ISBN 978-88-6332-127-2
Francesco Memoli
dal verde chiaro al verde scuro Le conseguenze dell’Irlanda
Edizioni Miele
“Percorsi d’Autore” Narrativa
A Carmen, per il continuo supporto e l’infinito amore.
A Davide, Alessandro e Danilo, compagni di viaggio e di vita.
A Cristina (F.C.) e Roberta (N.Z.), cui sempre mi legherĂ quello splendido filo verde.
PREFAZIONE C'è un momento nella vita di ognuno di noi in cui arriva un qualcosa che si erge come panacea di tutti i problemi, soluzione finale per le nostre angosce, chiave di volta per l'eliminazione delle nostre insoddisfazioni. Succede normalmente intorno ai vent'anni, o comunque quando siamo ancora sufficientemente reattivi per accorgersi del beneficio che questo qualcosa porta nelle nostre esistenze. In molti casi si tratta di un luogo, prontamente assurto a luogo ideale da cui trarre nuova carica e a cui attribuire tutte le qualità possibili a dispetto del luogo da cui veniamo. Anche a me è successo, per la precisione con l'Irlanda. Visitai quel paese per la prima volta nel 1990, e da quell'anno ci sono tornato ogni anno, sempre da solo, per prendere strumenti (su tutti il mio set di uilleann pipes), imparare musica, ma soprattutto avvertire quel senso di libertà che a casa non riuscivo a trovare, quel tempo lungo che mi consentiva di riflettere ed assaporare ogni sensazione fino in fondo, in una parola: VIVERE. Fino in fondo. Come un essere non solo pensante ma capace di provare sensazioni profonde. Qualche anno dopo scoppiò la moda dell'Irlanda, e quel paese diventò la stessa cosa anche per un sacco di altra gente: si moltiplicarono a vista d'occhio i viaggiatori provenienti da ogni parte del mondo che, zaino in spalla, accorrevano a cercare queste sensazioni. E si moltiplicarono gli incontri con musicisti, uomini e donne, tutti a celebrare il rito della pinta di Guinness, tutti ad ammirare l'oceano sconfinato dalla cima di una scogliera, tutti a cantare una canzone magari senza saperne le parole ( gli italiani, devo dire, in questo sono imbattibili) e tutti orgogliosi di far parte di una strana tribù trasversale, che adorava l'isola verde nonostante la pioggia e che pianificava 7
traslochi più o meno definitivi in quella parte di mondo. Tutto questo è stato vissuto anche da Francesco Memoli e dai suoi compagni di viaggio, come sapientemente raccontato in questo che potrebbe essere il diario di migliaia di persone, tutte stregate da questa specie di Route 66 quarant'anni dopo. Pertanto, se è capitato anche a voi non esitate a rivivere quelle sensazioni tramite questo libro; in caso contrario, leggetelo lo stesso e poi magari andate di persona a fare il confronto... Massimo Giuntini
http://www.massimogiuntini.com/ Massimo Giuntini, maestro di cornamusa irlandese, è uno dei più grandi esperti di musica della Terra di Smeraldo in Italia. Ha fatto parte dei MODENA CITY RAMBLERS dal 1997 al 2005. Attualmente, oltre ai progetti solisti e a varie collaborazioni, è membro stabile dei Whisky Trail e dei Ductia.
