Pesaro IN Magazine 02 2019

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Tariffa R.O.C.: Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB - FILIALE DI FORLÌ - Contiene i. p. - Reg. al Tribunale di Forlì il 20/02/2006 n. 6 - EURO 3,00

PESARO N° 2 AGOSTO/SETTEMBRE 2019

Alessandra Castelbarco

ALBANI

UNA VITA IN ARMONIA

AD ALTA VOCE / Associazione Culturale Le Voci dei Libri GRADARA / Il borgo dei borghi CHRISTIAN DELLA CHIARA / L’artista ingegnere



EDITORIALE

SOMMARIO

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In questo numero, abbiamo incontrato l’erede di una grande famiglia e di una villa ricca di storia, Alessandra Castelbarco Albani, architetto e cittadina del mondo. Abbiamo parlato con i fondatori dell’Associazione Le Voci dei Libri, e abbiamo scoperto il mondo di sacrificio e passione di tre giovani ballerini all’estero. Con Marco Pirozzi scopriamo il libro dedicato all’alimentazione che ha coinvolto chef stellati e nutrizionisti per vivere meglio. Passeggiamo poi per Gradara, la leggendaria rocca di Paolo e Francesca, e andiamo alla scoperta della storia della chiesa di Santa Maria della Scala. E ancora, abbiamo incontrato: la raccoglitrice di erbe mangerecce e aromatiche Maria Elisa Rossi Casciaro, il responsabile delle relazioni istituzionali e del marketing per la Fondazione Rossini Opera Festival Christian Della Chiara e tanti altri. Buona lettura! Andrea Masotti

ESSERE

Alessandra Castelbarco Albani

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LEGGERE

Ad alta voce

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BALLARE

Tre giovani artisti

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SCRIVERE

Marco Pirozzi

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GIROVAGARE

Gradara

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CUCINARE

Maria Elisa Rossi Casciaro

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EDIZIONI IN MAGAZINE S.R.L. Via Napoleone Bonaparte, 50 - 47122 Forlì Tel. 0543.798463 / Fax 0543.774044 www.inmagazine.it info@inmagazine.it DIRETTORE RESPONSABILE: Andrea Masotti REDAZIONE CENTRALE: Clarissa Costa, Gianluca Gatta, Beatrice Loddo COORDINAMENTO DI REDAZIONE: Simonetta Campanelli - 335 5262743 nelli@simonettacampanelli.it ARTWORK: Lisa Tagliaferri IMPAGINAZIONE: Francesca Fantini UFFICIO COMMERCIALE: Irena Coso, Laura De Paoli, Alessandro Sanchini STAMPA: La Pieve Poligrafica Villa Verucchio (RN) ANNO XIII - N. 2 Chiuso per la stampa il 1/8/2019 Collaboratori: Ettore Franca, Cristina Lupinelli, Elisabetta Marsigli, Alice Muri, Giovanna Patrignani, Silvia Sinibaldi, Maria Rita Tonti Fotografi: Laura De Paoli, Leo Mattioli, Lorenzo Palmieri, Luca Toni

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ESPORRE

Giorgio Facchini

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VINCERE

Valeria Battisodo ERRATA CORRIGE: nel precedente numero nell’articolo dedicato a Palazzo Mosca, è stata inserita per errore la fotografia di Palazzo Mazzolari-Mosca. La fotografia corretta è visualizzabile nella versione online della rivista.

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RECITARE

Christian Della Chiara Seguici su FB: www.facebook.com/ edizioni.inmagazine

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VISITARE

La chiesa del porto Edizioni IN Magazine si impegna alla salvaguardia del patrimonio forestale aderendo al circuito di certificazione di FSC-Italia.

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TRASMETTERE

Roberto Bagazzoli

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ANNOTARE

Iacurci sulle tracce DI VITRUVIO

Un museo PER GIOACHINO

PESARO Dal 14 luglio al

PESARO Il Museo Nazionale

13 ottobre 2019 a Palazzo Mosca (Musei Civici), un progetto site specific di Agostino Iacurci (1986), artista di livello internazionale noto per i monumentali dipinti murali realizzati nello spazio pubblico. Le opere, fortemente scenografiche, creano una dimensione suggestiva che accompagna 10 diverse edizioni del De Architectura di Vitruvio (80 a.C.-15 a.C. ca.), il più famoso teorico dell’architettura di tutti i tempi. L’evento fa parte del ciclo Mostre per Leonardo e per Raffaello a Pesaro, Fano e Urbino, organizzato nell’ambito delle celebrazioni del Mibac per i 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci (2019) e di Raffaello Sanzio (2020). La scelta di Vitruvio, a cui Fano avrebbe dato i natali, nasce in continuità con la celebrazione di Leonardo attraverso i fogli del Codice Atlantico, in cui Vitruvio più volte viene nominato. (S.C.)

Per un giardino PREZIOSO PESARO La nostra casa non è più racchiusa tra le mura, ma si allarga e vive in mezzo alla natura: il verde entra all’interno dei nostri spazi abitativi attraverso balconi, terrazzi, giardini e aggiunge valore alla nostra qualità di vita regalandoci benessere. Da oggi AccadueHome è presente a Pesaro anche con la zona outdoor, per dare valore all’abitazione al suo interno, ma anche all’esterno. AccadueHome vive e lavora con i suoi showroom per un concetto integrato di arredo casa nella sua complessità e totalità. L’amore per le cose belle si vede nei brand trattati: Boffi, B&B Italia, Maxalto, Moooi e Moooi Carpets, Flexform, Porro e tanti altri a cui si è recentemente aggiunto lo storico marchio milanese De Padova.

Rossini ha sede nel piano nobile di Palazzo Montani Antaldi, edificio di pregio in centro storico, e costituisce la punta di diamante del grande percorso rossiniano di Pesaro, Città della Musica, che comprende il Teatro Rossini, Casa Rossini, Palazzo Mosca - Musei Civici, il Tempietto Rossiniano, Palazzo Olivieri e la Biblioteca della Fondazione Rossini (situata al piano terra dell’edificio). Il Museo Nazionale Rossini è la narrazione di un’epopea che attraversa i movimenti culturali dell’Europa tra Settecento e Ottocento e si perpetua nell’attualità. Protagonista Gioachino Rossini, il grande divo figlio di un’epoca che ha generato la prima popstar ante litteram della storia musicale europea. Il museo ospita eventi e mostre temporanee dedicate alla musica, alla sua storia e al suono. (S.C.)

50 sfumature DI AZZURRO PESARO Il mare risplende nella nuova collezione di anelli Nudo Deep Blue di Pomellato: tre combinazioni di colore offrono un’esperienza estetica immersiva e inedita ed esplorano nuovi territori cromatici, catturando i riflessi liquidi del Mediterraneo. Il topazio Sky Blue si unisce all’agata nel ricordo del paradiso splendente delle acque di Cala Luna in Sardegna; il topazio Blu London, abbinato al lapislazzuli, sfoggia il blu intenso e luminoso delle profondità intorno all’isola vulcanica di Stromboli; il topazio Blu London, unito alla turchese, richiamano lo spirito vivace e variopinto dell’ineguagliabile Portofino. In tutti gli anelli della collezione Nudo Deep Blue, la pietra centrale è accompagnata da un pavé di topazi blu che concentra tutto il savoir-faire di Pomellato. Distinti da un taglio e da un design brevettato, gli iconici gioielli Nudo rappresentano la massima espressione della libertà cromatica unita alla maestria artigianale.

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ANNOTARE

La Lupo, a 50 anni DALL’ORO PESARO Sauro Brigidi aveva

La biblioteca IN SPIAGGIA PESARO La Biblioteca Louis

Braille va al mare e così i clienti di molti stabilimenti balneari trovano libri da prendere in prestito in spiaggia. È attivo il servizio di lettura e prestito gratuito in spiaggia, promosso dalla Biblioteca, in collaborazione con il Quartiere 9. Chi è al mare ha più tempo a disposizione per leggere, e anche chi ha perso questa abitudine può riscoprirne il piacere grazie alla comodità di avere i libri a portata di… ombrellone. I volumi possono essere letti in spiaggia o portati a casa e restituiti presso il proprio bagno, o direttamente in biblioteca. L’accesso ai punti lettura è aperto a tutti. Numerosissimi gli stabilimenti che aderiscono. (S.C.)

