Tariffa R.O.C.: Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB - FILIALE DI FORLÌ - Contiene i. p. - Reg. al Tribunale di Forlì il 20/12/2000 n. 34- EURO 3,00.
R I M I N I N° 3 LUGLIO/AGOSTO 2019
BALEANI
Famiglia
RIVOLUZIONE IN GIOIELLERIA
LORENA MONTANARI / Un’arte paziente GIANCARLO BARLETTA / Vivere mille vite FABRIZIO MISEROCCHI / La cultura del dono
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EDITORIALE
SOMMARIO
I
In questo numero estivo entriamo nel laboratorio di Anna e Polly Baleani, eredi di una tradizione della gioielleria che hanno rivoluzionato con la loro sensibilità artistica. Passeggiamo nel giardino di Lorena Montanari, ibridatrice di iris di fama internazionale; parliamo con Rebecca Bianchi, giovane pilota di moto, e con il creative communication manager Giancarlo Barletta. Nell’attico arredato dall’interior designer Daniela Sammarini scopriamo uno spazio di pura evasione per una famiglia di 4 persone. Abbiamo incontrato anche: il cantautore Costantino Bagalà, Roberto Sarra, ideatore del Pegasus Literary Awards, Fabrizio Miserocchi direttore generale dello Ior. Ricordiamo il bel mondo passato dal Grand Hotel con l’ex chef Cosimo Di Stasi, e molto altro ancora. Buona lettura! Andrea Masotti
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ANNOTARE
Brevi IN
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ESSERE
Anna e Polly Baleani
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COLTIVARE
Lorena Montanari
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CRESCERE
Fabrizio Miserocchi
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CORRERE
Rebecca Bianchi
EDUCARE
Vanda Venturi
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CONTAMINARE
Giancarlo Barletta
RICORDARE
Cosimo Di Stasi
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EDIZIONI IN MAGAZINE S.R.L. Via Napoleone Bonaparte, 50 - 47122 Forlì Tel. 0543.798463 / Fax 0543.774044 www.inmagazine.it info@inmagazine.it DIRETTORE RESPONSABILE: Andrea Masotti REDAZIONE CENTRALE: Clarissa Costa, Gianluca Gatta, Beatrice Loddo COORDINAMENTO DI REDAZIONE: Irena Coso ARTWORK: Lisa Tagliaferri IMPAGINAZIONE: Francesca Fantini UFFICIO COMMERCIALE: Gianluca Braga, Irena Coso STAMPA: La Pieve Poligrafica Villa Verucchio (RN) ANNO XIX - N. 3 Chiuso per la stampa il 24/07/2019 Collaboratori: Barbara Bastianelli, Arianna Denicolò, Cinzia Garoia, Giorgia Gianni, Lucia Lombardi, Nicola Luccarelli, Gaia Matteini, Gianmaria Rosati, Antonella Zaghini. Fotografi: Pasquale Bove, Marco Craig, Virginia Ditrani, Riccardo Gallini, Giorgio Salvatori, Antonella Zaghini.
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CUCINARE
Luigi Salvemini
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STUPIRE
Matteo Cucchi
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NAVIGARE
Yacht Club Rimini
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ABITARE
Attico a Bellaria Seguici su FB: www.facebook.com/ edizioni.inmagazine
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CANTARE
Costantino Bagalà Edizioni IN Magazine si impegna alla salvaguardia del patrimonio forestale aderendo al circuito di certificazione di FSC-Italia.
Tutti i diritti sono riservati. Foto e articoli possono essere riprodotti solo con l’autorizzazione dell’editore e citando la fonte.
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SOGNARE
Roberto Sarra
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ANNOTARE
Soccia, CHE GUSTO!
Un libro per CINO
RICCIONE Un corner emiliano ha aperto nel cuore della movida più chic di Riccione: il Soccia - Alimentari, Vino, Panino. Dove trovare dei veri prodotti gourmet che il bolognese Riccardo Parisio seleziona in prima persona. A lui dobbiamo anche una delle cocktailerie bistrò più à la page, il Bevabbè, con cui nel 2015 ha ottenuto il Premio Innovazione dell’Anno Barawards. Arredamenti ricercati, con pezzi di design anni ’60 e ’70 creano un’atmosfera unica dove fermarsi ad assaporare deliziosi menù d’autore, dalle prelibate materie prime, alle irriverenze sapienti messe su carta dal patron per scuotere le coscienze degli avventori. Al Soccia si trovano formaggi, salumi, vini, giardiniere, sardine, mieli, conserve, tutti sapori sapientemente lavorati, da gustare fuori dalla bottega per una pausa golosa da soli o in compagnia. (L.L.)
RSM La storia di Cino
Quando la magia è QUOTIDIANA RICCIONE L’Opening party del Settimopiano è l’evento che ogni anno
celebra l’inizio della stagione estiva. Lo si attende con entusiasmo, perché è l’occasione per ritrovarsi dopo l’inverno, mettersi un bell’abito e poter dire: “io c’ero!”. È una grande festa fatta di ospiti importanti, musica selezionata ad arte, colori, champagne e divertimento open air. Esserci è un privilegio, perché la serata ospita insieme agli amici di sempre, il meglio dell’imprenditoria riminese e riccionese. In questa edizione la prestigiosa partnership con Maserati, che ha presentato i nuovi modelli della casa del tridente posizionandoli sul lungomare pedonale, ha fatto sognare i passanti che hanno potuto ammirare da vicino questi gioielli automobilistici. A 5 anni dalla sua apertura, questa terrazza ha il potere di continuare a sorprendere con la sua vista su tutta la riviera e quella sensazione straordinaria di essere sospesi tra cielo e mare. Settimopiano: serate di ordinaria magia! (Nella foto, da sinistra: Alberta Ferretti, Natalia Battaglini manager Aeffe, Rita Leardini) (C.G.)
Mularoni, uno dei più rappresentativi imprenditori della Repubblica di San Marino, da oggi si può leggere nel libro Una vita piena di futuro (casa editrice Minerva), firmato dallo scrittore e giornalista Sergio Barducci. Durante la serata di presentazione al Centro Congressi Kursaal, che ha visto la partecipazione di oltre 200 persone, sul palco a raccontare la storia di questo grande uomo c’erano Stefania Leardini, Presidente della Fondazione Cino Mularoni che ha promosso il libro, e l’autore Sergio Barducci. Non sono mancati momenti di grande commozione grazie alla musica del pianista Gianni Paganelli e alle letture dell’attore Francesco Vignali, per un progetto che ha coinvolto tutti, dalla famiglia Mularoni, a tutti i dipendenti dell’azienda e agli amici e compagni di vita di Cino.
Noiz: l’etichetta CHE VIBRA SANTARCANGELO Noiz, un’etichetta onomatopeica per la nuova birra
firmata dai soci Michele Del Vecchio e Marco Brussolo, nata dalla voglia di creare qualcosa di proprio che abbia radici nel territorio, sulla Marecchiese, a Santarcangelo. “Quello che ci contraddistingue è la nostra storia: siamo due persone semplici senza finanziatori alla spalle, ci siamo messi in gioco per una passione comune e per trasmettere noi stessi attraverso un prodotto che nasce dalle nostre idee e dalle nostre mani – racconta Michele –. Le materie prime sono ricercate tra le migliori in commercio, per birre di qualità, vive, versatili, non filtrate e non pastorizzate”. La vibrazione inconfondibile di questi viaggi palatali diventa marchio di fabbrica del brand Noiz, un moderno birrificio inaugurato a luglio, creato dall’architetto Fabio Ferrini, con annessa birreria polivalente site specific, Tap Noiz, in apertura per l’autunno. (L.L) 8
IN MAGAZINE
by
Vinamare by Munell | presso bagni Ricci 141/143/143 | lungomare Spadazzi | Rimini
ph Marco Craig
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Fotografia al SI FEST
Un pop-up store PER D&G
SAVIGNANO La fotografia
RICCIONE Dolce&Gabbana, si sa, è il simbolo dell’italianità nel mondo, della gioia di vivere, di un’eterna estate della vita, e non poteva che scegliere la boutique Gaudenzi, realtà leader nel fashion retail, per presentare il nuovo concept di pop-up store riccionese quale location ideale per esprimere in pieno la vitalità del brand nel clou della stagione calda. Così, dal 25 luglio all’11 agosto, con il patrocinio del Comune, verrà allestita una piattaforma brandizzata proprio in viale Ceccarini 5, dove gli ospiti potranno immergersi in uno spazio disegnato ad hoc in cui saranno disponibili t-shirt realizzate in esclusiva per la modaiola Riccione. Tra il 2 e il 4 agosto, il pop-up store si trasformerà in un vero e proprio hub creativo, dove artigiani specializzati decoreranno live scarpe e accessori con gli iconici segni distintivi del marchio. Un’occasione imperdibile in un luogo d’incontro, in cui lo stile sfila sul viale della moda. (Nella foto, la titolare Francesca Meletti) (L.L.)
racchiude in sé molteplici e misteriose fascinazioni, poste in campo a Savignano sul Rubicone il 13, 14, 15 settembre, per il 28° SI Fest, il festival di fotografia più longevo d’Italia capitanato nuovamente da Denis Curti, già direttore artistico della manifestazione dal 2001 al 2006. A esporre sono stati chiamati nomi del panorama nazionale e internazionale come Marco Craig, Toni Thorimbert, Lady Tarin, Guido Harari, Alizia Lottero, Cesare Cicardini, Pier Luigi Gibelli e Settimio Benedusi. Non mancano le letture portfolio e i talk in piazza: con Michele Smargiassi e Nathalie Leleu. Denis Curti intervisterà Elena Braghieri, instagramer. Gianluca Catzeddu, Adobe Guru, svelerà i trucchi di postproduzione Photoshop. Continua il premio Marco Pesaresi, con la 18° edizione, e SI Fest OFF compie 10 anni. Novità 2019 è la sinergia con le materie olfattive dell’artista Filippo Sorcinelli che porta il suo progetto Voce Umana. (L.L.)