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INTRO I fumi bollenti di odore caldo che sgorgano dalla tazza di caffè americano che ho davanti cominciano a far breccia nel cervello. Ha inizio il resettaggio, cominciano a riavviarsi le connessioni sinaptiche sopite durante l’interregno tra il risveglio biologico e quello propriamente cognitivo. Un sorso, un altro… ripasso la tazza sotto le narici e via, ricomincia la giornata. Accendo il pce comincio a scaricare la posta mentre gli occhietti cominciano ad allargarsi e a riconoscere gli oggetti familiari a me cari che ornano la mia casa dolce casa. Dopo essermi fatto largo tra spame minchiate varie di routine,vedo una mail richiede la mia attenzione… apro e leggo che tale Francesco Memoli si appresta a pubblicare un libro scritto da lui medesimo e che avrebbe molto piacere se io ed Erriquez scrivessimo due righe di prefazione, chiaramente dopo aver letto a approvato lo scritto. La cosa si fa interessante. Anzi, dirò di più, mi lusinga. Va a stuzzicare quella parte (neanche tanto nascosta a volte) di cicciobombismoegocentrico e baldanzoso che alberga in ciascuno di noi. A prescindere dal libro, se mi piacerà o meno, l’idea che qualcuno voglia corredare il suo lavoro carico di fatica e sudore, speranze e sogni, con due parole messe in calce da me, fa molto piacere. Mi si stampa un sorriso ebete sulla faccia e mi giro intorno in cerca di consensi che celebrino l’estatico momento; in realtà incontro solo gli occhi interrogativi del mio fido bassotto Ramon che sembra dirmi “ehi, coglione, ‘cazzo ridi. Vedi di portarmi fuori o ti cago sotto al tavolo!!!!”. Ritornato tra i mortali, riscrivo a Francesco dicendo che accetto con piacere e di spedirmi il tutto via mail. Prontamente il nostro autore mi manda un bel pdf con l’opera. Apro e, come mio solito, mi concedo una prima sbirciata a volo d’uccello per avere anche solo una idea 9
grafica, generica. Il testo ci racconta di un viaggio in Irlanda e sembra avere la forma di un diario-racconto. Ahi! Mi dico. Idea ben navigata e sfruttata. Ora mi tocca leggere un resoconto delle ferie di questo tipo che manco conosco… Vabbè, vediamo di cosa si tratta. Dopo le prime pagine tocca ricredermi. Lo stile di Francesco è leggero, ironico. Ogni pseudo-banalità che viene presentata (l’idea del viaggio, la scelta degli amici, gli amori finiti, la spasmodica recherca di avventure esotiche in terre sconosciute ecc.) è letta con una visletteraria senza pretese, ma proprio per questo vincente. Il registro usato è molto moderno e scorrevole senza cadere mai nel ‘ggiovanilismo letterario(si, proprio quello con due g, che va tanto di moda adesso) forzoso e forzato. Ho apprezzato invece proprio l’uso della cultura radicale campana spiegata a post-it: una sorta di bignami salernitano ironico e spassoso. Veramente piacevole. Complimenti. Caro Francesco sei riuscito a disincagliarti dalla trappola del diario di viaggio in modo egregio. Niente didascalie turistiche fini a se stesse; amori, speranze e gioia di vivere descritti con naturalezza. Soprattutto invidio Francesco perché ha fatto quello che tutti noi maschietti con passato da inter-rail, da avventura on the road, avremmo voluto fare: fissare un istante irripetibile della tua vita riportando tutto quello che senti e che ti accade intorno. Birra, canne, sguardi languidi in cerca di risposta, contemplazione estatica di paesaggi mozzafiato, puzza di piedi, scoregge, umorismo di bassa lega e cameratismo sfrenato (leggi qui cameratismo nel senso puro dell’amicizia, ovviamente) sono emblematici corollari di un viaggio che mira al senso quasi ontoteleologico del nostro essere-umani: tale senso è la condivisione. Il leit-motivche mi ha appassionato nel romanzo è proprio questo simbiotico condividere l’esperienza (qualunque essa sia) di un gruppo di persone che va ben oltre l’affermazione del proprio piccolo-io. La formula 10
memolianasembra essere IO perché l’altro. Il viaggio, l’esperienza, le delusioni e le vittorie non sarebbero le stesse se non le dividi con qualcuno. Tutto ciò mi piace. A. M. Finaz
Alessandro Finazzo, in arte Finaz, è un chitarrista italiano, fondatore insieme ad Enrico "Erriquez" Greppi del gruppo folk rock toscano Bandabardò. Oltre a suonare con la Bandabardò, ha collaborato con Modena City Ramblers, CSI, Daniele Silvestri, David Sylvian, Max Gazzè, Paola Turci, Franco Battiato, Goran Bregovic, Carmen Consoli, Dolcenera, Piero Pelù, Roy Paci, Peppe Voltarelli, Caparezza, Orchestra Piazza Vittorio, Stefano Bollani, Tonino Carotone, Giobbe Covatta, Dario Fo, Casa del vento ed altri ancora. Vince nel settembre 2010 il Trofeo Insound come migliore chitarrista acustico italiano 2010. Accanto all'attività di chitarrista affianca quelle di Produttore Artistico e Autore di Colonne Sonore.
