Tariffa R.O.C.: Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB - FILIALE DI FORLÌ - Contiene i. p. - Reg. al Tribunale di Forlì il 23/11/1998 n. 27 - EURO 3,00
F O R L Ì N° 4 AGOSTO/SETTEMBRE 2018
CURCIO
Annalisa
STRAORDINARIA NORMALITÀ
GIANLUCA CASADEI / Il re della sabbia DAVE WECKL / Una star in città LAGHI URBANI / Fra natura, sport e divertimento
EDITORIALE
SOMMARIO
I
In questo numero raccontiamo l’umanità e la competenza di Annalisa Curcio, la prima donna primario di Senologia dell’Asl Romagna. Andiamo poi sulla spiaggia con il campione cesenate Gianluca Casadei, diventato tecnico della nazionale di beach volley. L’ armonia con l’ambiente è il fil rouge che lega le storie di quattro giovani aziende di Forlì e Cesena che producono, progettano e coltivano in modo innovativo. Conosciamo meglio Dave Weckl, uno dei batteristi più quotati al mondo, che ha sposato una forlivese e che ora è facile incontrare in città. A Dovadola entriamo nella bottega di Foscolo Lombardi, l’ultimo liutaio, e a Cesena scopriamo la casa ricca di gusto e armonia di Sandra Canduzzi Pieri. Ci tuffiamo nell’area dei laghi urbani di Forlì: una zona che si arricchisce sempre di più di attività tra sport, natura e divertimento. Andrea Masotti
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ANNOTARE
Brevi IN
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ESSERE
Annalisa Curcio
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ESSERE
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Gianluca Casadei
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INTRAPRENDERE
Innovatori per natura
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SUONARE
Una star in città
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EDIZIONI IN MAGAZINE S.R.L. Via Napoleone Bonaparte, 50 - 47122 Forlì Tel. 0543.798463 / Fax 0543.774044 www.inmagazine.it info@inmagazine.it DIRETTORE RESPONSABILE: Andrea Masotti REDAZIONE CENTRALE: Clarissa Costa, Gianluca Gatta, Beatrice Loddo COORDINAMENTO DI REDAZIONE: Roberta Invidia ARTWORK: Lisa Tagliaferri IMPAGINAZIONE: Francesca Fantini UFFICIO COMMERCIALE: Gianluca Braga, Elvis Venturini STAMPA: La Pieve Poligrafica Villa Verucchio (RN) ANNO XX- N. 4 Chiuso per la stampa il 03/08/2018 Collaboratori: Barbara Baronio, Laura Bertozzi, Andrea Bonavita, Dolores Carnemolla, Francesca Miccoli, Umberto Pasqui, Rosanna Ricci, Fulvia Venturi. Fotografi: Andrea Bonavita, Alessio Di Leo, Giorgio Sabatini, Gianmaria Zanotti, (C)&(P) Photo by F. Desmaele.
50
ABITARE
La casa dell’anima
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LEGGERE
Anima e coraggio
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IL FORO DI LIVIO
Febbre spagnola
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TRAMANDARE
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L’ultimo liutaio
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VIVERE
Edizioni IN Magazine si impegna alla salvaguardia del patrimonio forestale aderendo al circuito di certificazione di FSC-Italia.
Tutti i diritti sono riservati. Foto e articoli possono essere riprodotti solo con l’autorizzazione dell’editore e citando la fonte.
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I laghi urbani
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FOTOGRAFARE
L’arte negli occhi
45 IN MAGAZINE
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ANNOTARE
Laboratori TEATRALI
Gli inediti di SILVESTRO LEGA
CESENA Fino al 30
MODIGLIANA Fino al 30
settembre si terranno a Cesena i laboratori teatrali estivi di Paolo Montevecchi, ex allievo di Vittorio Gassman che lavora da diversi anni professionalmente nel cinema e nel teatro. I laboratori, in collaborazione con EmiliaRomagna Teatro Fondazione, sono indirizzati ai giovani e agli adulti che intendono avvicinarsi al teatro in modo graduale e ricreativo, approfondendo anche aspetti didattici di fonetica e dizione che possono tornare utili nella vita lavorativa e nel quotidiano di tutti i giorni. I corsi di teatro avranno cadenza settimanale, con incontri della durata di un’ora e 30 che si svolgeranno in orari serali. Mensilmente è previsto un incontro collettivo supplementare gratuito mirato a sperimentare più approfonditamente quanto appreso nel corso delle lezioni. Per info: 334 2598611.
settembre la Sala Alpi (ex chiesa di San Rocco) in piazza Pretorio a Modigliana ospita la mostra Dallo scrigno di Silvestro Lega, preziosi gioielli con opere inedite e gli intriganti misteri del celebre pittore, nato proprio a Modigliana, tra i più significativi dell’Ottocento italiano ed europeo. La mostra ripercorre la vita e l’arte del pittore: si va dal 1850, anno del suo esordio, al 1895, anno della sua morte. Sarà possibile ammirare tele inedite come La nonna e Gli sposi novelli e il ritratto di Virginia Batelli, suo grande amore. La raccolta di capolavori della Pinacoteca del paese si è di recente arricchita anche dell’opera Ritratto di Monsignor Mario Melini realizzato da Lega nel 1856, donata dalla Pro Loco, che ritrae il primo vescovo della Diocesi di Modigliana. Per info: www.comune. modigliana.fc.it
L’osteria DEL CASTELLO TERRA DEL SOLE Specialità romagnole, a partire dalla sfoglia
tirata a mano, e un ambiente accogliente come solo la Romagna sa essere. Sono questi gli ingredienti dell’Osteria del Castello, la nuova attività di ristorazione che ha aperto i battenti nel maniero della Porta Fiorentina a Terra del Sole. A riaprire il ristorante, chiuso da diverso tempo, sono Antonio Montagna, direttore generale dell’Hotel Executive di Forlì insieme alla compagna Elisabetta D’Agostino di Pieve Salutare. Montagna, 35 anni, gestisce anche un altro albergo ad Abano Terme, in provincia di Padova, e ha già all’attivo una consistente esperienza nel settore alberghiero, una passione di famiglia visto che anche il padre è stato direttore d’albergo in Campania. Elisabetta invece di anni ne ha 31 e anche lei viene già da esperienze nel settore turistico. “Qualche tempo fa abbiamo visitato il castello e ci siamo innamorati del posto – dicono Antonio e Elisabetta - . Siamo contenti di contribuire a rivitalizzare questo luogo ricco di storia. Il paese ci ha accolto benissimo e abbiamo già avuto tra i nostri clienti diversi turisti”. Il ristorante è aperto tutte le sere tranne la domenica.
Al via il primo TEDXCESENASALON CESENA Si svolgerà presso Cesenalab, il prossimo 15 settembre,
il primo TEDx Salon cesenate dal titolo Porous Borders, organizzato in collaborazione con altri TEDx italiani e europei. L’evento avrà luogo simultaneamente in altre sei città con un format a staffetta primo nel suo genere che coinvolgerà TEDxCesena, TEDxRoma, TEDxGenova, TEDxReggioEmilia, TEDxMünchen, TEDxGranVia (Madrid) e TEDxLeicester. Nove speaker si alterneranno in talk dedicati al tema dei rifugiati, con uno o due speaker live per ogni evento Salon e gli altri proiettati in streaming. L’intero evento sarà anche visibile via internet. Lo speaker di TEDxCesenaSalon sarà Michela Paschetto, coordinatore medico di strutture sanitarie in Iraq e Afghanistan per la ONG italiana Emergency. Biglietti acquistabili su www.tedxcesena.com. (F.V.) 4
IN MAGAZINE
ANNOTARE
Finger Food FESTIVAL
FORLÌ A 20 anni dall’ultima
FORLÌ Il Finger Food Festival
edizione della Mostra del Cavallo, la Fiera di Forlì si ripropone sul panorama equestre con Forlì International Horse Fair il 21-22-23 settembre 2018 presso il quartiere fieristico. Saranno ospitati 200 cavalli, 4 gare e numerosi eventi e spettacoli collaterali a tema. Grazie alla collaborazione di Federazione Italiana Sport Equestri verrà organizzata una gara di salto ostacoli cat. B; inoltre, si svolgeranno una gara attacchi, una gara di monta western e una gara di morfologia. Questo nuovo evento si proporrà di mantenere vive le tradizioni legate al cavallo e coinvolgerà non solo gli appassionati, ma anche le migliaia di persone, in gran parte giovani, che grazie ai cavalli si riconoscono in un nuovo modo di concepire la vita che lega insieme sport, musica, tempo libero, turismo e avventura.
torna a Forlì dopo il successo dell’edizione 2017. Rimandato più volte, prima per maltempo, poi per non coincidere con la Festa Artusiana di Forlimpopoli, finalmente anche il più importante evento di valorizzazione delle eccellenze italiane e straniere del cibo di strada e delle birre artigianali ha una data. Dal 7 al 9 settembre, piazza Cavour ospiterà i food truck e gli stand presso i quali si potranno assaggiare e gustare prelibate specialità di street food da tutta Italia e dal mondo. Tre giorni all’insegna del gusto, in cui ai piaceri del palato si unisce il divertimento grazie alla programmazione musicale: grandi appuntamenti di world music live e dj sets a cura di Estragon Club. La manifestazione, a ingresso libero e gratuito, è il penultimo evento di una rassegna che quest’anno ha toccato molte altre città italiane.
ph Andrea Bonavita
Forlì International HORSE FAIR
Una serata astro… FOTOGRAFICA FORLÌ Alla diga di Ridracoli, nella serata dell’8 settembre, si terrà
un workshop unico nel suo genere, dedicato a tutti gli appassionati di stelle e di fotografia: guidati dal fotografo Andrea Bonavita e con l’accompagnamento di un astrofilo, i partecipanti potranno accedere a punti di vista inusuali ed esclusivi per i loro scatti fotografici. L’evento inizierà alle ore 20 con un “aperitivo romagnolo”, con piadina, affettati e Sangiovese sul coronamento; dopodiché ci si potrà sbizzarrire con foto alla diga, al cielo estivo stellato. Sarà possibile anche immortalare lo startrail, ovvero le scie luminose “tracciate dalle stelle” a causa del movimento terrestre, per una fotografia dal sicuro impatto suggestivo. Per partecipare alla serata sarà necessario portare con sé una fotocamera reflex o con possibilità di impostare il tempo di posa; cavalletto; torcia frontale o a mano. Per prenotazioni, costi e informazioni tecniche: 338-6583030 o 0543 917912.