Mamì, un bistrot D'OLTRALPE RICCIONE Avere una nonna francese lascia un imprinting forte, perché i sapori dell’infanzia rimangono sempre vividi. Ma come fare per non perderli, e riportali alla mente e al palato in maniera conviviale ed elegante? Ci hanno pensato gli imprenditori della ristorazione Severine Isabey, Arnaud Bucci e Massimiliano Zamagna, che per omaggiare la loro amata nonna hanno aperto in via Toscanelli, 22 (Rivabella), Mamì. Un bistrot-baguetterie molto evocativo e originale, parisien quanto basta. Il menù offre ricche degustazioni salate di baguette farcite e dolci da forno fragranti e caldi a tutte le ore, anche asportabili. Un bistrot che ricorda le caffetterie d’oltralpe ma con quel qualcosa in più, perché qui la tradizione si fonde con tanto altro: deliziosi e aromatici drink, eventi live sulle note musicali di artisti rinomati. (L.L.)
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ESSERE
Rivoluzione in
GIOIELLERIA ANNA E POLLY BALEANI, INSIEME AL FIGLIO DI QUEST’ULTIMA, LUCA, PORTANO AVANTI LA TRADIZIONE DELL’ALTA GIOIELLERIA ARTIGIANALE A RICCIONE. E NE HANNO RIVOLUZIONATO L’IDEA. di Lucia Lombardi / ph Pasquale Bove
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All’interno del prezioso scrigno di viale Ceccarini, il viale dei viali della costa romagnola, incontriamo una delle famiglie simbolo dell’alta gioielleria artigianale Made in Riccione, i Baleani. Ad accoglierci le entusiaste sorelle Anna e Polly, mente e creatività del team, accompagnate dal giovane Luca, figlio di Polly e dedito al versante manageriale 3.0. La location è ancora quella fondata nel 1962 da Baleani senior, Enzo, orafo e orologiaio marchigiano trasferitosi in Romagna nel periodo del boom economico, in piena Dolce Vita riccionese. Un uomo lungimirante che ha lasciato molta libertà d’azione alle figlie, permettendo loro di appassionarsi all’arte della gioielleria secondo le loro personali attitudini. “Mio padre mi ha lasciata andare a vivere a Londra – racconta Anna –. Avevo bisogno di guardare un po’ oltreconfine, è stata proprio questa libertà che mi ha permesso di tornare alle mie radici e di capire che la mia strada era dentro la maison Baleani e che il mio amore per le tendenze e
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la moda lo avrei canalizzato nelle collezioni di famiglia”. “Nostro padre aveva una grande passione per le pietre preziose – spiega Polly –. Ne era un grande conoscitore. Ci ha trasmesso un grande sapere, quasi antico, che noi abbiamo attualizzato sempre più”. Polly era molto in sintonia con il padre, e da subito ha capito quale fosse il suo cammino, tanto da iscriversi all’Istituto d’arte di Pesaro, sezione oreficeria, specializzandosi in design del gioiello, acquisendo così doti artistiche che riversa nel concepire, di anno in anno, le originali collezioni Baleani. Cosa differenzia le vostre creazioni? “Abbiamo rivoluzionato il concetto di gioielleria classica a cui eravamo state iniziate.” In che termini? “Attraverso una creatività che rende i nostri pezzi speciali, rendendoli dei veri e propri unicum. Poiché attraverso un design accurato e una ricercatezza del dettaglio diversifichiamo i singoli gioielli. Nel tempo abbiamo ab-
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“NOSTRO PADRE ENZO AVEVA UNA GRANDE PASSIONE PER LE PIETRE PREZIOSE. NE ERA UN GRANDE CONOSCITORE. CI HA TRASMESSO UN GRANDE SAPERE, QUASI ANTICO, CHE NOI ABBIAMO ATTUALIZZATO SEMPRE PIÙ” RACCONTANO ANNA E POLLY BALEANI.
bandonato i marchi storici che tenevamo in casa, per dedicarci alle nostre personali collezioni, spinte anche dai nostri stessi clienti.” Quali sono i vostri punti di forza? “Un’alta manifattura totalmente rivoluzionaria. Creiamo gioielli trasformabili.” Sì, perché i preziosi Baleani sono dei veri e propri artifici mirabolanti, dei gioielli ingegnosi quasi scultorei, camaleontici con i quali in un certo senso i clienti possono giocare, adattandoli alle proprie esigenze momentanee…
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“Esattamente, rendendoli ancora più unici e personalizzati. Creiamo oggetti reversibili, senza tempo. Oltre alla scelta di gioielli all’interno delle nostre collezioni, permettiamo anche di offrire una nuova vita a gioielli inutilizzati, inglobandoli in nuovi concetti estetici, regalandogli così un nuovo corso, riportandoli alla luce grazie a un nuovo sembiante.” Il tailor made vi rende famosi su tutto il territorio nazionale, come mai? “Offriamo una gioielleria al dettaglio, il su misura non è da tutti. Noi lavoriamo ancora col metodo antico della cera persa, modellando sul dito del cliente l’opera stessa, che calibriamo man mano. Ideiamo gioielli unici ed esclusivi, pensati per le caratteristiche di ognuno. A contraddistinguerci ci sono servizio, originalità, consulenza e una elevata capacità di mantenere l’essenza delle materie prime valorizzandone le peculiarità. Inoltre siamo fortissime negli azzardi di accostamenti, colori e tecniche. Già trenta anni fa usavamo gli smalti, mixandoli abilmente a materiali preziosi.” Sono tutti elementi altamente caratterizzanti, inoltre
con questo metodo artigiano il cliente non ha sorprese, poiché vede lentamente svilupparsi ciò che ha scelto. “Il gioiello è un accessorio importante, ecco perché accudiamo le nostre linee come fossero parte di noi, una nostra filiazione, l’espressione concreta della nostra cultura personale e della continua ricerca su vari fronti. Cerchiamo l’unicità e l’originalità, siamo dei veri e propri stilisti del gioiello.” Una scelta coraggiosa, avvenuta proprio ai tempi della crisi economica mondiale… “Una scelta che ci ha ripagato – specificano, quasi in coro, Anna e Polly –, data dal puntare sempre più su un’offerta non globalizzata, altamente specializzata, personalizzata, contemporanea, dedicandoci totalmente a potenziare il nostro brand e a stimolare la vena produttiva.” La loro creatività ha dato frutti meravigliosi, come la collezione Pitagora, orecchini con elementi preziosi intercambiabili e portabili in modalità differenti. Alcune creazioni richiedono sino a due mesi di attenta lavorazione, tra confezionamento del modello a cera persa e il raggiungimento
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“IL SU MISURA NON È PER TUTTI. LAVORIAMO ANCORA COL METODO ANTICO DELLA CERA PERSA, MODELLANDO SUL DITO DEL CLIENTE L’OPERA STESSA, CHE CALIBRIAMO MAN MANO. IDEIAMO GIOIELLI UNICI ED ESCLUSIVI, PENSATI PER LE CARATTERISTICHE DI OGNUNO.”
del prodotto finale, come per gli esemplari della collezione Profumo di Diamanti, che sprigionano tutta la loro beltà, con le più
IN APERTURA, POLLY BALEANI. NELLA PAGINA PRECEDENTE, POLLY E ANNA BALEANI, AI LATI DI LUCA, IL FIGLIO DI POLLY. IN QUESTA PAGINA, IN ALTO, UNO DEI GIOIELLI TRASFORMABILI IDEATI DALLE BALEANI E, IN BASSO, UN DETTAGLIO DELLE GEMME UTILIZZATE IN LABORATORIO.
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svariate combinazioni di elementi che ispirano l’inventiva. I duttili bracciali della linea Cleopatra sembrano appena disegnati, invece fanno parte di una collezione che persiste da ben 22 anni, realizzati con modalità e abbinamenti sempre nuovi e contemporanei atti a esaltare ogni stagione della vita. “Il gioiello deve emozionare”, asseriscono le designer Baleani, ogni volta come fosse la prima volta, rispecchiando il concetto di varietas, ovvero la possibilità di corrisponderci, di restituire, materializzandole, le differenti sfumature del proprio sentire attraverso il proprio prezioso e le varianti che gli smon-
tabili Baleani ci possono donare, come la Bocca di Squalo, un oggetto che sembra seguire nella propria sostanza i principi antichi dell’architettura, della triade vitruviana: firmitas, utilitas, venustas, solidità, funzione, bellezza. In fondo queste sculture-gioiello includono in sé dei fondamenti eterni, divenendo in un certo senso architetture in miniatura, delle architetture contemporanee prêt-à-porter di alta gioielleria, figlie di un sapere antico che in Italia si sta perdendo, ma che qualcuno coraggiosamente sta perpetrando, perché da epoche remote queste arti appartengono al nostro Dna, rendendoci unici in tutto il mondo.
Nuova Audi A6 Avant. This is your time. Audi is more.
