Tariffa R.O.C.: Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB - FILIALE DI FORLÌ - Contiene i. p. - Reg. al Tribunale di Forlì il 20/12/2000 n. 34- EURO 3,00.
R I M I N I N° 2 LUGLIO/AGOSTO 2020
MECOZZI
Federico
CUORE DI VIOLINO
GIARDINI PRIVATI / L’erba del vicino FILIPPO MANFRONI / Racconti su tela GIANCARLA DONATI / Mal d’Africa
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EDITORIALE
SOMMARIO
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Quella che state leggendo è una rivista speciale. Si tratta del primo numero dopo il lockdown e quindi abbiamo voluto dare una testimonianza di ottimismo scegliendo una paginazione ampia, che ci ha permesso di dare più spazio ai nostri partner e anche di aggiungere una sorpresa: in coda alla rivista è presente infatti una sezione dedicata alla Romagna da visitare, con suggerimenti per chi abbia voglia di uscire dalla routine provinciale. Accanto a due speciali sui giardini e sul turismo riminese, non abbiamo comunque dimenticato i personaggi, a partire dalla nostra copertina, il violinista Federico Mecozzi, per arrivare all’artista visivo Filippo Manfroni e poi Cristina Lunardini, Giancarla Donati, Silvia Tombetti, Michele Stabellini e tanti altri. Non mi resta che augurarvi una felice estate! Andrea Masotti
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ESSERE
Federico Mecozzi
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ORNARE
L’erba del vicino
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RICOMINCIARE
Turismo della Riviera
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DIPINGERE
Filippo Manfroni
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Il pic-nic ritrovato
Weimaraner Rescue Italia
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FORLÌ-CESENA
SVILUPPARE
Al giardino botanico
Giancarla Donati
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RAVENNA
Fra gli aghi di pino
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Medioevo, natura e… Tibet
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CESENA
Sulle tracce di Byron
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RIMINI
VESTIRE
Lungo la vecchia ferrovia
Mya More
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ROMAGNA
Oasi di pace
Viale Riccione
Tutti i diritti sono riservati. Foto e articoli possono essere riprodotti solo con l’autorizzazione dell’editore e citando la fonte.
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RIMINI
PROMUOVERE Edizioni IN Magazine si impegna alla salvaguardia del patrimonio forestale aderendo al circuito di certificazione di FSC-Italia.
Romagna
RIMINI
ADOTTARE
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DIRETTORE RESPONSABILE: Andrea Masotti REDAZIONE CENTRALE: Clarissa Costa, Gianluca Gatta, Beatrice Loddo COORDINAMENTO DI REDAZIONE: Irena Coso ARTWORK: Lisa Tagliaferri IMPAGINAZIONE: Francesca Fantini UFFICIO COMMERCIALE: Gianluca Braga, Irena Coso STAMPA: La Pieve Poligrafica Villa Verucchio (RN) ANNO XX - N. 2 Chiuso per la stampa il 15/07/2020 Collaboratori: Cinzia Bauzone, Stefano Bonini, Arianna Denicolò, Beatrice Loddo, Lucia Lombardi, Nicola Luccarelli, Gaia Matteini, Giorgio Pereci, Antonella Zaghini. Fotografi: Daniele Bilancioni, Fotocomunica/Pasquale Bove, Emanuele Casalboni, Riccardo Gallini, Fabio Mariani, Diego Olivieri, Flavio Ricci, Giorgio Sabatini, Giorgio Salvatori, Antonella Zaghini, Elisabetta Zavoli.
SPECIALE
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EDIZIONI IN MAGAZINE S.R.L. Via Napoleone Bonaparte, 50 - 47122 Forlì Tel. 0543.798463 / Fax 0543.774044 www.inmagazine.it info@inmagazine.it
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Sub Gian Neri Rimini
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L’eredità felice IN MAGAZINE
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Angolo del Buongustaio
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Libreria Riminese
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Libreria Bianca&Volta
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IN MAGAZINE
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IN MAGAZINE
ESSERE
Cuore di
VIOLINO DA VERUCCHIO A CITTADINO DEL MONDO, FEDERICO MECOZZI INCANTA CON LA SUA MUSICA I TEATRI PIÙ PRESTIGIOSI. DAI TOUR CON LUDOVICO EINAUDI AL PALCO DI SANREMO, AMA CONTAMINARE I GENERI E SPERIMENTARE. di Lucia Lombardi / ph Fotocomunica/Pasquale Bove
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Il suo volto è diafano, quasi d’alabastro. I modi gentili da giovane favoloso, garbato ed entusiasta. Si definisce pacifico, tranquillo e, al contempo, costellato di ansie e inquietudini “che conducono all’atto creativo. Sono introverso e di primo acchito poco espansivo. Sul palco mi trasformo sentendomi subito a mio agio. Riuscendo ad esprimere me stesso.” Il linguaggio prescelto per lui da madre natura è in assoluto quello musicale. Perché Federico Mecozzi inizia da piccolissimo a suonare la chitarra e ad imitare i grandi cantautori italiani, inf luenzato dai gusti di famiglia. Dal poetico paese malatestiano di Verucchio, sulle panoramiche colline riminesi, le sue note hanno cominciato a riverberarsi per il mondo, grazie al suo magico incontro con Ludovico Einaudi, abbracciando culture diverse e parlando una lingua che non necessita traduzione alcuna. Per lui alto e basso si fondono, facendo parte di un unico ecosistema cui attingere. Iscrittosi al Conservatorio, ha tradito il suo primo strumento per il
violino. “Strumento che non può essere secondo a nessuno. Ma lui sa che ho bisogno di spaziare, di provare timbri diversi, tastiere, pianoforte, basso”. Attraverso l’atto creativo ci si mette a nudo, si mostra il fianco, si dona la propria essenza. “La fase della creazione è assolutamente introspettiva, cerchi, scavi dentro di te, per tradurre in suoni, note, ritmo, quello che vuoi esternare. Poi durante la performance dal vivo, tra musicista e pubblico l’energia che si sviluppa collega tutti in uno stato emozionale, alla pari, dove le gerarchie scompaiono, in virtù di una coesione emotiva, sancita dall’applauso finale.” Inoltre la musica da rito collettivo “diventa interpretazione individuale, poiché l’ascolto a ciascuno ridesta cose differenti...” Il suo potere è appunto quello di risvegliare le persone, farle viaggiare e trasportarle in altre dimensioni extracorporee. Come ha voluto fare con il suo primo album, uscito lo scorso anno: composto da 11 brani e due transizioni, realizzato da autore IN MAGAZINE
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ph smfotografie
be poter tornare ad ascoltare brani “senza conoscere i codici della musica, senza il filtro grammaticale che lo studio ti porta, per essere il fanciullino. In un’altra vita vorrei poterne godere di pancia. In questo mi aiuta la mia morosa, la sua ingenuità grammaticale, la sua passione, il suo sostegno psicologico, sono fondamentali. Al suo giudizio espongo le prime creazioni, fidandomi del suo intuito”. Alcune delle idee di Federico nascono in studio da semplici celle sonore, mentre composizione e
IN ALTO, FEDERICO MECOZZI CON LUDOVICO EINAUDI.
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solista, dopo tanti anni trascorsi in qualità di interprete. Il titolo è metaforico, Awakening, frutto del suo personale risveglio: “Un ripescare esperienze personali” e portarle alla luce dello spartito, nero su bianco, e porre un punto per un nuovo inizio, un altro sé. Come quello emerso nella stanzialità dei mesi di lockdown, permettendogli una rilettura del suo vissuto artistico internazionale offerto da punti di vista differenti: “ho potuto trovare il tempo per ascoltare ciò che si stava sviluppando, proveniente da quel nomadismo che mi ha caratterizzato per anni, ripensare alle esperienze personali diventate conoscenza, gusto musicale, il tutto visto al contrario, cioè dal vivere una quotidianità differente, più domestica, un momento di riposo e al contempo di ansia collettiva. Si è sviluppata in me una sorta di rimembranza, di nostalgia rispetto al prima, confluita in due brani e una decina di temi, quali punti di partenza per il nuovo disco, che mi condurranno a trascorrere tanti mesi nel tornare sulle cose emerse, in maniera maniacale, che svilupperò in simbiosi con Cristian Bonato, mio fonico dal vivo e produttore artistico”. La musica è una compagna di vita “totalizzante, una fantastica compagna, esigente, in qualche momento persino un tormento”. A Federico piacereb-
ACQUISIRE PUNTI DI VISTA DIVERSI, FEDERICO LO HA IMPARATO DA LUDOVICO EINAUDI: “A NOI MUSICISTI CHIEDE SEMPRE COME VESTIREMMO LE SUE MELODIE, LUI RACCOGLIE LE PROPOSTE DI TUTTI ARRICCHENDO IL TUTTO DI UN APPORTO PERSONALE.”
vestizione, l’arrangiamento dunque, è frutto della collaborazione con i fidati musicisti, come con le chitarre di Massimo Marches. Acquisire punti di vista diversi, Federico lo ha imparato da Ludovico Einaudi: “a noi musicisti chiede sempre come vestiremmo le sue melodie, lui raccoglie le proposte di tutti arricchendo il tutto di un apporto molto molto personale, come negli ultimi lavori registrati assieme.” Gli album andrebbero registrati dopo il tour, perché si arricchiscono di molti preziosi elementi. “L’evoluzione del disco prosegue nel tempo, ti accorgi portandolo in giro che quel lavoro cambia in maniera naturale, si evolve e trova nuove strade. La mutazione è continua, come la vita.” Per il nostro polistrumentista non esistono barriere musicali o contrapposizioni come tra la classica ed altri repertori che considera “di pari livello. Ci sono caratte-
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ri e cose che si possono prendere ovunque. La mia stessa musica è frutto di contaminazioni, cercate e non. Mi piace mescolare elementi apparentemente diversi. Un universo come quello della musica barocca con forme musicali della dance. Michael Nyman come i Coldplay o Battiato. Mi diverto ad inserire elementi ballabili, liberatori, mistico-trascendentali, primordiali. Rimescolare sapori dell’universo musicale, sinfonici a momenti di elettronica pura. Nutro molta attrazione per la world music, per svariate geografie, in primis quella celtica”. Da piccolo ha scritto un primo album ispirato a De André, con canzoni d’amore e storiche. Poi con un approccio più serio, dato dagli studi di Conservatorio, la sua ammirazione si è spostata su Angelo Branduardi – “violinista di mondi antichi”, come lo definisce Federico – così come verso l’originalità riscontrata nell’approccio al legno di Mauro Pagani. “Il violino ha una posizione in-
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naturale, scomoda, il ricavarne un suono piacevole richiede anni di studio. Altri strumenti danno soddisfazioni più immediate, ma il rapporto con lui, se ti prende, diventa quotidiano. Se lo lasci, lo avverti subito. Per l’allenamento non bastano mai le ore a disposizione, un violinista di repertorio si allena tante ore al giorno, come quando mi preparai per il diploma. Ora conta che arrivi sciolto al momento del concerto”. Possiede due violini di liuteria. Uno lo usa tuttora in concerto perché “non è facile cambiarlo. Il violino ha un’anima. È una sorta di protesi del tuo corpo, con la quale si stabilisce un rapporto, una connessione che non si recupera facilmente con altri pezzi, non a caso veniva definito strumento del diavolo”. Deve molto a chi gli ha insegnato a suonare e a dirigere: “Quella dell’insegnante è una vera missione. Io non la sento ancora mia, ma ringrazio quelli che ho incontrato, perché hanno capito la mia necessità di trasgredire. Ora
infatti ho bisogno di abbandonare il rigore che il conservatorio richiede, per non sentirmi schiavo della grammatica”. Federico si sente baciato dalla dea fortuna nel condurre la sua arte e quella altrui in giro per il mondo, con la sua speciale famiglia musicale, “in templi sacri della musica, che già basterebbero quale dono, ma anche per le persone di culture altre, con cui si entra in contatto artistico, è un grande valore aggiunto”.
“IL VIOLINO HA UNA POSIZIONE SCOMODA, IL RICAVARNE UN SUONO PIACEVOLE RICHIEDE ANNI DI STUDIO. IL RAPPORTO CON LUI DIVENTA QUOTIDIANO. SE LO LASCI, LO AVVERTI SUBITO. PER L’ALLENAMENTO NON BASTANO MAI LE ORE A DISPOSIZIONE.”