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ANNOTARE
5 chilometri FLUO
Triathlon A CESENATICO
FORLÌ Sabato 1 settembre
CESENATICO Sabato 8 e
al Parco Urbano “Franco Agosto”, a partire dalle 18, si terrà la Fluo Run, una corsacamminata non competitiva, nel fresco della sera dopo il tramonto, in un contesto ricco di gadget luminosi, colori, musica e allegria. Una 5 chilometri unica nel suo genere, in cui l’obiettivo finale non è raggiungere la massima performance sportiva, ma raggiungere il massimo livello di benessere e divertimento. Infatti Fluo Run è nata a Ferrara nel settembre 2014 come evento di promozione del benessere e della felicità legata al movimento. Al termine dei 5 chilometri luminosi, che ognuno potrà percorrere con il suo ritmo, in compagnia di bambini e animali, si festeggerà tra musica, animazione e tanto sano divertimento. Per informazioni e costi si può consultare il sito: bit.ly/FluoRunForlì.
domenica 9 settembre, in piazza Andrea Costa, si terrà la quinta edizione dell’evento Triathlon Cesenatico 2018. Sabato si terrà la tappa del Grand Prix: una gara riservata ai soli atleti Elite, divisa fra uomini e donne, ospitato a Cesenatico per la terza volta, sulla distanza Sprint: 0,750 km nuoto (mare); 20 km bici (con scia); 5 km corsa. Nello stesso giorno avrà luogo la Gara Promozionale su distanza Super Sprint, aperta alle categorie Youth A - Youth B - Junior Under 23 - Senior e Master, per coloro che volessero avvicinarsi alla Multidisciplina. Gran finale domenica con il Triathlon Cesenatico, considerata tra le più belle e meglio organizzate gare d’Italia, da disputarsi sulla distanza olimpica: 1,5 km nuoto (mare); 40 km (multilap con scia); 10 km corsa. La gara è aperta alle categorie Under 23, Senior, Master ed Elite. www.triathloncesenatico.it.
Wellness Food FESTIVAL CESENA Torna alla Fiera di Cesena, il 29 e il 30 settembre,
il Wellness Food Festival, un importante spazio legato all’alimentazione, ristorazione, cibi vegani, biologici, orientali dove sarà possibile gustare cibi salutari e nutrienti. Chef vegan e non solo mostreranno come diventare maestri in cucina coi loro showcooking. Un’ampia area sarà dedicata ai trattamenti e al relax, dove associazioni e centri specializzati proporranno i migliori trattamenti; cure tradizionali, complementari, alternative e olistiche, terapie naturali e le diverse metodologie di prevenzione saranno affrontate e proposte da importanti divulgatori e promotori. Medici, operatori olistici, maestri di yoga e tai-chi coinvolgeranno gli interessati e i neofiti in attività di rilassamento e potenziamento mentale e fisico. Il festival sarà l’occasione per fare anche acquisti insoliti e biosostenibili: abbigliamento, accessori, oggettistica e attrezzatura saranno tutti dedicati alla sostenibilità dell’ambiente e alle attività terapeutiche per la mente e il corpo.
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IN MAGAZINE
ESSERE
Straordinaria
NORMALITÀ ANNALISA CURCIO È TRA I QUATTRO PRIMARI DONNA DI SENOLOGIA IN ITALIA. DA MAGGIO GUIDA L’UNITÀ OPERATIVA COMPLESSA DELL’ASL ROMAGNA. UN TRAGUARDO RAGGIUNTO CON DEDIZIONE E UMANITÀ.
U
di Francesca Miccoli / ph Giorgio Sabatini
Una felicità costruita sulle piccole cose, figlia di un patrimonio di grandi valori. Annalisa Curcio è una donna straordinaria nella sua normalità. Dallo scorso mese di maggio è direttore dell’Unità Operativa Complessa di Senologia di Forlì, Ravenna e Santarcangelo. Una struttura trasversale a tutta la Romagna, formata da tre Breast Unit (centri di Senologia multidisciplinari) che annoverano quattordici chirurghi, autori di 1200 interventi all’anno. Un’eccellenza nel panorama della sanità italiana con un tasso di sopravvivenza delle pazienti operate, a 5 anni dall’intervento, pari al 90%: il più alto a livello italiano e continentale, secondo i dati della stessa Asl. Nel bel paese sono appena 4 le donne primario di chirurgia senologica: con le sue 47 primavere Annalisa è la più giovane (e già da un biennio era facente funzione). Bella, solare e umile a tal punto da non spiegarsi la grande attenzione mediatica suscitata. “A chi può interessare un’intervista sulla mia vita? – s’interroga – Un’esistenza impegnativa ma del tutto normale.” Forse interesserà alle sue numerose pazienti, che la considerano bionica per
la capacità di essere sempre presente, sorridente e disponibile. Quelle stesse donne che paragonano il reparto a un centro benessere tutto particolare, in cui sottoporsi a sedute ginniche di gruppo e sessioni fisioterapiche che favoriscono una più rapida ripresa psicofisica, consentendo di vivere la malattia in un clima di reciproca comprensione e condivisione. Le parole di Annalisa potrebbero interessare anche a chi ritiene inconciliabili famiglia e professione. A chi pensa che senza baroni alle spalle non si possa arrivare a ricoprire un incarico di prestigio. E anche ai tanti forlivesi inconsapevoli di vivere in una città ordinata, efficiente e a misura d’uomo. Parole intrise di buonsenso e umanità. “È stata data grande enfasi alla mia nomina, ma personalmente non l’ho vissuta come un evento eccezionale – spiega Annalisa con semplicità –. Certo, per me ha rappresentato una conquista, il raggiungimento di un obiettivo e la realizzazione di un sogno.” Un traguardo strabiliante per chiunque, uomo o donna che sia, ancora di più per una ragazza che si è fatta da sé, nata nella piccola Gaeta da una fami-
glia tanto semplice quanto unita. “Non sono figlia d’arte: mamma è casalinga, papà per quarant’anni è stato motorista sulle navi da carico. Sono la prima di tre figli. Siamo legatissimi, ricchi non dal punto di vista economico ma dal punto di vista umano: la mia è una famiglia dai grandi valori.” Annalisa ascrive a questo patrimonio di affetti e d’ideali condivisi il successo nella professione. “La mia casa è sempre stata aperta a chiunque, con un piatto di pasta per tutti. Mio padre, isolano, mi ha insegnato a non arrendermi mai, prendendo il mare come metafora della vita: tra le onde nessuno può aiutarti, devi cavartela da sola, essere determinata e perseverante. Le difficoltà si possono risolvere.” Dalla famiglia la dottoressa ha acquisito il senso di responsabilità, il rispetto per tutto ciò che è altro e la capacità di rimanere se stessa in qualsiasi contesto o circostanza. Annalisa è una. Sempre. “Non riesco a essere diversa nella vita e nel lavoro: sono semplicemente me stessa. Rifuggo le formalità e con le pazienti ho una grande empatia: con la nonnina o con la ragazza di trent’anni parlo di tutto, dalle IN MAGAZINE
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IN QUESTE PAGINE, ANNALISA CURCIO, IN BASSO CON IL SUO STAFF.
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IN MAGAZINE
ultime notizie alla moda.” L’attenzione per il prossimo è sempre stata la stella polare nel percorso umano e professionale della dottoressa Curcio. Lo testimoniano la dedizione nella quotidianità lavorativa e anche nel volontariato, ad esempio in occasione della missione umanitaria in Guatemala. Un’esperienza forte, di quelle che rimangono dentro. “Vedere le persone felici è la mia principale fonte di gioia. Da piccola non sognavo di diventare ballerina: ho visto nella medicina la possibilità di aiutare gli altri e nella chirurgia l’opportunità di operare con le mie mani. Le mie scelte, dalla scuola superiore in avanti sono sempre state orientate in tale direzione.” Una grande abnegazione, coronata da risultati d’eccellenza. “Mi sono costantemente data degli obiettivi e li ho raggiunti: non potevo permettermi di rimanere indietro negli studi.” Conseguita la laurea con lode alla Sapienza, Annalisa punta verso Nord: dapprima a Modena e a
Reggio Emilia, dove si specializza e porta a termine un dottorato di ricerca in Chirurgia Oncologica dell’apparato dirigente. Quindi approda nella sua Forlì, dove è protagonista di un’ascesa rapidissima. “Non mi aspettavo di raggiungere questo traguardo in così breve tempo. Mi sono impegnata tanto ma ho avuto anche la fortuna di trovarmi al posto giusto nel momento giusto e incontrare le persone giuste. Come il dottor Folli, mio maestro per 12 anni e oggi primario all’INT (Istituto Na-
“QUANDO LA MALATTIA RAPPRESENTA UN MOMENTO DIFFICILE NEL CORSO DI UNA VITA GIÀ COMPLICATA, MI È DIFFICILE TRATTENERE LE LACRIME. CREDO CHE IL PAZIENTE DEBBA SEMPRE ESSERE INFORMATO CON LE PAROLE GIUSTE E SENZA MAI TOGLIERE LA SPERANZA.”
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nata, accogliente e organizzata. Istituzioni come scuola e sanità funzionano alla grande. La domenica mattina amo andare in piazza, bere un caffè, leggere il giornale e scambiare due chiacchiere con le persone. Sarebbe bello riportare le famiglie e i bambini in piazza.” Sensibile e sincera, a volte impotente al cospetto della patologia. “Quando la malattia rappresenta un momento difficile nel corso di una vita già complicata, mi risulta difficile trattenere le lacrime. Credo che il paziente debba sempre essere informato, conoscere l’iter da affrontare per contrastare la malattia. Con le parole giuste e, soprattutto, senza mai to-
IN ALTO, ANNALISA CURCIO IN GUATEMALA NEL 2000.
