Forlì In Magazine

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Forlì

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Tariffa R.O.C.: Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB - FILIALE DI FORLÌ - Contiene i. p. - Reg. al Tribunale di Forlì il 23/11/1998 n. 27 - E 3,00

Anno XVI - N. 1 - FEBBRAIO - MARZO 2013

Rocco

Ronchi Filosofia del vivere

Riciclo creativo Tutto si trasforma Via dei Tigli e Monte Poggiolo Colpo d’occhio sulla piana Speciale Design Spazio alla creatività


www.grafikamente.it

show room Forlì - via Balzella, 4/E

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Bologna - Forlì - Cesena - Ravenna - Faenza - Rimini


Sommario

10 4 Annotare

10

Brevi IN

10 Essere

Rocco Ronchi

16 Recuperare

Riciclo creativo

20 Visitare

Via dei Tigli

e Monte Poggiolo | EDITORIALE di Andrea Masotti |

Il filosofo Rocco Ronchi, protagonista sulla copertina di Forlì IN, ci racconta cosa significa oggi parlare di filosofia, in un mondo incalzato da cambiamenti che chiedono di essere declinati in senso positivo. Trasformazioni continue che in qualche modo coinvolgono anche la materia: ne sono un esempio i laboratori, i mercatini e le attività associative sempre più attente al riciclo creativo degli oggetti, al centro di iniziative originali ed ecosostenibili realizzate in varie parti della città, di cui si parla nel secondo articolo della rivista. Proseguiamo con la scoperta del territorio incamminandoci lungo una solitaria

Stampa: Graph S.N.C. - San Leo (RN) Direttore Responsabile:

via tra i calanchi su cui si affaccia il castello di Monte Poggiolo, e recuperiamo storie della tradizione romagnola come quella dei cacciatori in valle e in pineta. Antiche sculture in cartapesta ci conducono alla scoperta di un’affascinante forma d’arte sacra; con la nuova stagione del golf ci avviamo invece verso la primavera con un interessante programma proposto dalle Ladies, mentre nella rubrica libri troviamo un’intervista alla scrittrice Erminia Crociani. Chiudiamo la rivista con lo speciale design, che offre alcuni spunti preziosi per arredare la casa in modo elegante ed originale. Buona lettura!

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Edizioni IN MAGAZINE S.R.L.

Sabrina Marin

Redazione e amministrazione: Via Napoleone Bonaparte, 50 - 47100 Forlì tel. 0543.798463 - fax 0543.774044

Collaboratori:

Redazione centrale:

Maria Vittoria Andrini, Linda Antonellini, Lidia

Roberta Brunazzi, Serena Focaccia

Bagnara, Annalisa Balzoni, Andrea Casadio, Serena

www.inmagazine.it inmagazine@menabo.com

Focaccia, Massimo Fiorentini, Francesca Miccoli, Matteo Ranucci, Giorgio Sabatini, Aldo Savini.

Impaginazione: Marica Graziani Controllo produzione e qualità: Isabella Fazioli

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Ufficio commerciale: Gianluca Braga,

Andrea Masotti

Progetto grafico: Lisa Tagliaferri

26 Raccontare Doppiette ravennati 33 Scoprire Antiche cartapeste 36 Giocare Golf 40 Scrivere Erminia Crociani 43 Speciale Design Spazio alla creatività

Chiuso per la stampa il 28/02/2013

Tutti i diritti sono riservati. Foto e articoli possono essere riprodotti solo con l’autorizzazione dell’editore e in ogni caso citando la fonte.


Annotare | Brevi IN

Galleria a cielo aperto in via Giorgio Regnoli Invito al vino con Don Abbondio

Forlì - Cinque serate per imparare a compiere i primi passi con un bicchiere di vino in mano: è l’“Invito al Vino” proposto dall’osteria Don Abbondio di piazza Guido da Montefeltro, in collaborazione con il Cral Cassa dei Risparmi di Forlì. Dal 12 febbraio al 26 marzo sono in programma incontri guidati dal sommelier Simone Zoli (nella foto), per imparare a gustare ed apprezzare i migliori vini delle regioni italiane. Il gran finale è per martedì 26 marzo, con una serata all’insegna delle bollicine, con degustazione di cinque spumanti storici. Info e prenotazioni: 0543 711245.

Forlì - Via Giorgio Regnoli si propone come la via dell’arte e del buon vivere, caratterizzata da attività artigianali ma anche da ristorazione, per promuovere uno stile di vita sostenibile a “km 0”. Il progetto è un concreto proseguimento del cammino iniziato durante le manifestazioni organizzate nel 2011 e nel 2012 con “L’innovazione responsabile” e la “Notte verde europea”. Grazie all’impegno dell’associazione culturale “Regnoli 41” il 2013 si apre con cinque mesi di “Galleria a cielo aperto”, con sedici

installazioni ospitate da muri e terrazzi delle case di via Regnoli. Ogni sei mesi nuovi artisti esporranno le loro opere, dando continuità al progetto di donare una nuova identità alla strada e di evitare la presenza di spazi degradati a livello visivo. In mostra “a cielo aperto” le opere dell’artista croata Irena Kraljic, di Montserrat Ventura (Messico), Suzana Saleh (Romania), e ancora Delio Piccioni, Vito Matera, Francesco Fantini, Gino Balena, Consuelo Tomassini. regnoli41@gmail.com

Ph. Giorgio Sabatini

Salvatore Sanna, nuovo questore

Ph. Giorgio Sabatini

Forlì - Salvatore Sanna, 59 anni, dal 1° dicembre scorso è il nuovo Questore di Forlì-Cesena. In Polizia dal 1975, è stato alla Digos di Torino e ha diretto vari commissariati, fino a ricoprire l’incarico di vicequestore di Torino. Sanna raccoglie il testimone da Antonino Cacciaguerra, che ha lasciato l’incarico per raggiunti limiti d’età.

4 | IN Magazine

Green economy, fondo energia per le Pmi Emilia-Romagna - Migliorare l’efficienza energetica delle piccole e medie imprese dell’Emilia-Romagna: con questo scopo nasce il “Fondo rotativo di finanza agevolata per il finanziamento della green economy”, per incrementare gli investimenti delle imprese a favore di beni e servizi destinati a migliorare l’efficienza energetica e lo sviluppo delle fonti rinnovabili. Il fondo, approvato dalla Regione Emilia-Romagna, dispone di un plafond iniziale di 24 milioni di euro; è gestito dal raggruppamen-

to temporaneo d’imprese formato dai Confidi regionali Unifidi-Fidindustria. Il fondo concede finanziamenti agevolati con provvista mista della durata massima di 4 anni, da 75mila euro fino ad un massimo di 300mila euro per progetto. Possono fare ricorso al nuovo “fondo energia” le piccole e medie imprese che operano nei settori dell’industria, dell’artigianato e dei servizi alla persona. Le domande possono essere presentate a partire da marzo 2013. www.fondoenergia.eu


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Il libro di Camprini a sostegno della Ricerca

Sulle vie dei cammini Bagno di Romagna - Itinerari di due giorni nelle Foreste Casentinesi tra Romagna e Toscana, messi a punto dal Parco delle Foreste Casentinesi in collaborazione con varie realtà del territorio. Il programma prevede sei viaggi a piedi di due giorni per camminare, mangiare, dormire e scoprire insieme il Sentiero delle Foreste Sacre, il Cammino di San Vicinio e la Via Romea Germanica. Il 13 e 14 aprile si va da Bagno di Romagna a Camaldoli; il 4 e 5 maggio si segue la Via Romea Germanica da Civitella a Bagno di Romagna, mentre il 18 e il 19 maggio l’itinerario è Bagno - La Verna. Il calendario estivo si chiude il 22 e 23 giugno con un percorso che tocca le Balze e Sant’Agata Feltria, attraversando il Monte Fumaiolo. www. bagnodiromagnaturismo.it

Ph. Giorgio Sabatini

Ottocento anni per Piazza Saffi

Forlì - Fino ad aprile i portici di piazza Saffi rimangono addobbati con gli stendardi sospesi dedicati alla storia della piazza, che nel 2012 ha celebrato i suoi primi 800 anni di vita. Otto secoli raccontati attraverso immagini evocative, presentate a gruppi e scolaresche anche attraverso visite guidate e laboratori (il prossimo è per sabato 16 marzo, dalle ore 15,30 alle 17,30, con ritrovo all’ingresso del palazzo comunale. Info. 0543 712659).

