Tariffa R.O.C., Poste Italiane spa - Sped. in abb. postale, D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004, n. 46) art. 1, comma 1,DCB Forlì - Reg. Tribunale Forlì 6/9/2011 n. 410
Anno XXXXV - N. 3 - ottobre 2012 • Abbonamento annuo euro 20,00 - Sostenitore euro 26,00
IN PRIMO PIANO
In bici tra Spazi Indecisi. Novecento forlivese
STORIA PER MOSTRE ANDAR
Nuova stagione al Diego Fabbri. Giovanni Pini: il colore vale più del segno
DOSSIER
La Settimana Wildt, l’anima del e leBuon formeVivere. da Michelangelo a Klimt
Il secondo volume delle “52 domenIche In Romagna” Un nuovo viaggio in un territorio che non smette di stupire
le cIttà e I boRghI, la natuRa e la stoRIa, la costa e l’entRoteRRa Le “52 domeniche in Romagna” tornano con un secondo volume che narra il “sapore” dei luoghi e accompagna il lettore verso le mete più insolite e affascinanti per il week-end.
Una guida, organizzata come sempre in 52 itinerari, arricchita dalla segnalazione di curiosità, luoghi nascosti e esperienze suggestive, perché ogni domenica diventi indimenticabile.
Per ordini e informazioni: Tel . 0543.798463 Fax 0543.774044 | info@inmagazine.it | www.inmagazine.it
SOMMARIO
IN PRIMO PIANO
editoriale
04
In bici tra Spazi Indecisi di Francesco Tortori
TEATRO 08 Nuova stagione al Diego Fabbri di Rosanna Ricci
Provinciali di Romagna.
MUSICA 10 Gilberto Cappelli, compositore di suoni e colori di Stefania Navacchia
STORIA 11 Dimenticare mai! La storia di Sirio Sintoni di Ennio Gelosi
dossier 12 La Settimana del Buon Vivere di Roberta Brunazzi
ANDAR PER MOSTRE
18
Bernardino Boifava di Rosanna Ricci
RICORDO 20 Gilberto Giorgetti di Laura Bertozzi
SCULTURA 22 Ugo Savorana, artista colto e riservato di Marco Servadei Morgagni
FORLì UNDERGROUND 24 L’avventura del dinamico Alessandrelli di Mario Proli
in cauda venenum 26 Differenziare poi, che senso ha? di Ivano Arcangeloni
«IL MELOZZO» Già Periodico del Comitato Pro Forlì Storico-Artistica, Forlì Primo numero 14 marzo 1968 Direttore: Rosanna Ricci Edizioni In Magazine srl via Napoleone Bonaparte 50, 47122 Forlì tel. 0543 798463 - fax 0543 774044 Stampa: Grafiche MDM - Forlì Uscita trimestrale. Reg. al Tribunale di Forlì il 6/9/2011 n. 410 Redazione: Rosanna Ricci, Roberta Brunazzi, Mario Proli, Paolo Rambelli, Giorgio Sabatini, Gabriele Zelli. In copertina particolare del monumento ai Caduti di piazzale della Vittoria, opera di Bernardino Boifava. Foto Giorgio Sabatini. Hanno collaborato a questo numero: Ivano Arcangeloni, Laura Bertozzi, Ennio Gelosi, Stefania Navacchia, Marco Servadei Morgagni, Francesco Tortori.
Istituzioni territoriali, si cambia. Imboccata la strada del riordino istituzionale delle Province si apre ora la fase di definizione del ruolo, funzioni e poteri per il nuovo ente che regolamenterà servizi e affari di Romagna. Una partita giocata dall’alto che ogni rappresentante della politica locale racconterà a modo suo, tra appelli al rigore e sviolinate nazional-popolari per accendere o riaccendere il cuore e l’orgoglio dei romagnoli. I quali, prima di riconoscersi come collettivi virgulti di Romagna, si sentono forlivesi, cesenati, ravennati, riminesi, cattolichini, bertinoresi, predappiesi... (con distinzioni precise tra gli abitanti di Predappio alta e bassa). Verrebbe da liquidare il tema come sintomo dei soliti campanilismi nostrani, frutto di antiche faide e di una cultura contadina per secoli ancorata alla propria terra. Con ogni città pronta a difendere il primato di romagnola tra le romagnole, di dialetto più dialetto degli altri, di fulcro storico-cultural-logistico... Non c’era ancora l’ufficialità della Provincia unica che sui giornali locali già si discuteva a gran voce sul tema del capoluogo. Quale scegliere per la nobile Romagna? E giù analisi storiche e sociologiche, sul perché di Ravenna sì e sui perché no. Questione importante quella del capoluogo, certo, che alla fine strappa anche un sorriso e sottolinea il modo di essere dei romagnoli e degli italiani
in generale. Gente di Romagna, come quella di Roma, abituata a ragionare per storie individuali, biografiche o stracittadine che siano, raccontate in prima persona. Un “Io” che spicca sempre sul “Noi”, un “Lui” - che quando c’era tutto andava meglio, come si sente ancora echeggiare nei discorsi da bar - artefice unico e simbolo di un’epoca, senza tener troppo in considerazione l’influsso e la responsabilità di un’entità più grande e anonima costituita da “Loro”. Patria dell’Umanesimo e del Rinascimento, stentiamo come italiani a riconoscerci in qualcosa che non abbia al centro l’Uomo. Concetto universale di umanità che in un’epoca di particolarismi perde la maiuscola e si traduce in un’immagine individuale, di rappresentante unico per un’epoca e un luogo specifico, responsabile per se stesso e anche per gli altri, non propriamente abituati alla condivisione e al lavoro di squadra. Considerata l’attuale congiuntura storica, economica e sociale forse sarebbe più saggio sfogliare il libro all’indietro e ripensare al Medioevo, quando anonimi tagliatori di pietre e scalpellini lavoravano insieme per erigere le cattedrali. Senza che nessuno di loro, nemmeno gli architetti, osasse apporre la propria firma sotto al lavoro compiuto. E chissà che dal Medioevo di Romagna, costruito assieme, non si possa Rinascere davvero.
3
IN PRIMO PIANO
In bici tra spazi indecisi. di Francesco Tortori Sabato 8 settembre circa 450 persone, dai 2 agli 82 anni, hanno partecipato a Cicli Indecisi 2012, un percorso cicloturistico liberatorio per le vie del centro di Forlì alla ricerca e alla scoperta di alcuni spazi abbandonati della città, luoghi solitamente dimenticati e inaccessibili, che per l’occasione sono stati riattivati grazie ad interventi che spaziano e dialogano fra storia, storie vissute e arti contemporanee. L’evento, organizzato dall’associazione Spazi Indecisi, ha permesso di entrare in contatto con edifici abbandonati, strutture fatiscenti, luoghi che testimoniano una presenza passata attraverso un’assenza presente; questi spazi sono diventati sede di installazioni grazie ad interventi artistici, concettuali ed ironici, per stimolare una riflessione più profonda sugli spazi indecisi favorendo nuova e diversa relazione con essi. Il percorso, partito dall’ex Deposito delle Corriere SITA, ha toccato il Foro Boario, l’ex Zuccherificio Eridania, il Convento Santa Maria della Ripa, la Fornace Maceri Malta e la Palestra di Campostrino, per concludersi all’Arena Forlivese. Obiettivo di questa seconda edizione di Cicli Indecisi era mettere in relazione due anime del progetto Spazi Indecisi: l’interesse verso il passato di questi edifici così carichi di storia, di storie e di vibrazioni, e la necessità di produrre una riflessione, una rielaborazione contemporanea, che solo le arti (nella loro accezione più ampia) possono generare, stimolando ed emozionando lo spettatore. Per indagare il passato, Spazi Indecisi, la Rivista Questa Città e SunSet hanno realizzato il documentario “Lavori in tras/corso”, raccontando gli spazi indecisi del centro di Forlì, attraverso le testimonianze delle persone che in quei luoghi, ora in stato di abbandono, hanno lavorato e vissuto. Per la rilettura contemporanea di questo passato, lo spirito guida degli interventi artistici coordinati dall’artista Patrizia Giambi è stato la perlustrazione dei luoghi, visti come architetture e porzioni di territorio in mostra, da scoprire, incontrare e conoscere. Gli artisti hanno cercato nei luoghi stessi tracce del loro destino, creando momenti di fruizione collettiva per il pubblico di esploratori.
4
Il violoncellista Paolo Baldoni all’interno dell’ex Zuccherificio Eridania (a sinistra).