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ORNARE
L’erba del
VICINO
I GIARDINI PRIVATI SONO TESTIMONI DI BELLEZZA MA ANCHE DI ETICA AMBIENTALE. SI INNESTANO NEL TESSUTO URBANO O RURALE DIVENTANDONE I VERI PROTAGONISTI. di Lucia Lombardi
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U
ph Fabio Mariani
Un giardino cinge, circonda, come la radice indo-germanica del suo nome ci indica. Così avvolti da un hortus conclusus altamente simbolico, sia esso affiancato ad edifici privati o pubblici, o più esteso e magari isolato sino a prendere la definizione di parco, si attraversano i secoli. Nell’accezione comune quando si parla di giardino si intende solitamente quello di tipo ornamentale, che nei millenni ha avuto interessanti sviluppi culturali di cui noi deteniamo l’eredità. E poiché la terra “non appartiene all’uomo, perché è l’uomo che appartiene alla terra”, come affermavano i nativi americani, capiamo quanto ognuno di noi sia strettamente connesso con il pianeta che ci ospita e quanto rispettosi dovremmo essere nel nostro muoverci al suo interno. Così come nella costruzione del verde privato, che entra a far parte di un ecosistema più grande, innestandosi nel tessuto sociale in cui si sviluppa. Coltivare con rispetto, con passione, con cura e attenzione, il nostro piccolo o grande verde domestico, significa aiutare fattivamente il nostro pianeta ad essere più vivibile, in questo modo il privato diventa portatore di etica ambientale e rispetto del verde. Educare al bello, alla cura della cosa comune passa anche attraverso quella privata. Ma deve essere un bello non fine a se stesso, bensì anche un bisogno biologico-cognitivo di chi lo crea e al contempo ne fruisce. Alcuni giardini ci hanno colpito particolarmente per la loro struttura, l’aspetto estetico e per l’originalità della composizione. A Riccione, il giardino di Villa dei Pini è stato sviluppato dall’architetto Fabio Mariani, che da sempre progetta composizioni il cui fulcro è individuato in un metaforico albero a foglia caduca. Come ha concretizzato al centro del patio della villa, in cui ha collocato un poetico pero da fiore, a rappresentare simbolicamente lo scorrere del tempo, attraverso le sue trasformazioni stagionali. Il giardino partecipa attivamente
al risparmio energetico ed al confort della casa. “Le grandi vetrate proiettano i volumi interni in quelli esterni costruiti con quinte vegetali e movimenti di terra – afferma Mariani –. In particolare il fulcro della composizione è paradossalmente un vuoto, dato dal grande patio che mette in relazione tutti gli spazi della casa, coperto da una vite di uva moscato, così da rendere l’ambiente vivibile anche durante i mesi più caldi.” Il lato Sud del progetto si affaccia sulla piscina da cui proviene una luce morbida e frammentata dalle rifrazioni dell’acqua. Il giardino, pensato per avere una bassa manutenzione, ha ridotte porzioni di prato limitate agli spazi di vita attiva all’aperto. Le parti incli-
IL GIARDINO, PENSATO PER AVERE UNA BASSA MANUTENZIONE, HA RIDOTTE PORZIONI DI PRATO LIMITATE AGLI SPAZI DI VITA ALL’APERTO. LE PARTI INCLINATE SONO REALIZZATE UTILIZZANDO CESPUGLI DI ROSMARINO, LAVANDA, SALVIA, LIONICERA.
nate sono realizzate utilizzando cespugli di rosmarino, lavanda, salvia, lionicera, cotoneaster, tipici della macchia mediterranea, ponendo una certa attenzione all’esposizione a Nord, che coincide con la vista mare. “Nel rispetto della tradizione del luogo, contro i muri della casa sono stati posizionati simmetricamente due giuggioli. Mentre nella parte più bassa del verde trovano spazio alcune composizioni di iris, gardenie, rose selvatiche e alcuni alberi da frutto a scopo educativo per i bambini. In posizione defilata si trova un piccolo orto impreziosito da una bella mimosa. A protezione del luogo verso la strada di accesso
QUI ACCANTO, UNA VEDUTA DI VILLA DEI PINI A RICCIONE.
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ph Riccardo Gallini
NELL’ODOROSO GIARDINO MEDITERRANEO SI STAGLIA UNA SERRA IN STILE LIBERTY, CHE RICORDA TANTO IL TEPIDARIUM FIORENTINO DEL ROSTER, AL CUI INTERNO È STATA ALLESTITA UNA DEPENDANCE PER RITROVI CONVIVIALI.
ph Diego Olivieri
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vi è una grande siepe di alloro, sorta di muro ricurvo, che definisce il pittorico ingresso cui si accede tramite un labirinto vegetale, in dialogo con le linee sinuose dell’abitazione e della piscina, che immette al ponticello impressionista alla maniera di Monet. Si generano così due spazi aperti a bordo piscina godibili durante l’estate perché protetti da due ombrelloni naturali di sophora japonica pendula. I percorsi come le gradinate irregolari sono
realizzati con pietra della valle Aurina a spacco. Tra le due porte d’ingresso spicca una scultura realizzata utilizzando una radice trovata dopo una mareggiata sulla spiaggia, essa rappresenta l’Armadira, che in dialetto identificava ciò che il mare portava a riva e poteva essere bruciato nei camini durante i lunghi inverni. Sempre a Riccione, il Villino Malaspina si caratterizza per palme, cipressi, pini marittimi, bossi, oleandri e rose, da cui emergono
IN ALTO, IL GIARDINO CON SERRA LIBERTY DI VILLINO MALASPINA A RICCIONE. QUI ACCANTO, LA PISCINA INCASTONATA IN UN GIARDINO DAI RICHIAMI ESOTICI A CATTOLICA.
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zona mare, è pregna di ricordi pulsanti, di vita vissuta, di fantasie, di bellissime feste estive. Da poco completamente ristrutturata, per la cura degli architetti Margherita Foschi e Pietro Pezzi, l’abitazione ritrova una rinnovata identità in onore dei suoi nuovi abitanti e tutta la vitalità che merita in virtù della sua storia e della sua irripetibile estetica. Il giardino ospita un’ampia piscina defilata, lineare, costruita nella parte più intima del giardino in cui è ospitata una dependance in stile. A margine del prato accanto alla piscina svettano rinfrescanti tigli, acacie e allori. Mentre piante da sabbia ornanti, ricordano le
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villa è stato progettato con un’eco esotica. Un vero e proprio sogno isolano. Dove la linearità della piscina è evidenziata dalla presenza di palme e olivi secolari, ai suoi estremi, tutto attorno un curato prato di trifogli, le linee rette sono infrante all’orizzonte da una boscaglia di verzure rinfrescanti come per recuperare una sorta di primordialità, quel caos della materia naturale da cui emerge la razionalità delle linee nette espresse dal grande specchio d’acqua, per un tuffo straniante, per sentirsi in un attimo a Stromboli, o a Capri, sul set di un film d’autore. A Rimini abbiamo una villa storica, progettata per la villeggiatura e caratterizzata da un glorioso passato. Ubicata nella prestigiosa 20
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dune selvagge che costellavano la spiaggia riminese negli anni della costruzione dell’edificio. È un luogo sognante, in cui sembra di sentirsi catapultati in un quadro dei macchiaioli, dove pare di udire dalla penombra il canto delle cicale cullare i riposi delle tante estati ancora a venire, uno spazio verde dove alberi secolari sbucano poderosi dalle cancellate e condividono rispettosi la postazione con nuovi
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arbusti. Perché la natura è anche sinonimo di pacifica convivenza tra specie diverse. A San Marino troviamo una villa ampia, dall’estetica modernamente rurale, contornata da tante aiuole, come tante nuvole vegetali arrotondate, quasi come quinte teatrali. Lo sguardo di colui che incede spazia tra rose rampicanti rosa e fucsia, e siepi domate, dove l’arte topiaria la fa da padrona creando una sinfonia di sfumature di verde. Le forme stondate accolgono e invitano a percorrere i sentierini per lasciarsi andare al contatto con una natura composta e godere dei differenti fiori che ornano gli spazi creati ad hoc da altezza di pedata fino ad altezza occhi, per perdersi tra colori e profumi, e accarezzare petali odorosi in mancanza di un vero abbraccio. Perché piante e fiori tengono compagnia e parlargli non è da matti. Anzi, li fa rigogliare. Un giardino che pacifica al primo
sguardo quello realizzato per una villa nel territorio di San Vito realizzato dal vivaista Daniele Bilancioni e dall’architetto Natascia Tassinari. Una amaca fluttua solitaria tra due pini odorosi, soavemente sospesa su un prato verde attorniato da bordure di Gaura Crimson Butterfly, selezione australiana, dalle abbondanti fioriture su steli a forma di lancia. Ama farsi scaldare dal sole e propagarsi in terreni siccitosi, questo la rende forte, in contrasto netto coi delicati fiori rosa e fucsia, che ondeggiano alle brezze estive come tante farfalle, di qui il suo nome. A lato compare anche il Buxus, o bosso, qui con taglio arrotondato. Pianta molto amata ed estremamente utile nella creazione dei giardini, per la compattezza delle foglie e la capacità di mantenere la forma, ne sono un esempio i giardini formali di ville storiche toscane ed europee. Insieme convivono cespugli rigogliosi di Liriope muscari dalla abbondante fioritura e le lunghe foglie brillanti sempreverdi e l’Agapanthus Headbourne Blue, dalle foglie lanceolate, mentre i fiori si stagliano in verticale simili a gigli. Il suo nome deriva dal greco “agape”, amore, quindi un semi-cespuglio molto, ma molto significativo.
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RICOMINCIARE
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IL TURISMO DELLA RIVIERA POTRÀ RINASCERE A PATTO DI AFFRONTARE IL FUTURO CON UNA VISIONE CHE SUPERI I PERSONALISMI E CON LA MESSA IN OPERA DI PROGETTI INNOVATIVI CHE RIPENSINO IL TERRITORIO.
Il 30% del PIL provinciale, tanto vale l’industria dell’ospitalità nella provincia di Rimini. Con i suoi pregi e difetti è un settore economico strategico di questo territorio. Dagli stabilimenti balneari alla fiera, dal palacongressi alle strutture ricettive, dai ristoranti ai pubblici esercizi ai parchi di divertimento tutti dipendono variabilmente dal movimento turistico, attirato sulla nostra Riviera dalle sue numerose opportunità. Che non sono più unicamente legate all’offerta balneare. Al mare abbiamo infatti voltato le spalle trent’anni fa, ci costrinse la maledetta mucillagine, spin-
ph Riccardo Gallini
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di Stefano Bonini
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IN MAGAZINE
gendoci a ragionare e progettare i “cento turismi”. Arrivarono le piscine negli hotel, i parchi tematici, nacque un distretto del divertimento che, grazie a discoteche e club che fecero tendenza, ci rese famosi nel mondo e modello di riferimento per molti anni a seguire. E così il mare lo abbiamo dimenticato e dato erroneamente per scontato troppo a lungo. Oggi il virus ci spinge a riappropriarci di lui e della nostra spiaggia, calamite primarie per le vacanze estive degli italiani al tempo del Covid (ma non solo: il turismo balneare vale il 75% del totale). Nella contemporanea “società del rischio” i fattori esogeni, come questa pandemia, possono infatti essere distruttivi e letali per qualunque modello turistico che, per esistere e sopravvivere, ha bisogno di persone, di turisti che oggi sono feriti nella loro più intima sicurezza. Ma questo “cigno nero” che ha investito la domanda turistica, se opportunamente razionalizzato, può rappresentare la nostra rinascita. Adesso tocca ad operatori privati, amministratori pubblici e stakeholders, al nostro capitale umano, attivarsi per curare e ripensare l’offerta turistica territo-
riale. Un sistema che per tornare a prosperare ha bisogno non solo di pace e normalità, condizioni basilari per permettere alle persone di muoversi per fare turismo, ma anche di nuove regole di ingaggio e visioni che vadano oltre personalismi, campanili e malsane radicate abitudini. Tra audaci, ottimisti, pessimisti, impauriti e incerti/insicuri l’industria dell’ospitalità di quest’angolo di Romagna deve cominciare a immaginarsi e muoversi come un’unica grande destinazione, capace di stare sul mercato internazionale grazie ad innovativi progetti integrati di rigenerazione urbana, di riqualificazione dell’offerta ricettiva ma anche e soprattutto grazie alla ristrutturazione del pensiero e della visione collettiva del territorio. È questo il momento giusto per porsi la fatidica domanda: che modello turistico vogliamo ri-costruire e dunque quale tipo di turismo desideriamo? Perché se da un lato il Maestro diceva “nulla si sa, tutto si immagina”, dall’altro l’indimenticato giornalista Silvano Cardellini ci ammoniva a non andare solo “dove ci porta il garbino”.