6 | IN Magazine

Forlì - Diecimila euro raccolti a supporto della Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica. È il brillante risultato ottenuto da Loris Camprini con il suo libro “Un milione di chilometri in moto” (Edizioni IN Magazine “Autori”), uscito a maggio 2012. La consistente cifra, consegnata a fine gennaio alla onlus, è stata finalizzata al progetto di ricerca CFaCore (Cystic Fibrosis Animal Core Facilty). Nel volume, ormai prossimo al tutto esaurito, l’architetto forlivese Loris Camprini racconta per parole e immagini i suoi viaggi in moto, un milione di chilometri vissuti appassionatamente raccontati tra aneddoti divertenti ed episodi curiosi sulle strade del mondo, dall’Australia agli Stati Uniti, dall’Irlanda alla Tasmania.

Ph. Giorgio Sabatini

Il San Domenico racconta il Novecento Forlì - Fino al 16 giugno ai Musei San Domenico di Forlì è allestita la mostra “Novecento. Arte e vita in Italia tra le due guerre”. Il ricco percorso espositivo, suddiviso in quattordici sezioni, approfondisce il trentennio dell’arte del secolo scorso che parte dal primo dopoguerra e arriva alla conclusione

del secondo conflitto mondiale, con un focus centrato sugli anni Venti e Trenta tra opere pittoriche, grafiche, scultoree di artisti del calibro di Picasso, Severini, Casorati, Carrà, Guttuso, Martini, Manzù e tanti altri. In mostra anche oggetti d’arredo e abiti d’epoca (nella foto il taglio del nastro inaugurale). Ph. Giorgio Sabatini



Annotare | Brevi IN

Pittura al Don Abbondio con le tele di Demos Ecipar diventa Cna Formazione

Forlì-Cesena - Ecipar ForlìCesena cambia nome e diventa Cna Formazione Forlì-Cesena. La nuova denominazione sottolinea l’impegno di Cna nel campo della formazione e della consulenza formativa. “Grazie ad un’esperienza di quasi 30 anni di lavoro – afferma il direttore generale di Cna Forlì-Cesena Franco Napolitano (nella foto, al centro) – ci proponiamo ora con rinnovate energie e modalità. In un contesto difficile, per Cna è un impegno strategico offrire opportunità e strumenti che sostengano le imprese lungo il loro percorso di crescita”. Cna Formazione è contattabile al numero 0543 473637 o via mail a info@cnaformazionefc.it; il catalogo dei corsi 2013 è disponibile sul nuovo sito www.cnaformazionefc.it

Cura del glaucoma ai vertici nazionali Forlì - L’Unità Operativa di Oftalmologia dell’Ausl di Forlì all’avanguardia per la cura del glaucoma. Fiore all’occhiello del Centro glaucoma forlivese è l’attività chirurgica: l’équipe diretta dal dott. Paolo Maria Fantaguzzi (nella foto) offre, in questo campo, le più innovative tecniche di chirurgia mini-invasiva, diagnosi sofisticate e percorsi ad hoc, al punto da essere divenuta, in questi anni, un punto di eccellenza in EmiliaRomagna e a livello nazionale.

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Forlì - In occasione della mostra “Novecento. Arte e vita in Italia tra le due guerre” ai Musei San Domenico a Forlì, l’enoteca e ristorante Don Abbondio in piazza Montefeltro a Forlì espone le opere del pittore riminese Demos Bonini. Demos è tra i protagonisti del linguaggio pittorico reali-

sta del Novecento, inserito dai critici tra i migliori pittori contemporanei italiani. Storie di mare e collina, di fatiche contadine e di abitudini borghesi raccontate con tutta l’ironia, l’inquietudine e la gioia tipica dei sopravissuti alla seconda guerra mondiale. Demos ha dipinto sentimenti e stati d’animo vissuti di pari passo col fluttuante ritmo della sua città, quella Rimini metropolitana in estate e pigra in inverno. Le sue opere sono state esposte in decine di gallerie in Italia e all’estero ricevendo premi prestigiosi, e l’artista ha vissuto intense storie di amicizia, tra gli altri, con Federico Fellini, Renato Guttuso e Sergio Zavoli. www.demosbonini.it (s.m.)

La Bottega di Mamma Rò, aromi d’America Forlì - Originali aromi d’America nella Bottega di Mamma Rò, negozio di tessuti, complementi d’arredo e articoli da regalo a Forlì, in viale Spazzoli 14. Qui si trovano in esclusiva le famose Yankee Candle, fragranze reali con i profumi della natura, confezio-

nate nel tipico contenitore a forma di giara, elemento distintivo del brand. Oggi Yankee Candle è un’azienda leader a livello mondiale nel settore delle profumazioni di qualità per l’ambiente, grazie alle sue fragranze uniche per ogni stagione e occasione.


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Essere | Rocco Ronchi

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Filosofia

del

Vivere

testo Serena Focaccia

Il forlivese Rocco Ronchi racconta il suo essere filosofo oggi e ci accompagna in una riflessione su come “abitare” la realtà, sulle difficoltà e le sfide di vivere in maniera consapevole il nostro tempo.

Rocco Ronchi, forlivese dal brillante curriculum accademico, è professore ordinario di Filosofia teoretica all’Università di L’Aquila. È stato docente di Filosofia della comunicazione alla Bocconi di Milano ed è visiting professor presso l’Università Hosei di Tokyo. Il suo parlare però non ha niente di cattedratico o artificialmente astratto, è il filosofo che ogni studente vorrebbe ascoltare mentre ragiona di filosofia e intanto, inevitabilmente, di vita. Cominciamo dunque parlando di vita. Qual è stato il tuo approccio alla filosofia e il tuo percorso personale?

“Non ho mai pensato che avrei potuto fare altro. Al liceo la filosofia era insegnata male, in modo retorico e vuoto. Come quasi tutti i miei compagni sonnecchiavo durante le lezioni. La necessità della filosofia mi arrivava allora dalla politica, o meglio dall’agitazione che si sentiva nell’aria. Volevo capire per poter agire e solo la filosofia mi poteva dare una risposta. In più come ogni adolescente ero turbato e volevo comprendere le ragioni del mio turbamento. Volevo fare della mia confusione esistenziale un sapere.

Heidegger ha detto che la filosofia, prima di essere una disciplina, fa parte della natura dell’uomo. Su questo credo abbia ragione. Chi può negare che la domanda che chiede ‘perché qualcosa invece di niente’ non l’abbia travolto almeno una volta? Poi, dopo l’università a Bologna, dove ero rimasto molto deluso (lì non si faceva filosofia, ma si addestravano dei tecnici della cultura), ci sono stati gli incontri. Ho avuto l’immensa fortuna di avere come maestro un vero filosofo, un uomo straordinario per cultura e umanità: Carlo Sini. Nei primi anni ottanta, andandomene a Milano da Sini, ho finalmente incontrato la filosofia e il dibattito filosofico, allora ricchissimo: Vattimo, Severino, Cacciari, Vitiello, solo per citarne alcuni. Tutte persone diversissime, difficili, talvolta insopportabili e sempre in polemica tra loro, ma accomunate dalla stessa idea di filosofia. La filosofia non è (solo) ‘cultura’, non è un museo e i filosofi non sono degli operatori culturali ossessionati dall’idea di guadagnarsi un posto fisso in università. La filosofia doveva e poteva essere vita, anzi era la vita portata al suo grado massimo di

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Oggi, ieri, l’altro ieri: a fianco Rocco Ronchi nel suo studio forlivese; in apertura una sua foto di qualche anno fa. Nella pagina seguente fototessere del 1985, quando svolgeva il dottorato a Parigi.