Il gusto DEL GIAPPONE PESARO Nel centro storico di Pesaro, alle spalle del Museo

Nazionale Rossini, in Piazza Antaldi, nel 2017 è nata una nuova realtà: Hiro10. Tutto ha avuto origine dal desiderio del maestro e Chef Kentaro Mori, originario di Tokyo, di far conoscere le tradizioni nipponiche e di sperimentare nuove ricette, e dalla passione e dall’entusiasmo che Valentina Ceccolini mette ogni giorno nel suo lavoro. Il desiderio dei due soci – e di tutta la famiglia Hiro10 – è proprio quello di garantire ai clienti e amici non un semplice pasto, ma un’esperienza unica in un ambiente accogliente e raffinato ma informale, tra canne di bambù, tende Noren e scatole Bentō, dove poter degustare le più svariate ricette della cucina tradizionale giapponese, preparate con l’utilizzo delle migliori materie prime, sia nostrane che importate dal Giappone.

scritto, su Il Resto del Carlino, l’8 luglio 1969: “Un giovane allenatore e dieci ragazzi, tra i 13 ed i 15 anni, hanno riportato un titolo tricolore, ambito da altre grandi città [...], nella nostra Pesaro [...]. Questi ragazzi sono stati protagonisti della più bella favola sportiva nel freddo realismo del nostro tempo”. 50 anni dopo, Il Resto del Carlino di Pesaro dedica una pagina intera alla mitica Lupo che conquistò la medaglia d’oro. Franco Bertini scrive: “Lupo, gli eroi del 1969 di nuovo insieme. Vinsero i Giochi della Gioventù a Roma, fu un evento. La città li celebri…” Diverse le iniziative in città per festeggiare i magnifici dieci (nella foto, da sinistra, G. Perlini, B. Cecchi, C. Pigliacampo, P. Nardini, M. Andreani, l’allenatore P. Brualdi, L. Tomassini, S. Angelini, S. Gioacchini, M. Battisodo, F. Ottaviani). (S.C.)

Excelsior: VOCAZIONE AL RELAX PESARO Come cartoline di un tempo, la spiaggia Lido dell’Hotel Excelsior ha toni di bianco e nero con transizioni di grigio o color seppia che si rinnovano nell’azzurro del mare Adriatico. Senza il chiasso del mondo, sotto ampi ombrelloni in stile Novecento, il Lido di Pesaro dichiara la sua vera vocazione nella zona relax, con due vasche idromassaggio e gazebo per il benessere e la bellezza del corpo. Salottini all’ombra di un ristorante raffinato, ma informale, permettono una piacevole conversazione degustando i piatti dello chef Gianni Castellana. Il bar del Lido Excelsior offre il servizio fin sotto gli ombrelloni. Per info e prenotazioni 0721 630011 oppure info@excelsiorpesaro. it. Hotel Excelsior - Lungomare Nazario Sauro 30/34 a Pesaro. www.excelsiorpesaro.it (S.C.)

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ESSERE

Una vita

IN ARMONIA CITTADINA DEL MONDO, ARCHITETTO PER PASSIONE, ALESSANDRA CASTELBARCO ALBANI È L’EREDE DI UNA GRANDE FAMIGLIA E DI UNA VILLA RICCA DI STORIA. E SOGNA DI LASCIARE IL SEGNO. di Silvia Sinibaldi / ph Luca Toni

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C’è una grazia nel porsi che rimanda alla curiosità e all’armonia ed è questa la cifra che connota Alessandra Castelbarco Albani fin dal primo incontro. Però non chiedetele “Tu di dove sei?”, perché lei è cittadina del mondo. Nata a Basilea, infanzia a Pesaro, studi a Parigi e Milano. Un Dna internazionale, “ma il segno che mi caratterizza è il mio bagaglio di italianità e pesaresità”. Alessandra, architetto che ama la polvere del grande cantiere come la storia di un oggetto desueto che torna a vivere. È l’erede di una cultura e di una nobiltà che ha superato il mezzo millennio di storia che oggi è incarnata a Pesaro nell’incantevole, sorprendente, preziosissima Villa Imperiale. Ed è questo il grande bagaglio che si porta negli occhi e nell’animo, è questo che suscita in lei il desiderio di lasciare un segno. Di rendere indelebile il suo passaggio, certo come un’impronta digitale. “La mia formazione è avvenuta in buona parte all’estero, i miei genitori e mia madre in particolare, lucida nella sua pragma-

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ticità svizzera, mi hanno sempre stimolato a imparare le lingue, a viaggiare, a mettere a confronto il mio mondo con quello di altri Paesi e diverse culture. Con questa spinta è stato facile per me mettere in pratica i consigli. Però ognuno di noi ha una casa e per me casa è Pesaro”. Nello scegliere l’architettura come professione Alessandra è certa che proprio l’Italia l’abbia influenzata: “Noi viviamo nella bellezza, nell’equilibrio, nell’armonia. Questa condizione ci forma, ci plasma e l’architettura mi è sempre sembrata lo studio di uno speciale equilibrio fra bellezza e funzionalità, insomma una forma di armonia”. La scelta della libera professione è un omaggio alla consapevolezza che, come una creatura fragile e bellissima, a Pesaro l’attende Villa Imperiale: “Una passione in crescita al punto che negli ultimi tempi tre quarti del mio lavoro si svolge a Pesaro”. Che per Alessandra l’architettura sia strettamente legata alla bellezza lo dimostrano anche i suoi esordi professionali e il


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“CI SONO TRE GENERAZIONI DELLA MIA FAMIGLIA CHE SI OCCUPANO DELLA VITA DI VILLA IMPERIALE, OGNUNA CON LE SUE PECULIARITÀ. CERTAMENTE IO SONO LA PIÙ SOCIAL E A QUESTA OPPORTUNITÀ SI SONO ISPIRATI ANCHE GLI EVENTI CHE HO REALIZZATO.”

IN APERTURA, ALESSANDRA CASTELBARCO ALBANI. IN ALTO, ALESSANDRA IN UNA DELLE SALE DELLA VILLA IMPERIALE E, NELLA PAGINA SEGUENTE, ALCUNE FOTOGRAFIE D’EPOCA DI FAMIGLIA.

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suo rapporto con un artista come Roberto Ciaccio. “Un grande artista molto stimolante, pieno di idee e molto contemporaneo. Lavorare con lui è stato molto formativo, soprattutto sul fronte del metodo dell’elaborazione dell’equilibrio. La mia delizia e la mia croce, perché accanto a lui sono cresciute in modo determinante anche le aspettative sul mio lavoro. Una sorta di obbligo etico a ricercare e a non accontentarsi. Il suo senso estetico ha forgiato il mio bisogno di affrontare grandi sfide e di desiderare il miglior risultato. Comunque sono felice di averlo fatto, tanto che continuo a lavorare con i suoi eredi”. La parola ricerca torna come un mantra in tanti discorsi di Alessandra: “È una modalità di studio e di lavoro che non ho mai abbandonato e che anzi ha caratterizzato anche la scelta della mia tesi di Laurea. Di fronte al dilemma tra la realizzazione di un progetto e quella di una ricerca ho preferito la seconda opzione, affrontando

un tema metodologico che mi ha premiato”. A Parigi, un altro dei grandi incontri della vita: l’architetto Luciana Miotto, il cui spirito giovane e il cui entusiasmo contagioso, nonostante una notevole maturità anagrafica, hanno affascinato molto Alessandra, creando un profondo sentimento di amicizia. “Parlando di Villa Imperiale mi suggerì che il senso di responsabilità e la cura di un luogo come quello passavano per la conoscenza. Applicai questo principio alla mia tesi di ricerca elaborata insieme a un collega: due anni di lavoro che sono stati per me altamente formativi”. Ma che effetto fa essere l’erede di una storia come quella della sua famiglia? “All’inizio paura, timori e il peso di una grande responsabilità ma anche l’intuizione di una grande opportunità per il mio sogno di lasciare un’impronta personale nella gestione di questo bene. Ci sono tre generazioni della mia famiglia che si occupano della vita di Villa Imperiale, ognuna con le sue peculiarità. Certamente io sono la più social e a questa opportunità si sono ispirati anche gli eventi che ho realizzato all’interno. Eventi estemporanei di musica, arte, design che vorrei un giorno animassero un vero e proprio calendario di appuntamenti. Con Mirabilia ho proposto un allestimento fotografico per mostrare anche ciò che della Villa non è visitabile. Ci sono spazi delicati e fragilissimi che hanno bisogno di una fruizione


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ALESSANDRA È L’EREDE DI UNA CULTURA E DI UNA NOBILTÀ CHE HA SUPERATO IL MEZZO MILLENNIO DI STORIA CHE OGGI È INCARNATA A PESARO NELL’INCANTEVOLE VILLA IMPERIALE. È QUESTO CHE SUSCITA IN LEI IL DESIDERIO DI LASCIARE UN SEGNO.

calmierata, limitata nel tempo e nella frequenza. Eppure, quelle stanze e quei saloni furono abitati dal ’400 a oggi e sono stati vissuti e occupati in modi molto diversi fra loro. Mi piacerebbe raccontarle attraverso oggetti e