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Un momento indefinito tra marzo e aprile «Irlanda». «Cosa?». «Quest’estate me ne vado in Irlanda. Ho deciso. E ho deciso anche un’altra cosa: io parto comunque. Se c’è qualcuno che vuole venire con me, ben venga, si gira in macchina tutta l’Irlanda. Se invece non c’è nessuno interessato, me la faccio in autostop. È una cosa che prima o poi comunque volevo fare, e quest’anno mi sembra la volta buona».
Da quando ho partorito l’idea, ho passato ore su Internet e su Google Earth a ipotizzare percorsi, sbirciare luoghi da visitare, valutare distanze. Sempre senza scendere troppo nei particolari, per non togliermi il piacere della scoperta una volta arrivato sul posto.
Il programma di massima è questo. Si arriva a Dublino in aereo. Almeno tre giorni a Dublino: si visita la città, si fa vita notturna. Poi da Dublino si parte verso la costa nord-ovest. Da qui si scende e si arriva alla baia di Galway. Visita alle isole Aran. E, finalmente, meta paesaggistica del viaggio, le Cliffs of Moher, le scogliere più famose d’Irlanda, che sono uno spettacolo allucinante solo a vederle in foto, figuriamoci stare affacciati da uno spuntone di roccia a picco sul mare. Da qui, si riparte allungandosi verso il sud dell’Irlanda, si ritorna sulla costa est, e si passa l’ultima notte a Dublino prima di 15
ritornare in volo in Italia. In mezzo, tutto quello che accade è benvenuto. Nessuna prenotazione se non per i primi giorni a Dublino e per l’auto. Nessun ostello bloccato, nessun itinerario predefinito. Ci si ferma dove capita, si va dove conduce l’ispirazione del momento.
Ovviamente finora è tutto nella mia mente. È sempre così: mi viene un’idea, e, se quest’idea ha la capacità di insidiarsi in me, poi comincia ad allargarsi a dismisura, si dirama. Cerca contatti con la realtà, esige concretizzazioni. Ne perdo il controllo e diventa un’entità a sé stante che si impone costantemente al mio pensiero, diventando sempre più pressante, sempre più viva. E, a quanto pare, la mia idea piace. E piace a molti. 16
Ne parlo con le persone che mi sono più vicine. Ne parlo con gli amici, propongo il mio entusiasmo, lo spargo come spore al vento. Da quando la mia storia con Gabriella è finita i miei rapporti sociali sono cambiati tanto. Alcuni legami di amicizia si sono infranti. Ne sono nati altri. Altri ancora si sono rafforzati. Le mie priorità si sono sbilanciate dal rapporto di coppia a quello di amicizia, e ora a fianco a me ci sono persone con le quali le relazioni sono in costante evoluzione. A queste persone l’idea dell’Irlanda piace molto. Raccolgo consensi. Certo, dal consenso alla decisione di partire davvero il passo è lungo, perché è facile lasciarsi trasportare da un’idea e poi smettere di seguirla. Ma in questo frangente della mia vita, dare concretezza istantanea ai miei propositi è per me un imperativo morale. Per cui non ci metto molto a decidermi e cominciare a cercare voli, ostelli, auto da noleggiare. Sarà banale, ma col tempo ho imparato che le cose che si vogliono vanno prese subito, senza aspettare. Ho imparato ad essere artefice efficace della mia realtà, a plasmarla con forza.