Ph. Giorgio Sabatini

intensità (questa mi pare una buona definizione di ciò che s’intende con l’aggettivo ‘speculativo’ che mi piace molto per definire quello che cerco di fare con la filosofia…).” Che cosa significa e implica occuparsi di filosofia oggi, in questo frangente storico e culturale?

“Proprio quello che ho appena detto. Continuare a fare filosofia in un tempo che per una serie di ragioni materiali sta dismettendo la filosofia, vale a dire il pensiero critico, il pensiero resistente, sostituendolo con dei simulacri di pensiero. La filosofia, fin dal suo inizio, ha sempre avuto a che fare con una differenza, con una eccezione e talvolta anche con una infrazione della regola. Tutti conoscono la vicenda socratica. A chi lo accusava di empietà e di corruzione dei giovani,

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Socrate rispondeva che ‘una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta’. Ebbene, anche in questo frangente storico, anzi soprattutto oggi, occuparsi di filosofia vuol dire innanzitutto continuare ad essere empi e a corrompere i giovani. Voglio dire che se la filosofia rinuncia ad essere quello che è sempre stata, e cioè una problematizzazione dell’ovvio, smette di essere filosofia per diventare quello che alcuni apologeti dello status quo credono che essa sia: un modo efficace per formare delle menti plastiche in grado di integrarsi perfettamente nel sistema produttivo e capaci di farlo funzionare nel miglior modo possibile. La formazione filosofica per costoro ha il senso di una ginnastica mentale che deve rendere alcuni giovani più ‘prestanti’. Non

si cita, forse, a questo proposito, il caso di Marchionne, che è laureato in filosofia? O non si spaccia addirittura per un guru del pensiero un indubbiamente geniale operatore di marketing come Steve Jobs? Ebbene io credo invece che si debba essere chiari. La formazione filosofica, se è veramente tale, produce disadattamento. Da un certo punto di vista effettivamente ‘rovina’ i giovani (e non favorisce la loro ‘integrazione’), ma è una rovina che ha il senso della veggenza, che apre in loro un altro occhio, che regala momenti altissimi di lucidità. Molti miei colleghi pensano che la filosofia sia solo una faccenda di ‘competenze’. Indubbiamente le competenze sono indispensabili e la filosofia è un mestiere che richiede studi specialistici di straordinaria difficoltà. Ma non bisogna mai dimenticare che se un ragazzo sceglie gli studi filosofici, lo fa per altro. È perché vuole essere ‘corrotto’, perché vuole ‘vedere’.” Nel tuo ultimo libro (Come fare. Per

una resistenza filosofica, Feltrinelli 2012) scegli di trattare del “come” facciamo le cose (e non del “perché” o del “che cosa” facciamo) e indichi questa domanda come necessaria per individuare delle forme di “resistenza”. Questa resistenza, che mi sembra un concetto di urgente attualità, come la possiamo mettere in pratica quotidianamente?

“Sì. Ritengo che la domanda che chiede ‘come’ sia più interessante di quella classica che chiede ‘perché’. Essa implica infatti che si sia presi in una situazione, che si sia parte del mondo e non spettatore disinteressato. Chi chiede ‘che cosa’


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Scatti d’epoca: un giovanissimo Rocco Ronchi con Sandro Veronesi ed Edoardo Albinati, insieme a Parigi nel 1985.

o ‘perché’ è a distanze siderali dal mondo che interroga e che giudica, non vi partecipa. Invece chi chiede ‘come fare’ è gettato nel mondo. La domanda che chiede ‘come fare’ è insomma una domanda ‘etica’. Essa chiede come ‘abitare’ quel divenire assoluto che siamo e che non possiamo non essere (provateci, se ci riuscite, a sfuggirgli…). La filosofia del Novecento - penso ai miei maestri intellettuali: Bergson, Gentile, Whitehead, Deleuze… - ha assolu-

sono le nuove sfide e le nuove domande a cui la filosofia deve provare a rispondere?

“La questione fondamentale è il rapporto con la scienza. Il dialogo tra scienza e filosofia deve essere riaperto. La filosofia, deve provare a produrre concetti adeguati per quel reale che la scienza discopre e che forse la scienza non è in grado di pensare (non lo pensa perché troppo viziata da una cattiva metafisica). Il reale che la scienza attinge

Un nuovo senso del divenire tizzato il divenire, il cambiamento, il processo. Il problema che ci ha lasciato in eredità, un problema immenso, è come far sì che questo divenire sia creativo, affermativo, vitale. In un certo senso, che sia ‘buono’. Le ideologie mortifere del Novecento – prima fra tutte il fascismo italiano – avevano eletto il divenire a principio e fondamento (‘chi si ferma è perduto’ era uno degli slogan del ventennio) e ne avevano tratto conseguenze orribili. Lo stesso turbo-capitalismo finanziario di oggi è una metafisica del divenire. Ebbene, la questione che pongo nel mio libro è come resistere al falso divenire, alla mobilitazione totale dei corpi e delle anime messa in atto da fascismo e capitalismo, ed è come divenire ‘bene’ o, come mi piace dire usando un’espressione tratta dal lessico della psicoanalisi, come fare del divenire un fattore di ‘godimento assoluto’.” Il tuo sguardo verso il futuro: quali

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non è più a misura d’uomo, in un certo senso ne prescinde. Copernico, Darwin, Freud sono i fondatori della modernità scientifica proprio perché hanno congedato ogni illusione di centralità dell’uomo e hanno pensato la coscienza, la soggettività, l’uomo appunto, come un effetto, come una piega del divenire delle cose. Per pensare questo reale senza l’uomo, la filosofia deve allora ritornare alla sua origine. Per i greci filosofare voleva infatti dire proprio abbandonare lo sguardo umano sulle cose, provare a oltrepassare la condizione umana. Filosofare per loro era dimenticarsi di sé per rapportarsi alla ‘cosa’ senza l’uomo. Questo mi pare il grande compito della filosofia a venire: produrre un pensiero non più centrato sul primato dell’uomo. L’abbandono di ogni antropocentrismo permetterà di ripensare la natura in una chiave nuova, forse non più di dominio e di sfruttamento.” IN



Recuperare | Riciclo creativo

Tutto si

Trasforma

testo Francesca Miccoli - foto Giorgio Sabatini

Laboratori e swap party, mercatini e percorsi didattici. Il riciclo creativo, lo scambio di oggetti e di idee sono alla base della nuova cultura contemporanea, con un occhio all’ambiente e uno alla solidarietà.

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Usa e getta addio. Al tempo della crisi, aguzzare l’ingegno diventa indispensabile e l’arte del baratto torna ad imporsi in una quotidianità troppo spesso improduttiva. Lo swap (letteralmente scambio), termine mutuato dall’universo finanziario e informatico, è oggi alla base di una vera e propria filosofia di vita. Una sorta di shopping gratuito che garantisce una nuova esistenza agli oggetti usati, spesso destinati in maniera affrettata e su-

perficiale al cassonetto dei rifiuti. E proprio in nome del vivere green & glamour, salutare ricetta per abbattere i costi senza necessariamente abdicare alla qualità, si moltiplicano feste ad hoc, negozi, community on line. Un must che non poteva non attecchire all’ombra di Saffi. In principio fu il Megaforlì, che nel maggio 2010 ospitò un primo, fortunato, swap party e la presentazione del volume “I love swapping” della giornalista del “Corriere del-


la Sera” Marina Martorana, teorica

le Famiglie, che rastrella oggetti

del consumo ecosostenibile come pratica divertente e antidoto contro la solitudine. Sempre i locali di corso della Repubblica furono teatro del workshop “L’arte del riciclo” e ogni primavera si trasformano in contenitore di eventi quali RiUso. Ma l’ombelico del mondo del baratto nostrano è il Pelacano

utili per affrontare la dolce attesa e soddisfare le esigenze dei neonati. Abiti pre-maman e passeggini ma anche giocattoli e peluches. Solidarietà è la parola d’ordine anche al Villaggio Mafalda, sede del mercato stabile T-riciclo, gestito dai volontari dell’associazione Paolo Babini. “Raccogliamo oggetti usati per la prima infanzia, da rimettere in circolo con l’indicazione di offerta che può essere di 1 o 2 euro - spiega Sara Barbieri, volontaria del gruppo e dipendente dell’omonima cooperativa -. Il ricavato viene devoluto per i nostri progetti solidali e a sostegno del disagio”. Ricostruire appartenenza attraverso il riuso è la sfida del