L’area del Foro Boario (a destra, in alto). Foto Francesco Satanassi.
La Fornace Maceri Malta (a destra, in basso). Foto Romeo Lombardi.
5
IN PRIMO PIANO
L’itinerario di Cicli Indecisi 2012 (a sinistra).
L’ex Deposito delle Corriere SITA diventa così punto di partenza del percorso e custodisce la mostra collettiva degli artisti coinvolti. Il Foro Boario rivive attraverso il gioco il suo antico splendore di importante mercato del bestiame, con “Theatralisch Muu”, istallazione sonora a cura di Federica Zucchini. L’ex Zuccherificio Eridania nella sua austera solennità risuona grazie ad “Impressioni liturgiche” con il violoncellista Paolo Baldoni. Il portone chiuso e inaccessibile del Convento di Santa Maria della Ripa ispira “Vola più alto”, performance che dà voce ai nostri desideri a cura di Patrizia Giambi. La Fornace Maceri Malta, in abbandono da decenni, torna a bruciare ancora con “Riaccendimi”, installazione e sonorizzazione a cura di Luca Freschi e Stefano Ricci. La Palestra di Campostrino è l’arrivo della lunga rincorsa ne “La gazzetta del sudore”, performance teatrale a cura di Francesco Selvi. L’opera “Occupansi” di Mala. Arti Visive ironicamente presenzia tutti gli spazi, cercando maliziosamente di ispirare. In serata l’Arena Forlivese torna alla sua origine di luogo di divertimento, con l’aperitivo a cura del Diagonal, i concerti di Sybiann
6
e Dead Albert Chestnut e la proiezione del documentario “Lavori in tras/corso” dedicato alla memoria di Gilberto Giorgetti, la cui passione continuerà ad ispirare. Cicli Indecisi 2012 si è concluso domenica 9 settembre all’interno dell’Ex Deposito delle Corriere SITA, dove si è svolto il workshop aperto al pubblico “Le Mappe dell’Abbandono italiane. Obiettivi e possibili strategie comuni”, un momento di confronto fra realtà provenienti da tutta Italia che si occupano di valorizzazione, attivazione di spazi ai margini per scambiarsi esperienze, capire le ragioni che hanno spinto associazioni culturali, artisti, ricercatori universitari, architetti e urbanisti o semplici cittadini a realizzare questo tipo di iniziative dal basso in parti diverse d’Italia e quasi in contemporanea, pur senza conoscersi, ponendo le basi di collaborazioni future. Cicli Indecisi 2012 è stato organizzato in collaborazione con Patrizia Giambi, Città di Ebla, Rivista Questa Città, SunSet, Amici della Bicicletta di Forlì, Cooperativa sociale Tangram, Officina 52, Instagramers Forlì-Cesena, Giacomo Zaganelli, Alberto Poggi, il Comune di Forlì, CMV, ATR Agenzia per la mobilità della Provincia di Forlì-Cesena.
Davanti all’Arena Forlivese, nel corso dell’edizione 2011 (a destra). Foto Francesco Satanassi.
Il progetto Spazi Indecisi. Spazi Indecisi è un collettivo nato con l’obiettivo di catalizzare energie per fornire nuova linfa ai luoghi dimenticati, facendoli emergere dal subconscio fino alla coscienza urbana collettiva. Nasce dall’urgenza di promuovere una riflessione culturale ed interventi reali su questi luoghi, attraverso la logica della partecipazione e del riuso leggero. Spazi Indecisi si propone di indagare i luoghi ai margini attraverso una mappatura in costante aggiornamento, che raccolga fotografie, video, informazioni storiche, testimonianze, in modo da conservarne la memoria e diffondere una riflessione. L’obiettivo è anche quello di diventare un cantiere creativo in divenire capace di favorire il dialogo e l’ibridazione dei diversi linguaggi dell’espressività contemporanea - fotografia, arti, architettura, design, musica - in nome della valorizzazione dei luoghi. Il collettivo, inoltre, alimenta il dibattito sul presente e sul futuro di questi luoghi, promuovendo una riflessione creativa e interventi reali. www.spaziindecisi.it
Moschini, Pierotti e Pratesi srl Da oltre 30 anni Agenti di assicurazione a Forlì
Come? Scegliendo un piano individuale pensionistico può beneficiare di: • UNA SCELTA CONVENIENTE Un prodotto estremamente competitivo che non prevede costi di ingresso né caricamenti sui versamenti effettuati. Per lei significa che sarà investito il 100% dei suoi soldi. • PROTEZIONE Una linea di investimento specifica per chi preferisce investimenti prudenti: in questo caso, il suo capitale può solo crescere e beneficia di un rendimento minimo garantito previsto a scadenza. • UN VANTAGGIO CONCRETO IMMEDIATO I versamenti effettuati sono deducibili dal reddito dichiarato fino a un massimo di € 5.164,57. Un’agevolazione importante che le permetterà di risparmiare ogni anno fino a € 2.000 di tasse. Esempio: Aliquota marginale IRPEF
Reddito dichiarato
Totale tasse
38%
35.000 €
9.620 €
Agenzia generale: Piazza Falcone e Borsellino, 1 - 47121 Forlì (FC)
Totale tasse versando € 5000 7.720 €
|
Risparmio fiscale annuo 1.900 €
è arrivato il momento di risparmiare
sulle tasse!
Tel. 0543 404101 - Fax 0543 61980
|
agenzia@mppassicurazioni.com
TEATRO
Nuova stagione al Diego Fabbri. di Rosanna Ricci Il teatro è di sicuro una grande passione per i forlivesi, viste le code che hanno fatto (pur brontolando) per rinnovare posti ed abbonamenti al teatro Diego Fabbri di Forlì. Tutto nuovo per la prossima stagione, a partire dalla direzione artistica del teatro, finora svolta all’interno dell’amministrazione comunale. Fra coloro che hanno presentato i loro progetti al bando, la giuria ha assegnato la gestione dei programmi teatrali a un gruppo di quattro persone della nostra realtà territoriale, ma esterne all’ambito comunale: Ruggero Sintoni, Claudio Angelini, Claudio Casadio, Lorenzo Bazzocchi, tutti impegnati da molti anni nella direzione di eventi teatrali. Ruggero Sintoni e Claudio Casadio dirigono il Teatro Stabile di Innovazione Accademia Perduta/Romagna Teatri da oltre 30 anni (l’associazione è responsabile a Forlì degli spettacoli al teatro Il Piccolo); Lorenzo Bazzocchi di Masque Teatro da più di 20 anni (a lui si deve anche il festival Crisalide), Claudio Angelini è direttore e fondatore del gruppo teatrale Città di Ebla e direttore di Ipercorpo nel settore del teatro di ricerca. Questa nuova direzione del teatro avrà una durata di tre anni. La stagione teatrale 2012-2013, ampliata rispetto agli anni precedenti, ha ottenuto l’approvazione di tutti: amministrazione comunale di Forlì e i vari sponsor (Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, Coop Adriatica, Poderi Nespoli e Gencom), perché la cultura è sempre una ricchezza e il teatro ha non solo una grande valenza culturale ma anche un notevole aspetto socializzante. Quest’anno le stagioni teatrali sono sette, prosa, danza, operetta, moderno, contemporaneo, comico, family: in questo modo vengono compresi tutti i possibili linguaggi teatrali, tutti di pari eccellenza e dignità. Sarà perciò una grande stagione, con artisti validi. Si comincia il 15 novembre con la rassegna di prosa e con un attore e regista di eccellenza: Michele Placido impegnato nel “Re Lear” di Shakespeare. Seguiranno (dal 6 al 9 dicembre) Alessandro Preziosi nel “Cyrano di Bergerac” di Rostand (spettacolo che avrà anche l’ausilio di supporti
8
Angela Finocchiaro, protagonista di “Open Day” (a sinistra, in alto).
Claudio Casadio e Daniela Piccari in scena per la stagione “family” (a sinistra, in basso).