Danilo raccoglie la proposta da subito. È già stato in Irlanda, e l’ha amata, e ama l’idea di tornarci. E ama l’idea di un viaggio on the road come quello che voglio fare io. Ha avuto un anno pesante, e partire per lui è al momento un’impellenza quasi fisiologica quanto lo è per me. Lo conosco da anni. Abbiamo suonato insieme in quello che è stato il mio primo gruppo musicale. Da allora, con fasi alterne, abbiamo sempre continuato a frequentarci, orbitando entrambi nello stesso giro di amicizie. Ora i nostri percorsi 17
musicali sono separati, lui suona metal e io, da quando il mio gruppo si è sciolto a dicembre, mi sono dato a composizioni solitarie e autoprodotte. Ma la sintonia dei gusti e degli ascolti, l’interesse per la ricerca, la voglia di vivere la musica in maniera attiva e consapevole, ci hanno tenuto vicini nel corso degli anni. Lui studia cinese, e ai miei occhi sarà uno studente per sempre. E anche agli occhi del mondo, se non si sbriga a dare qualche esame... Con la mano si porta i capelli dietro le orecchie mentre gli spiego la mia idea. «Si si, grande. Ti dico di sì già da adesso» mi dice lisciandosi il pizzetto. «Ne parlo a Claudia, ma credo che per lei vada bene. Diciamo che al novanta per cento è sì» mi dice Davide. Claudia è la sua ragazza. Stanno insieme da circa due anni e mezzo e, come nei peggiori stereotipi, lei gli mette le corna con il suo migliore amico. Io so tutto ma non posso parlare. Non che lo trovi giusto, sia chiaro, ma la situazione tra noi tre è problematica. C’è stato un periodo di gelo quasi totale, tra me e Davide, un periodo nel quale ci siamo allontanati abbastanza dopo anni di amicizia. Contemporaneamente il mio rapporto con Claudia, dopo che sua cugina Gabriella mi ha lasciato, è diventato molto più stretto e confidenziale. Per cui mi sono trovato nella spiacevole situazione di non poter dire a Davide la verità che Claudia stessa mi aveva confidato. Io e lui ci siamo riavvicinati quando, per un breve lasso di tempo, lui e Claudia si sono lasciati. Mi 19
sono trovato davvero in difficoltà quando loro hanno deciso di tornare insieme per riprovarci. Capirete dunque la mia insistenza nel cercare di convincere Davide a partire. «Ti farà bene» gli ho detto, mentre pensavo quanto fosse ingiusto e fondamentalmente ironico che lui dovesse chiedere il permesso a lei che intanto sta anche con un altro. E poi, se verrà in Irlanda con me, capiterà sicuramente di ubriacarci, e allora dirò tutto e mi libererò finalmente la coscienza.
«Pulito». È il modo che Alessandro Celotto ha per dire che una cosa è ok. Ed è contagioso. In realtà tante delle cose che dice Alessandro sono contagiose. Tant’è che abbiamo coniato un termine per le cose dette da lui ma che sono entrate oramai a far parte del nostro linguaggio: i celottismi. Un celottismo non è solo una parola: è anche un tono, un modo di dire, una frase. Un celottismo, in fondo, è un modo d’essere. «Sì, è pulito, tanto Anna quest’estate non si può muovere. Così mi faccio l’ultima vacanza da single. Lo sapete che a settembre andiamo a convivere?». Anna è, ovviamente, la ragazza di Alessandro. Stanno insieme da... non so... cinque anni più o meno. Lui si è trasferito a Milano, dove lavora, mentre lei vive a Bologna, sempre per lavoro. Ma a quanto pare si trasferirà anche lei a Milano. Gli parlo del viaggio in una delle occasioni in cui scende qui a Cava de’ Tirreni. E così, tra una chiacchiera e l’altra, la cosa sembra definita: partiremo in quattro, io, Davide, Danilo e 19
Alessandro. Quella che era partita come l’idea di un viaggio in solitaria, e si era poi diffusa a macchia d’olio rischiando di finire fuori controllo, si è poi concretizzata in un viaggio tutto al maschile con persone che conosco bene e che so essere buoni compagni di viaggio: grande spirito di adattamento, voglia di muoversi, voglia di divertirsi e grande affiatamento. Con Alessandro e Davide ho già viaggiato, con Danilo no, ma la cosa non mi preoccupa.