Loft, dal 1° dicembre scorso sede dell’associazione forlivese “Riciclando Riusando”, sodalizio che

promuove la vendita a km zero da privato a privato. “Chi ha nella propria abitazione oggetti inutilizzati e vuole liberarsene - spiega Ambra Amaretti, ideatrice del progetto può aderire alla nostra iniziativa ed entrare nel circuito”. Per diventare associati è sufficiente acquistare la tessera annuale d’iscrizione a 15 euro, l’adesione per un mese di prova costa appena due euro. Nella vecchia officina artigianale di via Pelacano 15/A, 160 mq un tempo deputati alla creazione di infissi, l’impatto sensoriale è fortissimo. Tra divani e complementi d’arredo recuperati tra i rifiuti, lampadari che sembrano di vetro di Murano e in realtà risorgono sulle ceneri di bottiglie di plastica, chiunque può ricavare uno spazio in cui allestire un “garage sale”, un piccolo negozio autogestito. Nel loft vanno in scena numerose iniziative: dai laboratori di riciclo creativo e di cucito a macchina allo speed date business, una sorta di baratto delle idee. All’insegna delle tre erre - riciclo, riuso e risparmio - anche il mer-

Sotto, l’attività di T-riciclo del Villaggio Mafalda. In apertura lo staff di “Riciclando Riusando”, nella sede del Pelacano Loft.

catino organizzato dal Centro per

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A fianco la “Biottega” alimentare de “L’ape Bianca”; sotto il tema del riciclo protagonista anche del corteo di Carnevale.

raccolta di oggetti usati e mercatini per la raccolta fondi gli ospiti delle accoglienze Caritas solidarizzano con i cittadini forlivesi, dando vita ad una sola famiglia allargata. Anche per Flavio Milandri dell’associazione Fantariciclando, promotrice di valori quali il riuso creativo con fini artistici, di design e pedagogici, “la pattumiera è una miniera di opportunità. Lavorando su oggetti di scarto i nostri educatori danno avvio a un percorso didattico basato sul racconto e sulla metafora, come avviene ad esempio attraverso le favole contemporanee di Renata Franca Flamigni”. Consumare meno e meglio razionalizzando le risorse è infine la mission della cooperativa sociale Ecoliving, promotrice del progetto L’ape Bianca, votato allo spreco

progetto Recuperandia, promosso

da Centro di Ascolto, Caritas diocesana, associazione Incontri e Comitato per la lotta contro la fame nel mondo. Attraverso momenti di formazione, laboratori creativi,

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zero e all’economia ecosostenibile. Nell’ampio spazio di viale Bologna trovano cittadinanza punti vendita non convenzionali: dalla “Biottega” alimentare al negozio di abbigliamento in fibra naturale, materiale di recupero e di seconda mano. E ancora fiere del baratto e riuso. “Presto la ‘Biottega’ conferirà al nostro ristorante prodotti non ancora scaduti che verranno ‘riciclati’ sotto forma di biscotti, crostate, pasta fresca, sughi pronti e saranno nuovamente messi in vendita nel negozio”, spiega Alice Cubeddu, vicepresidente di Ecoliving. Insomma, nel mercatino parrocchiale come nel pittoresco bazar artigianale, l’imperativo è sempre il medesimo: nulla si crei, nulla si distrugga, tutto si trasformi. IN


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Visitare | Via dei Tigli e Monte Poggiolo

Colpo d’occhio

sulla

Piana

testo Matteo Ranucci - foto Giorgio Sabatini

Confine strategico tra Stato Pontificio e Granducato di Toscana, oggi solitaria carrareccia tra i calanchi. La panoramica Via dei Tigli, su cui si affaccia il castello di Monte Poggiolo, regala una vista unica tra Faenza, Bertinoro e il mare.



Il camino della vecchia fornace di Forlì è a due passi dall’incrocio con via Biondina. L’opificio produsse mattoni fino al 1971; alla fine dell’800 vi fu una riunione segreta alla quale parteciparono quaranta mazziniani. Via dei Tigli si stacca a destra dalla stretta linea d’asfalto di via Rio Cozzi, al principio della

strada principale che conduceva e conduce nella valle del torrente Samoggia, in terra faentina. La strada di sassi e terra comincia a salire. Un cancelletto in ferro battuto ricoperto da rampicanti chiude una scala di pietra desueta e inaccessibile che sale al sagrato e alla facciata in mattoni della chiesa di Monte Calvario. È un edificio sconsacrato, costruito nel XV secolo, abbellito da elementi dell’architettura barocca, da stucchi. Via dei Tigli è anche la strada vicinale di Mezzacollina. Era una

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delle più brevi e frequentate per raggiungere la città di Faenza. Sale su queste prime colline i cui nomi si leggono a fatica sulle carte topografiche: Monte Cucco, Monte Collina, Monticino. Si guadagna quota ed una vista da prima fila su valli, coste, colli. È un colpo d’occhio importante. A sinistra, su un piano lontano, s’intuisce il piccolo valico delle Converselle, la conca stretta delle rupi scavate dal Rio Cozzi e, oltre, la cima rocciosa di Pietramora. In primo piano, i calanchi sono la formazione tipica. Hanno strane geometrie, in continuo mutamento. Le argille grigiastre sono instabili, modellate da pioggia e vento. Appaiono come creste montuose, cordigliere viste da un satellite, veri e propri squarci in coste altrimenti dolci di erba o coltivate a foraggio, vite e ulivi. La vegeta-

Sopra, il percorso lungo la via dei Tigli, accompagnato dalla vista costante del castello di Monte Poggiolo.


zione è composta da arbusti, rosa canina, ginestre, erba alta e sottile. A poche centinaia di metri di distanza, la Valle del Montone appare più lontana. C’è silenzio, le auto faticano a percorrere questa carrareccia, persone a piedi se ne incontrano poche se non quelle impegnate nei lavori dei campi. Difficile immaginare questo luogo come confine strategico, movimentato, combattuto e controllato tra lo Stato Pontificio e il Granducato di Toscana. Ma lo era. “Casa

Croce”, ora ridotta a rudere, a metà della salita, era un vecchio avamposto, un simbolo che testimonia la lotta di frontiera contro antichi contrabbandieri. Crescono anche il biancospino, il prugnolo su basamenti instabili, precari. Formano ciuffi sparsi o linee di vegetazione che seguono il bordo dei calanchi. Il colore predominante è un verde chiaro tendente al giallo, con i toni smorzati dalla stagione invernale. La carrareccia, meno stabile e comoda nella sua parte alta, incrocia la strada di crinale. È una linea sottile che percorre la cresta di questa prime colline. Una delle ultime vere “vie” sterrate. Unisce Monte Poggiolo al passo di bassa collina delle Converselle. Ci sono poche case abitate, alcuni ruderi e casolari dalla posizione invidiabile su cucuzzoli stondati e isolati. Si cammina tra i 200 e i 280 metri sul livello del mare. L’Adriatico è una linea spessa

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In alto, la chiesetta di Santa Maria del Calvario, edificio del XV secolo oggi sconsacrato.

