Tariffa R.O.C.: Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB - FILIALE DI FORLÌ - Contiene i. p. - Reg. al Tribunale di Forlì il 16/01/2002 n. 1 - EURO 3,00
R AV EN N A
MONTANARI
Danilo
EDITORE D’ARTE
WASP / Cambiare forma alla terra ANDREA PEZZI / Imprenditore digitale TEAM EVAN BROS / Vetta dopo vetta
N° 1 FEBBRAIO/MARZO 2020
JAGUAR E-PACE
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EDITORIALE
SOMMARIO
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Danilo Montanari è il nostro personagg io d i copertina, un editore di raffinati libri d’arte a tiratura limitata. Parliamo con Massimo Moretti, che con la sua Wasp sta cambiando il modo di concepire le declinazioni della stampa 3D. Intervistiamo Andrea Pezzi, prima dj e volto simbolo di Mtv poi imprenditore digitale, e Claudia Agrioli, creatrice dello spazio espositivo Pallavicini 22. Scopriamo la storia della Carboneria ravennate e quella del Pastificio Battistini. Entriamo poi in un appartamento mansardato sospeso fra modernità e recupero, e incontriamo due artisti che uniscono l’insegnamento all’arte, Maurizio “Maredo” Lanzillotta e Raffaella Di Vaio. Parliamo con Fabio Evangelista del team Evan Bros., che negli ultimi anni ha conquistato grandi vittorie. Infine, incontriamo l’hair-stylist Anthony Papa, il quale ci racconta la sua esperienza al Festival di Sanremo. Buona lettura! Andrea Masotti
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ANNOTARE
Brevi IN
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ESSERE
Danilo Montanari
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INNOVARE
Massimo Moretti
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INTRAPRENDERE
Andrea Pezzi
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RIQUALIFICARE
L’arte che protegge
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RICORDARE
La Carboneria
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EDIZIONI IN MAGAZINE S.R.L. Via Napoleone Bonaparte, 50 - 47122 Forlì Tel. 0543.798463 / Fax 0543.774044 www.inmagazine.it info@inmagazine.it DIRETTORE RESPONSABILE: Andrea Masotti REDAZIONE CENTRALE: Clarissa Costa, Gianluca Gatta, Beatrice Loddo COORDINAMENTO DI REDAZIONE: Roberta Bezzi ARTWORK: Lisa Tagliaferri IMPAGINAZIONE: Francesca Fantini UFFICIO COMMERCIALE: Gianluca Braga, Elvis Venturini STAMPA: La Pieve Poligrafica Villa Verucchio (RN) ANNO XIX - N. 1 Chiuso per la stampa il 29/02/2020 Collaboratori: Ilaria Bedeschi, Chiara Bissi, Andrea Casadio, Anna De Lutiis, Silvia Manzani, Serena Onofri, Gianmaria Rosati, Aldo Savini. Fotografi: Lidia Bagnara, Settimio Benedusi, Vaclav Duska Jr., Massimo Fiorentini, Piero.
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DEGUSTARE
Pastificio Battistini
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ABITARE
I dettagli che contano
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DIPINGERE
Maurizio Lanzillotta
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DISEGNARE
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Raffaella Di Vaio
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VINCERE
Edizioni IN Magazine si impegna alla salvaguardia del patrimonio forestale aderendo al circuito di certificazione di FSC-Italia.
Tutti i diritti sono riservati. Foto e articoli possono essere riprodotti solo con l’autorizzazione dell’editore e citando la fonte.
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Team Evan Bros.
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PETTINARE
Anthony Papa
46 IN MAGAZINE
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ANNOTARE
Il nuovo volto DELLA ROCCA RAVENNA Una grande
Il circo delle MERAVIGLIE RAVENNA Fa il suo debutto a
Ravenna, dal 16 al 18 aprile al Pala De André, lo show di acrobati, giocolieri, musicisti e artisti circensi che ha raccolto oltre 200.000 spettatori in Italia e oltre confine. Si tratta di Alis de Le Cirque World’s Top Performers: 24 artistiperformer diretti da Onofrio Colucci, maestro di cerimonia in scena, enfant prodige del circo contemporaneo. Per il pubblico sarà un viaggio immaginario appassionante nelle atmosfere ispirate ad Alice nel Paese delle meraviglie e alla letteratura fantastica dell’Ottocento. Quasi 2 ore di spettacolo per tutte le età, senza interruzioni e senza animali. Una versione completamente inedita, con nuovi artisti e numeri straordinari a terra e aerei.
Alle origini DEL MAH JONG RAVENNA Il Mah Jong è un gioco molto conosciuto a Ravenna,
ma nessuno aveva mai pensato di dedicargli un film. Finché a rimanerne affascinato è stato il regista campano, ma ormai ravennate d’adozione, Gerardo Lamattina, che è ha realizzato Il drago di Romagna, debuttato nelle sale cinematografiche all’inizio del capodanno cinese. L’opera è stata interamente girata a Ravenna dove, sin dall’inizio del Novecento, il Mah Jong ha avuto maggiore popolarità rispetto al resto d’Italia grazie ad alcuni produttori locali come Valvassori, presto diventato noto marchio internazionale. Protagonista del film è Luisa, interpretata da Dilva Ragazzini, classica azdòra romagnola che, una volta andata in pensione, vorrebbe volare in Cina per conoscere le origini del suo amato gioco. A fronte dell’ostilità della figlia Donatella, interpretata dalla cantante e performer Fabiola Ricci che è anche voce narrante del film, troverà complicità nel nipote e nei suoi nuovi amici italo-cinesi. Il docufilm è coprodotto da PopCult, casa di produzione bolognese, e Micromedia Communication Italy, giovane realtà con sede a Milano che in pochi anni si è guadagnata il primato di società media cinese con la creazione della piattaforma Weishi Italy dedicata ai cinesi in Italia. Nel prossimo futuro è atteso il debutto in Cina del docufilm.
novità attende la Rocca Brancaleone di Ravenna che presto avrà una nuova platea da 1.500 posti a sedere con copertura mobile, per ospitare eventi di carattere nazionale e internazionale. A rendere possibile il progetto è l’investimento da 8 milioni di euro ottenuto in gran parte dal ministero dei Beni Culturali. A essere coperta sarà quella parte di cittadella attualmente utilizzata come cinema estivo e per spettacoli per il Ravenna Festival. Si partirà con l’attento restauro conservativo delle mura e la realizzazione di una struttura reticolare che suggerirà visivamente la forma perduta del monumento, da cui si potrà accedere alla battagliera e alla sommità dei torrioni che potranno essere visitati. Gli interventi saranno suddivisi in quattro fasi, e dovrebbero essere ultimati entro la fine del 2023.
Paolo Roversi: SCATTI INEDITI RAVENNA Si intitolerà Studio Luce la mostra personale dedicata al grande
fotografo di moda Paolo Roversi, dal 4 aprile al 5 luglio al Mar – Museo d’Arte della Città di Ravenna. Originario di Ravenna ma da anni residente a Parigi, Roversi è uno dei nomi più noti a livello internazionale: le sue fotografie sono state pubblicate su riviste quali Vogue, Elle e Vanity Fair, sue sono le immagini di molte celebri campagne pubblicitarie di Dior, Armani e Chanel. La sua personale mostrerà ricordi e scatti inediti provenienti dal suo archivio che delineano il suo rapporto affettivo con la città natale e includerà una sezione dedicata al lavoro effettuato per il Calendario Pirelli 2020. Roversi procede nel suo lavoro per sottrazione, concentra e ferma lo sguardo non solo alla superficie del soggetto ma tenta di scavare e andare oltre al di là delle cose, ritraendo donne senza tempo, creature misteriose e affascinanti. 4
IN MAGAZINE
IL DESIGN HA IL SUO HABITAT.
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Il posto dove vivere.
ANNOTARE
Ravenna INCOMING
Critici PER CASO
RAVENNA Novità per il
RAVENNA Torna anche
Consorzio Ravenna Incoming che ha in gestione gli uffici Iat, a seguito di assegnazione di bando pubblico. Per dare un segnale di cambiamento, il nuovo CdA presenta diversi volti nuovi: a cominciare dal presidente Gilles Donzellini, direttore del ristorante La Campaza di Fosso Ghiaia. Resta nel consiglio come vicepresidente l’ex presidente Nicola Scialfa, affiancato da un secondo vicepresidente: Riccardo Marcante, direttore generale di Mirabilandia, che entra tra i soci del Consorzio insieme a Costa Parchi e all’aeroporto di Rimini. “Il mercato turistico è quanto mai ibrido e mutevole,” afferma Donzellini. “Ho deciso di mettermi in gioco per fare cambiare la mentalità del nostro consorzio. Dobbiamo uscire anzitutto dalla logica dei confini e dei campanilismo e trasformare nel nostro punto di forza la collaborazione con i territori limitrofi.”
quest’anno Critici per caso, il concorso che premia le recensioni teatrali. L’iniziativa, proposta da Ravenna Teatro e dal Consiglio territoriale di Castiglione, mira a sollecitare lo spirito di osservazione e la capacità di analisi di una rappresentazione. Il concorso è aperto a tutti, a partire dagli 8 anni; gli spettatori della Stagione dei Teatri 2019/2020 potranno scegliere se recensire uno o più spettacoli, per un massimo di tre. Saranno premiati i primi tre classificati di ogni categoria: 8-15 anni, 16-25, over 26, che riceveranno abbonamenti teatrali, biglietti per gli spettacoli e buoni acquisto. Le migliori recensioni saranno pubblicate. I testi vanno inviati entro il 23 maggio via mail a teatroperche@gmail.com oppure, in formato cartaceo, spediti all’ufficio decentrato di Castiglione di Ravenna, in via Vittorio Veneto 21.
Salto nella MUSICA MARINA DI RAVENNA Attesi grandi nomi e migliaia di fan da
tutta Europa per l’edizione 2020 del festival Beaches Brew, a cura di Bronson Produzioni, che si terrà a Marina di Ravenna. Giunto alla sua nona edizione, la manifestazione a ingresso libero mira a rompere la barriera tra artista e pubblico, celebrando insieme le comunità della musica e dell’arte, fondendole insieme sulla spiaggia della costa ravennate. Tra gli artisti che si esibiranno ci sono, fra gli altri, anche Jehnny Beth dei Savage, che pubblicherà il suo album di debutto da solista, To Love Is To Live, l’8 maggio su Caroline Records; il supergruppo maliano Les Amazones D’Afrique; Jessica Pratt; i Ndagga Rhythm Force di Mark Ernestus, un progetto di collaborazione tra un gruppo cangiante di musicisti sabar senegalesi e il pioniere della techno tedesca Mark Ernestus; Horse Lords; il ritorno dei migliori psico-punk nichilisti australiani Tropical F*ck Storm; provenienti dall’underground newyorkese, i 75 Dollar Bill.