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JAPAN CAR SQUARE 42 A CERASOLO
SQUARE 42 È UN PROGETTO AMBIZIOSO DI FEDERICO E MASSIMO GORI: UN NUOVO MODO DI VENDERE AUTO E SCOOTER. Square 42 è nata circa un anno e mezzo fa dal progetto ambizioso di Federico Gori e del padre Massimo, titolare, quest’ultimo, della Japan Car, concessionaria ufficiale Suzuki, creata nel 1988. Federico e Massimo hanno voluto proiettarsi verso il futuro, proponendo un nuovo modo di vendere auto e scooter. Federico, mi parli di Square 42. “Si trova all’interno dello stesso stabile della concessionaria Japan Car, e rappresenta sul territorio Riminese e limitrofo, una realtà differente dalle solite concessionarie.” E cioè? “Il nostro obiettivo non è di vendere un marchio ma il prodotto più adatto alle esigenze del cliente. Le grandi case automobilistiche propongono prodotti sempre più simili tra loro, senza riguardo per le reali necessità di mobilità delle persone. E allora abbiamo deciso di selezionare nuovi marchi e nuovi prodotti, sia autovetture
che scooter e moto, con una ampia gamma di alimentazioni, benzina, GPL, ibride, elettriche. Ci relazioniamo col cliente non come venditori di un marchio, ma come consulenti, cercando di capire quali sono le sue vere necessità.” Che tipo di veicoli si possono trovare nella sua concessionaria? “Siamo concessionari ufficiali di molti marchi sia di autovetture che di moto e scooter, stiamo anche aumentando sempre di più la disponibilità di veicoli elettrici, che rappresentano secondo noi la vera alternativa all’attuale mobilità inquinante. Con i marchi DR, EVO e Mahindra affrontiamo la mobilità a quattro ruote con una gamma di autovetture e SUV molto completa sia per le dimensioni che per le alimentazioni, benzina, GPL, metano ed elettriche. Kymko e Keeway ci consentono di proporre scooter e moto con prezzi incredibili ed un livello qualitativo di eccellenza. Per
i veicoli elettrici, EVO Electric il SUV più economico del mercato, mentre per le due ruote offriamo le gamme dei marchi Nito e I2V, design, innovazione ed economicità.” E l’assistenza clienti? “Sono sempre disponibili l’officina e il magazzino ricambi di Japan Car, così da garantire ai nostri clienti l’affidabilità di una realtà consolidata negli anni.” Perché ha scelto proprio questo nome?
“Square significa piazza, ovvero un luogo dove le persone si incontrano e si confrontano, trovano dialogo e comprensione, e questo è il modo in cui vorremmo instaurare il rapporto con chi ci viene a trovare. 42, invece, rappresenta i nostri settori di interesse, per la precisione le quattro e due ruote, ma anche il nostro numero civico! Veniteci a trovare, siamo certi che apprezzerete la differenza.”
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DIPINGERE
Racconti
SU TELA FILIPPO MANFRONI CONDENSA IN IMMAGINI INTERI UNIVERSI NARRATIVI, FRUTTO DELL’ESPERIENZA PERSONALE E DI UNO SGUARDO ATTENTO SULLA VITA DELLE PERSONE CHE INCONTRA.
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di Gaia Matteini / ph Elisabetta Zavoli
Nei suoi lavori carnalità, spiritualità, tensione si fondono insieme per dare vita a tele che paiono materializzarsi, prendere forma e sostanza dalla luce che le anima. Lui è Filippo Manfroni, riminese classe ’72, diplomatosi presso l’Istituto d’arte di Urbino, artista poliedrico, con un vero talento per la riproduzione di soggetti che riescono a vibrare in ogni minimo dettaglio. Ha esposto le sue opere presso diverse mostre tra cui due personali a Porto Cervo, due bipersonali presso la galleria AlbusLux in Olanda, e ha partecipato nel 2017 alla collettiva di cartello organizzata dalla riminese Augeo e, l’anno seguente e presso il medesimo spazio, alla personale Anima Lux. Da dove nasce la sua passione per l’arte e quali sono le influenze presenti nelle sue opere? “Sorge da un bisogno di soddisfare, dall’amore per il racconto, ascoltato, letto, visto al cinema. In passato ho tentato di riproporre un’esperienza attraverso il fumetto, che avevo approfondito presso la Scuola del Fumetto di Milano. Ho poi compreso che quella non era la mia strada e ho sviluppato invece la capacità di condensare
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un racconto in un’immagine. È stato un percorso complicato – in cui mi sono avvicinato alla dimensione pittorica totalmente da autodidatta – un percorso che mi ha posto innanzi alla difficoltà di trasferire su tela le mie fantasie, le mie paure, i miei desideri, tentando di mantenere sempre uno stile coerente e riconoscibile. Gustav Klimt ha influenzato Egon Schiele, artista assai presente nel lavoro dello statunitense Kent Williams, artista che mi ha sempre affascinato e del quale ho riprodotto il lavoro per anni, finché la mia pittura si è sganciata naturalmente da questo acerbo ma necessario bisogno di imitare e si è evoluta in una direzione totalmente mia”. Cosa rappresenta per Lei la pittura? “La pittura condensa in sé tutta la gamma di problematiche e soluzioni che amo affrontare ed escogitare. Mi piace raccontare delle persone, delle loro relazioni, dei loro stati d’animo, attingendo a dinamiche che osservo attorno a me oppure al mio io. Dipingo cercando di trovare sempre un equilibrio tra istinto e tecnica, inventando ogni volta soluzioni nuove, pur rimanendo stilisticamente coerente con me stesso”. Nei suoi dipinti centrale è lo studio dei soggetti, mani, volti e sguardi che paiono animarsi sulla tela. Da dove nasce questa tensione verso l’altro? “Durante l’adolescenza, per comprendere quale fosse il mio ruolo sul palcoscenico, ho imparato a osservare gli altri. Sono diventato un buon osservatore e da sempre
scorgo la difficoltà esistenziale che tormenta l’uomo, così insicuro e tormentato. Sento il bisogno di portare su tela queste mie osservazioni sugli altri e su di me”. Esaminando le sue tele, si resta rapiti dall’utilizzo della luce, che diviene un soggetto a sé, capace di dare sostanza alle figure. Cosa rappresenta per lei l’elemento luminoso? “La luce è l’elemento chiave di ogni immagine: senza luminosità avremmo solo il nero più assoluto e, specialmente nei miei lavori più recenti, essa è diventata sostanza viva che interagisce con il soggetto. Penso in particolare alle tele che hanno per soggetto mio figlio, che sono state l’occasione per riflettere sul ruolo genitoriale e comprendere che ai figli è necessario trasmettere la nostra gratitudine per la vita. Il dono (titolo che ho scelto per diversi dipinti) è appunto questo seme, punto luminoso tangibile che viene donato e crescerà autonomamente, come avviene in natura. La luce che ne scaturisce investe il protagonista ed è una luminosità intima e profonda”. Osservando il suo studio sulle mani, è inevitabile il collegamento al bisogno di socialità, soprattutto in questo momento in cui siamo tutti fisicamente distanti. Qual è stata l’esegesi di questa serie di dipinti? “Ho iniziato il lavoro sulle mani alla fine del 2018, molto prima che si iniziasse a parlare del virus e a percepire a livello globale il valore di una carezza. Per me il contatto è da sempre importante e
“LA PITTURA CONDENSA IN SÉ TUTTA LA GAMMA DI PROBLEMATICHE E SOLUZIONI CHE AMO AFFRONTARE ED ESCOGITARE. MI PIACE RACCONTARE DELLE PERSONE, DELLE LORO RELAZIONI, DEI LORO STATI D’ANIMO,” AFFERMA FILIPPO MANFRONI.
miravo a raccontare un abbraccio attraverso il semplice dettaglio di due mani che si uniscono. Questo periodo di distanziamento sociale ha permesso di capire l’importanza dei rapporti, ma purtroppo – in quanto uomini – siamo caratterizzati dall’incapacità di apprezzare quello che abbiamo, se non attraverso la privazione. Se non si risolve questa difficoltà, si vive in una condizione di miseria emotiva, per cui focalizzarsi sulla gioia di ciò che possediamo è la scintilla che illumina l’esistenza. La pittura riesce a suggerire un messaggio: ho iniziato a dipingere le mani per rammentare a tutti di toccarsi, di godere di questa possibilità così semplice e fondamentale”.
IN QUESTE PAGINE, FILIPPO MANFRONI NEL SUO ATELIER.
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ADOTTARE
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AMICI SONO BRACCHI ELEGANTI E SOCIEVOLI. INSIEME A SAN PATRIGNANO, L’ASSOCIAZIONE WEIMARANER RESCUE ITALIA SI OCCUPA DI TROVARE LORO NUOVE FAMIGLIE D’ADOZIONE.
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testo e foto di Antonella Zaghini
“L’amore per gli animali ha sempre fatto parte di me. Sedici anni fa l’arrivo di Noa, la mia adorabile Jack Russell, e a seguire di Zoe e Diego, i miei due Weimaraner, mi hanno convinto che fare volontariato in un’associazione che dona una seconda vita ai cani abbandonati era una piacevole valvola di sfogo dagli im-
NELLA FOTO, CRISTINA LUNARDINI CON KEVIN ED ELIA, I DUE RAGAZZI DI SAN PATRIGNANO CHE SI OCCUPANO DEL PROGETTO IMPROVE TOGETHER REALIZZATO CON L’ASSOCIAZIONE WEIMARANER RESCUE ITALIA.
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pegni di cucina”. Cristina Lunardini è una persona che mette il cuore dappertutto, valente chef, insegna cucina e pasticceria all’Istituto Alberghiero di Riccione e al Centro Studi di San Patrignano. Le sue sfumature romagnole fra i fornelli sono da acquolina in bocca. Pensi a lei e subito ti vengono
in mente i nostri grandi classici: le lasagne fatte in casa, l’immancabile piadina, il pollo ripieno, la teglia di pizza fumante e i dolci da forno che profumano di buon risveglio, come la crostata di albicocche. Con identico amore Cristina Lunardini si occupa di cani sfortunati, in particolare dei
Weimaraner: eleganti, affascinati, con due occhioni che ti catturano il cuore al primo sguardo. Fedeli al padrone, giocherelloni con i bambini, questi bracchi dal manto argenteo restano pur sempre dei cani da caccia che richiedono un adeguato esercizio fisico e tanta educazione per contenere la loro esuberanza. Pubblicità, film e show televisivi li hanno portati alla ribalta e come al solito sono finiti nelle case di persone che hanno sottovalutato l’impegno preso e, finita la fase cucciolo, si sono ritrovate con un peso di cui liberarsi. A dare loro una nuova vita, sicuramente più felice della prima, ci pensano volontari come lei. “Insieme a un gruppo di amici, appassionati di questa meravigliosa razza, nel 2013 abbiamo dato vita all’associazione Weimaraner Rescue Italia che si occupa dei nostri amici a quattro zampe in difficoltà. All’inizio curavo gli eventi, a seguire ho preso il brevetto di istruttore cinofilo, quando faccio le cose mi piace farle per bene, e ora seguo le adozioni. Il nostro obiettivo – spiega – è trovare loro una nuova famiglia. Lavoriamo in tutta Italia. Nella nostra zona, tramite
il progetto Improve Together siamo supportati dal canile di San Patrignano che ospita i cani in stallo e attraverso i loro ragazzi se ne prende cura”. L’attività è tanta, le richieste di adozione arrivano, ma non è facile trovare l’incastro perfetto. Perché i cani abbandonati spesso hanno storie tristi alle spalle e come se non bastasse capita pure che vangano lasciati per strada anche dalle nuove famiglie. “Purtroppo tante persone sono attratte dalla razza in voga – prosegue – ma nel momento in cui capiscono che il cane ha altre esigenze lo riportano indietro”. Grazie alla caparbietà di questo gruppo di volontari sono tante le storie a lieto fine. Insieme al team di San Patrignano nella nostra zona ne sono stati adottati circa una trentina. A livello nazionale invece sono stati oltre 250 gli esemplari che la Weimaraner Rescue Italia ha sistemato in nuove famiglie. “Se vi sentite pronti per un’emozionante avventura canina – conclude Cristina Lunardini – a San Patrignano abbiamo sempre un paio di occhi color ambra che aspettano solo di varcare i cancelli e trovare una famiglia”.