che segna l’orizzonte. Si distinguono i grattacieli di Cesenatico e Milano Marittima. Verso nord l’abitato di Faenza, a est Forlì ed i colli appuntiti di Bertinoro e Monte Maggio. Non ci

sono ostacoli, alture ad impedire la vista dell’ampia pianura. La salita è terminata. La bruma invernale offusca i dintorni di prima mattina e all’imbrunire. Nelle ore centrali è spazzata via da una brezza più tiepida, che schiarisce l’aria e definisce di particolari il paesaggio. Due chilometri di panorama puro, a destra, a sinistra, di fronte. Anche il castello di Monte Poggiolo fa parte ARRIVO

della scena. Dal primo balzo domina sulla pianura. Le mura spesse e le quattro torri, di cui il maschio alto diciotto metri, formano una

corte non troppo ampia in cui un tempo sorgeva la “piazza d’armi” e l’abitazione del comandante. È una presenza importante, massiccia, nonostante le sue linee siano in parte segnate da anni di abbandono. Dalla base del forte si può intuire la sua funzione fondamentale tra i castelli del territorio, quella di torre di avvistamento, grazie alla posizione impareggiabile di predominio sulla spianata fino al mare. Ripercorrere a ritroso la strada non è una ripetizione banale, monotona. L’angolo della visuale cambia di 180 gradi. Il panorama resta di prim’ordine. I temi principali rimangono gli stessi, solo un’altra prospettiva, altri soggetti e dettagli a riempire la scena. IN

Informazioni sul percorso

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PARTENZA i

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Chilometri totali: 7,2 Tempo di percorrenza: 2 ore circa Difficoltà: medio-facile Partenza: strada Rio Cozzi incrocio via Biondina - Terra del Sole Percorso abbastanza semplice, con una salita nella parte iniziale di circa 2 chilometri. Giunti sulla strada “principale”, anch’essa sterrata, si svolta a destra. La parte centrale dell’itinerario è su una strada di crinale, che alterna una lieve salita e una lieve discesa. Il castello di Monte Poggiolo è visibile per quasi tutto l’itinerario ed indica la direzione. Il ritorno è per la stessa strada. Il terreno è composto da terra misto ghiaia, e può risultare infangato.


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Raccontare | Doppiette ravennati

I cacciatori

della

Valle

testo Andrea Casadio - foto Massimo Fiorentini

Ha radici antiche la passione dei ravennati per la caccia, tra precise tecniche venatorie e riti sociali. Storie di secoli passati quando l’uomo, strettamente connesso alla natura, ne condivideva anche il lato crudele.



È verità universalmente riconosciuta anche da coloro che non hanno una particolare dimestichezza con le discipline storiche, che la seconda metà del XX secolo ha rappresentato un mutamento repentino e profondo negli stili di vita della società italiana. Anche Ravenna, ovviamente, non ha fatto eccezione. Su queste pagine si è narrato di tante manifestazioni che non hanno retto alla furia della modernizzazione novecentesca. Una di queste, e fra le più tipiche, era la passione tutta ravennate per la caccia. La sua diffusione fu strettamente correlata, fin da tempi antichissimi, alla condizione ambientale del territorio, con la presenza di vaste aree incolte e selvagge, delle paludi e dei boschi, e poi delle pinete, che fornivano un’ampia gamma di prede. Si andava da una ricca schiera di volatili (pernici, fagiani, quaglie, merli, anatre e vari uccelli di valle) a piccola selvaggina come le lepri, fino a prede di stazza maggiore che, almeno fino ad un certo periodo, popolarono le pinete, come cervi, caprioli, e anche lupi. Se per i nobili, a partire dal Medioevo, l’attività venatoria era uno status symbol che univa diletto e affermazione di ruolo sociale, per i più poveri costituiva un’importante fonte di sostentamento, integrativa di quella agricola o anche esclusiva, nel caso di quelli che i “cacciatori” lo facevano di mestiere. Mentre i primi si esercitavano nell’uccellagione con lo sparviero o il falco, borghesi e popolani si avvalevano della balestra, sostituita dall’archibugio a partire dal XVII secolo. Tutti, ov-

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viamente, con l’immancabile ausilio del cane da caccia. I documenti antichi testimoniano poi dell’esistenza, almeno fino al ‘500, delle “pantere”, strutture semi-stabili costituite da un fossato e da una rete, utilizzate per la cattura degli uccelli nelle zone di valle o di pineta. Ma non c’era solo l’aspetto strettamente utilitaristico. La caccia era anche, e forse soprattutto, un’attitudine mentale, uno stile di vita in cui l’atto

in sé era solo un elemento fra i tanti che distinguevano il vero seguace di Sant’Uberto. Gli altri erano un vasto contorno fatto di rapporto con la natura, segni identitari come l’abbigliamento tipico (la sacona, giacca di velluto dall’ampio tascone alla base della schiena), riti sociali

In alto, un “rastello” ravennate. Sotto due cacciatori posano, assieme al loro cane, dopo un’ottima battuta di caccia in valle. (Foto tratte dal volume “Curiosità ravignane” di U. Foschi e G. Ravaldini, Ravenna, Tonini, 1981).


(i ritrovi di gruppo, i racconti di imprese venatorie vere o presunte, le mangiate, gli scherzi a la ravgnâna destinati a fare epoca). Elementi che s’impressero sempre più nella mentalità comune (quasi che essere un buon cacciatore fosse un attributo indispensabile del vero “ravignano”) anche perché caratterizzavano in particolare la caccia in pineta, dove la dimensione collettiva era assai importante. La tecnica tipica, in questo ambiente, era quella del “rastello”, ossia “una adunata tattico-strategica di una quindicina di cacciatori – così la definì Paolo Poletti, l’avuchet Pulett di stecchettiana memoria ed egli stesso accanito cacciatore – che si raccoglie ai primi chiarori dell’alba in un determinato punto della pineta”. Il rastello aveva un “capitano” (carica altamente onorifica attribuita a vita), coadiuvato da un “furiere” (incaricato di organizzare il gruppo dei partecipanti) e dai “baroni” (umili portatori di viveri). “Il capitano dirige l’azione e dà il segnale dell’avanzata: la compagnia avanza a semicerchio: ad un punto designato il rastello si chiude. È quello più emozionante. I tordi saettano da tutte la parti e la fucileria si sgrana vertiginosa”. L’operazione veniva ripetuta più volte nel corso della giornata e non era priva di rischi per i partecipanti, che a volte finiva-

La tecnica del “rastello” no col ricevere la scarica di piombo destinata alle prede. Non è difficile immaginare la competizione fra i diversi rastelli, i momenti di tensione nel caso d’incontro fortuito nel folto del bosco, i sotterfugi per accaparrarsi le posizioni migliori. In effetti, i rastelli non erano aggregazioni estemporanee ma parte di vere e proprie compagnie stabili, di cui abbiamo notizia almeno dal ‘700. Assai celebre, verso il 1820, fu quella degli “Americani”, così chiamata perché sorta attorno al ritrovo dell’osteria al “Cacciatore americano” di Antonio Ghirardini detto Buraccina, in borgo San Rocco, e che celava in realtà una setta di carbonari che elesse come proprio capo nientemeno che George Byron. Verso il 1870 le maggiori erano la “Compagnia di caccia”, i cui membri si ritrovavano nel caffè della piazza di fronte alla prefettura, e la “Capanna”, con sede in vicolo Violino. In seguito le compagnie iniziarono a moltiplicarsi, ognuna con un proprio nome e una propria caratterizzazione.


Ruolo identitario della caccia: sopra, la famiglia ravennate dei Gardella negli anni ‘30 (per gentile concessione di Giuseppe Gardella).

