Ravenna IN Magazine

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R a ve n n a

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Ph. Alberto Germinario

Anno X - N. 2 - maggio 2011

Francesco

Damiani La leggerezza del peso massimo

Giuliano Casalini Il manager della musica Vittorio Bulgarelli Il mosaico del nuovo millennio Raffaele Babini La carovana rosa dei ciclisti



Sommario

10 4 Annotare Brevi IN 10 Essere Francesco Damiani 16 Organizzare Giuliano Casalini 22 Inventare Vittorio Bulgarelli 27 Dirigere Raffaele Babini 30 Innovare Antonella Cimatti 35 Scrivere Franco Costantini 38 Animare Christopher Angiolini

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| EDITORIALE di Andrea Masotti |

42 Ricordare S. Maria in Porto Fuori 46 Abitare L’appartamento italo-argentino 50 Creare Aurelio Brunelli 52 Applaudire Francesca Mazzoni 54 Gustare Birrificio La Mata 56 Rinnovare De Stefani 57 Festeggiare Cisa 58 Scegliere Shopping

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Un campione vero, dentro e fuori dal ring, apre questo numero di Ravenna In. Francesco Damiani si racconta a 360 gradi, dai successi passati agli obiettivi futuri, in veste di direttore tecnico delle nazionali italiane di pugilato. Dopo la boxe parliamo di musica con l’imprenditore Giuliano Casalini, che da Faenza lancia la sua nuova formula per il Festival di Castrocaro. Da Sant’Alberto di Ravenna, invece, Vittorio Bulgarelli esporta in tutto il mondo materiali musivi di sua invenzione mentre Raffaele Babini di Solarolo guida la carovana dei ciclisti per il Giro d’Italia. A seguire, le creazioni ceramiche della faentina Antonella Cimatti, le origi-

nali composizioni del poeta Franco Costantini e gli eventi musicali curati da Emanuele “Christopher” Angiolini. Un tuffo nel passato con la suggestiva storia di Santa Maria in Porto Fuori e uno sguardo al mondo dalla Rocca Brancaleone, affacciati da un appartamento “italo-argentino”. E poi le originali opere in ferro battuto di Aurelio Brunelli, le creazioni della birreria “La Mata” e le performance teatrali di Francesca Mazzoni. L’imprenditoria che guarda all’innovazione chiude la rivista, con la smart elettrica nello showroom De Stefani e l’85esimo dell’azienda Cisa, festeggiato presentando le novità e le linee guida per il futuro.

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Chiuso per la stampa il 09/05/2011 Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

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Annotare | Brevi IN

Fricandò, cucina tipica da colazione a cena Ravenna -Taglio del nastro per il nuovo ristorante Fricandò, inaugurato il 24 marzo scorso a Ravenna. Fricandò parte dalle colazioni proponendo dolci caserecci della tradizione romagnola, preparati ogni giorno, da accompagnare ad un buon caffè. A pranzo e a cena la scelta è varia, dai primi di pasta tirata al mattarello alle zuppe. E poi secondi di carne e piatti forti della zona, come il baccalà fritto o in umido e l’anguilla marinata. Il tutto accompagnato da pane fresco e salumi di mora romagnola, Culatello di Zibello e formaggi tipici. Da Fricandò è possibile anche acquistare i prodotti che qui vengono serviti. (F.Ri)

Lavida, benessere globale

Borsa del Turismo delle città d’Arte Ravenna - “Ravenna è il simbolo del turismo in cui tutta la città è protagonista”. Parola di Maria Chiara Ronchi, direttrice della Borsa del Turismo delle 100 Città d’Arte d’Italia, in programma a Ravenna dal 27 al 29 maggio. Collegata all’iniziativa è anche Bologna, che il 26 maggio ospita l’Eductor “Bologna, Città dei portici”. Il capoluogo emiliano sarà anche sede dell’11° Forum Europeo Unesco, che ha come tema la candidatura dei portici bolognesi a Patrimonio dell’Umanità. L’artigianato, la promozione dei territori e il folklore saranno invece protagonisti a Ravenna in vari stand, collocati come negli anni precedenti in piazza del Popolo. Un workshop internazionale si tiene sabato 28 mag-

gio nel Palazzo dei Congressi di largo Firenze, che permetterà l’incontro tra offerta turistica e domanda internazionale, con sellers e tour operators. Dopo Sefi Idem e Cristina Muti, madrina dell’evento è quest’anno Sara Errani (nella foto), valente tennista romagnola tra le prime 50 al mondo nella classifica Wta. (A.D.L.)

Vigili in bicicletta, con Freewheeling

Santa Maria Nuova - Benessere globale al centro Lavida di Santa Maria Nuova di Bertinoro, con tante proposte dedicate per chi vuol prendersi cura di sé. Il centro Benessere di Danila Toni e Giovanni Malucelli, professionisti da oltre trent’anni nel settore, si è rinnovato e dopo la riapertura del 26 gennaio scorso offre una gamma sempre più ampia di servizi. Cafè Olfattery è una di queste, in cui si possono scoprire nuove dimensioni dell’olfatto grazie a fragranze innovative. Massaggi e sound massage completano l’offerta, con vasche di vapore e idromassaggi sensoriali. Lavida dispone anche di Nausicaa, un’innovativa apparecchiatura per utilizzare l’acqua, dal vapore alle micro gocce, con aromi di essenze pregiate. Il centro benessere organizza anche corsi di yoga e di auto riequilibrazione. Il centro è aperto da martedì a sabato anche nei mesi estivi, in via Santa Croce 3602 (tel. 0543 440765).

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Cervia - La Polizia Municipale del Comune di Cervia dispone ora di un aiuto in più per contrastare il fenomeno dei commercianti abusivi, che danneggia l’immagine delle località turistiche, i commercianti e l’economia. L’azienda ravennate di biciclette Freewheeling ha preso parte al un progetto sulla legalità lanciato dal Comune cervese donando quattro mountain bike all’a-

vanguardia (modelli Canmore V/brake), utili per pattugliare arenili, pinete e aree demaniali. Alla cerimonia di consegna, tenuta lo scorso 2 aprile al Palasportur, hanno partecipato il sindaco Roberto Zoffoli, l’assessore alla Sicurezza Gianni Grandu, il comandante della Polizia Municipale Roberto Ricci e il titolare della Freewheeling Claudio Brusi. (F.Ri)



Arte e forme della committenza Faenza - Dal 20 al 22 maggio va in scena a Faenza Forms of collecting/ Forme della committenza, quarta edizione del festival dell’arte contemporanea con direzione artistica di Carlos Basualdo, Angela Vettese e Pier Luigi Sacco, in partnership con il Museo Internazionale delle Ceramiche. Tra gli ospiti attesi Achille Bonito Oliva e Massimo Cacciari, che forniranno un quadro storico, sociale e filosofico della committenza, assieme agli artisti Joseph Kosuth, Mark Dion, Goshka Macuga e Dominique Gonzales-Forester, pronti a raccontare il loro rapporto con committenti e collezionisti privati e di pubbliche istituzioni. Previsti, tra gli altri, anche gli interventi di Frances Morris, curatore capo della collezione presso la Tate Modern, Bartomeu Mari, direttore del MACBA di Barcellona e Anna Mittirolo, direttrice del MAXXI Arte di Roma. www.festivalartecontemporanea.it

Titolo iridato per JPmatch Gaeta - Prestigioso risultato per il JPmatch Sailing Team, che ha vinto il Campionato Italiano di Match Race imponendosi nella gara tenuta a Gaeta il 18 aprile scorso. L’equipaggio, composto da Jacopo Pasini al timone, Carlo Mazzini alla randa, Manuele Pasotti alle scotte e Alberto Ricci a prua, ha conquistato il titolo per la seconda volta battendo

Sailing Team

Paolo Cian, dopo aver superato in semifinale il barese Simone Ferrarese. La finale si è corsa con vento teso e mare formato al meglio delle cinque regate, con duelli di virate e poppe combattutissime. Nonostante la non facile condizione del mare, i ragazzi dei Circolo velico ravennate hanno avuto la meglio, vincendo per 3 a 1. (F.Ri)

Spatoloni Invitational all’Adriatic Golf Club

Giugno a Cervia, l’ Estate Cervia - Secondo appuntamento per l’annuale “Spatoloni Invitational”, attesa gara di golf (formula Shot gun), che si disputa venerdì 27 maggio dalle ore 14,30, nella cornice dell’Adriatic Golf Club di Cervia. Tra i partecipanti nomi noti dello sport e dell’imprenditoria nazionale. Il promotore di questa gara è l’imprenditore Ettore Spatoloni, appassionato golfista, che con questo Trofeo festeggia il 25° anniversario di pratica di questo sport. Al termine della gara cena nella terrazza ristorante del Golf Club e, come premio-ricordo in palio, anche alcune copie della guida “52 Domeniche di Golf in Emilia Romagna”. Nella foto, da sinistra, Angelo Spatoloni, Paolo De Chiesa, Ettore Spatoloni e Piero Gros.

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Cervia - Torna l’estate e tornano gli eventi che ogni anno animano Cervia e le sue località. Ad aprire il programma estivo sono le visite guidate gratuite alla Salina Camillone organizzate dal MUSA, al via il 1°giugno, e il tradizionale raduno di barche storiche il 2 e 3 giungo. Tra gli appuntamenti da non perdere spicca la 567esima edizione dello Sposalizio del Mare (dal 3 al 5 giugno), la più importante cerimonia storica cervese che vede i giovani pescatori sfidarsi in acqua per recuperare l’anello gettato tra i flutti. Tante le iniziative artistiche, culturali e musicali che si posso-

si rivela

no trovare a Cervia in questa estate 2011, dalle proposte più tradizionali a quelle più particolari, come il world master sculture di sabbia, con i più grandi maestri internazionali di scultura di sabbia (dall’8 al 10 agosto). www.turismo.comunecervia.it (F.Ri)


Premio Giustiniano a Gigi Ravenna - Premio Giustiniano 2011 per le arti e la cultura a Gigi Proietti, consegnato lo scorso 25 marzo al Teatro Alighieri di Ravenna. L’attore romano ha ricevuto il riconoscimento dalle mani del sindaco Fabrizio Matteucci, affiancato nella serata da Cino Tortorella, Daniele Perini e Simone Ortolani, presidente della Commissione Premio. Alla sua seconda edizione (lo scorso anno il premio andò a

Proietti

Carlo Verdone), l’iniziativa è organizzata dalle associazioni “George Gordon Byron”, “Amare Ravenna” e dalla testata online “Ravenna 24 Ore”, con il patrocinio della Regione, Provincia, Comune e Archidiocesi. L’intero incasso della serata è stato devoluto alla sezione ravennate dell’Associazione Italiana Assistenza Spastici e all’associazione “Amici delle Missionarie dell’Immacolata”. (A.D.L.)

Ritratti cervesi, tra storia e tradizioni

Cervia - Ai Magazzini del Sale di Cervia fino al 29 maggio si può visitare la mostra fotografica “Ritratti Cervesi. Tra storia e tradizioni”, curata dal giovane artista ravennate Danilo Iasi (nella foto). Protagonisti degli scatti numerosi personaggi cervesi, tra i quali il salinaro della Salina Camillone Eros Marzelli, il sindaco Zoffoli, l’arcivescovo Verucchi e tanti altri. La mostra è aperta da martedì a venerdì dalle 15,30 alle 19, sabato e domenica dalle 10,30 alle 12,30 e dalle 15,30 alle 19,30. (M.A.)