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zionale Tumori di Milano): mi ha permesso di crescere e cogliere questa opportunità.” Forte di quell’umiltà che è virtù dei forti, Annalisa sostiene di non avere subito prevaricazioni per il fatto di appartenere all’altra metà del cielo. “In alcuni contesti capita, ma io non ne sono mai stata vittima. Alle donne dico di credere di più in se stesse e portare avanti i loro progetti con determinazione. La mia vita è cambiata, prima riuscivo a ritagliarmi piccoli spazi, dal cinema alla palestra. Oggi è più complicato, ma mi do delle priorità e fare ciò che ho sempre sognato rende tutto più lieve.” In gioventù il pensiero costante alla medicina non contemplava la costruzione di una famiglia. “Ero concentrata totalmente nello studio e nel lavoro ma il mio splendido marito, al mio fianco dal 1990, mi ha sempre seguito e assecondata: sognava la famiglia e a 41 anni sono diventata mamma. Una gioia enorme. Mio figlio ha sei anni e con lui parlo di tutto: a volte mi tiene il broncio se rientro più tardi, ma è sufficiente che gli spieghi le motivazioni e si rasserena. Quando ho ottenuto l’incarico, mi ha detto: adesso che sei il capo puoi venire a casa quando vuoi! A Forlì stiamo benissimo, è una città ordi-
“ALLE DONNE DICO DI CREDERE DI PIÙ IN SE STESSE E PORTARE AVANTI I LORO PROGETTI CON DETERMINAZIONE. PRIMA RIUSCIVO A RITAGLIARMI PICCOLI SPAZI; OGGI È PIÙ COMPLICATO, MA MI DO DELLE PRIORITÀ E FARE CIÒ CHE HO SEMPRE SOGNATO RENDE TUTTO PIÙ LIEVE.”
gliere la speranza: nessuno può farlo. E mi sono sempre rifiutata di parlare di aspettativa di vita.” Annalisa guarda al futuro con ottimismo. “In senologia sono stati fatti molti passi in avanti: le terapie sono sempre più efficaci e personalizzate, la chirurgia è più conservativa e le tecniche ricostruttive sono più evolute. E tutto questo sta migliorando la qualità di vita e la sopravvivenza delle pazienti.” E sulla vita privata: “Desidero avere al mio fianco mio figlio e mio marito sempre, non importa dove, e dedicarmi a ciò che ho trascurato in questi anni: viaggiare, leggere, dipingere.” Sempre a cuore aperto, tra piccoli gesti e grandi attenzioni.
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IN MAGAZINE
ESSERE
Il re della
SABBIA
DOPO IL SUCCESSO COME GIOCATORE, IL CAMPIONE CESENATE GIANLUCA CASADEI È TECNICO DELLA NAZIONALE ITALIANA DI BEACH VOLLEY. ORA PUNTA ALLE OLIMPIADI E LAVORA PER SCOVARE NUOVI TALENTI. di Barbara Baronio / ph Gianmaria Zanotti
N
Negli anni in cui si è avvicinato al beach volley c’era ancora poca consapevolezza del valore di questa disciplina. Ma lui, da semplice gioco da praticare in spiaggia, ne ha fatto la sua professione. Ecco il cesenate campione di beach volley Gianluca Casadei, classe 1978, che ha all’attivo otto medaglie alle finali del Campionato Italiano Assoluto (1 oro, 4 argenti, 3 bronzi), 15 vittorie di tappa e più di 50 podi di tappa, sempre al Campionato Italiano Assoluto. Fidanzato con Giusy, ha compiuto 40 anni e proprio in quest’anno per lui tanto significativo ha deciso di appendere la canotta al chiodo per diventare tecnico della squadra nazionale di beach volley. Segue la coppia di cesenaticensi Marco Caminati e Enrico Rossi con cui punta in alto e guarda alle Olimpiadi. Casadei è l’esempio di come tenacia, determinazione e impegno possano cambiare il destino di un uomo, fino a farlo salire sul podio come miglior atleta nazionale nella propria disciplina. “Oggi ho aperto una mia agen-
zia, ho fondato con Marcello Abbondanza e Thomas Casali, la Beach Volley University e seguo la nazionale italiana. Tutto è iniziato semplicemente giocando al mare: sono, infatti, uno dei tanti tipi da spiaggia nati e cresciuti sulla sabbia della riviera romagnola. Ricordo che da bambino praticavo al mare tutti gli sport, non c’era gioco e sfida a cui non partecipassi. Poi le ore passate a giocare uno contro uno nel campetto piccolo con mio padre, oppure in squadre 3 contro 3 con gli amici di mio babbo. Ero un bambino allora, ma respiravo già l’aria della competizione!” Per Casadei arrivano i primi incontri con il beach volley non più come semplice sport da spiaggia, ma come disciplina. “Mio padre – ricorda Casadei – giocava a pallavolo in serie A, a Cesenatico, e d’estate andavamo al bagno Fantini di Cervia dove c’era il 6 contro 6 sulla spiaggia (non esisteva ancora il 2 contro 2). Proprio al Fantini ho assistito al mio primo torneo di beach volley con tribune e pubblico. Una vera tappa del Campionato Italiano. Da lì in IN MAGAZINE
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tornei in giro per l’Italia. Eppure avevo la percezione di non cogliere un’opportunità. Un giorno mentre mi allenavo allo stadio di Cesenatico, intorno ai 24 anni, un amico, Ren, pìù grande di me di 20 anni, medico sportivo, mi propone di giocare con Enrico “Chicco” Maccagni, giocatore professionista di pallavolo. Ricordo ancora la telefonata. Maccagni aveva accettato ma a condizione che smettessi di uscire la sera, che mi allenassi tutti i giorni: la mattina dalle 8 alle 10,
IN ALTO, GIANLUCA CASADEI FRA ENRICO ROSSI A SINISTRA E MARCO CAMINATI A DESTRA.
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avanti ogni volta che un torneo importante approdava in Riviera a Cesenatico o a Cervia non mancavamo. Ricordo come fosse adesso che in una tappa a Cesenatico ho voluto fermarmi a tutti i costi ad aspettare che uscisse dal campo un giocatore per potergli chiedere la canotta con cui aveva giocato la partita, l’ho addirittura seguito fino al mare. Dopo tanti anni mi sono ritrovato a giocare da professionista nella stessa arena di Cesenatico davanti a un caloroso pubblico che tifava tutto per me. Finita la partita, mentre stavo uscendo per andare in mare per il meritato tuffo, ho visto un babbo con un bambino che mi si avvicinava per chiedermi la canotta. Mi sono rivisto.” Nel frattempo Casadei cresce, continua a giocare, ma la sua vita pare prendere una direzione diversa. Dopo il diploma scientifico al Righi di Cesena, si laurea in Economia e commercio. Sono anni incredibili, in cui unisce il beach volley con le sue competizioni pomeridiane alle distrazioni della Riviera. “Oggi mi rendo conto che mentre alcuni iniziavano a fare sul serio con lo sport, io ero ancora lì, pur sì tra i migliori, ma in quegli anni non concepivo l’idea di sacrificare un weekend in Riviera per partecipare a
“TUTTO È INIZIATO GIOCANDO AL MARE: SONO UNO DEI TANTI TIPI DA SPIAGGIA NATI E CRESCIUTI SULLA SABBIA DELLA RIVIERA ROMAGNOLA. DEVO RINGRAZIARE IL MIO PRIMO ALLENATORE PER AVERMI FATTO RENDERE CONTO DI QUANTO VALEVO.”
al pomeriggio dalle 17 alle 19 e la sera allo stadio per 40 minuti di atletica.” Passano quattro stagioni giocate insieme rispettando l’accordo. “Ren è stato il mio primo allenatore, e non sapeva giocare a beach volley (giochiamo insieme a tennis) e invece Maccagni è stato il mio compagno per quattro anni.” L’allenamento costante, il rigore, la tenacia, ma soprattutto la consapevolezza conducono Casadei al podio. “Ho passato le prime due stagioni a giocare con Maccagni e allenarmi con Ren, all’inizio della terza stagione Ren mi chiede: Luca ma quando vinciamo la prima medaglia? Lo sai che sei uno dei giocatori più forti che ci siano?. Da lì a pochi mesi nella tappa del Campionato Italiano Assoluto a Rimini abbiamo vinto la nostra prima medaglia di bronzo, nella finale 3° e 4° posto contro i campioni in carica di allora e detentori della cosiddetta
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“DOPO 15 ANNI DI PROFESSIONISMO HO SCELTO DI STARE DALL’ALTRA PARTE E DI ALLENARE. HO FONDATO LA BEACH VOLLEY UNIVERSITY PER FORMARE GIOVANI TALENTI IN QUESTA DISCIPLINA E MI SONO BUTTATO NEL PROGETTO DELLA SPORT-ARENA A CESENA.”
IN QUESTE PAGINE, GIANLUCA CASADEI, CAMPIONE DI BEACH VOLLEY E ORA TECNICO DELLA NAZIONALE ITALIANA.