Ecco allora sorgere “Agl’Ombar”, “I Cuntaden”, “E’ Canel” (composta soprattutto da coloni di Porto Fuori), “La Cocla”, nata nel 1888 in una piccola stanza di borgo San Biagio da una secessione dalla Compagnia di caccia. Alcuni giovanissimi componenti della Cocla ne fuoriuscirono a loro volta per creare la “Cumpagnì d’Iorfan”, negli stessi anni in cui la “Parpaia” e i “Bigaròn” davano vita ad una furiosa rivalità reciproca. “E terròr” riuniva invece medici e farmacisti, che arrivavano alla partite di caccia in diligenza e non dovevano go-

Una passione di Romagna A Forlì gli estimatori dell’arte venatoria, trovano ancora oggi una manifestazione fieristica dedicata a questo settore, che si propone come evento di riferimento nel centro Italia per tutti gli appassionati di caccia, tiro sportivo e pesca. È Caccia & Country Expo, ospitata alla Fiera di Forlì, la cui terza edizione è prevista tra novembre e dicembre 2013. Grazie alla presenza e all’impegno delle principali associazioni venatorie, di pesca e sportive, la kermesse fieristica intende essere anche un palcoscenico per iniziative ed attività legate a tematiche di tutela ambientale.

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dere di eccessiva simpatia da parte degli altri sodalizi, dal momento che furono gratificati del poco commendevole epiteto di rompacaz. Particolarmente attivo nella caccia fu poi il Circolo Ravennate. Questo, alla fine dell’Ottocento, in collaborazione con gli ufficiali del presidio militare, introdusse anche la pratica aristocratica della caccia alla volpe in pineta (per quanto si trattasse in effetti di un esercizio di abilità equestre, più che venatoria), ripresa con successo alla fine degli anni ’30, quando l’associazione mutò addirittura il nome in Circolo Ravennate delle Cacce. Rispetto a quella di pineta la caccia di valle, che consisteva in lunghi appostamenti in ricoveri semisommersi spesso fra le intemperie, era un esercizio più solitario e, si può dire, più meditativo. “Il fascino della caccia in palude, chiusi nella botte, a godersi la burrasca (la bura), a scrutare nella nebbia”… Così la rievocava Massimo Stanghellini quando ormai era divenuta un argomento da vecchie memorie “ravignane”. Oggi il rapporto con la natura si cerca in altro modo, magari con in mano una macchina fotografica al posto del fucile. Cosa buona in sé ma anche, a ben vedere, il segno di un distacco. Quello che si è consumato qualche decennio fa, e che ci fa guardare come ad una favola i secoli in cui l’uomo era talmente connesso alla natura da condividerne anche il lato crudele, e al tempo stesso sfruttarla senza remore, proprio perché sapeva di non poterla distruggere davvero. IN


Photos: R. Schedl, H. Mitterbauer

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Scoprire | Antiche cartapeste

Fra arte

e

Devozione

testo Aldo Savini

Originale excursus sulle sculture in cartapesta conservate nelle chiese faentine. Un volume raccoglie questa affascinante arte povera, tutta da scoprire.

Per oltre due secoli, da metà ‘700 agli anni Sessanta del ‘900, a Faenza hanno operato una ventina di plasticatori che, oltre ad altri materiali, hanno utilizzato la cartapesta per opere di statuaria sacra. La monografia “La scultura faentina in cartapesta”, frutto dell’accurata ricerca condotta da Santa Cortesi e con il contributo della Fondazione Banca del Monte e Cassa di Risparmio di Faenza, ha fatto emergere un aspetto della cultura artistica locale trascurato, perché considerato “minore” per quella componente artigianale propria delle botteghe che si tramandavano conoscenze e pratiche esecutive di generazione in generazione. Il libro è di particolare interesse, perché si presta come guida per un percorso alla scoperta di questo prezioso patrimonio artistico locale. Nel clima artistico ricco di fermen-

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Sopra, “Miracolo di S. Biagio”, della Chiesa del Suffragio, di Gaetano Vitenè, (2ª metà del XIX sec). In apertura, “Sacra Famiglia”, Basilica Cattedrale, Enrico Dal Monte, 1923.

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ti innovativi per la presenza a Faenza di architetti, scultori, pittori e decoratori d’interni. Tra questi Giuseppe Pistocchi, il riminese Antonio Trentanove, il piemontese Felice Giani. Per l’impulso dato all’economia locale e al rinnovamento della città dalla prestigiosa manifattura dei conti Ferniani, il primo ad iniziare la produzione della statuaria in cartapesta è Giuseppe Antonio Ballanti, detto Grazià, che inaugura la dinastia familiare dei Ballanti Graziani a

cui per rapporti di parentela seguono i Collina, i Vitenè e infine i Dal Monte. L’evoluzione stilistica della scultura in cartapesta all’inizio assorbe aspetti della tradizione classicista caratterizzata da misura, eleganza e decoro; si avvicina poi ai modelli neoclassicheggianti tipici dell’età napoleonica e successivamente, nella stagione purista, si caratterizza per un naturalismo dai toni carichi di sentimento. Fino all’arrivo in città nell’immediato secondo dopoguerra di Gio Ponti, che provoca la conversione al modernismo e un nuovo interesse per gli arredi d’interno. Le chiese faentine custodiscono molti esemplari di sculture realizzate con questo materiale povero e leggero, destinate alla devozione popolare, una produzione che, intensificatesi nel corso dell’800, si è poi esaurita nella seconda metà del secolo scorso con l’ultimo dei plasticatori, Tano Dal Monte, scultore e pittore recentemente scomparso, alla cui memoria il volume è dedicato. Molte statue erano modellate su stampi e venivano riprodotte in varie copie, tuttavia ognuna mantiene un’originalità individuale per i ritocchi e le decorazioni policrome dell’autore. Il repertorio di immagini è alquanto vario: oltre ai santi una presenza dominante è riservata alla Madonna, spesso con in braccio il Bambino, come la delicatissima Vergine del Rosario nella chiesa di Errano di Giambattista Ballanti Graziani del 1830, o da sola, come l’Addolorata nella chiesa di Sant’Agostino di Francesco Collina Graziani del 1928. IN


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Giocare | Golf

La passione del

Green

testo Mariavittoria Andrini

Uno sport adatto a tutti, con un’offerta di campi di qualità in Romagna: suggerimenti e idee per inaugurare una primavera all’insegna del golf.

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A chi non piacerebbe provare a giocare a golf? Si tratta di uno sport adatto a tutte le età, che coniuga in modo ineguagliato relax, destrezza e abilità (mai forza fisica) e, oltretutto, si pratica in percorsi naturalisticamente ineccepibili. Eppure tanti, troppi sono frenati dal provare questa esperienza, in ragione di una fama che identifica il golf con l’esclusività e l’ampia disponibilità di spesa. Un luogo comune, quello descritto, che è agevole sfatare, constatando come i percorsi disponibili per la pratica golfistica

nel nostro paese si sono, in questi ultimi anni, letteralmente moltiplicati. Certo, esistono ancora club che richiedono un importante investimento per entrare a farvi parte, ma ci sono ormai anche in Italia numerosi circoli – e sono i più – che offrono un idoneo impianto per la pratica sportiva. Nella sola Romagna, o meglio nelle province di Forlì e Ravenna, si trovano quattro campi in grado di soddisfare ampiamente ogni esigenza: dal bellissimo 27 buche di Cervia, al collinare e impegnativo 18 buche


di Riolo Terme, dal 9 buche di Faenza completamente in pianura, fino al tecnico e movimentato 9 buche di Forlì. A Cesenatico, infine, c’è un campo pratica con 4 buche. Il campo dunque non è un problema. Cos’altro serve? Anzitutto un maestro: in ogni circolo ne è presente uno, accreditato presso la Federazione Italiana Golf. Il prezzo di una lezione singola è di 25 euro per 30 minuti, ma si possono frequentare anche corsi collettivi. L’attrezzatura per giocare viene fornita, all’inizio, direttamente dal maestro o dal circolo. Sono necessarie almeno una decina di lezioni prima di poter accedere al campo, una valutazione che spetta al maestro in base all’apprendimento, variabile da persona a persona. A questo punto bisogna cominciare a studiare le regole per poter poi affrontare un piccolo esame, che consente di iniziare a disputare le prime gare. Si arriva quindi all’acquisto di una sacca e di un paio di

