellaggio di Assisi con San Francisco, abbiamo dato vita a un evento con un format innovativo capace di creare un dialogo e un filo diretto tra la California e l’Umbria. L’idea è stata decisamente originale in quanto si è trattata di una tavola rotonda virtuale a cui, in collegamento streaming, hanno partecipato le più importanti e autorevoli figure professionali dei settori turismo, industria e alta formazione. È stato perciò possibile, in diretta e attraversando 9 ore di fuso orario, seguire un dibattito che ha avuto come obiettivo principale quello di creare un confronto approfondito tra le due realtà. Umbria e Califor20

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nia, infatti, risultano essere solo geograficamente lontane tra loro ma, a un’attenta osservazione, si possono trovare infinite analogie e similitudini. Puntiamo dunque a creare nuove opportunità di business sviluppando possibili sinergie tra questi due territori”. E per il futuro, Ilaria Caponi, cosa vi auspicate per Umbre? “Siamo certe che il futuro sarà roseo, sia perché la nostra è un’impresa tutta al femminile e resterà tale, sia perché abbiamo importanti progetti da sviluppare che stanno prendendo forma. Crediamo nello sviluppo della nostra Regione e continueremo quindi a puntarci sempre di più!”.

IN BASSO, FEDERICA ANGELANTONI E ILARIA CAPORALI.


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Istigatore

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O

“Oggi mangiamo insieme perché è la cosa più bella che possiamo fare. Facciamo la spesa, scegliamo cosa comprare, andiamo in cucina, iniziamo la preparazione e poi tutti a tavola… Svegliatevi! Questo non è un sogno! Si può fare davvero!”. L’imperativo arriva direttamente da un personaggio che della cucina ha fatto non solo la sua professione ma una vera e propria filosofia di vita: è Giorgio Barchiesi, in arte Giorgione, chef dal talento eclettico e volto noto di Gambero Rosso Channel dove conduce una sua trasmissione. Romano di origini, ha eletto Montefalco a sede della sua attività che comprende il risto-

“QUANTE VOLTE VI SIETE TROVATI A PENSARE DI CORSA E QUANTE VOLTE ANDATE DI FRETTA, SOPRATTUTTO A FARE LA SPESA? È PROPRIO LÌ L’INGANNO, NON DEDICHIAMO ABBASTANZA TEMPO ALLA COSA PIÙ IMPORTANTE: IL MANGIARE”.

rante Alla via di mezzo da Giorgione e un’azienda agricola dalla quale arrivano le materie prime di estrema qualità che sono alla base delle sue proposte. “Per fortuna io vivo in Umbria, da più di vent’anni – ci racconta – da quando con mia moglie e i figli piccoli decidemmo di tornare verso casa. Siamo romani ma con attività agricole di famiglia a Montefalco, dopo anni molto belli passati in Puglia, a Trani. Puglia, Umbria, Roma, dove sono nato, luoghi unici, dove la tavola è sacra, indipendentemente da cosa trovi nel piatto a pranzo o a cena. Eppure – ci fa notare lo chef – per molti, oggi mangiare è condizionato dal tempo. È il tempo che ci frega, è a lui che riserviamo le decisioni che regolano la nostra 24

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giornata: questo, quello, è tardi, devo correre, mamma mia che ora è? Quante volte vi siete trovati a pensare di corsa e quante volte andate di fretta, soprattutto a fare la spesa? È proprio lì l’inganno – redarguisce Giorgione – non dedichiamo abbastanza tempo alla cosa più importante che caratterizza la nostra giornata: il mangiare. Cibi precotti, pre-tagliati, pre-conditi, pre-confezionati, pretutto! E santa pace! Possibile che non abbiamo tempo di comprare un cespo di insalata, lavarla, metterla in un piatto, condirla con un buon olio e mangiarla con calma fino a pulire il fondo con una fetta di pane? No, eh? Non c’è tempo…

NELLA PAGINA PRECEDENTE, UN RITRATTO DI GIORGIONE CON IL SUO PIATTO. IN BASSO, LO CHEF NEL CORTILE DELLA SUA CASA A MONTEFALCO.


Gelateria | Yogurteria | Cioccolateria Artigianale

Quore di Panna nasce nel 2013, dopo anni di esperienza nel centro storico della città. La gelateria nasce da una filosofia basata sulla Qualità, senza scendere a compromessi, lavorando sempre in maniera etica e responsabile nei confronti dei nostri Clienti, in particolar modo dei più piccoli. L’ambiente giovane e sempre al passo con le novità rende Quore di Panna un punto di riferimento per clienti di tutte le età. Quore di Panna non è solo gelato ma anche yogurteria, creperia ed altro... come frullati e pasticceria fredda.

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“QUELLO CHE FACCIO IN TV, SU GAMBERO ROSSO CHANNEL, NON È ALTRO CHE UN’ISTIGAZIONE A CUCINARE: SPORCATE TUTTO, IMBRATTATE TAVOLINI, PENTOLE, PIATTI E FORNELLI, MA CUCINATE, PER FAVORE! NON C’È BISOGNO DI ESSERE CHEF”.

IN ALTO, LA PREPARAZIONE DEL PIATTO ALLE BRASSICHE.

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E pensare che io lo faccio, sempre. Sono fortunato? No, io scelgo. Ho sempre scelto, dove vivere e cosa mangiare”. E a Montefalco, terra d’eccellenza del Sagrantino e di alcuni tra gli oli extravergine migliori d’Italia, Giorgione ha deciso di stabilirsi e, da qui, propone una cucina lontanissima da quella patinata e fredda degli chef più in voga del momento. Una cucina che rispecchia quel territorio che ha eletto a propria dimora. “Vivo in campagna, sulle colline intorno a Montefalco – ci spiega – dove vedo sempre più giovani fare ca-

polino. Ragazzi e ragazze che, studiando, hanno capito che la terra non tradisce. È bassa, lo so, ma non tradisce. Vivo circondato dagli amici e dalle mie carissime bestie: pecore, mufloni, galline, galli, oche, papere, tacchini, cani e gatti, in quantità spropositata. Ma la cucina è il luogo dove sto meglio, metto insieme quello che trovo e lo mangio con gusto”. Semplicità, appunto. Quella di un oste, come vuole essere chiamato, che è riuscito a portare ai massimi livelli la tradizione culinaria nostrana facendo leva proprio sul rispetto del territorio e sulla conoscenza dei suoi prodotti. Di un cuoco che vuole istigare alla cucina. “Mangio di tutto, non soffro di isterismi gastronomici, la mia dieta è larghissima, non ridotta – ci dice ancora Giorgione – Quello che faccio in TV, su Gambero Rosso Channel, non è altro che un’istigazione a cucinare: sporcate tutto, imbrattate tavolini, pentole, piatti e fornelli, ma cucinate, per favore! Non c’è bisogno di essere chef, professione che io ammiro e rispetto, per poter mangiare, basta avere voglia e

trovare un po’ di tempo”. Anche l’andare al mercato con Giorgione diventa un’esperienza che, già sola, vale tutto il prezzo del biglietto. Stagionalità, qualità e freschezza sono le parole chiave per la scelta degli ingredienti e, di conseguenza, per la buona riuscita di un piatto. E lui ce ne propone uno da perderci la testa. “Oggi ho comprato le brassiche. Che so’ le brassiche?” ci domanda e, senza neanche aspettare risposta, ci mostra: “Sono i cavoli: cavolo nero, cavolfiore, verza, broccolo romano e siciliano. A casa, vanno lavate bene e tagliuzzate un po’”. Ed è proprio così che inizia la ricetta. Pronti? “In un tegame, ampio e con i bordi ben alti, mettiamo una dose generosa di olio buono, una becca d’aglio schiacciata, un po’ di peperoncino e facciamo rosolare – spiega Giorgione maneggiando con maestria coltelli e mestoli –. Dopo un minutino aggiungiamo due filetti di alici e, quando si saranno sciolte, mettiamo un po’ di pinoli e di uvetta appassita, che avremo prima bagnato nel vino bianco che, non buttar via niente, poi verseremo nell’intruglio. Quando il vino sarà sfumato e, come dicono le persone istruite, avrà perso la sua fase alcolica – ironizza lo chef – cominceremo ad aggiungere le nostre brassiche, partendo dalle più coriacee: le rosette del broccolo romano, quelle del broccolo siciliano, la verza e tre foglie di cavolo nero. Sale grosso, una giratina d’olio, coperchio e lasciamo stufare per una decina di minuti. Intanto avremo messo a cuocere la pasta; la togliamo un paio di minuti prima per far finire la cottura nel tegame con le brassiche che, nel frattempo, saranno diventate un gustosissimo condimento. Tutti a tavola! – chiude Giorgione – Buon appetito… Ci vuole molto?”. In effetti no, non ci vuole molto. Soprattutto se si hanno passione per la cucina, conoscenza del territorio, rispetto degli ingredienti e un talento innato nel combinarli. Giorgione docet.