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Mal
D’AFRICA GIANCARLA DONATI HA SVOLTO IN AFRICA COMPITI DI CAREER COUNSELOR PER L’ONU, DA BRAZZAVILLE AGLI ALTRI PAESI DEL CONTINENTE SUPPORTANDO LE PERSONE NELLA PROPRIA CRESCITA PROFESSIONALE.
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di Arianna Denicolò
Laurea in psicologia del lavoro, un master in gestione delle risorse umane, consulente in ambito formazione e sviluppo, una certificazione internazionale come coach: tema conduttore degli studi di Giancarla Donati è sempre stato aiutare le persone a potenziare le competenze personali e professionali. Originaria di Saludecio, sulle colline della Valconca, ha vissuto diversi anni a Modena prima di prendere il volo per l’Africa come funzionario dell’ONU.
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L’Africa è un continente molto affascinante ma anche complesso. Cosa l’ha spinta a fare questa scelta? “Decisiva è stata l’esperienza di volontariato in clownterapia con missioni all’estero in Bielorussia, in Camerun e in Ruanda. Lì ho iniziato a elaborare in maniera più concreta l’ipotesi di lavorare in ambito umanitario, per una organizzazione internazionale. Il primo curriculum l’ho mandato alla Croce Rossa di Ginevra che mi ha convocata per un col-
loquio. Questo dimostrava che il mio profilo era spendibile quindi, dopo un secondo colloquio con una ONG italiana, ho puntato più in alto e ho guardato all’ONU. Mi sono candidata ad una posizione internazionale e dopo un processo di selezione piuttosto competitivo sono stata scelta: il 2 luglio 2018 mi sono trasferita a Brazzaville, in Congo.” Come ha reagito la sua famiglia di fronte a questa decisione? “È stata una scelta di vita valoriale, non solo professionale, e la mia famiglia ha capito e appoggiato la mia decisione. Ricordo che mio padre, poco prima che partissi, mi mostrò un tema delle medie nel quale scrivevo che dentro l’uovo di Pasqua avrei voluto trovare la possibilità di condividere ciò che avevo con i bambini dell’Africa. Evidentemente era un sogno che coltivavo fin da bambina ma di cui mi ero dimenticata.” Con quale ruolo è entrata nello staff dell’ONU? “Sono entrata in un team, come unica europea e unica bianca, che si stava già occupando della riorganizzazione di tutti gli uffici dell’OMS dell’Africa. Eravamo stanziati a Brazzaville ma
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come obiettivo avevamo quello di andare nei diversi paesi africani per fare un’analisi dei loro bisogni, attraverso colloqui con ministri e operatori in ambito sanitario e umanitario, al fine di proporre un’adeguata struttura organizzativa. Il mio ruolo di career counselor era innovativo per l’Africa, consisteva nel supportare le persone nello sviluppo della loro carriera e delle loro potenzialità e nell’aiutarle ad essere più competitive, da come redigere un curriculum efficace a come prepararsi a un’intervista di selezione. Ad oggi sono stata in 33 Paesi, ho fatto 100 workshop con 1700 partecipanti e circa 750 incontri di career coaching. Alla fine dell’anno il mio team è stato premiato con un riconoscimento molto importante, a livello mondiale, per il lavoro svolto. Il progetto si è concluso a dicembre 2019, ora sto continuando a ricoprire il ruolo di career counselor insieme alla responsabilità della gestione della formazione e dello
sviluppo del personale.” Qual è il ruolo della donna in Africa? “Non è facile essere donna in Africa. La figura della donna cambia molto da Paese a Paese e da cultura a cultura. In genere conta poco nella società, però ha un peso rilevante perché manda avanti la casa e fa i lavori più pesanti. Una cosa che mi ha sconvolto è conoscere il tasso di mortalità al momento del parto. Inoltre, le donne hanno un accesso ridotto all’istruzione, alle cure e, in alcuni Paesi, lo stupro non è considerato un reato. Per quanto mi riguarda spesso ero l’unica bianca e anche l’unica donna, però una volta capito il mio ruolo, la risposta è sempre stata positiva. All’interno dell’ONU c’è una forte spinta alla gender parity e le donne sono incentivate nella carriera tuttavia, in posizione di leadership, c’è solo una piccola minoranza. Da quando sono qui ho capito il vero valore dell’8 marzo.”
Questa intervista è stata rilasciata nel mese di marzo, in piena emergenza Coronavirus. In quel momento Giancarla Donati si trovava in un hotel della Liberia in attesa di poter prendere un volo per l’Italia. La possibilità di rientrare in patria è arrivata tre settimane dopo, grazie ad un aereo messo a disposizione dalla Germania (n.d.a)
L’ESTATE IN CASA REGGINI SI APRE CON L’ARRIVO DELLA NUOVA AUDI A3 SPORTBACK.
Concessionaria Audi San Marino e Audi Manager Andrea Scranni
NUOVA AUDI A3 SPORTBACK:
“WHAT A TIME TO BE AN AUDI” UN TOUR ON THE ROAD E UN VIDEO EMOZIONALE SUI SOCIAL PER PRESENTARE LA NUOVA AUDI A3 SPORTBACK.
UN’AUTO DALLO STILE INCONFONDIBILE, UNA VETTURA DAL DESIGN SPORTIVO E DALL’ANIMO HI-TECH, DOTATA DI UNA STRAORDINARIA TECNOLOGIA IN GRADO DI TRASMETTERE UN’ESPERIENZA DIGITALE INEDITA.
Audi A3 Sportback, una vettura di successo, amata e scelta dal grande pubblico, da sempre punto di riferimento per il suo segmento di appartenenza, è ora giunta alla sua quarta generazione. Il suo design trasmette sportività al primo sguardo: le sue linee sono enfatizzate dalle inedite fiancate svasate che le donano un aspetto muscoloso e dinamico. Le nuove soluzioni tecnologiche evolute ed intuitive, generalmente presenti su auto di categoria superiore, consentono al conducente di non essere mai solo nell’affrontare gli ostacoli che si presentano sul percorso. Il conducente è sempre affiancato da numerosi sistemi di assistenza alla guida, innalzando lo standard di sicurezza. “L’auto in fase di lancio è disponibile con motore benzina 1.5 (35 TFSI da 150 cv) con cambio manuale 6 rapporti o con cambio automatico s-tronic 7 rapporti e tecnologia Mild Hybrid con omologazione ibrida,” spiega Andrea Scranni, Audi manager del gruppo Reggini. “Il motore TDI è disponibile nella versione 2.0 da 116 cv (cambio manuale 6 rapporti) o 150 cv (cambio s-tronic 7 rapporti). Da fine estate altre nuove motorizzazioni andranno ad arricchire la gamma A3: a settembre sarà disponibile la versione g-tron (metano) e, a seguire, la versione Hybrid Plug-in.” La nuova Audi A3 Sportback sarà presto on air in un video prodotto da Reggini Sunset on the Beach, che vede protagonisti di un deejay set tre dei migliori deejay della nostra realtà musicale. Dal 15 luglio Reggini e il suo staff sono a bordo della nuova nata di casa Audi con un Tour on the road che attraversa le meravigliose città della nostra Riviera, per farvi toccare con mano questo entusiasmante prodotto”.
Nuova Audi A3 Sportback. Il viaggio verso il domani inizia adesso. Scopri nuova Audi A3 Sportback, ora disponibile anche con Audi Value e le prime tre rate incluse: insieme al valore futuro garantito, puoi avere l’esclusiva versione Audi A3 Sportback 1.5 TFSI S tronic Business Advanced da 199 euro* al mese con sistema di navigazione MMI plus da 10,1”, Audi virtual cockpit, Audi smartphone interface, le più evolute funzioni di assistenza alla guida e il sistema mildhybrid che garantisce efficienza e grandi performance. La rata mensile include 1 anno/60.000 km di estensione di garanzia e 2 anni/30.000 km di manutenzione Audi Premium Care. Ti aspettiamo nel nostro Showroom e su audi.it TAN 3,19% - TAEG 4,28%
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I valori indicativi relativi al consumo di carburante e alle emissioni di CO₂ sono rilevati dal Costruttore in base al metodo di omologazione WLTP (Regolamento UE 2017/1151 e successive modifiche e integrazioni). Eventuali equipaggiamenti aggiuntivi, lo stile di guida e altri fattori non tecnici, possono modificare i predetti valori. Per ulteriori informazioni sui predetti valori, vi invitiamo a rivolgervi alle Concessionarie Audi. È disponibile gratuitamente presso ogni Concessionaria una guida relativa al risparmio di carburante e alle emissioni di CO₂, che riporta i valori inerenti a tutti i nuovi modelli di veicoli.
VESTIRE
Sempre più
AMORE
È UN TEAM DI SOLE DONNE, QUELLO DI MYA MORE. SEMPRE PRONTO A RACCONTARE NUOVE STORIE E RACCOGLIERE SFIDE CON I PROPRI CAPI MADE IN ITALY.
S
di Cinzia Bauzone / ph Giorgio Salvatori
Silvia Tombetti si può considerare a tutti gli effetti una figlia d’arte: la madre Claudia, proprietaria del negozio di abbigliamento Mya a Riccione all’inizio degli anni ottanta, ha il merito di averle tra-
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smesso l’entusiasmo per questo lavoro. Una passione comune che ha portato nel 2013 Silvia e Cristiana, che si occupa della parte commerciale, ad intrecciare le loro vite a doppio filo con quello della moda. Il negozio diventa nel 2013 Mya More una realtà dove il cuore è l’elemento dominante. Silvia inizia ad inserire i propri progetti e anche i propri sogni realizzando “il mio armadio”: capi da lei creati con un suo stile, autentico e innovativo. In un mondo che cambia in fretta fashion system, abitudini e modalità di comunicazione, Silvia con intuizione e inventiva ha realizzato un nuovo brand selezionando accuratamente dettagli e tessuti Made in Italy, dimostrando che gli abiti non sono fatti per essere indossati solo in certe occasioni ma, attraverso accessori, possono trasformare completamente il proprio look. Descrivere i suoi modelli richiede una certa complessità, la scelta dei colori, delle forme, dell’inserimento di stoffe e intarsi, sono continui richiami ad una femminilità, tanto sensuale quanto “normale”.
La chiave del successo è anche nella capacità di orientare le clienti nella scelta del prodotto giusto: tutte le donne, di qualsiasi età possono indossare i capi Mya More. “Le nostre modelle migliori sono le ragazze che ogni giorno indossano i nostri capi – afferma Silvia – noi non seguiamo la moda e molti nostri modelli, come i Jogging con tulle e frange, sono diventati capi must per un guardaroba perfetto”. Le collezioni Mya More sono presenti sulla pagina Instagram myamoreofficial e Facebook Myamore, anche se sono stati soprattutto i feedback positivi lasciati dalle clienti con il passaparola a decretare un successo che ha portato Silvia e Cristina ad aprire un altro punto vendita, inaugurato da poco a Riccione, in via Ippolito Nievo 1, angolo viale Ceccarini. Sempre attenta alle trasformazioni, Silvia ama dare nuove occasioni all’inventiva, soprattutto dei giovani, la figlia Sofia infatti da poco collabora alla realizzazione del brand nei negozi Mya More piena di entusiasmo e creatività. Il loro progetto cresce e verrà sviluppato in breve tempo in altre località.