Via Marconi 7, Castrocaro Terme Tel. 0543.767305


Ph. Carolina Martines

Quando il green si fa rosa Al Golf Club I Fiordalisi di Forlì da oltre dieci anni esiste l’Associazione Ladies, che raggruppa oltre 50 socie golfiste, senz’altro il fiore all’occhiello del club forlivese e una realtà quasi unica a livello nazionale. Dal 2006 le Ladies propongono un regolare calendario di gare su 9 buche, che si svolgono nella giornata del giovedì e sono aperte a tutti i golfisti iscritti alla Federazione Italiana Golf. L’Associazione organizza inoltre incontri culturali e ludici, sempre con particolare attenzione all’attività benefica che costituisce per il comitato un obiettivo centrale. Il calendario 2013 è ancora più ricco e corredato da una serie di eventi collaterali, concepiti “oltre il golf”, per un pubblico non solo di giocatori. Ecco i prossimi appuntamenti: 21 marzo - Casadei Gioielleria, 9 buche Stableford 4 aprile - Nivola Calzature, 9 buche Stableford 18 aprile - Lovable Intimo, 9 buche Stableford 25 aprile - Il brillante, 9 buche Play & putt 9 maggio - Carosello, 9 buche Medal 23 maggio - Estados Café, 9 buche Stableford 6 giugno - Banca Popolare dell’Emilia Romagna, 9 buche Stableford 20 giugno - La Sorpresa Abbigliamento, Golf e burraco 4 luglio - Gelateria km7, gara al tramonto 9 buche Stableford, a seguire festa d’estate 12 settembre - Edizioni In Magazine, 9 buche Medal; 26 settembre - Terme della Fratta, Golf e burraco; 17 ottobre - Scarpina Ristorante, 9 buche Stableford, a seguire cena conclusiva della stagione Ladies 2013 con premiazione del “Primo Circuito Ladies”. Eventi speciali aperti al pubblico: Domenica 14 aprile, ore 18 - Bruno Barbieri, giudice di Masterchef, presenta “L’Arte di utilizzare gli avanzi della mensa” di Olindo Guerrini. Riedizione a cura di Mariavittoria Andrini. Segue aperitivo. Giovedì 23 maggio, ore 18,30 - Ilaria Milandri, scrittrice forlivese, pittrice, scenografa e autrice di testi teatrali, presenterà il suo secondo libro “Amen”. Segue aperitivo. Giovedì 6 giugno, ore 18,30 - Aperitivo con Wilma Vernocchi, la cantante lirica forlivese considerata uno dei più grandi soprani italiani.

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A fianco, il Comitato Direttivo delle Ladies: da sinistra, Mariavittoria Andrini, Maria Cristina Monti, Laura Valbonesi.

scarpe con un fondo adeguato (dai 40 euro in su). Sono numerose le offerte di sacche complete per neofiti che si possono acquistare anche su Internet. Il costo si aggira sui 250 euro per sacca, ferri e carrello. Di palline se ne trovano veramente per tutte le tasche: da 3 euro in su per una confezione da 3 palline, ma per chi inizia è più conveniente approfittare delle numerose offerte di palline usate, su Internet infatti si possono trovare anche 100 palline a 25 euro. Il guanto, indispensabile, costa meno di 10 euro e per i tee di partenza e marchini sono sufficienti pochi spiccioli. L’abbigliamento è semplice quanto sobrio: in estate una polo, un paio di pantaloni (mai jeans!) a cinque tasche, dove mettere palline, tee di partenza e marchino, e un berrettino per difendersi dal sole. Quando piove (perché si gioca anche quando l’acqua scende a catinelle!), bisogna aggiungere una giacca, un paio di pantaloni impermeabili e un ombrello. Ogni club offre numerose possibilità di abbonamento: dall’associazione annuale che prevede ingresso libero, all’acquisto di pacchetti o al pagamento per ogni singolo ingresso. L’accesso al solo campo pratica di solito costa intorno ai 10 euro. Per conoscere le varie offerte è necessario contattare i circoli o cercare nei siti web di riferimento. Bando quindi ai luoghi comuni. Provate questa nuova esperienza. Di una cosa c’è da esser certi: sarà amore o repulsione, di certo mai e poi mai indifferenza! IN



Scrivere | Erminia Crociani

Dire

tutta la

Verità

testo Serena Focaccia - foto Lisa Tagliaferri

Libri che sono storie ma anche momenti di riflessione: Erminia Crociani ha dedicato la vita a dare voce a chi non ce l’ha e anche nei suoi libri racconta storie vere, senza paura di trattare anche verità “scomode”.

Erminia Crociani è una scrittrice schiva, che preferisce siano i suoi libri e le sue idee a parlare per lei. Con una vita dedicata all’insegnamento, prima a Milano poi nelle vallate dell’Appennino forlivese, e costellata da tanti viaggi, da una lotta ininterrotta contro un destino che le ha riservato sofferenze fisiche, in tutto questo Erminia non ha smesso mai di occuparsi in prima persona del disagio giovanile e di problemi legati all’esclusione sociale. In una vita così piena, come si inserisce la scrittura?

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“Scrivere è sempre stata la mia passione. Fin da ragazzina mandavo lettere lunghissime a parenti e amici, ma anche a personaggi pubblici con cui dibattevo argomenti di attualità o discutevo le loro tesi su cui mi ero informata tramite letture o conferenze. Tutte queste mie rif lessioni hanno poi iniziato a prendere forma e diffusione sotto forma di piccoli opuscoli. Il libro “Figlio di MM” ha rappresentato una svolta: ho raccontato la storia di un ragazzo tossicodipendente che avevo conosciuto e ho capito che volevo continuare a scrivere storie vere.”

mento in maniera universale, perché sono questioni che toccano la vita di ognuno di noi. In particolare per quanto riguarda “Non per scelta” ho trattato la storia di una coppia omosessuale dal punto di vista dell’introspezione, di come una persona affronta questa condizione che ancora oggi è considerata di “diversità”. Mi piace capire come ognuno reagisce psicologicamente alle situazioni della vita, piuttosto che osservare la cosa dal punto di vista del giudizio sociale, come spesso si fa oggi.”

E così, raccogliendo storie vere, sono

“Certo, ho quattro libri quasi pronti, tutti con lo stesso taglio: racconti di vita veri raccolti da me. E spesso mi capita che chi ha letto i miei libri mi contatti, per raccontarmi la sua storia e chiedermi di metterla su carta.” Quindi aspettiamo altre storie di personaggi che non hanno voce, a cui Erminia Crociani presterà la sua. IN

nati gli ultimi due libri, “Ho provato a fuggire” e “Non per scelta”...

“Entrambi affrontano temi controversi - il primo la malattia e il diritto dell’ammalato di scegliere la propria cura e il secondo l’omosessualità - ed entrambi riportano una storia vera di vita vissuta, rappresentano un racconto personale ma che vuole affrontare l’argo-

Ha ancora dei libri nel cassetto? Delle storie da raccontare?



finalmente a casa

lei sempre così accogliente quando torno a casa, spengo ipad, iphone…e mi dedico solo a lei… la mia valcucine… scoprila nello show room di CASACOSA arredamenti a Forlì, new logica system, meccanica, invitrum… sistemi tecnologici per una cucina di alta qualita’

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SPECIALEd e s i g n A cura di Linda Antonellini e Annalisa Balzoni

Spazio alla creativitĂ . Ritorno alla natura e rielaborazione di forme ed elementi tradizionali, per trasformarli in qualcosa di nuovo. Guidati dallo stuzzicante linguaggio dell’ironia. Ăˆ il filo conduttore per arredare oggi in modo originale, ed elegante con gusto contemporaneo.