L’Antico Forziere Ristorante e Country Spa A pochi passi da Assisi, Perugia, Todi e Spoleto Benessere nel giusto equilibrio tra tradizione e innovazione.

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L’Antico Forziere dispone di area benessere ad accesso privato con Jacuzzi, Doccia emozionale, Sauna e Bagno turco: il luogo perfetto per una pausa all’insegna del relax.

Cucina contemporanea degli chef Stefano e Andrea Rodella, con piatti di carne e pesce, per un pasto veloce ma di qualità, una cena romantica o un evento speciale.

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HUMILIS MADE IN ASSISI IL TAU FRANCESCANO DIVENTA GIOIELLO

HUMILIS MADE IN ASSISI FIRMA UNA LINEA DI MONILI ISPIRATI A SAN FRANCESCO. TALENTO, MANIFATTURA LOCALE ED ETICA SONO LE QUALITÀ DI FAMIGLIA.

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L’intuizione di Fausto Baldini unita all’esperienza orafa della sua famiglia, gioiellieri dal 1973. È da questo connubio che nasce il progetto Humilis Made in Assisi, una linea di monili unica ispirata a San Francesco e al suo Tau. Sono proprio la semplicità e l’autenticità dei luoghi d’origine del Santo ad aver stimolato questi artigiani che le hanno tradotte, grazie all’uso consapevole del loro mestiere, in creazioni in oro o in argento che ruotano intorno alla famosa croce francescana. Elementi durevoli e preziosi come l’oro o l’argento, appunto, che hanno un profondo significato di incorruttibilità e di valore nel tempo, impiegati per suggellare i momenti più significativi della vita di ciascuno: le fedi, testimoni del giuramento di amore eterno, un dono per un figlio o il pensiero dei nonni per la nascita di un nipotino. Valori che si rispecchiano nell’estrema attenzione alla qualità dei gioielli, nella cura

maniacale di ogni dettaglio e nel rispetto dell’etica produttiva che sono alla base del progetto Humilis, che hanno dato vita a una linea unica ed estremamente innovativa. Quella stessa etica che ha portato l’intera produzione ad essere realizzata da una selezionata manifattura locale che rap-

presenta il valore aggiunto di questo progetto: dall’espositore da vetrina in legno e pietra di Assisi, creato dagli amici della famiglia Baldini, Andrea e Alessandro; agli astucci per il confezionamento dei gioielli, prodotti da uno dei pochi astuccifici di proprietà italiana; sino ai rotoli da banco di pre-


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OGNI PEZZO È FRUTTO DELL’ABILITÀ ARTIGIANA CHE CARATTERIZZA L’AUTENTICO MADE IN ITALY. LA FAMIGLIA BALDINI PROPONE UN MONILE DI QUALITÀ, DUREVOLE E TRAMANDABILE, CHE RIMANDI A SAN FRANCESCO, ALLA SUA TERRA D’ORIGINE E AL MESSAGGIO SALVIFICO E CRISTIANO CHE HA VOLUTO TRASMETTERE.

sentazione, cuciti e ricamati a mano dall’amica Raffaella. Ogni pezzo è frutto dell’abilità artigiana che caratterizza l’autentico Made in Italy. Proprio questa volontà di non esternalizzare altrove le fasi della produzione è motivo di grande orgoglio per la famiglia Baldini e i maggiori costi che da questa scelta derivano vengono ampiamente ricompensati dalla stima che dimostrano i collaboratori che, con il progetto Humilis, crescono professionalmente ed umanamente insieme ai proprietari. Nessun dettaglio viene lasciato al caso dalla famiglia Baldini e, quindi, anche la commercializzazione è curata con estrema attenzione, rifuggendo dal

commercio serrato che spesso viene considerato indice di scarsa qualità del progetto e il cui fine principale rimane il mero profitto. Una logica diametralmente opposta a quella alla base di Humilis che, invece, destina parte degli introiti ad Assisi Missio onlus, il Centro missionario dei Frati Minori Cappuccini dell’Umbria in Amazzonia, che ha sede proprio di fronte all’azienda della famiglia Baldini che lo conosce e sostiene con gioia. Un ulteriore valore aggiunto che rende questi monili “concretamente validi e buoni” e strettamente connessi al principio francescano del sostegno. Obiettivo del progetto, infatti, è che i gioielli a firma Humilis vengano considerati

creazioni preziose non solo da sfoggiare ma da custodire intimamente come simbolo di fede e di preghiera, espressione di quello spirito francescano che permea la città di Assisi. Da qui l’impegno della famiglia Baldini nel proporre un monile di qualità, durevole e tramandabile, che rimandi a San Francesco, alla sua terra d’origine e al messaggio salvifico e cristiano che ha voluto trasmettere. Da qui anche il desiderio costante di migliorarsi e la quotidiana ricerca di tecniche di produzione innovative che hanno portato i gioielli a firma Humilis ad essere fortemente apprezzati a livello internazionale, tanto da indurre i proprietari a decidere di esportarli anche fuori dalla Regione d’origine. È imminente, infatti, l’apertura di un secondo punto vendita a Firenze, la città culla della rinascita delle arti, ed è proprio sul Ponte Vecchio, secolare ed iconico luogo-simbolo dell’oreficeria italiana di qualità, che l’azienda assisana ha deciso di proseguire il proprio cammino. Tutto questo è il mondo di Humilis dove unicità, artigianalità, talento e spirito francescano si fondono per dare vita a creazioni preziose nella sostanza ma soprattutto nel merito.

Via San Francesco, 44, 06081 Assisi (PG) Tel. 392 6470322 | www.humilis.it IN MAGAZINE

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INNOVARE

Lusso

HIGH-TECH WEARABLE ITALIA È LA START-UP DI ANDREA TOMASSINI CHE È RIUSCITA A CONIUGARE IL LUXURY DEL GIOIELLO MADE IN ITALY CON LE ALTE PERFORMANCE DELL’IOT. di Cristina Moretti / ph Francesco Richieri e Wearable Italia

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Prendete questi tre elementi: una formazione da informatico, il gusto per il design high-tech e l’interesse per la moda. Uniteli all’intuito imprenditoriale di Andrea Tomassini e ciò che ne verrà fuori è Wearable Italia, ovvero gioielli ad alto contenuto tecnologico. Fondatore e AD della giovane start-up, Tomassini ci racconta come è nata e quali sono le potenzialità di questa idea di tecnologia da indossare. Wearable, ossia? “Ci troviamo in un campo particolare dell’Internet of Things (IoT), che sta a indicare la connessione tra tutti quegli oggetti che possono migliorare la nostra vita. Il wearable, o tecnologia indossabile, è uno sviluppo dell’IoT. Si tratta di tutti quegli oggetti che indossiamo in diverse occasioni e che, in qualche misura, migliorano la nostra vita: ad esempio i dispositivi con cui monitoriamo la nostra attività fisica quotidiana, i fit tracker che ci mettiamo al polso per controllare quanti passi abbiamo percorso o il battito cardiaco e molte altre informazioni utili per la nostra salute. Ci sono scarpe che si allacciano da sole e moltissimi smartwatch che controllano anche il nostro sonno,

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misurandone qualità e quantità. La tecnologia indossabile è uno dei principali trend del momento, tanto che tutti i giganti dell’hightech si stanno dedicando al suo sviluppo. Una tecnologia che si sta diffondendo anche in Italia, seppur più lentamente che in Paesi come gli Stati Uniti o il Regno Unito e sulla quale abbiamo voluto scommettere anche noi”. Come è nata l’idea di realizzare un gioiello tecnologico? “Quasi per caso, da una chiacchierata con il mio amico Roberto Ferlito, designer di gioielli. Ci siamo chiesti cosa mai sarebbe venuto fuori dall’incontro tra un artista del luxury e un informatico. Da lì, complice il ritrovarsi con un vecchio amico come Giacomo Paolo Barnocchi, ora co-founder, e un bando della Regione Umbria per promuovere le start-up innovative, l’idea di sviluppare un oggetto che portasse con sé non solo le moderne potenzialità della tecnologia ma anche i valori dell’artigianalità italiana. Unire l’Internet delle cose al fashion del Made in Italy: questa è la mission di Wearable Italia, start-up dedicata alla fashion technology e nata a febbraio 2016 nella nostra verde Umbria. Non più solo un gioiello

IN ALTO, ANDREA TOMASSINI, AD E FONDATORE DI WEARABLE ITALIA.