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COLTIVARE
Un’arte
PAZIENTE LORENA MONTANARI, IBRIDATRICE DI IRIS NOTA A LIVELLO INTERNAZIONALE, CI APRE LE PORTE DEL SUO GIARDINO. di Irena Coso / ph Riccardo Gallini
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La via Santa Cristina, sulle colline riminesi, porta dritto al paradiso: non quello dantesco, ma quello rappresentato dal meraviglioso mondo di colori intensi e profumi delicati degli iris, dove Lorena Montanari, con la grande maestria da nota ibridatrice internazionale, lascia la propria impronta sui loro mutamenti. Uno spettacolo della natura con la vista su Verucchio e San Marino dove, con il tramonto, gli iris richiamano i colori di quelli dipinti dal Botticelli nella Primavera, oppure quelli di Albrecht Dürer nella Madonna con l’iris. Lorena, giudice della Società Italiana dell’Iris dal 2009,
“NON OCCORRE NECESSARIAMENTE UNA SPECIFICA COMPETENZA SCIENTIFICA PREGRESSA, MA PASSIONE, PAZIENZA, DETERMINAZIONE E AUTOCRITICA. SONO QUESTE LE CARATTERISTICHE DI UN IBRIDATORE.”
quando non lavora al Comune di Coriano sussurra ai suoi fiori così bene, che al Concours International d’Iris a Parigi, e al XX Moscow International TB Iris Competition, la giuria non poteva che consegnarle l’ambito riconoscimento. “Tutta colpa degli insetti, i primi ibridatori naturali: l’uomo li ha imitati, ibridando e selezionando le varietà”, ci racconta Lorena con enfasi. E continua: “Non esiste un’unica pianta madre degli iris, ma tanti generi diversi, ciascuno con le proprie specie e varietà: rizomatose, bulbose o acquatiche. Le varietà storiche sono conservate al Presby Memorial Iris Gardens, nel New Jersey, dove nel 2020, in occasione del centenario della fondazione 20
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dell’American Iris Society, si terrà un Concorso Internazionale di Iris al quale parteciperò con le mie varietà. Quando 20 anni fa, sfogliando Gardenia, ho trovato alcune varietà dai colori poco conosciuti e dalle forme insolite, mi sono incuriosita e ho iniziato a cercare i collezionisti. Poi a Firenze, ne Il Giardino dell’Iris, ho scoperto un mondo.” La sua ricerca è andata oltre la semplice curiosità? “Dopo anni di sperimentazione ho partecipato a un corso per la formazione di nuovi giudici, durato 4 anni, e oggi sono anche un giudice della Società Italiana dell’Iris. Due attività, giudice e
IN APERTURA, LORENA MONTANARI NEL SUO GIARDINO DI IRIS. IN BASSO, DUE VARIETÀ CREATE DA LORENA: VALERIA ROMOLI, DEDICATO AL SUO TUTOR E, SOTTO, BUON COMPLEANNO.
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IL GIARDINO DI LORENA È UNA BANCA GENETICA RICONOSCIUTA E APPREZZATA OLTREOCEANO, DOVE GLI IRIS SONO STATI INTRODOTTI SUL MERCATO GRAZIE ALLA COLLABORAZIONE CON BRUCE FILARDI E ORA CON THOMAS JOHNSON DI MID-AMERICA GARDEN.
IN ALTO, LORENA MONTANARI NELL’ATTO DI COMPIERE L’IBRIDAZIONE.
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ibridatrice, complementari, perché per poter scegliere dei buoni genitori per l’ibridazione devo prima saper valutare una pianta cercando quelle caratteristiche che nell’insieme determinano l’equilibrio e l’armonia.” Con quali parametri? “Non occorre necessariamente una specifica competenza scientifica pregressa, ma passione, pazienza, determinazione e autocritica. Sono queste le caratteristiche indispensabili di un ibridatore per crescere e non lasciarsi scoraggiare dagli insuccessi o talvolta dalle avversità climatiche. Per quattro
anni li ho coltivati e basta: volevo vedere quali risultati avrei potuto ottenere e, nel 2003, ho effettuato le mie prime ibridazioni. Perfezionando la tecnica, ho consultato Augusto Bianco, uno dei migliori ibridatori italiani che mi ha insegnato, oltre ai criteri dell’ibridazione, anche ad apprezzare la pazienza e a saper aspettare, poiché avrei visto il risultato delle mie ibridazioni solo dopo tre anni.” Il segreto della buona ibridazione? “L’ibridazione ha oltre 200 anni, e la selezione avviene attraverso semenzali. La stessa si effettua, all’aperto, durante la fioritura con certe condizioni meteorologiche di umidità, temperatura… Un buon ibridatore deve essere molto selettivo, e seguire correttamente i criteri di valutazione di una pianta, scritti dalla Società Americana dell’Iris, che indica i caratteri di valutazione: personalità, struttura della pianta, stelo, ramificazione e il fiore. Per ogni carattere viene assegnato un punteggio massimo. I punteggi vengono infine sommati, ma le caratteristiche strutturali della pianta
contribuiscono per due terzi al punteggio complessivo, mentre il fiore solo per un terzo. Cosa significa questo? Significa che noi siamo attratti dalla bellezza del fiore, ma è molto più importante come il fiore viene portato dalla pianta.” Lei è una giudice rigorosa? “Devo esserlo. Se fossi troppo clemente quando valuto le mie varietà, queste verranno successivamente scartate dai giudici internazionali nei concorsi. Perciò devo sempre usare un metro di giudizio equilibrato e imparziale.” L’iris più bello del suo reame? “Valeria Romoli, il mio primo premio vinto a Firenze nel 2010 e dedicato al mio Tutor. Ovviamente, i nomi dei miei iris sono tutti registrati presso l’American Iris Society dove, dal 2008, ho registrato 25 nuove introduzioni fra iris barbate alte e nane.” L’ultimo premio? “Il Canto delle Sirene, vinto nel 2018 a Firenze per il colore più originale. Una varietà molto apprezzata dal pubblico è Buon Compleanno, che ha vinto il premio per la migliore varietà precoce nel 2017. La varietà che ritengo più particolare è certamente Il Canto delle Sirene, mentre Florentine Velvet ha vinto il premio per la migliore varietà di colore viola nel 2014 a Firenze.” La bellezza degli iris di Lorena, nel mostrare i fiori dai colori cangianti e il fogliame variegato, rispecchiano il suo carattere solare e gentile. Il giardino di Lorena è una banca genetica riconosciuta e apprezzata oltreoceano, dove gli iris sono stati introdotti sul mercato grazie alla collaborazione con Bruce Filardi e ora con Thomas Johnson di Mid-America Garden. Se Firenze ha il Giardino dell’Iris, inaugurato nel ’57, Rimini ha il giardino di Lorena, uno tra i più belli d’Italia. Le piante sentono e ringraziano, come solo le piante sanno fare!
QUANDO IL BELLO INCONTRA LA TRADIZIONE E SI FONDE ALL’INNOVAZIONE NASCONO GLI OGGETTI CUPIOLI, ATELIER CREATIVO CHE DA CINQUANT’ANNI PROPONE DECORAZIONI DI DESIGN PRESTIGIOSE, RICCHE DI FASCINO E AMORE PER I DETTAGLI. REALIZZATE A MANO E ALTAMENTE PERSONALIZZATE, LE CREAZIONI CUPIOLI SONO SINONIMO DI ECCELLENZA.
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CORRERE
Una ragazza
COI NUMERI DAI PRIMI GIRI IN SCOOTER PER IL PADDOCK A 7 ANNI, FINO ALLE ULTIME CONQUISTE DA PILOTA: REBECCA BIANCHI CI RACCONTA LE SFIDE DEL MONDO DEI MOTORI.
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di Gianmaria Rosati
Rebecca Bianchi è tra le pilote più veloci in Europa e probabilmente del mondo, e dietro la sua bellezza si cela una ragazza intelligente quanto matura, realista al punto giusto e amante, oltre che delle due ruote, della matematica. La cosa che più colpisce è appunto la sincerità e anche quel pizzico giusto di autocritica che si coglie fin dalla sua prima risposta. Come ti definiresti come persona? “In primis mi definirei ingenua: sono nel mondo delle moto da anni ma ho preso diverse batoste essendo aperta e trasparente, qualità che in questo mondo non sempre ti ripagano. Paga invece attaccare per non essere attaccati, come in natura. A parte ciò sono una persona solare, che si adatta a chi ha davanti e ama stare in mezzo alle persone. Ho sempre sognato di realizzarmi nel mondo delle due ruote, ma senza soldi è davvero dura.” Come è nata la passione per le moto? “È partito tutto dal fatto che i miei genitori fossero fotografi sportivi, e quando sono nata hanno deciso di specializzarsi nell’ambito moto, nei vari campionati italiani. Erano di conseguenza spes-
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so fuori casa, così chiesi loro di portare anche a me alle gare: in una di queste, all’età di sette anni, un mio amico pilota mi insegnò come accendere e guidare lo scooter, così decisi di provarlo in giro per il paddock. Passai anche sotto la sala stampa: mia madre mi vide e scese preoccupata, così come il mio amico che non aveva capito che lo volessi già provare.” I tuoi genitori ti hanno poi assecondato o ostacolato in questo sogno? “Devo ringraziare i miei genitori perché non mi hanno mai ostacolato nel seguire questa passione, anzi mi sfruttavano per portare i rullini in sala stampa con lo scooter! – ride –. Mi hanno consentito di iniziare con le minimoto a otto anni, fino a debuttare nel campionato europeo Superstock600 nel 2014.” Sembrava l’inizio di una bella avventura, ma ecco il ritiro dalle corse. Perché? “Eravamo in tre nel team, e ognuno aveva una moto senza i dovuti ricambi. Durante il weekend di Imola la squadra diede dei pezzi sani della mia moto a un altro pilota, sostituendoli con altri difettosi, così in gara mi ritirai dopo pochi giri. C’erano già
IN ALTO, LA PILOTA REBECCA BIANCHI.
