Sentieri d'acqua

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Sentieri d’acqua guida all’escursionismo in canoa

Alla scoperta delle rive di laghi, fiumi e mari a ritmo di pagaia

Edizioni CoastalTouring 1


Avvertenze! La lettura del presente materiale può indurre a dedicarsi all’appassionante attività dell’escursionismo in canoa. Siete avvertiti! Potrete così preparavi adeguatamente per poter affrontare in autonomia e sicurezza questa divertente attività.

E’ bene ricordare che nel testo si usa il termine canoa spesso riferendosi al kayak munito di pozzetto, ma sappiate che suggerimenti e indicazioni valgono per qualsiasi natante a pagaia.

Nessuna pagaia è stata maltrattata durante le prove in acqua documentate dalle immagini. Nessuna cartaccia o rifiuto è stato abbandonato nelle gite di cui abbiamo dato illustrazione. Insomma abbiamo sempre cura del materiale in dotazione e dell’ambiente dove pratichiamo!

Per quanto si descrivano tecniche di conduzione del kayak e si diano suggerimenti sull’organizzazione delle gite vi esortiamo, se siete principianti, a seguire un corso e a farvi accompagnare da una guida esperta.

Sopra e sotto: escursione in kayak doppio e singolo lungo la scogliera di Monterosso (SP). A destra: gita al lago del Brugneto in sit on top (GE)

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Sentieri d’acqua S

e amate stare all’aria aperta, se siete curiosi di scoprire gli ambienti naturali da inusuali punti di vista e visitare antichi borghi o città in modo inedito, sappiate che condividete le nostre stesse passioni. Se considerate poi importante rispettare l’ambiente e vivere le esperienze di viaggio in modo responsabile e sostenibile, guidati da uno spirito di reale partecipazione, allora abbiamo in comune anche questi valori. Guidati da queste convinzioni, abbiamo per anni tracciato percorsi, visitando luoghi e regioni sempre da prospettive non scontate, spartendo con tanti compagni di viaggio le emozioni delle scoperte. Queste esperienze le abbiamo vissute sui sentieri d’acqua che scorrono lungo le rive dei fiumi, dei laghi, delle lagune, dei mari, ma anche dentro alcune città. Abbiamo costeggiato aspre riviere selvagge, ma anche coste abitate dove abbiamo raggiunto borghi e porticcioli e ammirato antiche costruzioni, che si riflettevano sull’acqua. Naturalmente, seguendo il lento ritmo della navigazione di piccolo cabotaggio, ci siamo fermati, approdando per continuare la nostra visita sulla terraferma dove abbiamo scoperto l’accoglienza di nuovi amici. Questo per noi è l’escursionismo in canoa: un’esperienza che certamente completa un viaggio, offrendo prospettive diverse, mai banali. Un’attività da praticare con la consapevolezza dell’ambiente e dei mezzi che utilizziamo per essere sempre in sicurezza e quindi in tranquillità godendo appieno della nostra esplorazione. Speriamo quindi che questa lettura pos-

il 71% del pianeta è ricoperto d’acqua!

sa essere utile per chi si avvicina da neofita a queste esperienze o per chi, esperto, voglia trovare qualche spunto nuovo e stimolante.

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Sotto costa e lungo le rive La navigazione sotto costa è un’antichissima pratica poichè, fino a un passato non troppo lontano, le vie d’acqua rappresentavano spesso l’unica possibilità per raggiungere agevolmente località sulle rive di fiumi o di mari. Merci e persone per secoli hanno viaggiato, in diverse regioni della terra, spostandosi su piccoli natanti a remi, zattere spinte da pertiche e canoe con pagaie di diverse fogge e dimensioni. Riscoprire questa forma di navigazione è una modalità realmente sostenibile di interpretare un turismo intelligente, rispettoso e non di massa. Oggi esistono diversi natanti, derivati da storici modelli, che si prestano ad essere utilizzati a questo scopo. La canoa aperta di foggia canadese è ampiamente usata nei grandi bacini e fiumi del nord America, così come la canoa chiusa denominata kayak, di derivazione eschimese, che è agile, capiente con gavoni stagni e sicura anche nella navigazione in mare. Dallo scafo chiuso del kayak è derivata una versione aperta (sit on top) più pratica e facile da gestire, ma con limiti di conduzione e di carico. L’ultima nata è la tavola del SUP (Stand Up Paddle) che, sviluppata da quella per il surf, popola sempre più le spiagge delle regioni temperate. In questa pubblicazione ci focalizzeremo sul kayak e in particolare nella sua versione da mare (denominato sea kayak) che, per tanti aspetti, rappresenta un mezzo molto versatile per questa attività ed è quello che abbiamo utilizzato spesso in vari ambienti e condizioni.