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documenti, che possono testimoniare quella vita”. Il Delitioso Paradiso è un’iniziativa di visita che s’inserisce perfettamente in questo progetto: “Una delle peculiarità che rendono unica Villa Imperiale è il suo rapporto simbiotico fra l’ala roveresca e il giardino. Un incastro perfetto che non ha eguali, e con quella iniziativa ho voluto raccontare, mostrare proprio questa caratteristica”. La passione è la cifra che unisce la professione e la vita di Alessandra anche se in fondo sarebbe più corretto declinare la parola al plurale: “Mi piace viaggiare, conoscere, familiarizzare con quotidianità diverse dalla mia. Amo molto la fotografia, il suo linguaggio e la capacità di fissare istanti, volti e riprodurre il bello. Poi mi ripeto,

ma mi appassiona la ricerca, anche la storia di oggetti banali, magari dalla forma seducente che ti cattura. A questa passione si ispira il progetto Tell me a story che si propone di recuperare oggetti, materiali edili, cose di cui le persone si disfano magari cambiando casa o ristrutturandola e attraverso la storia di questi materiali ridare loro una seconda vita”. Un esempio? “Ho trovato in un magazzino a Milano delle piastrelle Marazzi degli anni ’50. Manufatti a cavallo tra l’artigianato e la produzione industriale, belle, colorate e perfettamente conservate. Ne ho fatto quattro complementi da tavola continuando a dare senso a quei passaggi che, di mano in mano, ne hanno trasformato il destino: dal pavimento alla tavola”. Poi torna alle passioni: “Mi piace la montagna, Dolomiti e Valle d’Aosta sono per me luoghi di pace e di ispirazione. Ma trovo incantevole e non smetto mai di vederlo con occhi nuovi l’entroterra della nostra Provincia, il Montefeltro su tutto. I borghi, i castelli, l’armonia delle colline...” Forse, essere immersa nella storia le ha fatto desiderare di vivere un altro tempo. “Amo il Rinascimento, gli anni ’20 e ’30 e se potessi fare un viaggio nel tempo sceglierei queste epoche. Quanto a vivere, preferisco il presente perché è un momento unico per la valorizzazione delle donne: oggi abbiamo il diritto di sognare e di lasciare un segno. Fatte le dovute eccezioni, come insegna la duchessa Eleonora Gonzaga”.


Centro di giardinaggio

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LEGGERE

Ad alta

VOCE

LA LETTURA E IL LIBRO SONO STRUMENTI FONDAMENTALI DI CRESCITA CULTURALEE CIVILE. L’ASSOCIAZIONE CULTURALE LE VOCI DEI LIBRI PROMUOVE LA LETTURA IN PUBBLICO DI TESTI CLASSICI E MODERNI COME “GESTO D’AMORE”.

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di Maria Rita Tonti / ph Leo Mattioli

“Chi legge vive 5.000 anni”, sosteneva Umberto Eco. E chi legge ad alta voce? Almeno il doppio, azzardiamo noi. Di certo la pensano così coloro che di recente a Pesaro hanno dato vita all’associazione culturale Le Voci dei Libri che ha come sco-

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po “lo svolgimento di attività nel campo della cultura, con particolare attenzione alla promozione della lettura e del libro, in quanto strumenti fondamentali di crescita culturale e civile della comunità”. Presidente dell’associazione è Lucia Ferrati, da circa trent’anni impegnata, a Pesaro e non solo, come lettrice e formatrice di lettori ad alta voce. “Sono centinaia i bravi lettori – dice Ferrati – che ho avuto il piacere di formare, in questi anni, al gesto della lettura ad alta voce: un gesto di condivisione del testo scritto che comporta grande umiltà e capacità di ascolto della pagina scritta e grande generosità di restituzione emozionale e senti-mentale della stessa agli altri. Per questo, amo definirlo un gesto d’amore, antico e sempre nuovo”. Diamo voce allora ad alcuni membri dell’associazione. “Ho frequentato la Scuola del Libro di Urbino – esordisce Isabella Galeazzi, docente di Grafica al Liceo Artistico Mengaroni –. Ho studiato il libro nelle sue componenti, ho compreso poi che al libro è possibile dare una voce e così sono approdata alla lettura espressiva. La conoscevo dai tempi della scuola, a livello intimo.

Poi ho incontrato Lucia Ferrati, ho frequentato i corsi Nati per Leggere e quelli organizzati sul territorio. Essi hanno esercitato su di me una grande fascinazione permettendomi di approfondire la lettura ad alta voce. Essa è punto focale di qualsiasi attività: l’ho applicata in progetti in ambito didattico come quelli che ho realizzato in carcere, dove la lettura ad alta voce è importante perché è fonte di autentiche emozioni. Ferrati è intervenuta all’interno di alcuni miei progetti scolastici e ha letto brani noti ma anche scritti dai ragazzi che si sono addirittura commossi. C’è chi pensa di saper già leggere: spesso non è così. In realtà si tratta di un’esperienza totalizzante, che coinvolge la respirazione, la circolazione del sangue: una pratica artistica affine allo yoga che non va spiegata ma vissuta intensamente. Il mio desiderio non è quello di espormi perché prima di tutto si legge per se stessi: non è importante leggere bene ma stare insieme per ascoltarsi. In sintesi: la lettura ad alta voce è una pratica molto valida per comunicare con gli altri senza pretendere di dare lezioni di vita ma cercando di essere veicolo di emozioni”.


“LA LETTURA È UN GRIMALDELLO PER APPROFONDIRE SE STESSI PERCHÉ DEVI TROVARE, ESPLORARE UN ARMAMENTARIO DI EMOZIONI, SIGNIFICATI, VISSUTI CHE FA SCOPRIRE PARTI DI TE CHE NON SAPEVI DI AVERE”, RACCONTA APPASSIONATA SILVIA MELINI.

IN APERTURA, ISABELLA GALEAZZI, DOCENTE DI GRAFICA AL LICEO ARTISTICO MENGARONI; IN ALTO, SILVIA MELINI, DIRIGENTE DELL’ASSESSORATO ALLA CULTURA.

Un’esperta lettrice è Silvia Melini, funzionaria dell’Assessorato alla Cultura, che fa presente come Pesaro sia stata riconosciuta dal MIBACT Città che legge con un patto per la promozione della lettura come strumento di sviluppo collettivo e sociale. “L’associazione Le Voci dei Libri è uno dei firmatari del patto e l’assessorato in cui lavoro – spiega Melini – tra le sue progettualità ha anche quella della valorizzazione della lettura, pratica alla quale mi sono avvicinata per caso anche se da tempo conoscevo Lucia Ferrati da un punto di vista professionale. Ritenevo però che ci volesse un’attitudine

particolare per stare davanti al microfono, quindi all’inizio ero decisa soltanto ad ascoltare. Poi è nata la voglia di approfondire, di esplorare, di condividere con altri la scoperta di letture, personaggi, emozioni. Leggere ad alta voce permette di andare a fondo nella pagina scritta perché il lettore è veicolo del senso della parola fino a sparire del tutto e a diventare solo una voce. Naturalmente è anche un processo faticoso. Quando mi chiamano a leggere, penso di non riuscire, poi piano piano cambio idea. È come una sorta di allenamento che permette di arrivare a un risultato più o meno ottimale. Mi è capitato anche di riprendere in mano testi che avevo già letto e di accorgermi che l’approccio è diverso, frutto di un processo continuo. Definirei la lettura un grimaldello per approfondire se stessi perché devi trovare, esplorare un armamentario di emozioni, significati, vissuti che fa scoprire parti di te che non sapevi di avere”. “Ricordo come fosse ieri – racconta il vicepresidente dell’associazione Luca Sinelli, di professione grafico – la prima volta che ho letto ad alta voce a un pubblico

adulto. Era il quinto canto dell’Inferno di Dante, durante un corso di lettura espressiva ad alta voce tenuto dalla fantastica insegnante di allora e cara amica di oggi Lucia Ferrati. Ricordo perfettamente la tensione, l’emozione, le mani che tremavano a tal punto da rendere difficilmente leggibili le parole del Sommo Poeta. E la voce? Tremante, naturalmente, e la saliva praticamente azzerata dopo tre soli minuti di sofferta lettura. Avrei voluto smaterializzarmi e teletrasportarmi sul divano di casa mia, con un libro in una mano e la testa del mio bassotto da accarezzare nell’altra. Invece ho trovato coraggio e forze inaspettate per andare avanti e portare a termine la tanto temuta lettura, che strada facendo si era trasformata in un’esplosiva e piacevolmente inattesa trasmissione di emozioni. Da quel momento non ho più smesso e, quando posso, tengo letture presso scuole, librerie, biblioteche, teatri e luoghi pubblici rivolte a bambini, ragazzi e adulti. La lettura espressiva ad alta voce è per me uno strumento terapeutico portentoso, soprattutto se condivisa con altri lettori di qualsiasi fascia d’età: IN MAGAZINE

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acuisce la curiosità, apre la mente, amplifica le emozioni, facilita la socializzazione e combatte l’appiattimento culturale dei nostri tempi. Controindicazioni? Nessuna, naturalmente!”. “La passione per i libri e per la lettura – sono parole di Manuela Subissati, della cooperativa Labirinto – mi ha accompagnato fin da piccolissima manifestandosi nell’arco della mia vita come un fiume carsico. Qualche anno fa,