“FAR LAVORARE A MANO I NOSTRI GIOIELLI DA MAESTRI ORAFI ITALIANI È UN MODO DI RILANCIARE L’ARTIGIANATO E PROIETTARLO IN UNA NUOVA ERA, DOVE I LAVORI PIÙ ANTICHI COMUNICANO E SI FONDONO CON LINGUAGGI E MATERIALI DEL FUTURO”.

fine a stesso, che si indossa per la sola bellezza ma anche un oggetto high-tech che ci è utile per le sue funzionalità smart. In commercio ci sono tantissimi oggetti smart in gomma. Noi volevamo creare qualcosa di diverso: un bracciale, un gioiello vero, artigianale e Made in Italy come alternativa ai prodotti industriali realizzati in materiali poveri. Inoltre, far lavorare a mano i nostri gioielli da maestri orafi italiani è anche un modo di rilanciare l’artigianato e proiettarlo in una nuova era, dove i lavori più antichi comunicano e si fondono (è proprio il caso di dirlo!) con linguaggi e materiali del futuro”.

Dall’idea alla realtà, quali sono stati i passaggi più critici? “In primo luogo abbiamo dovuto dedicare molto tempo ed energie alla ricerca e allo sviluppo delle competenze perché si tratta di una tecnologia nuova. Altra difficoltà è stata adattare il design del gioiello alle esigenze della tecnologia che doveva ospitare, far sì che fosse confortevole al polso senza che si vedesse l’antenna o ne fosse compromesso il funzionamento. Anche la comunicazione del prodotto non è stata semplice: mentre in USA e nel Regno Unito gli oggetti wearable fanno ormai parte del quotidiano, da noi sono ancora poco conosciuti. La nostra prima campagna vendite online si è basata sul preorder di 100 bracciali e di questi 70 sono stati acquistati in America e 30 in Inghilterra”. Quali, invece, i punti di forza? “Le idee innovative sviluppate da Wearable Italia sfruttano tutte le capacità e l’artigianalità che solo l’Italia può offrire in termini di moda, lusso e design: i nostri bracciali piacciono perché sono oggetti luxury personalizzabili, ciascuno è unico. Ogni pezzo viene realizzato su commissione solo dopo che è partito l’ordine e, per averlo, bisogna attendere un mese, tempo necessario per dare forma a uno dei monili disegnati da Ferlito. Realizzati in ottone lavorato a mano e placcati in oro, argento o rutenio (raro metallo della famiglia del platino), vengono smerigliati con carte abrasive, immersi in vasca a ultrasuoni per levigare e far risplendere le superfici e sottoposti a un processo di rodiatura che ne aumenta brillantezza e resistenza all’ossidazione. Le differenze tra un pezzo e un altro sono da considerarsi ulteriore garanzia dell’altissima qualità handmade”. Quante funzioni può avere IN MAGAZINE

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“I PRODOTTI WEARABLE ITALIA PENSANO ALLA SICUREZZA DELLE DONNE CHE LI INDOSSANO, PERCHÉ SONO DOTATI DI UN SAFETY BUTTON ATTIVABILE IN CASO DI PERICOLO: L’ALLARME CONSENTE DI SPEDIRE UN MESSAGGIO DI EMERGENZA AI CONTATTI CARICATI SULLA APP”.

IN QUESTA PAGINA, ALCUNI MODELLI DI GIOIELLI HIGH-TECH FIRMATI WEARABLE.

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un gioiello Wearable? Perché rappresenta uno strumento di sicurezza per le donne? “Le nostre creazioni nascondono al loro interno una tecnologia brevettata capace di metterli in comunicazione via bluetooth con un’app dedicata e valida su sistemi IOS, Android e Windows. Tutte le funzionalità permettono un’altissima customizzazione delle feature disponibili. Oltre a quelle squisitamente well-being (controllo calorie consumate, contapassi con registrazione degli allenamenti e rilevamento statistiche e registrazione obiettivi) e notifications, di grande interesse è la funzione digital detox che il cliente può impostare per staccare dalla troppa connettività e vivere dei momenti di relax lasciando al

bracciale il compito di segnalare solo chiamate, messaggi e mail cui si è assegnata la priorità. La batteria a lunga durata libera anche dalla schiavitù di cavi e cavetti. I prodotti Wearable Italia pensano anche alla sicurezza delle donne che li indossano, perché sono dotati di un safety button attivabile in caso di pericolo: l’allarme consente di spedire un messaggio di emergenza ai contatti caricati sulla app che potrà anche essere programmata per inviare una chiamata o la geolocalizzazione del mittente. Per l’area Stay safe stiamo studiando anche la possibile collaborazione con i call center delle associazioni attive contro la violenza sulle donne, per anticipare i tempi di intervento e far sì che l’attivazione delle forze dell’ordine possa avvenire in tempo reale rispetto al lanciato allarme. A queste si aggiungeranno ulteriori funzioni che raggiungeranno il massimo con l’attivazione della nuova rete 5G”. Tecnologia e artigianalità, un paradosso solo apparente per Wearable Italia che da poco è stata selezionata tra 60 start-up per partecipare al programma di accelerazione di TechItalia:Lab, a Londra.


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GIOCARE

Rinascita

BIANCOROSSA IL PRESIDENTE MASSIMILIANO SANTOPADRE HA RIPORTATO L’AC PERUGIA IN SERIE B E ADESSO SOGNA IL GRANDE SALTO: FAR TORNARE LA SQUADRA AI MASSIMI LIVELLI DEL CALCIO PROFESSIONISTICO.

M

di Luca Fiorucci / ph Francesco Richieri

Massimiliano Santopadre, 50 anni, imprenditore romano, da quasi dieci anni è il presidente dell’AC Perugia: il presidente della rinascita della squadra di calcio del capoluogo umbro, il traghettatore che ha riportato i colori biancorossi a sventolare nel calcio professionistico dopo il purgatorio a cui un fallimento aveva costretto la compagine. Il Perugia milita nel campionato di serie B e lotta, come è successo negli ultimi anni, per avere la possibilità di sognare la serie maggiore. Il presidente ci crede, con tutta la passione che lo ha visto entrare nel progetto Perugia e che oggi si è trasformato in amore. Un amore che porta tatuato sulla pelle. Allora presidente, cominciamo proprio dal tatuaggio, quel Grifo sul braccio? “I tatuaggi, almeno per me ma credo per i tanti che ne scelgono l’ebbrezza, devono significare qualcosa di importante, perché è un marchio indelebile che rimane a vita. Sono dei momenti della vita che imprimi su te stesso. E io quell’anno, con la vittoria della C1 e con l’avvento della Serie B, ho pensato che fosse doveroso tatuarmi il Grifo, anche perché era entrato a far parte della mia vita.

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Con quel gesto ho voluto confermare a tutti che avevo iniziato ad amare il Perugia”. A proposito di amore per il Perugia. Come nasce? Come si diventa presidente? “Come tutti gli amori nasce per caso, perché alla base c’è la grande passione per uno sport che ho praticato da ragazzo. La vita, poi, mi ha portato a fare altro, ma ho continuato a praticarlo a livello dilettantistico finché, insieme a un amico, abbiamo comprato due società. E in questo modo è iniziata la mia esperienza da presidente, l’Atletico 2000 fa ancora parte della mia vita. È stata una grande palestra. Dopo circa dieci anni, grazie ad un altro amico, mi trovo a ricevere la proposta di entrare come terzo socio nel Perugia e di ricoprire il ruolo di presidente del settore giovanile. La scelta è stata facile perché parliamo di una società tra le più importanti d’Italia, tra le più storiche”. A distanza di anni, qual è il rapporto con la città, con le istituzioni? “È un rapporto cresciuto, giorno dopo giorno, fino a diventare importantissimo: oggi ritengo che ci sia una stima, basata su quello che ho fatto in otto anni da presiden-



“IN PRINCIPIO C’ERA SCETTICISMO INTORNO ALLA MIA FIGURA, IL PERUGIA USCIVA DAL FALLIMENTO, AVVENUTO CON UN PRESIDENTE PERUGINO, UNA DELUSIONE IN PIÙ. MA È STATO UN CRESCENDO FINO ALL’APOTEOSI DELLA VITTORIA DEL CAMPIONATO”.