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canotta rosa. Successivamente ho chiesto scusa a Ren per aver pensato che lui fosse un illuso, quando il vero sciocco ero io: non ero consapevole di ciò che ero, di ciò stavo facendo e di dove potevo arrivare. Il nostro primo avversario siamo noi stessi, ci poniamo limiti in continuazione, non ci fermiamo a pensare chi siamo, cosa facciamo e dove stiamo andando. Così ci ho creduto tantissimo. Nel 2007 in coppia con l’amico Paolo Ficosecco ho iniziato un sodalizio sportivo durato 10 anni. Per diverse volte abbiamo sentito
il profumo della vittoria del Campionato Nazionale. Nel 2007, prima, siamo arrivati alla finale, e poi di nuovo nel 2011, ma a causa di crampi abbiamo conquistato solo l’argento. Ormai per me la medaglia al nazionale era diventata un’ossessione. A volte credo sia necessario che alcuni obiettivi diventino un chiodo fisso, perché solo così possono essere perseguiti. Nel 2012 abbiamo finalmente vinto il Campionato Nazionale.” Dopo 15 anni di professionismo Casadei ha scelto di stare dall’altra parte e di allenare. Ha fondato da diversi anni la Beach Volley University per formare giovani talenti in questa disciplina, ha aperto un’agenzia di comunicazione dello sport e da ultimo si è buttato nel progetto de Il Sabbione un’arena sportiva al parco Frutipapalina di Cesena costituita da 5 campi da beach, 2 campi da padel e in inverno al coperto con struttura pressostatica. “È per me – prosegue Casadei – molto importante che ci sia un luogo in cui allenarsi, imparare a giocare a beach volley tutto l’an-
no e quindi l’ho pensato e voluto. Organizziamo corsi di vario genere e il successo è altissimo soprattutto nella fascia di età tra i 25 e i 40 anni.” Ora Casadei è anche molto concentrato nel Campionato Europeo di beach a cui parteciperanno i suoi giocatori Caminati e Rossi a cui sta tentando di trasferire il proprio metodo. “Occorre essere allenati a pensare, decidere, agire, avere tanta destrezza, intelligenza e reattività mentale. Ogni allievo deve imparare a prendere una decisione ogni 15 secondi. Io non insegno a giocare a beach volley, io insegno un metodo e insieme uno stile di vita. Quando si riesce a interiorizzare il senso dell’appartenenza al gruppo, al gioco e alla competizione, non è più poi così importante quanti allenamenti si fanno, quali esercizi e cosa si fa in allenamento, qualsiasi cosa si faccia si migliora! Messi via i manuali, prima è necessario capire dove ci si trova e come muoversi, pensare, anticipare le mosse ed imparare a vivere l’esperienza nel modo giusto.”
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PER NATURA PROGETTARE, PRODURRE, COLTIVARE IN ARMONIA CON L’AMBIENTE. È IL FIL ROUGE CHE LEGA LE STORIE DI QUATTRO IMPRESE DI FORLÌ E CESENA, TUTTE GUIDATE DA GIOVANI IMPRENDITORI.
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di Dolores Carnemolla / ph Gianmaria Zanotti
La natura che ispira: è quella che ogni giorno vivono alcuni giovani imprenditori del nostro territorio. L’idea che li accomuna è di generare uno sviluppo sociale ed economico in armonia con il mondo naturale. Maria Maddalena Falaschi, 31
anni, una laurea in Economia Aziendale e diploma di laurea in Fashion Design, Comunicazione e Marketing all’Università di Bologna, è la fondatrice, insieme a Giuditta Gelsumini (digital media manager) e Sonia Di Benedetto (customer care specialist)
di Origami, una innovativa startup cesenate, vincitrice del Premio Fidapa 2018 per la creatività femminile, che ha concepito collezioni di abiti per neonati prodotti con tessuti naturali, ecosostenibili e ricchi di benefici che si prendono cura della pelle dei
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MARICA SUCCI E DOMENICO DIPINTO DI DICOTOMIA PAESAGGIO SONO DUE GIOVANISSIMI PAESAGGISTI FORLIVESI E PROGETTANO AREE VERDI COME UNO SPAZIO PREZIOSO, UN LUOGO IN CUI L’UOMO POSSA DIALOGARE CON LA NATURA.
più piccoli. Avete mai sentito parlare di fibra di latte? È ricavata dalla caseina e viene realizzata dal latte di recupero (scaduto o scartato dai rigidi standard alimentari). La massima espressione della filosofia di Origami è il progetto Preemie nato per rispondere alle necessità dei bambini prematuri ospedalizzati. “L’idea di questo marchio – racconta Maria Maddalena – è nata quando mio nipote è entrato a far parte della mia vita, travolgendola di tenerezza e d’amore e rendendo sempre più insistente il desiderio di fare qualcosa per ricambiare, in piccola parte, questo immenso dono. La passione per
l’abbigliamento, la ricerca costante del nuovo e il profondo legame con la tradizione hanno fatto il resto, trasformando quella che era solo un’idea in un’impresa.” Marica Succi e Domenico Dipinto di DicotoMia Paesaggio sono due giovanissimi paesaggisti forlivesi di 25 e 26 anni. Hanno una formazione specifica in Verde ornamentale e tutela del paesaggio all’Università di Bologna e progettano aree verdi considerando il giardino come uno spazio prezioso, un luogo in cui l’uomo, dialogando con la natura, possa ancora provare stupore. Hanno già partecipato a diversi concorsi, distinguendosi per le loro idee originali. Di recente sono stati premiati all’Euroflora di Genova, una delle principali rassegne floreali non solo a livello italiano, con il loro progetto Feel the Nervi che ha ricevuto il secondo premio nella categoria Under 25 al concorso Meraviglia nei Parchi. “Il concorso che ci sta più a cuore è però Ortogiardino di Pordenone – racconta Marica Succi – il tema era la Mise-en-Scène e la nostra installazione era un vero e proprio esperimento sociale, una
NELLA PAGINA A FIANCO, MARIA MADDALENA FALASCHI, GIUDITTA GELSUMINI E SONIA DI BENEDETTO DI ORIGAMI. IN ALTO, MARICA SUCCI E DOMENICO DIPINTO DI DICOTOMIA PAESAGGIO.
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sorta di provocazione che aveva per tema il rispetto dell’ambiente. Con grande orgoglio abbiamo partecipato anche alla prima edizione di Forlì in fiore, portando un’installazione con specie erbacee, molte anche spontanee, capaci di dare ai progetti leggerezza, movimento e colore, riproponendo associazioni naturali.” I ragazzi di Peromatto (Matto
I RAGAZZI DI PEROMATTO, A SANTA SOFIA, HANNO CONTINUATO L’ATTIVITÀ DELLA STAMPERIA DEL PAESE, CHIUSA NEL 2012, EREDITANDONE IL METODO DELLA TRADIZIONE ROMAGNOLA E SPOSANDOLO CON NUOVI MATERIALI COMPLETAMENTE RICICLABILI.
PEROMATTO
è il termine con cui vengono definiti i frutti delle piante selvatiche che, a differenza di quelle comuni, si distinguono per la loro unicità, capacità di adattamento e resilienza) Antonio Bandini, Giulia Serafini e Gianluca Craca affondano le loro radici nell’antico sapere della tradizione artigiana romagnola “con diramazioni innovative in armonia con il mondo naturale”, come loro stessi raccontano. “Crediamo nel Made in Italy e nella qualità del fatto a mano. Abbiamo continuato l’attività della stamperia del paese di Franco Olivetti, chiusa nel 2012, ereditandone il metodo della tradizione romagnola, basato sulla sensibilità creativa e abilità manuale dello stampatore artigiano. Ogni stampo viene intriso nella tintura e singolarmente battuto a mano sulla tela. L’incisione del disegno viene effettuata su linoleum, materiale composto da materie prime
IN BASSO, ANTONIO BANDINI, GIULIA SERAFINI E GIANLUCA CRACA DI PEROMATTO.
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I FATTORI DIGITALI DI COLLE DEL RIO COLTIVANO GLI ORTI PER CONTO DEI CLIENTI CHE POSSONO DISEGNARSI L’ORTO DIRETTAMENTE ONLINE, SCEGLIENDO COSA PIANTARE, E CIMENTANDOSI NELLA COLTIVAZIONE. UN’AGRICOLTURA PREMIATA DA COLDIRETTI.
IN ALTO, EMANUELE RUBINETTI, GIOVANNI BELLONI E LUANA DELLA CHIESA DI COLLE DEL RIO.
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di origine 100% naturale. Nel processo creativo viene utilizzato linoleum che sarebbe stato destinato allo smaltimento da grandi industrie. Riciclandolo, contribuiamo ad abbattere lo spreco di risorse creando nuova bellezza.” A Cesena l’agricoltura sposa la tecnologia nell’impresa di tre trentenni: Emanuele Rubinetti, Giovanni Belloni e Luana Della Chiesa. Con la loro azienda agricola Colle Del Rio sono parte del progetto Ortiamo: gli orti in affido. Di cosa si tratta? “Andando sul sito di Ortiamo, i clienti possono disegnarsi un orto che può essere di dimensioni diverse, scegliendo anche cosa piantare. E poi spediamo i prodotti direttamente a casa loro – dice Emanuele –. Ma possono anche coltivare l’orto di persona con la nostra assistenza e venire a raccogliere gli ortaggi direttamente oltre che vedere in ogni
momento come crescono e a che punto di maturazione sono. Si può dire che siamo andati oltre il chilometro zero perché qui la tracciabilità si tocca letteralmente con mano.” Un modo nuovo di fare agricoltura e un ritorno alla terra senza le incertezze tipiche del settore (di prezzo e quantità da vendere) in cui i tre giovani credono e per il quale due di loro, Giovanni e Luana, hanno anche abbandonato (quasi del tutto) il loro lavoro inziale di osteopata e di geologa. In un anno, gli orti in affido sono passati da 30 a 60 e il metodo di coltivazione che va oltre il biologico riscuote sempre più consensi. Lo scorso luglio, Colle del Rio ha ricevuto anche il Premio per l’innovazione in agricoltura (sezione Fare rete) promosso da Coldiretti Giovani Impresa Emilia-Romagna e da settembre diventerà fattoria didattica aperta alle scuole.
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SUONARE
Una star
IN CITTA DAVE WECKL È UNO DEI BATTERISTI PIÙ QUOTATI AL MONDO. HA SPOSATO UNA FORLIVESE E ORA È FACILE INCONTRARLO A FORLÌ: “AMO IL VOSTRO STILE DI VITA”.