“QUANDO VINCI, PER POCHI SECONDI TI SCORDI DEI SACRIFICI E TI SENTI RIPAGATA DI QUEST’ULTIMI, MA ALLO STESSO TEMPO QUANDO SMETTI TI SEMBRA DAVVERO DI NON AVERE PIÙ UN OBIETTIVO. LA COSA PIÙ DIFFICILE DEL TORNARE IN SELLA È IL RITROVARE I RIFERIMENTI.”
diversi problemi e quell’ulteriore ostacolo mi convinse a smettere: era avvilente fare le cose in quel modo.” Se oggi ti ritroviamo in sella però vuol dire che qualcosa si è riacceso… “Avevo cambiato vita, iscrivendomi all’Università, fino a quando non ho conosciuto il mio ex ragazzo Federico Sandi, un pilota. Ha visto che mi mancavano le moto e mi ha convinto a risalire in moto, così mi è tornata la
passione e abbiamo creato una scuola di guida insieme. Nel 2017 sono tornata a gareggiare vincendo un campionato femminile in Francia, mentre l’anno dopo per vari impegni ho corso sole due gare. Quando vinci, per pochi secondi ti scordi dei sacrifici e ti senti ripagata di quest’ultimi, ma allo stesso tempo quando smetti ti sembra davvero di non avere più un obiettivo. La cosa più difficile del tornare in sella è il ritrovare i riferimenti in pista, come ad esempio il punto di staccata.” Ora il movimento motociclista femminile pare in grande crescita rispetto anche solo a cinque anni fa. Pensi che sarebbe cambiato qualcosa se avessi cominciato a correre oggi? “Non sarebbe cambiato nulla, l’unica cosa che conta sono i soldi. Io ho sempre avuto molta visibilità negli anni, sono andata spesso in tv, ma questo non porta nulla di concreto. Lo sviluppo del movimento femminile è certamente positivo, e mi dispiace che i media italiani abbiano sminuito la vittoria del titolo in Supersport 300 di Ana Carrasco nel 2018, parlando di vantaggi regolamentari che non esistevano.” Parliamo del presente, in primis della tua nuova avventura nel campionato spagnolo femminile, iniziata con una splendida seconda piazza a Barcellona. Può essere un nuovo trampolino di lancio? “Non saprei, perché anche lì ci sono stati diversi problemi. Avevo un accordo in base al quale ho dovuto utilizzare gomme Dunlop, che per me che sono stata ragazza immagine per Pirelli già non era una cosa negativa, e in più ho dovuto pagare una certa cifra nonostante il podio ottenuto per l’aiuto che secondo loro mi hanno dato. Non so quindi se l’avventura IN MAGAZINE
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“ATTUALMENTE COLLABORO CON DONNE IN SELLA: È UNA SCUOLA DI GUIDA CREATA DALLE DONNE PER LE DONNE, È APPAGANTE VEDERE RAGAZZE MAI SALITE SU UNA MOTO CHE A FINE GIORNATA HANNO GIÀ APPRESO I FONDAMENTALI.”
IN BASSO, REBECCA BIANCHI ALLA GUIDA DURANTE UNA GARA.
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continuerà quest’anno, perché la squadra non ha mantenuto diverse promesse.” Immagino allora che starai pensando anche ad altre attività da sviluppare. “Attualmente collaboro con un progetto chiamato Donne in sella: è una scuola di guida creata dalle donne per le donne, è appagante perché vedi ragazze mai salite su una moto che a fine giornata hanno già appreso i fondamentali della guida; abbiamo moto di diverse cilindrate per crescere passo dopo passo. Oltre a ciò collaboro con un’altra scuola
di guida, quella di Luca Pedersoli.” Come def iniresti questo momento della tua vita? Di transizione o soddisfacente? “In questo momento sono in una fase di transizione della mia vita, entro la fine di quest’anno voglio avere chiara la situazione riguardo al prossimo. Non posso dire di essere soddisfatta sul lato economico, in relazione soprattutto allo sforzo che c’è dietro, quindi sto cercando di definire cosa poter fare e cosa no, e devo capire quanto tempo poter dedicare alle gare. Sono già oltre il mio termine ultimo per capire quale strada prendere nella vita, infatti devo decidere.” Se non avessi intrapreso la strada dei motori, cosa avresti fatto? “Mi sarei dedicata allo studio. Mi ero iscritta al corso di Informatica applicata all’Università perché mi piace molto la matematica, risolvere un esercizio mi dà soddisfazione, quindi avrei fatto tutt’altro. In generale attualmente è difficile per un giovane realizzarsi in Italia, se vuoi fare il pilota ancora di più.”
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CONTAMINARE
Vivere
MILLE VITE UNENDO I LINGUAGGI DI ARTE, DESIGN E SPETTACOLO, GIANCARLO BARLETTA, CREATIVE COMMUNICATION MANAGER, SFRUTTA LA SUA ESPERIENZA TRENTENNALE NELL’ARTE DELLA NIGHT LIFE. di Lucia Lombardi / ph Paolo Crocenzi
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“Saper leggere i tempi, osservare come cambiano i giochi è una delle maggiori doti che mi riconosco”. Esordisce così Giancarlo Barletta, un uomo dai modi eleganti, quasi d’altri tempi, scattante, dall’energia dirompente e dall’originalità coinvolgente. Una persona che sa leggere se stesso, chi lo circonda e anticipare le tendenze, che cavalca con grande maestria. “L’amore per la bellezza e l’arte le ho assorbite nella storica sartoria di mio padre. Dall’osservare il suo lavoro costante ho imparato il rigore e l’onestà. Smontava e rimontava dei dettagli sino a che i capi non erano fatti alla perfezione”. Un modo di essere e un bagaglio di valori che Giancarlo ha riversato in ogni suo lavoro, da quando animava con infinita creatività le serate della night life romagnola, passando dal Cocoricò a oggi che è un creative communication manager di grande successo. D’altronde non potrebbe essere diversamente, viste le doti che lo caratterizzano e le mille vite vissute con grande capacità camaleontica. Lo incontriamo presso MAT, Media Art Technology, il suo quartier generale, un contenitore polifunzionale che segna un nuovo passo, condotto insieme al suo fondatore, il light designer Renzo Serafini. Alle spalle vanta ben 30 anni di esperienza nel mondo di night life, eventi, creazione di format d’intrattenimento, ospitalità, spettacolo, edutainment, un intrattenimento che diverte e al contempo educa, e sviluppo dell’incoming turistico: “Ho iniziato sbigliettando gli ingressi alle discoteche sul lungomare gremito di giovani curiosi, corrispettivo degli attuali inviti mandati tramite i social”. Brand manager per imprese e aziende, Giancarlo Barletta è
stato tra i primi a utilizzare la rete e le sue potenzialità per creare nuovi modelli di marketing e comunicazione. La sua cifra è la contaminazione tra i linguaggi di arte, design e spettacolo, con quelli di new e old media e le costanti innovazioni delle nuove tecnologie: “A mio avviso il web deve essere funzionale all’extra online. I web contest devono condurre le persone a vivere delle esperienze in prima persona. Perché il fattore umano per me è un dato fondamentale, imprescindibile. Ciò che è importante è fare business costruendo operazioni che restituiscano un’etica e aiutino il contatto umano”. La sua f irma di communication creative manager sono uno Smartphone, un Tablet e un cloud, sempre accesi e al lavoro online 24 ore su 24. Progetta per ogni cliente azioni e piani di comunicazione integrati, attraverso l’attività dei professionisti che confluiscono a MAT: “Coordino un gruppo di professionisti altamente specializzati in maniera omnicomprensiva e attraverso questa fusione di competenze creo progetti di comunicazione e immagine per raccontare ciò che persone e aziende vogliono far passare di sé, trovando la giusta identità personale. Conoscendo tante persone in ambiti diversi, la mia direzione artistica sta nel riuscire a creare connessioni e trasformare idee ambiziose in concretezza”. Giancarlo Barletta ha nella sua cartuccera anche doti da talent scout: “Mi piace aiutare i ragazzi. Per questo la mia porta è sempre aperta, apprezzo lo scambio intergenerazionale”. In un certo senso è un modo per restituire quello che ha ricevuto: “Quando ero molto giovane ho incontrato delle figure molto importanti per la mia formazione personale e professionale, come Franco
Fattori, il quale donandomi un dizionario etimologico ha cominciato ad aprirmi a nuovi significati, all’epoca molto distanti da me”. Giancarlo è l’esempio calzante di come spesso il mondo delle discoteche sia stato erroneamente interpretato. Giancarlo è arrivato dove è oggi perché figlio di quei tempi in cui il mondo della notte era dato da eventi unici, straordinari, e lui è stato tra gli attori dell’evoluzione del concetto di discoteca: “La musica aiuta a costruire un viaggio personale in connessione con gli altri”, in special modo se
“HO INIZIATO SBIGLIETTANDO GLI INGRESSI ALLE DISCOTECHE SUL LUNGOMARE GREMITO DI GIOVANI CURIOSI, CORRISPETTIVO DEGLI ATTUALI INVITI MANDATI TRAMITE I SOCIAL”, RACCONTA IL CREATIVE COMMUNICATION MANAGER GIANCARLO BARLETTA.