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PROMUOVERE
Più social
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di Giorgio Pereci / ph Emanuele Casalboni
L’unione fa la forza. Lo sanno bene i commercianti che hanno ormai capito da tempo che il successo della propria attività passa attraverso la valorizzazione di un percorso di shopping più ampio. Viale Riccione nasce con questo intento: l’obiettivo comune è incentivare acquisti e vendite sulle piattaforme e-commerce che alcuni commercianti già possiedono e sviluppare la messaggistica direct sui social o, più semplicemente, portare i potenziali clienti al contatto WhatsApp di queste realtà per creare una relazione più vicina e proficua. All’iniziativa hanno aderito negozi, ristoranti e hotel tutti esposti in prima persona a testimonianza dell’impegno e
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della passione che li lega quotidianamente al loro lavoro, con la volontà comune di rappresentare un’eccellenza nel proprio segmento di mercato, all’interno della città e anche in una prospettiva territoriale più ampia. “Viale Riccione è prima d’ogni cosa un’idea – afferma Arianna Balducci, presidente dell’Associazione – che si realizza in una collaborazione sinergica tra attività commerciali che credono nella qualità del loro prodotto, nella bellezza delle loro creazioni e nella professionalità dei loro servizi, offrendo prestigio all’intera città.” Oggi la sfida più difficile può essere vinta insieme, moltiplicando il potere d’acquisto e proponendosi
come una realtà poliedrica con una precisa visione d’insieme. Ciò che anima i commercianti di Viale Riccione è uno spirito sincero di dedizione verso le rispettive attività che si accompagna alla voglia di fare squadra, condividendo relazioni, opportunità ed esperienze. Il progetto nasce come una startup di 31 esercenti, ma non si esclude che in futuro possa essere ampliato facendolo diventare ancor più inclusivo. Questi sono i partecipanti: Gaudenzi Boutique, Wunder Dettagli Ornamentali, Dolcevita, Baleani Alta Gioielleria, Grand Hotel Des Bains, Antonia, Block 60, Corridoni 32, Pasticceria Moderna, W 12, Cucy Cover, Pokers Calzature, La Maison, Maison Baleani, Da Fino Ristorante, La Chiocciola, Tommasini Pasticceria, We-Me Hotel, Iris Bijoux, Emporyum, Fumetti Next, Essence Centro Estetico, Soleluna, GB Hair, Ricci Arredamenti, Ristorante Carlo, La Fioraia, Aldo Coppola, Hotel De La Ville, Musica Discoteca, Nautilus Lab. Il direttivo è composto da Arianna Balducci, Anna Baleani, Claudia Cucca, Rita Leardini, Maria Grazia Cenci, Francesca Meletti e Simona Bologna.
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L’ASSOCIAZIONE SUB GIAN NERI RIMINI – NEL 2019 SOCIETÀ PIÙ VIRTUOSA IN ITALIA – SI È DISTINTA NEGLI ANNI PER L’ATTIVITÀ SPORTIVA E L’OPERA AL SERVIZIO DELLA PROTEZIONE CIVILE E TUTELA DELL’AMBIENTE.
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di Nicola Luccarelli / ph Giorgio Salvatori
Nata nel 1973, l’associazione Sub Gian Neri Rimini di subacquei professionisti, si avvale di circa 200 associati per raggiungere le proprie finalità, che vanno dall’ambito sportivo a quello ricreativo, dalla tutela ambientale a quello della Protezione Civile. Da un anno e mezzo a ricoprire la carica di presidente è il cinquantenne riminese Michele Stabellini. Che tipo di attività portate avanti? “Siamo una scuola federale per sommozzatori sportivi, nelle specializzazioni ARA [autorespiratore ad aria, n.d.a.], apnea e specialità tecniche. Svolgiamo ed organizziamo immersioni per gli associati, sia a livello locale che fuoriporta. Abbiamo un gruppo sportivo agonistico di apnea, una squadra di hockey subacqueo, un nutrito gruppo di fotosub e video sub. Componiamo un gruppo di volontariato di Protezione Civile che si occupa di ricerca e soccorso in ambito acquatico, assistenza alla popolazione nel caso di eventi climatici estremi come alluvioni, vento e neve o calamità come terremoti. Ci occupiamo anche di ambiente, prima di tutto conoscendone e divulgandone tutte
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le sfaccettature, in secondo luogo collaborando con Enti pubblici o altre organizzazioni nella sua difesa ed in manifestazioni di sensibilizzazione”. Avete anche ricevuto un riconoscimento dal CONI, vero? “La Federazione Italiana Pesca Sportiva ed Attività Subacquee ed il CONI ci hanno convocato a Roma per ritirare il premio di Società più virtuosa in Italia, per il notevole numero di brevetti rilasciati durante l’anno 2019. È stata veramente una grande emozione”. Come sono stati questi mesi di quarantena? “A fine febbraio abbiamo anticipatamente sospeso i corsi, purtroppo lasciando a casa quasi 100
allievi. Poi, durante il lockdown ci siamo strutturati con una piattaforma Web, organizzando e svolgendo dapprima tutta l’attività teorica dei corsi in itinere ed effettuando webinar o approfondimenti. Nel frattempo, il nostro gruppo di Protezione Civile ha operato in supporto alle fasce di popolazione più deboli, con il montaggio di strutture pre-triage, e svolgendo attività di consegna dei beni di prima necessità”. Quando siete ripartiti? “Dal 25 di maggio abbiamo ripreso tutte le attività di corso, comprese le immersioni. Abbiamo composto un protocollo di sicurezza e ora siamo finalmente in mare tutti i weekend.”
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Romagna
UN’ESTATE ALL’ARIA APERTA RIMINI
IL PIC-NIC RITROVATO
FORLÌ-CESENA AL GIARDINO BOTANICO
CESENA
SULLE TRACCE DI BYRON
RAVENNA
FRA GLI AGHI DI PINO
RIMINI
LUNGO LA VECCHIA FERROVIA
RIMINI
MEDIOEVO, NATURA E… TIBET
ROMAGNA OASI DI PACE
RIMINI
Il pic-nic
RITROVATO NON C’È SOLO IL MARE IN RIVIERA. MANGIARE ALL’ARIA APERTA, IMPROVVISANDO UNA TAVOLATA SUL PRATO OPPURE COCCOLATI IN UN AGRITURISMO, È UN MODO DIVERTENTE PER FESTEGGIARE LA LIBERTÀ.
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di Antonella Zaghini
Siete pronti a sfoderare le più modaiole ceste in paglia, le mise in stile country-chic e le segrete guide per raggiungere posticini deliziosi gelosamente custoditi da gaudenti buongustai? È finalmente arrivata l’estate e insieme a lei la voglia di stendere tovagliette, coperte e cuscini,
ph courtesy Locanda I Girasoli, Rimini
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stavolta per davvero sull’erba. Dopo mesi di lockdown trascorsi a guardare il cielo dai balconi, a inneggiare a cieli sempre più blu, a fare le prove generali nel salotto di casa, spacchettando invitanti asporti d’autore, è giunto il momento di ripartire. O meglio di uscire. La stagione dei pic-nic
ci aspetta. E in Riviera non c’è che l’imbarazzo della scelta. Per esempio, che ne dite di una magica serata a contatto con la natura, cenando tra ulivi secolari sotto un cielo stellato e consumando prelibatezze da intenditori? Gli amanti del vino certamente apprezzeranno la cornice di un vigneto per gustare salumi da accostare alle verdure gratinate, formaggi, assaggi di miele, pane fresco e calici di Sangiovese. La Provenza quando si parla vita all’aria aperta fa scuola e allora dall’orto al cestino, verdura e frutta colte e mangiate, magari fra sedute shabby-chic, veli mossi dal vento e, come gran finale, vassoi di dolci preparati con cura. Senza dimenticare la super classica versione del pic-nic al parco, magari assaporando un delivery da cinque stelle... a voi la scelta su come trascorrere una serata, oppure un lungo brunch, in perfetto stile retrò. Perché non c’è niente che faccia subito simpatia come aprire un cestino, piuttosto che una cassettina, colmi di prelibati manicaretti da gustare a tu per tu, in compagnia degli amici più cari, tornando a guardarsi negli occhi.
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FORLÌ-CESENA
Al giardino
BOTANICO VOGLIA DI UNA GITA DIVERSA DAL SOLITO? IL GIARDINO BOTANICO DI VALBONELLA È IL LUOGO PERFETTO PER RESPIRARE I PROFUMI DELLA NATURA E CONCEDERSI UN GUSTOSO PIC-NIC.
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tratto da “52 Domeniche con i bambini in Romagna”
Gli amanti del relax all’aria aperta – e della botanica – possono trovare un luogo tutto per loro all’interno del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi: un posto dove passeggiare, osservando e riconoscendo fiori, piante, alberi, arbusti in un vero museo a cielo aperto. Un trionfo di co-
lori e profumi per trascorrere una giornata immersi nella natura. Il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna è uno scrigno pieno di tesori che può essere aperto ogni volta che con la nostra famiglia abbiamo voglia di stare a contatto con la natura, lontano dalla
città. A circa 3 km da Corniolo, sulla strada che collega la Valle del Bidente alla Valle del Rabbi, a 700 m di altitudine, troviamo un luogo dove è stato realizzato un percorso all’aperto di scoperta delle piante e degli ambienti vegetali dell’Appennino romagnolo. Si tratta del Giardino Botani-
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co di Valbonella, realizzato nel 1983, dove nei 2 ettari di estensione sono state collocate circa 300 specie di piante, tutte catalogate e posizionate a seconda delle esigenze ecologiche, con un’attenzione particolare alle specie botaniche minacciate di estinzione e protette dalle norme regionali. Al giardino botanico di Valbonella non troviamo fiori e piante semplicemente giustapposti, si nota invece lo sforzo nel rendere la visita godibile e adatta a tutte le età. La visita può essere completata secondo tre percorsi tematici: il bosco, il torrente e le zone umide, gli spazi aperti (rupi, praterie, arbusteti). Ogni
NON TROVIAMO FIORI E PIANTE SEMPLICEMENTE GIUSTAPPOSTI, SI NOTA INVECE LO SFORZO NEL RENDERE LA VISITA ADATTA A TUTTE LE ETÀ. LA VISITA PUÒ ESSERE COMPLETATA SECONDO TRE PERCORSI: IL BOSCO, IL TORRENTE E LE ZONE UMIDE, GLI SPAZI APERTI.
percorso è corredato da guide di approfondimento e ogni pianta è identificata da cartellini con le informazioni sulla specie, la distribuzione geografica e la forma biologica. Purtroppo si tratta di dati che spesso vengono dimenticati o letti superficialmente. Per ovviare a questo, nella pagina dedicata al giardino botanico sul sito del Parco delle Foreste Casentinesi, è presente un servizio online utile per identificare le piante anche da casa, guardando le fotografie scattate durante il percorso o riconoscendole dalle foto presenti sul sito. Rispondendo a una serie di domande sull’aspetto della pianta – erbacea o legnosa, con o senza foglie, fiori con petali o senza petali, ecc. – si ottiene 50
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come risultato una scheda contenente nome scientifico, descrizione, immagini e distribuzione regionale. Può essere anche scaricata la relativa applicazione per smartphone dal Play Store Android e dall’Appstore Apple cercando “Guida alle piante del Giardino Botanico di Valbonella”. L’ingresso al giardino è gratuito, per i giorni di apertura e gli orari è necessario consultare il sito internet ufficiale. All’esterno del parco sono presenti alcuni tavoli in cui concedersi un piacevole pic-nic. In caso di maltempo o pioggia persistente il giardino resta chiuso.
IN QUESTE PAGINE, ALCUNI SCATTI DEL PERCORSO E DELLA FLORA DEL GIARDINO BOTANICO.
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RAVENNA
Fra gli aghi
DI PINO
VOGLIA DI OMBRA? ESPLORIAMO LA PINETA DI CERVIA E QUELLA DI CLASSE, DOVE SCOPRIRE NON SOLO MERAVIGLIOSI ALBERI CENTENARI, MA ANCHE MOLTI ANIMALI TIPICI.
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tratto da “52 domeniche con il mio cane in Romagna”
La Pineta di Cervia offre decine di sentieri in cui passeggiare senza una meta precisa, godendo dei suoi infiniti e incantevoli angoli. È situata tra Cervia e Milano Marittima e ha i seguenti punti d’accesso principali: da via Stazzone, dal cimitero; da via Jelenia Gora, vicino alla scuola elementare; da viale Ravenna, vicino allo stadio; da viale Nullo Baldini, vicino all’idrovora; da viale Forla-
nini, vicino alle Terme. Ad oggi si estende su circa 260 ettari, a cui vanno aggiunti i 30 ettari del Parco Naturale: un piccolo paradiso per passare una giornata in completo relax. Anche se ridotta rispetto al passato, la Pineta di Cervia rappresenta un patrimonio di notevole interesse naturalistico, un meraviglioso polmone verde, ideale per passeggiate a piedi o in bicicletta, per
fare jogging o più semplicemente per godere il fresco e rilassarsi in un ambiente incontaminato, dove riprendere contatto con la natura che troppo spesso dimentichiamo. La vegetazione è caratterizzata dalla presenza di due specie di pini mediterranei: il Pino da pinoli o Pino Domestico (Pinus Pinea) e il Pino Marittimo (Pinus Pinaster); ma vi si trovano anche querce, pioppi bianchi e robinie.