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ESSERE
Editore
D’ARTE DANILO MONTANARI È L’EDITORE RAVENNATE DI RAFFINATI LIBRI D’ARTISTA E DI ARTE CONTEMPORANEA A TIRATURA LIMITATA. UN’ATTIVITÀ DI NICCHIA PORTATA AVANTI CON ESTREMA DEDIZIONE E PASSIONE. di Roberta Bezzi / ph Lidia Bagnara
A
Arte contemporanea, fotografia e architettura: sono i tre settori in cui, dal 1980, è specializzata la casa editrice Danilo Montanari di Ravenna che deve il suo nome al suo stesso ideatore. A sentirlo parlare, Danilo Montanari, nato nel 1953 dalla più antica famiglia di Marina di Ravenna, trasuda una certa riservatezza e modestia, consapevole – quanto orgoglioso – del fatto che il suo lavoro di editore di raffinati libri d’artista a tiratura limitata non sarebbe possibile se non fosse alimentato da una reale e profonda passione. Un amore che si evince anche da come custodisce e presenta i suoi libri nel suggestivo spazio di via Zirardini 3, in pieno centro storico, dove ancora c’è chi si stupisce di questa sua attività di nicchia, di certo unica a livello nazionale. Oltre 700 sono i volumi pubblicati collaborando con i principali artisti sia italiani sia internazionali, da Mario Schifano a Sol Lewitt, da Jannis Kounellis a Joseph Kosuth e Giulio Paolini. E non finisce qui, perché ha anche pubblicato il primo libro di Maurizio Cattelan nel 1989, e la prima importante
biografia di Alighiero Boetti. Danilo Montanari, era questo che volevi fare da grande: l’editore? “In realtà, mentre si susseguivano le mie stagioni da bagnino, sognavo di diventare scrittore. Ma mi resi presto conto di non avere il talento necessario… Così, dopo gli studi universitari in Storia e Scienze Politiche, pensai di diventare socio di una libreria, La Scimmia in via di Roma a Ravenna, ma i miei genitori si rifiutarono di fare da garanti per il mutuo. Accettai allora la proposta di alcuni vecchi amici, quali Massimo Casamenti e Tiziano Fiorini, di entrare nella cooperativa Supergruppo che si occupava di comunicazione, grafica e pubblicità, pur senza avere particolari doti nel settore.” È da lì che ti sei progressivamente avvicinato all’arte? “Sì. Per cause fortuite e fortunate, tra la fine degli anni Settanta e la metà degli Ottanta, mi occupai con i miei compagni di viaggio – per conto della Pinacoteca di Ravenna – della realizzazione di una rivista-catalogo delle mostre che lì si svolgevano: La tradizioIN MAGAZINE
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SONO OLTRE 700 I VOLUMI PUBBLICATI COLLABORANDO CON I PRINCIPALI ARTISTI SIA ITALIANI SIA INTERNAZIONALI, DA MARIO SCHIFANO A SOL LEWITT, DA JANNIS KOUNELLIS A JOSEPH KOSUTH E GIULIO PAOLINI, NONCHÉ IL PRIMO LIBRO DI MAURIZIO CATTELAN NEL 1989.
ne del nuovo. A un certo punto si prospettò anche l’idea di fare libri e altri cataloghi, fra cui uno dei primi di Lucio Fontana per una mostra antologica a Rimini, in un momento storico in cui c’erano soldi da investire. Così, ho avuto modo di conoscere alcuni grandi artisti, in genere più disponibili di oggi a confrontarsi con giovani volonterosi.” Dal 1982 al 1993 inizia il capitolo dell’agenzia editoriale Essegi di cui sei fondatore… “Si tratta in realtà del retaggio del Supergruppo. Poi Massimo e Tiziano decisero di fondare Image,
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mentre per quanto mi riguarda ho preferito rimanere nell’ambito artistico in cui avevo acquisito competenze, oltre ad aver sviluppato una reale passione. Il mio è un lavoro artigianale che cresce insieme all’artista in base alla creatività e alle possibilità tecniche.” Ed è così che sei diventato un editore d’arte contemporanea, un editore dall’identità definitiva. Puoi spiegare qual è la differenza tra libro d’arte e libro d’artista? “Io faccio libri d’arte che di per sé sono divulgativi, con una tiratura media che oscilla dalle 500 alle 1.000 copie e con un prezzo di copertina accessibile, intorno a qualche decina di euro. Il libro d’artista è un’altra cosa: in tal caso l’artista ha un ruolo fondamentale nella composizione e nella scelta dei materiali e implica ricerca e grande manualità. La copertura in genere è di 100 copie. Il libro d’arte, in genere, attira l’interesse dei collezionisti perché acquistano valore nel tempo. Un esempio? Un libro d’artista di Lucio Fontana degli anni Sessanta oggi potrebbe costare anche 20.000 euro.” Qual è il tuo libro d’artista
preferito? “Ce ne sono vari in realtà. La morte di un anarchico dell’artista milanese Paolo Ventura che, nella sua semplicità, è molto efficace. Poi Operation Olimpiad di Alessandro Perini che ha compiuto un’originale ricerca in Giappone, trovando tutti i materiali predisposti per le Olimpiadi di Tokyo del 1940 che poi furono cancellate per la guerra.” Puoi descrivere il tuo modo di lavorare? Come scegli l’artista? “Per mia scelta di vita sono più portato per l’introspezione e, quindi, ho bisogno di un po’ di solitudine anche se non sono un solitario in senso stretto. In passato ho avuto un nutrito staff di persone con cui producevo anche una quarantina di libri l’anno, ma oggi preferisco realizzarne la metà. Il mio lavoro è la mia vita, a parte l’orto e qualche giro in bici, per cui cerco di fare cose piacevoli con persone che mi ispirano. Scegliere l’artista non è mai facile... Per i giovani, mi piace capire se l’atteggiamento è quello giusto, affinché possa venir fuori qualcosa di buono, per non ripetere
Posso resistere a tutto tranne che alle tentazioni. (Oscar Wilde)
UN LUOGO RITROVATO E RISCOPERTO DOVE L’ARTE E LA CULTURA SI FONDONO CON LA VERA CUCINA.
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chiedergli una decina di foto di opere nuove per aggiornare un libro. All’inizio mi chiese quanto gli avrei dato e, capendo che non potevo dargli niente, si infuriò. Poi divenne amabile e mi chiese quanto volessi io e mi diede una sportina di plastica che conteneva 300 milioni di vecchie lire. Ovviamente li rifiutai, ma l’episodio rimase memorabile…” Un tuo sogno nel cassetto? “C’è un artista con cui sono in contatto da anni e con il quale credo che prima o poi lavorerò,
IN QUESTE PAGINE, L’EDITORE DANILO MONTANARI NELLO SPAZIO DI VIA ANTONIO ZIRARDINI 3 A RAVENNA.
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qualcosa di già fatto. Due nomi di oggi che mi piacciano? Giuseppe De Mattia e Giulia Marchi che, negli ultimi anni, hanno già fatto un lavoro interessane.” Nel 1987 hai conosciuto Maurizio Cattelan. Che ricordi hai? “Me lo presentò Patrizia Giambi, un’artista di Forlì, all’epoca sua fidanzata. Era un tipo improbabile, un rompiscatole, una specie di bambino dispettoso e iperattivo. Ancora non aveva un lavoro definito ma una grande voglia di emergere per uscire dalla miseria e ci è certamente riuscito con intelligenza e volontà, ma incurante degli altri. Gli predissi che nel giro di pochi anni sarebbe arrivato alla Biennale di Venezia ma che poi sarebbe tornato nell’anonimato. La prima cosa fu giusta, la seconda no. Ho sempre pensato che prima o poi sarebbe stato scoperto il suo lavoro fragile ma furbo, capace di prendere il meglio dagli altri artisti. Con me ha realizzato il primo lavoro tra il 1992 e il 1993, poi ha preso altri giri e oggi può contare su uno staff formidabile.” Non si può poi non citare Mario Schifano. Com’era? “Una persona di grande umanità e generosità, oltre che un grande artista. Anche se troppo spesso ottenebrato dalle diverse droghe che assumeva. A metà degli anni Novanta andai da lui a Roma per
“IL MIO È UN LAVORO ARTIGIANALE CHE CRESCE INSIEME ALL’ARTISTA IN BASE ALLA CREATIVITÀ E ALLE POSSIBILITÀ TECNICHE. MA SCEGLIERE L’ARTISTA NON È MAI FACILE, CERCO DI FARE COSE PIACEVOLI CON PERSONE CHE MI ISPIRANO.”
Giuseppe Penone, ma lascio che le cose facciano il loro corso, senza forzarle.” Dal 1994 partecipi alle maggiori fiere di settore nel mondo dove sei tra i pochi italiani presenti. Come valuti oggi il tuo rapporto con Ravenna? “Devo tutto a questa città: per vent’anni ho lavorato con la Pinacoteca, e ho persino ricevuto un bel riconoscimento come il Guidarello nel 2018 per il libro Art and the City. Ma ci sono anche i miei vicini di casa che pensano che faccia timbri e cartoline. Il fatto di aver vissuto in una città in fondo isolata mi ha regalato un’identità precisa. In una grande città come New York sarei stato uno dei tanti. Ravenna mi ha insegnato che per crescere non bisogna, per forza, forzare oltremodo la propria natura. In fondo, questa è una città che è stata isolata per millenni e che proprio da questo ha tratto la maggior forza.”