Ravenna - “Spirito Urbano” in centro a Ravenna lo scorso 21 aprile. Nata da un’idea di Laura Paladini, titolare con Nadia Zabberoni di Nuvola Fashion Stock, l’iniziativa ha creato un momento di socializzazione e partecipazione della strada e della città. Dopo una sfilata con modelli non professionisti, resa possibile dalla collaborazione di Emma Gatta Parrucchieri e di Vittoria Parrucchieri, è partita una passeggiata spontanea tra le vie del centro storico, con sottofondo di violino. Un modo originale per accendere e vivere la città: all’evento hanno partecipato anche i negozi Anna Rita Barretta e Douglas. (F.Ri)

Museo Ugonia, nuovi progetti Brisighella - La direzione artistica del Museo Ugonia è stata affidata a Franco Bertoni, docente di Metodologia della Progettazione all’Isia di Faenza e, dal 2003 al 2010, curatore delle collezioni moderne e contemporanee del MIC di Faenza. Il museo Ugonia si articola su due piani: al primo è stato ricreato il laboratorio di Ugonia, mentre nel secondo sono custodite le opere provenienti dalle chiese del territorio. In programma c’è l’ampliamento della parte dedicata ad Ugonia e collettive con artisti contemporanei, non escludendo la cartellonistica pubblicitaria, il fumetto e la grafica virtuale. Spazio anche ad artisti locali come Rambelli, Guerrini e Calzi. (A.S.)

Singita, spiaggia di qualità Marina di Ravenna - Marchio “Ospitalità Italiana” per la spiaggia Singita, miracle beach di Marina di Ravenna (Arenile 26), ottenuto insieme ad altre 91 realtà tra hotel, ristoranti, agriturismo, b&b e campeggi del ravennate. Il marchio Ospitalità Italiana è una certificazione promossa da IS.NA.R.T. (Istituto nazionale per le ricerche turistiche) in collaborazione con le Camere di Commercio, per valutare l’offerta ricettiva e ristorativa in Italia e la realizzazione di un circuito turistico di qualità. La premiazione si è svolta a fine marzo, nella Sala Cavalcoli della Camera di Commercio di Ravenna. www.singita.it

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Le Scarpe di Cipria, inaugurato il Terzo

negozio

Ravenna - Un piccolo salotto nel cuore di Ravenna. Le Scarpe di Cipria, in piazza Baracca 30, è l’ultima creazione di Simona Magnani. Inaugurato nell’aprile scorso, il negozio si è già posizionato come uno dei più chic della città, con scarpe solo per un pubblico femminile che vuole essere sempre al passo con la moda. Essenziale negli arredi, si distingue per un originalissimo lampadario formato da 30 paralumi, già divenuto oggetto di culto e fotografato dai tanti turisti in visita alla città. Scarpe sempre e solo al femminile negli altri due negozi omonimi fra i quali il primo outlet del settore, aperto in via Volta ben undici anni fa, nel quale è possibile trovare calzature di ottima qualità e il campionario di marche prestigiose a prezzi molto convenienti. (M.A.)

Ph. Lidia Bagnara

Spirito Urbano in centro storico

“Ravenna e le sue pagine” premia Domini Ravenna - L’esordiente Carmelo Domini (nella foto) si aggiudica l’edizione 2011 di “Ravenna e le sue pagine”, con il romanzo “Madrid Express” (Foschi Editore). Il riconoscimento, inserito nel più ampio contesto del premio

Bancarella ed assegnato dalla giuria composta dai librai della provincia di Ravenna, è un’iniziativa promossa da Confesercenti Ravenna e dal Sindacato Librai di Confeserecenti. Il romanzo di Domini narra le vicende di un gruppo di ragazzi nella propria stagione di libertà, di formazione e di pazzia, forse l’ultima prima di “diventare grandi”, ed è anche un sorta di guida ai luoghi mitici della Spagna. La consegna del premio si tiene il 19 maggio (ore 9,30 – 12,30) alla Sala Cavalcoli della Camera di Commercio di Ravenna (in viale Farini). Alla manifestazione saranno presenti anche i finalisti del premio Bancarella 2011, Alberto Cavanna, autore di “A piccoli colpi di Remo” (Arte Navale srl) e Andrea Frediani, autore di “Dictator. Il trionfo di Cesare” (Newton Compton). (A.S.)



Essere | Francesco Damiani

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La leggerezza

del peso

testo Claudia Graziani

Massimo

Campione del mondo dei pesi massimi, Francesco Damiani è oggi direttore tecnico delle nazionali italiane di pugilato. Tanto energico ed esigente sul ring quanto simpatico e affabile fuori. Con la passione per le camminate in montagna, e per i funghi.

Dopo Primo Carnera è l’unico pugile italiano a potersi fregiare del titolo di campione del mondo dei pesi massimi. Basterebbe questo per capire la caratura di un atleta come Francesco Damiani. Che ora, dopo essere stato un grande campione, è direttore tecnico delle nazionali italiane di pugilato e forgia i campioni del futuro. A dire il vero anche quelli del presente. Hanno il suo marchio le medaglie d’oro, d’argento e di bronzo alle Olimpiadi di Pechino, rispettivamente di Roberto Cammarelle nei pesi supermassimi, Clemente Russo nei pesi massimi e Vincenzo Picardi nei pesi mosca. Energico ed esigente, quando serve, con i suoi ragazzi nel centro nazionale di Assisi, Damiani, 52 anni, è nato a Bagnacavallo e da buon romagnolo è anche cordiale e disponibile. Risponde alle nostre domande con ironia e affabilità per raccontare un po’ di sé, della sua vita e delle sue aspettative.

Come e quando hai iniziato a fare

Cos’è che ha fatto di te un grande

boxe?

campione?

“Mamma mia... Tanto, tanto tempo fa... Hai presente ‘Guerre stellari’? Quando cominciano In una galassia lontana, in un tempo remoto...? Nella realtà è stato mio fratello Marco che ha tanto insistito perché anche io come lui andassi nella palestra di Lugo dove si allenava. L’ho accompagnato, ma gli dicevo: “No no, non vengo. La boxe non è uno sport per me”. Poi qualche tempo dopo, era il 1975, l’ho seguito nuovamente. Ho iniziato a fare qualche incontro, vincevo. Mi veniva spontaneo e dai regionali sono arrivato ai campionati italiani. Anche a mio padre piaceva molto e in Tv seguiva gli incontri con Nino Benvenuti, Cassius Clay- Muhammad Ali. E noi, di conseguenza, facevamo altrettanto. Così da passatempo la boxe è diventata una passione e poi un lavoro”.

“Ad essere sinceri volontà ne avevo poca, soprattutto all’inizio. Ero un ragazzo a cui piaceva andare a ballare, stare con gli amici, fare tardi la sera. Quando sono entrato in nazionale, però, c’è stata una svolta. Vedevano in me delle qualità, e le regole severe della vita da atleta mi hanno fatto cambiare mentalità. In quel periodo sono cresciuto come atleta, ma soprattutto come persona. Mi hanno insegnato a capire e controllare la mia forza. Una cosa che servirebbe a molti giovani, che sfogano la loro irascibilità in modi sbagliati. Se imparassero a governarla ci sarebbero meno risse e atti violenti. Salire sul ring e confrontarsi con l’avversario è come confrontarsi con il mondo. Ora posso dire che il pugilato mi ha dato grandi soddisfazioni, da ogni punto di vista”.

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A fianco, una suggestiva immagine sul ring. Sotto, la squadra di boxe alle Olimpiadi di Los Angeles, 1984. Nella pagina a fianco Damiani a Los Angeles allena Franco Falcinelli, oggi presidente della Federazione. In apertura, Damiani Campione d’Europa e del mondo.

Cosa è stata per te la boxe da atleta?

“La mia giovinezza. E poi ha significato popolarità con le persone che mi riconoscevano per strada e mi chiedevano l’autografo, ma anche tranquillità economica, serenità”. Da allenatore?

“È difficilissimo, molto più che da atleta, dove devi fare i conti solo con te stesso e con l’avversario che incontri. Da allenatore hai dieci ragazzi, dieci caratteri diversi, dieci modi di affrontare la vita e gli avversari. Si soffre molto perché vorresti che non perdessero mai. E poi sei costretto a dover lasciare a casa ragazzi che ci mettono il cuore, ma che sai non sarà sufficiente per farli diventare campioni. Questa è la dura vita da allenatore”.

Chi è Francesco Damiani Francesco Damiani è il primo italiano Campione del Mondo dei pesi massimi nella versione WBO (World Series of Boxino), di cui detenne il titolo dal 1989 al 1991. Medaglia d’argento ai Campionati mondiali di pugilato dilettanti 1982 di Monaco di Baviera ed alle Olimpiadi di Los Angeles del 1984, comincia la carriera professionistica nel 1985. Damiani inanella 29 vittorie consecutive, e viene incoronato Campione Internazionale WBC, Campione Europeo EBU e Campione del Mondo WBO. Si ritira nel 1993 con all’attivo 30 vittorie, ben 24 per Ko, e 2 sconfitte. Ora è direttore tecnico delle squadre azzurre e tecnico del Dolce & Gabbana Milano Thunder - Italian Boxing team, una squadra internazionale di boxe che, in rappresentanza della città di Milano e di tutto il movimento pugilistico italiano, ha preso parte alle WSB. Sei incontri da novembre 2010 a marzo 2011.

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lificarsi andranno a disputare le maggiori competizioni da dilettanti, alle Olimpiadi, e magari vincere una medaglia. Noi dobbiamo fare di tutto perché coronino il loro sogno, trasmettergli la nostra esperienza e le nostre sensazioni, ma i primi a crederci devono essere gli atleti. Naturalmente ci vuole anche l’attitudine, perché non tutti nascono Maradona, che bastava toccasse il pallone per fare miracoli. Non basta tirare un pugno per vincere”. La tua giornata tipo?

“È come fossi tornato a fare l’atleta. In ritiro con i ragazzi ho i loro ritmi: allenamenti quotidiani, mangiamo insieme, a letto presto la sera”. Guardandoti indietro che episodio ri-

Cosa cerchi di trasmettere ai tuoi

cordi con piacere e, se ti ricordi, che

atleti?

cosa hai pensato in quel momento?

“La cosa fondamentale che dico a tutti è quella di credere nei propri mezzi, perché altrimenti non sarebbero qui in nazionale, che è il massimo. Se riusciranno a qua-

“Di ricordi ne ho tanti, belli e brutti. A dire il vero di brutti proprio pochi. Ricordo con piacere il primo torneo, la prima Olimpiade, ma direi che l’episodio più significativo,


che ha dato il via alla mia carriera, è stata la vittoria su Teofilo Stevenson ai campionati del mondo del 1982. Un mostro sacro della boxe. La mia forza è stata quella di non rimanere schiacciato dalla sua fama. L’ho affrontato come facevo sempre con gli altri avversari. Avevo 24 anni e credo di non essermi reso conto subito dell’impresa che avevo compiuto. L’ho capito quando la mia foto è apparsa su tutti i giornali e quando le Tv americane mi cercavano per intervistarmi. L’episodio più brutto? La sconfitta alle Olimpiadi di Los Angeles. Mi ha lasciato dentro tante cose, ma devo dire che non ci penso più di tanto. Sicuramente mi è tornato alla mente due anni fa alle Olimpiadi di Pechino, quando Cammarelle ha vinto l’oro. Subito ho pensato all’amarezza di quell’occasione perduta, dell’oro sfuggito, ma poi gli ho detto che mi aveva ripagato di tutto”. In fondo l’argento non è una sconfitta.

“È quello che ho detto al molto deluso Clemente Russo quando, sempre a Pechino, ha conquistato il secondo posto. Vedi, gli ho spiegato, devi guardare davanti a te e indietro: davanti c’è solo un pugile che ha vinto l’oro, ma dietro ne hai almeno venti. Devi essere orgoglioso di questo. Mi ha risposto “è dura da digerire”. E io lo so benissimo...” La box ti ha dato tante soddisfazioni, certamente a fronte di tanti sacrifici. C’è qualcosa che ti ha pesato di più dover rinunciare?

“L’unico sacrificio è stato lasciare da parte la mia gioventù: amici, ragazze, i tornei di calcio, le feste, la mia Bagna-


cavallo. Eppure lo rifarei. Credo, però, che i sacrifici più grandi li abbia fatti mia moglie Claudia. Prima i ritiri, le gare in giro per il mondo, da dilettante e poi da professionista con tutte le tensioni che comporta. Ora la lontananza da casa come allenatore. A lei devo molto e le sono grato”. Come ti definiresti come allenatore?