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Luce sulla materia:

lampade tra freddo e caldo Ideata dalla designer feantina Federica Bubani, la Helmet lamp s’ispira nel nome e nella forma agli elmetti dei soldati. Disponibile in due diverse colorazioni, blu petrolio e grigio, è una lampada da tavolo orientabile che si caratterizza per l’utilizzo di due materiali diversi per sensazione: la ceramica e il legno. La prima, talmente lucida e perfetta quasi a sembrare metallo, riprende la tradizione ceramica dalla quale proviene la designer. Il secondo, il legno massello di rovere, è invece un materiale caldo che, in sinergia con la ceramica, crea uno stile alchemico inconfondibile. Anche l’interruttore a semisfera diviene elemento decorativo da tavolo. La ricerca della designer feantina spazia dalla ceramica raku fino al legno o.s.b., reinterpretando questo materiale come basamento e corpo illuminante della lampada O.S.B. LAMP family. La texture casuale di questo elemento rende tutte le “o.s.b. lamp” uniche e diverse tra loro, da tavolo, a terra ed abatjour. L’interruttore a pulsante bianco con o-ring a sezione circolare in feltro nero diventa un elemento decorativo della lampada, richiamato anche nel punto d’uscita del filo elettrico in tessuto.

Ceramica e legno. Materiali diversi che si intersecano per creare forme e sensazioni nuove.

Le sedie recuperate che tornano alla natura

Designer poliedrico e variegato, Andrea Magnani ha ideato insieme a Giovanni Delvecchio & Elisabetta Amatori il progetto delle sedute “Di Corte”. Si tratta di sedie recuperate e riportate al loro aspetto originale, sostituendo la protezione artificiale con quella naturale del legno. Il bosco fornisce il materiale. La corteccia di quercia e altri alberi viene raccolta, selezionata per tipologia e applicata come un vestito. Ogni pezzo viene incollato coprendo la sedia lentamente, secondo i tempi della natura. Si evince così che ogni idea ha vari livelli di lettura, strati di profondità che si trascinano l’uno nell’altro, dall’estetica alla progettazione di un archetipo. Come una stella cometa ideata per attirare lo spettatore in un piccolo mondo di evoluzione o di involuzione, in cui il momento espositivo è solo una cornice della sua continua trasformazione.

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Il bosco in una stanza

per appendere il cappotto ai rami Le creazioni dell’atelier Ofelia Tuttotorna sono oggetti sfuggiti al loro uso quotidiano e diventati qualcos’altro, in bilico tra origine e originalità, riuso e reinterpretazione di materiali quotidiani o insoliti. Una bottega nel cuore di Cesena, piena di strumenti che definiscono nuovi linguaggi creativi e generano oggetti che sembrano ribellarsi al loro destino. Nel laboratorio di artigianato contemporaneo s’insegna a plasmare in modo etico tanto i materiali quanto le emozioni, rispettando l’ambiente naturale di entrambi. Così gli appendini “Legn_etto” dimostrano che il far entrare la natura negli spazi che ci competono è assolutamente rasserenante. La natura invade la casa assumendo una funzione antropomorfa e funzionale. Il kit di appendiabiti da parete in legno naturale, pronto per essere montato, traveste così le pareti in piccoli ritagli di bosco.

Reinventare la ceramica con Deviazioni e vasi in3D

Fondato a Cotignola da Guido Garotti e Sehr Khan, “Life Given A Shape” è uno studio-atelier che esplora la semantica del prodotto e s’ispira a princìpi di durabilità, tradizione ed innovazione. L’autoproduzione di oggetti in edizione limitata, legati all’artigianato locale, conferisce alle creazioni proprietà fisiche ed emozionali di spirito contemporaneo. Il progetto “Deviazione” utilizza l’eccellenza decorativa ligure per ottenere un risultato attuale: con chiara ironia utilizza l’analogia cromatica tra la segnaletica stradale e la decorazione tradizionale per produrre una proposta provocatoria. L’opera “3Dzionale” propone invece, attraverso un indiscreto salto temporale, un ibrido curioso: l’arcaica decorazione a mano in versione tridimensionale. Reinterpretando un’immagine stereoscopica, il progetto rompe gli schemi in cui l’Antico Savona è imprigionato da qualche secolo. La particolarità è che un risultato così originale si può banalmente ottenere ripetendo una seconda volta gli stessi consumati motivi.

La natura invade gli spazi e vecchi stilemi rinascono grazie ad un’originale rilettura. 46 | IN Magazine


I dettagli fanno la perfezione e la perfezione non è un dettaglio. [Leonardo da Vinci]


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Resine e battuti veneziani

per pavimenti continui e rivestimenti Le resine e i battuti veneziani, designer di arredo bidimesionale di grande eleganza, sono sempre più utilizzati per pavimentazioni continue o rivestimenti. Leader nel territorio per questo tipo di lavorazione è la ditta Venerom srl, azienda da sempre interessata alla ricerca di nuovi linguaggi nel campo della resina orientata anche al “naturale”, con l’utilizzo, per le pavimentazioni continue, di un composto a base di legante minerale esente da resine o cementi. Meravigliosi i battuti veneziani con inerti di marmo, (realizzati, ad esempio, all’interno del palazzo dell’ex Monte di Pietà di Forlì) così come le resine, che con Venerom si sposano con l’arte grazie al brevetto “arte in luce”. Una luce ambientale, ecologica e sensoriale si unisce ad un’immagine in resina che viene fissata dall’artista su un film trasparente retro illuminato, consegnando un sorprendente effetto magico finale (nella foto un’opera della serie “arte in luce” di Vincenzo Baldini).

Luce come elemento d’arredo e opere d’arte che regalano emozioni.

Icone contemporanee per arredare con l’arte

Nel corso dei secoli l’arte è stata messaggio di vita, un mezzo sublime per far esistere e definire ogni cosa appartenente all’uomo. Trasmette emozioni, essendo interpretata individualmente, e ci accompagna all’interno degli spazi in cui viviamo divenendone parte essenziale, segno e chiaro messaggio del nostro sentire. Un’opera d’arte in casa, perciò, è ben più di un oggetto d’arredo. Per un arredo contemporaneo proponiamo un’opera del giovane pittore forlivese Daniele Casadei, un oggetto di “design d’arredo bidimensionale”, come lo definisce il suo autore, proveniente da collezione privata. Fa parte delle serie “icone”, e rappresenta il controverso gioco d’immagini tra bellezza e finzione.

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La Rustica,

Romagna nel cuoRe I pIATTI deLLA CUCInA TIpICA SeRvITI neLLA CALdA ATmOSfeRA dI UnA TRAdIzIOnALe TRATTORIA

Un angolo di antica Romagna nel cuore della città. La trattoria La Rustica di Ravenna cambia sede e approda in via d’Azeglio 28, tra antichi utensili da cucina e l’arte di un tempo che fu. Il locale, che propone piatti tipici della tradizione romagnola sapientemente rivisitati, riproduce un’antica casa di campagna, quella di via Rustica appunto, dove trascorse la sua infanzia il padre fondatore del locale Eugenio, a San Pietro in Vincoli. Ecco che allora sul bancone del bar campeggia un tetto di legno, antica copertura di un pozzo, mentre i vecchi utensili da cucina e da campo incorniciano le pareti del locale riportandoci indietro nel tempo. Nel 2000 l’attività commerciale passa al figlio Michele: con la madre Renza, chef d’eccezione della trattoria, si occupa della gestione del ristorante, dove si respira ancora la passione per le cose buone d’una volta. Pochi tavoli e luci soffuse perché, come spiega Michele, “il nostro obiettivo è stato quello di creare un’atmosfera intima e accogliente, come a casa propria”. La trattoria, inaugurata nel 1990, offre una serie di piatti di cucina romagnola preparati con prodotti locali, come gli

strozzapreti con stufatino di fagioli e pancetta o le ormai celebri chitarrine con pesto e pistacchi, tutti con pasta rigorosamente fatta a mano. Accanto alle ricette della tradizione non mancano accostamenti inediti, come il filetto di manzo alla saba. Ampia anche l’offerta dei vini, naturalmente romagnoli, ma con una variegata scelta proveniente da tutto il territorio. Aperta a pranzo e cena, La Rustica è chiusa il martedì.

TRATTORIA LA RUSTICA Via M. D’Azeglio 28 - 48121 Ravenna - www.trattoria-larustica.it - Tel.: +39 0544 218128


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