NELLA PAGINA PRECEDENTE, MASSIMILIANO SANTOPADRE CON IL GRIFO, SIMBOLO DELLA CITTÀ E DELL’AC PERUGIA. IN ALTO, UNA FOTO DELLA SQUADRA DURANTE UNA PARTITA. SOTTO, IL PRESIDENTE. NELLA PAGINA SEGUENTE, ALCUNI GIOCATORI DELL’AC PERUGIA.

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te, un sentimento derivante dalle promesse che ho sempre mantenuto. Ovviamente al di là del risultato sportivo, che in questo senso va messo anche un po’ da parte, pur rimanendo molto importante. Perché qualsiasi presidente non può avere un buon rapporto con la città se i risultati della squadra di casa sono catastrofici, ma ad oggi direi che quelli che abbiamo ottenuto sono soddisfacenti. Inizialmente c’era scetticismo intorno alla figura mia, il Perugia usciva dal fallimento, avvenuto con un

presidente perugino, una delusione in più. Ma, nel bene e nel male, non c’entra la città natale quanto piuttosto la capacità imprenditoriale di fare solo quello che si può portare a termine. Dopo le titubanze iniziali, è stato un crescendo fino all’apoteosi della vittoria del campionato. Oggi posso dire che, al di là di qualche difficoltà lo scorso anno, il rapporto è più che buono. Mi sono sempre definito un presidente del popolo. In una città piccola le relazioni con i tifosi

sono più semplici, più dirette sicuramente, ma credo che nel mio caso sia la mia storia ad avermi aiutato. Sono un imprenditore che è partito da zero e che è cresciuto nel tempo. Non sono certamente quello importantissimo che arriva per regalarsi un giocattolo di famiglia e si prende la squadra di calcio della città. Questa è la mia vita, la società ne è parte fondamentale e spero che possa esserlo a lungo. Vivo il ruolo di presidente per strada, allo stadio, nel contatto quotidiano con tutte le persone che, come me, amano il Perugia”. Parlando del rapporto con gli allenatori e con Nesta in particolare: come interpreta i due ruoli? “Le spiego qual è il mio approccio con ogni allenatore. Una delle prime cose che dico loro è che non è obbligatorio darmi del lei, si può bypassare tranquillamente, non c’è problema, ma la linea che divide i due ruoli deve essere riconosciuta. Dammi pure del tu, ma sappi che rimango sempre il presidente. Questa è la frase iniziale con ogni allenatore che ho assunto. Il rapporto con Nesta? Beh, visto da fuori quel nome può sembrare pesante, data la sua storia, ma vi assicuro che Alessandro è un ragazzo tranquillissimo, alla mano, umile”. Giocatori dei desideri che vorrebbe con la maglia del Perugia? “Tra quelli che hanno già giocato a Perugia, Fabinho e Politano che credo mi siano rimasti dentro per la loro forza tecnica. Fabinho per


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“IL RAPPORTO CON NESTA? BEH, VISTO DA FUORI QUEL NOME PUÒ SEMBRARE PESANTE, MA VI ASSICURO CHE ALESSANDRO È UN RAGAZZO TRANQUILLISSIMO, ALLA MANO, UMILE. HA UN GRANDE RISPETTO DEL MIO RUOLO E PRETENDE RISPETTO PER IL SUO”.

me è un calciatore da Champions, aveva delle qualità tecniche superiori, non sempre accompagnate dalla testa. Politano, oltre ad essere un ragazzo straordinario, è stato uno dei calciatori più forti che ho avuto alle mie dipendenze. Passando alla sfera mondiale, dei giocatori in attività sarebbe troppo facile dire Messi o Ronaldo, sono gli stessi nomi che chiunque ha in testa. Per il ruolo che ricoprivo io da piccolo, un giocatore che sarebbe nella mia rosa invece è sicuramente Chiellini, sia per come interpreta il gioco che per le sensazioni che mi dà quando lo vedo giocare”. Ha un rituale scaramantico? “Non sono molto superstizioso, ma l’anno scorso mi è stato regala38

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to un cappello, un Borsalino, dalla mia compagna. Quel regalo si associò a cinque vittorie di seguito con Breda, da lì è diventato un po’ il mio portafortuna. Poi, per esempio, contro il Padova, sono andato in panchina e la partita è andata bene. Sto pensando se sia il caso di tornarci”. I prossimi obiettivi? “Se vuole una risposta scontata, a breve termine è sempre la prossima partita. Più in generale, invece, il traguardo che vogliamo raggiungere ogni anno è sempre la Serie A, sarebbe il punto di arrivo di un’avventura importante, difficile, ma anche entusiasmante. E poi andarsela a giocare con le possibilità che potremmo avere, non sto troppo a domandarmi se dovesse accadere. Mi rendo conto che, dopo i paracaduti messi, con le regole che portano in B tre corazzate ogni anno, è difficile. Ma siamo obbligati a crederci. Se è vero che ho creato un piccolo impero venendo dal banco di un mercato, sono obbligato a credere che tutto è possibile. Un obiettivo da raggiungere grazie all’impegno e al lavoro quotidiano della squadra, dove i giocatori di esperienza fanno da apripista ai più giovani, consapevoli del peso di quella maglia e del suo prestigio.”

La parola ai GIOCATORI Federico Melchiorri, attaccante, classe 1987: “Giocare con il Perugia è un onore, è una società dove sono passati grandi campioni. Noi che cerchiamo di dire qualcosa nel mondo del calcio abbiamo bisogno di questi esempi, di queste società. Uscire dal tunnel del Curi per entrare in campo è una grande sensazione, esperienza che ogni volta è nuova, con un pubblico caloroso come quello di Perugia ha sempre un sapore diverso”. Filippo Ranocchia, perugino, 18 anni da compiere: “Giocare qua, per me ha un sapore speciale. Sono nato qui, ho fatto tutto il settore giovanile qui. Vestire questa maglia, oltre che una grande responsabilità, è una bellissima sensazione e spero di fare il meglio”. Anche per Christian Kouan, 20 anni, centrocampista, “è un onore vestire questa maglia, do tutto ogni volta”. “È anche una responsabilità – aggiunge Filippo Sgarbi, difensore, 23 anni – perché rappresentiamo tutta la città, i colori del Grifo. Ogni partita abbiamo il dovere di dimostrare che ci teniamo e che siamo attaccati a questa maglia”. Anche sul fronte femminile del calcio biancorosso, le sensazioni non cambiano. Per Martina Ceccarelli: “Giocare con la maglia della propria città è sempre una grande emozione. Dopo un anno a Roma, poi, è una grande esperienza che spero di riportare su questa piazza. Una volta tornata mi sono sentita subito a casa”.


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CAFFÈ DAL PERUGINO PASSIONE AL SERVIZIO DEL CENTRO STORICO

IL CAFFÈ DAL PERUGINO, GESTITO DA MARCO FINOCCHI, PROPONE PRODOTTI TIPICI UMBRI ACCOMPAGNATI DA 150 ETICHETTE DI VINO E BOLLICINE. IN VENTICINQUE METRI QUADRATI SI CONDENSANO AMORE PER LA CITTÀ E GRANDE RISPETTO PER I CLIENTI.

Marco Finocchi, da trent’anni tondi, sta dietro il bancone di un bar. Dal 1989 questo bancone si trova nel centro storico di Perugia. La sua ultima creatura è il Caffè dal Perugino, di fronte alla Chiesa del Gesù, all’inizio di via Alessi. Dall’altro lato della strada la Corte d’Appello, alle spalle corso Vannucci e Piazza IV Novembre. “Sto aperto 363 giorni l’anno, dalle 6 a mezzanotte. Anche la mia compagna Samanta, che con me gestisce l’attività, mi chiede chi me lo fa fare. E la risposta è semplice: la passione per questo lavoro, la convinzione di offrire un servizio alla città. Non posso pensare che un turista, di domenica, arrivi qui a Perugia e non trovi dove fare colazione oppure dove prendere un aperitivo. È un servizio e questo, alla fine, ripaga”. E allora, praticamente ogni giorno, da cinque anni, la serranda si apre sul civico 9 di Piazza Matteotti. Si inizia con le colazioni e si prosegue fino a sera

con con gli aperitivi. “Siamo un locale tipicamente perugino, promuoviamo i prodotti del territorio al 100%. Vado nelle piccole realtà, come a Sigillo per i Pecorini, a Norcia per alcuni salumi, cerco le piccole aziende che ancora lavorano con criteri tradizionali e poi li riporto nel mio locale. Anche questo sforzo aggiuntivo viene ripagato – afferma orgoglioso Marco –. Sono questi gli ingredienti dei nostri taglieri perugini che accompagnano il bicchiere di vino. In 25 mq abbiamo 150 tipi di vino comprese le bollicine, l’80% è umbro, il resto sono proposte dal Trentino alla Sicilia. Grechetto, Montefalco e Sagrantino; se devo consigliare a un non umbro, non ho dubbi. Possono scegliere tra 30 etichette di Montefalco, 14 quelle di bollicine”. Il successo di questa formula è nei numeri: dalle 40 alle 60 bottiglie consumate al giorno, quasi 18.000 lo scorso anno.