Una scena di “My arm” in programma nel cartellone di teatro contemporaneo (sotto).
per non vedenti); i comici Aldo, Giovanni e Giacomo in scena dal 17 al 20 gennaio; Danilo Brugia col musical “Titanic” dal 7 al 10 febbraio. Nello stesso mese (dal 21 al 24 febbraio) Angela Finocchiaro e Michele Di Mauro presentano “Open day”; il 7-8-910 marzo va invece in scena il Teatro Stabile di Bolzano con Patrizia Milani, Carlo Simoni, Alvise Battain, Fausto Paravidino e Valentina Brusaferro, protagonisti in “Spettri” di Ibsen. Silvio Orlando presenta dal 21 al 24 marzo “Il nipote di Rameau” di Diderot. Conclude la stagione di prosa l’attore romagnolo Ivano Marescotti, che dal 4 al 7 aprile interpreta “la Fondazione” di Raffaello Baldini. Gli spettacoli serali iniziano alle ore 21, la domenica alle ore 16. Per quanto riguarda il teatro moderno, la rassegna parte il 30 gennaio con Ascanio Celestini che, accompagnato dalla musica di Matteo D’Agostino, racconterà “La fila indiana - Il razzismo è una brutta storia”. Il 19 febbraio sarà la volta di “O patria mia… Leopardi e l’Italia”, scritto ed interpretato da Corrado Augias; il 3 marzo, infine, Fabrizio Gifuni e Sonia Bergamasco proporranno “Il Piccolo Principe” di Saint-Exupéry. E veniamo al teatro contemporaneo che conta otto spettacoli distribuiti due per sera (ore 20,30 al Diego Fabbri e 22,30 al teatro Il Piccolo), con biglietti e abbonamenti per uno o per due spettacoli. La prima serata dedicata al “Contemporaneo” si tiene il 25 gennaio con “Muta imago. Displace” e “MK- Il giro del mondo in 80 giorni”. A seguire, Santasangre in “Bestiale improvviso” e Carlotta Sagna in “Tourlourou” (1 marzo); l’Accademia degli Artefatti con “My arm” e Ivo Dimchev in “I.ON” (15 marzo) e Virginio Liberti/ Gogmagog in “Sarebbe comico se non fosse tragico” e Maria Donata D’Urso in “pezzo 0 (d, e) + Strata- étude” (12 aprile). In contemporanea si terranno degli incontri/ workshop sul teatro contemporaneo: il 15 gennaio al teatro Diego Fabbri l’Incontro/ Presentazione della stagione del teatro contemporaneo; il 26 e 27 gennaio alla Fabbrica delle Candele “MK. Workshop”. Il 13 e 14 aprile, infine, alla Fabbrica delle Candele di piazzetta Corbizzi, “Maria Donata D’Urso-workshop”.
9
MUSICA
Gilberto Cappelli, compositore di suoni e colori.
Gilberto Cappelli ritratto davanti a un suo quadro.
di Stefania Navacchia L’evoluzione della musica nel nostro tempo è un tema assai complesso. Ne abbiamo parlato con Gilberto Cappelli, compositore di Predappio Alta e docente al conservatorio di Cesena. Vincitore nel 2001 del Premio Abbiati, dal suo racconto si percepisce l’entusiasmo per il suo lavoro artistico. Vorrei iniziare dal suo percorso di compositore... “Il mio primo insegnate al Conservatorio di Bologna fu il forlivese Giordano Noferini, una persona straordinaria che da subito mi ha introdotto alle tecniche più moderne. Poi ho studiato quattro anni con Giacomo Manzoni, che aveva una conoscenza profondissima della scuola di Vienna e della musica contemporanea da cui ero già affascinato. Mi sono sentito in contatto ideale con i padri della musica del nostro tempo come Schönberg e Berg”. Poi fu allievo di Aldo Clementi... “Con lui ho conosciuto una tecnica compositiva completamente diversa che si può paragonare alla pittura informale di D’Orazio e che si basa su note lunghe che formano fasce”. Finito il Conservatorio ci furono altri incontri importanti: ce ne può parlare? “Ho lavorato come maestro collaboratore al Comunale di Bologna il cui direttore artistico allora era Salvatore Sciarrino: la sua musica ha influenzato molti di noi. Fu una rivoluzione perché ad esempio lui usava lo strumento in modo diverso”. E l’incontro con Luigi Nono? “Fu in occasione di Opera Prima nel 1981, che diede modo a molti giovani di avere una possibilità di esprimersi. Mandai ‘Due pezzi per violino’. Per noi Nono era un mito: avere la fortuna di conoscerlo e poter parlare con lui è stato bellissimo. Cercava un dato espressivo: è sempre stato in cammino”. Come ha sintetizzato queste esperienze per trovare una sua espressione? “Quando s’incontrano autori così importanti inizialmente si rimane influenzati, ma poi si deve trovare la propria strada, altrimenti si perde la gioia del comporre”. Dove va la musica?
10
“Ognuno sceglie la sua strada. C’è una proliferazione di maniere. Ci saranno delle sorprese. Se guardiamo la storia della musica le note sono sempre quelle, ma c’è stato un cambiamento. Non credo si sia già fatto tutto: ci saranno delle situazioni nuove che già si percepiscono”. E il suo linguaggio? “Nelle mie composizioni uso un linguaggio atonale che esprima i sentimenti con sincerità, ma anche la condizione umana in generale: quindi il mio obiettivo è comunicare”. Quale ruolo ha un insegnante di composizione nello sviluppo delle caratteristiche artistiche di un allievo? “Sono aperto a tutti gli stili, lascio liberi i miei allievi: certamente la base è il dato tecnico, ma fin da quando cominciano con me cerco di portare avanti la loro creatività senza bloccarla, anche quando vogliono seguire uno stile diverso dal mio. È necessario che seguano il loro linguaggio: solo così possono essere autentici. Tento di fare crescere la loro personalità, l’espressione, il senso poetico. Una scuola troppo rigida e troppo concentrata sul dato tecnico può bloccare l’allievo. Per me il dato espressivo viene prima di quello tecnico”.
Ha appena vinto il premio “Chitarra d’oro” ad Alessandria… “È un riconoscimento per il lavoro fatto in questi anni sulla chitarra, grazie a Piero Bonaguri che mi commissiona molti pezzi”. Vorrei che ci parlasse anche della sua attività pittorica. “Ho frequentato l’istituto d’arte, ho sempre disegnato e visitato mostre; poi frequentai un’Accademia privata a Cesena e da vent’anni dedico più tempo alla pittura. Qualche anno fa all’Università di Palermo, durante una tre giorni dedicata al mio lavoro di compositore, è stata fatta la mia prima personale, da cui sono seguite altre mostre. Che rapporto c’è tra le sue composizioni e i suoi quadri? “Come la mia musica è atonale, la mia pittura è astratta: amo soprattutto Vedova, De Kooning, Kline, Pollok, Burri e Afro. Per me le due arti sono vicine, perché si tratta sempre di vibrazioni: la musica è il suono che vibra e in pittura sono le vibrazioni dell’immagine che arrivano all’occhio. Cerco di creare una consonanza tra le opere scritte, che in genere esprimono dolore, e i miei quadri, avviati verso la stessa direzione. Sento la necessità di fare entrambe le cose”.
STORIA
Dimenticare mai! LA STORIA DI Sirio Sintoni. di Ennio Gelosi
All’inizio di quest’anno ci ha lasciato Sirio Sintoni, classe 1921, reduce dalla ritirata di Russia, per tanti anni Presidente della Federazione Combattenti e Reduci di Forlì-Cesena e Rimini. La vita di Sirio venne profondamente segnata dalla sua partecipazione come fante del 278° Reggimento della Divisione “Vicenza” alla sciagurata guerra dichiarata da Mussolini all’Unione Sovietica. Dei 250 uomini della compagnia reggimentale anticarro di cui egli faceva parte ne uscirono vivi otto, dei quali tre feriti gravemente. Dei 12mila militari che la “Vicenza” aveva in organico se ne salvarono poco più di 900. Gli altri tutti morti o dispersi. Un’operazione editoriale di grande pregio
Per sua volontà nel gennaio 2009 ha avuto compimento un’operazione editoriale di primissimo livello: la riedizione, raccolti in un pregevole cofanetto, di tre libri ognuno dei quali rappresenta una straordinaria testimonianza della diaristica bellica. I libri sono: “I topi della steppa - Fronte russo 1942-43” dello stesso Sintoni, “L’inferno bianco” di Franco Simoncini (prima edizione del 1946) e “Fronte senza eroi” di Adler Raffaelli (prima edizione 1955), che rievoca la sua esperienza di internato nei lager nazisti. Tre libri, tre racconti di verità e vita vissuta che dovrebbero essere motivo di studio e approfondimento nelle scuole per la dimensione di autenticità e i valori che riportano. “Ho tenuto i miei diari gelosamente nascosti per 50 anni”, scrive Sirio nella premessa al suo volume. “Poi ho deciso di pubblicare la mia storia, affinché i miei nipoti conoscessero i miei ricordi”. I tre libri vennero presentati nell’ambito delle manifestazioni promosse dal Comune di Forlì per celebrare “Il giorno della memoria” del 2009. “I topi della steppa” si apre con la presentazione di Adler Raffaelli, per tanti anni componente degli organi dirigenziali dell’Associazione dei Reduci presieduta da Sirio e figura di riferimento imprescindibile tra gli autori forlivesi della memoria.