LUCA SINELLI NON HA DUBBI: “LA LETTURA ESPRESSIVA AD ALTA VOCE ACUISCE LA CURIOSITÀ, APRE LA MENTE, AMPLIFICA LE EMOZIONI, FACILITA LA SOCIALIZZAZIONE E COMBATTE L’APPIATTIMENTO CULTURALE DEI NOSTRI TEMPI. CONTROINDICAZIONI? NESSUNA!”

mi è capitato di accompagnare un’amica a un gruppo di lettura ad alta voce tenuto da Lucia Ferrati. Come spesso mi accade di fronte a persone con una grande preparazione culturale, mi pongo in un atteggiamento timoroso e reverenziale che fa il paio con lo stupore e la meraviglia. Ritorno alla mia infanzia e al desiderio di leggere e scoprire nuovi mondi attraverso i libri che mia madre mi regalava. E i libri che ricercavo non erano proprio da bambina. Mi piacevano i pirati ma anche le piratesse, gli esploratori, i conquistatori. Forse sono stata l’unica ragazzina a non aver letto Piccole Donne. Ho iniziato a seguire più corsi possibile. E così ho scoperto che non si legge solo con gli occhi, che per leggere occorre comprendere il testo: le parole, le virgole, gli spazi. È così che la forza di un 20

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racconto sgorga con un’energia travolgente. E ritorno alla mia adolescenza, quando dopo essermi esercitata nell’interpretazione ed esegesi dei versi del proemio dell’Iliade sentivo il bisogno fisico di declamare a un pubblico immaginario. Ritrovo lo stesso sentimento quando mi cimento nelle varie letture pubbliche e con diversi ascoltatori, bambini o adulti che siano. Sento un impellente desiderio fanciullesco di condividere”.

IN BASSO, LUCA SINELLI, VICEPRESIDENTE DELL’ASSOCIAZIONE CULTURALE LE VOCI DEI LIBRI E, SOTTO, MANUELA SUBISSATI DELLA COOPERATIVA IL LABIRINTO.


Via Fratelli Rosselli, 42 Pesaro Apertura dal lunedi alla domenica: fino al 1° settembre ore 8.00 - 22.00 | dal 2 settembre ore 8.00 - 20.00


BALLARE

Voglio vederti

DANZARE

TRE BALLERINI, TRE STORIE, TRE GIOVANI ARTISTI CHE VIVONO ALL’ESTERO PER AFFERMARE IL SOGNO DI UNA VITA: BALLARE A LIVELLO PROFESSIONALE. di Elisabetta Marsigli / ph Luca Toni

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ph Luciano Onza

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È bello poter realizzare i propri sogni, soprattutto quelli che possono valorizzare il proprio innato talento. Tre giovani pesaresi sono riusciti a farlo, ma, per questo, hanno dovuto allontanarsi dalla loro città, dai loro affetti, dalle loro famiglie e tentare di aprirsi una strada nell’arte coreutica, studiando e lavorando all’estero. Matteo Marfoglia, Masako Matsushita e Giulia Torri sono oggi danzatori ricercati e apprezzati non solo in Europa, con alle spalle un lungo lavoro di ricerca. La curiosità? Hanno studiato insieme e si incontrano spesso, fuori dall’Italia, per collaborare. Matteo Marfoglia lascia l’Italia nel 2005, a soli 17 anni, per mancanza di opportunità di studio “che tutt’ora, a parere mio, non sono migliorate – racconta – soprattutto rispetto alle strutture statali”. Molti giovani danzatori sono costretti a studiare all’estero e Matteo, dopo la formazione alla Rotterdam Dance Academy, grazie a uno stage presso una compagnia olandese, ottiene il primo contratto a tempo indeterminato, come ballerino professionista, a soli 19 anni. “Ci sono tanti fattori che limitano la situazione italiana rispetto a quella europea, ma il più importante per me è la mancanza di un Arts Council. In Italia, come artista indipendente, non esistono bandi statali per singoli individui: dovrei appoggiarmi a enti più importanti. Occorre trovare una decina di istituzioni per creare uno spettacolo e possono passare anche 3 anni prima della messa in scena”. Dopo aver lavorato per 7 anni a Cardiff, in Galles, Matteo non intende tornare: “Per il momento non vedo un mio ritorno completo in Italia. Terrò la mia base a Cardiff e continuerò a interagire saltuariamente con l’Italia: non modellando me stesso a questo sistema però, ma cercando di incoraggiare un cambiamento positivo per la danza nel nostro Paese, non solo per quello che si porta in scena, ma dal processo alla formazione, all’evoluzione”.

“LA TUA CASA DIVENTA IL CORPO. L’ANIMA CONTINUA A NUTRIRSI: È COME SE, VIAGGIANDO, PORTASSI LE TUE RADICI DENTRO UN VASO COLMO D’ACQUA: QUELL’ACQUA È IL TUO TERRITORIO”, RACCONTA LA DANZATRICE MASAKO MATSUSHITA.

“Viviamo in una situazione in cui essere danzatori o impiegati è ormai la stessa cosa: siamo tutti traballanti”, afferma Masako Matsushita, la coreografa e danzatrice italo-giapponese che, partita da Pesaro, è da anni protagonista della scena europea. “Ci sono voluti 5 anni di semina costante, mettendo a disposizione il mio talento, ma, mentre in Italia questo non viene retribuito, all’estero i riconoscimenti si trovano. In Italia sei perennemente giovane e siccome fai un’arte che lavora con il corpo, si dà per scontato che l’educazione ricevuta sia per diletto e non per professione. Invece la conoscenza del corpo vale tanto quanto una laurea e

IN QUESTA PAGINA, LA COREOGRAFA E DANZATRICE MASAKO MATSUSHITA.

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“IL MIO SOGNO È DI APRIRE QUI, VICINO A PESARO, UN LUOGO CHE COINVOLGA SIA TURISMO CHE CULTURA, DOVE SI POSSANO FARE RITIRI PER ARTISTI. SAREBBE FORSE IL PRIMO NEL NOSTRO PAESE”, CONFIDA LA BALLERINA GIULIA TORRI.

noi abbiamo studiato molto profondamente: il corpo prima si muove e poi parla”. Il lavoro di un danzatore è comunque in continua migrazione, a prescindere dal livello di professionalità: “Io sono partita per studiare fuori e la cosa ha continuato a funzionare grazie a tutte le connessioni che l’estero ti permette. Inoltre all’estero non si lavora mai gratis, 24

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ma non so cosa darei per poterlo fare in Italia”. E non è facile stare lontano da casa: “La tua casa diventa il corpo. L’anima continua a nutrirsi: è come se, viaggiando, portassi le tue radici dentro un vaso colmo d’acqua: quell’acqua è il tuo territorio”. Anche Giulia Torri, 31 anni, a soli 18 anni aveva deciso di andare a Rotterdam, nella stessa scuola di Matteo, su suo consiglio, per studiare danza. Uno dei suoi primi lavori fu il tirocinio in un progetto a L’Aia. “Essere danzatori oggi significa riempirsi il cuore e la vita di tantissime cose: non solo danza, ma connessioni con l’uomo, la psicologia, la fisica, ecc. Occorre essere molto aperti in questa professione. Il problema è mantenersi e riuscire a lavorare continuando a studiarla e in Italia non esiste la meritocrazia”. Da qui l’idea di realizzare il suo sogno in Italia e magari proprio nelle Marche: “Ho la fortuna di

IN ALTO, MATTEO MARFOGLIA, BALLERINO PROFESSIONISTA DA QUANDO AVEVA 19 ANNI. A DESTRA, GIULIA TORRI.


avere una mamma albergatrice e sto studiando anche questo mestiere, perchÊ il mio sogno è di aprire qui, vicino a Pesaro, un luogo che coinvolga sia turismo che cultura, dove si possano fare ritiri per artisti. Sarebbe forse il primo nel nostro Paese: un progetto concreto che possa servire

non solo a me, ma ai tanti danzatori in cerca di sedi di produzione, studio e lavoro. Sarò ad agosto in Tailandia per insegnare e creare una coreografia che vorrei tanto poter portare anche qui: quello che intendo creare potrebbe diventare il luogo adatto per progetti futuriâ€?.

Chiuso la domenica





SCRIVERE

Il cibo

IDEALE MARCO PIROZZI HA COINVOLTO CHEF STELLATI E NUTRIZIONISTI PER COMPLETARE IL LAVORO DELLA FIGLIA: UN PROGETTO DI SCRITTURA PER AIUTARCI A VIVERE MEGLIO, MANGIANDO MEGLIO.