Damiani ieri e oggi: in alto un incontro di boxe disputato con la maglia Ena-Lugo, sotto due momenti di Damiani in veste di direttore tecnico delle nazionali. Nella pagina a fianco, assieme a Bergamasco e al pugile Picardi.

“Sono molto esigente con i ragazzi. Però mi metto a loro disposizione e da buon romagnolo gioviale cerco di sdrammatizzare i momenti di tensione. Condivido con loro anche alcuni momenti di relax, giocando a carte o a calcio. Del resto ricordo come ero io alla loro età. Non molto diligente, fumavo, facevo tardi. Poi in nazionale ho dato fiducia a chi credeva in me e sono cambiato. Alcuni giovani arrivano e pensano di essere invincibili, qui trovano una guida, lavoro duro e la possibilità di dimostrare le proprie capacità”.

Fuori dalla boxe cosa ti piace fare? Come trascorri il tempo libero?

“Prima di tutto amo andare a funghi. Mio padre mi ha insegnato cinque tipi di funghi: porcini, prataioli, chiodini, ovoli e trombette di morto, e quelli raccolgo. Li mangio anche. Poi mi piace la pesca e la caccia anche se ormai non ci vado quasi più. Adoro stare all’aria aperta e passeggiare su per le montagne”. Hai viaggiato e viaggi molto. Quando torni in Romagna cosa apprezzi di più?

“Quando torno chiamo subito mia mamma. Le chiedo di farmi tagliatelle o cappelletti. Mi piace incontrare gli amici al bar. E poi sai una cosa? L’ultima volta sono stato fuori due mesi tra America e Cina, quando sono venuto a Bagnacavallo, sceso dall’auto, ho pensato: “Finalmente un po’ d’aria buona”. Sì, il mio paese mi rigenera. Mi dà tranquillità”. IN

Era la boxe, la “nobile arte” raccontata in un libro Quattro storie vissute sul ring, racchiuse tra la fine anni ’30 e il Dopoguerra. A raccontarle è Flavio Dell’Amore nel suo libro “Era la boxe” (edizioni In Magazine), piccolo volume dedicato alla “nobile arte” e ai suoi personaggi, raccontati attraverso episodi veri raccolti dal giornalista sportivo forlivese. Storie di combattimenti nello sport e nella vita nelle quali tutti possono identificarsi, anche chi di pugilato sa poco o niente, in cui i ricordi si mescolano alla malinconia. “Le storie vere – scrive Francesco Damiani, autore della prefazione al libro – esaltano lo sport, e in particolare il pugilato. Flavio ne ha raccolte alcune, nelle quali ho riscoperto similitudini con momenti della mia vita”.

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Dieci domande: raffica di colpi per aggiudicarsi il titolo di allenatore più simpatico. I piatti preferiti. Cappelletti, tagliatelle come detto, ma

anche i ravioli ai funghi, quelli raccolti da me o da mia sorella Franca, esperta anche lei. La città che preferisci. Assisi, Perugina, Spello, Todi, Gubbio come tutta l’Umbria, mi piacciono molto. Sarà che qui ho iniziato la mia carriera e vi ho trascorso molti anni della mia vita. È un po’ la mia seconda casa. Qui, poi, si mangia da paura. Per fortuna che ancora faccio allenamento con i ragazzi, altrimenti... La persona più importante? Mia moglie Claudia. Il cantante preferito? Baglioni, Vasco Rossi. In Tv cosa guardi? Film d’azione o di fantascienza. Quali altri sport ti piacciono? Sono patito per l’atletica leggera, ma mi piacciono anche il basket, la pallavolo, lo sci, il calcio. Lo sport mi piace tutto. Cosa leggi? Libri storici, sulle guerre. Mia moglie ogni tanto mi passa i best seller americani, ma in quegli intrighi tipo “Codice da Vinci” mi perdo. Poi leggo molto libri sul pugilato. Il pugile che più ti ha affascinato? Cassius Clay, elegante, carismatico. È stato per tanti un mito da seguire. La vacanza preferita? In Sicilia. Ho una casa là. Un telo, la spiaggia, il mare e un bagno al tramonto. Davvero spettacolare. Quando sarà il momento mi ci trasferirò per alcuni mesi all’anno.

LE NOSTRE SPECIALITà Cucina del territorio rivisitata Specialità di carne e pesce Pane fatto in casa Preparazione a base di foie gras e tartufi in stagione Formaggi d’alpeggio con mostarde e confetture Ampia selezione di vini nazionali

Aperto a pranzo per colazioni di lavoro. Ideale la sera, per cene intime, in una romantica atmosfera

Degli oggetti legati alla tua carriera qual è quello a cui sei più legato? Non ne ho. Anzi sì, uno. Il maglione che mia moglie ad ogni ritiro iniziava a sferruzzare. Era un po’ come una tela di Penelope, non riusciva mai a finirlo. Ce l’ho ancora dal 1981, con quelle maniche un po’ lunghe e con qualche imperfezione. A casa di mia mamma ho tutti i trofei e le coppe. Ognuno di loro mi riporta alla mente tanti episodi, ma quel maglione bellissimo è proprio speciale!

S. Michele - Ravenna Via Faentina, 275 - Tel./Fax 0544 414312 giovedì chiuso


Organizzare | Giuliano Casalini

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Il manager della

Musica

testo Tiziano Zaccaria - foto Massimo Fiorentini

Un grande festival di Castrocaro, con quattro serate su Rai Uno e un tour sulle piazze italiane. È la formula del faentino Giuliano Casalini, imprenditore dello spettacolo, per trasformare lo storico concorso nel programma musicale più importante dell’estate.

Eros Ramazzotti, Zucchero Fornaciari, Luca Barbarossa. Sono alcuni tra i “big” della musica leggera italiana che, negli anni Ottanta, spiccarono il volo dal Festival di Castrocaro. Andando all’indietro nel tempo, il concorso di Voci Nuove servì da trampolino di lancio anche per Gigliola Cinquetti, Paolo Mengoli, Carla Bissi (Alice) ed altri protagonisti degli anni Sessanta e Settanta. Insomma, il Festival di Castrocaro è stato a lungo una vera e propria fucina di talenti musicali, grazie alla spinta del primo patron, Gianni Ravera. Tre anni fa il faentino Giuliano Casalini, di professione “imprenditore dello spettacolo”, ha raccolto il testimone del festival, chiamato dal Comune di Castrocaro-Terra del Sole. Dopo tre anni di gestione, durante i quali ha curato un primo restyling della kermesse canora, ha ora pronto un piano di

definitivo rilancio, avviato con un contratto triennale sottoscritto recentemente con Rai Uno. Gli ottimi dati d’ascolto registrati lo scorso anno (punte di 3 milioni e 200mila spettatori, tanti per un venerdì di luglio, con un picco di share del 22%) hanno convinto i dirigenti di viale Mazzini a dar fiducia al manager romagnolo. Ed ecco maturata una nuova formula: “Una sola puntata non era sostenibile. Perciò - spiega Casalini - sono riuscito a strappare tre “anteprime” da 50 minuti l’una, curate da due autori storici della Rai come Luca Parenti e Andrea Lo Vecchio. Quest’anno le tre puntate andranno in onda attorno alle 22,30 del 12, 13 e 14 luglio. E la finale sarà venerdì 15, come sempre in diretta, in prima serata, dalla piazza di Castrocaro”. Il contratto Rai, spazi per quattro giorni consecutivi. Questo “avvici-

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Chi è Giuliano Casalini Nato a Faenza il 15 febbraio 1960, Giuliano Casalini è da sempre un grande appassionato di musica. Nella seconda metà degli anni Settanta inizia come dj in vari locali romagnoli, Piteco, Baccara, Piro Piro, Geo Club. Organizza le prime grandi feste serali, mentre di giorno lavora come perito tecnico nell’azienda Altini di Granarolo Faentino. Nel 1986 passa al “professionismo”, fondando una sua società di servizi per lo spettacolo. Negli anni Novanta si occupa degli speciali di Radio DJ ed Italia 1 all’Aquafan di Riccione, collaborando con Fiorello, Jovanotti, Linus ed altri. Organizza anche convention e sfilate di moda, occupandosi dei servizi tecnici di numerosi programmi televisivi tra cui “Bellissima”, “Azzurro” e “Donna sotto le stelle” di Canale 5, per qualche anno anche del Festivalbar. Dal 1992 è responsabile degli allestimenti tecnici delle “Partite del cuore” della Nazionale Cantanti e della Nazionale Piloti. Dal 2008 cura, quasi a tempo pieno, l’organizzazione del Festival di Castrocaro.

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na” il Festival di Castrocaro a quel-

di fronte alla Tv nazionale”.

lo di Sanremo...

Il Festival ha la sua finale a metà

“Il concorso castrocarese diventerà il programma musicale più importante dell’estate. Ma non diventeremo un talent show o un reality ad uso e consumo della televisione. Non mi piacciono i programmi come X Factor o Amici: ritengo siano costruiti soprattutto per esibire le celebrità che si ergono a giudicanti. Castrocaro, al contrario, dall’alto dei suoi 54 anni di storia è e resterà una vetrina di voci e volti nuovi. E in finale i dieci ragazzi selezionati presenteranno anche un loro brano inedito, oltre ad una cover. È un successo aver convinto la Rai, sempre restìa a questa soluzione perché il passaggio di una canzone sconosciuta al grande pubblico rischia di abbassare audience e share. Ma gli ottimi dati d’ascolto della scorsa edizione ci sorreggono, rendendoci credibili

luglio, ma parte molto prima.

“La prima fase si svolge tra aprile e maggio, con le audizioni nel Padiglione delle Terme di Castrocaro per circa trecento iscritti, con la consulenza artistica di grandi autori italiani come Fio Zanotti e Maurizio Fabrizio, che hanno scritto brani, fra gli altri, per Adriano Celentano, Mina, Anna Oxa e Zucchero. Terminate le audizioni selezioneremo i 120 giovani migliori, che verranno poi suddivisi fra le dieci tappe del Castrocaro Contest, tour che comprendere alcune fra le più belle piazze italiane. In ognuna delle date del Contest si sfideranno dodici giovani, il vincitore verrà ammesso alla finale. Col supporto delle case discografiche italiane, inoltre, durante i Contest si esibiranno anche cantanti già affermati, in virtù di un accordo con



Giuliano Casalini nel suo studio.

l’Associazione Fonografi Italiani. Le registrazioni televisive effettuate durante le dieci tappe serviranno a Rai Uno per produrre le tre puntate da mandare in onda il 12, 13 e 14 luglio, nella trasmissione “Obiettivo Castrocaro”. E il 15 la finale da Castrocaro andrà in diretta, con Fabrizio Frizzi confermato alla conduzione, dopo la positiva esperienza dello scorso anno”. Ma a conti fatti, il vincitore di Castrocaro che concrete prospettive di carriera ha?