Kayak e non solo! Sopra: Canoe canadesi in una discesa del fiume Ticino in Lombardia. Tavole SUP lungo la scogliera presso Camigli in Liguria. Pagina a fianco: in kayak da mare alla scoperta delle città sull’acqua. Dalla laguna di Venezia (sopra) ai fiumi della Liguria (Vara).

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Prima di prendere la pagaia

mo volentieri ad altre pubblicazioni o, ancora meglio, ai corsi tenuti da certificarti istruttori che fortemente consigliamo per i principianti. Altrettanto i suggerimenti sulla pianificazione e la gestione di una gita non possono essere considerati alternativi al servizio offerto da parte di guide qualificate che non solo conoscono il percorso e le eventuali criticità, ma soprattutto posso-

Come già in parte premesso, lo scopo delle informazioni che seguono è quello di avvicinare all’escursionismo in canoa, o come altrimenti definita, alla navigazione turistica in canoa, non quello di presentare un esaustivo corso di tecnica della conduzione del kayak o di navigazione costiera. Per questi casi rimandia-

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Responsabili dell’ambiente che ci ospita!

no arricchire l’esperienza di visita grazie alla loro famigliarità dei luoghi. Come in qualsiasi attività all’aria aperta - e questa a maggior ragione essendo svolta in un ambiente particolare come il mare, il fiume o il lago - esistono degli aspetti sulla sicurezza da considerare con attenzione, proprio perché vogliamo goderci appieno e in serenità questa esperienza. Questo è il motivo per cui iniziamo raccontando proprio come possiamo prepararci per affrontare al meglio questa attività, garantendo per noi e i nostri compagni di viaggio la maggiore sicurezza possibile.

Il castello dei Malaspina a Levanto I Malaspina, feudatari di Levanto, eressero un castello nel XII secolo a protezione del borgo, sui resti di quell’edificio la Repubblica genovese alzò l’attuale fortezza due secoli più tardi. 6


L’escursionismo sostenibile

L’impatto ambientale di un kayak è ovviamente minimo, ma ci sono zone dove anche questa navigazione è interdetta per preservare aree naturali integrali: attenzione quindi a raccogliere tutte le informazioni relative alla zona attraversata e sugli eventuali divieti. In ogni caso è buona norma osservare i seguenti punti: • Non lasciare tracce del proprio passaggio. • Raccogliere e riportare a casa tutti i rifiuti prodotti. • Evitare le confezioni usa e getta per le scorte di acqua e cibo. • Preferire contenitori durevoli magari in materiale eco compatibile.

L’escursionismo in kayak sposa perfettamente i principi della sostenibilità. Il mezzo infatti non è inquinante, non lascia segni di passaggio e permette di accedere ad aree non affollate. Il kayak consente inoltre di essere partecipi realmente dell’ambiente che si attraversa e consente di raggiungere scogliere e approdi non altrimenti raggiungibili. Per questo è spesso paragonato all’escursionismo terrestre, attività con la quale si integra perfettamente: molti itinerari infatti possono prevedere l’alternanza di percorsi a piedi, magari visitando un sito rivierasco, con tratti in canoa. Oggi qualsiasi attività ricreativa e turistica deve considerare il rispetto per la natura come una priorità non derogabile. L’escursionista in canoa deve portare ancora più attenzione operando in un ambiente fragile e già a rischio quali sono le riviere e le coste, soprattutto navigando all’interno di aree protette dove spesso ha il privilegio di andare conducendo un piccolo natante non a motore.

Sopra: Punta Mesco all’interno del Parco Nazionale delle Cinque Terre. La boa segnala il limite dell’area marina in zona A (navigazione interdetta). Pagina a fianco: nei pressi dell’isola di Caprera nel Parco Nazionale dell’arcipelago della Maddalena. 7


Un’attività per tutti in sicurezza

Un tratto di mare calmo è un contesto ideale per una gita di principianti, ma lo stesso tratto può diventare insidioso in presenza di onde, correnti o vento e diventare praticabile solo ai più esperti. Tratteremo ancora questo argomento, ma è bene tenere sempre a mente che è fondamentale valutare le condizioni che si affrontano, avere consapevolezza delle proprie capacità e tenere sempre la sicurezza come primo obiettivo.