Un po’ di biografia
Secondo di quattro figli, di famiglia antifascista (il padre, alla vigilia della partenza per il fronte orientale, gli disse: ”Questa guerra non la vinceranno i tedeschi, la vincerà la Russia con gli anglo-americani”), è costretto a 10 anni a lavorare prima come
garzone da un fornaio e poi in un’officina meccanica fino ai 17 anni, quando viene assunto alla Caproni di Predappio. A 20 anni è sotto le armi e viene inviato prima in Grecia e poi in Russia. Dopo l’8 settembre 1943 riesce a sfuggire ai rastrellamenti di tedeschi e fascisti e nel marzo del 1944 si unisce ai partigiani della 5° Brigata Garibaldi che opera nel pesarese. Nel 1947 corona il sogno della sua vita e sposa l’amata Norma. Assunto dal Comune di Forlì partecipa attivamente alla vita pubblica e sindacale. Contemporaneamente riprende ad interessarsi di filatelia, sua passione giovanile che trasmette ai famigliari, i quali ne hanno fatto poi un’apprezzata professione.
Troppe guerre nella nostra gioventù
“Ormai noi superstiti - sottolinea Sintoni nel cartoncino inserito nel cofanetto in occasione della presentazione - ci stiamo avviando verso i 90 anni di età vissuti di lavoro, povertà e guerre da combattere. Troppe guerre nella nostra gioventù: Africa Orientale, Abissinia, Libia, Grecia, Jugoslavia e infine il fronte russo con la tragedia del Corpo d’Armata Alpino dell’ARMIR. Molti di noi hanno patito la prigionìa e la deportazione e poi vi è stato chi, come me, ha affrontato la lunga e rigida ritirata di Russia dal Fiume Don, un cammino che durò 17 giorni e 17 notti e che ci vide arrivare più morti che vivi. La nostra Associazione vuole congedarsi con queste tre opere dedicando il loro contenuto alle nuove e future generazioni, perché conoscendo le nostre privazioni e le nostre sofferenze possano impedire nuove tragedie e, soprattutto, dimenticare mai!”.
“Troppe guerre nella nostra gioventù: Africa Orientale, Abissinia, Libia, Grecia, Jugoslavia e infine il fronte russo con la tragedia del Corpo d’Armata Alpino dell’ARMIR. Molti di noi hanno patito la prigionìa e la deportazione e poi vi è stato chi, come me, ha affrontato la lunga e rigida ritirata di Russia dal Fiume Don, un cammino che durò 17 giorni e 17 notti” 11
DOSSIER
La Settimana del Buon Vivere. di Roberta Brunazzi Non c’è più il futuro di una volta: uno slogan e un monito dal quale partire, o ripartire. La fragilità del futuro, nella difficoltà e nella responsabilità di “trasportarne” uno migliore per chi verrà dopo di noi, è stato il tema dell’edizione 2012 della Settimana del Buon Vivere, andata in scena dal 24 al 30 settembre a Forlì, Cesena e dintorni. Più di 22mila partecipanti, 130 gli eventi presentati, circa 350 tra relatori e coordinatori, 143 sponsor, partner e patrocinatori prestigiosi, tra i quali anche il Pontificio Consiglio della Cultura. La terza edizione della Settimana del Buon Vivere di Forlì-Cesena si è così confermata manifestazione a carattere nazionale sul benessere equo e sostenibile, dedicata quest’anno all’incontro tra generazioni e culture. Emblematico il titolo dell’evento inaugurale, “Fragile: trasportiamo futuro”, condotto da Daria Bignardi il 24 settembre nel salone comunale di Forlì, nel corso del quale sono state affrontate le tante sfumature del difficile ingresso dei giovani nel mondo dei “grandi”. Sette le giornate in scaletta, così come sette sono i principi del “Buon Vivere”, ognuno dei quali è divenuto il tema dominante degli eventi: etica, bene comune, cultura, alimentazione, salute, benessere, coesione. “Sono gli argomenti - spiega l’ideatrice Monica Fantini - su cui l’intera comunità è stata coinvolta, in un viaggio tra nuovi saperi e inconsueti linguaggi. Esprimendo costante vicinanza anche all’Emilia del terremoto”. Novità assoluta di questa edizione è stato il BV OFF, il “dietro le quinte” animato dagli oltre cento giovani volontari del Buon Vivere nei locali attualmente inutilizzati di piazzetta dell’Antica Pescheria, in pieno centro storico forlivese. Al suo interno si è svolto un programma parallelo di concerti, incontri, seminari e iniziative su solidarietà e sostenibilità, divenuti presidio permanente della manifestazione dal mattino fino a sera inoltrata. Tante le attrazioni a cui hanno partecipato più di mille persone di tutte le età, dalle letture per bambini alle lezioni per la costruzione del videocurriculum, fino ad un
12
divertente corso di Facebook per la terza età tenuto da giovani informatici volontari. Un’altra importante novità è stata la copertura radiofonica nazionale: tutti i giorni on air Fede e Tinto di Radio Due Decanter, in veste di media partner e testimonial, hanno raccontato gli eventi della Settimana, che ha ottenuto spazio anche su tanti altri importanti testate, da Radio Vaticana al TG5, da Repubblica al quotidiano Libero. Ma vediamo, in sintesi, i principali appuntamenti che hanno caratterizzato questa specialissima Settimana romagnola: dopo l’anteprima di domenica 23 settembre con il grande appuntamento sportivo e solidale della maratona Alzheimer, lunedì 24 ha visto l’ufficiale taglio del nastro nel salone comunale di Forlì con Daria Bignardi, la quale ha intervistato col consueto piglio “barbarico” alcuni giovani talenti della città come il regista delle “Iene” Antonio Monti. Il “main event” di martedì 25 è stata la conferenza scenica multimediale del geologo Mario Tozzi, noto al grande pubblico per trasmissioni televisive come “Gaia”. “Fine corsa? Racconto intorno al pianeta che sarà”, al Teatro Verdi di Cesena. Tra i numerosi incontri della giornata da segnalare anche quello col chimico ed esperto di energie rinnovabili Vincenzo Balzani nel salone comunale di Forlì, mentre nella sala Nassiryia della Provincia si è parlato di “Futuro a km 0, il buon vivere in sanità”. Nel pomeriggio al BV OFF il direttore di SWG Enzo Risso e il direttore di AICCON Paolo Venturi hanno invece dialogato su giovani e lavoro. La giornata di mercoledì 26 ha fatto tappa anche ai Musei San Domenico, luogo in cui si è parlato del ruolo della cultura nello sviluppo economico in un convegno che ha visto impegnati, tra gli altri, il regista e attore Gabriele Lavia, monsignor Franco Perazzolo del Pontificio Consiglio della Cultura, il massmediologo Enrico Menduni, il Presidente della Fondazione Cariromagna Piergiuseppe Dolcini e il Sindaco di Forlì Roberto Balzani. Protagonista in salone comunale è stata invece la giornalista Concita De Gregorio, seguita alla sera dalla conferenza in modalità “World Cafè” con Wu Ming 2 e dal concerto itinerante degli
L’evento finale della Settimana, “Il Bene Comune come paradigma per la coesione tra i popoli”, al Teatro Diego Fabbri.
13
DOSSIER
Daria Bignardi inaugura la Settimana del Buon Vivere 2012 (a sinistra, in alto). Foto Giorgio Sabatini.
Andy Luotto, ospite a Cesena (a destra, in alto). Foto Juan Martin Baigorria, SunSet.
14
Il regista Antonio Monti (a sinistra, in basso). Foto Juan Martin Baigorria, SunSet.
Dario Vergassola sul palco del Teatro Diego Fabbri (a destra, in basso). Foto Giorgio Sabatini.
“Viaggio verso le culture della Tolleranza”: conferenza scenica al Cinema Teatro Apollo (a sinistra, in alto). Foto Juan Martin Baigorria, SunSet.
Il geologo e divulgatore scientifico RAI Mario Tozzi sul palco del Teatro Verdi di Cesena (a destra, in alto). Foto Giorgio Sabatini.
Spartiti per Scutari Orkestra sullo scalone del palazzo comunale (a sinistra, in basso). Foto Anna Frabotta.