Piazza Giacomo Matteotti, 9 Perugia (PG) | T. 377 555 3885 1

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“L’aperitivo è sicuramente il nostro momento clou, ma certo non trascuriamo il caffè, del quale sono un vero appassionato”. Appassionato di caffè e del Perugia, di cui è grande tifoso. Dopo anni nei gruppi di tifo organizzato, Marco è il presidente del club Il Perugino, che ha la sua base proprio al bar. “Dopo tanti anni abbiamo riportato un club di tifosi in centro storico. Anche questo è un piccolo, grande successo. I tesserati sono 190, un risultato ottimo considerando che tra tutti i 28 club cittadini gli iscritti sono 1.550”. E quando il Grifo gioca fuori casa, ci si ritrova da Marco per seguire insieme la partita, cena e Perugia, non solo per i tesserati. 25mq di passione totale: per il lavoro e la città, per il centro “che è difficile per tante ragioni ed è criticato. In molti chiudono, io no. Qualcosa farò bene? Io sono fissato, voglio dare un servizio. L’impegno è grande e importante, ma non cambierei nulla”.



SCOPRIRE

Spettacolo di

MINIATURA IL TEATRO DELLA CONCORDIA VIENE DEFINITO IL PIÙ PICCOLO AL MONDO MA RAPPRESENTA UN GRANDE VOLANO DI SVILUPPO PER TUTTA L’UMBRIA. di Luca Fiorucci / ph Teatro della Concordia


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Novantanove posti, nove colonne come le famiglie che ne vollero la realizzazione e Concordia, un nome scelto per sottolineare il sentimento di unione e di relativa tranquillità che l’Europa stava riconquistando all’inizio del Novecento. E in nome della concordia, le famiglie, ogni settimana, scalavano di una colonna, cedendo ad altri il palco che avevano occupato in precedenza, per offrire a ognuno la stessa possibilità di partecipare agli spettacoli. Un segno di rinascita, oggi come ieri, per Monte Castello di Vibio, il piccolo centro umbro che ospita the smaller theatre in the world. Un gioiello architettonico che da

LA STORIA DI QUESTA STRUTTURA INIZIA NEL 1769 QUANDO IL TEATRO, PER VOLONTÀ DELLE 9 FAMIGLIE NOTABILI DEL PAESE, VIENE PROGETTATO. NEL 1808 VIENE INAUGURATO E NEL 1827 NASCE L’ACCADEMIA DEI SOCI DEL TEATRO DELLA CONCORDIA.

oltre 25 anni la Società del Teatro della Concordia gestisce con l’obiettivo di valorizzare questa risorsa e di farla diventare fulcro della cittadina: una perfetta miniatura dei teatri italiani ed europei (non a caso dal 2002 è gemellato con il più grande, il Farnese di Parma), in stile goldoniano. Una risorsa da proteggere e promuovere sia come attrazione turistica e culturale che come location per eventi e iniziative di vario genere. La struttura, completamente in legno, è utilizzata anche come sala di registrazione, in virtù dell’acustica perfetta che assicura. 25 anni di storia moderna del teatro, dopo 42 di completa chiusura, un quarto di secolo abbondante durante il quale il teatro 42

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più piccolo del mondo ha potuto incantare migliaia di visitatori. La storia di questa struttura inizia nel 1769 quando il teatro, per volontà delle nove famiglie notabili del paese, viene progettato. Nel 1808 viene inaugurato ufficialmente. Nel 1827 nasce l’Accademia dei soci del Teatro della Concordia, mentre porta la data del 1861 l’inizio delle decorazioni dal pittore perugino Cesare Agretti a cui si devono i primi dipinti sulla parte frontale dei palchetti e, in particolare, le due mani che si stringono – in segno appunto di concordia – che occupano i palchetti centrali del primo ordine, nonché il

IN QUESTE PAGINE ALCUNE FOTOGRAFIE DEL TEATRO DELLA CONCORDIA. SOTTO UNO SCATTO DEL 1929.


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fondale sul palcoscenico con il panorama di Monte Castello di Vibio. Il legame dell’artista con Monte Castello e il suo teatro era così forte che, venuto a sapere dei primi lavori di restauro, nel 1892 mandò da La Spezia, dove si era trasferito, suo figlio Luigi Agretti, appena quattordicenne, a realizzare l’affresco del soffitto, le due semilunette a fianco del palcoscenico, i frontali dei palchetti sul proscenio e la sala del foyer al secondo ordine. In epoca più moderna, il palco del Concordia è stato solcato

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anche da una giovane, e ancora sconosciuta, Gina Lollobrigida che interpretò i panni di Corinna in Santarellina di Eduardo Scarpetta. Era il 1945. Poi l’inizio di un periodo difficile: nel 1951 il teatro chiude per inagibilità. Serviranno trent’anni perché qualcosa si muova. Nel 1981, infatti, il Comune decide di intervenire, prima con l’esproprio, poi, con fondi Cee, eseguendo i lavori di restauro indispensabili. 7 anni di interventi (la struttura portante è quella autentica) fino alla riapertura nel 1993. Una tappa fondamentale che ha riconsegnato a Monte Castello il suo principale luogo di ritrovo, un vero e proprio punto di riferimento per la comunità. Oggi, storia passata e presente si intrecciano nel successo che il teatro riscuote in termini di apprezzamenti virtuali, oltre a quelli reali. Google, Facebook e TripAdvisor confermano, infatti, l’amore incondizionato di chi raggiunge la Media Valle del Tevere per scoprire questo gioiello. Il portale dedicato ai viaggi e

ai viaggiatori, in particolare, ha inserito il Teatro della Concordia nella sua Hall of Fame dopo 5 anni di Certificazione d’Eccellenza consecutivi. Mentre il progetto di storytelling, curato da Serena Brenci Pallotta nel blog del Teatro della Concordia e via Twitter, ha riscosso grande successo tanto da diventare un libro. Monte Castello è un piccolo borgo a 422 metri sul livello del mare. Visto dall’alto sembra un cuore e, così piace considerarlo, il suo cuore è proprio il Concordia. Un cuore che batte forte e continua a restituire un fascino antico e allo stesso tempo moderno, perché racconta di una collettività dinamica e intraprendente, moderna e fortemente salda nella convinzione che l’arte e la cultura siano determinanti per la crescita di una comunità, anche piccola. Un’opera d’arte a sua volta, una splendida eccezione che porta Monte Castello e l’Umbria oltre i confini nazionali e rappresenta un’importante capitolo alla voce sviluppo, con un indotto sui servizi che viene stimato nel 60%.


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L’estate è

FESTIVAL A SPOLETO E PERUGIA TORNANO IL FESTIVAL DEI DUE MONDI E UMBRIA JAZZ: UN’ESTATE DI MUSICA E TEATRO.