“Al vincitore del Festival verrà data la possibilità di realizzare un suo disco con sei pezzi musicali, oltre al doppio album con 24 canzoni (12 inediti e 12 cover) realizzato dai finalisti del concorso. Assicuriamo, inoltre, un passaggio televisivo assolutamente di primo piano se consideriamo che solo la finale è vista da tre milioni di persone e da tutti i discografici italiani. Non bisogna però pensare a Castrocaro come ad uno dei tanti contest show televisivi che creano personaggi artificiosi, che poi ovviamente durano per una stagione o poco più. Crediamo fortemente nel fatto che bisogna tornare a fare musica nelle piazze, a

mettersi alla prova con un pubblico vero, a cantare senza il condizionamento di una produzione televisiva alle spalle, ecco perché abbiamo ideato Castrocaro Contest. Ma niente paura: questi ragazzi, prima di essere buttati su un palco, verranno ascoltati, selezionati e soprattutto formati. A questo scopo è stata creata l’Academy, un’accademia di formazione che mette a disposizione dei giovani talenti un team artistico composto da alcuni dei più grandi nomi della discografia italiana, con il compito di orientare i ragazzi nel ambiente discografico, di perfezionare la loro presenza scenica e far emergere il loro potenziale creativo. Il progetto vede coinvolti tutti i cantanti selezionati durante le audizioni per la fase del Contest Tour”. Cosa consiglia, allora, ad un giovane che pensa di avere talento per provare a sfondare? “Studiare, evi-

tare di sclerotizzarsi su un unico modello di insegnamento, trovare il proprio stile, perché i cloni non funzionano mai. E soprattutto fare tantissima gavetta con esibizioni live: sono quelle che ti danno la possibilità di farti le ossa, e di capire se piaci al pubblico o meno”. IN

Castrocaro Friends Tra le invenzioni di Giuliano Casalini c’è “Castrocaro Friends”, formula che consente di stringere accordi di collaborazione con altri concorsi e festival. L’accordo prevede l’accesso gratuito e diretto al Castrocaro Contest del primo classificato del concorso convenzionato; l’ammissione gratuita alle audizioni di Castrocaro del secondo e terzo classificato del concorso; la presenza, in qualità di giurati, di uno o più responsabili organizzativi del Festival di Castrocaro alla finale del concorso. In buona sostanza, il Festival di patron Casalini si pone come “pianeta” attorno al quale far girare una serie di “satelliti” musicali. La formula ha preso subito piede ed i Festival che hanno stretto convenzioni con Castrocaro 2011 sono già numerosi: Castel Monardo Music Festival, Contursi Festival, Festival Una voce in Campania, Festival Castro... canta, Musica è, Festival Pino Piraino, Percoto Canta, Voci Nuove Terme Sant’Andrea Bagni, Festival Canoro di Pontegrande - Catanzaro, Festival artistico città di Apricena, Besana Festival, Festival Canoro Il Pavone, Cantascandale, Il mio canto libero - Petronà Festival, Granarolo pop, Festival Gallo d’Oro, Festival Io canto... e tu?, Solarolo Festival, Festival Astro d’Argento, Festival San Giovanni Teatino.

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P.zza Baracca, 30 - Ravenna - Tel. 0544 216259


Inventare | Vittorio Bulgarelli

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Il mosaico

del nuovo

Millennio

testo Roberta Bezzi - foto Massimo Fiorentini

Ceramista e docente d’arte Vittorio Bulgarelli è il fondatore di Ravennae, azienda di Sant’Alberto che produce e commercializza materiali musivi con brevetti originali. Ori e smalti che dalla Romagna arrivano oggi in tutto il mondo, dalla Nasa a Gerusalemme, da Orlando a Marrakesch.

Dalla ceramica artistica al mosaico, dalla creatività tipicamente ravennate alle commesse in tutto il mondo. Potrebbe sintetizzarsi così il percorso professionale di Vittorio Bulgarelli, noto per più di trent’anni come ceramista e docente di diverse discipline artistiche, tra cui Tecnologia della ceramica, approdato ora al mosaico grazie ad una importante iniziativa imprenditoriale: Ravennae, l’azienda fondata a Sant’Alberto nel 2002 che commercializza materiali musivi (ori e smalti), prodotti con metodi alternativi ai tradizionali, di cui vanta brevetti originali. Tra le opere realizzate con le tessere da mosaico di questa ditta ravennate meritano di essere citati il

Come è riuscito ad aggiudicarsi

azienda era inoltre in grado di soddisfare i requisiti ecologici imposti dalla Disney per quanto riguarda i metodi di produzione. Fondamentale il fatto, poi, che ricercassero l’antica tecnica bizantina. È stato un lavoro emozionante e di grande precisione: ogni singolo dettaglio è stato visionato dai responsabili dei vari reparti”.

questo appalto?

Come si è sviluppata la sua passio-

“I materiali vetrosi di nostra produzione – spiega Bulgarelli - sono stati gli unici in grado di soddisfare le richieste della Pixar, la società che realizza le animazioni digitali Disney, per le navi gemelle Dream

ne per le arti e per la ricerca?

ché delle loro abitazioni private, il rivestimento della grande piscina dell’hotel Mamounia di Marrakesch in Marocco. Il suo ultimo lavoro im-

portante riguarda i quattro mosaici pittorici per le navi da crociera della Disney Cruise Line, la compagnia navale legata al colosso dei film di animazione.

dicati al film “Alla ricerca di Nemo”

“Il mio primo interesse artistico è stato verso la ceramica, con la creazione di pezzi unici o piccole serie in collaborazione con grandi designer. Ho fatto un centinaio di mostre dalla fine degli anni Sessanta e, per molti anni, ho lavorato

serviva una gamma di almeno 300

come docente di tecnologie cerami-

e Fantasy. Per i quattro pannelli de-

salone centrale dell’agenzia spa-

tinte. Noi abbiamo usato smalti di

che e materie artistiche in diversi

ziale americana Nasa, il restauro e

450 colori diversi. Molti dei colori

rifacimento parziale della navata ortodossa nella Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme, i camminamenti e le decorazioni parietali dell’aeroporto di Orlando in Florida, il rivestimento completo e la pavimentazioni della villa a Portofino degli stilisti Dolce e Gabbana, non-

richiesti, per esempio diverse tonalità di indaco e magenta, non si trovano sul mercato. Altre due condizioni erano la conservazione nel tempo del colore, caratteristica che i vetri di Murano non hanno, e una superficie completamente liscia, a prova di bambino. La mia

istituti, fra cui anche l’Accademia delle Belle Arti. Mi sono occupato soprattutto di formazione professionale in un momento in cui Ravenna era una punta di diamante a livello mondiale. Con l’aiuto di validi professionisti ho esplorato il mondo delle arti applicate: sono andato indietro di secoli per studiare

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A fianco, Vittorio Bulgarelli nel suo laboratorio con la moglie e due dipendenti. Sotto, il campionario dei colori e il taglio delle tessere.

le tecnologie primitive, cercando ciò che poteva servirmi. Sono rimasto affascinato dalla tecnologia del vetro, anche se la ritengo obsoleta,

perché ancorata a 500 anni fa. Da qui è partita l’idea di rinnovarla, con incroci tecnologici e artistici

per creare nuovi materiali con caratteristiche diverse ma di uguale valenza artistica, a costi diversi. I primi brevetti li ho venduti, poi ho deciso di mettermi in proprio”. Entriamo nel dettaglio dei suoi metodi produttivi: in cosa si differenziano da quelli tradizionali, e quali vantaggi offrono?

“Nel metodo classico si usa un forno a campana, realizzato in materiale refrattario. C’è un’enorme dispersione termica e la mancanza di filtri in uscita fa sì che i fumi si dirigano verso il laboratorio o l’esterno, con conseguenze molto nocive per il posto di lavoro e l’ambiente. Per cambiare colore occorre ogni volta vuotare il crogiuolo, operazione molto lenta che

Ravennae, realtà in crescita Ravennae è un’azienda in crescita, con un fatturato intorno ai 7-800 mila euro che potrebbe raddoppiare l’anno prossimo. Suo fiore all’occhiello sono gli ori e i metalli preziosi che, grazie all’altissima resistenza all’usura e agli agenti atmosferici (assicurata dal processo di termo fusione dei vetri chiari extra chiari sodico calcici) affrontano con successo installazioni altrimenti improponibili. L’azienda li garantisce sia per l’utilizzo parietale che pavimentale, in ogni condizione climatica.

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richiede vari passaggi e parecchi giorni. Con i miei macchinari, forni interamente sigillati di varie dimensioni e alimentati elettricamente, riesco invece a combinare un’ottima elasticità produttiva con il minimo impatto ambientale, visto che non uso piombo, arsenico o altri inquinanti. Facendo miscela-

si basano sempre su materie prime commerciali, ossia facilmente reperibili sul mercato e relativamente di basso costo. Il nostro punto

zioni a freddo, in poco tempo, riesco

“Mi piace scrivere di teatro e di narrativa legata al territorio, raccontando della gente di Romagna per ricordare storie e tradizioni. I miei racconti e romanzi brevi però, per ora, sono solo nel cassetto”. IN

a produrre fino a cinquanta colori in uno stesso forno. Questo significa

poter fare lavori che altri, utilizzando il metodo tradizionale, non riuscirebbero a fare. I miei brevetti

di forza è la produzione di ori e di metalli preziosi, di ben 75 tipi, oltre

a un catalogo di mille colori per gli smalti”. Cosa ama fare nel tempo libero?


PANTALONI

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Dirigere | Raffaele Babini

La carovana

rosa dei

Ciclisti

testo Michele Virgili - foto Massimo Fiorentini

Seguire ogni corsa passo a passo, prima, durante e dopo l’arrivo. È il compito del direttore di gara Raffaele Babini, ex Comandante della Polizia Municipale di Solarolo. Ora pronto per il Giro d’Italia, a Ravenna il 19 maggio.

Sul finire della stagione 2007 è entrato a far parte di Rcs, che cura tutto il settore sportivo-organizzativo de “La Gazzetta dello Sport”, in prevalenza ciclismo. Il solarolese Raffaele Babini è il direttore di tutte le gare ciclistiche organizzate da Rcs, e dal 7 al 29 maggio è alla guida del Giro d’Italia. “Prima di entrare a far parte di questo

gruppo - dice - ho preso tutte le abilitazioni regionali, nazionali e internazionali dilettantistiche. Poi, nel 1990, ho conseguito l’abilitazione per le gare professionistiche”. Ex comandante della Polizia Municipale di Solarolo, Babini è riuscito per anni a conciliare le due attività: “Quando lavoravo tutte le mie ferie le dedicavo al ci-

clismo; ora sono in pensione, da circa un anno e mezzo. Mi è servito conoscere bene le norme del Codice della Strada e di tutti gli atti amministrativi organizzativi, visto che le gare ciclistiche sono regolamentate da questo codice”. Come direttore di corsa è il responsabile della sicurezza di tutti gli atleti e dell’intera carovana: “Le

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A fianco, Babini al Giro del Trentino del 2008 con il campione iridato Paolo Bettini. Sotto, in azione alla Tirreno-Adriatico del 2009.

gare le vivi dall’interno, sei il referente dell’organizzazione generale prima, durante e nell’immediato dopo corsa. Bisogna decidere quando inserire il cambio ruota, far posizionare gli agenti della Stradale per proteggere gli atleti e il personale della scorta tecnica”. Anche un direttore di corsa può avere in simpatia uno o più atleti, senza farsi condizionare: “Devo essere sempre e totalmente imparziale. Posso dire, però, che il corridore che più mi ha impressionato per padronanza e freddezza in corsa è Contador, tra l’altro sempre disponibile a incontrare il pubblico”. Con Rcs Babini segue eventi sportivi di grande interesse nazionale e internazionale. La Milano - Sanremo, però, è per lui l’appuntamento che regala sempre sensazioni particolari. “Per le sue caratteristiche l’attenzione è tutta negli ultimi 100 chilometri. Gli atleti la vivono con

Il Giro dell’Unità d’Italia È dedicata all’Unità d’Italia la 94° edizione del Giro. Partenza dalla reggia di Venaria Reale di Torino e arrivo a Milano, in piazza Duomo. In programma ci sono una tappa a cronometro squadre, una cronoscalata, una cronometro individuale, 7 tappe per velocisti, una con strade bianche, 4 tappe di media montagna e 6 di alta montagna. La 12° tappa si conclude a Ravenna, partendo da Castelfidardo, 171 chilometri prima. I ciclisti provenienti dall’Adriatica si dirigeranno verso Punta Marina e Marina di Ravenna su un tratto del litorale per dirigersi poi, attraverso via Trieste, in via di Roma, stesso arrivo di sei anni fa. www.gazzetta.it

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tensione: non si può pronosticare il vincitore, perché ha peculiarità che impediscono al corridore di potersi distrarre anche per un attimo. È una gara con qualcosa di magico, adrenalinica”. E ci sono stati anche episodi comici in tanti anni al seguito del ciclismo nazionale: “Al Giro del Trentino, ad esempio, - ricorda Babini - giunti in località Fondo, sopra Cles, un addetto al servizio convogliò la testa della corsa in una direzione non giusta, mentre il gruppo veniva dirottato nel percorso stabilito. Per risolvere la situazione neutralizzai il vantaggio dei primi rispetto al gruppo...”. Ed ora l’appuntamento con il Giro d’Italia, che il 19 maggio fa tappa a Ravenna. “Un evento importante

per la città - conclude. Il Giro ha una forte potenzialità mediatica, seguito da 150 paesi attraverso le Tv americane, australiane ed europee”. IN


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Innovare | Antonella Cimatti

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Scolpire

Ricamando testo Aldo Savini - foto Lidia Bagnara

Geroglifici e arabeschi finemente traforati caratterizzano l’opera della ceramista faentina Antonella Cimatti. Capace di dar vita ad opere intriganti e raffinate, con la sua porcellana paperclay.