Il comico e psicologo Terenzio Traisci, ospite a Cesena, in una foto d’archivio (a destra, in basso).
15
DOSSIER
I volontari del BV OFF sul palco del Salone Comunale assieme a Concita De Gregorio (a sinistra, in alto). Foto Juan Martin Baigorria, SunSet.
Spartiti per Scutari Orkestra. Nella Santa Caterina andava invece in scena l’incontro sulla cultura della legalità con l’ex magistrato di Mani Pulite Gherardo Colombo. Eventi anche a Cesena, dall’inaugurazione di Macfrut con il ministro Mario Catania ad un incontro alla Biblioteca Malatestiana sullo sviluppo urbano della “Città lineare FOCE” con il professore di Architettura Gino Malacarne e i Sindaci di Forlì, Cesena e Forlimpopoli. Ed è tornato anche il Campus Cloud, evento partecipativo condotto dall’esperto inglese Phil Taylor questa volta in modalità “Yourope”, con i cittadini di diverse nazioni della UE.
16
BV OFF del sabato dedicato ai più piccoli (a sinistra, in basso). Foto Juan Martin Baigorria, SunSet.
Giovedì 27 settembre il focus è stato sull’alimentazione, con interventi e animazioni a Cesena curate da Terenzio Traisci, Sara Farnetti ed Andy Luotto. La serata ha visto invece andare in scena nei giardini della Prefettura di Forlì il concerto del contrabbassista jazz Paolo Ghetti, in chiusura di una delle tante visite guidate in programma. Venerdì 28, giorno dedicato alla salute, l’appuntamento principale è stato con “Houston: spazio alla ricerca”, serata di raccolta fondi al Teatro Fabbri di Forlì condotta dalla giornalista Simona Branchetti con in collegamento lo scienziato italiano Mauro Ferrari, uno dei massimi esperti al mondo
Fede e Tinto di Radio Due Decanter, in diretta radiofonica per l’intera Settimana, in una foto d’archivio (a destra).
di nanomedicina. Il tutto chiuso dallo spettacolo il comico Dario Vergassola. Iniziative anche per gli ospiti dell’IRCCS-IRST di Meldola e per gli studenti delle scuole superiori, che all’Auditorium della Cassa dei Risparmi hanno incontrato il direttore scientifico dell’IRST-IRCCS Dino Amadori e il Ministro dell’Istruzione Francesco Profumo. La giornata si è chiusa quindi con tre appuntamenti con l’autore, tenuti tra Forlì e Cesena. “Agire di storia” è stato il tema di sabato 29, progetto di riscoperta delle memorie del Novecento che ha coinvolto bambini e nonni in un emozionante viaggio culturale e letterario, con la regista Stefania Casini.
I relatori dell’evento finale sul palco del Diego Fabbri. Da sinistra, Enzo Bianchi, Yahya Sergio Yahe Pallavicini, Giuliano Giubilei, Moni Ovadia, Serigne Mame Mor Mbacke e Padre Theodore Mascarenhas (a sinistra, in alto). Foto Giorgio Sabatini.
Poi gli spettacoli delle cooperative Casa del Cuculo, Mercuzio e Sunset e l’incontro sulla sicurezza stradale nel weekend curato da Asaps e condotto da Mauro Tedeschini. Il gran finale di domenica 30 settembre è stato dedicato alla coesione e al dialogo tra culture. La giornata si è aperta a Bagno di Romagna con il Segretario di Stato del Vaticano cardinal Tarcisio Bertone, che ha benedetto i pellegrini italiani e tedeschi sulla via dei Romei. Nel pomeriggio una conferenza scenica al Teatro Apollo di Forlì sul poeta persiano Rumi ha visto impegnati il grande interprete del teatro italiano Virginio Gazzolo e il regista Alessandro Giupponi.
Musica nel Chiostro di San Mercuriale per l’evento “Agire di Storia” (a sinistra, in basso). Foto Anna Frabotta.
L’evento finale si è tenuto invece al Teatro Fabbri di Forlì, strapieno in ogni ordine di posti: sul tema “Il Bene Comune come paradigma della convivenza tra i popoli” si sono confrontati il priore di Bose Enzo Bianchi, l’artista e scrittore ebraico Moni Ovadia, il capo spirituale dei Mourid Serigne Mame Mor Mbacke, l’Imam della Comunità Religiosa Islamica Italiana Yahya Sergio Yahe Pallavicini e Padre Theodore Mascarenhas del Pontificio Consiglio della Cultura, moderati dal vicedirettore del TG3 Giuliano Giubilei. Le note del pianista e compositore Marco Sabiu hanno infine chiuso questa speciale Settimana.
Spettacolo a cura delle cooperative Casa del Cuculo, Mercuzio e SunSet, nell’ambito di “Agire di Storia” (a destra). Foto Anna Frabotta.
22.000 partecipanti all’edizione 2012 130 eventi 350 relatori e coordinatori 2000 studenti coinvolti 7 giornate per 7 principi: il tema dell’etica il tema del bene comune il tema della cultura il tema dell’alimentazione il tema della salute il tema del benessere il tema della coesione 17
ANDAR PER MOSTRE
Bernardino Boifava. di Rosanna Ricci Non basta un’occhiata veloce per scoprire la bellezza, la precisione e la potenza dei quattro altorilievi collocati alla base del monumento ai Caduti nel Piazzale della Vittoria di Forlì. All’autore, Bernardino Boifava è dedicata un’ampia mostra esposta dal 27 ottobre al 25 novembre nella sede della Fondazione della Cassa dei Risparmi di Forlì. In contemporanea è possibile visitare (venerdì e sabato pomeriggio, domenica mattina e pomeriggio) al secondo piano di Palazzo Albertini anche l’importante donazione di opere di Boifava che la famiglia ha fatto a favore della Pinacoteca di Forlì. Molte sculture di questo artista, conosciuto forse più per le opere (ad esempio il Monumento ai Caduti) che per il nome, sono inamovibili e sparse per la città. Alcune sono ritratti o gruppi realizzati per tombe del Cimitero di Forlì, altre sono nella Pinacoteca di corso della Repubblica, altre ancora in chiese, palazzi, collezioni private, e monumenti inamovibili di Boifava si trovano anche in varie città d’Italia. Le opere esposte nella residenza della Fondazione sono tutte inedite: sarà quindi possibile conoscere in modo più approfondito un’operazione artistica che coniuga l’intento celebrativo col coinvolgimento emozionale dell’autore: una caratteristica che rimane costante in tutta la produzione “pubblica” di Boifava. Fu un artista assai fecondo non solo nelle opere scultoree - di cui fu indiscusso maestro - ma anche nei bozzetti e nei disegni dal tratto incisivo, preciso, sintetico. Bresciano di origine (era nato a Ghedi nel 1888), l’artista era forlivese d’adozione: nella nostra città visse dal 1916 fino alla morte, avvenuta nel 1953. L’artista fu allievo a Brescia di Emilio Righetti, poi di Augusto Rivalta e di Domenico Trentacoste all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Fu l’arruolamento alle armi a condurre Boifava a Forlì nel 1916. Qui conobbe la futura moglie e qui rimase per tutta la vita, aprendo lo studio nella chiesa sconsacrata di San Salvatore dei Camaldolesi, l’attuale chiesa della Casa di Riposo Zangheri. Furono, questi, anni di grande impegno per Boifava, ma furono
18
Due opere di Boifava: sotto “L’arciere”, gesso patinato bronzo, nella pagina a fianco il ritratto in bronzo di Giovanni Marchini.
anche anni assai difficili per il nostro paese, che segnarono la vita e, in parte, anche l’opera dell’artista. Forlì, infatti, rimase estranea ai fermenti delle avanguardie che agitavano il clima culturale di altre città; di conseguenza il linguaggio estetico dello scultore rimanse ancorato alla severità e alla potenza dell’impianto classico, maturato nel clima toscano da lui frequentato durante l’Accademia di Belle Arti. Ma ritorniamo al Monumento ai Caduti, inaugurato il 30 ottobre 1932. È formato da una colona centrale, opera di Cesare Bazzani, sulla cui cima sono collocate tre
figure femminili in bronzo che rappresentano la vittoria del cielo, della terra e del mare, realizzate dallo scultore Bernardo Morescalchi. La parte artistica più interessante è però riferita ai quattro altorilievi di Bernardino Boifava sulla “vita degli Eroi”. Gli altorilievi rappresentano l’Attacco, la Difesa, il Sacrificio e il Trionfo. In queste opere l’artista rivela una grande attenzione al corpo umano, con riferimenti alla scultura attica. Nella variegata gamma di contenuti con cui Boifava si è misurato, non sono mai venute a mancare quella perizia tecnica e quella sensibilità che gli hanno con-
sentito di trattare con uguale impegno temi di carattere civile e religioso. Accanto a questi, un posto di rilievo meritano le sculture relative all’intimità di gesti quotidiani come il “Bozzetto per maternità” e la “Testa di neonato”, oppure quelle in cui lo scavo interiore dei personaggi non trascura note di intenso lirismo come “Testa di ragazza con trecce”, il “Busto della signora “Giannelli”, il “Ritratto di donna”, il “ritratto del pittore Marchini”, “L’arciere” e un bronzo particolarmente significativo come quello di “Gea sotto il raggio fecondante”, splendido nudo di donna adagiato su una roccia.