L

di Luana Pioppi / ph Umbria Jazz - FestivalDueMondi

L’Umbria è il cuore verde d’Italia, un grande cuore che batte a ritmo di musica. In questa Regione, infatti, estate è sinonimo di festival. Spoleto e Perugia saranno le location d’eccezione per le esibizioni e i concerti offerti, anche

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quest’anno, ai cittadini e a tutti i turisti e gli appassionati: due occasioni perfette per sperimentare e scoprire nuove e vecchie emozioni nel mondo della musica, una dopo l’altra. Si inizia infatti dal 28 giugno, con la 62° edizio-

ne del Festival dei Due Mondi di Spoleto (che si concluderà il 14 luglio), e si prosegue dal 12 luglio con Umbria Jazz 19 che chiuderà i battenti il 21. “In un Paese e in tempi difficili come quelli che viviamo, Spoleto


è un’isola felice”, dichiara il direttore artistico del Festival dei Due Mondi da ormai undici edizioni, Giorgio Ferrara. “È un’officina di creazioni originali. E chi se ne importa se Salisburgo può contare su 80 milioni di fondi e noi soltanto su 5 milioni!”. Il festival si aprirà con Proserpine, opera lirica in due atti tratta dal poema drammatico di Mary Shelley, composto da Silvia Colasanti, seconda tappa di una personale trilogia d’Opera contemporanea iniziata con il Minotauro (ispirato al racconto omonimo di Dürrenmatt). Alla direzione dell’Orchestra Giovanile Italiana Pierre-André Valade, mentre l’adattamento è di René de Ceccatty e Giorgio Ferrara, che ne cura anche la regia. Un inizio malinconico con questa sorta di tragedia pastorale dell’autrice, ricordata soprattutto come la mamma di Frankenstein, e che invece è autrice di una corposa opera letteraria fra cui questo poema che racchiude in sé affascinanti tracce biografiche. A chiudere l’edizione 2019 sarà invece la bacchetta di Daniele Gatti – uno fra i più brillanti e apprezzati maestri della sua generazione – che dirigerà l’Orchestra e il Coro del Teatro dell’Opera di Roma per il tradizionale Concerto finale a piazza Duomo. In programma l’esecuzione di musiche di Giuseppe Verdi dal repertorio francese, nate dall’importante so-

dalizio artistico che il compositore ebbe con la città di Parigi. Ma in programma a Spoleto c’è anche tanta danza: il Dutch National Ballet, l’Atelier Rudra Béjart (nel biografico My French Valentino) e il Bauhaus con omaggio a Kandinskij. Esplosione di sensi per il musical Fashion Freak Show, firmato Jean Paul Gaultier direttamente dalle Folies Bergère, mentre è decisamente votato al femminile il calendario teatrale, con Adriana Asti ne La ballata della Zerlina di Hermann Broch, Eva Riccobono diretta da Andrée Ruth Shammah in Coltelli nelle galline di David Harrower e l’Edipo Re secondo Emma Dante. E ancora la musica con Vinicio Capossela, Stefano Bollani e Hamilton de Holanda. Sarà invece dedicato all’intelligenza artificiale l’Ecce Robot di Quirino Conti per Fendi. Insomma, anche per quest’anno il Festival dei Due Mondi trasformerà la città di Spoleto nella grande capitale della classica e della danza e, pur nei costi contenuti rispetto ad altri grandi festival stranieri, si riconferma come uno dei più importanti a livello nazionale e internazionale. A non deludere i suoi milioni di fan sarà anche Umbria Jazz 19, in programma a Perugia dal 12 al 21 luglio: Alex Britti&Max Gazzè, Manu Katché, Allan Harris, Diana Krall, Paolo Conte, Michel

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“IL PROGRAMMA DI UMBRIA JAZZ PARLA DA SOLO – RACCONTA CARLO PAGNOTTA –. RITENGO SIA MOLTO INTERESSANTE E UNO TRA I MIGLIORI DI SEMPRE. INFATTI, AD OGGI, SIAMO GIÀ QUASI AL DOPPIO DELLE PREVENDITE RISPETTO ALL’ANNO SCORSO”.

NELLA PAGINA PRECEDENTE, UNA FOTO DELLA PIAZZA IV NOVEMBRE DURANTE LA SCORSA EDIZIONE DI UMBRIA JAZZ.

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Camilo, George Benson, Chick Corea, Richard Bona, Nick Mason, King Crimson, Kamasi Washington, Snarky Puppy, Thom Yorke, A Christian McBride Situation e Lauryn Hill sono, infatti, i nomi dei grandi artisti che calcheranno il main stage dell’Arena del Santa Giuliana che, per l’occasione, si trasforma in un vero e proprio teatro all’aperto. “Il programma parla da solo – racconta soddisfatto Carlo Pagnotta, direttore artistico di Umbria Jazz –. Ritengo sia molto interessante e uno tra i migliori di

sempre. Infatti, ad oggi, siamo già quasi al doppio delle prevendite rispetto all’anno scorso. Tra i concerti che stanno andando meglio ci sono quelli di Paolo Conte e la Snarky Puppy”. “Per l’edizione 2019 – prosegue – abbiamo introdotto anche alcune novità, come lo spazio di via della Viola dove sarà allestita un’area completamente dedicata ai bambini, con un percorso ad hoc di avvicinamento al jazz. Speriamo, poi, di riuscire a inaugurare l’auditorium di San Francesco al Prato, mentre confermiamo i concerti gratuiti di piazza IV Novembre e dei Giardini Carducci dove, grazie anche alla collaborazione con la Prefettura e la Questura, si esibiranno gruppi importanti”. Oltre al main stage dell’Arena Santa Giuliana, a ospitare parte dei concerti a pagamento saranno anche il Teatro Morlacchi, la Galleria Nazionale dell’Umbria, l’Hotel Brufani e diversi club: in queste location suoneranno artisti del calibro di Enrico Rava, Gino Paoli, Paolo Fresu, Danilo Rea, Fabrizio Bosso e tanti altri. Ma, soprattutto nei club, ci saranno anche i concerti riservati al jazz nelle sue espressioni più pure, rivolti ai jazz fan ortodossi, dove risuoneranno le note che costituiscono il DNA di Umbria Jazz fin dagli esordi.


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SARTORIA CAMICERIA LEMMI LA SARTORIALITÀ MARCHIO DI FAMIGLIA

Vittorio Lemmi

DOPO OLTRE 70 ANNI DI ARTE, RACCONTATA CON LANE E SETE, L’ATELIER LEMMI DI PERUGIA CONTINUA CON VITTORIO A COLTIVARE LA PASSIONE PER LA BELLEZZA E LA PREZIOSITÀ DEL VERO SU MISURA.

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Nel 1948 Augusto Lemmi lascia il suo paesino di origine per trasferirsi a Perugia dove vuole apprendere l’arte della sartoria. Va a bottega da una sarta e inizia a imparare il mestiere. Poi, a 18 anni, decide che è arrivato il momento di camminare da solo e apre la sua prima bottega. Dopo essersi affermato a livello nazionale e non solo per la qualità e il taglio delle sue creazioni, nel 1980 coinvolge anche il figlio Vittorio nella produzione di camicie. Successivamente, negli anni ’90, lascia i locali del centralissimo corso Vannucci, per scegliere la zona

dei Tre Archi. “Mio padre intuì che era necessario spostarsi a piano strada per aprirsi maggiormente al cliente”, racconta Vittorio. Un’origine lontana solo nel tempo, perché a distanza di oltre 70 anni la sartoria Lemmi ha mantenuto lo spirito e l’attenzione di allora. “Non si va dal sarto perché non si trova la taglia giusta, ma perché si vuole qualcosa che sia unico – continua Vittorio Lemmi –. Il rapporto con il sarto è particolare, speciale. Un legame di fiducia con il cliente di cui conosce tutte le esigenze, al di là delle mode del momento.” Il sarto, una professione, ma anche un marchio di fabbrica: “Oggi i termini sartoriale e su misura sono abusati e usati in maniera scorretta – precisa Lemmi –. Aggiustare un abito già confezionato, accorciando o stringendo giacca o pantaloni, non significa avere un abito sartoriale che, al contrario, nasce da una stoffa, passaggio dopo passaggio, e viene modellato addosso al cliente”. Lo scorso anno, dopo 70 anni di arte raccontata con lane e sete, è scomparso il fondatore dell’attività, Augusto Lemmi, membro illustre dell’Accademia Europea dei Sartori, cultore del bello e del sapere sempre cosa è meglio per il cliente, trattato con la stessa premura e precisione, coltivando quel rapporto unico di amicizia e fiducia che s’instaura anche fuori dalla bottega. Oltre i confini, per

esempio, della lingua. L’inglese non lo conosceva, ma non gli ha mai impedito di proporsi anche all’estero, supportato dal linguaggio universale dei suoi capi. Il testimone è stato raccolto dal figlio Vittorio che oggi porta avanti l’attività sempre secondo i principi della cultura sartoriale. E che ha deciso di investire sui giovani portando a bordo una squadra di talenti tra i quali Riccardo Verolo, talentuoso sarto che da Roma si è spostato a Perugia per lavorare in questa storica bottega.: “Mi dà grandi stimoli – spiega Vittorio Lemmi che ha preso le redini dell’attività –. È lui che dovrà continuare questa tradizione e portare avanti questo nome. È un lavoro, quello del sarto, in cui credo molto: ovvio, è una professione di nicchia, ma avrà comunque una sua clientela da ricercare nel mondo. Il Made in Italy, infatti, ha sempre qualcosa da dire”. Lemmi vanta molti nomi noti tra i suoi clienti. Gianluca Vialli, per esempio, cliente affezionato da anni per il quale Vittorio e il padre Augusto volavano fino in Inghilterra, per fargli scegliere le stoffe per la sua nuova collezione. E poi la famiglia Elkann, compreso l’estroso Lapo, il principe Fürstenberg. E ancora, tante persone comuni, che condividono l’amore della sartoria Lemmi per il bello e per il prezioso, intesi come l’amore che c’è dietro ogni giacca o pantalone, unici e inimitabili.