Purtroppo la lontananza di Alessandro non gli permette di partecipare attivamente all’organizzazione del viaggio. Anche se, a dirla tutta, a parte la prenotazione del volo e dell’ostello per Dublino e il noleggio dell’auto, c’è ben poco da organizzare: viaggeremo senza mete fisse, con una tenda e i sacchi a pelo, alternando campeggio e ostello, formula già collaudata da me e Davide nel viaggio dell’anno scorso a Capo Nord. Il fatto è che, nel corso degli anni, abbiamo girato abbastanza: Berlino, Copenaghen, Praga, Amsterdam, Parigi, Londra, Barcellona, il Belgio. Splendide città e paesi, nei quali abbiamo visitato musei, monumenti e luoghi di interesse storico, vissuto la notte, frequentato i locali, cercato di calarci, per quanto possibile, nella vita degli autoctoni, piuttosto che fare i classici turisti italiani all’estero. Poi c’è stato il viaggio a Capo Nord: tutta la Scandinavia percorsa in un van, da Stoccolma fino all’estrema punta dell’Europa, dormendo in tenda, ostelli e bungalow. E quel viaggio ci è rimasto nel cuore: abbiamo visto paesaggi splendidi, incontaminati, abbiamo constatato il dominio della natura sull’uomo. Luoghi nei quali la 20
percezione del tempo e dello spazio a cui eravamo abituati è stata stravolta, diluita, espansa. Il contatto con la natura, il camminare tra boschi e fermarci in riva ai laghi, ci hanno conquistato. Così abbiamo detto basta, almeno per un po’, ai viaggi “culturali”, alle metropoli e alle capitali europee, e abbiamo optato per una nuova avventura on the road. I miei amici mi hanno preso in giro per anni perché, ad ogni occasione, tiravo fuori aneddoti del mio viaggio in Scozia, fatto a vent’anni in treno, dormendo dove capitava, mangiando poco e improvvisando giorno per giorno. Dopo Capo Nord, hanno capito quale è lo stato d’animo con cui ti lascia un’esperienza di questo tipo, e le prese in giro sono nettamente diminuite. Così, abbiamo preso una tenda da quattro, e ci siamo attrezzati di scarponcini da trekking, k-way e tutto il necessario per fare i bravi campeggiatori. Accompagno Danilo a comprare il suo primo paio di scarpe da trekking, e anch’io ne prendo un altro paio, di quelle waterproof: sapete com’è... in Irlanda piove... Ovviamente la differenza tra noi e i veri trekker è che le scarpe di chi cammina davvero non sono fresche di negozio. Io posso farmi forte del gergo tecnico che mi hanno lasciato le esperienze di arrampicata, ma i miei compagni sono del tutto figli della città: il passo montano sarà una vera e propria deflorazione per loro.
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Tra maggio e luglio Quello che succede in questi mesi ha ben poco di materiale. Certamente, ci sono delle incombenze pratiche da soddisfare. La ricerca dell’auto da noleggiare e dell’ostello per Dublino e la scelta del volo danno luogo a fitti scambi di e-mail e incontri nel mio monolocale per trovare le soluzioni più vantaggiose. E poi, verifica di disponibilità delle carte di credito («quanto vi portate?» - «non lo so» – «ma più in contanti o più sulla carta?» – «boh...»), tessere sanitarie, tessere per ostelli («ma ci conviene farla?» – «mah... secondo me è inutile...»), abbigliamento («non vi dimenticate il cappellino di lana, che di notte in tenda è umido»), attrezzature da campeggio, cosa c’è da acquistare e cosa no, calcolo del volume dei bagagli. Cose così. Ma le e-mail e il mio monolocale sono testimoni e scatola nera di eventi di ben altro tenore. Alle notizie di servizio si accompagnano, nel corpo delle email, confidenze, sfoghi e chiarimenti. Un giorno Davide mi scrive:
la guida routard porta varie soluzioni per l’ostello a dublino, alcune delle quali abbastanza economiche. io direi di vederci una sera e mandare qualche mail per vedere la disponibilità. molti di questi ostelli hanno anche stanze da quattro, se non vogliamo la supercamerata. fammi sapere quando ci vogliamo muovere. p.s.: mi sono lasciato con claudia, stavolta definitivamente, credo. adios d 22
La mia risposta è:
Guarda per me anche stasera. Casomai verifico la disponibilità di Danilo.