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INNOVARE
Cambiare forma
ALLA TERRA
MASSIMO MORETTI CON LA SUA WASP STA CAMBIANDO IL MODO DI CONCEPIRE LE DECLINAZIONI DELLA STAMPA 3D PORTANDOLA A NUOVE PROFONDITÀ: DALLA PRODUZIONE DI CASE AL CIBO, DALLA SALUTE ALLA CULTURA. di Chiara Bissi / ph Massimo Fiorentini
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La tecnologia al servizio dell’uomo, l’innovazione applicata ai beni primari: terra, acqua e sole. Questo sogno diventa vero grazie a Massimo Moretti che dà vita a ciò che prima non c’era. E per farlo non è andato lontano, in una grande città o in nei grandi distretti della ricerca industriale: la sua Wasp (World’s Advanced Saving Project) è nata nella campagna ravennate, poco fuori dall’abitato di Massa Lombarda, perché il mondo e il genio non hanno confini. Il centro sviluppo progetti dell’imprenditore e inventore Moretti, tecnico elettronico, è nato nel 2012 e non si è mai fermato. Ora Wasp è un’azienda leader nel settore della stampa 3D, progetta, produce e vende stampanti in scala architettonica, in ambito medicale, artistico, energetico e nel food, con una missione precisa. Le stampanti realizzano oggetti in plastica bio, in argilla, silicone, materiali biocompatibili, fresano il legno e l’alluminio, consentono di avviare mini-produzioni e di creare ciò di cui si ha bisogno in una logica di open source. Moretti collabora con centri di ricerca, università, aziende nazionali e internazionali per lo sviluppo di progetti tecnici e prodotti innovativi. Ma non è per questo che è nata Wasp, o almeno non solo per questo. Il ricavato della vendita delle stampanti 3D va ad alimentare lo sviluppo di progetti integrati per la produzione di case con materiali ecosostenibili, a km 0, facilmente reperibili. Per farlo è nata una stampante, alta 12 metri e montabile in un’ora, che può essere alimentata da pochi metri di pannelli solari. “Le Nazioni Unite dicono che, entro trent’anni, tre miliardi di persone avranno bisogno di una casa,” racconta Moretti. “Come rispondere? Si tratta di un tema tecnico in ambito architettonico. Come azienda abbiamo un centro sviluppo progetti e siamo partiti dall’idea di avere bassi costi e basso impatto. Non mi occupo di ricerca, facciamo innovazione e scoperte, non siamo sostenuti da
istituzioni o partner finanziatori. Otto anni fa eravamo un gruppo di neolaureati e un artigiano di esperienza, ora i collaboratori sono 40. Il progetto si finanzia nel quotidiano con la vendita delle stampanti 3D. Vendiamo ai centri di ricerca, ad aziende e architetti, ci sono grandi gruppi che hanno budget milionari senza progetto e questo ci ha salvato, protetto e fatto crescere.” “Ogni anno,” aggiunge, “siamo passati a stampanti più grandi, raddoppiando le dimensioni, abbiamo scoperto mercati che non sapevamo esistessero. La fabbricazione digitale si applica in vari campi per rispondere
WASP È LEADER NEL SETTORE DELLA STAMPA 3D: PROGETTA, PRODUCE E VENDE STAMPANTI IN SCALA ARCHITETTONICA, IN AMBITO MEDICALE, ARTISTICO, ENERGETICO E NEL FOOD, COLLABORANDO CON CENTRI DI RICERCA, UNIVERSITÀ E AZIENDE INTERNAZIONALI.
ai bisogni dell’uomo. Le macroaree che danno direzione alla ricerca per trovare soluzioni con la fabbricazione digitale sono il cibo; la casa; la salute; l’energia; il lavoro; la cultura. Ci autofinanziamo, assumiamo ingegneri dell’automazione, chimici, meccanici, biologi.” Cambiare il mondo per Moretti e la sua squadra si può, o perlomeno è possibile cambiare l’approccio a temi complessi come i diritti fondamentali dell’uomo e la sostenibilità. “Siamo partiti dall’idea della casa come diritto di nascita,” precisa. “Ci sono infatti le risorse per averla in ogni luogo. Ogni zona del pianeta è abitabile tecnologicamente. L’ispirazione nasce da un insetto operoso come la vespa vasaia, che inserisce un’informazione
A SINISTRA, MASSIMO MORETTI NELL’INGRESSO DI GAIA, IL MODELLO DI CASA ECOSOSTENIBILE STAMPATA IN 3D.
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nella terra. Usa la terra per farsi la casa. Informare la materia che non ha forma, questa è l’idea della stampa 3D. Quale può essere il materiale da costruzione per dare casa a miliardi di persone? Cambiando forma alla terra è possibile generare economia anche dove non c’è tessuto industriale.” Nel cuore della Romagna prendono corpo sogni e visioni, apprezzati e richiesti in tutto il mondo. Di recente una delegazione di Emergency ha visitato la Wasp per parlare di campi profughi e capire se il lavoro di Moretti può trovare applicazione in luoghi estremi. “Seguendo la vespa vasaia, che si costruisce la casa usando la terra, l’acqua e la mente, abbiamo deciso
“L’ISPIRAZIONE NASCE DA UN INSETTO OPEROSO COME LA VESPA VASAIA, CHE INSERISCE UN’INFORMAZIONE NELLA TERRA. USA LA TERRA PER FARSI LA CASA,” SPIEGA MORETTI. “INFORMARE LA MATERIA CHE NON HA FORMA, QUESTA È L’IDEA DELLA STAMPA 3D.”
di applicare il suo approccio: prendi ciò che hai vicino, crea una forma grazie al sapere collettivo. Terra, paglia di riso sono materiali di scarto industriale, carichi di silicati perfetti per l’edilizia perché non degradano, mischiati con argilla. Così è nata Gaia nel 2018, con isolamento termico e pareti ventilate, coperta con tetto in legno, rialzata per scongiurare l’umidità e affrontare le nostre condizioni climatiche ed evitare dilavamento. Con la tecnologia, il sapere e il lavoro intellettuale la materia umile acquista valore innovativo. Il muratore diventa programmatore software per disegno in 3D, l’architetto 3D un artista. In futuro ci sarà meno lavoro manuale di basso livello.” 16
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Dall’incontro con lo studio di architettura Cucinella di Bologna e il supporto per i calcoli strutturali dello studio Milan ingegneria è nato il disegno di Tecla, la prima casa a muro esposto, con caratteristiche di resistenza alla pioggia e al dilavamento. “Sviluppata grazie a una stampante di grandi dimensioni con gru di precisione,” spiega Moretti, “deposita materiale con diversi bracci che collaborano tra loro. La chiamiamo stampa collaborativa, un sistema modulare di stampante a forma di esagono che si evolve dove serve, una sorta di the infinity painting, come la vespa vasaia.” Una grande opportunità che occupa poco spazio ed è trasportabile ovunque grazie
*Messaggio pubblicitario con finalità promozionale. Quotazione riferita a Volvo XC40 T5 Twin Engine Business Plus (MY20), canone 283,00 euro al mese, 36 mesi / 45.000 km totali, con anticipo di 4.500,00 euro. Tutti gli importi si intendono IVA esclusa. Offerta di noleggio a lungo termine disponibile su tutta la gamma Volvo ibrida Plug-in. Dettagli e limitazioni nelle Concessionarie Volvo e su volvocars.it. Servizi inclusi: copertura assicurativa RCA e infortunio conducente, limitazione di responsabilità per incendio, furto e danni ulteriori con penalità, assistenza e soccorso stradale h24, manutenzione ordinaria e straordinaria, bolli. Offerta salvo approvazione da parte di Arval Service Lease Italia S.p.A. valida dal 25/01/2020 al 31/03/2020. Le immagini sono inserite a titolo indicativo di riferimento. Gamma Volvo Twin Engine Plug-in Hybrid. Valori massimi nel ciclo combinato: consumo 2,4 l/100km. Emissioni CO 2 55 g/km. Valori omologati in base al sistema di misurazione riferito al ciclo di prova NEDC, correlato WLTP, di cui al REG UE 2017/1153. I valori ufficiali potrebbero non riflettere quelli effettivi, in quanto lo stile di guida ed altri fattori non tecnici possono contribuire a modificare il livello delle emissioni. Presso ogni concessionario è disponibile gratuitamente la guida che riporta i dati di emissioni CO 2 dei singoli modelli redatta annualmente dal Ministero dello Sviluppo Economico.
“CERCHIAMO CHEF PER SVILUPPARE IDEE, ANCHE UN RISTORANTE PUÒ AVERE UNA STAMPANTE 3D. LA MACCHINA PORTA VIA LAVORO MANUALE, MA APRE A LAVORO NUOVO. SI DEVE CAMBIARE E IL CAMBIAMENTO VA INTERPRETATO.”
al sistema tecnico ripiegato come un kit e inserito in un container per dare forma a un’economia dell’autoproduzione. Il tutto con un’assistenza tecnica, ma prima c’è la fase di progettazione con il cliente e la scelta dei materiali che avviene in base alle condizioni climatiche e anche al tipo di insetti presenti. “Si può costruire un altro tipo di città biodegradabile a basso impatto,” rivela Moretti. “Il valore sta nel progetto, la casa in sé non vale nulla, in una settimana si può rifare. Privilegiamo forme con cupola più efficienti, belle, vivibili grazie a una tecnologia avanzata. E poi si tratta di una forma ancestrale.” Con il sogno di un villaggio ecosostenibile, autosufficiente dal punto di vista energetico, corrono paralleli tanti progetti, come quello legato al cibo. Le stampanti possono riprodurre cibo su misura per le esigenze delle persone: “Cerchiamo chef per sviluppare idee: anche un ristorante può avere una stampante 3D. La macchina porta via lavoro manuale, ma apre a lavoro nuovo. Si deve cambiare e il cam-
biamento va interpretato.” E poi ci sono le diverse applicazioni al mondo dell’arte e della cultura, dalla scenografia 3D per l’Opera di Roma, alla scultura di 5 metri in 3D dell’artista Samorì, scansionata, stampata al grezzo e post lavorata. L’installazione architettonica stampata in 3D in bioplastica dell’architetto francese Arthur Mamou-Mani, Conifera, per la Design Week 2019. Fino all’ambito medicale con la realizzazione di soluzioni di stampa 3D per ausili ortopedici, proponendo un nuovo modello di Officina ortopedica. Le applicazioni sono infinite e tante le collaborazioni possibili come quelle con Faenza per la ceramica e le stampanti a estrusione di materiale fluido denso come l’argilla. Ma c’è spazio in altri ambiti per stampare con la terra, il cioccolato, ma anche con la polvere di metallo, la gomma da riciclare per fare pale eoliche, casse acustiche, sedie in collaborazione con Technogym. Il mondo che immagina Massimo Moretti è un luogo dove i sogni sono possibili, e stampabili in 3D.
IN ALTO, IL TEAM DI WASP. A SINISTRA, MASSIMO MORETTI CON UNA STAMPANTE 3D.
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INTRAPRENDERE
Imprenditore
DIGITALE
ANDREA PEZZI, PRIMA DJ E VOLTO SIMBOLO DI MTV POI IMPRENDITORE, RACCONTA DELL’EVOLUZIONE DELLA SUA CARRIERA E DEL RAPPORTO CON LA TECNOLOGIA.