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in cui si può lasciare l’auto. Da qui si raggiunge Ponte Botole e ci s’inoltra subito nel cuore della pineta, fino ad arrivare a Fosso Ghiaia. È un percorso ad anello che non necessita d’indicazioni particolari, essendo privo di diramazioni e ben segnato. Lo spettacolo dato dai pini centenari, dai lecci e dalle querce che ispirarono Dante a descrivere la divina foresta spessa e viva è comunque così affascinante da farci perdere con la fantasia. La fauna è varia e onnipresente: dai picchi rossi agli ai-
LO SPETTACOLO DATO DAI PINI CENTENARI, DAI LECCI E DALLE QUERCE CHE ISPIRARONO DANTE A DESCRIVERE LA DIVINA FORESTA SPESSA E VIVA È COMUNQUE COSÌ AFFASCINANTE DA FARCI PERDERE CON LA FANTASIA. LA FAUNA POI È VARIA E ONNIPRESENTE.
La Pineta è suddivisa in quattro zone (Stazzone - Capanna - Dune - Bassona) ed è possibile avventurarsi lungo ben 32 sentieri. Si può accedere dall’alba al tramonto, e d’estate sarà un vero sollievo godersi la fresca ombra delle chiome! La Pineta di Cervia è il luogo perfetto in cui concedersi un bel pic-nic sugli aghi di pino: un ampio lenzuolo, torte salate, panini e qualche fresca bevanda e il gioco è fatto. Ricordate però di non lasciare rifiuti: la pineta è uno spazio prezioso da custodire! La Pineta di Classe si trova a Sud di Ravenna, tra Classe, Fosso Ghiaia e Savio. Il confine Nord è dato da Via della Sacca, che conduce alla foce del fiume Bevano; quello a Sud dal Bevano stesso. Ha un’estensione molto ampia (circa 900 ettari) e per visitarla abbiamo più possibilità. Il primo percorso è chiamato Le querce di Dante e inizia dal Parco 1° Maggio, proprio dal punto 56
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roni, dalla volpe agli istrici, e se si è molto attenti non è raro scorgere la testuggine palustre. Procedendo lungo il percorso ritorneremo di nuovo a Ponte Botole e da qui al punto di partenza. Il tragitto è relativamente breve (circa 4 km), per cui accessibile anche alle persone meno allenate. Il secondo percorso è chiamato Dune e Pinete: si srotola tra Lido di Dante, Classe e Savio su uno dei pochi tratti di costa ancora naturali e collega questi lidi a punti di grande interesse come la foce del Bevano, la stessa Pineta di Classe e la zona umida dell’Ortano. Questa passeggiata è lungo una via retta, per cui dobbiamo fare attenzione a dosare le forze e capire quale sia il momento giusto per rientrare. Per i più allenati, diciamo che la lunghezza totale è di circa 30 km. È quindi necessario partire ben preparati, con un pranzo al sacco e una bella bottiglia d’acqua.
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RIMINI
Medioevo, natura
E... TIBET
TRACCE DI LEGGENDE, FONDAZIONI CASTELLANE, SPAZI DELLA NATURA: L’ALTA VALLE DEL MARECCHIA APPARE UNO SCRIGNO DI TESORI SOLO IN PARTE NOTI A CHI VISITA LA ZONA.
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tratto da “Una terra da scoprire”
Scoprire Rimini non è solo questione di spiagge e movida: c’è tutto un mondo, nel suo entroterra, che vale la pena di scoprire e conoscere. In particolare è la Valmarecchia ad affascinarci con i suoi panorami, costellata com’è di autentici paesini, torri e castelli immersi in verdi colline. All’incrocio tra Romagna, Toscana e Marche, si distende il Parco naturale dei due Sassi: i rilievi del Monte Simone e Simoncello, nel Montefeltro. Il parco occupa un’area montuosa, che
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tocca quote comprese tra i 670 e i 1.415 metri. Il Sasso di Simone è un blocco calcareo, in forma di parallelepipedo regolare, che raggiunge l’altezza di 1204 metri. La sua origine risale ai depositi marittimi del Terziario. Il nome pare derivare da Simone, eremita di origine orientale, che qui si sarebbe stabilito al termine di una lunga peregrinazione. L’isolamento del sito piacque a Cosimo I de’ Medici, che decise di costruirvi una città ideale cara al potere fiorentino. La Città del Sole, dotata di funzioni civili e militari, sorse nel 1565 a specchio del forte feretrano di San Leo. Formata sul progetto di Simone Genga e di Giovanni Camerini, ebbe vita solo per un secolo: fu lasciata per l’inclemenza del clima, che generò l’abbandono del luogo. Solo una strada lastricata e pochi ruderi rendono oggi testimonianza alla presenza medicea nel Montefeltro. Il Sasso di Simone è riserva naturale e la flora qui diffusa è composta in prevalenza dal carpino e dal cerro. La visita al territorio di Pennabilli consente di prendere contatto coi segni di realtà storiche e naturalistiche. In località Miratoio, che deriva il suo nome (“Mirato-
rium”) dalla posizione di belvedere, si trovano grotte naturali formatesi per il crollo delle pareti di arenaria. Tra esse, annotiamo la Tana di Barlaccio, la Grotta della Tana buia, lo Spaccio del Diavolo, la Grotta dei Pipistrelli, la Grotta del beato Rigo. Questi fu eremita agostiniano e visse nel secolo XIV, praticando la preghiera e l’ascesi mistica entro le grotte. Il Castello di Penna e quello di Billi hanno dato origine al toponimo del paese. Sul primo, si trova la Campana di Lhasa, che è un calco di quella presente nella missione tibetana fondata da padre Olivieri. Qui sono riprodotti alcuni testi di preghiera del culto buddista. Il rilievo di Billi è segnato dalla croce e dai ruderi castellani. La Cattedrale di San Leone ebbe fondazione cinquecentesca e la facciata ricostruita nel 1914. Al sommo della scalinata, la chiesa si affaccia sulla piazza principale del paese, ornata dalla fontana della Pace, eretta in memoria della fonte che vide, nel 1350, la riunione dei due castelli in un unico centro. In località Bascio, la visita al Giardino pietrificato rende memoria ai personaggi vissuti in questa parte di Romagna.
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Si dice che la passione sia il motore di ogni cosa ben fatta e di ogni operazione ben riuscita: lo sa bene Massimo Cabbia, originario di Bologna ma forlivese di adozione, che dopo un passato come Sales Agent prima e poi come Sales Director per importanti brand del settore della moda, decide di seguire la propria bag’s passion tramutandola in un progetto nel quale poter esprimere il suo stile e la sua creatività nella realizzazione di borse e accessori moda. “Si tratta di un progetto che forse è sempre esistito in me ma che oggi ho deciso di condividere, un modo per scrivere una nuova storia nella mia vita personale e professionale trascorsa per lunga parte nel mondo della moda,” racconta. In un’epoca in cui il prodotto è
chiamato più che mai a soddisfare anche e soprattutto una profonda esigenza personale – quella di gratificarsi e di regalarsi un momento per se stessi – la volontà delle borse firmate Manikomio DSGN è proprio quella di coccolare, appassionare e gratificare i propri clienti proponendo borse e accessori Made in Italy e di alta qualità, prodotti duraturi e dallo stile universale in diversi materiali e in molteplici varietà cromatiche. Prodotti che non si lasciano contaminare dalle mode passeggere e che piaceranno ed emozioneranno sempre. La prima borsa nata in casa Manikomio DSGN è la Aviator’s Kit Bag, un’idea che prende spunto da un famosissimo Tactical Duf e Bag di derivazione militare, oggi ormai una
icona di stile. “Per la nostra Aviator’s Kit Bag abbiamo mantenuto l’estetica originale nelle linee e nella forma e ci siamo concentrati sui dettagli e sulle funzionalità necessarie a rendere la nostra City War bag un accessorio trasversale di pregio e di gusto. Aviator’s Kit Bag è una borsa irrinunciabile per gli uomini e per le donne che amano questo stile unico e questo intramontabile sapore. Perfetta per essere utilizzata con grande stile in tutte le occasioni.” Al momento la Aviator’s Kit Bag è presentata in due materiali: in pelle martellata, proveniente da una delle più antiche concerie di Santa Croce sull’Arno (Firenze) e realizzata in 10 diverse colorazioni, e in tela olona, un tessuto antico italiano in cotone100%, forte e
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molto resistente proposta in sei colori. Sono però previste anche altre varianti sia di colore che di grafica ad ampliare la proposta. Una bella idea è anche quella delle serie in edizione limitata realizzate sempre in non più di 100 esemplari numerati – come ad esempio la Aviator’s Kit Bag “Italian Flag” pensata durante il lockdown con lo scopo di devolvere parte del ricavato dalla vendita a favore dell’ospedale di Forlì. Nuove idee esclusive sono sempre in lavorazione. “Tutta la nostra produzione viene realizzata interamente in Italia,” continua Massimo. “Qui, le capaci mani dei nostri maestri pellettieri confezionano le nostre borse nei diversi materiali. Cura, rispetto e attenzione al nostro territorio sono per noi aspetti fondamentali.” Le borse sono caratterizzate da due grafiche realizzate a mano con tecnica serigrafica tradizionale a telaio e possono essere ulteriormente personalizzate. “Possiamo realizzare un gran numero di customizzazioni a richiesta, dalla realizzazione delle proprie iniziali fino alla scelta di un materiale
diverso, un colore differente da quelli da noi proposti o una stampa particolare. Tutto questo è possibile grazie alla collaborazione più che attiva con una storica azienda locale la Star Grafic. Oggi più che mai, le collaborazioni e il fare rete sono i cardini di ogni piano ben riuscito.” Massima attenzione è stata riservata anche alla scelta della distribuzione del prodotto, che è stata concepita con l’idea di rivolgersi direttamente al consumatore finale attraverso vendite fatte quasi esclusivamente online sul sito dedica-
to www.manikomiodsgn.com, con la possibilità di richiedere direttamente le proprie personalizzazioni rendendo così la borsa ancora più unica ed esclusiva. “Abbiamo però riservato una piccola quota di mercato al canale tradizionale di vendita ovvero, quello su strada: il prodotto sarà infatti acquistabile anche in non più di una ventina di negozi in Italia che reputiamo siamo quelli più rappresentativi per coerenza di immagine e di valori.” A Forlì il negozio che vende il nostro prodotto è Menadito Shop & Studio in via Quadrio 26.
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CESENA
Sulle tracce
DI BYRON
I CASTELLI DI SORRIVOLI E MONTELEONE SEMBRANO SCRUTARSI, IMMAGINE ROMANTICA DI UN TERRITORIO DALLA STORIA COMPLICATA, CHE HA VISTO UN OSPITE ILLUSTRE COME IL POETA GEORGE BYRON.
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tratto da “52 domeniche in Romagna - vol. 2”
Dalla corte del castello di Sorrivoli si vede il borgo fortificato di Monteleone. I due forti dominano questo entroterra cesenate fatto di colli, vallate colorate in primavera di rosa dai fiori di pesco, di bianco dai ciliegi, striate da filari di viti, ulivi e cipressi. Cesena dista pochi chilometri di strade secondarie, in parte tortuose che risalgono dalla vicina via Emilia; la città e il traffico sembrano lontani. Conche tagliate da torrenti sottili si alternano a colli e crinali dolci su cui dominano altri castelli e torri. Si vedono in lontananza, sulle alture riminesi che sfocano verso sud, profili che fanno intuire antichi castelli. E vicino, la storia racconta di molti fortilizi potenti come quello di Roncofreddo, Borghi, Ciola Araldi, Ardiano, Montecodruzzo. Sorrivoli e Monteleone, si trovano su due alture tra queste prime colline, divise dal torrente Pisciatello o Urgone. La leggenda, mescolata a fonti storiche, identifica in questo torrente il vero Rubicone, quello che secondo le cronache il 10 gennaio del 49 a.C. fu attraversato da Giulio Cesare e dalle sue 11 legioni e sulle cui sponde il condottiero pronunciò la frase alea
iacta est, il dado è tratto. Salita la scalinata, le mura del castello di Sorrivoli, ben conservate, lasciano un’apertura sul lato settentrionale; in corrispondenza dell’arco si trova la porta principale. Rimangono chiari i segni di un ponte levatoio che permetteva di oltrepassare il fossato a protezione del forte. La corte assomi-
glia a un’ampia terrazza: era la piazza con una vista sulla valle del Rubicone. Su di esse spicca la torre, il grande maschio del 1200 che caratterizza anche il profilo esterno dell’edificio fortificato. La struttura feudale era composta da una sagoma a quadrilatero con bastioni ai vertici. Nei sotterranei, ampi saloni caratterizzati
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I DUE FORTI DOMINANO QUESTO ENTROTERRA FATTO DI COLLI, VALLATE COLORATE IN PRIMAVERA DI ROSA DAI FIORI DI PESCO, DI BIANCO DAI CILIEGI, STRIATE DA FILARI DI VITI, E ULIVI. IN LONTANANZA, SULLE ALTURE RIMINESI, SI NOTANO I PROFILI DEGLI ANTICHI CASTELLI.