19
rICORDO
GILBERTO GIORGETTI.
Foto Giorgio Sabatini.
di Laura Bertozzi Il 20 luglio scorso Forlì ha perduto Gilberto Giorgetti, uno dei suoi cittadini più conosciuti in campo culturale. È deceduto all’Ospedale Morgagni Pierantoni, colpito da una forma di ictus che non gli ha lasciato scampo. Dopo la grave malattia che 25 anni fa lo aveva costretto su una sedia a rotelle, Giorgetti aveva sempre dimostrato una forza ed una tenacia senza pari, impegnandosi personalmente perché venisse favorito l’accesso ai disabili in città. Aveva inoltre continuato ad implementare i suoi studi e le sue ricerche raccogliendo foto, documenti, riferiti in particolare (ma non solo) alla storia locale attuale e del passato. Tutto questo materiale, in parte molto prezioso, faceva parte del suo archivio personale. Giorgetti era circondato da amici che lo aiutavano nelle richieste di fotografie e nel prelevare manualmente alcuni testi dalla sua biblioteca. Era un uomo pieno di curiosità e di interesse per eventi storici che approfondiva con indagini continue, supportato anche da una grande memoria. Non si era mai avvilito: al contrario era un vulcano di idee, come aveva dimostrato ultimamente nel fondare l’associazione culturale “La Foglia”, di cui era presidente, e attraverso la quale organizzava incontri, dibattiti, mostre. Non solo, ma attraverso le e-mail comunicava ai forlivesi i vari eventi organizzati di volta in volta dalla sua associazione, dal Comune di Forlì o da altri enti. In gioventù Gilberto aveva coltivato anche la pittura soprattutto grazie al suo maestro Antonio Barrera ed aveva frequentato alcuni dei maggiori artisti di quegli anni come Giuseppe Casalini, Giulio Cisari, Irene Zini, Maceo Casadei, Irene Ugolini Zoli. Un affetto e un’ammirazione senza pari unì Giorgetti ad Antonio Barrera, l’artista che si era distinto non solo per la qualità delle opere ma anche per aver partecipato ad alcune biennali veneziane e per essere stato promotore della Quadriennale Romana. Un’altra espressione artistica assai amata da Giorgetti è stata la fotografia (aveva frequentato Pino Valgimigli), una passione che lo condusse
20
a fondare il Gruppo Polaser, firmando nel 2000 il primo manifesto dal titolo ProgressionInstaurantPhoto e, nel 2006, il secondo manifesto Pola-Manifesto. In quegli anni si era interessato anche di archeologia, scoprendo un sito antico a Forlì. Tuttavia il maggior numero di pubblicazioni, circa una trentina, su personaggi, luoghi e storie forlivesi è stato realizzato dopo la malattia,
quando, per scrivere al computer, usava una lunga cannuccia che teneva fra le dita per premere sui tasti. Disponibile con tutti, aveva collaborato con le rassegne d’arte a Sadurano e, negli anni Ottanta, aveva contribuito graficamente anche ad alcuni volumi di mons. Gian Michele Fusconi, come “Sant’Antonio da Padova a Forlì” e “Forlì e i suoi Vescovi”.
Moschini & Partners Srl P.zza Saffi, 31 - 47121 ForlĂŹ (FC) - Tel 0543 25925 - Fax 0543 33152 - assicurazioni@moschiniepartners.it
SCULTURA
Ugo Savorana, artista colto e riservato.
La vasca in pietra aurisina di piazza Ordelaffi, opera pubblica di Ugo Savorana. Foto Giorgio Sabatini.
di Marco Servadei Morgagni La mostra realizzata nel 2010 a Forlì sull’opera dello scultore Ugo Savorana (Modigliana 1890 - Forlì 1984) è stato un primo importante momento per aprire una finestra conoscitiva sull’opera di un artista per lo più ancora ignoto e trascurato dalla critica, un’occasione importantissima di vedere le opere dell’artista esposte in un insieme significativo. Le alterne vicende di Savorana sono esemplari per decifrare le mutate condizioni di un ruolo dell’artista drammaticamente entrato in crisi durante la prima metà del Novecento, e di una professione che vedeva ridurre il proprio ambito di influenza ed espressione. Se in Italia parte della prima metà del secolo coincide con una tendenza, promossa dal regime, ad intensificare un’integrazione delle arti maggiori con l’architettura e l’artigianato (attraverso la decorazione), si radicalizza nel secondo Dopoguerra quella inarrestabile rivoluzione nel mondo delle arti visive, per cui pittura e scultura acceleravano verso una concezione autoreferenziale e autarchica. Cessavano così le opportunità per artisti-artigiani come Savorana, che tanto avevano contribuito ad arricchire di opere d’arte le nostre città, secondo progetti il più delle volte non coordinati ma ugualmente integrati e armonizzati in un più ampio disegno della scena urbana. Se, infatti, agli anni Venti e Trenta appartengono tutta un serie di sculture dell’artista romagnolo per apparati decorativi esterni di edifici pubblici (la mente va subito alle belle, sintetiche Aquile del Palazzo delle Poste), e privati (le Teste di animali per una macelleria di Modigliana), tutti i progetti monumentali più ambiziosi di Savorana nel dopoguerra non saranno invece realizzati, a partire da quelli per la ricostruzione del Protiro di San Mercuriale, e la ricostruzione del Monumento a Saffi. Non perché siano stati affidati ad altri, ma perché non erano ormai più rappresentativi di valori sociali condivisi: cadevano nell’indifferenza o nell’accantonamento per mancanza di fondi. Da qui anche la necessità per Savorana di cambiare ambito di applicazione delle sue conoscenze e di dedicarsi al restauro. Trova così giustificazio-
22
ne e significato una produzione di piccole statue, realizzate con finalità esclusivamente di rifugio creativo e diletto personale: ritratti, bassorilievi, figure di genere, spesso legate ai costumi della Romagna (a suffragio di quest’ipotesi si noti che nessuna è in bronzo, ma tutte in terracotta patinata, indizio significativo che non erano prioritariamente pensate per un commercio). A Forlì, sotto gli occhi di chiunque, è visibile un’opera pubblica esemplare della sensibilità e della notevole perizia creativa di Savorana: la vasca in pietra aurisina di Piazza Ordelaffi. Posta in asse al palazzo della Prefettura è un’opera apparentemente modesta, complici il suo isolamento in quel difficile slargo urbano e lo scarso risalto che le conferisce la mancanza dell’elemento fondamentale e significante per una fontana: l’acqua, che le darebbe un peso molto maggiore. Questa fontana esprime invece nelle sue linee una profonda capacità di dialogare con la storia, con il passato e con lo spazio. Innanzitutto la scelta di una forma esagonale, “isotropa” dunque, che pur in asse con il palazzo Paolucci restituisce una lettura
corretta della piazza non esclusivamente come piazza del palazzo ma come piazza di collegamento tra il palazzo, il Duomo e il convento del Corpus Domini, ricucendo attorno alla forma senza direzione dell’esagono questa complessità. Inoltre la scelta del profilo dei sei blocchi di cui si compone il monumento è un esplicito richiamo a forme decorative barocche, con elementi maggiori convessi cui se ne alternano più piccoli concavi ma attraverso una semplificazione formale e stilistica, una depurazione classicista-razionalista che avvicina incredibilmente questa fontana del dopoguerra ad alcune delle più conviventi realizzazioni architettoniche del classicismo storicista dittatoriale. Non a caso a Forlì esistono diversi monumenti di quel periodo, rappresentativi di questa linea alternativa e non confliggente con il razionalismo imperante in quegli anni, e di cui proprio il completamento del retrostante palazzo Paolucci è un ottimo esempio. Savorana è partito da questo, ed è stato capace di inventare un’opera di sintesi, che appare oggi in perfetta sintonia con il monumento del quale costituisce ornamento.