Nella variegata galassia della ceramica contemporanea Antonella Cimatti si distingue per la sperimentazione di soluzioni originali e innovative, anche se non rinnega

la tradizione faentina, soprattutto quella rinascimentale dei bianchi in stile compendiario. La tensione creativa che stimola la sua ricerca progettuale si avvale degli apporti formali e delle tecniche tradizionali della cultura ceramica, riaggiornati in un’ottica estetica che sul piano funzionale, pur mantenendo la componente artigianale e quindi l’esclusività dell’oggetto, sconfina nel design e nell’arredamento d’interni e, su quello artistico, nell’installazione e nella ridefinizione degli spazi. Il materiale ceramico delle sue creazioni è la porcellana paperclay,

pasta miscelata a fibra di cellulosa che consente sia maggiore duttilità e resistenza in fase di lavorazione, sia la realizzazione di oggetti dalle forme libere e imprevedibili: geroglifici e arabeschi finemente trafo-

rati che potrebbero essere il lavoro di una ricamatrice, in cui l’elemento decorativo non è pittorico ma è dato dalle struttura formale che insiste sul rapporto tra il pieno quasi filiforme e il vuoto che affiora. Per la preparazione del paperclay occorrono argilla da colaggio in polvere, carta e acqua. Il procedimento

è relativamente semplice: s’inizia bagnando con poca acqua calda la carta fino ad ottenere una poltiglia, si versa l’argilla da colaggio in polvere e si aggiunge altra acqua calda, mescolando bene fino a ottenere una pasta densa e omogenea. A questo punto si può passare alla foggiatura, utilizzando una forma in refrattario ingobbiato sulla quale l’oggetto modellato sarà posto durante l’essicamento e la cottura a 1250°; con una siringa o altro strumento si può dare forma a un intreccio che costituisce la trama delle finissime textures decorative di superficie. Con questo materiale Antonella Cimatti realizza le “crespine”,

vere e proprie sculture ricamate

che, sottraendosi a qualsiasi intento rappresentativo, rinviano a flussi emotivi personali e per la loro raffinatezza, la grazia e l’essenzialità, accentuate dal bianco, colore assoluto che sintetizza tutti le tinte della luce naturale, richiamano i valori della classicità. Recupera anche la luce artificiale della corrente elettrica ordinaria, per sfruttare il gioco e gli equivoci percettivi delle ombre, sia quella delle fibre ottiche, per sospendere nel vuoto luminoso e avvolgente piccole rose di porcellana e produrre così sorprendenti e intriganti effetti visivi, che conferiscono leggerezza e trasparenza a un materiale per sua natura non legato a queste proprietà. L’itinerario artistico di Cimatti inizia nella prima metà degli anni ’80, quando intraprende un’attività di progettazione e design con importanti aziende come la Cooperativa Ceramica d’Imola, la Ceramica Flavia di Montelupo Fiorentino,

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A fianco, alcune originali creazioni. Sotto, l’artista nel suo studio.

na di essere “contenitore”. I pezzi esclusivi della serie Sinus Fluen-

tes, però, più che essere destinati a contenere cose e oggetti occasionali ed estranei, trattengono emozioni e sensazioni visive suggerite dai

Dall’atelier faentino al mondo Antonella Cimatti è nata a Faenza dove vive e lavora, nell’atelier di via Garibaldi 16. Allieva di Carlo Zauli, Bianco Ghini, Alfonso Leoni, Augusto Betti e Aldo Rontini all’Istituto Statale d’Arte per la Ceramica di Faenza, ha conseguito il diploma all’Accademia di Belle Arti di Bologna, partecipando poi a stage di perfezionamento all’estero, a Toki-Gifu in Giappone nel 1981, a Limoges in Francia nell’85, a Portsmouth in Gran Bretagna nel 1988. Presente a mostre e concorsi in Italia e all’estero (Francia, Spagna, Slovenia, Russia Sud Corea, Stati Uniti, Australia, Cina), ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti e premi, tra cui il Silver Prize “The 4th World Ceramic Biennale 2007 Korea International Competition”. Dal ’79 insegna Progettazione all’Istituto Statale d’Arte per la Ceramica, ora Liceo “Ballardini” di Faenza, ed è membro del World Crafts Council-Europe.

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alcune manifatture di Murano ed Empoli e, successivamente, l’antica e famosa Fabbrica Casa Museo “Giuseppe Mazzotti 1903” di Albisola Marina, oltre a note botteghe di Faenza. Insieme alla ceramista faentina Laura Silvagni, che lavora “all’antica maniera”, studia forme e decorazioni nuove per una produzione ceramica d’alto artigianato, ancora strettamente legata a modelli di tipo tradizionale, soprattutto per quell’aspetto essenziale della ceramica faenti-

colori accesi dei decori, ispirati ai drappeggi di stoffe pregiate i cui vorticosi avvolgimenti e le morbide volute sanno creare un movimento plastico, corposo e sensuale. Così, al di là delle abilità tecniche, sia nelle crespine che nei sinus fluentes, la Cimatti tende costantemente a un alto livello di sintesi e astrazione in sintonia con quella tendenza dell’arte contemporanea, che al

racconto e all’illustrazione antepone il puro visibilismo evocativo. Non esclude, inoltre, il ricorso ad altre stimolazioni sensoriali, alla musica, alla danza e, in particolare, al video, come quello realizzato da Carlo Conti e sperimentato nella recente personale alla Riunione Cattolica “Torricelli” di Faenza. IN


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Scrivere | Franco Costantini

L’enigma del

Poeta

testo Anna De Lutiis - foto Massimo Fiorentini

Cantore di versi impeccabili, nati spesso per caso, Franco Costantini riassume in sé l’abilità degli antichi aedi. Cimentandosi anche sul palcoscenico come lettore e attore, con improvvisazioni a ritmo di jazz.

Giornalista, enigmista, attore, poeta, esperto di metrica. Certamente non è facile definirlo, così come egli stesso non ama definirsi. Da dove cominciare? Franco Costantini sorride e ammette di sentirsi prima di tutto poeta. Ma forse meglio riesce a cogliere l’essenza della sua personalità Valerio Massimo Manfredi, che scrive: “... In lui rivive l’antica, spontanea abilità dei cantori orali, capaci di migliaia di versi impeccabili semplicemente battendone il ritmo con il piede...”. Guardandolo con attenzione ci si accorge che il suo corpo dinoccolato partecipa e

sottolinea il suo parlare, la sua voce è profonda e sensuale, viene subito da paragonarla a quella di Carmelo Bene. Nato a Roma, attualmente vive a Ravenna. Franco, ti dispiace essere paragonato al grande Carmelo Bene?

“Assolutamente no, anche perché è nel mio cuore... e nelle mie corde”. Come e quando inizia il tuo interesse per la poesia?

“Frequentavo il Liceo e odiavo la poesia. In seguito ho studiato Giurisprudenza (pur sapendo che non avrei mai esercitato la professione), solo per aver coscienza dei reati

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Come attore Franco ha interpretato piccole parti in Tv, mentre come lettore e come autore partecipa da anni a RavennaPoesia e si è esibito, sempre nell’ambito del teatro di poesia, su moltissimi palcoscenici italiani. Chi ha scoperto le tue qualità di grande lettore?

che avrei commesso... Scherzi a parte, ero interessato alla materia per motivi politici... Ero un ribelle, e lo sono ancora; mi interessava conoscere le leggi sulle quali si regge lo Stato”. Sì, ma la poesia è venuta dopo...

“Al Classico era materia di studio anche se inizialmente preferivo la prosa. Comunque un giorno è successa una cosa particolare, per cui la mia prima volta è stata... “poesia etilica”. Dovetti sostituire un poeta

in un locale: niente soldi ma solo birra a volontà. Nessuno si accorse che avevo davanti un testo di prosa che trasformavo all’impronta recitandolo in versi. Quella è stata la prima di una lunga serie di letture e recitazioni”.

“E’ stata Giovanna Maioli, che mi ascoltò in quella circostanza e mi disse: “Stendiamo un velo pietoso su quanto hai letto ma mi piace molto come leggi”. Così entrai a far parte della ‘famiglia’ di RavennaPoesia, e ora sono anche nel CdA”.

cui monologhi di prosa vengono intervallati da brani poetici. Il testo, del mio amico Paolo Pingani si intitola “Storia di Uno”. Penso che debutteremo a settembre, prima a Ravenna e poi a Longiano”. Pur restando nel campo della poesia Franco Costantini ne sperimenta ogni aspetto, orale e scritto. Viene quindi spontaneo chiedergli quando e dove crea poesie. “Ovunque e in ogni momento perché la poesia nasce spontanea, anche se poi ha bisogno di limature meditate... Mi è capitato di appuntarmi un distico persino durante una lite!”.

Com’è la vita di un artista?

E la musica? Ti piace associarla alle

“A dire il vero io ho anche lavorato... Ad esempio ho fatto il giornalista, il copywriter e persino il venditore porta a porta... ma il filo conduttore della mia vita è sempre stato la poesia”.

tue letture?

Hai fatto anche teatro?

“Poca cosa, perché l’emozione che mi dà la poesia è unica. Ho fatto un corto per la televisione che è andato su Tv regionali e anche su Rai Tre. Ho lavorato a teatro con Marescotti e anche quest’anno ritornerò, seppure in forma ibrida, al teatro; sto preparando con la regia di Gianfranco Tondini uno spettacolo in

“Capita di vedere spettacoli in Tv in cui la poesia è declamata con un accompagnamento di musica melensa: odio quel tipo di sovrapposizione, in cui le note soffocano il ritmo e l’impasto sonoro dei versi. Nei miei recital faccio largo uso di musica ma utilizzo soprattutto jazzisti, abituati al dialogo e all’improvvisazione creativa”. Sono molti i progetti ai quali Franco sta lavorando, anche proiettati nella prossima estate. Come molti artisti, però, preferisce non parlarne. Per scaramanzia. IN

Chi è Franco Costantini Dal 2004 Franco Costantini cura, per conto del Comune di Ravenna, uno spazio dedicato alla poesia nell’ambito della manifestazione “Ravenna Bella di Sera” dal titolo “O Musa Musiva”, nella piazzetta che ha alle spalle la più bella basilica di Ravenna, quella di San Vitale. Nel 1997 ha pubblicato il poema eroicomico “Cavallegoria”; nel 2009 è stato stampato “Thaleronèide”, con una brillante prefazione dello scrittore Valerio Massimo Manfredi e illustrazioni di Mirko Dadich. Con Manfredi ha anche recitato al Museo Nazionale di Roma, assieme a Nancy Brilli; e sempre in coppia con Manfredi si esibirà a Modena, la prossima estate, in tre serate dedicate all’Odissea tra mito e storia. Altra importante collaborazione è quella fatta con Rossana Casale e la Lydian Sound Orchestra di Riccardo Brazzale: uno spettacolo di jazz e letteratura ospitato nella rassegna “Crossroads”. Ultimamente ha inciso, insieme a M. Giovanna Maioli, l’audiolibro “Dannunziana”, un Gabriele D’Annunzio totalmente immerso nei tempi e negli spazi del mondo naturale, con musica di Giancarlo Di Maria.