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L’arte dello scrivere si lega al cibo, quello sano, per una guida che spinge a migliorare la propria vita, partendo proprio da ciò che dobbiamo fare per vivere: mangiare. Con uno scopo ideale e importante come finanziare la sperimentazione scien-

di Elisabetta Marsigli / ph Luca Toni

tifica grazie alla Fondazione Francesca Pirozzi e alla pubblicazione di un libro. Con l’idea di completare il lavoro di Francesca, che dal suo letto di ospedale stava scrivendo la tesi sull’alimentazione nei pazienti in chemioterapia, il papà Marco Pirozzi ha deciso

di pubblicare Il cibo ideale, dove esperti, nutrizionisti e chef raccontano come e che cosa mangiare. Un modo per rendere utile il lavoro di Francesca: “Quando, alla sua scomparsa, sembrava che l’unica cosa da fare fosse piangere, ci arrivò la notizia che l’Uni-

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be fondamentale sapere da dove arriva, prima di tutto. Frutta e verdura: come possiamo sapere se arrivano da zone inquinate?». Non è decisamente facile orientarsi nel mondo globale. “Serve un po’ più di cultura sull’alimentazione: le trasmissioni di cucina lasciano spazio sì allo spettacolo, ma forse aprono anche gli occhi sul cibo. Sono cresciuto col mito della pastasciutta e della carne rossa tutti i giorni. Oggi si sta cominciando a capire che forse la frutta non di stagio-

IN QUESTE PAGINE, MARCO PIROZZI, PADRE DI FRANCESCA E PROMOTORE DEL LIBRO IL CIBO IDEALE.

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versità di Modena aveva deciso di darle la Laurea alla memoria e mi sono ritrovato in mano la sua tesi – racconta Marco –. Per la prima volta quegli appunti, quei foglietti scritti a mano, erano qualcosa di concreto e tangibile. Pensai anche al fatto che, oltre a sperimentare in prima persona, Francesca avrebbe avuto voglia di scrivere un libro, una volta guarita. Io non avevo alcuna esperienza e chiesi aiuto a un oncologo che ha poi inserito un capitolo dedicato al dialogo fra paziente e medico. Ma ancora non mi bastava: vista la loro popolarità, ho pensato di inserire anche pareri e ricette di alcuni chef stellati (tra cui Alajmo e Uliassi): questo ha fatto sì che il libro fosse ancora di più una guida utile a tutti, non solo a chi è in cura”. Ma cosa vuol dire mangiare sano oggi? “È ovvio che, oggi, respirare e mangiare sono azioni che possono essere causa o acceleratori di qualche patologia. L’alimentazione è importante, non solo durante il percorso di una malattia: spesso ci affidiamo a cose che diamo per scontate, che sono ormai entrate nel nostro modo di vivere, frettoloso e distratto, ma tutto può far male o bene, a seconda della quantità e della qualità. La carne rossa può essere pericolosa, ma non è vietato mangiarla, così come la carne bianca che sareb-

“SPESSO CI AFFIDIAMO A COSE CHE DIAMO PER SCONTATE, CHE SONO ORMAI ENTRATE NEL NOSTRO MODO DI VIVERE, FRETTOLOSO E DISTRATTO, MA TUTTO PUÒ FAR MALE O BENE, A SECONDA DELLA QUANTITÀ E DELLA QUALITÀ”, RIFLETTE MARCO PIROZZI.

ne ha qualche problema in più, così come ciò che costa veramente tanto poco non è detto che vada sempre bene. L’olio e le famigerate etichette bio, ad esempio: occorre attenzione in quello che acquistiamo”. Da cosa dipenderà la ristorazione del futuro? “Un po’ come in tutte le cose, ci sarà sempre la tendenza a scegliere cibo a basso costo. Nel 2030 potrebbero esserci milioni di persone che moriranno di fame. È davvero ora di porsi delle domande su che cosa stiamo mangiando”. Il libro, oltre a promuovere la ricerca, personalmente seguita da Marco, presso il Dipartimento di Scienze Biomolecolari dell’Università di Urbino, è un vero atto d’amore: verso Francesca e, come lei avrebbe voluto, verso tutti coloro che desiderano vivere avendo cura di sé e dei propri cari.


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GIROVAGARE

Il borgo

DEI BORGHI GRADARA È LO SFONDO DI VICENDE STORICHE E LETTERARIE, COME LA TRAGICA STORIA D’AMORE DI PAOLO E FRANCESCA, CHE DA SECOLI SOLLECITANO IL NOSTRO IMMAGINARIO.

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di Ettore Franca / ph Leo Mattioli

Scrivere qualcosa su Gradara non è facile. È un Comune fra i più cliccati per la notorietà in tutta Italia e non solo. È fra i Borghi più belli d’Italia scelti dall’associazione omonima e, in più, nel 2018 è stata proclamata Borgo dei borghi. È Bandiera arancione del Touring Club Italiano ed è un luogo molto frequentato – oltre 200.000 persone all’anno – perché teatro di eventi museali, musicali e artistici, sagre, mostre e altri eventi. Non c’è bisogno di dire dov’è, la trova chiunque: fra Pesaro e Cattolica, poco distante dal mare nel paesaggio delle colline che, a ponente, hanno l’Appennino. Sulla collina si innalza il mastio della rocca che domina la vallata fino al mare o la Carpegna. La sua storia inizia attorno al 1150 con la famiglia dei De Griffo che, caduti in disgrazia presso il Papa, vennero sostituiti dai Malatesti. Questi, tra il XIII e il XIV secolo, presero a costruire la fortezza e una doppia cinta di mura di oltre 800 metri dando a Gradara l’aspetto attuale. Con il borgo, è una delle strutture medioevali fra le più imponenti e meglio conservate d’Italia.

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Per la strategica posizione, fu crocevia di genti e traffici ma anche teatro di scontri con le milizie della Chiesa nello scacchiere politico fra i territori pontifici e le turbolente casate dei Malatesta e dei Montefeltro. Poi verranno gli Sforza, i Della Rovere, i Borgia, i Medici e, quasi ultimi, i Mosca e i Morandi Bonacossi di Lugo, confermando il ruolo della fortezza fra Marche e Romagna. Ormai inutile, venne acquistata dall’ing. Umberto Zanvettori che, dal 1920, investì le sue risorse nell’opera di restauro riportando la fortezza all’antica bellezza. Dal 2014 è proprietà dello Stato. La leggenda vuole che la Rocca sia stata sfondo del tragico amore tra Paolo Malatesta e Francesca da Polenta che, nel 1275, nello spietato gioco delle alleanze matrimoniali, aveva dovuto sposare Gianciotto, “lo zoppo”, mentre il fratello Paolo “cavaliere nobile, bello e cortese”, “piacevole uomo e costumato molto”, era già sposato con Beatrice Orabile di Ghiaggiuolo. Gianciotto, signore di Pesaro, sbrigava gli affari dimorando in città mentre la moglie, “donna di singolare grazia, e d’infinita beltàde”, risiedeva a

IN ALTO, IL BORGO E IL CASTELLO DI GRADARA.NELLA PAGINA SEGUENTE, LA STRADA PRINCIPALE DEL BORGO E, IN BASSO, ALCUNI RIEVOCATORI STORICI DURANTE L’EVENTO DELL’ASSEDIO AL CASTELLO.


LA LEGGENDA VUOLE CHE LA ROCCA SIA STATA SFONDO DEL TRAGICO AMORE TRA PAOLO MALATESTA E FRANCESCA DA POLENTA CHE, NEL 1275, NELLO SPIETATO GIOCO DELLE ALLEANZE MATRIMONIALI, AVEVA DOVUTO SPOSARE GIANCIOTTO, “LO ZOPPO”.

Gradara, a mezz’ora di cavallo. Così, accadde l’inevitabile che Dante così ha ricordato: … Amor, ch’al cor gentile ratto s’apprende, prese costui della bella persona che mi fu tolta; e ‘l modo ancor m’offende. Amor, ch’ha nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m’abbandona. Dopo Dante quell’amore funesto appassionerà poeti da Petrarca (“… la coppia d’Arimino che ’nseme / vanno facendo dolorosi pianti) fino alla tragedia in versi di Gabriele D’Annunzio, e sarà soggetto per i pittori e musicisti. Dal dopoguerra, Gradara prese a essere visitata dalle scolaresche e dai turisti che, lasciata la spiaggia, sciamavano lungo la ripida via verso la rocca mentre le case

si trasformavano in negozietti di souvenir, bar, ristoranti, enoteche, osterie, alloggi, ecc. Passata la porta con la torre dell’orologio, prendete la via in salita (con calma), guardate i souvenir in ogni botteguccia ma, a sinistra, ecco la piccola chiesa con le spoglie di San Clemente, martire del II sec., detta del Sacramento, di fine ’500. All’interno sono la pala d’altare dell’urbinate Antonio Cimatori, il Visaccio, e un raro organo a mantice restaurato da poco. In cima alla via ecco, piccola e raccolta, la chiesa di San Giovanni col quattrocentesco crocifisso ligneo che pare cambi espressione del volto guardandolo da diversi angoli di vista. Altra salitella e, finalmente, superato il ponte levatoio, siete nel cortile di fronte al mastio, la possente costruzione del castello. Appena entrati, se guardate a sinistra, dovrebbe colpirvi una IN MAGAZINE