Per l’altra cosa, non so come tu possa stare adesso, ma lo immagino. Quello che posso dirti è come starò io, e cioè sicuramente meno freddo e ostile di come mi avrai visto nell’ultimo periodo, non perché ce l’avessi con te o con Claudia per qualche motivo, ma semplicemente perché ero convinto che la cosa fosse ineluttabile oramai, e mi creava forte imbarazzo e disagio vedervi comportare, in pubblico, quasi come se niente fosse. E soprattutto perché, conoscendo i tempi con cui a volte si prendono queste decisioni, temevo che la situazione di stallo sarebbe durata un bel po’ di più, a tutto detrimento del vostro benessere (soprattutto del tuo). Anyway, ci risentiamo per stasera. F.
E così Davide ha scoperto la tresca e ha lasciato Claudia. Partire diviene una necessità per lui così come lo è per me e Danilo, e questo ci avvicina ancora di più, rendendoci più determinati (se mai ce ne fosse stato bisogno) nel realizzare un viaggio memorabile. Intanto riusciamo a prenotare il volo da Roma e l’ostello. Partiremo il 2 agosto e torneremo il 15, e a Dublino alloggeremo per tre notti all’International Youth Hostel, ventiquattro euro a notte colazione inclusa in camera da quattro. Prenotiamo anche l’auto, e ora quello che rimane è la ricerca di un pernottamento a Roma per la sera prima della partenza, dato che vorremmo evitare levatacce e viaggi in notturna. Sono giorni frenetici, nei quali la nostra ansia di distaccarci da situazioni finite male ci porta a stringere 23
legami con persone nuove. Io e Davide cominciamo a frequentare due ragazze di diciassette anni, Daniela e Serena. La frequentazione con loro ci ricorda che esiste un modo di rapportarsi alla vita non necessariamente filtrato da anni di rancori, esasperazioni e sovrastrutture mentali. Davide finirà per avere una breve storia con Daniela. Nel frattempo il mio essere bipartisan nella situazione che si è creata mi fa mandare a Claudia un messaggio per sapere come sta, e in generale per farmi vivo, dato che, dopo che lei e Davide hanno rotto, non mi sono fatto praticamente sentire. Mi risponde via mail: ehilà... ti rispondo qui perché non ho una lira e ho speso dei soldi di cellulare in maniera vergognosa negli ultimi due giorni. comunque va in un modo strano, come se non dovesse finire mai. e sembrerà strano dirlo a uno che conosco da anni e che, salvo eccezioni come adesso, vedo praticamente tutti i giorni: ma mi mancate, e con questo plurale intendo che mi “manchiamo”, tutti quanti insieme. poi mi manchi anche tu: e questo implica che potremmo anche vederci, un giorno o l’altro. aspetto che almeno qualcosa si assesti. e tu come stai?
La mia risposta alla sua mail è carica delle aspettative che ho da quest’estate.
Anche a me manchiamo noi. Però per me è una cosa cominciata già da un po’, da quando è cominciata la tua crisi con Davide, per cui mi ci sono più o meno abituato ed accuso di meno. 24
Però trovarsi d’un tratto la casa vuota non è stato bello. E riempirla in altri modi a volte sa di surrogato.
Io come sto? Mentalmente in vacanza. Ho deciso che la mia estate dovrà essere serena, dovessi fare la guerra per farla essere serena. Ho deciso che al momento non avrei comunque la lucidità necessaria per prendere decisioni scevre da ripensamenti, e che le reazioni a caldo non fanno per me in questo momento. Per cui aspetterò. E vedrò che succede. E’ andato tutto a puttane. Ed è una cosa con cui bisogna fare i conti. Ma non ora. Ora voglio solo non pensare. Rilassarmi. Respirare. Lentamente. Vediamoci qualche volta. F.