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Animare | Christopher Angiolini

Catalizzatore di

Eventi

testo Federica Ferruzzi - foto Massimo Fiorentini

Anima della Bronson Produzioni, Christopher Angiolini è un riferimento per la musica contemporanea a livello internazionale. Da due anni, insieme al direttore artistico Franco Masotti, cura anche la rassegna Weird Tales, finestra del Ravenna Festival sulle nuove tendenze.

Quando anche gli agenti musicali inglesi, i più difficili da accontentare, chiedono espressamente per i loro clienti il palco dell’Hana-Bi, allora non c’è davvero più nulla da aggiungere. In otto anni la qualità dei concerti di questo stabilimento balneare di Marina di Ravenna ha valicato i confini arrivando in Giappone, divenendo un faro per la scena indipendente italiana ed estera. Al punto che anche il Ravenna Festival ha scelto di affidare a Christopher Angiolini, anima del progetto Bronson Produzioni, la gestione della rassegna Weird Tails, finestra sulla musica contemporanea. In poco più di un lustro Angio-

lini - al secolo Emanuele ma noto a tutti come Christopher, eredità

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di un passato da musicista - ha costruito un’importante realtà musicale, capace di attirare l’attenzione di prestigiose riviste specializzate e di “mostri” sacri che spesso hanno scelto la sua location per date uniche di tour europei. Oltre a quello in spiaggia Christopher gestisce un club anche a Madonna dell’Albero - il Bronson -

che gli permette di dare continuità al suo progetto per tutto l’arco dell’anno. Tante le conferme della lungimiranza di questo trentottenne romagnolo cresciuto a pane e post punk, come ha dimostrato, nel 2005, l’esibizione dei National - formazione diventata famosa in America per aver sostenuto la campagna di Obama - o come è avve-

nuto per i Gossip, che hanno scelto di affidare all’Hana-Bi il loro primo concerto italiano. Una capacità che non è passata inosservata agli organizzatori della rassegna Strade Blu, con cui sono nate significative collaborazioni, richiesta anche da realtà quali Socìetas Raffaello Sanzio e Ravenna Teatro, con performance all’interno di Mantica e Nobodaddy. Da due anni al già ricco curriculum del locale (che annovera anche la rassegna “Transmissions”, realizzata in collaborazione col Comune di Ravenna), si sono aggiunti progetti con Santarcangelo dei Teatri e, appunto, il Ravenna Festival. Ma com’è nata l’avventura di Angiolini? “Ho iniziato con un’etichetta discografica, la Boundless records,


seguendo la filosofia del ‘Do it yourself’, che a fine anni ‘80 cominciava ad arrivare da oltre oceano. Mi sono sempre occupato di musica suonando e facendo il dj in diversi locali. Questo mi ha dato l’opportunità di stringere rapporti in l’Italia ed Europa e di crescere nel campo dell’organizzazione di eventi. Ho poi sviluppato un interesse per i generi di nicchia: l’indie, il folk e le avanguardie, coniugando questa passione con lo scenario della spiaggia. Il risultato è stato un progetto inedito a livello mondiale”. Anche quest’anno le date in programma per il Festival, frutto di un’intensa collaborazione con Franco Masotti, saranno quattro, ospitate nella cornice della Rocca Brancaleone. Si comincia il 27 giugno con Olafur Arnalds, ventiquattrenne pianista islandese della nuova generazione che mescola la musica classica all’indie, sulla scia di Sigur Rós e Mùm. Il 29 giugno sarà invece la volta del Moritz Von Oswald Trio, uno dei nomi più celebrati per l’elettronica sperimentale. Domenica 3 luglio si terrà l’unica data europea estiva di Blixa Bargdel e Alva Noto, originale duo che presenterà manipolazioni vocali abbinate a suoni stratificati e complessi. “Weird Tales” si concluderà il 4 luglio con un primo progetto di co-produzione realizzato in esclusiva per il Festival dal video artista Yuri Ancarani - che esporrà il progetto Bora - e dal chitarrista americano Stephen O’Malley, riferimento mondiale in materia di avanguardie. Le quattro date saranno complementari agli eventi estivi dell’Hana-Bi, che negli anni passati ha ospitato anche incontri con protagonisti del calibro di Gianni Mura, Antonio Padellaro e Carlo Lucarelli. Anche per questa stagione sono in serbo personaggi che difficilmente si potranno incontrare se non passando dalla spiaggia di Marina di Ravenna. IN

Dove cucina e tradizione, design e accoglienza si fondono in una gustosa alchimia.

Chi è Bronson Produzioni Nasce a Ravenna nel 2004, occupandosi della gestione di spazi e dell’organizzazione di eventi. I suoi campi sono folk, indie, elettronica, post punk, arte e percorsi controcorrente. Propone sul territorio iniziative, rassegne musicali ed eventi culturali di alto profilo, rivolti a un pubblico interessato alla sperimentazione e alla contemporaneità. I locali sono il Bronson, club di Madonna dell’Albero che ospita concerti di artisti internazionali e dj set, l’Hana-Bi, stabilimento balneare a Marina di Ravenna, e il Fargo, locale in centro storico a Ravenna, segnalato anche dalla guida del Gambero Rosso Bar d’Italia 2011. www.bronsonproduzioni.com

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Ricordare | S. Maria in Porto Fuori

Il miracolo del santuario sulla

Spiaggia

testo Andrea Casadio - foto Massimo Fiorentini

Novecento anni si riverberano nella chiesa di Santa Maria in Porto Fuori, edificio che raccoglie la memoria di una delle più suggestive vicende della storia ravennate.

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I viaggiatori motorizzati del XXI secolo, sfrecciando sulla Classicana verso le luci del porto o le lusinghe balneari, dedicano non più che uno sguardo alla mole rosseggiante della chiesa di fronte a loro nei pressi di Porto Fuori. Senza dubbio ben pochi dei forestieri e anche molti ravennati, per i quali il suo nome è noto nell’hinterland cittadino, sono consapevoli del suo

valore storico e culturale. L’aspetto stesso della chiesa, del resto, nella forma banalmente corretta della ricostruzione postbellica, difficilmente può suggerirlo. Eppure, quest’angolo di pianura e l’edificio che vi sorge sono la memoria di una delle vicende più suggestive della storia ravennate.

Una vicenda che inizia oltre novecento anni fa, tramandata nei trat-


ti di una narrazione leggendaria. Vuole la tradizione che nell’anno 1096 un pellegrino ravennate di ritorno dalla Terrasanta di nome Pietro (secondo alcuni della nobile famiglia degli Onesti, ma più noto come Pietro “Peccatore”), sorpreso da una tempesta, vi scampasse grazie a un voto fatto alla Vergi-

dalla storiografia e dalla devozione dei ravennati. Se l’analisi critica moderna è ovviamente restia ad accogliere il racconto nei suoi elementi letterali, ci sono però alcuni aspetti della vicenda storicamente incontrovertibili, a partire dalla

stessa figura di Pietro e dal suo legame con S. Maria in Porto Fuori.

comunità di religiosi, esisteva perlomeno dal 1062, ed è quindi possibile che debba essere riconosciuta nella cappella le cui fondamenta sono state ritrovate sotto il pavimento della chiesa attuale. Comunque stiano le cose, è un fatto assodato che a partire dal 1100 la devozione verso la Madonna Greca conobbe un’eccezionale fioritura,

Il miracolo della Madonna Greca

portando il santuario portuense al centro di un vivissimo culto plurisecolare. Meta dell’afflusso di pellegrini da

ne. Giunto a terra, si fermò presso una piccola comunità di religiosi che risiedevano sulla riva del mare, non lontano dal porto, nella chiesetta di S. Maria in Fossula. Di questo gruppo di sette monaci Pietro divenne la guida, ordinandoli secondo la regola di S. Agostino come canonici regolari, e iniziò a costruire un nuovo edificio in ottemperanza del voto. La mattina dell’8 aprile del 1100, domenica in Albis, i sette stavano pregando di fronte all’abside della nuova chiesa, rivolta a oriente verso il mare, quando una strana luce cominciò a riverberarsi dalle finestre. Usciti sulla spiaggia, i cano-

Sappiamo per certo, infatti, che nel 1103 un chierico con questo nome era rettore della chiesa, che fondò la comunità dei Canonici Portuensi e che quando morì, nel 1119, fu sepolto in un antico sarcofago tuttora conservato nell’edificio. Anche la chiesetta di S. Maria in Fossula, e con essa la primitiva

ogni parte d’Italia e d’Europa (for-

se anche papi e imperatori) la chiesa fu effettivamente ricostruita, o almeno ampliata, all’inizio del XII secolo, come ci attesta la consacrazione celebrata nel 1131. Contemporaneamente, o qualche decennio dopo, iniziò la costruzione del campanile, dalla caratte-

nici videro con meraviglia levitare sopra i flutti un’immagine di Maria,

affiancata da due angeli che recavano due fiaccole luminosissime. Si schierarono in devota processione verso l’immagine, ma soltanto Pietro riuscì ad afferrarla e a portarla dentro la chiesa. Aveva così inizio il culto della Madonna Greca.

Fin qui la leggenda, tramandata

Sopra, la chiesa prima della distruzione.

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A fianco, l’abside dell’antica chiesa. Sotto, il bassorilievo marmoreo raffigurante la Madonna Greca. Nella pagina a fianco, i resti della chiesa dopo il bombardamento del 1944.

che, a inizio ’500, si trasferirono nel nuovo monastero costruito in città, oggi nota come la Loggetta Lombardesca. Nei decenni seguenti la costruzione del complesso abbaziale e della nuova basilica di San Maria in Porto

ristica forma a larga base e corpo superiore più sottile che si ritrova anche nello stemma (è invece una leggenda quella che vi riconosce l’antico faro del porto romano), e degli altri edifici in cui si articolò tutto il complesso: quadriportico d’ingresso, chiostro, ospizio per i pellegrini, cimitero.

procedette parallelamente all’ascesa economica che portò la canonica portuense ad acquisire un ruolo egemonico all’interno della società ravennate insieme alle abbazie di Classe, San Vitale e San Giovanni Evangelista, fino alla soppressione definitiva all’indomani dell’unità d’Italia. E la vecchia chiesa in sul lito adria-

no, che allora acquisì appunto la de-

Il periodo di più grande splendore

nominazione di Porto “Fuori” per

fu per il santuario l’inizio del Tre-

distinguerla dalla nuova basilica

cento, quando godette della pro-

dentro le mura, che destino ebbe?

tezione dei Polentani, la signoria che governava la città. A questo periodo risalgono un nuovo ampliamento, con la realizzazione di preziosi affreschi da parte di maestri di scuola giottesca riminese, e la celebre citazione di Dante, che nel canto XXI del Paradiso fa dire a San Pier Damiano che “Pietro Peccator fu nella casa / di Nostra Donna in sul lito adriano”.

Edificata letteralmente sulla sabbia della spiaggia (ancora nel ’200 le mareggiate più violente sbattevano contro le sue mura inondandone in parte gli ambienti), con il ritirarsi della linea di costa vide mutare radicalmente il quadro ambientale circostante. Dove c’era il mare, emerse una piana spoglia e paludosa, sulla quale i canonici piantumarono la propria pineta, a sua volta abbattuta dopo le confische di epoca napoleonica.

Tale felice situazione dovette mutare radicalmente nel giro di pochi decenni, se prestiamo fede allo te-

Segno pressoché unico di presenza

stimonianza con cui, nel 1391, il padre Bartolomeo di Bagnacavallo lamentava in lacrime lo stato di abbandono in cui erano caduti il cenobio e il culto della Madonna Greca. Solo dopo il 1420, quando i

umana, insieme alla vicina basilica

Canonici Lateranensi subentrarono ai Portuensi, ci fu una ripresa.