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di Serena Onofri / ph Settimio Benedusi
Ravennate, dj e vj per Mtv, un passato televisivo anche come autore, Andrea Pezzi è poi diventato imprenditore digitale fin dai primi anni 2000. La sua curiosità l’ha portato alla scoperta di quel mondo che ancora oggi, per tanti di noi, è appena conosciuto. Che ricordi hai di Ravenna dove sei nato e cresciuto? “Sono rimasto in città fino ai 9 anni. Poi, con la famiglia, ci siamo spostati ad Alfonsine e successivamente mi sono trasferito prima a Rimini e poi Milano. In realtà Ravenna non l’ho mai mollata poiché i miei genitori abitano ancora lì. I miei ricordi di quando ero bambino sono legati principalmente al mare, alla pineta a ai tornei di racchettoni. Se dovessi dire cos’è per me Ravenna è la sabbia nei piedi e il profumo della pineta. Del periodo alfonsinese, di 10 ai 16 anni, ricordo il gruppo di amici, le scorribande e la prima radio, da dove ho iniziato a trasmettere: Radio Studio 93. Poi in seguito ho lavorato a Radio Zero e come dj e animatore a Mirabilandia e in locali della riviera come il Pascià di Rimini e le Indie di Cervia. Lì ho trovato un insolito e particolare modo di fare animazione e ancora oggi mi
fermano e si ricordano di me per quel periodo.” Da Ravenna a Mtv: com’è stato il passaggio? “Tutto è accaduto durante una domenica pomeriggio al Baccara di Lugo, dove lavoravo come dj. J-Ax era ospite e vide come lavoravo, così parlò di me ad Albertino di RadioDeejay. Feci un provino a Milano e mi presero. Quindi poi arrivò Mtv e la televisione.” Hai una laurea in Psicologia, a San Pietroburgo. Come mai hai scelto proprio quella città? “Ho studiato a Bologna per un po’ e contemporaneamente lavoravo, ma non ero soddisfatto del modo e del sistema universitario dell’epoca. Grazie a un gruppo di amici che già studiavano nella città russa, mi sono trasferito. Sono stati sei anni molto belli, amavo la filosofia e la cultura di quel luogo. Ho acquisito un senso dello studio e della storia più ricco.” Oggi sei un imprenditore digitale. Cos’è Gagoo Group? “Al momento è un gruppo che si sta fondendo in un’unica azienda che si chiama Myntelligence, che in realtà è una piattaforma che attraverso algoritmi di machine learning o con intelligenza
artificiale gestisce tutta la spesa pubblicitaria, il marketing digitale, di grande aziende (Enel, Tim, Poste, Fiat, MasterCard, etc.). La loro pubblicità, fondata su dati, viene gestita dalla nostra azienda. Sono arrivato qui poiché il mondo stava percorrendo una strada che andava verso l’era digitale e io ero curioso di sapere e studiare i cambiamenti del tempo. Intorno agli anni 2000 ho capito che la televisione, ovvero il sistema televisione stava morendo, e ho cercato altro.” Parliamo di evoluzione umana legata al digitale… “Sicuramente parliamo di cambiamento, e mi interessa molto che la tecnologia obbliga l’essere umano a essere più intelligente. Bisogna avere una consapevolezza superiore per rimanere umano in questi tempi.” Cosa deve fare l’uomo in questo tempo? “Deve fare del rapporto con le cose e con gli altri un’opportunità per conoscere se stesso. Ogni uomo in ogni tempo è chiamato a risolvere lo stesso identico problema: capire cosa lo alimenta, cosa è chiamato a fare e scoprire come è fatto, scoprire cosa succede al corpo e al quel principio umano IN MAGAZINE
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“SE SARÒ STATO UN BRAVO IMPRENDITORE, RIUSCIRÒ A FAR SÌ CHE LA MIA IMPRESA NON ABBIA PIÙ BISOGNO DELLA MIA PRESENZA COSTANTE. UN IMPRENDITORE FA NASCERE UN’AZIENDA E POI A UN CERTO PUNTO SARÀ BRAVO A LASCIARLA ANDARE.”
quando il corpo se ne va. Tutto è strumentale a questo, alla comprensione del senso delle cose, non da oggi ma da sempre.” L’uomo di oggi è distante da questo pensiero? “Non credo. Esiste tutto. Le persone non sono solo sui social media, ci sono molti esempi di individui mediocri, ma in ogni tempo e luogo c’è un uomo o donna intelligente che ha voglia di farsi le domande giuste, che è in crisi. Esiste l’umanità vera. Tanti cadranno nella logica della massa e nelle logiche del così fan tutti, e molti non ci cadranno. Atri trascendendo il loro stesso tempo, cercheranno di vivere una vita non secondo il sistema ma secondo il modo eterno che è quello di una vita vera. Questa cosa non 22
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finirà mai.” Consigli ai giovani che si trovano davanti alla scelta di intraprendere una carriera universitaria? Qual è la strada per essere pronti più che al presente al futuro? “Studiare è fondamentale, dal punto di vista esistenziale. La laurea è il passaporto per fare altro, serve a dialogare meglio con un sistema, con la società. Lo studio è qualcosa che non finisce quando ti sei laureato. Lo studio continua e serve a diventare persone migliori, a capire. Un consiglio è di non fare confusione: una cosa è scegliere di fare un percorso universitario, una cosa è fare un lavoro. Quello che scegli è strumentale a risolvere quello che vuoi capire, la tua felicità. Fare l’avvocato o l’ingegnere è strumentale per scoprire chi sei. Lo studio serve a fare scelte stimolanti, migliori per te.” Hai dichiarato che tra il 2020 e il 2022 concluderai la tua carriera da imprenditore per fare altro. Cosa? “Sicuramente farò qualcosa. Se sarò stato un bravo imprenditore, riuscirò a far sì che la mia impresa non abbia più bisogno della mia presenza costante. Un bravo imprenditore fa nascere una azienda e poi a un certo punto sarà bravo a lasciarla andare.”
IN QUESTE PAGINE, L’IMPRENDITORE ANDREA PEZZI.
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Il mondo della comunicazione è sempre più influenzato dalle nuove tecnologie: algoritmi, big data, analitycs, business data driven sono solo alcuni dei nuovi termini che incontriamo ogni giorno. Essere professionisti in questo settore comprende l’innovazione e l’aggiornamento costante, avere le competenze per comunicare con precisione a consumatori sempre più evoluti è una necessità primaria. Ma i numeri e le statistiche sono solo mezzi, quello che fa la differenza è la passione, la creatività e l’energia in una parola: entusiasmo. Noi di Menabò l’abbiamo e siamo pronti a tuffarci in ogni vostro progetto come se fosse il primo bagno d’estate. Basta chiamarci per scoprirlo.
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RIQUALIFICARE
L’arte che
PROTEGGE IL QUARTIERE FARINI TORNA A RESPIRARE ANCHE GRAZIE ALL’IMPEGNO DI CLAUDIA AGRIOLI E ALLA NASCITA DELLO SPAZIO ESPOSITIVO PALLAVICINI 22: UN FARO DI BELLEZZA CONTRO IL DEGRADO.
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di Anna De Lutiis / ph Massimo Fiorentini
Potrebbe sembrare facile raccontare della recente inaugurazione della Galleria in viale Pallavicini 22 a Ravenna, ma è il risultato di una storia abbastanza complicata che è strettamente legata al luogo e ai personaggi che vi ruotano intorno: situata nel notissimo quartiere Farini, proprio nel cuore pulsante della città, in un contesto che vive un forte contrasto con le aree circostanti che da anni sopportano una continua decadenza, un crescente degrado. Qui sorge uno stabile che negli ultimi anni ha ospitato persone provenienti da luoghi e ambienti diversi, creando situazioni di promiscuità, di illegalità e microcriminalità. Ed è qui che entra in scena Claudia Agrioli, tornata a Ravenna dopo aver lavorato a lungo a Milano in servizi di certificazioni e controlli, decisa a riqualificare non solo lo stabile di proprietà di famiglia, ma a dare così un contributo anche al quartiere. Quando ha deciso di impegnarsi in questa impresa? “Tornando a Ravenna dopo tanti anni non riuscivo ad accettare che il luogo dove ero nata potesse essere così cambiato rispetto a quello che vedevo da ragazza. Nell’a-
gosto del 2017 mi impegnai dinnanzi alle autorità cittadine e ai residenti del quartiere Farini per il progetto di riqualificazione di viale Pallavicini, consapevole che sarei stata un elemento cardine poiché una parziale causa dei problemi della zona gravava intorno a questo immobile. Sarebbe stato mio compito scegliere le strategie e prendere tutte le decisioni.” Cosa intende quando dice che si è impegnata con le autorità cittadine? È stato un impegno reciproco? “Da sola non sarei potuta arrivare da nessuna parte: sono stati tanti a darmi una mano, a sorvegliare questo difficile percorso condividendo il mio desiderio di riqualificazione e un profondo senso civico. Devo ringraziare le forze dell’ordine, in primis il Comandante della Polizia Municipale Andrea Giacomini con la Vicecomandante Alessandra Bagnara e l’ispettore capo Marinella Marini unitamente al vicesindaco con delega alla sicurezza Eugenio Fusignani, che ho sempre sentiti al mio fianco e attivamente impegnati.” Ci sono stati momenti in cui ha temuto di non riuscire nel suo progetto? IN MAGAZINE
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“HO VOLUTO CREARE UNO SPAZIO ESPOSITIVO PER ARTE MODERNA, UN LUOGO DI CULTURA,” RACCONTA CLAUDIA AGRIOLI, “NELLA SPERANZA CHE L’AFFLUENZA DI PERSONE QUALIFICATE RIPORTI IL RESPIRO DI UN TEMPO ALLA VIA DEGLI ARTISTI.”
IN APERTURA E IN QUESTA PAGINA, IN BASSO, CLAUDIA AGRIOLI NEGLI SPAZI DI PALLAVICINI 22. IN ALTO, IL COMANDANTE DELLA POLIZIA MUNICIPALE ANDREA GIACOMINI.
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“Non nascondo di avere avuto paura in più frangenti nei primi tempi mentre mi guadagnavo l’accesso all’immobile facendomi largo fra i nullafacenti stanziali sui marciapiedi, ma in cuor mio ero consapevole che agenti in borghese stavano osservando da lontano e avrebbero avuto cura di garantire la mia incolumità. Il loro intervento è stato indispensabile per liberare l’immobile e iniziare una riqualifica di tutti gli ambienti.” Oggi le cose sono cambiate ed è mutato l’uso che fa dell’immobile recuperato? “Per quanto riguarda gli appartamenti sono affittati a studenti,
ma volevo fare qualcosa di più visibile, che desse luce al viale; e allora ho voluto creare uno spazio espositivo per arte moderna, un luogo di incontri, di cultura, nella speranza che l’affluenza di persone qualificate riporti il respiro di un tempo alla via degli artisti, che i ristoranti o gli hotel o i B&B della zona possano godere di nuovi ospiti e che ogni nostra azione costituisca la tessera di un mosaico.” A proposito di mosaici ha voluto contrassegnare l’ingresso in galleria con una mattonella in mosaico che ha come fiori le bianche calle: cosa rappresenta? “È dedicata alla Polizia Municipale, colori bianco e blu, e a tutte le donne che con noi hanno collaborato alla riuscita del progetto. L’attività nella sala espositiva Pallavicini 22 ha una attività continua fin dalla inaugurazione nell’ottobre scorso. Ho stabilito collaborazioni con associazioni culturali ed enti che si occupano di arte. Sono state fatte mostre di pittura e fotografia e sono previsti anche recital per accompagnare alcune mostre. Attualmente è di scena Sea Water del pittore Roberto Pagnani.”
