Puoi chiamarmi Sonsiray

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ISBN 978-88-6332-


Manuel Pitton

PUOI CHIAMARMI SONSIRAY

Viaggio alla ricerca del sole interiore

Edizioni Miele


“Percorsi d’Autore” Narrativa

Gli eventi e i personaggi narrati in questo romanzo sono frutto della fantasia dell'autore. Ogni riferimento a fatti, persone o circostanze reali è puramente casuale


A chi ha preferito andarsene e a chi, invece, è rimasto, nonostante tutto

Non siamo esseri umani che compiono un'esperienza spirituale. Siamo esseri spirituali che compiono un' esperienza umana



Capitolo I Tic... Tic... Tic Tac... Tac... Tac... Un rumore intermittente destò Ivan da un sonno tutt'altro che sereno. Era la seconda notte che passava in quella grande e vecchia casa, fatta di mattoni rossi e tetto in legno che Laura, la cara amica d'infanzia che aveva accettato di ospitarlo, aveva da poco ristrutturato insieme al marito. Nemmeno la notte precedente era stata tranquilla. Strani sogni di cui non riusciva a ricordar nulla, tranne qualche flash senza senso, l'avevano turbato. Stavolta fu invece quello strano rumore a ripescarlo dai sogni. “Qualche ragazzino che fa la corte alla figlia di Laura starà tirando i sassolini alla finestra sbagliata” pensò, ma non appena al sonno subentrò un minimo di lucidità mentale si rese conto della stupidità del suo pensiero: al giorno d'oggi i giovani hanno sistemi ben più tecnologici per attirare l'attenzione. Sogghignò mettendosi a sedere sul letto. In realtà stava piovendo. Non era il solito acquazzone, le gocce d'acqua venivano giù lente e ad intervalli regolari, proprio come accade in autunno. 9


Ivan fece per alzarsi, si girò sul lato sinistro del letto e appoggiò i piedi sulle fredde mattonelle di cotto del pavimento. Un brivido lo percorse da piedi a capo lungo la spina dorsale. Non amava usare le pantofole, ma in quel momento avrebbe voluto volentieri averne un paio. Afferrò l'orologio dal comodino e si avvicinò alla finestra con ampie falcate nel tentativo di sfuggire al freddo del pavimento. La luce gialla e fioca di un lampione, filtrata e rifratta dalle gocce di pioggia che scivolavano lente sul vetro, creava nella stanza un gioco di luci ed ombre degne di una pellicola horror. Ivan si sporse verso la luce per leggere l'ora sul quadrante nero del suo cronografo: l'una e un quarto. Si stropicciò gli occhi e portò una sigaretta alla bocca. Strofinò un fiammifero sulla striscia marrone abrasiva a lato della scatolina e l'accese. Adorava usare i fiammiferi anziché i soliti accendini a gas; l'odore di zolfo che emanavano aveva il potere di nascondere al suo olfatto il puzzo di fumo, che da sempre, nonostante il vizio, odiava. Solo in mancanza di questi usava un vecchio “Zippo”, appartenuto allo zio, con degli strani simboli graffiati e rovinati dal tempo e da qualche chiave che portava sempre in tasca. Già, lo zio. Era proprio lui il motivo che aveva 10


spinto Ivan a mettersi alla guida della sua Station Wagon grigia e farsi quei mille e trecento chilometri che separavano la sua modesta dimora nel più remoto angolo del Salento fino a quel casolare alle porte di Lugano: l'indomani infatti sarebbe stato il decimo anniversario dalla sua morte. Quando, poco più che bambino, si era trasferito con la famiglia in sud Italia, Ivan aveva pianto tanto per quella separazione forzata dagli zii, ma ogni estate aveva avuto la possibilità di andarli a trovare, per qualche settimana. Quanti ricordi affiorarono in quell'istante. Le giornate al lago a fare il bagno, le serate passate a giocare a carte sul balcone del loro appartamento, le barzellette che lo zio raccontava sempre e che lo facevano ridere tanto, finché, una mattina, un infarto gli ha fermato il cuore nella pasticceria dove lavorava, poco prima dell'orario di apertura. Perso tra i suoi pensieri, Ivan non si accorse che la sigaretta era bella e finita e che ormai ne stava fumando il filtro. Spense quello che ne era rimasto in un portacenere metallico appoggiato sul davanzale della finestra e guardò fuori: aveva smesso di piovere. Diede nuovamente un'occhiata all'orologio: l'una e trentacinque. Decise che era ora di provare a riaddormentarsi. Si diresse verso il letto e si rimise sotto le coperte, 11


che nel frattempo erano diventate fredde. Un ennesimo brivido gli corse lungo la schiena: “Se non sto attento mi beccherò un gran bel raffreddore” pensò. Si girò sul fianco destro, portò le ginocchia al petto e in breve tempo si arrese al dolce canto di Morfeo, nella sola, unica posizione in cui da una decina di anni riusciva a prendere sonno.

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INDICE Prefazione ................................................................7 Capitolo I ..................................................................9 Capitolo II ...........................................................13 Capitolo III ............................................................23 Capitolo IV .........................................................31 Capitolo V ............................................................39 Capitolo VI ..........................................................47 Capitolo VII ........................................................59 Capitolo VIII .........................................................65 Capitolo IX ............................................................75 Capitolo X ..............................................................81 Capitolo XI .............................................................89 Capitolo XII ..........................................................95 Capitolo XIII ........................................................101


ŠCopyright by Edizioni Miele Contrada Prosano 73034 Gagliano del Capo (LE) www.edizionimiele.it info@edizionimiele.it Proprietà Letteraria Riservata I diritti di riproduzione, traduzione e adattamento sono riservati in tutti i Paesi. Stampato in Italia - printed in Italy nel 2012




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