“gli eventi sono costruiti sempre con una potente logica d’insieme dell’intrattenimento”. Da questi presupposti nacquero Industrie libere Cocoricò, dove si incontravano giovani per mescolare e fondere esperienze ed idee, una vera fucina. I momenti clou del Castello Titilla rimangono oggi memorabili. Così come l’avventura di Riviera Network. La sua proverbiale timidezza gli ha permesso di vestire ruoli differenti tra loro, con quel distacco utile ad acuire doti di osservatore del fatto sociale, facendone un mestiere contemporaneo e al passo con ciò che i fruitori di volta in volta cercano, anticipandone le esigenze. IN MAGAZINE
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ABITARE
Poesia
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UN ATTICO A BELLARIA DIVENTA UNO SPAZIO DI PURA EVASIONE, DOVE LA LUCE DIVENTA ARREDO. di Lucia Lombardi / ph Riccardo Gallini
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All’apice di una palazzina di nuova concezione, in un vialetto di platani tipico della località marittima di Bellaria, si trova un moderno attico che è una sorta di vascello con affaccio tra i rami verdeggianti. Si sale in ascensore e ci si trova catapultati in 100 mq sognanti, dove si respira freschezza, relax, poesia e amore. Un coté contemporaneo dove uno stile new nordic si mescola a tocchi di mediterraneità realizzati dalla interior designer Daniela Sammarini per la giovane famiglia di Giulia e Alessandro, e i loro bambini Enrico e Leonardo. Un nido sospeso in total white per riflettere luce ed emozioni di cui l’open space del
LA CUCINA È BIANCA, LINEARE ED ESSENZIALE; A PARETE DELLE MATTONELLE ARTIGIANALI BLACK&WHITE RICHIAMANO LA MAIOLICA. UNA LAMPADA ICONICA ANNI ’60 SCENDE SINUOSA SUL TAVOLO TONDO DELLA CUCINA, CIRCONDATO DA SEDIE IN STILI DIFFERENTI.
living ne è il fulcro. Entrando nell’abitazione una libreria bianca su misura arreda tutta la parete, creando un effetto vibrante dato da giochi tra pieni e vuoti, essa si spinge sino a circondare le porte di ascendenza francese, effetto boiserie a doppia battuta, fatte realizzare su misura, con piccole maniglie argentate a pilastrino. Per il pavimento è stato scelto un rovere verniciato bianco effetto inglese con doghe montate separate alla maniera dei vecchi cottage scricchiolanti. Un divano ampio e morbido di tessuto di lana a tre fili – fucsia, azzurro, bianco – si accorda alle nuance circostanti. Poco più a destra verso le grandi finestre un bel tavolo danese rettangolare in grigio, con 34
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panca di legno e due sedute tutte in stile, ottimo per grandi e piccini e accompagnato da un pouf violetto molto chic; poco sopra una composizione di specchi di varie forme. La cucina è separata dal resto da un’isola con ripiano snack volutamente rialzato, sopra la quale scende lieve un vetro reticolato a donare un effetto industrial, perché questa è la vera e propria fabbrica della casa, in cui Giulia ama sfornare sane leccornie. Tutta bianca, lineare ed essenziale per un su misura con piano in Corian, a parete delle mattonelle artigianali black&white di piccolo formato richiamano la maiolica. Una lampada iconica anni ’60 con campana nera e interno bianco scende sinuosa
sul tavolo tondo della cucina, circondato da sedie in stili differenti. La camera padronale è un romantico tuffo nel verde salvia, il letto in lino è in nuance posizionato con affaccio sulla terrazza che gira attorno all’appartamento e un abbaino sopra alla testata come un oblò aperto sul cielo. Sul comodino, due lampade pendule di Renzo Serafini. Anche qui un patchwork di specchi vintage abbinati di vario formato e fogge crea un gioco di forme e di luci riflesse. La casa è una vera poesia tridimensionale, luce naturale e artificiale contribuiscono a creare un’atmosfera ovattata, dove i punti d’illuminazione espressamente voluti dalla designer si fanno vere e proprie architetture. Ai
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LA TERRAZZA CORRE ATTORNO ALL’APPARTAMENTO. RIVESTITA IN RESINA CHIARA, GRAZIE A GRANDI FRANGISOLE MOBILI È POSSIBILE SCHERMARSI DAL SOLE E GODERE DELL’ARREDO VINTAGE: POLTRONE IN LEGNO E PICCOLE OASI DI VERDE CREANO UNO SPAZIO DI PURA EVASIONE.
lati della stanza due armadi simmetrici realizzati su misura sono stati rivestiti di carta da parati materica. Il bagno, rivestito di resina fin dentro al piatto doccia, è caratterizzato da una carta da parati in fibra di vetro: il soggetto è quello di una geisha dalla cui veste emergono fiori multicolore e l’effetto tridimensionale è dirompente. Il box doccia è completamente in cristallo, così da 36
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far emergere i decori; i sanitari semplici e arrotondati. Sul lavabo spicca uno specchio con cornice in bronzo. La camera dei bambini ha colori pastellati con disegni geometrici, un armadio e un comò di recupero entrambi in legno sono stati verniciati di bianco per renderli più leggeri e renderne evidenti le forme. La terrazza che corre attorno è rivestita in resina chiara, grazie a grandi frangisole mobili è possibile schermarsi in maniera non invasiva e godere dell’arredo vintage. Poltrone in legno e piccole oasi di verde creano uno spazio di pura evasione, la copertura in legno sbiancato restituisce un effetto yacht. Da questo total white emerge l’anima stessa delle cose, diventa la cartina tornasole di un’armonia palpitante che impera e avvolge tutto e tutti, partendo dai particolari per giungere all’insieme degli elementi.
IN APERTURA, L’INGRESSO SULL’AREA LIVING DELL’ATTICO. NELLA PAGINA PRECEDENTE, LA CUCINA E, IN BASSO, LA STANZA PADRONALE. IN QUESTA PAGINA, IN ALTO, UNO SCORCIO DELLA TERRAZZA.
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CANTARE
Energia
POSITIVA COSTANTINO BAGALÀ, CANTAUTORE E IMPRENDITORE RIMINESE, DOPO AVER GUADAGNATO IL TERZO POSTO A CASA SANREMO ESCE CON IL SUO PRIMO EP.
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di Nicola Luccarelli / ph Virginia Ditrani
Crescere: si chiama così il brano, uscito il 24 giugno, del cantautore riminese Costantino Bagalà, classe 1991. Un pezzo, questo, che può essere definito l’apripista del suo primo EP, Borderline (Parte 1). Questo giovane artista, tra le altre cose, lo scorso gennaio è salito sul terzo gradino del podio a Casa Sanremo – una sorta di Sanremo Giovani – con il brano Senza Regole. Ma
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Costantino non è solo un cantautore, è anche laureato in Design degli Interni e Graphic Design, con un Master in Social Media Marketing. E, soprattutto, è un imprenditore di successo, avendo aperto nella sua città l’agenzia di comunicazione Hoboh. Costantino, quando hai capito di voler fare musica? “Sicuramente ancora prima di parlare. Infatti, ho dei video che mi ritraggono neonato in cui guardo mio padre cantare e cerco di imitarlo con suoni e movimenti.” A quali generi musicali ti ispiri? “Adoro Michael Jackson da sempre come emblema della poliedricità e libertà di espressione musicale, ma ho sempre abituato il mio orecchio ad ascoltare di tutto, dall’Hip Hop al Blues, dal Melodico Italiano al Jazz.” Parlami della partecipazione a Casa Sanremo. “Mi ha permesso di conoscere tanti bravi artisti coetanei con i quali mi sono interfacciato e abbiamo iniziato uno scambio di idee e informazioni su questo settore, che per me è nuovo, ma rimane ancora molto stimolante. Non mi sarei mai aspettato di ar-
rivare terzo come unico cantautore solista con altre due band!” E, invece, del tuo pezzo Crescere, che mi dici? “Mi sto dedicando alla promozione a 360 gradi, sia davanti che dietro le quinte, con la mia agenzia di comunicazione ed eventi: strutturiamo strategia, piani editoriali e contenuti multimediali. Inoltre, mi sto allenando molto duramente con la mia dance crew KSchool Rimini, per preparare gli imminenti live e i prossimi video.” Per quanto riguarda il tuo primo EP? “Beh, Borderline (Parte 1) rappresenta la prima parte di un progetto diviso in due parti: la seconda uscirà a novembre. Con questo EP si delinea un percorso artistico ben strutturato con l’intento di fare intravedere quella che vuole essere la mia personale cifra musicale da qui in avanti: 4 brani per l’uscita estiva che intervallano melodie introspettive a ritmi travolgenti, come per rappresentare più aspetti caratteriali. Poi, tra qualche mese, arriveranno altri 4 brani a cui sto già lavorando. La musica per me è e rimarrà sempre vita ed energia positiva.”
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SOGNARE
Un premio
CON LE ALI ROBERTO SARRA È LA MENTE CHE STA DIETRO ALL’AVVENTURA CULTURALE DEL PEGASUS LITERARY AWARDS, DEFINITO DALLA STAMPA L’OSCAR DELLA LETTERATURA.
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Città di Cattolica - Pegasus Literary Awards non è solo il nome di un illustre premio letterario che si svolge nella omonima località di mare da 12 anni. È soprattutto il sogno divenuto realtà di Roberto Sarra, ex militare dell’Aeronautica con la passione per la scrittura e l’editoria che, complice un gruppo di amici, ha creato un’associazione ai cui eventi partecipano migliaia di iscritti tra Italia ed estero, che organizza 4 importanti concorsi letterari, 2 rassegne internazionali e cura 10 siti, 2 dei quali sono portali culturali. Il tutto senza scopo di lucro e con il solo obiettivo di dare voce a talenti noti e meno noti dell’affascinante mondo letterario. Dall’intelligence alla poesia… ha fatto quello che si definisce un volo pindarico? “Direi proprio di sì, anche se non ho mai smesso di coltivare i miei hobby: il teatro, il pianoforte e la poesia. Ho fatto parte di molte giurie di premi letterari italiani e, trovandoli tutti piuttosto noiosi, ho pensato di crearne uno che assomigliasse a una vera kermesse, con musica, balletto e grandi nomi. All’inizio mi hanno dato del pazzo, ma poi, con il supporto di 5 amici più folli di
di Arianna Denicolò
me, ho fondato l’associazione Pegasus ed è nato il Pegasus Literary Awards, definito da alcuni giornalisti della stampa nazionale L’Oscar della letteratura per la complessità della regia che punta a rendere la serata davvero speciale, a trasportare il pubblico in una full immersion onirica. Tra i nomi noti che hanno preso parte al premio, sia come scrittori che
come ospiti o giurati, posso citare l’autore televisivo Aldo Dalla Vecchia, giornalisti quali Sergio Zavoli, Luciano Ragno, Roberto Gervaso, Magdi Allam, scrittori come Pierluigi Panza, il libanese Hafez Haidar, Gabriel Nissim, registi e scrittori come Leandro Castellani e Pupi Avati, musicisti come Vince Tempera e Mario Lavezzi.”