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COL TERRITORIO RICCO D’ULIVI E VIGNETI, A GRADARA LA CUCINA SODDISFA IL PALATO E RENDE PIACEVOLE LA PERMANENZA O IL SEMPLICE PASSAGGIO, MAGARI PER ASSISTERE AD ALCUNE DELLE MANIFESTAZIONI PROPOSTE DAL RICCO CALENDARIO.

staffa, murata ad altezza giusta, per facilitare chi, uscendo, montava a cavallo. Ma, chi a cavallo ci va, nota che qualcosa non funziona, perché il cavallo si monta da sinistra mentre, qui, il cavaliere si troverebbe fra muro e animale… Non vi descrivo l’interno; le guide, preparatissime, vi seguiranno nelle sale delle torture e del corpo di guardia, dalla cappella gentilizia con la terracotta invetriata (1480) di Andrea della Robbia, al salone di Sigismondo e Isotta, alla sala della passione, nel camerino di Lucrezia Borgia, nella camera del cardinale, dei putti, del Consiglio, fino alla camera di Francesca… quella del fattaccio. Vedrete gli affreschi di Amico Aspertini (1496-1499) e di Giovanni Santi, padre di Raffaello, e la pala d’altare, pro-

veniente dalla Pieve di S. Sofia, che mostra la prima immagine di Gradara con la selva di torri e mura merlate. Col territorio ricco d’ulivi e vigneti, Gradara vanta la tradizione della cucina marchigiano-romagnola ricca delle due tradizioni proposta nelle trattorie/osterie. Quasi sempre familiari, di piccole dimensioni, garantiscono una cucina con carni e verdure genuine, ottimi vini delle Marche, olio dei frantoi locali che, con la cucina, soddisfano il palato e rendono piacevole la permanenza o un semplice passaggio a Gradara magari per assistere ad alcune delle manifestazioni proposte dal ricco calendario. In luglio L’As-

sedio al Castello che rievoca il tentativo del 1446 di Francesco Sforza e Federico da Montefeltro per conquistare la Rocca, fallito per la difesa di Sigismondo Pandolfo Malatesta; a dicembre, il Castello di Natale che nell’atmosfera del luogo propone animazioni a tema. Non poteva mancare Gradara d’amare, che per San Valentino, riempie di cuori e d’amore il borgo di Paolo e Francesca. Con un tocco esterofilo ecco The magic castle, un festival che dona magia al borgo. Da non perdere infine Il Medioevo a tavola, durante le giornate dedicate alla cucina medievale per la quale ristoranti e osterie si trasformano in taverne quattrocentesche.

Un borgo DA FILM La Rocca fu location di alcuni film. Condottieri di Luis Trenker (1937), ispirato a Giovanni dalle Bande Nere. Nel 1949, ll principe delle volpi, vincitore di due Oscar. Nel 1950 un immancabile Paolo e Francesca di Raffaello Matarazzo. Nel 1961, il borgo e gli interni della rocca fecero da sfondo alla storia d’amore del rivoluzionario Pietro Missirilli nel film Vanina Vanini, di Roberto Rossellini. Recentemente sono stati ambientati alcuni film della serie vacanzieri.



CUCINARE

L’arcobaleno

IN CUCINA MARIA ELISA ROSSI CASCIARO È DIVENTATA UN RIFERIMENTO PER CHI INTENDE ALIMENTARSI CONSAPEVOLMENTE, SEGUENDO I RITMI NATURALI E SANI DELLA TRADIZIONE.

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Comunicare e condividere il valore del cibo naturale come strumento di salute e benessere: questa è la missione di Maria Elisa Rossi Casciaro, raccoglitrice di erbe mangerecce e aromatiche e fiori per la cucina (così ama definirsi lei). Per questa donna dallo stile semplice ma raffinato, con una luce speciale negli occhi, il richiamo verso la natura è sempre stato profondo, un richiamo poi portato a tavola attraverso ricette magnifiche per gli occhi e il palato ma soprattutto buone per il corpo. L’idea è quella del cibo per prendersi cura di sé, ma anche per riflettere sulla bellezza che ci circonda e ci mette a disposizione, a chilometro zero, ingredienti facili da preparare ed economici. Maria Elisa, qual è la tua storia? “Forse il mio è stato davvero un percorso segnato. Ho sempre creduto che mangiare bene significhi stare bene ma anche pensare meglio; in base alla mia esperienza posso dire che attraverso il cibo pulito si vivono emozioni e pensieri più puri. Se poi torno alla mia infanzia, ritrovo la figura di mia nonna paterna Elisa (classe 1904): maestra, raccoglieva le

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di Cristina Lupinelli / ph Leo Mattioli


“NEL PERIODO IN CUI HO AVUTO UN’ATTIVITÀ DI RISTORAZIONE E MI SONO OCCUPATA DI PROMOZIONE TURISTICA DELL’ENTROTERRA PESARESE, HO CONOSCIUTO CAMPAGNE MERAVIGLIOSE E FREQUENTATO ANTROPOLOGI ED ESPERTI DI STORIA DEL MONDO NATURALE.”

erbe di campo per depurarsi nei periodi giusti dell’anno, con rituali precisi. Nel periodo in cui ho avuto un’attività di ristorazione e mi sono occupata di promozione turistica dell’entroterra pesarese, ho conosciuto campagne meravigliose e frequentato antropologi ed esperti di storia del mondo naturale. Un tema – quello delle piante e della biodiversità – che ho approfondito e che è diventato tutt’uno con il mio stile di vita.

Cinque anni fa l’incontro con Marco Mazzini – naturopata esperto in alimentazione bioenergetica secondo la dietetica cinese, oggi mio partner nella vita e nel lavoro – mi ha dato l’opportunità di arricchire il mio approccio con una forte attenzione al rapporto cibo-salute”. E oggi come divulghi i tuoi principi? “Per me è naturale diffondere la conoscenza ricevuta da altri in un modo concreto, e cioè con la creazione dei miei piatti che sono un modo per tornare all’autenticità e alla tradizione. Insegno come fare la spesa, come selezionare le materie prime giuste rispettando la stagionalità e dunque l’ambiente. Con il circolo A tutto Arcobaleno organizziamo corsi di cucina naturale che ci hanno portato anche in Cina e partecipiamo a showcooking in tutta Italia. Ma la soddisfazione più grande è far capire alle mamme dai ritmi di vita intensi che cucinare sano è veloce e alla portata di tutti”. IN MAGAZINE

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RECITARE

L’artista

INGEGNERE CHRISTIAN DELLA CHIARA È UN GLOBETROTTER DELLA CULTURA: DALL’INFORMATICA AL MARKETING DI EVENTI TEATRALI E MUSICALI IL PASSO È BREVE. SENZA DIMENTICARE LA LETTURA ESPRESSIVA.

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Globetrotter della cultura? Forse è la definizione giusta per Cristian Della Chiara, pesarese, classe 1970, ingegnere informatico, titolo che lo ha portato molto lontano. Tra le decine di attività che lo hanno contraddistinto negli anni, oggi si qualifica soprattutto per essere responsabile delle relazioni istituzionali e del marketing per la Fondazione Rossini Opera Festival, direttore organizzativo della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema, direttore artistico del Festival d’Arte Drammatica. E siamo già nel campo delle sue passioni: il teatro e la recitazione. Un amore che viene da lontano se, nel 1996, Della Chiara è fra i soci fondatori e poi presidente della Compagnia Teatrale Vissidarte alla cui attività collabora in qualità di attore, regista e docente. In questo ambito ha sviluppato progetti anche con l’Università di Urbino e il Rossini Opera Festival. Ha fondato la Compagnia Teatroaponente, di cui è presidente e con la quale prosegue l’attività di teatro in carcere nella Casa di reclusione di Fossombrone, dirigendo un laboratorio teatrale per un gruppo selezionato di detenuti. L’attività riscuote un successo tale che due

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di Maria Rita Tonti / ph Leo Mattioli

degli spettacoli prodotti sono ospitati in stagioni professionistiche di teatro contemporaneo fra cui TeatrOltre. “Una passione ancora molto viva – afferma Della Chiara –, quando mi capitano occasioni propizie non mi tiro mai indietro. Al momento seguo due filoni principali. La mia attività sul campo è soprattutto il laboratorio teatrale a livello scolastico, nei Licei Mamiani e Mengaroni, lavoro faticoso ma estremamente entusiasmante anche perché coinvolge un gran numero di studenti. Un impegno che ho assunto già da otto anni assieme a Ciro Limone, mio sodale in tutte queste belle esperienze. Inoltre porto avanti

l’attività di lettura: se mi capita mi presto sempre volentieri compatibilmente con il tempo che ho, che a dire il vero non è molto. Sempre in questa direzione un progetto di cui vado molto orgoglioso è la Passeggiata nel teatro segreto, alla scoperta del dietro le quinte del Teatro Rossini, diventato a tutti gli effetti uno spettacolo teatrale itinerante che ha avuto e continua ad avere un enorme successo. Addirittura mi hanno chiesto di proporre la Passeggiata in forma virtuale, con le modalità consuete della cooperativa Skené e con la collaborazione di Maria Rosa Bastianelli, per il Museo Nazionale Rossini, appena inaugurato.”