dalla copertura a volta venivano utilizzati come scuderie. Oggi si trovano anche alcune abitazioni private e una chiesa, costruita dopo la metà del Novecento in un’ala del forte, dedicata a San Lorenzo e San Aldebrando e consacrata il 13 settembre del 1968 in sostituzione dell’antica documentata cappella del castrum che andò distrutta. Il 27 ottobre del 971 il conte Rodolfo da Rimini ricevette la nomina a vicario: fu questa la prima
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citazione del “castrum”. Sorrivoli passò poi all’Arcivescovato di Ravenna che mantenne il dominio per secoli salvo dover fare i conti con una ribellione della popolazione locale che nei documenti porta la data del 1318. Verso la fine del 1300, con i suoi 40 focolari, Sorrivoli era uno dei più popolati borghi fortificati del territorio. La sua storia passa poi per Cesare Borgia (1500), per l’Arcivescovo Roverella di Cesena, che qui abiterà fino al 1527 per poi essere succeduto da Giovanni Roverella e da altri membri della famiglia fino al 1858. Il castello fu messo all’asta. Fu acquisito dalla Famiglia Allocatelli e Fabbri che lo donò alla parrocchia dopo gli ingenti danni subiti con i bombardamenti del 1944. Per raggiungere Monteleone bisogna scendere la ripida costa fino alla base dell’Urgone e poi risalire il fianco del colle in cui campi coltivati, poderi, e viti hanno preso il posto della foresta rigogliosa che rico-
priva la zona. Ci sono ancora ampie zone boschive, nelle conche meno abitate, lungo i fossi e i corsi d’acqua, su alcune ripide coste; così il territorio mostra due facce: quella rurale e popolata e scorci naturali di foreste antenate di un ambiente oramai scomparso. Il castello di Monteleone come possedimento della chiesa ravennate viene documentato intorno all’anno mille. Piazza Byron è il cuore del borgo protetto da mura esterne a cui si accede da un stretta porta rivolta a nord. Nello slargo si trova la Rocca, il nucleo centrale di Monteleone; è di proprietà del Conte Giovanni Volpe e dedicata oggi alla ricezione turistica. Si intuiscono la sua potenza e prestanza, tuttavia il castrum fu rimaneggiato più volte, in particolare vennero tolti alcuni apparati difensivi e risistemato il suo assetto abitativo, tanto che oggi assomiglia più a un palazzo signorile piuttosto che a un fortilizio. Nelle sue stanze dormì il celebre poeta inglese Lord Byron, ospite di Alessandro Guiccioli, conte, carbonaro, membro della famiglia che fece di questo forte la sua residenza estiva. Il dominio su Monteleone passò di mano in mano, tra conquiste e cessioni: prima furono i Malatesta, poi gli Ordelaffi, seguì Nolfo da Montefeltro, i Roverella e i Guiccioli. Attorno al palazzo principale, con torre e mura spesse, le prime case del borgo sono basse, colorate disposte a semicerchio attorno al palazzo. Su Piazza Byron si affaccia anche la chiesetta dedicata ai Santi Caterinae Cristoforo, con una facciata intonacata e campanile in mattoni. Di dimensioni ridotte, con interni modesti e soffitti affrescati, presenta una curiosa statua di cartapesta che rappresenta la Madonna col Bambino. Una rete di tracce chiamata Sentieri degli Otto Castelli permette di esplorare il territorio a piedi ed in mountain bike. Gli otto castelli uniti dai percorsi sono: Sorrivoli, Monteleone, Roncofreddo, Montecodruzzo, Ardiano, Diolaguardia, Ciola Araldi, Castiglione.
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EMPORIO OLEODINAMICO DA 45 ANNI NEL SETTORE
UN IMPORTANTE TRAGUARDO PER EGIDIO BARZANTI E LA SUA FAMIGLIA: IMPEGNATI IN ITALIA E ALL’ESTERO NEL SETTORE DELL’OLEODINAMICA, GARANTISCONO SOLUZIONI EFFICACI E COMPLETE PER IL PASSAGGIO DI FLUIDI A QUALSIASI PRESSIONE.
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La famiglia Barzanti festeggia quest’anno un importante traguardo di Emporio Oleodinamico: sono infatti 45 gli anni di vita di questa attività che occupa più di 28 persone. Fondato nel 1975 da Egidio Barzanti, Emporio Oleodinamico è passato negli anni da piccolo laboratorio di vendita al dettaglio fino ad essere oggi una realtà che copre un ruolo di eccellenza nel settore dell’oleodinamica. Nel tempo anche la famiglia si unisce al progetto di Egidio: dapprima la moglie Loretta nell’area amministrativa e successivamente i figli Eugenio ed Edoardo nelle aree commerciale e direzionale. Nel corso degli anni si è sempre più consolidata anche la storica collaborazione con Gabriele Gaiba Rappresentanze Industriali. Nel 1988 l’attività si trasferisce nell’attuale sede di proprietà; tali spazi vengono
ampliati una prima volta nel ’96, per aumentare il magazzino, ed una seconda volta nel 2017 con l’inaugurazione della palazzina su tre livelli che ospita parte degli uffici e la sala riunioni. Separatamente, ma nella stessa via, nel 2002 viene costruito un deposito per lo stoccaggio delle merci in giacenza. L’attività ad oggi si avvale di circa 3.000 metri quadri coperti. Dal 1999 l’azienda rispetta i severi standard internazionali UNI EN ISO 9001, ed anche per il 2020, seppure in piena emergenza Covid-19, ha conseguito con successo il rinnovo di Certificazione del Sistema Gestione per la Qualità. Emporio Oleodinamico è stato da subito punto di riferimento sia per artigiani che per grandi aziende nella soluzione efficace delle esigenze tecniche e produttive per ogni tipologia
di applicazione oleodinamica. La crescita negli anni è stata costante grazie alla disponibilità di un’ampia offerta che trova applicazione nei settori più disparati: meccanizzazione agricola, macchine di sollevamento, macchine industriali e da costruzione, impianti petrolchimici, macchine per la pulizia e la manutenzione del verde, logistica e trasporti, ed anche settore navale. Punto forte dell’offerta è l’assemblaggio del prodotto integrato Tubo-Raccordo, lavorazione demandata all’azienda Tecno Fluid, anch’essa fondata dalla Famiglia Barzanti nel 1986. La capacità di produzione si attesta tra i 2.000 e i 5.000 tubi flessibili raccordati al giorno. Emporio Oleodinamico mantiene il ruolo fondamentale di rapporto diretto con i Clienti, sia al dettaglio che all’ingrosso, vero focus
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“LA FIDUCIA ACCORDATACI IN QUESTI 45 ANNI SARÀ MOTIVO PER PROSEGUIRE CON L’IMPEGNO E LA SERIETÀ CHE FINO AD OGGI CI HANNO CONTRADDISTINTO.”
dell’impresa. L’affidabilità e la capacità di offrire soluzioni e risposte personalizzate e flessibili permette di annoverare clienti storici e blasonati. Tale risultato è ottenuto anche grazie alla severa selezione dei Fornitori, tutti di fascia medioalta, con prodotti prevalentemente Made in Italy. Emporio Oleodinamico è il frutto dell’unità di una famiglia e di una visione condivisa con tutti i Dipendenti, fra i quali si sta verificando lo stesso cambio generazionale che sta avvenendo ai vertici. “Ci sono state persone che sono entrate in azienda e ci sono rimaste per più di trentaquarant’anni, fino al pensionamento! – rivelano con orgoglio i Barzanti. – Oggi siamo fieri di poter dire che l’età media dei nostri Collaboratori è sotto ai 40 anni. I rallentamenti causati dal lockdown non ci hanno impedito di continuare a concentrarci sulla formazione, in quanto riteniamo i Dipendenti parte integrante nella realizzazione dei nostri progetti.” Sotto all’impronta della nuova generazione non si ferma neppure la ricerca dell’innovazione tecnica, sempre nell’ottica di poter offrire un migliore servizio al Cliente. È già in cantiere un’importante innovazione del
sistema gestionale, mentre sono al vaglio: la riorganizzazione del comparto produttivo, l’automatizzazione di alcuni processi fra cui l’introduzione di tecnologie al laser per poter imprimere maggiori informazioni sui singoli componenti. Di fondamentale importanza sarà poi l’implementazione di nuovi metodi di stoccaggio delle merci visto che Emporio Oleodinamico dispone, a magazzino in pronta consegna, di una gamma quantitativamente ampia e disparata di articoli: tubi flessibili, raccordi a pressare, adattatori, innesti rapidi, rondelle e guarnizioni
a tenuta statica e dinamica, valvole di controllo direzionale, valvole oleodinamiche, cilindri e componenti, pompe, motori, moltiplicatori, filtri e tappi, miniprese e tubi capillari, strumenti di misura e controllo, accumulatori, scambiatori di calore, tubi e raccordi freno, minicentraline. A questa già ricca offerta, dal 2003 si è aggiunta anche quella degli articoli commercializzati dalla società Idrogem s.r.l., nata dalla collaborazione di Gabriele Gaiba con Emporio Oleodinamico, ampliando ulteriormente la gamma di applicazioni oleodinamiche disponibili.
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RIMINI
Lungo la vecchia
FERROVIA
UN SUGGESTIVO PERCORSO ATTRAVERSO LE COLLINE DELLA REPUBBLICA DI SAN MARINO, ALLA SCOPERTA DELLA TRATTA FERROVIARIA CHE COLLEGAVA L’ANTICA REPUBBLICA CON LA CITTÀ DI RIMINI.
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tratto da “52 domeniche con il mio cane in Romagna”
Sapevate che Rimini e la Repubblica di San Marino erano collegate da una linea ferroviaria? Un unico binario, su cui fino al 1944 un trenino ha percorso avanti e indietro la tratta, collegando la città di riviera al monte Titano e alla sua antica città. Inoltriamoci tra le dolci colline a Nord-Est del territorio della Repubblica di San Marino: andremo alla scoperta di un’inconsueta testimonianza di un recente passato, ovvero il sentiero n. 16-17 percorre un tratto della vecchia linea ferroviaria, che collegava l’antica repubblica con Rimini. Si tratta di un percorso piuttosto facile, che presenta solo alcuni brevi tratti in pendenza per un dislivello di 160 m, di cui percorreremo i 9 km abbondanti in circa 3 ore. Da Strada Paradiso, a Domagnano, imbocchiamo il percorso a ridosso di un interessante sito archeologico: si tratta di un’antica villa romana, le cui testimonianze sono conservate al Museo di Stato. Il tracciato scende dolcemente lungo i vecchi binari, tagliando i campi coltivati in cui si possono ammirare filari di olmi, biancospini e querce. Dopo circa 1 km, il sentiero passa attorno all’Arboreto di CàVagnetto,
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una struttura realizzata a scopi didattici ed educativi, in cui sono coltivate numerose specie arboree e arbustive. Aggirato l’Arboreto seguiamo il tracciato che si snoda fra coltivi e piccoli uliveti. Alla nostra sinistra ci fa compagnia la sagoma maestosa del Monte Titano. Giunti in località Pozzo Campore attraversiamo un breve tratto di strada pubblica e proseguiamo al margine di un campo fino a Lesi-
gnano, per poi percorrere Strada Genga d’Acqua sino alla galleria che conduce all’attrezzato Parco Laiala, dove potremo concederci una pausa e uno spuntino. All’estremità opposta del parco pubblico risaliamo a destra e attraversiamo la vecchia pineta di Laiala, finché il sentiero non si ricongiunge con Strada Genga d’Acqua da cui ripercorreremo a ritroso il tracciato per tornare al punto di partenza.
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ROMAGNA
Oasi
DI PACE SOLITUDINE E SILENZIO, RACCOGLIMENTO E NATURA, MA ANCHE STORIA E FOLKLORE. ANDIAMO ALLA RICERCA DI LUOGHI DELLO SPIRITO IN ROMAGNA, DOVE RIENTRARE IN CONTATTO CON IL PROPRIO MONDO INTERIORE.