Riccardo Verolo

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SUONARE

Fuori

DAI TEATRI DAL PICCOLO BORGO DI SOLOMEO, LE NOTE DELLA GRANDE MUSICA ANIMANO LOCATION DAL FASCINO NASCOSTO. LA FONDAZIONE BRUNELLO E FEDERICA CUCINELLI FA GLI ONORI DI CASA.

S

di Cristina Moretti / ph Festival Villa Solomei

Solomeo è un piccolo borgo antico, arroccato su un colle nei pressi di Corciano. Vi abitano poche centinaia di persone, ma le iniziative e le attività che vi si svolgono ne fanno uno dei più ricchi e vivaci borghi dell’intera Regione. Sede della maison Cucinelli, mol-

ti degli eventi annuali sono supportati dalla Fondazione Brunello e Federica Cucinelli che ha contribuito a farli crescere nel tempo e a diventare oggetto di attenzione per i visitatori provenienti da tutta Italia. Uno degli appuntamenti più im-

portanti e attesi è sicuramente il Festival Villa Solomei. Nato 21 anni fa per iniziativa del coro del paese, è dedicato a Don Alberto Seri, venerato parroco di Solomeo scomparso il 24 agosto 1997, fondatore del Coro Canticum Novum. Da allora il piccolo festi-

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NELLA PAGINA PRECEDENTE, UNA FOTO DELL’ANFITEATRO NEL CORSO DEL FESTIVAL VILLA SOLOMEI. IN ALTO, PIAZZA DEL CASTELLO.

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val è diventato qualcosa di tanto grande che quasi il paese stesso non riesce più a contenerlo. Dal 2012, infatti, ne ha preso le redini la Fondazione Brunello e Federica Cucinelli e la stessa signora Federica – componente e presidentessa del coro – ne segue personalmente la programmazione insieme allo staff della Fondazione, portando avanti l’idea principe che è alla base delle attività: diffondere la musica e la cultura attraverso luoghi che non sono tradizionalmente deputati ai concerti. È così che il castello, i vicoli, i giardini e infine la volta stellata che sovrasta l’anfiteatro di Solomeo fanno da scenografia naturale al festival, diventando i palcoscenici che raccolgono tutte le esibizioni. Dal 2014 le edizioni del festival si sono arricchite di un’ulteriore giornata, dedicata alla Festa della musica, che dal 1982 si svolge nelle piazze di tutta Europa il giorno del solstizio d’estate, e di un Concerto d’organo per valorizzare l’organo della Chiesa di San Bartolomeo, tornato agli antichi splendori grazie al restauro finanziato dalla Fondazione Brunello e Federica Cucinelli. Anche per la XXI edizione del Festival Villa Solomei (che quest’anno si svolgerà dal 28 al 30 giugno), la direzione artistica ha selezionato artisti provenienti da tutto

“IL CASTELLO, I VICOLI, I GIARDINI E INFINE LA VOLTA STELLATA CHE SOVRASTA L’ANFITEATRO DI SOLOMEO FANNO DA SCENOGRAFIA NATURALE AL FESTIVAL, DIVENTANDO I PALCOSCENICI CHE RACCOLGONO TUTTE LE ESIBIZIONI”.

il mondo accostando, al repertorio classico, musiche tradizionali straniere e novità internazionali capaci di stupire ed emozionare il pubblico. Cinque concerti in programma ogni giorno (il primo al Teatro Cucinelli, per poi snodarsi nelle altre location del paese) nelle straordinarie location dell’Anfiteatro, della piazza del Castello e della Chiesa di San Bartolomeo, tutti a ingresso gratuito. Come sempre, una delle tre giornate sarà dedicata alla musica e alla cultura di un Paese straniero. Negli ultimi due anni è toccato a Giappone e Messico, ma è ancora presto per sapere quale sarà quello dell’edizione 2019: per conoscere nel dettaglio artisti e ospiti bisognerà, infatti, aspettare la fine di maggio.


Semplicità, qualità e un pizzico di fantasia: ecco gli ingredienti della cucina #dalTozza

In pieno centro storico, a pochi passi da piazza IV novembre, un ristorantino perfetto per ogni momento della giornata, in un clima rilassato, allegro e amichevole: Massimo, chef e titolare, offre menù con piatti di carne e pesce di lago, accompagnati da prodotti stagionali ricercati tra i migliori produttori della zona, mentre la carta vini propone bottiglie selezionate di provenienza umbra e italiana. In estate è possibile gustare l’offerta nell’atmosfera intima e informale del dehors, una terrazza deliziosamente affacciata sulla scalinata dell’Acquedotto. A completare l’appetitoso quadro, un’ampia proposta di cocktail animano gli aperitivi, da gustare prima e dopo cena.

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Ci sono voluti sette anni di duro lavoro prima di veder realizzato il loro sogno ma Sara Tognoloni e Benedetta Pieretti non hanno mollato e ce l’hanno fatta: oggi, infatti, sono le titolari di Shine, il loro primo salone di bellezza a Gubbio. Inaugurato a novembre del 2017, ha già maturato un’ampia clientela grazie alla grande esperienza delle due hair stylist che sono anche ottime amiche. “Ho iniziato come dipendente – racconta Sara – ma poi ho sentito la necessità di crescere professionalmente. Per questo sono entrata nel team artistico di Ghd e sono diventata formatrice confrontandomi con i grandi professionisti del settore. Tuttavia ho capito che avevo bisogno di un ulteriore salto e, quando sono stata contattata da Kemon per far parte del team Rock and Roll Hair di Mauro Galzinato, ho accettato subito. Condivido in pieno lo spirito di questa azienda che mi ha permesso di perfezionarmi tanto da essere pronta ad aprire un salone di bellezza”. Percorso simile è quello di Benedetta che ha conosciuto Sara proprio in ambito lavorativo: “Ho iniziato a 18 anni

– spiega – e, oltre a stare in salone, ho frequentato l’Accademia di parrucchieria a Perugia. Poi ho deciso di buttarmi in questa nuova esperienza”. Sara e Benedetta, nonostante abitino a Gualdo Tadino, cercando la loro location hanno visto un negozio a Gubbio e se ne sono innamorate. Così è nato Shine. “Il locale ci è piaciuto da subito – affermano – e sono bastate poche modifiche per trasformarlo in un ambiente accogliente e rilassante. Per renderlo ancora più confortevole, poi, abbiamo aggiunto una ricca biblioteca in sala d’attesa. Il messaggio che abbiamo voluto far passare è che qui si può parlare

di tutto e spesso le nostre clienti arrivano addirittura a prendere in prestito i libri dal salone per finire di leggerli a casa. Ci teniamo molto a soddisfarle – sottolineano Benedetta e Sara –. Disegniamo look personalizzati e su misura per renderle autentiche ed esclusive. Le coccoliamo grazie alla vasta gamma dei nostri prodotti come l’Actyva bio, un vero e proprio trattamento detox per capelli. Una volta al mese, inoltre, organizziamo un appuntamento con il tricologo aziendale per tutelare la salute dei capelli. Infatti – rimarcano le due hair stylist – la cura dei capelli, per noi, è una filosofia mirata a esaltare la bellezza naturale di ogni cliente. Per noi farsi belle non è una questione di apparenze, ma deriva da come ci si sente. Da anni lavoriamo associando bellezza e benessere. Questo è il nostro spirito e anche i colori che usiamo, ad esempio, sono privi di ammoniaca e arricchiti di estratti di yogurt e piante officinali, lenitive e bio. Vedi lo Yo Color System di Kemon, un nuovo modo di concepire la tinta estremamente confortevole. Questo negozio – concludono Sara e Benedetta – è un sogno diventato realtà ma è anche un punto di partenza. Il nostro motto, non a caso, è: La fortuna aiuta gli audaci… E chissà quali altre avventure ci aspettano!”.