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sostenere progetti umanitari legati all’infanzia e al mondo dei ragazzi.” Tutte queste attività presuppongono un’organizzazione molto articolata. Come siete strutturati? “L’associazione è formata da 6 soci e cura i concorsi letterari, le rassegne e i progetti umanistici, mentre il marchio editoriale che cura la pubblicazione e la distribuzione dei libri dispone di 5 collaboratori, 5 direttori di collana che lavorano gratuitamente, a cui
NELLA PAGINA PRECEDENTE, ROBERTO SARRA CON CRISTIANO MALGIOGLIO. IN QUESTA PAGINA, IN ALTO, CON MARA MAIONCHI.
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Come si articola il Pegasus Literary Awards? “Vengono premiate diverse categorie: editi, inediti, videopoesie, poesie inedite, per un totale di circa 50 premi assegnati su oltre 2.000 partecipanti, sotto la supervisione del Presidente di giuria Giuseppe Benelli, già fondatore e presidente del Premio Bancarella dal 2004 al 2014. A differenza dei premi più noti, che sono elitari e ammettono solo chi vende tanto, il Premio Cattolica è molto democratico! Può vincere l’ultimo sconosciuto così come il grande nome.” In tempi di certo non facili per la cultura, come si finanzia la vostra associazione? Si autofinanzia, grazie alle migliaia di partecipanti che si iscrivono alle manifestazioni e ai libri che vengono distribuiti attraverso le catene Feltrinelli e Ubik, nonché sui maggiori bookstore online. La casa editrice non chiede denaro per pubblicare i libri ma investe sulla persona e riesce a editare circa 100 titoli all’anno.” L’associazione, la casa editrice… ma non finisce qui, vero? “Nel mese di settembre organizziamo il Premio Montefiore, che conta circa 1.000 iscritti all’anno; in novembre, il premio Milano International, in maggio la Golden Selction nella Repubblica di San Marino e poi Pegasus love children, un’iniziativa nata per
“IL PEGASUS LITERARY AWARDS È STATO DEFINITO DA ALCUNI GIORNALISTI L’OSCAR DELLA LETTERATURA, PER LA COMPLESSITÀ DELLA REGIA CHE PUNTA A RENDERE LA SERATA SPECIALE, A TRASPORTARE IL PUBBLICO IN UNA FULL IMMERSION ONIRICA.”
si aggiungono 3 traduttori, tutti ex professionisti provenienti dal settore editoriale e non. Quello che incassiamo dalle vendite dei libri serve per lanciare nuovi autori. Non nascondo che è piuttosto difficile, lavoriamo tutto il giorno e tutto si basa sull’amicizia e sulla passione; il rischio d’impresa è alto, perché su tanti titoli prodotti ci possono essere delle defezioni e dobbiamo sempre essere bravi a scoprire quale potrà essere quello su cui puntare e trasformare in un successo editoriale.” Tante energie, tante risorse e tanta soddisfazione. Ma qual è l’obiettivo finale che vi accomuna? “Scrivendo creiamo un mondo migliore, attraverso la letteratura sensibilizziamo le persone e comunichiamo dei valori. Siamo inoltre convinti che la contaminazione delle arti sia uno strumento fondamentale per migliorare l’uomo in un’era buia.”
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La cultura
DEL DONO IL RIMINESE FABRIZIO MISEROCCHI FA IL PUNTO DELLA SITUAZIONE SULLA SPECIALE REALTÀ SOCIO-SANITARIA DELLO IOR, CHE DA 5 ANNI GUIDA IN QUALITÀ DI DIRETTORE GENERALE.
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Compie 40 anni l’Istituto Oncologico Romagnolo, fondato nel luglio del ’79 dal professor Dino Amadori, storico presidente, insieme a 12 volenterosi. Quella che era nata come una piccola cooperativa benefica è oggi un vero e proprio popolo, con 2.500 soci
di Giorgia Gianni
e 769 volontari attivi. Una realtà socio-sanitaria unica per dimensioni, numeri e attività, che lo scorso anno è stata capace di investire oltre 2 milioni e mezzo di euro nella causa della lotta contro il cancro, cifra che supera i 72 milioni dalla fondazione a oggi.
Da 5 anni, alla direzione generale dello Ior c’è il riminese Fabrizio Miserocchi, classe 1967, una lunga esperienza nel fundraising in importanti realtà del no-profit: “Sono arrivato allo Ior con grandissimo entusiasmo, dopo avere superato una selezione
A LATO, FABRIZIO MISEROCCHI CON IL PROFESSOR DINO AMADORI CONSEGNANO L’ANNUAL IOR AWARD 2017 A MICAELA DIONIGI.
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fra 200 candidati durata 2 mesi. Venivo da 7 anni di esperienza nel fundraising a San Patrignano e desideravo restare nell’ambito del welfare e del no-profit. Ho trovato un’organizzazione con radici sane, che come tutte le realtà mature doveva cambiare e innovare, e ho avuto la fortuna di essere vicino a un presidente come il professor Amadori che, oltre a essere un grande scienziato e divulgatore, è una persona straordinaria.” Che bilancio traccia di questi 5 anni come direttore generale? “In Romagna lo Ior è l’organizzazione sociale-sanitaria più importante, con una forte connotazione non solo territoriale, ma soprattutto di sensibilità e valori comuni. Anima e corpo dell’Istituto sono i volontari, quelli veri, che trovi in piazza quando piove, che guidano i mezzi per il trasporto dei malati, che fanno raccolta fondi. Per me e per il mio lavoro rappresentano una linfa vitale. Insieme ai miei collaboratori – una ventina di persone – ho cercato di migliorare le attività esistenti, di innovare e di programmare le attività future.” Quali obiettivi si pone? “Naturalmente incrementare la raccolta fondi, core business dello Ior. Trasparenza, condivisione e rendicontazione sono le nostre parole chiave. Nel nostro Annual Report mostriamo come le risor-
se raccolte vengono destinate a 3 ambiti: la ricerca oncologica svolta dall’Irst di Meldola; i servizi alla persona come la psiconcologia, il trasporto – che negli ultimi anni è cresciuto fino a 11 mezzi e 90 volontari –, l’assistenza domiciliare, i progetti Margherita per parrucche gratuite alle donne in chemioterapia, e La forza e il sorriso per la cura del viso delle pazienti oncologiche... Infine, la prevenzione, che presto avrà la sua casa in un immobile che ristruttureremo nel cesenate grazie a un accordo con il Comune. Un altro obiettivo è rendere veramente lo Ior una realtà di area vasta della Romagna, dove la cultura del dono sta crescendo in maniera omogenea. Abbiamo 11 sedi territoriali: la capillarità è una dei nostri punti di forza.” In passato ha vissuto una lunga esper ienza a nche come consigliere comunale e provinciale di Forza Italia e coordinatore del Pdl. Le manca l’agone politico? “La politica è stata una grande passione, sembrano passati secoli. Oggi la seguo da lontano, anche perché con il mio lavoro non ne avrei davvero il tempo. Al di là degli schieramenti ideologici, da riminese vedo che la mia città è cambiata e non posso che essere soddisfatto. Dove c’è cultura, comunità e amore della bellezza, anche il sociale e il welfare possono trovare risposte più facilmente.”
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EDUCARE
Un futuro
GLOBAL
L’ARCHITETTO VANDA VENTURI RACCONTA IL PRIMO ANNO DI INTERNATIONAL SCHOOL OF RIMINI, L’ISTITUTO SCOLASTICO CON UN APPROCCIO GLOBALIZZATO.
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di Lucia Lombardi / ph Giorgio Salvatori
La International School of Rimini, il nuovo istituto scolastico dall’imprinting metropolitano che ha posto le sue radici nel centro storico di Rimini, compie il suo primo anno. I risultati sono stati positivi, racconta radiosa l’architetto Vanda Venturi, fondatrice e vicepresidente dell’istituto. “I bambini che si sono iscritti sono assolutamente vogliosi di andare a scuola e dispiaciuti di lasciare maestre e compagni di classe per la pausa estiva: una rarità! Gli iscritti al primo anno, da 8, sono pas-
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sati a 15, e 5 di questi bimbi, che avevano già frequentato la prima elementare in un istituto pubblico, sono stati iscritti qui da noi nuovamente in prima elementare, pur di permettergli di apprendere il nostro metodo. Il treno passa una volta sola e va preso!” La ragione di tale determinazione da parte dei genitori, rivela Vanda, si nasconde nella natura stessa della scuola da lei fondata: “Questo istituto impartisce materie scolastiche e parimenti fornisce gli strumenti idonei per affrontare una società globalizzata, nel rispetto di altre culture e paesi, formando i professionisti del futuro.” Qui si trasmettono i saperi con un approccio social constructivist, dove l’allievo è posto al centro e si cerca di far emergere le propensioni del singolo individuo nella relazione con gli altri, tramite un metodo coinvolgente e proattivo. “Il bambino si sente coinvolto in prima persona, già così piccoli possono fruire della biblioteca interna facendo le loro prime ricerche in autonomia supportati dalle dovute integrazioni degli insegnanti – spiega Venturi –. Le materie di studio vengono trasmesse in maniera stimolante,
con il metodo inquiry, unità d’inchiesta, offrendo stimoli importanti fin dalla tenera età per acquisire sicurezza in se stessi e avere tutti gli strumenti per comprendere il mondo che li circonda e affrontarlo con le giuste skill. Lavorare in team e abituarsi ad ascoltare e ad essere ascoltati”. Vanda ha portato anche a Rimini una scuola dall’impostazione internazionale, dove le lezioni si tengono tutte in lingua inglese – a esclusione, ovviamente, delle lezioni di italiano. “Il 28 agosto al Grand Hotel di Rimini si terrà il nostro Anniversary Party, per conoscere il nuovo preside di Rimini, il dott. Corvaglia, che dialogherà con i genitori e si presenterà agli iscritti, affiancato dalle testimonianze di ex alunni diplomati IB.” La scuola accompagna gli allievi dall’asilo alle scuole superiori, completandosi con il Grade 12, alla conclusione del quale verrà rilasciato il diploma IB (IBO), qualificazione riconosciuta su scala internazionale, valida per l’ammissione universitaria in più di 80 paesi al mondo, uscendo madrelingua inglese e italiano. “Non è una scuola di inglese, ma un investimento per il futuro.”