Comandante A RAPPORTO “Il quartiere Farini,” dice il Comandante della Polizia Municipale Andrea Giacomini, “ha sofferto il peso che l’evoluzione nella nostra società ha comportato, sia perché intorno alla stazione e sia anche per la vicinanza del porto; queste zone, ovunque, sono ambienti che permettono insediamento di gruppi di criminalità o di spaccio di stupefacenti, di ubriachezza e bivacco.” Lei è a Ravenna dall’estate del 2017. Preso atto della situazione, che strategie ha messo in pratica? “Ho deciso di affrontare in maniera metodica la situazione, facendo anche tesoro delle esperienze precedenti ma sostituendo alle ondate di energici interventi quello sistematico garantendo una presenza continua di controlli sia con il corpo di polizia che con l’aiuto del volontariato perché vengano rispettati i provvedimenti che sono stati introdotti, cioè divieto di consumo di bevande alcooliche in giro per l’area o di contenitori atti a offendere come vetri e lattine.” Quando ha saputo dell’intenzione di Claudia Agrioli di riqualificare lo stabile di famiglia in viale Pallavicini? “Durante un incontro con gli abitanti del quartiere Farini, nel 2017, appena preso servizio a Ravenna. Ho visto subito nel suo progetto un elemento positivo per eliminare uno dei punti nevralgici idoneo a generare e sostenere il degrado insieme a tanti altri nella zona, sui quali siamo intervenuti con provvedimenti su misura.” Cosa pensa dei risultati ottenuti? “L’iniziativa della signora Agrioli ha certamente contribuito a portare aria buona nel quartiere. È come aver acceso un faro atto a illuminare almeno una parte della zona in questione e noi resteremo sempre presenti con i nostri controlli e, anche quando non siamo notati, ci siamo.”
RICORDARE
Le sette dei
CARBONARI IN OCCASIONE DELLA NUOVA APERTURA DEL MUSEO DEL RISORGIMENTO E DI QUELLO DEDICATO A GEORGE BYRON ALL’INTERNO DI PALAZZO GUICCIOLI, RISCOPRIAMO LA STORIA E I PROTAGONISTI DELLA CARBONERIA RAVENNATE.
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di Andrea Casadio / ph Lidia Bagnara
Da qualche mese, smontati i ponteggi che l’avevano nascosta alla vista durante il restauro, l’austera facciata di palazzo Guiccioli è tornata finalmente a fare mostra di sé nel cuore di via Cavour. Come è noto, il grande edificio diventerà un nuovo importante polo del panorama culturale cittadino, dal momento che sarà la sede del museo dedicato a George Byron e, opportunamente rinnovato, di quello del Risorgimento, oggi ospitato provvisoriamente alla Classense. Una scelta quanto mai opportuna, dal momento che molti protagonisti del Risorgimento ravennate vissero fra quelle mura. Fra di loro c’è appunto Byron, che durante la sua permanenza a Ravenna, fu attivo testimone di uno dei fenomeni più oscuri e confusi, ma anche più affascinanti, di quella fase storica: la Carboneria. La diffusione delle sette segrete durante la Restaurazione fu il prodotto di un malessere sociale particolarmente avvertito a Ravenna e in Romagna, dove il ventennio di Napoleone aveva rotto antichi equilibri e lasciato in eredità delle profonde trasformazioni sociali e culturali rispetto al periodo precedente. Il
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governo napoleonico aveva favorito la formazione di un nuovo ceto dirigente in cui vecchia aristocrazia e nuova borghesia si erano amalgamate con il collante della possidenza terriera, mentre il primo apparire di un sentimento di italianità aveva fornito a giovani, intellettuali e militari un orizzonte ideale fino ad allora del tutto sconosciuto. È quindi facile capire come il ritorno del governo pontificio, nel 1815, risultasse assai poco gradito a vaste fasce della popolazione. Nell’impossibilità di esprimere in maniera legale tale inquietudine, la risposta fu appunto quella delle sette segrete. Cominciarono a diffondersi fin da subito, sull’esempio della massoneria (che a Ravenna era comparsa pochi anni prima), e fra di esse prevalse appunto la Carboneria, nata nell’Italia meridionale e probabilmente esportata in Romagna da Gioacchino Murat con le sue campagne militari del 1814 e 1815. Si trattava di una realtà variegata e spesso confusa, caratterizzata da rituali esoterici, della quale – dato appunto il suo carattere di segretezza – ancor oggi abbiamo una conoscenza solo parziale. Non ben definiti erano
IN ALTO, PALAZZO GUICCIOLI IN VIA CAVOUR.
LA COMPOSIZIONE SOCIALE DEI CARBONARI UNIVA NOTABILI MODERATI A EX GIACOBINI, FINO AD ARTIGIANI E POPOLANI. QUESTA STRATIFICAZIONE ERA RISPECCHIATA DA UNA STRUTTURA TRIPARTITA: LA PROTETTRICE, LA SPERANZA E LA TURBA.
gli obiettivi politici, noti nella loro completezza solo ai più alti in grado: andavano dal sogno di un riscatto nazionale italiano a un costituzionalismo di matrice liberale, ma anche a finalità più modeste come l’annessione della Romagna al granducato di Toscana o al Lombardo-Veneto austriaco. Altrettanto variegata era la composizione sociale, che univa notabili moderati a ex giacobini più radicali, fino ad artigiani e popolani di città. Questa stratificazione era rispecchiata, nella Vendita ravennate (questo infatti era il termine utilizzato per definire le sezioni delle setta), da una struttura tripartita: al vertice la Protettrice, che appunto proteggeva e dirigeva l’attività delle altre due, ossia la Speranza (dove militavano i più giovani) e la Turba, quella degli strati sociali più bassi. In quest’ultima il confine che di-
videva criminalità politica e criminalità comune era spesso assai labile, facendone una manovalanza spesso incontrollabile e dedita agli aspetti più cruenti dell’azione carbonara, come i delitti e gli agguati contro gli avversari politici, che uniti alla repressione poliziesca e alla reazione clericale contribuirono a creare un clima cupo nella vita civile dell’epoca. La più celebre delle sette ravennati fu quella degli Americani, nata come compagnia di cacciatori e così chiamata perché aveva sede nell’osteria Al Cacciatore Americano del borgo S. Rocco, condotta da Antonio Ghirardini detto Buraccina. Lo stesso Byron fu acclamato come una sorta di capo onorario da parte dei suoi aderenti, quando li incontrò nel corso di una delle sue cavalcate in pineta mentre erano intenti a esercitarsi nel tiro a segno. Il IN MAGAZINE
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IL POETA GEORGE BYRON, NEL CORSO DELLA SUA PERMANENZA IN CITTÀ, FU UN APERTO SIMPATIZZANTE DELLA CAUSA ITALIANA E UN ATTIVO TESTIMONE DELLA CARBONERIA, UNO DEI FENOMENI PIÙ OSCURI, CONFUSI E AFFASCINANTI DI QUELLA FASE STORICA.
IN ALTO, UN RITRATTO DI GEORGE BYRON DI RICHARD WESTALL. A LATO, L’INGRESSO INTERNO DI PALAZZO GUICCIOLI.
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poeta inglese, d’altronde, era un aperto simpatizzante della causa italiana, cui venne introdotto da Ruggero e Pietro Gamba, rispettivamente padre e fratello della sua amata Teresa, ed essi stessi capi carbonari. Nel 1821, quando l’esplosione della rivolta sembrava a un passo dopo i moti di Napoli e Torino, egli mise a disposizione le cantine di palazzo Guiccioli come sicuro rifugio dell’arsenale della setta. Oltre all’osteria di Buraccina, il palazzo divenne così uno dei luoghi cardine della carboneria ravennate, insieme alla vicina farmacia Della Valle, tuttora esistente, e alla villa dei Gamba a Filetto, sede degli incontri segreti con i cospiratori delle altre città romagnole. In realtà, quel 1821 che doveva segnare il trionfo della Carboneria fu invece
l’inizio della sua crisi. Dapprima, il passaggio delle truppe austriache verso Napoli impedì lo scoppio dell’insurrezione. Subito dopo, l’opera di repressione iniziata in Lombardia dagli austriaci stessi si allargò allo Stato Pontificio, con una serie di arresti ed esili che costrinsero anche i Gamba (imitati poco dopo da Byron) ad abbandonare la città. Negli anni successivi, repressioni e delitti si susseguirono in un clima sempre più oscuro, finché, nel 1824, l’omicidio del comandante della polizia indusse il governo a inviare a Ravenna, con l’incarico di legato a latere della Romagna, uno dei suoi uomini di punta: il cardinale Agostino Rivarola. Con quest’ultimo entrava sulla scena una delle più famose leggende nere del Risorgimento romagnolo. Anche se tentò pure una politica di modernizzazione amministrativa e di pacificazione sociale, il cardinale rimase nella memoria collettiva per la dura azione repressiva che mise in atto verso i poteri locali con provvedimenti talora draconiani e decisamente impopolari, come la chiusura forzata delle osterie. Le sue indagini sfociarono infine in un risultato clamoroso, la celebre sentenza del 31 agosto 1825 con cui vennero condannate a varie pene (compresa quella capitale, poi commutata in ergastolo) oltre 500 persone di tutte le città romagnole e di tutti gli strati sociali. In questo clima, il 23 luglio del 1826 Rivarola fu oggetto di un atten-
tato: furono esplosi alcuni colpi di pistola sulla carrozza in cui era appena salito all’uscita di palazzo Rasponi-Bonanzi, dove aveva trascorso la serata. Il caso volle che a essere colpito non fosse il cardinale, ma il suo sfortunato assistente, che pur con fatica riuscì a sopravvivere. Ad ogni modo, il governo ritenne prudente richiamarlo dalla rischiosa missione romagnola, inviando al suo posto una commissione d’inchiesta presieduta da monsignor Filippo Invernizzi. Giunta a Ravenna con la minacciosa scorta di 150 dragoni a cavallo, e trasferitasi poi a Faenza, la commissione portò avanti per due anni una campagna d’indagine dai toni inquisitori, con largo uso della delazione e della carcerazione arbitraria. Il risultato fu la condanna a morte di 5 persone, eseguita nel maggio del 1828, in una Ravenna sgomenta e polemicamente deserta dei suoi abitanti, che quel giorno abbandonarono in massa la città. Compiuto il suo incarico, la commissione fece ritorno a Roma, ma era la classica vittoria di Pirro. Se la compagine della carboneria era stata in gran parte scardinata, non altrettanto poteva dirsi del risentimento che ormai gran parte della popolazione nutriva verso il governo pontificio. Nei decenni seguenti, anzi, quel solco si sarebbe ulteriormente allargato, trovando nuove espressioni politiche e facendo di Ravenna e della Romagna una delle realtà di punta del Risorgimento nazionale.