IDEARE

Di arte e

NELL'ARTE ENNIO BOCCACCI, PITTORE, SCRITTORE E POETA, TRAE ISPIRAZIONE DAL TERRITORIO E DAI GRANDI ARTISTI UMBRI CHE LO HANNO INCORAGGIATO A COLTIVARE IL SUO TALENTO.

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Lo zio, Aldo Scavizzi, artista anche lui, era un amico di Gerardo Dottori, pittore e grande esponente della corrente futurista. Spesso lo andava a trovare e lui, all’epoca solo un bambino, assorbiva questa amicizia, ascoltava e prendeva esempio. E poi dipingeva, come suo zio. Questione di geni? Chissà. Nello studio di Valfabbrica, al piano terra della sua abitazione, Ennio Boccacci conserva ancora una delle sue prime creazioni.

testo e foto di Luca Fiorucci

Un dipinto a tempera con raffigurata una casa. Lo ha realizzato quando aveva solo sette anni e già si poteva intravedere quella che sarebbe stata la sua strada. Un dono, quello dell’arte, che gli è stato ben chiaro da subito. Un dono coltivato con lo studio e l’applicazione, con quel fuoco creativo che lo continua a caratterizzare e a tenere impegnato su mille progetti, anche adesso che è un artista affermato. Una giovinezza

vissuta in Umbria, a Valfabbrica, dove nasce, quindi a Perugia dove frequenta l’Istituto d’arte Bernardino di Betto, e poi a Roma, dove segue l’Accademia e nasce come artista vero e proprio, nutrendosi di un ambiente dinamico e creativo, dove la cultura si incontrava nei salotti o nei caffè. È proprio in questo contesto che conosce Sandro Penna, raffinato poeta che, attirato dal suo accento, lo scoprirà e incoraggerà a proseguire sul

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QUELLA DI BOCCACCI È UNA RICERCA CONTINUA TRA ETICO ED ESTETICO, DOVE CLASSICO E MITO TROVANO LA LORO TRADUZIONE IN OPERE DI GRANDE SUGGESTIONE, DOVE IL MODERNO SI INTRECCIA CON IL CLASSICO. LA FORMA È IL MEZZO PER COMUNICARE.

suo percorso. Un percorso di arte e nell’arte, in una ricerca costante e continua tra etico ed estetico, dove classico e mito, spesso e volentieri, trovano la loro traduzione in opere di grande suggestione, dove il moderno si intreccia con il classico (tra i suoi fari Klimt, ma senza esserne un seguace, oltre quella linea genetica di artisti umbri che parte da Dottori e incontra Burri, “artista interna56

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zionale che racchiude in sé la sua terra d’origine”). Nel 1968 il suo esordio ufficiale. Quindi ancora Perugia, dove torna nel 1972 per aprire il suo atelier. La forma è il mezzo per comunicare, per raccontare il mondo secondo Boccacci: si tratti di scultura, pittura o di un affresco monumentale, come quello nella chiesa di Aranova a Fiumicino, La Comunione dei Santi, dove la sua arte si esprime sulla parete absidale della chiesa per 150 mq. Con Pomodoro, per fare un altro esempio, affresca le pareti dell’antico convento francescano del relais Ai Capuccini di Gubbio. Legato all’Umbria, Boccacci si definisce un umbro dinamico, un artista che ha viaggiato e viaggia molto, in particolare nel Nord Est, tra Padova e Venezia, dove tornerà presto con le sue opere e che ha un sogno per coronare la carriera, già ricca di riconoscimenti. “Vorrei esporre negli Stati Uniti, sarebbe una bel-

la soddisfazione”, afferma. Intanto sta ultimando i preparativi per l’esposizione che verrà inaugurata il 17 maggio a Perugia, alla Sala ex Borsa Merci di via Mazzini. La mostra racconterà Amazzoni fragili, donne tra mito e storia, dove dieci eroine negative della storia vengono messe a nudo, anche con l’intento di sfatare quanto su di loro viene tramandato. “Dieci ritratti – spiega – da Francesca da Rimini alla monaca di Monza, da Lucrezia Borgia a Mata Hari. Quello per cui sono conosciute è solo un aspetto della loro esistenza. Dietro questi miti si nascondono invece donne di cultura e artiste, spesso e volentieri vittime di pregiudizi di convenienza. I loro volti saranno incorniciati dentro finestre di legno, sarà come se si mostrassero da dietro la grata di un parlatorio”. I volti delle eroine parlano umbro: “Sono tutte ragazze e donne umbre che nella vita fanno altro, dall’imprenditrice alla studentessa, e che hanno voluto mettersi in gioco in questo modo”. L’arte di Boccacci, che passa anche per la importantissima esperienza di San Damiano e del Gruppo Indaco, da lui stesso creato per unire artisti di diverse esperienze e discipline, si intreccia da sempre con la scrittura e la poesia. Attento osservatore della realtà circostante, occhio sensibile e affilato, al suo Diario di un artista cronista cromatico affida il racconto del presente. Disegni a matita e acquerello per raccontare il presente e i suoi personaggi, gli attentati terroristici o la morte di Giulio Regeni, volti della Perugia che fu e quelli dei Papi. A completare la composizione, riflessioni in versi, vergati a mano con la sua precisa calligrafia. Tratto e colore nella sua cronaca d’autore che poi veicola attraverso la sua pagina Facebook. Sempre in movimento Ennio Boccacci, mai fermo, mai domo. Con lui il figlio Mario, suo aiutante e artista a sua volta. Il vulcano Boccacci è in continuo fermento.


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Dalla sua sala, affacciata sulle acque del lago, si ammira il tramonto più bello del Trasimeno. Al calar del sole si tinge di rosso, e Rosso di Sera è il nome di questa osteria a un passo dalla darsena di San Feliciano, appena fuori dal centro abitato del piccolo paese. A tenere le redini del ristorante è Federica Trovati, cuore e anima di un locale che non si accontenta di raccontare i sapori del territorio nella sua declinazione moderna, ma vuole essere anche punto d’incontro, di scambio. Tra libri e poltrone che invitano alla lettura, tavoli in legno e ferro battuto, si possono sperimentare, o riscoprire a seconda dei casi, i profumi del Trasimeno accompagnandoli con un bicchiere di vino. Osteria accogliente ed estremamente curata nella sua semplicità. “È molto più di una casa per me – spiega Federica –. Al ristorante ho possibilità di incontrare sempre nuove persone, parlare con loro di un libro, di un film, confrontarci su tanti argomenti. Due chiacchiere, due risate, è un modo per viaggiare e conoscere

sempre qualcosa di nuovo. Qui da noi abbiamo un tavolo dove può sedersi l’ospite che è da solo, senza commensali. Un ulteriore modo per facilitare la condivisione, uno scambio reciproco sempre molto suggestivo”. Storie sempre nuove passano sui tavoli del Rosso di Sera per incontrare quella di Federica, una passione per la ristorazione che la anima da quando ha scelto di percorrere questa strada, una strada nuova: “Nessuno nella mia famiglia è o è stato nella ristorazione prima di me, i miei hanno un negozio di nautica. Io ho fatto questa scelta proprio per questa grande passione che coltivo tuttora”. Un fuoco che brucia, è il caso di dirlo, e moltiplica forze e volontà, oltre i calcoli razionali. “Questo lavoro può essere molto faticoso, anzi lo è, ma se si tira fuori la parte di poesia che c’è si riesce a dare il meglio di sé. Sei, sette anni fa ero arrivata al punto che quando entravo nel locale sentivo che non aveva niente da darmi, e io lo stesso – racconta –. Allora l’ho dato in gestione a una

coppia di ragazzi. Purtroppo è un lavoro che richiede molti sacrifici e se non riesci a trovare questa parte poetica, è veramente dura”. Cucina di territorio, preparazioni tradizionali in chiave moderna, pesce di lago della cooperativa dei pescatori di San Feliciano. Sana inquietudine e voglia di cambiare, sperimentare: “Il menu cambia spesso. Perché? Perché siamo sempre impazienti di confrontarci e proporre qualcosa di nuovo, scalpitiamo ogni volta. La mia squadra è fatta da giovani che hanno voglia di mettersi alla prova. Partiamo dalle ricette della tradizione, poi spaziamo. È un po’ il nostro modo di lavorare”. Alternando le proposte tra il classico tegamaccio e la scaloppa di fois gras, paté al pan brioche e chitarrini al ragù di persico e tinca con tartufo. E poi le paste fatte in casa, come il pane, ad esempio, o il tortello ripieno di asiago con salsa broccoli e crumble di acciughe. Insomma, proposte per tutti i palati da gustare ammirando il tramonto più bello sul lago Trasimeno.


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