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VISITARE

La chiesa

DEL PORTO NELLA CHIESA DI SANTA MARIA DELLA SCALA TUTTI I PESARESI SI RACCOLGONO IN LUGLIO PER PRENDERE PARTE ALLA TRADIZIONALE FESTA DEL PORTO, ESEMPIO DI SECOLARE DEVOZIONE MARIANA.

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di Giovanna Patrignani / ph Luca Toni

La chiesa di Santa Maria della Scala, detta anche della Madonna del Porto o comunemente chiesa del Porto, sorge in fondo a piazza Doria (già piazza del Porto), di fronte alla fonte del Porto. Ha ereditato l’intitolazione da una piccola chiesa cinquecentesca che si trovava in un luogo diverso da quello attuale, nei pressi delle antiche mura: già in essa si venerava la sacra immagine della Vergine, tradizionalmente connessa alla devozione popolare di pescatori, marinai e portolotti, che fin dal XVI secolo si era riunita nella confraternita laica intitolata alla Madonna della Scala, patrona della gente di mare. Divenuta ormai fatiscente l’originaria chiesetta cinquecentesca, nel 1822 la Venerabile Compagnia di Santa Maria della Scala del Porto ne costruì una nuova nell’attuale collocazione, affidandone il progetto all’architetto pesarese Pietro Togni, che nel 1828 completò il quadro urbanistico circostante con la costruzione della fonte del Porto, la cui elegante semplicità è in perfetta armonia con i tardi echi dell’architettura neoclassica riscontrabili nella facciata in laterizio della chiesa, ornata da quatIN MAGAZINE

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IN APERTURA, LA FACCIATA DELLA CHIESA DI SANTA MARIA DELLA SCALA. IN QUESTA PAGINA, IN ALTO, LA MADONNA COL BAMBINO SORREGGE LA SIMBOLICA SCALA COELI.

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tro colonne in pietra con capitelli corinzi, che sorreggono la trabeazione appesantita da una sovrastruttura in cotto su cui si innalzano tre statue in pietra, d’epoca più antica: al centro la Madonna col Bambino sorregge la simbolica Scala Coeli, ai lati due angeli. Al centro della sovrastruttura, sotto la statua centrale, campeggia un grande orologio. Sulla destra del sagrato, sopra un moderno basamento in laterizio (1961), è posta la statua settecentesca del patrono dei marinai, l’apostolo S. Andrea, proveniente dal fastigio della chiesa di S. Andrea lungo il corso XI Settembre, soppressa nel 1811. La chiesa e la fontana del Porto, con la statua di S. Andrea, costituiscono ancora oggi un angolo di Pesaro ottocentesca estremamente suggestivo, in cui riveste il ruolo di fondale la facciata della chiesa, con il classico motivo del finto pronao corinzio addossato alla parete, reso pittoricamente sugge-

LA CHIESA E LA FONTANA DEL PORTO, CON LA STATUA DI S. ANDREA, COSTITUISCONO ANCORA OGGI UN ANGOLO DI PESARO OTTOCENTESCA ESTREMAMENTE SUGGESTIVO. LA FACCIATA DELLA CHIESA FU RISTRUTTURATA DA PIETRO TOGNI NEL 1828.

stivo dal contrasto cromatico fra la pietra bianca delle semicolonne e delle statue del frontone e il cotto rosato del paramento murario. L’interno, a una navata, conserva tre dipinti: sull’altare maggiore la Visitazione dell’Angelo alla Vergine e S. Elisabetta del pittore pesarese Gian Giacomo Pandolfi (1567-1636); la chiesa è infatti detta anche della Visitazione. Sulla parete sinistra della navata S. Andrea con


Gesù, S. Pietro e il pescatore, copia di autore ignoto dall’originale dell’urbinate Federico Barocci (1535-1612), che si trovava nella demolita chiesa di S. Andrea, oggi a Bruxelles; a destra S. Maria Maddalena (1607-08) di Terenzio Rondolino. In seguito al terremoto del 29 aprile 1984 la piccola chiesa ottocentesca, già in precarie condizioni, fu dichiarata pericolante e temporaneamente chiusa al culto. Ma già dal 1978-79 a lato del fianco destro era stata costruita una chiesa moderna più grande. La vecchia chiesa, sempre molto cara ai portolotti e a tutti i pesaresi, restaurata, è stata finalmente riaperta al culto il 26 giugno 1994. Continua a essere il fulcro della secolare Festa del Porto, una manifestazione popolare di devozione mariana della gente marinara

che celebra la festa della Madonna della Scala, venerata nella chiesa del Porto, a lei intitolata: una delle più antiche e sentite tradizioni pesaresi, che coinvolge non solo il rione Porto, ma tutta la città. Ogni anno, da secoli, ripete una tradizione che risale al Quattrocento, quando in origine la festa si svolgeva il 2 luglio, mentre oggi dura per un’intera settimana concludendosi nella prima domenica di luglio. Tra i molteplici eventi, la solenne funzione religiosa nella chiesa del Porto per rendere omaggio alla Madonna della Scala, la cui venerata immagine viene portata solennemente in processione; i pescherecci che, con l’arcivescovo, si portano al largo per gettare in mare una corona di alloro in omaggio ai marinai caduti nell’adempimento del loro duro lavoro.

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TRASMETTERE

La voce

DELLA RADIO ROBERTO BAGAZZOLI, SPEAKER DI UNA DELLE PRIME RADIO PRIVATE, CI RACCONTA LA SUA CARRIERA E IL SUO RAPPORTO CON PESARO, A PARTIRE DA QUANDO ARRIVÒ IN CITTÀ PER STUDIARE. di Simonetta Campanelli / ph Luca Toni

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Roberto non è pesarese di nascita ma, come ama ricordare, lo è per metà perché la mamma Renata era una pesarese purosangue (apparteneva alla vasta schiera dei Benanca). Il papà era un comandante dell’Arma dei Carabinieri di Roma e aveva conosciuto quella che sarebbe diventata sua moglie nella sala da ballo sopra la cooperativa di via Dandolo, che aveva tra i fondatori il nonno. Nel suo percorso professionale, partito da Pesaro ha lavorato in importanti emittenti radiofoniche: prima Radio Arancia di Ancona, poi Radio Globo di Roma e successivamente Radio Reporter di Milano. Come sei diventato speaker? “Non saprei, posso solo dirti che è stato il passaggio dalle macchinine. Era il 1976 e in paese stavano issando l’antenna di una delle prime radio libere, io entrai in quella mansarda e non ho più smesso di parlare al microfono. Posso dire con orgoglio che alla fine faccio il lavoro che ho sempre sognato ed è un privilegio”. Sempre in giro per l’Italia. E Pesaro? “È sempre stata il mio punto di riferimento. Ho avuto una vita nomade, da bambino volevo scappare con il circo di un’amica d’infanzia di mamma, la Fernanda. Essendo figlio di un militare, il trasloco era sempre dietro l’angolo… almeno fino al 1977, quando papà si è congedato e ha deciso di fermarsi a Monte San Giusto, a Macerata, un centro molto importante in quegli anni per la produzione delle calzature. Per me Pesaro è stata i tre mesi d’estate, per le vacanze, da quando sono nato: prima con la mamma e poi da solo. A fine anno scolastico ci trasferivamo qua, il Lido del Carabiniere era la nostra spiaggia. Il rapporto è andato avanti ancor più stretto perché venni mandato a convivere con la nonna rimasta sola nel 1979. Studiavo e poi andavo in radio”.