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di Laura Bertozzi / ph (C)&(P) Photo by F. Desmaele
È uno dei batteristi più quotati al mondo. La rivista Modern Drummer l’ha incluso nella propria Hall of fame, definendolo uno dei 25 migliori musicisti di tutti i tempi. Ha collaborato sul palco con artisti del calibro di Simon&Garfunkel e Chick Corea, ha registrato in studio fianco a fianco con Madonna, George Benson, Diana Ross e molti altre star di spessore mondiale e, nonostante trascorra gran parte del suo tempo negli Stati Uniti, ha trovato a Forlì la sua seconda casa. Stiamo parlando di Dave Weckl. La sua connessione con il territorio forlivese è di natura personale perché è qui che risiede Clivia, sua moglie, anche lei attiva in ambito musicale. Ma nel tempo il suo legame con la Romagna si è fatto più stretto, tanto che gli allievi di Cosascuola Music Academy di Forlì hanno avuto la possibilità di fare una clinic con lui: un incontro informale per vederlo suonare dal vivo e carpire i suoi segreti. Cosa le piace del territorio forlivese? “A parte mia moglie Clivia? Ho sempre amato venire in Italia per la cultura del cibo. Ora che resto
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qui per periodi più prolungati, ho avuto modo di passare del tempo con la gente e sperimentare di più la cultura del luogo. Mi piace stare qui perché è ancora viva l’atmosfera della piccola città, un aspetto che in America è scomparso. È bello lo stile di vita, che offre molte attrattive dopo il lavoro.” Come ci si sente sapendo di essere un punto di riferimento per i batteristi? “È certamente un onore per me pensare che altri prendano qualcosa dal mio modo di suonare, ma il mio stile non è una novità assoluta, è una combinazione di stili di altri batteristi e di diversi tipi di musica. Io stesso ho affinato il mio modo di suonare in riferimento a ciò che, via via, ascoltavo. L’approccio allo strumento cambia con i generi ed è raro avere l’intero spettro di possibilità espressive. Nel mio caso, posso sostenere un concerto rock, ma prediligo il jazz perché ha maggiori dinamiche e ricchezza di suoni.” Sul suo sito lei spende parole molto belle per la didattica: per questo ha scelto di occuparsene anche a Forlì? “Sì, per me è importante essere
d’ispirazione per chi vuole fare musica, perché lo sviluppo del talento contribuisce alla felicità spirituale. Per me è una sfida analizzare il mio modo di lavorare per poterlo trasmettere ad altri ed è gratificante aiutare chi vuole suonare a raggiugere ciò che desidera. A Cosascuola Music Academy di Forlì ho tenuto un seminario e sono rimasto soddisfatto del mio coinvolgimento in quest’esperienza.” Come si fa a imporsi sulla scena musicale? È possibile partendo dal locale? “Ho avuto modo di entrare in contatto con musicisti molto bravi. Per imporsi ed essere riconosciuti sul piano internazionale occorre però lasciare la dimensione locale e muoversi nei luoghi della scena musicale, per essere visti e sentiti. Come ho fatto io, quando mi sono spostato a New York.” Come ha scoperto la passione per la batteria? “A dire il vero, da bambino volevo diventare un chitarrista. Il mio primo contatto con la musica fu con la chitarra acustica che mi regalò mio padre. Sono cresciuto nel Midwest, dove c’era l’abitudine di formare delle garage band: mi appassionai alla batteria pro-
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IN QUESTE PAGINE, DUE SCATTI RITRAGGONO DAVE WECKL ALLA BATTERIA.
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prio ascoltando i miei vicini di casa. Così, all’età di 8 anni, improvvisai una batteria fatta di oggetti vari in camera mia. Poi arrivò una vera batteria: la mia pratica consisteva nel cercare di replicare quello che ascoltavo nei dischi. Fin da allora, avevo grande facilità con lo strumento.” Chi ha contribuito alla sua crescita musicale? “In molti mi hanno indicato il percorso da seguire, ma lavorare con Paul Simon e Robert Plant ha davvero fatto la differenza. Oppure registrare in studio con Madonna o George Benson o ancora dividere il palco con Chick Corea: sono tutti musicisti e performer di un tale livello che devi per forza spingerti al massimo per stare al passo con loro. È stata una grande palestra. L’esperienza e la gioia di fare musica con grandi artisti e grandi persone è impagabile, così come portare tutto questo al pubblico e vederlo rispondere positivamente.” Di quali progetti si sta occu-
“ORA CHE RESTO IN ITALIA PER PERIODI PIÙ LUNGHI, HO AVUTO MODO DI PASSARE DEL TEMPO CON LA GENTE E SPERIMENTARE DI PIÙ LA CULTURA DEL LUOGO. QUI È ANCORA VIVA L’ATMOSFERA DELLA PICCOLA CITTÀ, UN ASPETTO CHE IN AMERICA È SCOMPARSO.”
pando attualmente? “Continuo a partecipare alle tournée per la reunion dell’Elektric Band di Chick Corea e lavoro molto anche con Mike Stern. Mi sono dedicato alla produzione di qualcosa di personale, con la pubblicazione del mio album jazz-fusion Convergence. L’impegno didattico con la mia scuola di batteria online (visitabile all’indirizzo www.daveweckl. com) completa il quadro, perché è diventato un lavoro full time.”
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TRAMANDARE
L’ultimo
LIUTAIO NELLA SUA BOTTEGA DI DOVADOLA, FOSCOLO LOMBARDI CREA STRUMENTI MUSICALI UNICI SEGUENDO L’ANTICA ARTE DELLA LIUTERIA, IMPARATA DAL PAPÀ E DAL NONNO, CHE RISCHIA DI SCOMPARIRE.
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Entrare nella sua bottega, a Dovadola, è come fare un balzo nel tempo. Svariati legni, dai più comuni ai più pregiati e rari, caricano l’aria dei loro resinosi aromi. Decine e decine di strumenti musicali in lavorazione fanno capolino qui e là in quella che, a prima vista, potrebbe sembrare solo una gran confusione ma che dopo qualche istante svela chiaramente un metodo di lavoro, immutato nel tempo, guidato da tantissima passione, creatività e amore per la musica, la bellezza e l’arte in generale. Luigi Foscolo Lombardi (per tutti Foscolo), classe 1939, “nato prima della guerra” come dice lui, è uno degli ultimi liutai, sicuramente tra gli ultimi in Romagna a custodire i segreti di un’arte resa celebre da maestri ineguagliabili come Stradivari, imparata dal padre e dal nonno. “La mia famiglia lavora il legno da diverse generazioni, già mio nonno aveva la bottega dove si costruiva di tutto – racconta Foscolo –. Mio nonno era per tutti e carradòr, il carratore, cioè colui che costruiva le ruote per i carri, ma in realtà in laboratorio facevamo molte altre cose: dagli strumen-
testo e foto di Andrea Bonavita
ti musicali a corda alle ruote dei tini per il vino fino agli ingranaggi per orologi. Lavoravamo sia il legno che il ferro perché per molte parti di strumenti, e non solo, occorre realizzare anche accessori metallici come le chiavi di contrabbasso che devono essere sia funzionali sia esteticamente belle ed interessanti e non si possono far costruire ad un fabbro qualunque. Quando ho cominciato? Mi ricordo una delle prima volte che sono entrato nel laboratorio di mio nonno, ero piccolo, forse avevo 3 o 4 anni, mi ci portò mia madre. Avanzando per strada, già da lontano sentivo il battere del martello sul legno. Una volta entrato fui sopraffatto dall’inebriante aroma di legno che mi avvolse completamente. Mi ricordo quest’uomo che sembrava essere in pace con il mondo, l’era in paradis, forse n’enc piò in là – era in paradiso e forse anche più in là. Lavorava con sorriso e soddisfazione tanto che quel giorno volli rimanere con lui, che mi mise subito al lavoro con un coltello in mano. Dopo pochi minuti mi ferii a un dito e la sua reazione mi stupì. Scoppiò in una fragorosa risata e mi disse: Ve’! Di lì entra il
“MI RICORDO UNA DELLE PRIME VOLTE CHE SONO ENTRATO NEL LABORATORIO DI MIO NONNO. MI MISE SUBITO AL LAVORO CON UN COLTELLO IN MANO. MI FERII A UN DITO E LA SUA REAZIONE MI STUPÌ. SCOPPIÒ IN UNA FRAGOROSA RISATA E MI DISSE: VE’! DI LÌ ENTRA IL MESTIERE!”
mestiere! Come se ci volesse un pertugio nel corpo dal quale far entrare il mestiere. Forse aveva ragione perché, in effetti, è entrato e ci è rimasto per tutta la vita.” Un saper fare artigiano, antico e raffinato, tramandato di generazione in generazione, che oggi però rischia di scomparire per la produzione industriale a basso costo. Ma un violino o un violoncello (solo per fare qualche esempio) costruiti dalle mani di un liutaio sono strumenti dal suono inconfondibile e con una voce unica. “Gli strumenti mi parlano – spiega –. Io li ascolto attentamente, anche se a volte capita che non ci capiamo. Ci vuole molta IN MAGAZINE
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“LA SCELTA DEL LEGNO DETERMINA LA VOCE DEL NUOVO STRUMENTO E QUINDI NON TUTTE LE ESSENZE VANNO BENE. PER QUESTO MOTIVO UTILIZZO SVARIATE TIPOLOGIE DI LEGNO COME L’ABETE ROSSO, L’ACERO RICCIO, IL CILIEGIO MARASCHINO O IL NOCE.”
IN APERTURA, FOSCOLO LOMBARDI SAGGIA UN CONTRABBASSO. IN ALTO, FOSCOLO ALL’INTERNO DELLA SUA BOTTEGA.
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pazienza per riuscire a comprendere la tipologia di un violino o di una viola. Ogni tipo di legno ha un’anima propria che va interpretata e associata alla sua personale forma di cassa armonica. La scelta del legno determina la voce del nuovo strumento e quindi non tutte le essenze vanno bene. Ci sono quelle che trasmettono bene il suono e quelle più sorde. Il legno giusto deve trasmettere la stessa vibrazione del suono da un lato all’altro della tavola con cui verrà realizzato il piano armo-
nico, per questo motivo utilizzo svariate tipologie di legno, come ad esempio l’abete rosso, l’acero riccio, il ciliegio maraschino, o il noce. Ognuno ha delle qualità differenti che lo rendono utile e unico per ogni particolare tipologia di realizzazione.” Il laboratorio, o la bottega come la chiama lui stesso, è una sorta di “museo” aperto a chi voglia conoscere questo antico mestiere ma anche un luogo in continuo fermento, come la mente di Foscolo, sempre pronta, in barba all’età, a creare nuovi strumenti o a ricrearne di antichi, con i relativi e complicati intarsi, sulla base di qualche disegno reperito chissà dove. “Molti strumenti sono nati per pura sperimentazione, negli anni abbiamo costruito di tutto, contrabbassi, violini, viole, degli ibridi tra loro, oppure degli strumenti più particolari come il collasione, uno strumento a corda utilizzato tra il 1400 e il 1500 e ricostruito fedelmente con i vari intarsi in argento e avorio, o anche il liuto o antichi chitarroni dal suono rinascimentale”.