DIVENTA UN AUTORE “IN” Pubblica il tuo libro con IN MAGAZINE AUTORI
E DAI VOCE ALL’AUTORE CHE È IN TE
INVIA LA TUA PROPOSTA DI PUBBLICAZIONE: È SEMPLICE ED IMMEDIATO Per la richiesta di pubblicazione invia il dattiloscritto in formato .doc insieme ai tuoi dati: nome, cognome, indirizzo e recapito telefonico all’indirizzo mail “IN MAGAZINE AUTORI”
INFO@INMAGAZINEAUTORI.IT
FORLì UNDERGROUND
L’avventura del dinamico Alessandrelli.
continuano le storie SURREALI e di fantasia letteraria AMBIENTATE NELLA forlì CONTEMPORANEA.
di Mario Proli veva curato quel progetto con attenzione certosina, come quando, da bambino, preparava sulla spiaggia il tracciato delle biglie, con ponti, buche, trampolini, curve paraboliche, e tutti lo andavano a vedere. Terminati finalmente i lavori, l’opera poteva entrare in attività cominciando a svolgere il compito di raccogliere acque reflue. L’ingegner Alessandrelli considerava la sua creatura un capolavoro. Tecnicamente portava il nome di “scolmatore di piena” ed era così ampio che le operazioni di pulizia dei detriti potevano essere svolte da una piccola ruspa. La nuova grande fogna serviva ad evitare che un pezzo di città potesse rivivere l’incubo di trovarsi affogata in uno stivale d’acqua a causa dell’incapacità della rete di smaltire quantitativi di pioggia d’una certa consistenza. In molti ricordavano amaramente i danni del diluvio di qualche anno prima, con le auto nei garage immerse nel fango, i sottopassi trasformati in stagni urbani e centinaia di cantine allagate dove galleggiava un po’ di tutto. Allora, sotto il fuoco di feroci polemiche, il Comune decise di costruite due grandi scolmatori ai lati della città, in grado di captare tutta l’acqua ingurgitata da grate, tombini e bocche di lupo. Alessandrelli curò la progettazione e l’esecuzione dei lavori di una delle cloache, sacrificando a quella missione ogni minuto del suo tempo lavorativo. Per testare l’efficienza della fogna venne effettuata una “prova dell’acqua” tramite introduzione forzata di materiale liquido da due betoniere. La prova diede risposta positiva e durante la verifica all’ingegnere balenò un’idea bizzarra. Appassionato cultore, nel tempo libero, di sport acquatici con propensione per le esperienze estreme, egli notò che l’acqua sparata dalle betoniere creava un’onda lunga e l’idea di cavalcare quell’onda lo attizzò come le fiamme ardono il ceppo natalizio. Per questo chiese e ottenne una seconda “prova dell’acqua”. Ma quella volta ad attendere l’arrivo dell’onda ci sarebbe stato lui a bordo del suo kayak. Il fatidico giorno arrivò. L’orologio segnava le
24
16.05 e il calendario portava la data d’un venerdì d’ottobre quando Alessandrelli prese posto nel kajak assestato sul rivolo d’acqua sotto lo sbocco dei tombini di immissione. Incastrò dentro la canoa performante il suo fisico di cinquantenne atletico e ben piazzato, molto, molto dinamico. Per compiere la missione indossava un giubbotto giallo, un caschetto protettivo e occhiali frangiflutti. Sulla punta dell’affusolata imbarcazione aveva addirittura piazzato una webcam per documentare l’impresa. “T’si a post?” urlò l’uomo delle betoniere. “Si!” Era pronto. Anzi, prontissimo.
L’operatore contò fino a tre prima di tirare le leve. “On, du, tri!”, e fu acqua. Una cascata dirompente si schiacciò sul basamento e irruppe nel cunicolo con la potenza d’un cavallone oceanico. In un batter d’occhio il kajak e il suo inquilino si trovarono fra schizzi e creste spumeggianti, sul crinale arrembante dell’onda che pulsava nel ventre sotterraneo della periferia forlivese. Per Alessandrelli la sensazione fu bellissima e dopo aver domato l’emozione dell’istante, cominciò a muovere la pagaia per tentare l’ebbrezza di traiettorie laterali e trasversali. Proprio
Le immagini sono state appositamente realizzate dall’artista Grota per illustrare il racconto.
quando notò in lontananza un bagliore che annunciava l’imminente fine dello scolmatore, decise di provare il giro della morte. Piantò di prepotenza la pagaia sulla destra per farsi proiettare sul soffitto dall’onda che, in effetti lo spinse in alto ma con tale forza che quando ridiscese l’effetto centrifuga lo sparò contro il lato opposto del tunnel sul quale, inaspettatamente, si creò un varco. La terra cedette sotto l’urto del kajak e aprì un inatteso cunicolo più stretto, completamente buio, impregnato dell’odore d’un umido antico. Alessandrelli batté violentemente il capo una volta, e poi un’altra, e un’altra ancora. Il ka-
jak proseguì la sua corsa verso l’ignoto, spinto dal flusso d’acqua mentre l’ingegnere continuava a ricevere colpi su colpi. Perse i sensi e si sentì come fluttuare in una dimensione senza tempo e senza spazio. Nel sogno pensò per un attimo di aver perso la vita e che il passaggio in cui si trovava poteva essere la Natural Burella descritta da Dante nella Divina Commedia. Sempre nel sogno, incredulo, si diede un pizzicotto e valutò di non essere trapassato. Non gli rimase quindi che sognare d’esser finito in un cunicolo misterioso nelle viscere della terra. Un lungo, lunghissimo cunicolo che, a un certo punto, terminò. Quando Alessandrelli rinvenne era buoi pesto. Si trovava incastrato nella canoa arenata in una pozza d’acqua alta poche spanne, al limitare di un lago. Non vedeva nulla, se non un albero dalla chioma ampia e alta vegetazione palustre che impediva lo sguardo sull’orizzonte. Nel buio percepiva la presenza di luci colorate lontane. Rossastre e giallastre. Forse fuochi. Sentiva anche rumori di passi, lievi fra le sterpaglie. Inquietanti. Rimase fermo cercando di capire cosa si stesse muovendo davanti a lui. Pensò che per capire poteva sfruttare la funzione torcia della webcam. Voltò l’apparecchio verso la punta del kajak e rimase pronto ad attivarlo. Il rumore di passi si faceva sempre più vicino. Lentamente, in modo guardingo, qualcuno o qualcosa si avvicinava. Quando comprese che pochi passi lo separavano da quella presenza si tenne pronto e al momento giusto attivò la torcia. Un bagliore potentissimo di luce bianca, repentino come una fucilata, illuminò la scena e rivelò che la presenza misteriosa era quella di… un leone! Un possente leone maschio dalla criniera maestosa. Il re della savana in persona che, però, dallo spavento fece un balzo, spalancò la bocca come per gridare e scappò a zampe levate. Anche Alessandrelli si prese uno spavento mostruoso, sgusciò fuori dal kajak e in un attimo si trovò avvinghiato a un robusto ramo d’albero. Rimase lì tutta la notte, con gli occhi fissi a indagare nelle tenebre il possibile ritorno del leone mentre un rantolio sommesso di ruggiti trattenuti e
il soffio dei respiri lasciava intendere che la bestia non era sola. Ora credeva d’aver capito: era finito dall’altra parte della terra. Quando spuntò l’alba constatò anche la sua posizione nella geografia della zona. Si trovava sul ramo d’un albero, a circa tre metri da terra, e a causa delle fronde e dell’alta vegetazione palustre non riusciva a vedere nulla che non fosse un pertugio fra le canne dal quale si accedeva al lago. Oltre l’acqua riconobbe una tratto di pista sterrata. Quella poteva essere la via di salvezza. Ma come raggiungerla? E poi: cosa c’era oltre il lago? In campo aperto i leoni avrebbero potuto divorarlo ancora meglio. Nella disperazione cominciava a coltivare l’insano proposito di farla finita subito, di costituirsi alle belve, quando udì un rumore di mezzo meccanico. Lo vide: era una jeep. Un fuoristrada moderno che si fermò nello spazio libero di fronte a lui. L’ingegnere fece ampi segni con le braccia per farsi vedere ma quei gesti finirono anche per attirare l’attenzione dei leoni. “Sono qui! Sono qui!” gridava l’uomo che per farsi sentire meglio cominciò a urlare a squarciagola: “Aaaaahhhhh!!! Aaaaahhhhh!!!” In quel momento, dentro alla jeep, un padre spiegava ai suoi figli: “Vedete questi sono i leoni che dopo la caccia vanno ad abbeverarsi alla pozza e poi riposano all’ombra degli alberi”. Un figlio ribatté, indicando l’ingegner Alessandrelli urlante sull’albero: “Babbo, guarda, c’è anche Tarzan!”. Lo vide e immediatamente avvertì il servizio di sorveglianza. Il personale del parco natura, con animali esotici, sorto di recente nei pressi della riviera si attivò immediatamente e in breve tempo portò in salvo il malcapitato canoista. La vicenda ebbe anche riflessi sulla stampa. Un giornale titolò: “Anche Tarzan sull’Adriatica!” Il cinico sarcasmo non venne afferrato dal povero ingegnere che, fermo nel letto e con la mente annebbiata da una massiccia dose di tranquillanti, ebbe solo la forza di formulare una domanda all’infermiera che lo assisteva: “Scusi signorina, ma chi ha portato i leoni in Romagna?”