Oggi vivi e lavori a Pesaro. Come fai a trasmettere in tutta Italia? “Operando in telelavoro, sono in onda quotidianamente a Piacenza, Agrigento, Massafra, Tolentino e presto in Provincia di Caserta. Pesaro è stato il mio rifugio nel corso degli anni, sono sempre stato residente qui. Non ho subito il fascino della metropoli, ho scoperto che si può lavorare nell’era di Internet anche da una città rivierasca, che nel tempo è sempre diventata più bella e accogliente e soprattutto a misura d’uomo. Che io ami Pesaro non è un segreto: sui social

“NON HO SUBITO IL FASCINO DELLA METROPOLI, NELL’ERA DI INTERNET SI PUÒ LAVORARE ANCHE DA UNA CITTÀ RIVIERASCA, CHE NEL TEMPO È SEMPRE DIVENTATA PIÙ BELLA ED ACCOGLIENTE E SOPRATTUTTO A MISURA D’UOMO.”

lo racconto molto spesso. Sono tornato a vivere a Pantano, nella casa dei nonni, dove ho imparato a camminare, ho riabbracciato gli amici di una vita e tra le tante cose finalmente mi sono liberato della macchina, perché mi muovo a piedi o in bicicletta. La vita è più sana e io sono più sereno. Mi sono potuto permettere di lanciare una sfida alla mia malattia, sono diabetico da qualche anno: ogni mattina faccio i 5.000 passi (che sono oramai diventati oltre 10.000) per dare un calcio al diabete e la cosa che mi diverte è che sono stato già stimolo a fare movimento per molte persone, che mi scrivono… tra cui i miei vicini di casa”. IN MAGAZINE

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ESPORRE

Il nuovo

RINASCIMENTO I GIOIELLI D’ARTISTA DEL MAESTRO GIORGIO FACCHINI SONO AL CENTRO DI UNA MOSTRA CHE CELEBRA LA GRANDE CULTURA ORAFA DELLE MARCHE.

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di Simonetta Campanelli / ph Luca Toni

Proiezioni interattive e ambienti scenografici mutevoli raccontano la dimensione immaginifica degli artisti e creano un’architettura fittizia in cui gioielli d’artista, pittura, scultura ed elementi architettonici dialogano sperimentando l’idea di un nuovo Rinascimento, anche in chiave tecnologica. Mi emoziono, sono onorata: mi fa da guida personale e cicerone un amico di raro spessore interpretativo, il maestro Giorgio Facchini,

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artista e orafo fanese dalle eccezionali qualità creative. Mi illustra ogni dettaglio e ogni particolarità della mostra “Scultura Aurea. Gioielli d’Artista per un nuovo Rinascimento – assolutamente da visitare – che trova piena realizzazione concettuale ed estetica nel Palazzo di Federico. Visitabile fino all’8 settembre, il percorso si pone come pieno superamento della separazione tra arti maggiori e minori: “Sono molto entusiasmato! Esporre in un ambiente così nobile le mie creazioni, insieme a quelle di maestri di eccezionale fama come Salvador Dalí, Pablo Picasso, Giorgio De Chirico, Gio’ e Arnaldo Pomodoro... mi rende felicemente orgoglioso”. L’esposizione, allestita nelle sale rinascimentali del Palazzo Ducale di Urbino, propone una panoramica sul gioiello d’artista del XX e XXI secolo; è una preziosa occasione per scoprire il contributo di scultori e pittori all’ambito del gioiello, inteso come opera d’arte perfettamente compiuta. Il gioiello, nelle sue limitate dimensioni, porta in sé tutte le caratteristiche delle arti maggiori, il passaggio dal grande al piccolo e viceversa.

“La mostra – racconta Giorgio – è pensata come un viaggio nella plasticità dell’arte contemporanea nel gioiello d’artista, dove la coscienza della modellazione della pittura e della scultura è indubbiamente la parte dominante di un’opera d’arte, sia essa grande o piccola”. Il percorso di mostra presenta un’ampia selezione di esemplari, più di 140 pezzi, realizzati da 46 artisti internazionali, evidenziando contributi e influenze e sottolineando la portata rivoluzionaria della contaminazione tra le arti in ambito orafo. La commistione tra arti maggiori e minori è tema fondativo dell’allestimento stesso della mostra che ne esplora le potenzialità concettuali ed espressive, coinvolgendo l’architettura di Palazzo Ducale tramite allestimenti scenici virtuali. L’esposizione rievoca la grande cultura orafa delle Marche, Regione riconosciuta come un distretto di livello internazionale per competenze e diffusione di scuole e modelli. Nel XX secolo la cultura orafa marchigiana ha goduto di un rinnovato prestigio grazie a figure


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come Facchini, Giorgi, Mannuci, Uncini, Trubbiani, Mattiacci, i Pomodoro, la cui fama internazionale nell’ambito delle arti ha portato alto il nome delle Marche nel mondo. In mostra anche altri maestri italiani: Afro, Franchina, Severini, Capogrossi, Mastroianni, Alviani, De Chirico. Si sono fatti interpreti del gioiello d’artista con l’esclusività del pezzo unico d’autore o di gioielli multipli in edizione limitata anche Squatriti, Dorazio, Fontana, Tilson, Nesbitt, de Saint Phalle, Bury, Soto, Pietro Consagra, Lalanne, Ray, Tilson.

In esposizione anche una preziosa selezione di esemplari e pezzi unici di artisti di fama internazionale: come Calder, Dalí, Braque, Picasso, Ernst, Nevelson, Penalba, con pezzi spesso sorprendenti, per giungere ad alcuni esempi di gioielli realizzati da artisti contemporanei (Mitoraj, Vari, Castellani, Paolini, Kapoor, Vigna), che trasferiscono nel gioiello la poetica della loro ricerca con nuova consapevolezza, sostenuta da illuminate committenze, nuove generazioni di galleristi-mecenati e da una rinnovata sensibilità critica all’argomento.

ph Michele Alberto Sereni

ph Michele Alberto Sereni

IN APERTURA, GIORGIO FACCHINI; IN QUESTA PAGINA, DUE SUOI GIOIELLI: LA COLLANA PASSATO-PRESENTE, IN ORO GIALLO-ROSSO CON TURCHESE, AGATA BIANCA E DIAMANTI, UNICO ESEMPLARE, 2019, COLLEZIONE NEW YORK E IL BRACCIALE PAESAGGIO MISTERIOSO, IN ORO GIALLO-ROSSO E DIAMANTI, UNICO ESEMPLARE 2019.

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9 ottobre, ore 10-18 Cesena Fiera

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VINCERE

Tre scudetti

PER VALERIA VALERIA BATTISODO HA CONQUISTATO IL SUO TERZO SCUDETTO CON LA SERIE A DI BASKET: UN RISULTATO FRUTTO DI GRANDI SACRIFICI, MA ANCHE DI GRANDE PASSIONE.

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Tre scudetti in soli quattro anni. Sempre da grande protagonista. È questa l’impresa appena riuscita a Valeria Battisodo, trentunenne cestista pesarese, che ha intrapreso i suoi primi passi sul parquet dell’Olimpia Pesaro a soli

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di Alice Muri / ph Leo Mattioli

otto anni e che qualche settimana fa si è aggiudicata la vittoria dello scudetto della Serie A di basket con Schio. Valeria, per prima cosa tanti complimenti per la vittoria. Raccontaci i momenti più

belli della stagione appena passata e l’emozione della conquista dello scudetto. “È stata una stagione bellissima sotto ogni punto di vista, perché oltre a essere stata vittoriosa, il gruppo di compagne di squadra


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in cui mi trovavo era davvero affiatato. È stata una grande emozione per me giocare per la prima volta con un minutaggio importante non solo in campionato ma anche in Eurolega, dove mi sono misurata con le più forti giocatrici al mondo. Poi la vittoria scudetto che rimarrà con me per tutta la vita, soprattutto per la partita di gara quattro, dove sono riuscita a giocare come volevo e sapevo di poter fare”. Questa non è la tua prima vittoria scudetto. “Esatto, è stato il terzo scudetto vinto. Il primo l’ho vinto, sempre a Schio, nel 2016 e il secondo a Lucca nel 2017”. Come e perché hai deciso di avvicinarti al basket? “Ho iniziato a giocare a basket quando avevo 8 anni. A Pesaro ci sono campetti da basket dietro ogni angolo e quando andavo al mare con gli amici come Giovanni Tomassini, Alice Pandolfi e tanti altri, giocavamo dalla mattina alla sera nel campetto di Bagni Spinaci in viale Trieste. E siccome mi divertivo tantissimo, ho deciso di iscrivermi nella società femminile dell’Olimpia Pesaro: mi è piaciuto dal primo istante e quindi non ho più smesso!”

Tanti saranno stati i sacrifici che ti hanno portato alla serie A. “All’età di 17 anni la società di serie A1 di Parma mi chiamò per andare a fare il secondo playmaker in prima squadra: era un treno che non potevo perdere. Mi sono detta che se volevo far diventare questo sport la mia vita dovevo provarci. È stato difficilissimo, perché ho dovuto lasciare i miei genitori – che ringrazierò per sempre per avermi permesso di inseguire il mio sogno – i miei amici e compagni di scuola per trasferirmi in una nuova città. Mi svegliavo la mattina, andavo a scuola e al pomeriggio facevo 4 ore di allenamento al giorno. È stata molto dura, ma alla fine tutto questo lavoro e sacrifici mi hanno ripagata. Sono arrivata dove sono oggi con una carriera piena di soddisfazioni.” Ultima cosa, una curiosità: che cosa ti manca di più della tua città, esclusi gli affetti e la famiglia? “Il mare e, a dire la verità, anche il gelato. Potrà sembrare strano, ma in ogni città in cui sono stata non ho ancora trovato una gelateria come quelle che ci sono a Pesaro.”

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