Non solo STRUMENTI Nel corso degli anni, Foscolo Lombardi ha realizzato anche bassorilievi e incisioni per il conio di medaglie e monete commemorative, come quella ideata per l’Accademia Romana “Pietro Giampaoli” ancora conservata nella Biblioteca Vaticana, o annulli filatelici come quello realizzato in occasione del cinquantesimo anniversario della morte di Benedetta Bianchi Porro. Una maestria a tutto tondo che fa di Foscolo il poliedrico custode di una manualità che è anche espressione del suo amore per l’arte e per la bellezza. Non tutti sanno che Foscolo è stato anche ispettore onorario della Soprintendenza Archeologica per la sua competenza acquisita sul campo e la sua profonda conoscenza della storia locale, in particolare del periodo del dominio napoleonico e della trafila romagnola che aiutò Garibaldi nel 1849.
VIVERE
I laghi
URBANI I FORLIVESI STANNO RISCOPRENDO UNA ZONA DI FORLÌ A LUNGO TRASCURATA CHE OGGI OSPITA DIVERSE REALTÀ IMPRENDITORIALI, A CAVALLO FRA NATURA, SPORT E DIVERTIMENTO. di Dolores Carnemolla / ph Giorgio Sabatini
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La gita al lago? Si fa in città, a due passi dal centro. E la natura, l’acqua e il paesaggio non sono gli unici protagonisti di un percorso ricco di attività, sport, gusto e storia. Ma procediamo per ordine e cominciamo dal Fiume Ronco, il corso d’acqua che tutti i forlivesi conoscono: nasce nel cuore del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi col nome di Bidente – siamo ancora in Toscana, sul Monte Falterona a 1654 metri di altitudine – e quando il fiume tocca la pianura il Bidente comincia a essere chiamato Ronco. Seguendone in parte il corso, a pochi chilometri da Forlì, è possibile scoprire e riscopri-
UN TERRITORIO CHE SEMBRAVA DESTINATO AL DEGRADO E ALLA PESCA DI FRODO OGGI È PIENO DI POESIA, AMATO DAI BAMBINI E DAGLI ADULTI CHE POSSONO GODERE DI UN AMBIENTE SUGGESTIVO. “CALA FOMA È UN MODO DI VIVERE IL TERRITORIO CHE PRIMA NON C’ERA.”
re l’area, compresa fra Forlì, Forlimpopoli e Meldola, in cui sono raggruppati i laghi: il lago della Foma e il lago Foschi, più conosciuto come il lago del Golf, e il laghetto della pesca sportiva Lago del Sole. Una parte di territorio, nel quale è compresa anche l’oasi di Magliano, che negli ultimi anni attrae sempre più visitatori ed è in pieno fermento. Nel lago del Sole – formato da tre bacini d’acqua – viene praticata una pesca sportiva, a rilascio, nel completo rispetto della natura, mentre attorno al lago Foschi è possibile praticare il golf attraverso le attività proposte dal Golf Club I Fiordalisi. Fuori dall’Oasi Faunistica, verso Carpena, ci si può dedicare al tennis, ma anche al calcetto e al beach 38
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volley negli impianti del Circolo Tennis e – dall’altra parte della zona, tra Forlì e Forlimpopoli – per gli appassionati di moto c’è il circuito di Galliano Park. In questa oasi dedicata alla natura e al tempo libero, i forlivesi hanno da poco riscoperto anche il lago della Foma, che si è formato in seguito ai profondi scavi della cava di ghiaia forlivese. Le giornate in riva a questo lago, dai colori e dagli scenari del tutto insoliti in un contesto urbano, sono state le protagoniste indiscusse dell’estate in città. Merito soprattutto di chi ha rilanciato la zona attraverso il locale Cala Foma: l’imprenditore forlivese Pa-
IN APERTURA, PANORAMA SUL LAGO FOMA. IN BASSO, ALTRI MOMENTI DI VITA INTORNO AL LAGO.
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NEL LAGO DEL SOLE VIENE PRATICATA UNA PESCA SPORTIVA, A RILASCIO, NEL COMPLETO RISPETTO DELLA NATURA, MENTRE ATTORNO AL LAGO FOSCHI È POSSIBILE PRATICARE IL GOLF ATTRAVERSO LE ATTIVITÀ PROPOSTE DAL GOLF CLUB I FIORDALISI.
olo Ragazzini. “Mi sono innamorato della zona della cava – ci racconta – per la sua atmosfera e i colori spettacolari. Parecchi anni fa mi sono detto che quell’area andava riqualificata, bisognava farla tornare in vita, e così dopo non poche difficoltà è nato il sogno di Cala Foma.” Così, un pezzo di territorio che sembrava essere destinato al degrado e alla pesca di frodo oggi è un luogo pieno di poesia, amato dai bambini che possono giocare in libertà in mezzo al verde e dagli adulti che possono godere di un ambiente rilassante e suggestivo. “Cala Foma – continua Paolo Ragazzini – è un modo di vivere il territorio che prima non c’era. L’ambiente è incantevole, regala tranquillità, la zona è più fresca e ventilata rispetto alla città, non ci sono le zanzare – grazie alla presenza delle libellule – e le persone hanno la possibilità di stare a contatto con la natura sen-
za rinunciare alla comodità. In futuro coinvolgeremo ancora di più i bambini, con attività dedicate a loro, giochi e letture sull’erba. Coinvolgeremo gli anziani nella riqualificazione diretta dell’area, anche con degli orti e desideriamo mettere in atto le pratiche di quella che oggi viene chiamata agricoltura sociale.”
OLTRE IL LAGO FOSCHI, SI ESTENDE IL CAMPO DA GOLF ANIMATO DALLE PROPOSTE DEL GOLF CLUB I FIORDALISI.
Natura a SCARDAVILLA
ph Alessio Di Leo
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Volendo proseguire un’escursione a contatto con la natura, allontanandosi dalla zona dei laghi ma risalendo il percorso del fiume Ronco – verso Meldola – si raggiunge il Parco di Scardavilla: un’area naturalistica dichiarata Riserva Regionale nel 1991. Qui tra testimonianze medievali e una natura protetta è possibile scoprire un bosco di querce ma anche aceri, nespoli e olmi. La presenza del fiume, nel corso dei millenni, ha modellato il paesaggio creando terrazze alluvionali che contribuiscono a dare all’ambiente naturale delle caratteristiche uniche. All’interno della riserva sono presenti dei percorsi pedonali capaci di rendere l’esplorazione ancora più interessante e un sistema di bacheche informative permette di organizzare delle visite autoguidate articolate lungo diversi itinerari tematici, alla scoperta non solo degli aspetti naturali della riserva ma anche della sua storia. All’interno del bosco di Scardavilla è infatti presente il Monastero di Santa Maria di Scardavilla, le cui prime attestazioni risalgono alla prima metà del 1200 e che testimonia una storia di preghiera, coltivazione dei campi e allevamento, tutte attività a cui i monaci erano soliti dedicarsi. La natura, ancora oggi come nei secoli scorsi, esige contemplazione e rispetto.
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FOTOGRAFARE
L’arte negli
OCCHI
AL SAN DOMENICO LA FOTOGRAFIA FA REGISTRARE NUMERI PARAGONABILI ALLE GRANDI MOSTRE. DOPO MCCURRY E SALGADO, ECCO GLI INTENSI SCATTI DI FERDINANDO SCIANNA.
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Per molto tempo la fotografia è stata considerata un’arte minore, relegata alla funzione documentaria. La realtà, invece, è esattamente l’opposto: alcuni scatti risultano infatti fortemente espressivi e avvincenti proprio come lo sono quadri e sculture d’autore. E il plauso del pubblico alle grandi mostre di foto ne è la prova, come hanno dimostrato i numeri dei visitatori alle prime tre mostre allestite ai Musei San Domenico di Forlì: McCurry, nel 2015, registrò 75.000 presenze, Salgado, nel 2016, fu visitato da 55.000 persone ed Erwitt, lo scorso anno, fu ammirato da 28.000 visitatori. Quest’anno il San Domenico ospita, dal 22 settembre al 6 gennaio, le foto di Ferdinando Scianna, che si qualifica non solo come uno dei più importanti fotografi a livello nazionale (è nato a Bagheria, Palermo, nel 1943) ma anche internazionale. Sono circa 200 le immagini in mostra e tutte in bianco e nero, tonalità, queste, che, assieme alla forza della luce, sottolineano con maggior efficacia non solo l’aspetto estetico dello scatto ma anche la sua carica
di Rosanna Ricci
emozionale. Più o meno la stessa cosa che avviene nella pittura, in particolare nel disegno. La mostra di Scianna dal titolo Il viaggio il racconto la memoria si articola in 6 sezioni: La Memoria (Bagheria, la Sicilia, le feste religiose), Il Racconto (Lourdes, i bambini, Kami, il dolore), Ossessioni (il sonno, le cose, l’ombra, bestie, gli specchi), Il Viaggio (America, deambulazio-
ni, i luoghi), Ritratti, Riti e Miti (le cerimonie, donne, Marpessa) con opere che coprono tutto il suo percorso artistico. Fra i ritratti, Scianna presenta quelli dei suoi grandi amici assai conosciuti nel mondo della cultura come Leonardo Sciascia, Henri Cartier-Bresson, Jorge Louis Borges. L’autore le presenta in questo modo: “Adesso, con immutata passione, di-
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SONO CIRCA 200 LE IMMAGINI IN MOSTRA E TUTTE IN BIANCO E NERO, TONALITÀ, QUESTE, CHE, ASSIEME ALLA FORZA DELLA LUCE, SOTTOLINEANO CON MAGGIOR EFFICACIA NON SOLO L’ASPETTO ESTETICO DELLO SCATTO MA ANCHE LA SUA CARICA EMOZIONALE.
vertimento e ironia, opero nei campi più diversi. Faccio un po’ di moda (Scianna ha lavorato per Dolce e Gabbana oltre che per vari giornali, n.d.a.), un po’ di pubblicità, il reportage e cerco più che mai di fare ritratti. Inoltre recupero materiale dal mio archivio fotografico per numerosi progetti. Nelle mostre non faccio distinzioni tra le immagini nate dal lavoro di fotoreporter e quelle di moda, per esempio. Le inserisco tutte in una continuità
che è poi quella della mia pratica professionale”. Voluta dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, organizzata da Civita Mostre, curata da Denis Curti, Paola Bergna e Alberto Bianda, la mostra dispone, per tutti i visitatori, di un’audioguida in cui Scianna stesso racconta il suo modo di concepire la fotografia. In più, sempre nella mostra, viene proposto un documentario dedicato alla vita professionale dell’artista.