Semplicità e dinamicità sono le caratteristiche che da sempre contraddistinguono il metodo di Gibo. Parrucchiere che dal 1996 a Rimini crea stili inconfondibili. Ora lui e il suo staff si sono trasferiti in una nuova sede di ben 360 mq dallo stile metropolitano, con un effetto industriale assolutamente innovativo, in linea con le tendenze più attuali, per raccontare un nuovo capitolo della sua storia personale e di una proposta sempre più innovativa e dedicata alla persona. Un salone unisex quello di Gibo staff parrucchieri, moderno ed accogliente, dove trovare tecniche avanzate, esperienza e affidabilità e servizi specifici. Ad affiancare Gibo in questo nuovo percorso, un team di diciassette parrucchieri di età differenti scelto per creare maggiore armonia tra collaboratori e clienti. Il salone al suo interno ha degli specifici corner suddivisi per aree tematiche: sala relax, cucina colori, angolo spose e allungamenti. Sedici sono le postazioni dedicate allo styling, ai tagli, alle pieghe e alle acconciature, dodici le postazioni per le colorazioni. Inoltre un sistema di depurazione dell’aria, con un ricircolo canalizzato, aspira eventuali tossine. Nella sala relax vengono offerti servizi curativi per cute e capello, al lavaggio verrete adagiati su una poltrona massaggiante, mentre sopra di voi una lampada soffice ai raggi infrarossi idraterà la vostra capigliatura per accentuare l’effetto del trattamento applicato. Uno spazio intimo è quello creato per le spose e gli allungamenti, esaltato da uno specchio due metri per due, per mostrare al meglio i lavori eseguiti. Gibo staff, semplicemente innovativo.
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RICORDARE
Il bel mondo,
DALLE CUCINE RIPERCORRIAMO CON COSIMO DI STASI ALCUNI DEI MOMENTI PIÙ EMOZIONANTI A CUI HA ASSISTITO DURANTE I 30 ANNI IN CUI È STATO LO CHEF DEL GRAND HOTEL.
A IN BASSO, COSIMO DI STATI (A DESTRA) CON CHARLES FLAMMINIO (A SINISTRA), DAVANTI AL GRAND HOTEL.
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di Gaia Matteini / ph Virginia Ditrani
“All’epoca, in inverno, se c’era bisogno, ogni elemento dello staff dipingeva, spostava mobili o sistemava un ambiente.” Incomincia così l’affascinante racconto di Cosimo Di Stasi, pugliese classe ’53, che per circa 30 anni è stato lo chef del Grand Hotel, anima e simbolo riminese che l’anno scorso ha festeggiato i 110 anni di attività. Mimmo ha gestito il ristorantino, situato al di sotto dell’attuale residenza Hotel del Parco, e la ristorazione del Grand Hotel e l’ha vista crescere insieme all’illustre cittadino in stile liberty quando quest’ultimo era aperto solo in estate, attraversando poi gli anni Ottanta – l’epoca del boom dei congressi, allorché le mutate
esigenze portarono ad aperture invernali e la brigata di oltre 16 elementi preparava centinaia di coffee break e welcome drink – fino ai dinamici anni 2000. Tantissimi sono gli aneddoti, gli incontri, i ricordi impressi nella memoria dello chef, come le serate Pio Manzù, quando i saloni si riempivano di personalità celebri e tutto lo staff poteva accedere al servizio solo se in possesso di pass di riconoscimento. Mimmo sorride al ricordo di Michail Gorbačëv che, finalmente giunto insieme alla consorte a mezzanotte, “salutò con garbo e disponibilità gli oltre 400 commensali che si erano messi in fila per stringergli la mano e, finalmente salito in camera passate le 3, ordinò una cena e si fece stirare l’abito per la diretta dell’indomani al Novelli”. E ancora, la calda affabilità di Alberto Sordi, le cene con Kofi Annan e con i Bush, e di quella volta in cui lo staff comprò tutto il corredo necessario alla camera che doveva ospitare Lady Diana – suite diventata poi una delle più celebri – che, “dopo diversi autografi e fotografie scattate da un’orda di oltre 50 fotografi, venne salvata dalla security, accorsa per permetterle di ripren-
dere con tranquillità la cena”. Mimmo racconta di quando “durante le cene di gala del sabato, l’abito nero e il rossetto rosso erano d’obbligo”, dei “sontuosi banchetti kosher organizzati per gli eleganti ospiti ebrei” che anno dopo anno ritornavano a Rimini, di quando ancora i programmi televisivi non avevano corrotto l’immagine del mondo della cucina e “i menù dei ristoranti prevedevano pochi surgelati e prodotti pronti, e si fondavano invece su preparazioni freschissime, caratterizzate da sapore intenso e cura per i dettagli”. Lo chef – che ha lavorato anche con famosi barman del calibro di Charles Flamminio – ripercorre le atmosfere gaudenti e raffinate degli anni che furono, in cui gli ospiti gustavano la sua cucina internazionale fatta di consommé di tartaruga e filetto Voronoff, di pesche f lambé e tagliata Robespierre, in un universo in cui l’amore per la tradizione culinaria si fondeva con l’ospitalità, la professionalità e la passione per il sapore, ingredienti del successo e della carriera di Cosimo Di Stasi, chef esperto e appassionato che ha scritto tante pagine della storia della nostra Cucina.
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RISTORANTE DA MARIO QUANDO IL GUSTO È DI FAMIGLIA
LA STORIA DI UNA FAMIGLIA DEDITA ALLA RISTORAZIONE: QUELLA DI MARIO SAPIGNA, CHE DA PIÙ DI 45 ANNI SEGNA IL PASSO E DAL 2013 È NEL CENTRO STORICO DI SANTARCANGELO CON IL RISTORANTE DA MARIO.
Una vera e propria istituzione per la provincia riminese: Mario ha aperto nel 1973 a San Vito di Rimini l’albergo ristorante La Quiete, diretto fino al 1980 per poi passare a Marina centro, fino a che nel 1999 apre il Verdemare, famoso per il suo girarrosto, la cucina tradizionale, affiancata ai carrelli di formaggi e salumi: ancora oggi un ricordo indelebile nel palato degli avventori. Un’attività intensa, che si è protratta con successo sino al 2011. Nel 2013 avviene una svolta ulteriore, il patron Mario Sapigna cavalca i tempi, cambia location e format ristorativo, supportato con grande grinta e professionalità dalle due intraprendenti figlie, Elisa e
Monica, per l’apertura del ristorante Da Mario nel centro storico di Santarcangelo di Romagna. Nel 2016 con l’arrivo della chef Valentina Amati avviene una nuova rivoluzio-
ne identitaria che colloca Elisa in cucina e Monica in sala. La cuoca, fresca delle sue esperienze culinarie maturate tra New York e l’India, porta qui il suo ricco percorso di ricerca, proponendo una cucina curata, leggera, in linea coi tempi, dove le cotture a basse temperature imperano. Per le tre donne l’etica di coltivazione e di allevamento delle materie prime di cui si riforniscono è alla base delle loro scelte, così come basilare è la tracciabilità dei prodotti, e imprescindibile è la valorizzazione della filiera alimentare. Da Mario vige grande rispetto verso i collaboratori e i clienti. Curiosi onnivori e attenti vegetariani scopriranno che Da Mario non è solo cucina ma contemporaneità, senso di appartenenza, identità, socialità, narrazione di storie attraverso preparazioni lunghe e accurate, per restituire una cucina semplice, elegante, emozionale, ironica. Un luogo in cui abbandonarsi in toto a un’esperienza sensoriale sfaccettata.
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CUCINARE
Uno chef
ATIPICO LUIGI GIGI SALVEMINI, EXECUTIVE CHEF E TRAINER DEL FOOD, CI SVELA GLI INIZI DELLA SUA CARRIERA E I SUOI SOGNI PER IL FUTURO.