E furono proprio i Lateranensi

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di Classe, in quella landa solitaria, il santuario portuense fu per secoli uno dei siti più suggestivi del Ravennate. Scomparse gradualmente (con la parziale eccezione del chiostro) le strutture che le avevano fatto da contorno, solo nella domenica del Buon Pastore, quando

La Madonna Greca del canonico Pietro Bassorilievo marmoreo di preziosa manifattura costantinopolitana risalente all’XI secolo, rappresenta la diffusa tipologia iconologica della “Vergine orante”. Giunta probabilmente a Ravenna da Venezia, fu custodita per secoli nella chiesa di Porto Fuori, per essere poi traslata nel 1570 a S. Maria in Porto in città, dove si trova. La pia unione dei “Figlie e Figlie di Maria”, fondata per promuoverne il culto, contava nel Medioevo centinaia di migliaia di fedeli in tutta Europa. Fu rilanciato nel 1900, in occasione dell’ottavo centenario dell’arrivo in città dell’immagine sacra, solennemente incoronata in Duomo. A tutt’oggi è una delle icone più caratterizzanti la religiosità ravennate.


diventava meta di un pellegrinaggio annuale dalla città, la chiesa di Porto Fuori tornava ad accogliere per un breve momento la vita. Dopo essere stata utilizzata anche come magazzino, divenne finalmente sede di parrocchia all’inizio del secolo scorso. E fu appunto un giovane e colto parroco, quel Mario Mazzotti che sarebbe divenuto uno dei principali studiosi dei monumenti ravennati, che ne promosse i grandi restauri alla fine degli anni Trenta. Un’operazione dal risultato effimero. La mattina del 5 novembre 1944, nell’erronea convinzione che ospitasse truppe tedesche, una squadriglia di aerei alleati bombardò la chiesa, provocandone la distruzione quasi completa

(affreschi compresi) e la morte di nove dei dieci civili rifugiati alla base del campanile, fra i quali la madre dello stesso don Mazzotti. Il nuovo edificio, sorse in un contesto ambientale ormai in rapido mutamento, con la crescita a macchia d’olio della

vicina borgata e il tracciato della nuova superstrada a sfiorarne il sagrato, mentre l’orizzonte si popolava, da un lato, dei profili della zona industriale, e, dall’altro, di quelli della nuova località balneare che dalla citazione del lito adriano dantesco traeva la propria denominazione. Fu allora la presenza del successore di Mazzotti, il sacerdote-poeta Francesco Fuschini, a rinnovare in termini nuovi la fama di S. Maria in Porto Fuori: ultimo capitolo di una

storia cominciata mille anni prima, sulla spiaggia solitaria dalla quale Pietro Peccatore e i suoi sette compagni avevano elevato per la prima volta le loro lodi all’immagine della Vergine miracolosa. IN


Abitare | L’appartamento italo-argentino

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Luce, legno e

“Object trouvè” testo Linda Antonellini - foto Massimo Fiorentini

La casa dell’architetto italo-argentino Fidel Venturetti è un piccolo scrigno ricco di storie e oggetti provenienti da paesi lontani. Con vista sulla Rocca Brancaleone.

A volte basta un po’ di gusto per rendere anche un piccolo ambiente raffinato, grazie alla sapiente rivisitazione di oggetti di recupero. È questa l’interessante dimora di un architetto argentino, da 24 anni trasferito in Italia. Fidel Venturetti vive all’ultimo piano di un palazzo che gode della vista sulla Rocca Brancaleone di Ravenna. Il

suo appartamento, se pur di ridotte dimensioni, si fa espressione al contempo di stile classico e moderno che dialogano in sintonia grazie ad un filo conduttore che lega ogni singolo elemento: il colore bianco e la verticalità. Esempio di funzionale distribuzione degli spazi e dei complementi d’arredo, l’appartamento è strutturato come fosse un monolocale, ma riesce ad organizzare le destinazioni d’uso in maniera autonoma ed efficiente:

l’angolo cottura si appoggia su una parete che lo separa dal tinello; la zona notte è separata dal salotto con una pannello scorrevole, che di giorno crea un unico ambiente bagnato dalla luce delle grandi vetrate mentre la sera divide lo

spazio in due porzioni intime e accoglienti. Un corridoio lungo e stretto divide il letto dal bagno, e sulla parete dell’armadio poggia una vecchia scala a pioli adornata da una stola nepalese ricamata al telaio; un pilastro bianco trattiene una nicchia porta oggetti e dentro ad essa ampolle in vetro soffiato di murano vengono illuminate come la teca di un museo. La casa dell’architetto, essenziale e sobria nel suo “minimalismo ricercato”, trattiene al suo interno una notevole collezione di reperti archeologici e oggetti ritrovati nei cantieri o durante i viaggi in giro per il mondo. Settantacinque metri quadrati di spazio sfruttato con ordine ed eleganza, se pur nel-

la semplicità di elementi d’arredo riciclati e rivisitati. Due poltroncine in stile Luigi XV, rifatte negli anni ’40 e rifoderate poi in rafia naturale, si posizionano simmetriche a creare il salotto. Una “grande pagina” f loreale dell’artista Mariella Busi de Logu, dipinta ad acquerello su carta, rimanda agli interessi botanici

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A fianco, uno scorcio sul soggiorno. Sotto e in apertura, l’area giorno con la grande vetrata che apre la veduta sulla Rocca Brancaleone.

dell’architetto, così come la collezione di piante grasse che si affacciano sulla grande vetrata. Accanto ad esse, ordinati su un mobile Ikea, si posizionano alcuni cocci di terracotta provenienti da Ma’rib, Bosra, Caltagirone, Egitto…

Sulla testata del letto una planimetria dell’Istituto Geografico de Agostini: risalente al 1949 e ritrovata

abbandonata a fianco ad un cassonetto, è stata incorniciata dall’architetto come fosse un reperto storico della Roma Imperiale. Sempre nella capitale, infatti, ha ritrovato un manifesto in bianco e nero ora appeso alla parete, come ricordo di una giornata sulla via Appia Antica. A fianco all’essenziale letto bianco una lampada Ikea e una libreria contenente numerose monografie di architettura moderna. In soggiorno, invece, una parete a libreria contiene libri pop-up e atlanti di viaggio, mentre cd di musica classica ed un pianoforte verticale Yamaha rivelano gli interessi musicali del padrone di casa. L’ingresso direttamente sulla zona giorno apre la sua veduta all’antica Rocca, così che il gusto moderno

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dell’ambiente crei una piacevole dicotomia con lo scenario esterno. Questo contrasto permane anche nell’oggettistica: dal contemporaneo spremi agrumi di Philip Stark, ai “caratteri mobili”, lettere usate per le vecchie stampe in tipografia; dalle moderne sedie Bontempi che circondano un monolitico tavolo di Casa Italia al vecchio sgabello in ferro rosso usato un tempo nelle farmacie; poi ancora oggetti della tradizione yemenita riportanti scritte in ebraico e ceramiche di origine siriana. Interessante anche la mezzaluna islamica in rame, che in origine fungeva da coronamento per una cupola libica, ora posta su di un mobile accanto alle ceramiche siciliane di Giacomo Alessi. Originale il recupero di una gamba da tavolo in marmo nero del designer Luigi Mangiarotti (“Table”, 1971), divenuta supporto di un piano in cristallo e montanti

in ferro. Lo stesso realizzato artigianalmente dal fabbro che, sotto disegno dell’architetto, ha creato due piedistalli su cui poggiano vasi di ceramica precolombiana di origine cerimoniale provenienti dall’Argentina. Recuperati dall’intervento di restauro del palazzo Ina Casa degli anni ’30 sono invece una sedia in legno piegato a vapore stile Arne Jacobsen e un’insegna di latta smaltata gialla e blu, recante una scritta vintage come fosse una reclame pop art. Questa residenza “white & wood” è l’immagine di un architetto italoargentino che ha saputo coniugare stili diversi in un ambiente in linea con i propri interessi culturali. Ri-

velando a chi osserva che oggetti apparentemente di nessun valore, se recuperati con la capacità di vederne una “opera d’arte” e posti come “pezzi unici”, possono acquisire grande fascino ed eleganza. IN


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Creare | Aurelio Brunelli

Il forgiatore del

Ferro

testo Antonio Graziani - foto Massimo Fiorentini

La passione per la forgiatura lo ha strappato ad una carriera come medico. Senza rimpianti. Aurelio Brunelli è un fabbro che conosce la poesia del ferro e la esalta nelle sue opere. Coltivando un sogno: creare un campo di soffioni alti tre metri.

“Meglio essere un bravo fabbro piuttosto che un medico somaro”. Aurelio Brunelli non vuole essere catalogato né tra gli artigiani né tra gli artisti, semplicemente tra i forgiatori del ferro. Abbandonò gli studi alla Facoltà di medicina e chirurgia di Ferrara quando gli mancavano sei esami e la tesi per diventare medico, con una media del 27. Soffriva la vista del sangue, e aveva scoperto di possedere un’innata passione per la lavorazione del ferro. “Alla base della mia scelta c’è una grande passione per la forgiatura”, dice. Ci riceve in un capannone dove sovrano è il disordine; il metallo è sparso dovunque in tutte le forme, quelle già sagomate e quelle in attesa di un profilo. “Il ferro ha una sua poesia, una sua anima, soprattutto ha una grande forza, ed io nel plasmarlo

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gli trasmetto il mio spirito”, afferma Brunelli, che mentre parla va progressivamente esaltandosi.

“Dalla mia officina escono soltanto pezzi che devono piacere a me”.

Aurelio Brunelli, nato 61 anni fa in

dere la decisione di abbandonare gli

una famiglia di contadini di Gam-

studi di medicina?

bellara di Ravenna, risiede nella

“No, è stata una scelta rapida” dice Brunelli. “Avevo in testa la fucina e l’incudine”. Il settore particolare in cui si esprime Brunelli è quello dei coltelli, delle armi e delle spade. Questo l’ha portato a lavorare

frazione di San Pietro in Vincoli. “Quando ho cominciato non avevo la fucina. Per arroventare il ferro mi servivo del congegno che veniva usato per riscaldare la testa del trattore Landini, prima di avviarlo. Come incudine avevo un assale di un carro romagnolo, di una quarantina di chili. Quando tornavo a casa da scuola, il sabato, oltre al pacco dei libri avevo anche una scatola da scarpe piena di carbone, sottratto all’impianto di riscaldamento della scuola, che mi serviva per infuocare il ferro”. Brunelli, autodidatta totale, ha una caratteristica particolare:

Ci ha pensato a lungo prima di pren-

per la produzione di un film di Pupi Avati. “Il grande regista bolognese

è arrivato a me – racconta - perché mi ha visto lavorare in una piazza, come faccio spesso quando vado alle sagre o alle fiere. A me piace far vedere quello che faccio”. Poi avviene l’incontro fondamentale con Tonino Guerra. “Il grande sceneggiatore mi ha offerto la possibilità di dare vita al ferro interpretando le sue idee. Doveva fare


Tenuta Pertinello Il piacere della scelta La Luna

un regalo. Mi propose di realizzargli una lanterna, che doveva richiamarsi ad una serie di lampioni, probabilmente fanali ferroviari, presenti nel museo della piccola stazione dove era morto Leone Tolstoj. Così sono nate le dieci Lanterne di Tolstoj, alte un metro e settanta. La sera prima della consegna arriva il mio amico Italo e si mette le mani nei capelli: tutti i pezzi che dovevano comporre le lampade erano sparsi per l’officina. Alla mattina alle sette, quando è arrivato il camion, si è portato via le lanterne complete. Durante la notte sono riuscito a comporle tutte”. Le lanterne sono arrivate a Mosca, esposte in uno dei più grandi teatri della città. Le ha viste il presidente

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dell’Armenia e le ha volute esporre anche nel suo paese. Ora sono a Pennabilli, nella sede della Fondazione di Tonino Guerra. Brunelli sta ora lavorando ad un’altra ispirazione dello sceneggiatore: una fontana che simula un canneto, frequente nelle aie dei contadini. Aurelio Brunelli coltiva un sogno: “Vorrei realizzare un campo di soffioni, quei palloncini bianchi su uno stelo che si formano dopo la fioritura delle pianticelle dei tarassachi, i cosiddetti piscialletto, che in primavera presentano una coltre gialla che si stende nei prati. Sarebbe una bellissima impresa realizzare in un campo una stesa di sfere in ferro lavorato, alte due e tre metri”. Il forgiatore del ferro, come vuole essere chiamato, ama elaborare foglie e fiori di ogni specie. “Quello che mi è venuto meglio è il fiore della calla”. Il ferro nasconde segreti che Brunelli non ha ancora scoperto? La risposta è semplice e immediata: ”Quando pensi di aver capito tutto ti accorgi che c’è sempre qualcosa da imparare”. IN

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Applaudire | Francesca Mazzoni

La passione del

Palcoscenico

testo Anna De Lutiis - foto Lidia Bagnara

Attrice, drammaturga e docente, Francesca Mazzoni vive intensamente ogni aspetto del teatro. Lavorando con registi internazionali.

to interessante è quello delle sue esperienze professionali, in Italia e all’estero.