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DEGUSTARE
Le mani
IN PASTA PASTIFICIO BATTISTINI, DAI CAPPELLETTI ALL’IMPERO DELLA BUONA CUCINA: UNA STORIA CHE INCROCIA LA TRADIZIONE CERVESE E IL RITORNO DEL MESTIERE DELLA SFOGLINA PER UNA RICETTA DEL SUCCESSO. di Ilaria Bedeschi / ph Piero
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La storia del Pastificio Battistini di Cervia comincia per caso quando i proprietari, nel 2006, decisero di tentare una nuova strada partecipando al bando di gestione della Casa delle Aie. “Rispettavamo tutti i rigidi requisiti e, alla fine, il bando lo abbiamo vinto. Da quel momento è cominciato tutto,” racconta Carlo Battistini. La tradizione, in quelle mura, veniva rigorosamente rispettata e tutelata tramite ricette originarie romagnole, pasta fatta a mano e un inconfondibile ragù preparato da mani esperte. E così, nel 2009, i Battistini presero in gestione anche Il Moro, un ristorante conosciuto a Cervia che in poco tempo ha registrato numeri record perché avrebbe riproposto, in un menù più ampio, anche la tradizione e le ricette della Casa delle Aie. Da quel momento la scalata al successo non si è più fermata e i fratelli imprenditori hanno cominciato a diventare un punto di riferimento gastronomico tradizionale dell’intera Romagna. Il loro successo, che mantiene la promessa di tutelare fedelmente le ricette delle azdore, ha spinto i Battistini a puntare sempre più in alto. Gestire due ristoranti significava preparare una quantità molto consistente di pasta fatta a mano, sughi e dolci. In un primo momento, quindi, l’esigenza è puramente logistica: non ci sono più i tempi e gli spazi sufficienti nei due ristoranti per produrre la pasta necessaria da portare in tavola durante i servizi. I Battistini decidono allora di esternalizzare la produzione della pasta e trasferire le sfogline in un laboratorio idoneo. Nei mesi successivi la domanda – sia da parte di privati che desiderano acquistare la pasta e consumarla direttamente a casa, nonché di altri ristoratori e distributori – si fa crescente. Il Pastificio Battistini nasce nel 2013 e viene aperto al pubblico nel 2014: un punto vendita adiacente al laboratorio, aperto sia ai privati che all’ingrosso. Tra le tante offerte gastronomiche c’è il re incontrastato, come spiega Carlo Battistini: “Il cappel-
letto è la nostra punta di diamante. È ancora la ricetta degli anni Sessanta nata alla Case delle Aie e che noi abbiamo recuperato. È tipica cervese e, a differenza di quella artusiana, dove il ripieno è preparato solo con il formaggio, quella che utilizziamo noi vuole anche un po’ di mortadella e un po’ di prosciutto crudo. Sono quantità molto ridotte, ma servono a legare il composto e gli conferiscono un sapore unico. E, visto il successo, pensiamo siano molto apprezzati. Ma c’è un altro segreto: viene fatto tutto a mano e le sfogline sono la nostra grande risorsa. È un mestiere che sta tornando in voga, la sfoglina più
IL SUCCESSO DEI BATTISTINI, CHE MANTENGONO LA PROMESSA DI TUTELARE FEDELMENTE LE RICETTE DELLE AZDORE, LI HA SPINTI A PUNTARE SEMPRE PIÙ IN ALTO, DIVENTANDO UN PUNTO DI RIFERIMENTO GASTRONOMICO TRADIZIONALE DELL’INTERA ROMAGNA.
giovane che lavora per noi ha 22 anni.” Cappelletti molto grandi, tagliatelle ruvide e una zuppa inglese dura sono i piatti tipici che riportano alla mente i ricordi: quando nella Casa delle Aie lavoravano i pignaroli, quando a Cervia si iniziava ad assaporare l’aria portata dai primi turisti e la semplicità di ricette povere ma saporite. Dall’apertura del punto vendita i volumi sono di anno in anno aumentati, e la società ha deciso di adottare gli accorgimenti necessari all’ottenimento del cosiddetto Bollo CE, un riconoscimento comunitario assegnato agli stabilimenti di produzione di alimenti di origine animale che permette la commercializzazione dei prodotti anche in aree geografiche
A LATO, UNA SFOGLINA DEL PASTIFICIO BATTISTINI.
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IL SEGRETO DI QUESTO SUCCESSO? “LE SFOGLINE SONO LA NOSTRA GRANDE RISORSA,” CI RACCONTA CARLO BATTISTINI. “È UN MESTIERE CHE STA TORNANDO IN VOGA, LA SFOGLINA PIÙ GIOVANE CHE LAVORA PER NOI NEL LABORATORIO HA 22 ANNI.”
esterne alla Provincia o Province limitrofe in cui ha sede l’impresa. Tale riconoscimento è stato rilasciato nel 2018, e da quel momento la produzione si è allargata non solo alla pasta, core business dell’impresa, ma a tutta una serie di prodotti della tradizione romagnola. Il filo conduttore, per tutte le produzioni, rimane il medesimo: utilizzare solo materie
prime di altissima qualità e ove possibile locali, rispettando i tempi necessari allo svolgimento di lavorazioni che sono al 100% artigianali. Nel settembre dello stesso anno il pastificio Battistini si è dotato di un vero e proprio e-commerce che a oggi riesce a distribuire in tutta Italia, nell’arco di 24/72 ore, la maggior parte dei propri prodotti: pasta fresca artigianale, ragù e sughi, piadina e dolci della tradizione romagnola. Una vita impegnativa quella dei Battistini ma, come conclude Carlo: “Lavoriamo dalla mattina alla sera, certo. Ma sono tante le soddisfazioni. I complimenti più grandi sono quelli dei turisti che quando arrivano a Cervia si rendono conto che noi romagnoli siamo legati alla tradizione e all’ospitalità. E tutto questo è possibile anche, e soprattutto, grazie a tutti i nostri dipendenti.”
IN ALTO, UN MOMENTO DELLA PREPARAZIONE DEL CAPPELLETTO. A LATO, CARLO BATTISTINI ALLA CONSEGNA DEL PREMIO ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA.
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Un bell’appartamento mansardato, posto al secondo piano di un palazzo storico, fresco di ristrutturazione, nel centro storico di Ravenna: una casa che da un lato strizza l’occhio alla modernità, come si evince dai numerosi elementi di design minimale, ma che dall’altro esalta senza nostalgia i ricordi del passato, recuperando pezzi di arredo provenienti da precedenti case di famiglia. Un modo insolito e originale per la giovanissima proprietaria, che vede realizzare il suo primo scrigno abitativo, per circondarsi delle cose belle da cui è difficile separarsi mescolandole ad altre che si è scelto di acquista-
ENTRANDO SI ACCEDE ALL’ACCOGLIENTE ZONA GIORNO, RIBATTEZZATA STANZA DEL CAMINO. PROPRIO DA QUI, TIMIDAMENTE, NASCE L’INTERO PROGETTO DELLA CASAMANSARDA CHE SI È POI VIA VIA ALLARGATO IN TUTTI GLI AMBIENTI.
re. Curata sin nei minimi dettagli con una piacevole coerenza d’intenti dall’interior designer Lunella Dolcini, l’ampia e articolata mansarda colpisce subito: entrando, infatti, si accede all’accogliente zona giorno, ribattezzata stanza del camino. Proprio da qui, timidamente, nasce l’intero progetto della casa-mansarda che si è poi via via allargato, investendo tutti gli altri ambienti. La parete con l’essenziale camino contemporaneo, disegnato su misura dalla Dolcini, rappresenta il cuore del salotto e dell’abitazione. Attorno al focolare non mancano poi numerose nicchie per accogliere in modo funzionale i tronchi di legno pronti per essere infiammati, ma anche riviste e vasi di Fornice Objects. 38
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La luce naturale filtra da due scenografiche finestre ovali nella parte bassa della parete che si affaccia su una delle principali vie dello shopping ravennate. Quella artificiale, invece, è frutto del sofisticato gioco delle tre lampade nere Vibia North terra, scelte apposta per evidenziare le linee del tetto che sono particolarmente importanti, come si conviene a un alto ambiente mansardato. Non secondario è poi l’aspetto funzionale, considerando che – quasi fossero canne da pesca – queste luci possono essere spostate, offrendo quindi una bella libertà di movimento che con luci a parete non sarebbe
IN QUESTE PAGINE, GLI AMBIENTI DELL’APPARTAMENTO DALL’ARREDO CONTEMPORANEO E DI RECUPERO.
stata possibile. C’è poi una luce nascosta, radente al muro, che dà la sensazione del distacco del camino dalla parete. Versatilità è la parola d’ordine con cui sono stati scelti gli arredi: un divano LC2 Le Corbusier in velluto nero e una poltrona girevole in panno arancio di Cassina by Biagetti Design Club, impreziosita da un plaid di Hermès sopra il bracciolo. In base alle esigenze conviviali, di svago e di lavoro della committenza, infatti, possono essere facilmente spostati. Una porta doppia antica di legno, risalente alla metà del Settecento, color verde antico e argento, con una maniglia di Baldini bronzisti di Firenze, conduce al primo bagno, dove domina una piccola vasca ovale da centro stanza. Di grande effetto lo specchio nero retroilluminato eseguito artigianalmente dalla Vetreria Vetrolux, e con la sapiente collaborazione dell’elettricista che ha seguito il cantiere, mentre il lavabo cilindrico appoggiato a un cassettone è di Galassia, la rubinetteria a muro di Gessi. Ritornando in soggiorno, è possibile poi salire le pregevoli scale, illuminate da luci segnapasso di Piero Lissoni per Flos, in microcemento grigio perla, tranne che per i primi due gradini che sono in marmo verde Alpi per
riprendere le tonalità della porta antica del bagno. Si arriva così alla cucina nera e moderna acquistata da Biagetti Design Club firmata Ernesto Meda, a cui fanno da contraltare il tavolo romagnolo in legno dell’ottocento e alcuni mobili libreria-contenitore anni ’60 che ci riportano allo stile di Franco Albini. Il pavimento è in rovere naturale e prosegue anche nel vicino, piccolo spazio che sembra quasi un terrazzo interno, perché si affaccia sul reparto notte, in cui è possibile far dormire un ospite che avrà il privilegio di godere di un eccezionale affaccio su San Vitale. Impreziosiscono la mansarda un pouf realizzato artigianalmente e le lampade di Fornice Objects di Chiara Ravaioli. A completare il primo piano dell’appartamento, infine, è il reparto notte che si sviluppa proprio a fianco del salotto. In linea con il tema del ricordo, la camera da letto ospita un camino in marmo peperino decorativo già di proprietà, con vaso Venini appoggiato a terra. La stanza è impreziosita da una sedia a dondolo di Charles Eams & Ray Eams per Vitra e da una lampada led disegnata da Nendo by Flos oro-alluminio da pavimento, con variatore di colore e di intensità notturna. Si fanno
ammirare le testiere del letto in velluto scuro scolpito e le tende alle finestre ovali che paiono occhi. Dietro il letto, con un sofisticato gioco d’incastri, si arriva al secondo bagno, passando da una comoda e ampia cabina armadio realizzata su disegno di Lunella Dolcini. Il progetto è reso possibile grazie alla sapienza di diversi artigiani – Falegnameria di Sergio Gasponi, Marmista Marmi Savio di Francesconi, Microcemento By Matteo Ciani, Tappezzeria Santandrea di Russi – mentre lo studio illuminotecnico è stato eseguito insieme a Matteo Bertoni. Il risultato finale è una mansarda contemporanea, fresca, giovane, in grado però di custodire e valorizzare i ricordi più cari.