Dovete sapere che casa mia, da quando a febbraio mi ci sono trasferito lasciando l’appartamento dei miei, è diventata luogo di incontri, cene, festini, visione di film e quant’altro. Ed è diventata anche, perché no, asilo per disperati e persone in crisi. Non di rado, nel cuore della notte, mi sono ritrovato davanti alla porta amici in cerca di un bicchiere di vino e di due chiacchiere. «È così accogliente, casa tua!» mi è stato detto più volte. Una sorta di porto sicuro dove è sempre possibile attraccare insomma. Però da quando tutte le coppie del nostro gruppo sono andate in frantumi, praticamente tutte nello stesso periodo, l’inevitabile disgregarsi dei rapporti ha portato ad uno svuotamento progressivo delle serate a casa mia, tranne che per pochi inossidabili che continuano a saccheggiarmi la dispensa. 25
È in questi giorni che quello che sembrava essere cominciato come un riavvicinamento a Gabriella degenera in un nuovo allontanamento dovuto all’insoddisfazione per la piega che il nostro rapporto stava prendendo. Gli stessi giorni nei quali il tormentato rapporto tra Danilo e la sua quasi-dasubito-ex-ragazza Francesca diventa ancora più altalenante. Rimaniamo sospesi tra passato e presente, in situazioni sentimentali ambigue e logoranti, stremati oramai da mesi di altalene emotive che, francamente, cominciano a diventare irritanti. Circondati di donne che ci hanno deluso, con Gabriella che comincia a frequentare un ragazzino di venti anni che io stesso le ho presentato, sentiamo crescere a dismisura l’ansia per la partenza, tanto che decidiamo di sfruttare la casa di una conoscente a Roma per passare qualche giorno lì prima di partire.
Qualche giorno prima della partenza, ci vediamo a casa di Davide per un montaggio di prova della tenda, e per verificarne l’abitabilità. Sotto la guida apparentemente esperta di Daniela, fiera appartenente dei boy-scout, e complici le mie rimembranze di diversi campeggi, montiamo i paletti che costituiscono il telaio della tenda. Con qualche difficoltà, li infiliamo nei passanti della tenda, e li blocchiamo nei fori del catino (che, come Daniela ci spiega, altro non è che il nome tecnico del pavimento della tenda). Beh... sembra tutto ok, non resta che provare. Io, Davide e Danilo entriamo, seguiti da Daniela che fa le veci di Alessandro. «Mi sembra si stia comodi» dice Davide. «Sì sì, raga’, è perfetto» – rassicuro io - «ci stiamo 26
anche con gli zaini. E poi comunque possiamo lasciare il bagaglio in macchina e tenere solo il necessario in tenda».
La sera prima della partenza, organizziamo un festino di saluti a casa di Davide. Tra un bicchiere di vino e l’altro, finisco per avere una storia con Serena. Grave danno, prima della partenza, ma ho sempre la scusa dell’essere brillo. 31 Luglio 2007 Arriviamo a Roma con l’Intercity nel primo pomeriggio. Fa caldissimo, e per arrivare a casa di Vittoria, la ragazza di cui saremo ospiti e che al momento è fuori città, dobbiamo prendere la metro e un qualche autobus non ben identificato che ci condurrà in una zona residenziale, decisamente più fuori dal centro di quanto pensassimo. Però ne vale davvero la pena. La casa è da invidiare, per lavoratori precari e studenti come noi: due camere ampie, cucina e bagno, e un terrazzino da passarci serate intere a cena con gli amici. Dormiremo in camera di Vittoria, che è un inquietante ibrido di oggettini luccicanti, pupazzetti rosa, adesivi glitterati, brillantini ovunque, che si alternano a preci mussoliniane e altre amenità di stampo vagamente fascista, foto di Vittoria con varie amiche, e gli slip della stessa Vittoria lasciati in bella mostra in una cesta sulla scrivania. Neanche a dirlo, gli slip vengono prontamente usati come copricapo per le foto della nostra 27
personalissima collezione primavera/estate. Anche il parco cd è quantomeno anomalo: si alternano con nonchalance i Muse e Valeria Rossi, i Placebo e Tiziano Ferro. Rabbrividiamo a fasi alterne.