IN APERTURA, IL FOTOGRAFO FERDINANDO SCIANNA. IN QUESTA PAGINA, DUE SCATTI ESPOSTI ALLA MOSTRA: IN ALTO, MARPESSA. CALTAGIRONE, 1987, IN BASSO, NEW YORK, 1985.
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NEA - NUOVA ELETTRICITÀ AUTO 50 ANNI DI ENERGIA È una storia di famiglia e passione quella di NEA - Nuova Elettricità Auto, che quest’anno celebra cinquant’anni di attività nel settore autoricambi e accessori auto. L’azienda, con sede centrale a Forlì in Viale Alessandro Manzoni 14, nasce nel 1968 per volontà di Renato Ragazzini, che aprì la prima sede storica in Via Eugenio Valzania. “La scelta di mio padre Renato di entrare in questo settore nasce nel 1947, mentre lavorava come ragazzo da bottega all’officina Mareda – racconta Raffaele Ragazzini, titolare di NEA dal 2013 –. Gli piace-
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va lavorare come meccanico ed elettrauto, per lui il futuro era però il settore del ricambio. Decise così di rilevare, negli anni ’50, la società insieme ad altri due soci, Tassinari e Monti, occupandosi della parte commerciale e della vendita di ricambi e prodotti specifici. Dopo dieci anni di attività insieme, ognuno prese la sua strada e mio padre portò avanti l’attività come ricambista elettrico.” Nel corso degli anni, NEA si è evoluta per incontrare le richieste del mercato e della clientela, allargando la propria zona di pertinenza aprendo
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NEL CORSO DEGLI ANNI, NEA SI È EVOLUTA PER INCONTRARE LE RICHIESTE DEL MERCATO E DELLA CLIENTELA, ALLARGANDO LA PROPRIA ZONA DI PERTINENZA APRENDO UNA SECONDA SEDE A CESENA, POI A RIMINI, FINO A UN SECONDO PUNTO VENDITA A RAVENNA NEL 2000.
una seconda sede a Cesena, poi a Rimini, fino a un secondo punto vendita a Ravenna nel 2000. Nel 1993 festeggiano i 25 anni di attività. “Nessuno pensava di raggiungere un traguardo così importante, non con le sole nostre forze, ma ci siamo rimboccati le maniche”, racconta Raffaele. Raffaele Ragazzini ha vissuto l’evoluzione dell’azienda dagli esordi, affiancando il padre subito dopo aver conseguito il diploma. “Ho fatto la gavetta – racconta –, ho iniziato sballando i pacchi, poi nell’’88 decisi di entrare ufficialmente nella società di mio padre, lavorando due anni, prima a Ravenna come agente di commercio e poi a Cesena. Introducemmo la telefonia e io fui incaricato di seguire quel lato dell’azienda: i primi due, tre anni, il fatturato era minimo. Poi il settore esplose e lo seguii per ben vent’anni, facendomi conoscere dai clienti. Un settore che ci ha dato molte soddisfazioni ma che abbiamo abbandonato per dedicarci al mondo del ricambio.” Dal 2013, dopo la scomparsa del padre Renato, Raffaele
Ragazzini ha infatti preso in mano le redini dell’azienda, affiancato dalla madre Giovanna Maria Rusticali come Amministratrice Delegata e dalla sorella Barbara, che segue il lato amministrativo, sempre supportati dalla sorella Cristina. “Il 2013 è stato un anno difficile, di paura e dubbio. Mio padre era la figura portante e il timore di non riuscire a portare avanti l’azienda è stato forte, ma ci siamo impegnati, a partire dai proprietari fino ai dipendenti, che ringrazio sempre, per risollevare quella situazione un po’ dubbiosa. Ora sono passati cinque anni, e posso dire che abbiamo raggiunto i traguardi a cui mio padre auspicava e di cui sarebbe sicuramente felice.” NEA celebrerà i cinquant’anni di attività tenendo un Anniversary Party presso la suggestiva location di Cala Fo.ma., una festa per ringraziare le famiglie, i clienti, i fornitori ma anche e soprattutto i propri collaboratori: Alessio, Antonella, Claudio, Fabio, Francesco, Maria Grazia, Gabriele, Luca, Marco, Mirco, Roberto, Silverio, Stefano.
NELLA PAGINA A FIANCO, LO STAFF DI NEA AL COMPLETO DAVANTI ALLA SEDE DI FORLÌ. IN ALTO, DA SINISTRA, CRISTINA RAGAZZINI, LA MADRE GIOVANNA MARIA RUSTICALI, RAFFAELE RAGAZZINI E BARBARA RAGAZZINI.
Forlì - Viale A. Manzoni, 14 - Tel. 0543 30017 - neaforli@tin.it Cesena - Via Cavalcavia, 293 - Tel. 0547 29151 - neacesena@alice.it IN MAGAZINE
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ABITARE
La casa
DELL’ANIMA SANDRA CANDUZZI PIERI, ARREDATRICE E SCRITTRICE CESENATE, HA FATTO DELLA SUA CASA UN LUOGO POETICO DOVE COLTIVARE LA MERAVIGLIA PER LE PICCOLE COSE E LA RICERCA DEL BELLO.
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di Fulvia Venturi / ph Gianmaria Zanotti
Capelli lunghi striati di biondo, occhiali luminosi, abbigliamento e portamento elegante, Sandra Canduzzi Pieri, arredatrice di interni e scrittrice, ci invita nella sua casa che si affaccia sul giardino di Serravalle: un lussureggiante parco nel cuore di Cesena, dalle armoniose tonalità di verde, con pini, betulle, ombrosi anfratti, prati rasati di fresco e suggestivi scorci sulle vecchie mura della città. Sandra è un’amante del verde in tutte le sue declinazioni. “Si può dire che io lo consideri non solo un colore, ma una vera scelta di vita. Per questo ho riportato nelle mie stanze i toni naturali che ho raccolto nel sottostante giardino di Serravalle nelle sue diverse stagioni, albe e tramonti compresi.” Così gli ambienti della sua casa sembrano un’estensione del paesaggio circostante. Ciò che si scorge fuori lo si ritrova armoniosamente all’interno sotto forma di tessuti, materiali e colori addolciti da riflessi e ombreggiature che cambiano al variare della luce del giorno e che finiscono per condizionare anche l’energia della casa. “Di pomeriggio, quando il sole entra nelle camere, la zona notte diventa stranamente un luogo vivace e abitato, anima-
to da Gip, il nostro cane. La mattina, quando nella zona giorno a dominare lo spazio è il colore verde-lago che amo, tutto appare calmo, immobile, riposante, direi creativo.” Addetto all’accoglienza è un angelo in legno che ha perduto la policromia; staziona da sempre nell’ampio soggiorno-studio, un unico ambiente dominato da un grande camino affiancato da una scala che porta al sottotetto. Salendo in mansarda troviamo un grande biliardo di fine secolo, recuperato in un bar di periferia e interamente restaurato. “Tutto l’arredo parla di me: la casa difficilmente tace, perché chi la abita è incapace di non raccontarsi. A darle significato e a rimarcare la sua particolare atmosfera sono i dettagli, e i dettagli sono volatili, come i pensieri. Posso solo dire, come racconto in uno dei miei libri, che cosa è per me la casa: un grande ventre materno nel quale desidero sempre ritornare; una grande libreria piena dei libri di una vita; un riquadro nei tetti dove collezionare voli di colombi che tagliano l’orizzonte e vanno a planare non so dove; un angolo molto protetto dove coltivare piccoli sempreverdi che, rinIN MAGAZINE
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GLI AMBIENTI SEMBRANO UN’ESTENSIONE DEL PAESAGGIO CIRCOSTANTE. CIÒ CHE SI SCORGE FUORI LO SI RITROVA ALL’INTERNO SOTTO FORMA DI TESSUTI, MATERIALI E COLORI ADDOLCITI DA RIFLESSI E OMBREGGIATURE CHE CAMBIANO AL VARIARE DELLA LUCE.
cuoranti, parlano di una possibile continuità.” In verità questo appartamento è anche molto altro: in un alternarsi di nicchie sono raccolti codici seicenteschi rivestiti di pergamene dorate. Di fianco, un’ampia porta finestra conduce al terrazzo arredato con una panca provenzale, tavolini in lamierino, orci toscani con ulivi, lavanda, edere e rosmarini. Il cuore della casa è la cucina, accogliente e impreziosita con tutti i motivi autentici della tradizione: mortai e pestelli, battilarde e canestri
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di ogni tipo pieni di frutta e di verdure di stagione. Alle pareti piattaie con vasellame, bicchieri verdi e sottopiatti di midollino. Una collezione di quadretti d’epoca sui vari temi delle stagioni fanno da corona a una grande natura morta. Niente di formale o falso: qui tutto è vero e aperto alla condivisione. L’attenzione e la cura del dettaglio per Sandra non si ferma alle porte di casa. Anche il vicolo che conduce all’abitazione, una rientranza di via Cesare Battisti che costeggia il giardino e le mura storiche, è stato da lei recuperato con dedizione e impegno. Una vera e propria adozione amorevole e appassionata che ha portato a un progetto esemplare di responsabilità civica e di collaborazione tra Amministrazione Pubblica e privati cittadini. Per anni Sandra Pieri, assistita dal marito antiquario, si è occupata di arredamento d’interni, trasformando la sua attitudine alla ricerca del bello in un lavoro appassionante al quale si è dedicata in modo instancabile. Per arredare
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MOBILI D’ANTIQUARIATO ITALIANI E PEZZI PROVENZALI DALLE DELICATE SFUMATURE PASTELLO: FRUGANDO NEI MERCATI ANTIQUARI DI BEZIERS, AVIGNONE E MONTPELLIER HA TROVATO ARREDI DI SUO GUSTO CHE HA USATO NEI LAVORI CHE HA SEGUITO.
