Testamento di un'amicizia

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ISBN 978-88-6332-154-8


Simonetta Locci

TESTAMENTO DI UN’AMICIZIA

Tutte le parole di un silenzio

Edizioni Miele


“Da Donna a Donna” Narrativa


Dedicato a chi è partito, a chi non è tornato e a chi è rientrato ma non crede più ai sogni: lascia che io diventi realtà.



Ci sono persone che sembravano parte della tua esistenza ma poi spariscono. Persone che spariscono in ombre, ombre che il tempo inghiottisce. Eppure a volte, qualcuna di quelle persone torna, forse per portarsi via anche la propria ombra o forse per diventare una vera presenza.



I Ricordi? Avevo sedici anni. Ero arrivata all’ascensore con gli abiti che gocciolavano più pioggia delle nuvole di fuori, e la faccia scura al pari del temporale in atto. Qualcuno aveva già preso posto sul pianerottolo, ma non lo avevo degnato di un’occhiata: non guardavo mai gli estranei in viso. Inoltre in quel momento avevo bisogno di un foglio bianco, solo di un foglio bianco, per parlare con il fratello maggiore a cui avevo dato vita, con l’inchiostro e la fantasia, sul mio diario. Così, mi agitai un po’ quando mi fu domandato cortesemente a quale piano dovessi andare. Risposi a stento e poi mi richiusi in me. L’ascensore, azionato, interruppe bruscamente la salita e restammo al buio. Era saltata l’elettricità. “Meno male che non ho avvertito nessuno che venivo!” commentò con tono scherzoso la voce maschile alla quale ora prestai attenzione, distogliendomi dal mio rammarico di non aver fatto le scale a piedi come al solito, anche se in quelle condizioni. Io tacevo sconcertata, ascoltando in sottofondo un bizzarro fruscìo di stoffa: un rovistar di tasche. “Altrimenti avrei pensato ad un sabotaggio” mi spiegò meglio il ragazzo, divertito. Uno striminzito fascio di luce materializzò un ventenne in mimetica. “Sei equipaggiato per ogni evenienza”. Io allusi alla torcia elettrica di dimensioni ridotte, tanto per darmi un contegno e contrastare la mia abituale timidezza. 9


Ricevetti un sorriso. “A furia di esercitazioni ogni tempo ed ogni ora, ci si comporta di conseguenza” spiegò lui, aggiungendo beffardo: “Tu al contrario non provvedi neppure all’ombrello nei giorni di diluvio, a giudicare dall’umidità che emani!” Puntuale alla provocazione, starnutii. E ridemmo in due. Eppure quella sera credevo che mi fosse stata sottratta l’ilarità, almeno fino a quando non avessi capito ciò che mi era accaduto prima di mettere piede nell’ascensore, ciò che dovessi fare per evitare che succedesse ancora. Intanto, il ragazzo mi aveva teso la mano. “Preso atto della situazione avversa che ci troviamo a condividere, propongo di presentarci. Io mi chiamo Diego Morini”. “Io Sonia”. Mentre gli stringevo le dita alla strozzata come mia abitudine, commentò impressionato: “Caspita, che energia!” Tornai triste, di colpo, ritraendo la mano dal contatto con la sua. Rammentai l’amarezza che mi doleva dentro. Perché tanta disinvoltura nata in pochi minuti? Merito del comportamento disarmante di Morini. Io però dovevo trovare una soluzione per salvarmi e solo lì, in quell’istante, mi accorsi di poterci riuscire. “C’è qualcosa che non va?” Il quesito di Diego mi impietrì. Alzai gli occhi a guardarlo: sembrava talmente sicuro di sé e forte e deciso… Avrei voluto essere come lui. “Scusa, non intendevo porre una domanda indiscreta” precisò di fronte al mio silenzioso disagio. 10