Snella, occhi espressivi e vivaci, lunghi capelli castani. Francesca Mazzoni, attrice, si presenta con un sorriso fresco, e un modo di muoversi che trasmette dinamicità e vivacità. Parla del suo lavoro con entusiasmo. Quando ha iniziato a fare l’attrice?

“Ho sempre pensato che lo sarei diventata, è nel mio dna. Dopo il Liceo scientifico ho iniziato la Scuola di Teatro di Bologna diretta da Alessandra Galante Garrone, proseguendo poi con stage condotti da Andrè de La Roche e Steve La Chance, Danio Manfredini, Candele Smith, Renata Palminiello, Marco Cavicchioli, Philip Radice, Eugenio Ravo. Ho partecipato a laboratori con Marco Martinelli e al seminario con Eugenio Barba”. L’elenco è davvero lungo; altrettan-

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“Ho alle spalle dieci anni di danza con Monica Ratti, esperienza che mi ha fatto scoprire le mie potenzialità. Interpretando La bottega degli orrori, prima uscita teatrale, decisi che nulla mi avrebbe distolto dal palcoscenico”. Dal 1993 ad oggi Francesca è stata impegnata ogni anno con autori e registi diversi, sia nel campo teatrale sia in quello cinematografico e televisivo, da Franco Ripa di Meana a Mario Martone, Franco Zeffirelli, Cristina Comencini, Giorgio Albertazzi. Quando non è impegnata con la recitazione, cosa fa?

“Dal 2002 sono anche drammaturga e docente. Ho scritto molti lavori che poi ho interpretato; tra i più recenti Tu sarai mia - Passione e morte di Anita Garibaldi, in scena a Ravenna e in Brasile, a Laguna, città di Anita”. Recentemente, anche la presentazione di Nata il 21 a Primavera , monologo dedicato ad Alda Merini.

“È una grande poetessa alla quale,

insieme ad Enrica Cavina, abbiamo dedicato una serata a completamento della mostra fotografica organizzata in sua memoria, a un anno circa dalla morte. Abbiamo attinto a suoi versi e riflessioni; alla fine il lavoro ha riscosso ampi successi”. Cosa le interessa, al di fuori della recitazione?

“Per me tutto è un po’ teatro, nel senso che permea tutta la mia vita. All’inizio questo mi portava a una vita senza spazi per altre attività. Ora, invece, mi ritaglio momenti per la lettura, che adoro; mi piace andare al cinema e sono felice di abitare a Ravenna, con il mare così vicino. Anche in inverno è fonte d’ispirazione e riflessione... Quindi non mi faccio mancare lunghe camminate sulla spiaggia”. E la musica?

“Ho cominciato ad apprezzarla da poco, anche se vengo da una famiglia di musicisti. Mio nonno era violinista e aveva l’orchestra Triossi, famosa nel dopoguerra; anche i miei zii erano musicisti. Io non ho seguito l’esempio di famiglia, ma non ho neppure tradito la tradizione artistica...”. IN



Gustare | Birrificio La Mata

Tra la bionda

e la

Rossa

testo Matteo Salbaroli

La Dora, la Mora e la Lova: solo le birre del birrificio La Mata di Solarolo, gestito dal giovane Marco Tamba.

Ho scoperto la differenza tra bere una birra fredda di temperatura e una birra fresca di gusto. La prima semplicemente fredda, come il ghiaccio e come la sua bottiglia, come il suo colore o come il mio frigorifero a casa, sempre freddo e sempre vuoto. La seconda giovane e gioviale, profumata e delicata, un insieme di aromi che esplodono grazie ai lieviti e un’alta fermentazione che gli dona quel colore giallo dorato.Con l’estate che si avvicina è bello parlare di birra, e già assaporo il gusto di berla in buona compagnia in un pomeriggio caldo e assolato. A Solarolo c’è il birrificio “La Mata”, in via Donegallia 6, gestito da Marco Tamba. È un giovane molto disponibile, pieno di belle idee e iniziative, che ha scelto di gestire l’azienda agricola che la sua famiglia porta avanti da varie generazioni. Sette anni fa per curiosità ha sperimentaIn alto, Marco Tamba, titolare del birrificio “La Mata”. Sotto, le sue birre.

to, quasi per caso, la prima piccola produzione di birra, poi la passione

gli ha dato lo stimolo di lanciarsi in questa nuova avventura e da lì ha deciso di seguire direttamente tutto il processo di produzione, dalla selezione e coltivazione delle materie prime fino alla lavorazione e trasformazione delle stesse.

La fase iniziale della produzione avviene attraverso la coltivazione

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dell’orzo, che dopo la trebbiatura viene inviato al maltificio per effettuare le fasi di germinazione, essicazione e tostatura per poi trasformarsi in malto d’orzo. Parte del luppolo, oggi ingrediente fondamentale per stabilire l’aroma della birra e per garantire la funzione antisettica, viene coltivato ed essicato in azienda. Dalla lavorazione di questi ingredienti e dall’unione del mosto ottenuto con i lieviti prescelti per garantire il processo di fermentazione nasce la birra del birrificio La Mata, che è per questo a tutti gli effetti un prodotto agricolo.

In azienda ne vengono prodotte tre qualità ognuna differente dall’altra, per colore, gradazione e gusto, ma con una particolarità che le accomuna. La Dora, la Mora e la Lova sono i nomi che troverete sulle etichette: una bionda, una rossa e una ambrata. Per ognuna Marco ha un aggettivo, dissetante, fresca, ghiotta. Ma le sorprese a casa Tamba non finiscono qui: in onore della nascita del nuovo figlio sarà imbottigliata anche una nuova birra, mentre il 10 giugno La Mata sarà tra i protagonisti di “DeGusto con Gusto Birra 2011”, evento enogastronomico ospitato in piazza Nuova a Bagnacavallo. www.birrificiolamata.it IN



Rinnovare | De Stefani

Smart center,

fiore all’occhiello per

testo Roberto Romin

De Stefani

Taglio del nastro nello showroom della storica concessionaria ravennate. E grande successo di pubblico per le prove su strada della nuova smart elettrica.

“Quella della smart elettrica è una grande invenzione ed una grande opportunità, paragonabile ad una vera e propria rivoluzione”. È il pensiero che ha accomunato i tanti ravennati intervenuti all’inaugurazione del nuovo showroom dello smart center De Stefani di via Di-

In alto, taglio del nastro con il sindaco Matteucci. Sotto, la madrina Keila Gonzales assieme ai titolari e organizzatori dell’evento. Nell’ultima foto, la smart elettrica di fronte allo show room De Stefani.

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smano, adiacente alla concessionaria Mercedes Benz, anch’essa sotto l’ala della famiglia De Stefani. Il tradizionale taglio del nastro è andato in scena il primo aprile scorso, in una giornata ufficiale in cui la smart elettrica si è presentata come protagonista del futuro. Già dallo scorso anno la casa tedesca è attiva per il lancio della nuova Fortwo electric drive, ovvero la prima vettura al 100% elettrica, destinata ad entrare in commercio dal 2012. Il nuovo showroom dello smart center è stato letteralmente preso d’assalto da decine e decine di clienti e appassionati, curiosi di vedere da vicino l’ultima creazione targata smart. Lo smart electric drive roadshow, cioè l’evento itinerante partito da Milano ad inizio anno e arrivato anche in città, ha catalizzato l’attenzione generale nella ‘due giorni’ ravennate. Al taglio del nastro di venerdì, cui ha presenziato anche la madrina Kei-

la Gonzales, madre natura di Ciao Darvin 2010, ha fatto seguito una

intera giornata dedicata ai ‘test drive’ gratuiti, effettuati con la consulenza di piloti professionisti. Reazioni e commenti sono stati ampiamente positivi: tutti coloro che hanno avuto modo di salire a bordo della Fortwo electric drive ne sono rimasti entusiasti, come del resto sono rimasti impressionati dalla location del nuovo showroom ‘smart center’ targato De Stefani. Accogliente, luminoso e confortevole, il rinnovato spazio espositivo di Ponte Nuovo a Ravenna, dove sono in mostra tutti i modelli smart, ha ricevuto il plauso convinto delle centinaia di ravennati che non hanno voluto mancare all’appuntamento organizzato in collaborazione coi partner Mobil 1 e Radio Studio Delta. L’evento dello ‘smart electric drive roadshow’, e soprattutto l’inaugurazione del modernissimo showroom, rappresentano la miglior testimonianza di come una concessionaria storica e centenaria qual è De Stefani (inaugurata nel lontano 1910), ancora oggi sia sulla breccia, anticipando i tempi e proponendo un marchio giovane, moderno e gettonatissimo come smart. IN


Festeggiare | Cisa

La chiave del

Successo

testo Francesca Ricci

L’azienda faentina Cisa, leader in Europa nel settore dei sistemi di chiusura e controllo accessi, festeggia i primi 85 anni di attività. Puntando sull’innovazione.

Ottantacinque anni di storia alle spalle e gli occhi ben fissi verso il futuro. È la storia di Cisa, azienda faentina leader in Europa nel settore dei sistemi di chiusura e controllo accessi, che lo scorso 11 marzo ha festeggiato i primi ottantacinque anni di attività presen-

tando nuovi progetti nati sotto il segno dell’innovazione. L’evento è andato in scena a Firenze, città da sempre legata alla storia di Cisa,

fondata nel capoluogo toscano da Luigi Bucci nel lontano 1926. Lo splendido scenario di Villa Castelletti e una scenografia ispirata al primo vero maestro dell’innovazione, Leonardo Da Vinci, ha accolto gli invitati, circondati dalle macchine del genio rinascimentale fedelmente ricostruite dall’artigiano fiorentino Carlo Niccolai e dai prodotti che hanno fatto la storia dell’azienda Cisa. Un vero e proprio viaggio nel tempo che ha avuto il suo culmine con l’ingresso degli ospiti nel Giardino D’Inverno e l’esposizione del modello di un aliante progettato da Leonardo, simbolo del superamento di ogni limite.

Tanti i personaggi che si sono alternati sul palco, prendendo la parola durante la cena di gala, membri di spicco del management di CISA e di Ingersoll Rand, multinazionale americana che nel 2005 ha acquisito l’azienda faentina. Tra questi Giovanni Miti, direttore generale e amministratore delegato CISA, e Patrick Mares, presidente Ingersoll Rand Security Technologies EMEIA, che hanno presentato le linee guida per il futuro, incentrato sulla crescita economica e dimensionale dell’azienda e sulla piena soddisfazione di clienti, partner e dipendenti. Loris Monducci, direttore vendite per l’Italia, dopo un’introduzione del direttore commerciale Fabrizio Rosso, ha presentato le novità del 2011: il maniglione antipanico FAST, il cilindro AP3 S Modulo e il

Alcuni momenti del compleanno di Cisa a Villa Castelletti.

sistema di controllo accessi AP3 Unika. La serata conviviale è stata

animata dall’artista Alberto Patrucco, che ha concluso con sim-

patia il compleanno-evento cui hanno partecipato clienti e agenti CISA provenienti da ogni parte d’Italia. IN

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