IN ALTO, IL DETTAGLIO DI UNO STEMMA. IN BASSO, LA MANSARDA ARREDATA CON UN BILIARDO DI FINE SECOLO. A DESTRA, I PROPRIETARI DI CASA, SANDRA CANDUZZI PIERI INSIEME AL MARITO.
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il proprio appartamento ha usato mobili d’antiquariato italiani e pezzi provenzali dalle delicate sfumature pastello. Frugando nei mercati antiquari di Beziers, Avignone e Montpellier ha trovato componenti d’arredo di suo gusto che ha usato nei lavori che ha seguito. “Le cose che ho trattenuto e che continuano a confortare le mie stanze non sono state scelte per il loro valore di mercato, ma solo per quelle affinità elettive che inspiegabilmente si creano fra me e le cose.” È così che questo spazio si è riempito di quadri, vecchi tappeti, sculture, terre cotte, piccoli arazzi naturalistici, pergamene decora-
te, stemmi araldici e lampade con paralumi di seta che creano un’atmosfera ambrata. In un angolo in piena luce è collocato un antico scranno: “È qui che mi siedo per leggere un libro, che scrivo lettere, che viaggio attraverso le storie con ancora il piacere di raccontarle. Da questa finestra sul verde vedo spuntare dal terrazzo le cime dei miei generosi ulivi che pazienti sopravvivono in vaso da decenni, scorgo in lontananza le
antiche presenze di due grandi pioppi canterini che occhieggiano con la cupola di Santa Cristina di un incredibile, azzardato e bellissimo verde-ossigenato. Se spalanco la finestra, chiudo gli occhi e mi concentro, riesco a sentire la voce del mare. La casa dell’anima – dice un amico poeta – non è quella dove hai vissuto più a lungo, ma quella dove desideri morire. È questa la mia casa dell’anima”.
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IL FORO DI LIVIO
Febbre
SPAGNOLA NELL’AUTUNNO DI UN SECOLO FA, L’EPIDEMIA CHE SCONVOLSE L’EUROPA FECE A FORLÌ CENTINAIA DI VITTIME.
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L’autunno porta con sé anche una questione che fa ampiamente dibattere: quella dei vaccini. Non si vuole entrare nel merito della vicenda contemporanea, ci si esercita giusto in un salto all’indietro di un secolo. Dal settembre 1918, infatti, a Forlì inizia a far paura un nemico misterioso chiamato con un nome femminile: la spagnola. Il picco della mortalità per questa violenta forma influenzale
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di Umberto Pasqui
si avrà nell’ottobre e nel novembre dello stesso anno. Proprio quando il morale si stava rialzando: la guerra ormai era vinta, Trento e Trieste potevano dirsi italiane. L’insidia virale, però, era ormai stata importata dall’America dopo l’arrivo delle truppe alleate, pertanto fu un fenomeno mondiale tanto da rendere ancora più tragica la coda del conflitto. L’emergenza sanitaria sconvolse
la già sconvolta Europa. I romagnoli, già debilitati chi dal fronte chi dai razionamenti alimentari, si trovarono in casa l’ospite sgradito. Fu dato il nome di spagnola sebbene la Spagna non avesse colpe; fu però la prima Nazione a divulgare la notizia dell’epidemia in quanto, non essendo intervenuta in guerra, aveva potuto contare su una stampa senza censure. Il virus
provocava inizialmente un’influenza con febbre alta persistente. Poi si avvertiva il polso debole, un dolore agli occhi, mal d’orecchie, di testa e la schiena a pezzi. Apparivano in seguito macchie scure sugli zigomi fino a rendere il volto bluastro. Erano sempre più evidenti le difficoltà respiratorie tanto che la morte sopraggiungeva per soffocamento. Si trasmetteva assai facilmente (decine di milioni i morti in tutto il mondo, 375 mila in Italia) e non incontrava grossi argini: i tentativi della medicina di allora risultavano deboli, ancora di virus non si sapeva molto (era più immediato attribuire responsabilità ai batteri). Le vittime preferite dal morbo erano i soldati tra i 18 e i 40 anni, causando più del doppio del numero dei caduti dell’intero conflitto mondiale. Le famiglie s’industriavano a trovare rimedi quali impacchi di aceto bollente, salassi, sacchetti di canfora appesi al collo, bevute di acquaragia, superalcolici o latte bollente con zenzero, soda; c’era chi invano indossava inutili mascherine. A Forlì, tra il maggio 1918 e il maggio 1919 la spagnola causò la morte di 378 persone, specialmente in ottobre (160) e novembre (101).
L’esperienza che si viveva in quei mesi doveva essere molto simile a quella della Milano colpita dalla peste di manzoniana memoria. Alcuni particolari emergono dagli atti del tempo: la Camera del Lavoro, il 26 ottobre 1918, lamenta che i casi letali dell’influenza si registrano nelle case operaie o nei luoghi malsani, chiedendo di intervenire per allontanare mucchi di letame, detriti, depositi vespasiani, e che venissero disinfettate la abitazioni colpite. Furono sicuramente bonificati gli spazi d’incontro e di socializzazione, soprattutto trattorie, osterie e caffè. La città (per le numerose chiamate alle armi e per le esigenze belliche) era necessariamente impreparata: nonostante il numero di morti, almeno a Forlì, non fosse elevatissimo, risultava uno sbalzo troppo elevato rispetto alla norma. Pertanto, non c’erano abbastanza necrofori e perfino le sepolture subivano rallentamenti. Per far fronte all’emergenza fu impiantato un lazzaretto comunale capace di ricevere fino a cento pazienti. Il direttore dell’Ospedale, infatti, aveva supplicato di non portare più malati perché il reparto d’isolamento era pressoché pieno.
LEGGERE
Anima e
CORAGGIO DINO AMADORI, FONDATORE DELL’ISTITUTO ONCOLOGICO ROMAGNOLO E DELL’IRST DI MELDOLA, RACCONTA IN UN LIBRO LA SUA STORIA INDISSOLUBILMENTE LEGATA A QUELLA DELL’ONCOLOGIA ITALIANA.
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di Fulvia Venturi
“A coloro che soffrono nella speranza. Ai volontari che ne rendono ancora piena la vita. Ai ricercatori, perché la nostra speranza non sia vuota. Vicino a chi soffre, insieme a chi cura.” Inizia con questa dedica Anima e Coraggio – La mia vita contro il cancro, l’autobiografia di Dino Amadori che ripercorre, nelle sue tappe principali, una storia di vita intensa ed emozionante, sempre ispirata dalla convinzione che un futuro senza tumori sia possibile. Un percorso raccontato con pas-
ANIMA E CORAGGIO, L’AUTOBIOGRAFIA DI DINO AMADORI DEDICATA ALLA LOTTA CONTRO IL CANCRO, È EDITO DA MINERVA. IL RICAVATO DELLA VENDITA DELL’OPERA VERRÀ INTERAMENTE UTILIZZATO PER SOSTENERE LE ATTIVITÀ DELLO IOR - ISTITUTO ONCOLOGICO ROMAGNOLO. L’IMMAGINE DI COPERTINA È DI ANDREA SAMARITANI.
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sione, precisione e profondità, che s’intreccia con la storia dell’oncologia italiana e lancia uno sguardo fiducioso e di speranza verso il futuro. “La mia scelta di fare l’oncologo risale a quando ero ancora piccolo – racconta Amadori –. Sono nato a Corniolo di Santa Sofia, in una comunità montana dell’Appennino Tosco-Romagnolo di 500 abitanti. All’epoca il tumore era vissuto come una vera e propria maledizione divina. Quando qualcuno si ammalava e moriva di questa malattia, tutto il paese si ammutoliva in una specie di lutto ante e post mortem.” Ed è proprio la percezione inconscia del cancro come qualcosa di misterioso e di innominabile che, all’età di sette anni, lo spinge a dichiarare a sua madre: “Da grande voglio fare il medico che cura proprio quella malattia”. Così Amadori comincia un percorso di studi molto accidentato, emigrando presso parenti e amici di famiglia tra la Toscana e la Romagna. Si laurea in Medicina a Bologna e avvia la propria carriera di medico a Santa Sofia nel 1962, con in mente sempre quella che lo stesso autore definisce quasi un’ossessione: la volontà di capire, combatte-
re e sconfiggere il cancro. Il libro descrive in parallelo una storia “personale e professionale insieme”, toccando aspetti intimi come la famiglia d’origine, le amicizie e gli incontri più significativi, l’esperienza in Africa, fino alla crescita e allo sviluppo dell’oncologia, dal punto di vista scientifico e organizzativo-sanitario, in Romagna e in Italia. Un racconto che include la nascita e l’evoluzione dello IOR (Istituto Oncologico Romagnolo) e dell’IRST (Istituto Scientifico Romagnolo per lo Studio e la Cura dei Tumori di Meldola); entrambi fondati e portati avanti grazie all’impegno e alla tenacia per i quali Dino Amadori si è sempre distinto. In Anima e Coraggio il professor Amadori descrive anche l’enorme impatto socio-economico del cancro considerando i numeri di una malattia che, nel mondo, colpisce ogni anno 14 milioni di persone, con 8 milioni di decessi. Un libro da cui emerge però un messaggio di speranza e “una scintilla di umanità che illumini una strada di operosità, responsabilità e solidarietà verso il prossimo malato e sofferente, poiché, come scrive Amadori, “nulla è impossibile a chi vuole fermamente ciò in cui crede”.
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