Per questa sera, scegliamo di snobbare la vita notturna romana a favore di una domestica e rilassante serata sul terrazzino, cenando, rigorosamente a torso nudo, a base di cibo saccheggiato a casa della nostra ospite. Ora, ritengo fondamentale sottolineare la nostra non proprio brillante forma fisica: una vita a base di lavori internet-based, sedentarietà studentesca e birra in quantità una sera sì e una sera pure, ci hanno portato alla prova costume in condizioni quantomeno risibili. Credo si possa ben immaginare lo spettacolo che possono offrire tre meridionali fuori forma in vacanza, che cenano in maniera non proprio elegante su una terrazza della periferia romana. Il resto della serata trascorre fondamentalmente con due attività. La prima è un maldestro tentativo di riparare a vari danni fatti appena entrati in casa: una persiana bloccata al primo tentativo di apertura, e uno sciacquone che si rifiuta di ricaricare l’acqua. La seconda è un vano sforzo di convincere Danilo che non è bello lasciare una sgommata (vedi post-it accanto) sulla parete del cesso solo perché qualcuno deve usarlo dopo di te, e quindi andrebbe comunque 28
pulito nuovamente. In seconda serata, da bravi intellettuali postmoderni, optiamo per la visione di un imperdibile “3 msc”, ritrovato tra i DVD di Vittoria. Andava fatto, signori: non potevamo continuare a parlarne male senza averlo mai visto. Ora possiamo parlarne male a ragion veduta. 1 Agosto 2007
Evento del giorno è l’arrivo di Celotto. Sono sicuro che nel corso del tempo imparerete ad amarlo come noi lo amiamo. I particolari su di lui ne costruiranno piano piano l’identità, per cui non mi dilungherò in spiegazioni sulla sua indole. Basti sapere che è un matematico, che vive a Milano (come già detto) e lavora in banca, dove si occupa di risk management, e che ogni volta noi aspettiamo il suo arrivo come quello di una boccata d’aria sana, non viziata da preconcetti o sovrastrutture di sorta. Celotto è così: semplice, non filtrato. Capirete quanta ansia avessimo di vederlo. Piccolo particolare: fino alle 12 di oggi, Alessandro era ancora alla ricerca del “ghiaccio secco in sacchetti di nylon” da mettere sotto il catino della tenda. Dovete sapere che ieri abbiamo avuto la malsana idea di allarmare gratuitamente il nostro amico, millantando l’esistenza (e l’impellente necessità) di 29
fantomatico ghiaccio secco venduto in sacchetti di nylon, sulle cui proprietà siamo stati sì vaghi, ma sufficientemente insistenti da fargli credere che senza ghiaccio secco il campeggiatore medio non può andare avanti. Alessandro arriverà in treno a Roma verso le 17, dandoci la possibilità di fare i turisti per la città. E, da bravi turisti, torniamo per l’ennesima volta alla Fontana di Trevi, facciamo i soliti commenti sul perché non si possano mettere i piedi nella fontana nonostante il caldo, giriamo per il centro. Dopo un riposino un po’ barbone in un parco pubblico nel pomeriggio, ci dirigiamo alla stazione Termini per recuperare Alessandro. Diamo uno sguardo ai tabelloni degli arrivi per capire su quale binario arriverà, e ci avviamo per andargli incontro. Lo vediamo scendere dal treno e camminare con l’andatura un po’ indolente e dinoccolata che gli è propria, e affrettiamo il passo verso di lui. «Ale!!!». «Celotto, come stai?». Lo salutiamo felici, mentre trascina con difficoltà un trolley (ebbene sì, va in campeggio con il trolley) a cui durante il viaggio si è rotto il manico. «Ciao raga’! Madonna, che giornata. Alla stazione a Salerno mi si è rotto il trolley, e lo sto trascinando a fatica da allora. Poi stamattina, non vi dico, ho cercato dappertutto il ghiaccio secco. Ho rischiato anche un incidente in tangenziale per andare in un centro commerciale dove pensavo di trovarlo, ma niente». Ci guardiamo, sentendoci un po’ in colpa per aver fatto rischiare la vita al nostro amico per 30
uno stupido scherzo. Nonostante questo, ancora non abbiamo la minima intenzione di dirgli la verità . Saliamo sulla metropolitana e ci avviamo verso casa. Quando scendiamo, ci fermiamo in un supermercato per fare un po’ di spese per la cena di stasera. I piani di vita mondana per la serata sfumano quasi subito. Siamo troppo distanti dal centro per muoverci agevolmente, e poi, parliamoci chiaro, domani saremo a Dublino, chissenefrega di Roma.
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