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tratto dalle guide della collana “52” e “Una terra da scoprire”
Il santuario della Madonna di Saiano, nel cuore della Valmarecchia, è meta di pellegrinaggi, soprattutto di donne incinte, che sorge su un alto sperone di gesso con la sua torre. Percorrendo il sentierino accanto alla chiesa, si giunge a un terrazzo che guarda tutta la vallata: qui una statua della Madonna si sporge sullo strapiombo ad abbracciare la vallata. La porta di ingresso della piccola chiesa è stata scolpi-
ta da Arnaldo Pomodoro, e all’interno si trova una statua in gesso del XVI secolo, una Madonna con il bimbo seduto sulle ginocchia: questo è l’elemento che più rappresenta lo spirito del luogo. È una statua di derivazione popolare, povera, nonostante raffiguri la Madonna con veste dorata e corona. Ed è proprio questa semplicità che dà la cifra dello spirito che aleggia in queste vallate. Antichi campanili svettano sulla
pianura ravennate, sullo sfondo il profilo delle colline che, nelle giornate terse, si stagliano nitide come una quinta teatrale. Qui, le pievi raccontano storie di un arcano passato medievale. Fra i campanili delle pievi ravennati, uno dei più eleganti è senza dubbio quello della pieve di S. Cassiano in Decimo a Campiano. Oltre al valore architettonico, la sua notorietà è dovuta alla celebre “Bartolla”, una statui-
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na romana di Venere, dea della fertilità, incastonata nella muratura, simbolo del paese e protagonista di leggende, come quella che la vorrebbe indicare un tesoro rintracciabile attraverso l’ombra proiettata dal campanile in determinate notti di luna piena. Lungo la Valle del Savio, i segni del Quattrocento fiorentino si accostano alle memorie storiche del paese e alle tradizioni secolari nella Basilica dell’Assunta a Bagno di Romagna. Entro la terza cappella di sinistra si trova l’immagine della Madonna del Sangue, provvista del titolo di miracolosa: si tratta di una xilografia quattrocentesca raffi-
PERCORSI CHE CI PORTANO ALLA SCOPERTA DI CHIESETTE E BASILICHE, STATUE E ANTICHI CAMPANILI: ITINERARI NEL CUORE DELLA VALMARECCHIA, TRA LE PIANURE RAVENNATI E LA VALLE DEL SAVIO, E DENTRO IL PARCO NAZIONALE DELLE FORESTE CASENTINESI.
gurante la Vergine col bambino reggente la sfera su cui è raffigurato un paesaggio dominato dal castello. Nei secoli, la basilica ricevette dipinti inviati dalle autorità fiorentine. La chiesa accoglie anche manufatti scolpiti. C’è un’antica strada selciata che porta al Poggio e all’Abbazia di San Benedetto, attraversata – pare – da Dante Alighieri in viaggio verso Firenze, e ancora oggi la si può percorrere solo a piedi. Chiesa, chiostro e cripta di questo complesso incastonato al confine Tosco-Romagnolo sono antichi e suggestivi. La strada parte nei pressi di piazza XXV aprile, nell’abitato di San Benedetto in Alpe, ultimo paese romagnolo prima del Passo del Muraglione e delle terre di To74
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scana. Si cammina nella salita di via Dante Alighieri, indicata dalla segnaletica della Via Crucis. L’Abbazia, solitamente aperta ai visitatori, sorge nella parte bassa del borgo Poggio, affacciata sulla valle. Si può raggiungere il cortile interno, con una vista panoramica sulle montagne. Oltrepassato l’abitato di Poggio, scendendo a sinistra per la strada che esce dall’abitato si arriva al bivio dove si tiene la destra verso Marradi: siamo all’interno del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi. In corrispondenza di una svolta a destra si incontra, sul lato opposto, il sentiero che scende verso la valle dell’Acquacheta.
NELLA PAGINA PRECEDENTE, IL SANTUARIO DI SAIANO. IN BASSO, DALL’ALTO, LA BASILICA DELL’ASSUNTA A BAGNO DI ROMAGNA E LA CRIPTA DELL’ABBAZIA DI SAN BENEDETTO.
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IL PORTO TURISTICO DI CERVIA SERVIMAR, L’AMORE PER IL MARE
IL PORTO TURISTICO DI CERVIA È TORNATO A BRILLARE GRAZIE A LORELLA FANTINI E RENZO DELL’AMORE: UNA GESTIONE CHE HA PORTATO ANCHE ALLA VALORIZZAZIONE DEL TURISMO E DEL TERRITORIO.
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Il Porto Turistico di Cervia è un fiore all’occhiello della riviera, situato in posizione strategica, all’imboccatura dello storico porto canale che percorre tutto il Borgomarina dove si susseguono mercato del pesce, ristoranti, negozi e bar, fino all’antica Torre di San Michele e gli imponenti Magazzini del Sale, a due passi dalla centrale piazza Garibaldi. Da tre anni a questa parte, i trecento posti barca (adatti a imbarcazioni fino a 22 metri) sono continuamente sold out, con liste d’attesa che si allungano di continuo. E non finisce qui, perché è quello che ospita il maggior numero di barche di grandi dimensioni in Emilia-Romagna. I nomi sono rigorosamente protetti da privacy, ma tra i clienti ci sono noti imprenditori e stilisti che hanno scelto di ormeggiare nell’accogliente località. Tutto
merito della efficiente quanto lungimirante gestione a cura di Lorella Fantini e Renzo Dell’Amore della Servimar Srl, cervesi doc, con il mare dentro, considerando che entrambi amano ripetere: “Avere la fortuna di lavorare davanti al mare e alla spiaggia è impagabile.” Dal Cantiere Nautico Servimar al Porto Turistico, il passo è stato breve ma tutto in salita. Per loro che hanno accettato la sfida con entusiasmo non è però stato facile far risorgere, per così dire, dalle ceneri un porto turistico in declino. Ma lo hanno fatto con uno spirito ben preciso: “Fare l’interesse del porto e di Cervia, per valorizzare il turismo e il territorio.” L’avvio dei lavori di costruzione del porto risalgono al 1976, prima di allora c’era solo una piccola Darsena per la nautica da turismo. Negli anni si è però assistito a
un lento ma graduale declino che ha raggiunto il culmine tre anni fa. “Quando la coraggiosa giunta di Luca Coffari ci ha affidato la custodia del porto dopo aver vinto nel marzo 2017 il bando di gestione temporanea,” racconta Renzo Dell’Amore, “i clienti stavano scappando. Solo il 40% dei posti barca erano occupati. Ci siamo subito impegnati nella messa in sicurezza e dell’ampliamento dei servizi, pur con i limiti della gestione temporanea che ci consente di fare solo manutenzione ordinaria e non straordinaria. L’obiettivo è stato quello di alzare il livello di qualità dei servizi contenendo i prezzi, con una gestione virtuosa e trasparente.” Oltre 40 anni di esperienza nel settore nautico, consentono a Servimar di gestire al meglio tutte le attività di manutenzione, assistenza, rimessaggio, alle-
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“LA GENTE ORA È CONTENTA PERCHÉ È TRATTATA CON GENTILEZZA, DISPONIBILITÀ E PROFESSIONALITÀ,” AGGIUNGE LORELLA FANTINI. “CONSIDERIAMO IL NOSTRO PORTO COME UN GRANDE ALBERGO, MA CON LE IMBARCAZIONI, IN CUI SI DEVE SAPER ACCOGLIERE, CURARE I PARTICOLARI E TROVARE SOLUZIONI EFFICACI PER QUALSIASI RICHIESTA.”
stimento navale e distributore carburante. Ma se il Porto Turistico di Cervia è tornato a brillare, è merito anche di quella romagnolità di cui i due dirigenti vanno fieri. “La gente ora è contenta perché è trattata con gentilezza, disponibilità e professionalità,” aggiunge Lorella Fantini. “Consideriamo il nostro porto come un grande albergo, ma con le imbarcazioni, in cui si deve saper accogliere, curare i particolari e trovare soluzioni efficaci per qualsiasi richiesta. Noi ce la mettiamo tutta, ascoltando e dimostrando attenzioni, spingendoci fino al massimo delle nostre possibilità. Malgrado non ci sia possibile aprire neanche un bar o punto ristoro, tanto richiesto dai clienti, abbiamo lo stesso trovato un modo di promuovere la convivialità con feste periodiche. Siamo riusciti a trasmettere la nostra passione per questo lavoro, lo vediamo dalla gente che arriva da tutta la Regione e non solo, che ritorna ogni
anno perché si sente come a casa.” Grazie alla rinascita del Porto Turistico anche l’immagine di Cervia è migliorata: è bello vedere i diportisti scendere dalle imbarcazioni per andare a fare un giro in centro, così come lo è notare turisti o residenti che passeggiano lungo il vialetto che congiunge il porto alla spiaggia. Durante la bella stagione è frequente anche osservare gli allegri bambini della Scuola di Vela, a cui
si accede dalla spiaggia libera che Servimar ha avuto in concessione. Cosa augurarsi per il futuro? “La nostra gestione è stata rinnovata fino al prossimo 31 dicembre,” concludono Fantini e Dell’Amore. “Siamo in attesa del bando trentennale del Comune. L’auspicio è quello di una continuità rispetto a questa splendida esperienza, in particolare per i nostri affezionati e simpatici clienti che ci vogliono molto bene.”
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CELEBRARE
L’eredità
FELICE
A 200 ANNI DALLA SUA NASCITA CELEBRIAMO L’ILLUSTRE CITTADINO DI FORLIMPOPOLI PELLEGRINO ARTUSI, ANDANDO ALLA RICERCA DEI LUOGHI CHE NE HANNO SEGNATO LA VITA.
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di Lea Baccarini
Il 4 agosto di 200 anni fa nasceva a Forlimpopoli colui che sarebbe passato alla storia come il padre della letteratura italiana di ricette con il suo celeberrimo bestseller La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene: Pellegrino Artusi. Unico maschio di 13 figli, crebbe in una casa che si affacciava proprio sulla piazza, rivolta alla rocca. Accanto alle due arcate del portico da cui si accedeva alla casa, si trovava la bottega di Agostino Artusi, il padre di Pellegrino: un luogo che egli avrebbe
ricordato come un “guazzabuglio” in cui si poteva trovare “di tutto un poco”. Della casa natale del noto autore e gastronomo, deliberatamente distrutta nel 1961, oggi non resta che una targa. La vita di Pellegrino cambia repentinamente in una notte di gennaio, all’età di 31 anni, quando i briganti guidati dal celebre “Passatore”, Stefano Pelloni, assaltano il teatro di Forlimpopoli, prendendo ostaggio e derubando i notabili e borghesi del paese. Indotti con uno stratagemma ad aprire la porta di casa, anche gli Artusi, che non si erano recati a teatro, furono derubati dalla banda di criminali. Delle sorelle di Pellegrino, la più sfortunata, Gertrude, restò vittima di violenza. Fu quella notte a segnare per sempre il distacco della famiglia di Artusi dal paese natio: la povera sorella, resa folle dal dolore, fu accolta al manicomio di Pesaro. La famiglia Artusi vende casa e bottega, e Pellegrino non tornerà più a Forlimpopoli. La sua vita sarà a Firenze, dove anche Olindo Guerrini, amico e altrettanto ghiotto gastronomo andrà spesso a trovarlo. Il teatro da cui era partita l’impresa che ci ha strappato l’inge-
gno di Pellegrino Artusi era stato inaugurato nel 1830, nell’antico salone d’onore della rocca, sede del Comune. Al suo interno si tenevano le riunioni della locale Accademia degli Infiammati e le stagioni annuali di musica e prosa. Nel 1878 la sala teatrale venne ampliata e risistemata secondo la moda dell’epoca, e il restauro del 1982 ce lo restituisce molto simile a com’era il giorno dell’inaugurazione di cent’anni prima. Oggi la memoria di Pellegrino Artusi è tenuta viva a Forlimpopoli non solo da una statua in bronzo dello scultore forlimpopolese Mario Bertozzi, all’ingresso in città arrivando da Forlì, ma anche da Casa Artusi, nata nel 2007 e ospitata nell’antico convento dei Servi di Maria: uno spazio con in cui rappresentare la cultura gastronomica a tutto tondo. A portare lustro al nome di Artusi c’è anche l’Istituto alberghiero; non poteva poi mancare la festa cittadina dedicata al suo cittadino più illustre, la Festa Artusiana, che si tiene anche quest’anno, nonostante tutto, ai 200 anni dalla nascita, dedicata al buon cibo e al mangiar bene: un’eredità felice, da custodire gelosamente.
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