UNA PORTA DOPPIA ANTICA DI LEGNO, RISALENTE ALLA METÀ DEL SETTECENTO, COLOR VERDE ANTICO E ARGENTO, CON UNA MANIGLIA DI BALDINI BRONZISTI DI FIRENZE, CONDUCE AL PRIMO BAGNO DOVE DOMINA UNA PICCOLA VASCA OVALE DA CENTRO STANZA.
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DIPINGERE
Tracce di
ASSOLUTO DOPO OLTRE TRENT’ANNI A MADRID, MAURIZIO “MAREDO” LANZILLOTTA TORNA A LUGO, CONTINUANDO NELLA SUA RICERCA PITTORICA CHE LO HA PORTATO A ESPORRE IN MOSTRE NAZIONALI E INTERNAZIONALI.
N A DESTRA, MAURIZIO LANZILLOTTA CON UNA DELLE SUE OPERE.
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di Aldo Savini / ph Lidia Bagnara
Noto come Maredo, con cui firmava le opere giovanili, poi le grafiche e le recenti elaborazioni digitali, Maurizio Lanzillotta è nato a Campobasso nel 1960. Trascorsa la prima giovinezza a Bagnacavallo e compiuto gli studi superiori al Liceo classico di Lugo, per tre anni frequenta a Bologna la facoltà di Legge, che abbandona per l’Accademia di Belle Arti prima di trasferirsi a Madrid nel 1988. In Spagna è vissuto per trent’anni, l’ha lasciata due anni fa per far ritorno a casa, tra Bagnacavallo e Lugo. Fin dagli esordi rivela un gesto fresco e non gridato, tuttavia non ingenuo, eroicamente e romanticamente all’inseguimento dell’assoluto o di una traccia d’assoluto e di sublime, in un universo di segni pittorici attraversato da tensioni che si disperdono in una visione pacata e lirica a cui non sono esenti richiami letterari, onirici e magici. Già per la prima mostra del 1985 lo presentava Giulio Guberti che successivamente altre volte avrebbe scritto riconoscendo nella sua pittura “alta fattura accompagnata da un forte senso estetico ed etico”. L’esperienza spagnola avviene inizialmente
in un periodo di fermenti e grandi entusiasmi per la liberazione dal franchismo anche se erano passati alcuni anni, con tante gallerie d’arte particolarmente interessate a giovani artisti stranieri. Ebbe la fortuna di trovarne una che lo assunse, poi a Madrid partecipò ai tanti concorsi di pittura promossi da banche, associazioni e istituzioni culturali che investivano per fare collezioni, in cui ebbe successo vincendone vari. Infine, ottenne l’insegnamento in una scuola privata proprio davanti al Museo del Prado dove veniva retribuito in base agli allievi che aveva, e siccome per entrare all’Accademia bisognava affrontare un esame ed era richiesta una preparazione approfondita molti si rivolgevano a lui. Dipingeva intensamente. Quando svanisce l’iniziale formazione astratta e poi quella legata alla metafisica ferrarese, a De Chirico, a Sironi, si innamora dell’esotico e della sperimentazione materica influenzato da Antoni Tàpies e da Julian Schnabel, che conosce personalmente. In seguito a una crisi interiore e ai conseguenti ripensamenti recupera quell’italianità che diventa la cifra della propria identità
DOPO L’ESPERIENZA SPAGNOLA, MAREDO RECUPERA QUELL’ITALIANITÀ CHE DIVENTA LA CIFRA DELLA PROPRIA IDENTITÀ STILISTICA, APPREZZATA ANCHE IN EUROPA E NEGLI USA, CHE RIMANE LONTANA DA TENTAZIONI CONCETTUALI O REALISTICHE.
stilistica, apprezzata non solo in Spagna ma anche in Europa e negli Stati Uniti. Lontano da tentazioni concettuali o realistiche, è attratto dal paesaggio in una dimensione poetica rivelatrice di rimandi spirituali, espressione di una costante ricerca di senso. Cosciente della propria collocazione in una certa tradizione italiana fatta di silenzio e inquietudine, di ordine e passione contenuta, usa prevalentemente colori leggeri che vanno dal verde turchese all’azzurro celeste, dal grigio al bianco nu-
vola, al giallo e rosa alba, toccati da una luce diffusa quasi irreale che ammorbidisce le forme delle nuvole, degli alberi e dei cipressi, rendendo un’immagine di quiete e di solitudine. Scrive Daniele Serafini, concludendo il testo di presentazione in catalogo della mostra Cielomondo alle Pescherie della Rocca di Lugo dello scorso anno: “estranea a ogni proposito di realismo, l’arte di Maredo si assume il compito di tracciare quella linea sottile che separa il visibile dall’invisibile, la realtà dalla sua dissolvenza.”
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DISEGNARE
Nata con
LA MATITA RAFFAELLA DI VAIO, SPECIALIZZATA NELL’ILLUSTRAZIONE PER L’INFANZIA, UNISCE L’INSEGNAMENTO IN LABORATORI NELLE SCUOLE A MOSTRE E A SEMPRE NUOVI PROGETTI EDITORIALI CHE CONIUGANO ARTE E SOCIALE.
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di Silvia Manzani / ph Lidia Bagnara
“Quando sono in fila dal medico, tiro fuori il blocco e mi metto a disegnare. In generale, se non lo faccio non sto bene.” Raffaella Di Vaio, faentina, mamma di due adolescenti, si definisce una che è nata con le matite e i colori in mano: “Da bambina ero solita colorare le mie giornate ma non ho mai pensato, seriamente, di avere un talento particolare: amavo disegnare e basta. Certo, alle elementari mi accorsi che la maestra mi apprezzava, che se c’era da disegnare incaricava me. Presa dalla passione, dai dieci ai tredici anni frequentai, di pomeriggio, la Scuola di Disegno Tommaso Minardi. Da allora, non mi sono più fermata.” Negli ultimi due anni del liceo artistico, Raffaella frequenta un corso biennale per arredatore d’interni e dopo la maturità conclude l’Isia e prende un diploma, da privatista, in grafica pubblicitaria. “Così,” racconta, “mi si sono aperte le porte della scuola e ho insegnato a Faenza, Cesena e Ravenna fino a che, nel 2012, ho dato le dimissioni: non riuscivo più a conciliare l’insegnamento con la mia attività. Il lavoro da dipendente non mi è mai interessato troppo perché non amo la routine: che io IN MAGAZINE
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“CONTINUO A RITENERE CHE LA CARTINA DI TORNASOLE DEI MIEI LAVORI SIA L’OPINIONE DEI BAMBINI,” RACCONTA LA FAENTINA RAFFAELLA DI VAIO. “SE IL MIO LAVORO VIENE APPREZZATO DA LORO, SIGNIFICA CHE HO FATTO QUALCOSA DI BUONO.”
debba partecipare a un concorso o preparare le illustrazioni per un libro, mi piace fare un po’ quello che mi va e organizzarmi a mio modo. Tra gli studenti, in ogni caso, sono rimasta: tengo con costanza laboratori nelle scuole e continuo a ritenere che la cartina di tornasole dei miei lavori sia proprio l’opinione dei bambini. Se il mio lavoro viene apprezzato da loro, significa che ho fatto qualcosa di buono.” Abituata a dipingere su qualsiasi superficie, dagli orecchini e gli anelli fino agli armadi e le porte, Raffaella non ama esporsi quanto l’arte, a volte, sottintende. “Sono una persona molto riservata,” rivela. “Amo rimanere nel mio studio, colorato e disordinato, e mettermi poco in mostra. Al posto mio, faccio parlare le mie esposizioni. Non saprei nemmeno dire quale mi ha dato, nel tempo, maggiore visibilità. Oltre a non farmi vedere, ho una pessima memoria. So solo che di recente ho avuto molta soddisfazione da quattro lavori che coniugano arte e sociale.” Si tratta del libro Pinocchio in CAA, realizzato con la comunicazione aumentativa alternativa, del libro Pinocchio in rima per ragazzi e adulti con dislessia, del murale realizzato per Sos Donna nello spazio giochi del centro antiviolenza di Faenza e dell’attività artistica per l’associazione Insieme a te che, a Punta Marina, ha aperto uno stabilimento balneare attrezzato per le persone con gravi disabilità. E mentre è impegnata 44
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a preparare una nuova mostra e altri due libri illustrati, Raffaella continua a sognare che nella scuola, dalla primaria in poi, si dedichino più ore alle materie artistiche: “Non lo dico certo a mio vantaggio ma perché credo fermamente nell’importanza dell’arte, alla quale a volte certi insegnanti rinunciano come forma di punizione verso i ragazzi, così come succede con educazione fisica. Fosse per me, al contrario, stabilirei un giorno alla settimana ad hoc”. Amante della storia dell’arte dalle incisioni rupestri della Val Camonica in poi, se proprio dovesse incarnarsi in un’illustratrice Raffaella sceglierebbe Beatrix Potter: “Tra volpi e coniglietti dico che sì, mi sarebbe piaciuto essere lei. Pensare che nella mia famiglia, studiando l’albero genealogico, non ho trovato nessuno che abbia avuto talento artistico.”
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VINCERE
Vetta
DOPO VETTA IL TEAM EVAN BROS DEI FRATELLI PAOLO E FABIO EVANGELISTA NEGLI ANNI HA CONQUISTATO GRANDI SODDISFAZIONI E VITTORIE. SCOPRIAMO QUESTA “IMPRESA DI FAMIGLIA”.
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di Gianmaria Rosati / ph Vaclav Duska Jr.