25
In cauda venenum
Differenziare poi, che senso ha? di Ivano Arcangeloni Questo agosto non ha avuto pietà di Forlì. Il caldo ha picchiato duro nella piana, non risparmiando nessuno: rinchiusi nelle case, con gli scuri abbassati, gli umani attendevano spasmodicamente la sera, che troppo spesso non portava requie; arida la terra, rinsecchiti gli alberi dalla siccità. Forlì in quei giorni di soffoco, avrebbe detto Francesco Jovine, “era colpita dal silenzio come da una malattia. Sotto il sole violento le case parevano sgretolarsi”. Se guardavi il cielo, quella coltre soffocante d’afa, se sentivi quell’aria densa, bavosa, che ti si appiccicava addosso, ti veniva da pensare che da un momento all’altro l’orizzonte si sarebbe potuto riempire di locuste, e che di lì a poco si sarebbe udito lo spaventoso squillo delle trombe del giudizio universale. Di questo passo, non saprei le trombe, ma le locuste non tarderanno ad arrivare. Sono i cambiamenti climatici, bellezza. Oramai la comunità scientifica è concorde: il consumo di territorio e risorse, l’immissione nell’atmosfera dei famigerati gas serra, stanno già producendo i loro devastanti effetti. Si tratta ora di capire il quanto, non più il quando. Nell’attesa che i “grandi” della Terra, i potenti, quelli che contano davvero, prendano atto della situazione e diano il via ad una politica nuova che finalmente faccia i conti con l’idea della sostenibilità, noi, che contiamo poco, possiamo però nel nostro piccolo fare quelle “scelte consapevoli”, che gli ambientalisti e gli esperti continuamente ci raccomandano. Non sprecare acqua, preferire la bici all’auto, ridurre i consumi energetici, preferire produzioni locali, il cosiddetto “chilometro zero”, ridurre il consumo di carne e derivati, fare la raccolta differenziata e così via. Sì, è vero, una bella fatica. Se poi sei un tantino radicale nelle tue scelte, la vita può diventare quasi impossibile: a partire dalla raccolta differenziata. Differenziare seriamente richiede una disciplina ferrea, da monaco zen, ed anche un bel po’ di spazio in casa. Se vivi in un monolocale diventa difficile trovare lo spazio per la plastica usata per i contenitori alimentari, per quella dei contenitori con la “X” delle sostanze velenose che vanno raccolte a parte, per il vetro, per la carta, per l’organico, per l’olio
26
esausto, e così via. Comunque sia, tu che sei un cittadino scrupoloso, ti cimenti nell’impresa con anima e corpo. T’incaponisci sulla bottiglia dell’olio di oliva di cui hai appena spremuto le ultime gocce: vetro, va bene, ma il tappo? Non è forse plastica? O alluminio? O visto che è un tutt’uno di plastica e alluminio non dovrai metterlo nel cosiddetto “indifferenziato”? Chissà. Ma il vero dilemma si annida nell’organico. Sì, perché l’organico puzza. E del resto il suo puzzare è un’icastica metafora dell’essere: vivemus atque olemus, non c’è niente da fare. L’inorganico, infatti, non puzza. Quei flaconi di plastica puoi tenerli in casa per settimane intere, senza alcun fastidio. Ma il bidoncino marrone della materia organica, vivente anche post-mortem, no. Per non dire della popolazione di moscerini e mosche che stazionano attorno a quei miasmi. Chiaro, non puoi tenerlo in casa: trasformi un angolo del terrazzo nella sentina del cibo. Ma i vicini si lamentano, forse anche comprensibilmente, e dunque, che fare? Scendi paziente tutti i giorni le scale, e lo svuoti nel contenitore che trovi in strada. E qui vedi che in quel contenitore c’è di tutto: bottiglie di plastica, di vetro, sacchi neri della spazzatura indifferenziata: il Caos primordiale nel quale sprofonderemo nuovamente alla fine dei tempi. Perché tu sei civile, responsabile, attento, ma tutti i tuoi sforzi sono vanificati dall’incuria del prossimo, dell’Altro. Tu differenzi, lui è indifferente. Tu scendi col tuo bidoncino marrone, lui mette tutto insieme e butta nel primo cassonetto che incontra. Se ne fotte, lui, del mondo. Peccato però che almeno sull’organico non stia un pochino più attento. Spiegano gli esperti che è proprio la frazione organica che, bruciata negli inceneritori o termovalorizzatori, sprigiona nell’atmosfera i gas più dannosi per la nostra salute. Ed è proprio dalla frazione organica che si può ottenere con un ciclo assolutamente eco-compatibile il metano. A Cesena, primi in Italia, già lo fanno: una piccola azienda, Romagna Compost, riesce, col processo della digestione anaerobica, a convertire i miasmi maleodoranti della materia putrescente in biogas, ricco di metano, che, bruciando, alimenta una turbina che produce energia elettrica sufficiente a coprire il fabbisogno energetico di duemila famiglie.
Non solo: il materiale di scarto è utilizzabile come terriccio in agricoltura biologica. Insomma, direbbe De André: dall’oro non nasce niente, dall’organico nascono i fior, [e l’energia]. Ma bisogna che sia solo organico. Al massimo dentro ci potrà essere un po’ di carta, ma non certo della plastica. Forse se anche l’Altro, e non solo tu, fosse consapevole del fatto che dal cibo marcescente si può ricavare sia energia elettrica che terriccio sarebbe più attento a mettere i rifiuti nei posti giusti. O forse no: probabilmente chi è indifferente, indifferenzia comunque... E così ci deve pensare il Comune: bisogna un po’ forzare l’indifferente, canalizzare la sua incuria, essere un po’ costrittivi, per esempio col “porta a porta”. Lo dicono le statistiche: con la raccolta porta-a-porta la percentuale di rifiuti salvati aumenta di quasi il doppio. Lo conferma l’esempio della vicina Forlimpopoli che differenzia porta-a-porta da ormai molti anni. Ma molti forlivesi dei quartieri già raggiunti del servizio mugugnano. Forse così, per partito preso. Perché il forlivese ama il mugugno. Oppure perché tutti quei bidoncini per strada sono antiestetici. Come se i cassonetti fossero opere del Caravaggio... O adducendo l’inoppugnabile argomento del pesce. Che suona più o meno così: se cucino il pesce, gli scarti, la ventresca di pesce, puzzano, e molto, e io non posso tenermi in casa il bidoncino fino al giorno deputato al suo ritiro. Sia mai. Troppa fatica. Troppa puzza. Diciamo che la controversia si potrà risolvere in un tempo relativamente breve, poiché continuando così lo sfruttamento dei mari e dei fiumi con la cosiddetta pesca “intensiva”, che sarebbe meglio definire “spietata” o “insensata”, presto non ci sarà più pesce edibile, se non forse il famoso pesce siluro del Po, che, dice l’adagio, “non lo mangia neanche il cane”, e l’argomento sarà definitivamente chiuso. Nel frattempo si potrebbero invitare i concittadini colpiti dal “porta-a-porta” ad organizzare i loro menù sulla base dei calendari Hera. Se domani passano a raccogliere l’organico, giù di pesce, coratella e trippa. Se invece è il turno della carta mangerete verdure e legumi. Se tocca alla plastica o al vetro, niente: digiuno depurativo o espiativo, se siete credenti. Tanto c’è sempre più di un buon motivo per espiare.