“Il punto è che… La mia energia si esaurisce nelle strette di mano” borbottai con una smorfia, l’espressione avvilita. Avevo l’impulso di continuare, ma mi frenava la mia incapacità di comunicare. Era la prima volta che provavo la tentazione di aprirmi con qualcuno, io che lo facevo soltanto sulle pagine di un diario. Quello sconosciuto doveva essere proprio un buon amico e avrei voluto confidarmi con lui. “Ognuno di noi ha le proprie debolezze, l’importante è non lasciarsene sopraffare” mi rincuorò. Le sue parole sortivano un effetto rassicurante, legato anche alla sua voce calma e ferma che io avrei definito “da grande”. Io mi sentivo molto piccola invece e forse quella sera mi ero comportata come una bambina indifesa. O forse lo facevo sempre. Però anche il ragazzo che mi stava davanti era stato piccolo e mi aiutava che me lo confessasse. “Io spesso ho usato la mia energia in maniera azzardata, magari in moto, o al mare la notte, in modi in cui si rischia anche di rimetterci la vita. Poi cresci, realizzi che il divertimento non esclude il rispetto di chi ti vuole bene e si preoccupa per te. Fidati, come io ho imparato a dosare la mia energia, tu imparerai a manifestarla anche in modi diversi dalle strette di mano” affermò Diego. Avrei voluto dimostrargli la mia considerazione per il suo incoraggiamento, ma non sapevo esprimerla. “Grazie. Avevo parecchio bisogno di qualche frase, stasera” mi limitai a pronunciare, sincera. “Ho qualcosa anche di più consolante” ammiccò ancora lui, estraendo di tasca una tavoletta di cioccolato e offrendomela. 11


“Extra fondente” lessi sulla carta. “Considerato che rappresenta l’unico avanzo della mia ultima “razione k” e quindi tutti i nostri viveri, spero non ti dispiaccia se ne reclamo metà anch’io!” puntualizzò Morini mentre scartavo la tavoletta. Era davvero incorreggibile! Ridendo di nuovo la spezzai a metà e gli cedetti la sua porzione. Per non smentire la sua vena burlona, Diego tornò all’attacco, mentre era evidente che il cioccolato dell’Esercito aveva la mia approvazione. “Buono vero? Anche le ragazze del mio plotone ne vanno matte” sostenne con complicità. “Ragazze del tuo plotone?” ripetei io, perplessa, considerato che alle donne non era ancora concesso l’accesso alle Forze Armate. “Sì, tipe ben piazzate, dai corpo-a-corpo con loro si esce distrutti!” confermò solenne. Capii che mi prendeva in giro ed alludeva ai suoi commilitoni! “Tutto sommato mi pare che tu tenga botta abbastanza!” stetti al suo gioco. L’elettricità ripiombò brutale. Serrai gli occhi, accecata dalla luce violenta, e quando li riaprii l’ascensore era già arrivato al mio piano. Era finito il fortuito scambio d’umanità che mi aveva insegnato tanto. Mi rincresceva. “Allora…” mormorai, delusa, imbarazzata, cercando una frase per congedarmi, col rimpianto di un’amicizia durata un istante. “Mi ha fatto davvero piacere conoscerti e chiacchierare con te. Se ti va, ti lascio il mio indirizzo e il numero della caserma, così ci risentiamo” fu l’iniziativa di Diego. 12


Lui pieno di risorse non aveva trascurato di portare anche una biro con sé! Mi scrisse i suoi recapiti ed io gli annotai i miei. Poi scambiammo un’altra stretta di mano alla strozzata, e le portine si richiusero sui suoi occhi castani puliti, la barba accennata, la mimetica e le sue tasche magiche. Mi avviai verso la soglia di casa, con la carta del cioccolato su cui spiccava la sua indisciplinata calligrafia, il retrogusto del fondente e una nuova consapevolezza di me. Quella sera per l’ultima volta parlai con il fratello maggiore del mio diario. Non aveva mai risposto alle mie domande e non mi chiese conto della mia decisione. Ora ne avevo uno reale, di fratellone. Tu ed io, Diego, sappiamo che gli eventi non si svolsero esattamente in tale maniera, ma è così che tengo a simboleggiare l’inizio della nostra amicizia. Perché quella sera buia io l’ho vissuta sul serio, durante la mia adolescenza, e tu mi hai fatto compagnia e animo, con la tua comprensione e la tua spigliatezza, mentre crescevo.

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ŠCopyright by Edizioni Miele Contrada Prosano 73034 Gagliano del Capo (LE) www.edizionimiele.it info@edizionimiele.it Proprietà Letteraria Riservata I diritti di riproduzione, traduzione e adattamento sono riservati in tutti i Paesi. Stampato in Italia - printed in Italy nel 2012



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