Da correre il campionato italiano a vincere un titolo mondiale la strada è lunga, e arrivarci in soli sette anni è praticamente impossibile, ma non per tutti. Nel ravennate infatti è nata e si è sviluppata la favola del team Evan Bros., nato dalla passione dei fratelli Paolo e Fabio Evangelista e proseguita da quest’ultimo, capace di creare un team familiare capace in pochi anni di scalare una vetta dopo l’altra. Da una tenda e una moto si è arrivati alla conquista, nel 2019, del titolo mondiale Supersport con lo svizzero Randy Krummenacher, seguito a soli 6 punti dal compagno di squadra Federico Caricasulo. A raccontare la nascita e la crescita di questo sogno è proprio Fabio, vero deus ex machina di questa struttura piccola ma vincente. Fabio, com’è nato quello che oggi è il team Evan Bros.? “L’estrazione mia e di mio fratello è fuoristradistica e la cosa non è cambiata nonostante mio padre mi portasse a vedere la 200 Miglia di Imola. Il colpo di fulmine con l’asfalto è arrivato nel 2002 durante un Honda Day a Imola. Questo mi ha portato nel 2003 a fare per tre anni il trofeo Honda
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CBR 600, dove ho conosciuto il mio attuale socio Mauro Pellegrini. Nel 2012 abbiamo deciso di utilizzare il nucleo di lavoro creato a Ravenna per aiutare un giovane e promettente pilota di zona, Marco Faccani. L’anno dopo partecipammo al CIV Supersport e ci giocammo il titolo all’ultima gara. Marco fu subito notato da squadre più attrezzate, e dopo di lui decidemmo di ricominciare da un altro giovane di Ravenna.” Si tratta di Federico Caricasulo. E con lui arrivò il primo titolo… “Esatto, nel 2014 vincemmo il campionato italiano Supersport. Così decidemmo di fare l’Europeo Stock600 l’anno dopo e di debuttare nel 2016 nel mondiale Supersport, iniziando al meglio con un secondo posto nella gara inaugurale. Anche in questo caso non hanno tardato ad arrivare varie offerte per Fede, e ci sembrò giusto lasciarlo andare a fine anno. A questo punto non sapevamo se continuare o tornare nella nostra precedente dimensione nazionale, ma la nostra strada si è intrecciata con quella di Cristian Gamarino, e il lavoro con lui nel 2017 non è stato inutile. Nel frattempo Randy Krummenacher ci
IN ALTO, FABIO EVANGELISTA ALLA WORLDSSP DI IMOLA DEL 2019.
NATO DALLA PASSIONE DEI FRATELLI PAOLO E FABIO EVANGELISTA E PROSEGUITA DA QUEST’ULTIMO, IL TEAM EVAN BROS. HA SCALATO IN POCHI ANNI UNA VETTA DOPO L’ALTRA, FINO AD ARRIVARE ALLA CONQUISTA, NEL 2019, DEL TITOLO MONDIALE SUPERSPORT.
disse che ci stava tenendo d’occhio da più di una stagione e che gli piaceva il nostro modo di lavorare. Siamo stati molto orgogliosi del fatto che un pilota come lui ci avesse notato, quindi è stato naturale unire le nostre forze con un contratto dalla durata biennale, celebrato con il titolo mondiale.” Un traguardo senza dubbio storico. A distanza di pochi mesi, quali emozioni ti porti dentro di questa grande cavalcata? “C’è tanta soddisfazione, in primis per il lavoro svolto, che poi è la bellissima conseguenza degli sforzi profusi negli anni precedenti. Ho capito delle cose che non sapevo, per esempio il perché del famoso Muro tra Rossi e Loren-
zo quando erano compagni di team, dato che non è facile gestire due top rider della categoria, che aspirano entrambi allo stesso obiettivo ossia vincere il titolo. Dopo la pausa estiva è aumentata la tensione ma mi ritengo fortunato: abbiamo colto risultati eccellenti, e solo le cadute di Magny Cours hanno messo in discussione la nostra vittoria, che abbiamo dovuto guadagnarci sul campo nell’ultimo round della stagione. Entrambi i nostri piloti avrebbero meritato di vincere: nella prima parte ha meritato Randy, nella seconda Federico, e alla fine ha vinto il pilota con più esperienza. Come team possiamo essere certi del fatto di aver fornito a entrambi le stesse armi, e i sei punti che IN MAGAZINE
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“IN QUESTO 2020 ABBIAMO DECISO DI TORNARE UN PO’ AL PASSATO, SCHIERANDO SOLO UN PILOTA OSSIA ANDREA LOCATELLI,” RACCONTA FABIO EVANGELISTA. “C’ERA LA VOGLIA DI TORNARE A UNA DIMENSIONE PIÙ FAMILIARE E ABBIAMO PRESO QUESTA STRADA.”
IN ALTO, FABIO EVANGELISTA. IN BASSO, IL TEAM EVAN BROS. ALLA WORLDSSP NEL 2019.
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li hanno separati a fine anno lo dimostrano.” Il momento più bello e quello più brutto del 2019? “Il più brutto senza dubbio la gara di Magny Cours (terz’ultima del campionato, N.d.A.): avevo previsto uno zero prima o poi, ma incassare in un giorno la caduta
di entrambi i piloti non è stato facile. Il più bello direi tutti gli altri: ogni weekend è stato incredibile.” Cosa è cambiato tra il 2018 e il 2019? E cosa è cambiato ora, dopo aver conquistato il primo titolo mondiale della storia del team? “Nel 2018 eravamo ancora un po’ giovani: era la prima stagione che correvamo con la Yamaha dopo tanti anni con Honda, tant’è che anche Randy sapeva che non sarebbe stato facile vincere subito. Infatti finimmo quarti con una flessione a fine anno. L’inserimento di Federico, tra le due stagioni, ha dato grande motivazione a Randy, come lui stesso ha raccontato, mentre noi siamo cresciuti sotto tanti aspetti, tecnici e non. In questo 2020 abbiamo deciso di tornare un po’ al passato, schierando solo un pilota ossia Andrea Locatelli: abbiamo valutato l’ipotesi di avere un secondo pilota più giovane, ma per ragioni economiche e per la voglia di tornare a una dimensione più familiare abbiamo preso questa strada.” A proposito di crescita, a che percentuale di realizzazione è arrivata la vostra struttura secondo te? “Dipende sotto quale ottica si analizza la cosa. Se guardiamo ai nostri quattro anni nel campionato Supersport siamo cresciuti tanto e siamo a un 90% di realizzazione, con alcuni margini di
crescita sotto diversi aspetti. Se invece pensiamo a un salto in Superbike scendiamo a un 50%, e dovremmo aggiungere tante risorse per pensare di ben figurare in una categoria del genere.” Insieme a tuo fratello Paolo gestisci un’attività pluridecennale in quel di Ravenna, la G.E. Autoricambi. Come riesci a conciliare le due cose? “Non è facile. Il 2019 mi ha abbastanza provato sotto il profilo psico-fisico: al rientro dal weekend di gara cerco sempre di recarmi il prima possibile in negozio, dove mio fratello e i nostri splendidi collaboratori fanno davvero un egregio lavoro. Senza dubbio ora si tratta di due vere e proprie attività alle quali devo pensare. A tal proposito nella crescita del team è compreso anche l’arrivo di alcune figure nuove e giovani, che mi aiutino a gestire la squadra: per questo serve ovviamente un solido apporto economico, che speriamo di trarre dalla proficua collaborazione con il nostro title sponsor Bardahl e magari da nuovi partner. In passato non capivo la differenza tra team owner e team manager, ma anno dopo anno la sto apprendendo.” Un augurio che ti fai per il nuovo anno? “Vincere il titolo con Andrea, per dimostrare che non ci siamo seduti sugli allori e, anzi, siamo cresciuti.”
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PETTINARE
Un hair-stylist
A SANREMO
CHI C’ERA DIETRO LE PETTINATURE DEL FESTIVAL DI SANREMO? ANTHONY PAPA, CHE INSIEME AI COLLEGHI HA PASSATO GIORNI FRENETICI CON LE MANI FRA I CAPELLI DI GRANDI DELLA MUSICA E DELLO SPETTACOLO.
T SOTTO, ANTHONY PAPA INSIEME A DIODATO, IL VINCITORE DELL’EDIZIONE 2020.
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di Roberta Bezzi
Travolgente, emozionante, stressante, imprevedibile. Questi sono solo i primi aggettivi che vengono in mente al parrucchiere lughese Anthony Papa per descrivere l’esperienza appena vissuta al Festival di Sanremo 2020 dove è stato chiamato a pettinare i vip, dai cantanti alle modelle e fino ai conduttori giornalisti. Per lui è stata una settimana vorticosa, come per tutti gli altri colleghi di Wella Professional. Papa, questa per lei non è proprio la prima esperien-
za televisiva: è stato parrucchiere anche in diverse edizioni di Miss Italia. Quali differenze ha notato rispetto a Sanremo? “A Miss Italia l’organizzazione era molto più definita e programmata perché, fondamentalmente, dovevamo rapportarci solo con le 100 finaliste. Sanremo invece è una specie di grandissimo frullatore, in cui tutto può cambiare da un momento all’altro. A volte c’era da correre in hotel per pettinare un artista che aveva un’intervista, altre andavamo a Casa Sanremo dove si svolgevano in giornata i collegamenti con le altre trasmissioni e le conferenze stampa, solo in serata si restava nel backstage del Teatro Ariston.” Che atmosfera si vive a Sanremo? “Tutto avviene in diretta e quindi bisogna essere pronti a tutto. Siccome, per forza di cose, si ha a che fare con più persone diverse fra loro, la discrezione è certamente una dote piuttosto apprezzata. Dietro le quinte, anche se spesso si vivono momenti conviviali, guai a diffondere foto di cantanti o a raccontare cosa si è visto.” Però qualcosa ce lo deve svelare… Chi ha avuto il piacere
di pettinare? “Mi è capitato uno degli ospiti internazionali del giovedì sera del festival, Lewis Capaldi, che si è rivelato molto tranquillo e disponibile. L’esperienza forse più emozionante… Poi è stata la volta di Alberto Urso che sembra quasi un bambino per quanto è delicato, pulito e dolce. Anche pettinare Miss Universo Emilia-Romagna, Marialaura De Vitis, è stata una bella soddisfazione. Ogni mattina alle 10, poi, mi aspettava il giornalista e avvocato Cataldo Calabretta.” C’è qualcuno che ha avuto modo di avvicinare e che l’ha particolarmente colpita? “La medaglia d’oro dell’empatia va certamente a Gabbani, solare in scena come nel backstage. Ricordo che, nella fase finale, era decisamente meno teso rispetto a Diodato, che vibrava come una corda di violino. Con Fausto Leali ho chiacchierato piacevolmente prima del suo ingresso in scena. Ricordo poi un diverso approccio nei camerini: mentre Rita Pavone, per esempio, entrava e usciva in continuazione, Achille Lauro era assolutamente inavvicinabile e usciva solo per entrare in scena.”
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