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La cucina sana, la cura che mette nella preparazione di una ricetta e nella successiva presentazione del piatto ne hanno fatto il suo tratto distintivo. Nonostante sia entrato in cucina giovanissimo, ad appena a 15 anni, per anni si è diviso fra la danza e i fornelli. “Avevo bisogno di dare sfogo alla mia parte creativa, un gene che ho ereditato da mio padre. Ero indeciso se diventare uno chef, oppure proseguire con la danza classica e moderna, che ho studiato per 12 anni”. Racconta così i suoi esordi Luigi Salvemini, per tutti Gigi, 36 anni, executive chef di Chi Burdlaz sul lungomare di Rimini. Alla fine, la cucina ha avuto la meglio. “Al principio della mia carriera non ci sono stati chef stellati e cucine blasonate da cui apprendere segreti – spiega Salvemini –. Ho studiato tantissimo, fatto prove e, come tutti coloro che si sono fatti da sé, ho imparato soprattutto dagli errori. Sono partito dalle ricette della tradizione italiana: volevo conoscerle alla perfezione. Successivamente, acquisite le capacità tecniche e l’adeguata conoscenza della materia, ho pensato che sarebbe stato interessante rivisitarle alla mia
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testo e foto di Antonella Zaghini
ROMAGNA
2019
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Incontrarsi, condividere, crescere.
maniera. Ossia, contaminare le ricette tradizionali con le nuove tendenze, la tecnologia e l’attenzione per il cibo sano.” Autodidatta sì, ma con tappe professionali importanti: “Tre sono state quelle esperienze mi hanno permesso di diventare ciò che sono oggi. Ho fatto la classica gavetta lavorando in una società di catering. A seguire sono arrivate le stagioni in un locale al mare, dove mi sono messo alla prova: dalla cena per il vip che faceva lì serata al sushi, allo street food e agli aperitivi. Poi la collaborazione con Panenostro e quella con iPersonalTrainer, quest’ultima tuttora in corso, che ha dato una chiara impronta salutare ai miei piatti. Sono il loro iPersonal chef – una sorta di trainer del food –, insegno alle persone come sviluppare un’alimentazione sana: spesa, dispensa, ricette e persino gli strumenti da tenere in cucina per lasciarsi alle spalle le cattive abitudini alimentari e acquisire
un sereno rapporto con il cibo.” Adesso il suo bagaglio di esperienza lo sta riversando nella cucina di Chi Burdlaz, dove la sua creatività gli permette di presentare dei piatti così belli e colorati da sembrare invitanti acquerelli. Perfezionista, alla ricerca di continue sfide, Gigi Salvemini dietro ai fornelli insieme alla sua brigata è uno chef atipico: “Mi piace la collaborazione con chi mi sta accanto in cucina. La domanda che più spesso rivolgo ai miei collaboratori è: tu che cosa aggiungeresti in questo piatto per renderlo migliore? Nulla è più lontano dal mio modo di essere del si fa come dico io, tipico di chi ricopre il mio ruolo. Per cui se penso a un progetto futuro, ecco, vorrei sviluppare questa mia dote di gestione del personale per insegnare ai professionisti del settore come costruire un team vincente in cucina e abbattere la brutta abitudine dello chef cinico e arrogante. Chissà, magari un giorno ci riuscirò…”
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STUPIRE
Attimi
D’IMPOSSIBILE AVETE MAI INCONTRATO UN MAGO? NO? ECCONE UNO IN CARNE E OSSA: MATTEO CUCCHI CI RACCONTA COS’È LA MAGIA E COME È ARRIVATO A FARNE LA SUA PROFESSIONE.
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Abracadabra o Sim sala bin? Beh, di formule magiche ne esistono davvero tante, così come di maghi, illusionisti e prestigiatori. Anche in questa società, in cui la tecnologia la fa da padrone e non ci si stupisce più di niente, in molti provano comunque a regalare un’emozione. Ed è proprio questo l’obiettivo del mago Matteo Cucchi, classe ’77, da Poggio Torriana: strabiliare grandi e piccini con i suoi numeri di magia. Mago Matteo Cucchi, che cosa è per lei la magia? “Riuscire ad affascinare il pubblico che mi sta guardando usando la parola, la gestualità, la tecnica per creare attimi d’impossibile che possano allontanare i loro pensieri dai problemi quotidiani. Il mio lavoro è il prestigiatore, anche se ogni tanto mi dedico ancora alla grafica, che è stato il mio lavoro per 14 anni.” Quando è scoppiato l’amore per questa pratica? “È nato all’incirca a 7 anni, quando mi divertivo ad ammirare il Maestro Silvan. Quello che mi affascinava era il fatto che riuscisse a compiere prodigi incredibili con le sole mani nude. Più tardi mi sono voluto dedicare a questa branca della magia che è la ma-
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di Nicola Luccarelli
nipolazione. Col tempo mi sono creato il mio numero originale, manipolando ferri di cavallo che ho presentato in due edizioni dei Campionati Mondiali di Magia, in Inghilterra nel 2012 e nel 2015 in Italia, con grande consenso di pubblico.” Quanto tempo si esercita per i suoi numeri? “Mi alleno e mi tengo aggiornato su quello che offre il mercato della magia a livello internazionale, cercando sempre di scegliere effetti che possano essere affini con la mia personalità; poi cerco di personalizzarmeli il più possibile, scrivendo il testo, scegliendo la musica che possa interpretare al meglio l’atmosfera che voglio trasmettere al pubblico.” Quali numeri propone?
“Amo spaziare su generi e ambiti differenti di intrattenimento magico. Dalla micromagia, che è eseguita a tu per tu con lo spettatore, agli Incantesimi di Mago Macù, dedicato ai più piccoli, passando per Lucky act, con cui ho partecipato a due Campionati del Mondo di Magia in rappresentanza dell’Italia, fino a One Man Show, uno spettacolo che mostra diverse discipline dell’arte magica.” Che tipo di mago è lei? “Penso di essere un mago elegante, pignolo ed esigente, attento al dettaglio e che ama la precisione su ogni suo aspetto.” Qual è il prossimo numero che metterà in scena? “Non è un vero numero, ma uno show teatrale tutto mio… ma non dico altro” e sorride.
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Il Club che
NON C’ERA LO YACHT CLUB DI RIMINI HA DA POCO COMPIUTO IL SUO PRIMO ANNO: I DIRETTORI SPORTIVI PIERPAOLO FRANCHINI E LUCA D’APOTE CI RACCONTANO LE CONQUISTE E LE SFIDE DEL CLUB.
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di Barbara Bastianelli
Nato ad aprile 2018 per promuovere la cultura del mare e avvicinare i giovani allo sport della vela, lo Yacht Club di Rimini sta diventando un punto di riferimento. Ne parliamo con i direttori sportivi del nuovo Consiglio Direttivo: Pierpaolo Franchini e Luca D’Apote. L’amore per il mare accompagna Franchini, imprenditore riminese (in basso nella foto), sin da bambino e la passione per la vela l’ha portato a partecipare a eventi importanti come la Barcolana. Direttore sportivo per la Vela d’altura, Franchini traccia un bilancio molto positivo per questo primo anno: “Abbiamo avuto grandi soddisfazioni dalle competizioni. La scelta di acquistare
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un’imbarcazione, la J70, e metterla a disposizione di diversi equipaggi, è stata molto positiva. Stiamo ragionando sulla possibilità di acquistarne una seconda.” Un progetto importante, portato avanti da Filippo Baldassarri (olimpionico in classe Fin). Recentemente ad Ancona lo Yacht Club Rimini Sailing Team ha compiuto una piccola impresa conquistando il 5° posto della classifica generale della J70 Cup. Ma il fiore all’occhiello del Club è la Scuola Vela dedicata ai bambini dai 6 ai 14 anni la cui attività si svolge, in collaborazione con lo Yachting club di San Marino, nelle acque antistanti il Lido San Giuliano. A dirigere il settore è Luca D’Apote: avvoca-
to nella vita, si sta dedicando con passione al settore giovanile, che sta ottenendo ottimi e invidiabili risultati. A guidare la Scuola Vela è Francesco Zimelli, che è stato allenatore anche di Marco Gradoni, il ragazzo che per ben tre volte ha vinto il campionato del mondo di Optimist. “In pochi mesi la Scuola Vela ha prodotto una trentina di ragazzi che hanno già raccolto i primi risultati – ci racconta D’Apote –. Abbiamocreato un piccolo gruppo che partecipa a competizioni agonistiche con la guida di Alessandro Colinucci e, visto il successo della Scuola Vela estiva, si sta creando un bel gruppo di giovani velisti in erba”. Non solo i risultati, però. Per lo Yacht Club Rimini ci devono essere, ma non sono la priorità, specialmente quando si ha a che fare con le nuove generazioni. Il valore educativo dello sport è fondamentale. “Per il nostro territorio è importante vedere che si sta creando un vivaio di giovani velisti – aggiunge Luca D’Apote –. Per una città di mare come Rimini, ritornare ad ospitare competizioni di vela e vedere i propri ragazzi esserne i protagonisti è motivo di orgoglio.”
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so a Riccione, nell’aprile 2019. Queste aperture gli fanno totalizzare 25 dipendenti distribuiti sui 3 locali di proprietà. L’ultimo importante progetto si concretizza nel luglio 2019 con l’inaugurazione del primo punto in franchising nel cuore del Borgo San Giuliano a Rimini. Un test importante, in cui le loro professionalità vengono a sdoppiarsi in maniera diversa per mettere in campo competenza, monitoraggio e sup-
porto esterno, al fine di esportare la loro vision e portarla là dove c’è spazio per chi ama Rainbow Sushi 2.0 e vuole un franchising organizzato, strutturato, professionale in nome della qualità. Nella loro filosofia rainbow, quindi fusion, viene contemplata una valorizzazione dei prodotti del territorio e della cucina locale. Un esempio è l’originale ricetta 2019 pensata per loro da Paolo Bissaro che vede coniugare il Maki con sardine e piada sfogliata. Lorenzo, Manuel e Marco hanno una visione d’insieme precisa e idee molto chiare: chiudendo gli occhi si vedono proiettati in molte città, così come gli attuali numeri indicano. Molte sono le iniziative di cobranding sinergici che stanno mettendo in campo, come quella che li ha visti impegnati al Mugello per il party della Yamaha Racing Team, nonché formule diverse di partnership sempre più smart e flessibili, utili al posizionamento del brand, al fatturato e alla sperimentazione. Per trovare la strada la devi vedere. I ragazzi di Rainbow Sushi 2.0 la vedono chiaramente e hanno iniziato a godersi il viaggio, con grande voglia di condivisione.
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