L’escursionismo in canoa non prevede particolari condizioni o abilità che non siano alla portata di quasi tutti, dai ragazzini in età scolare alle persone anziane in buone condizioni fisiche. Naturalmente è richiesto di saper nuotare e di avere una accettabile acquaticità, mentre la tecnica di base per condurre la canoa si può facilmente apprendere. Nel prosieguo del testo daremo le indicazioni fondamentali per gestire la canoa con efficacia e tranquillità, ma esortiamo a considerare di avvicinarsi a questo mezzo insieme a una guida o a un istruttore qualificato: è certamente il miglior modo per iniziare bene, in sicurezza e averne subito grande soddisfazione. Come tutte le attività che si svolgono all’aria aperta le condizioni metereologiche sono un elemento determinante e modificano significativamente lo stato dell’ambiente richiedendo di adeguarci entro i limiti delle nostre abilità ed esperienze.

Sotto: un gruppo di canoisti su kayak singoli e doppi attraversa il canale di mare tra Portovenere e l’isola di Palmaria in Liguria. Pagina a fianco: escursione nei canali di Berlino nei pressi del museo della tecnologia. La capitale tedesca, oltre che essere divisa dal fiume Sprea, è attraversata da numerosi canali artificiali ralizzati nei secoli scorsi per facilitare il trasporto delle merci in città.

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Alla ricerca dei sentieri d’acqua

è soggetta a rilevanti maree e correnti, diventando così meta ideale per questa attività. In conclusione, se sommiamo l’estensione delle coste marine, delle rive dei laghi, dei fiumi e dei canali navigabili, comprendiamo in quanti possibili “sentieri d’acqua” possiamo avventurarci alla scoperta dell’ambiente che li circonda. Alcune città, costruite in lagune o lungo i fiumi, sono poi spettacolari mete da visitare pagaiando nei canali che innervano l’abitato. Chi scrive ha ancora in mente le memorabili escursioni guidate effettuate a Venezia, Amsterdam, Copenaghen, Stoccolma e Berlino. Lo avete certamente capito: appassionarsi all’escursionismo praticato in kayak è facile e, una volta apprese le essenziali abilità e conoscenze, che in questo libro richiamiamo, non resta che progettare un’escursione e vivere direttamente questa esperienza. Buone pagaiate!

C’è più acqua che terra. Questo è certamente vero se consideriamo l’estensione delle superfici marine a livello globale, ma anche in terraferma la presenza di fiumi e laghi navigabili è abbondante e molto distribuita in tante regioni. Un tempo queste vie d’acqua, naturali o artificiali, erano indispensabili per i trasporti, oggi sono, quando possibile, mete per sport acquatici o per la pesca dilettantistica. Il turismo naturalistico e cultuale su imbarcazioni a pagaia lungo queste acque interne è tradizionalmente già molto diffuso nei paesi dell’America e Europa del nord, mentre solo recentemente si sta avviando nell’area mediterranea dove, tra l’altro, beneficia di una stagione mite molto estesa. L’intera costa mediterranea, oltre a presentare queste favorevoli condizioni e un’estensione costiera amplissima, non 9


Kayak attrezzati e preparazione per l’imbarco a Monterosso in Liguria (sopra). Sotto: si esplora una cascata al lago d’Orta (NO)

Prospettive nuove e insolite Sopra: la scogliera a Monterorsso nelle Cinque Terre . Un gruppo di canoisti fa una sosta in prossimità di una piccola cascata. A fianco: attività ricreativa con un kayak sit on top sul lago artificiale del Brugneto presso Torriglia nell’Appennino genovese. 10


Pagaiare in sicurezza A

I rischi oggettivi

questo punto i sentieri d’acqua ci attendono e non vediamo l’ora di percorrerli, la nostra mente vola già alle meraviglie che incontreremo, i segreti che l’acqua ci svelerà, alle sensazione che il kayak ci darà scivolando leggero e silenzioso sull’acqua. Ma come sempre sarà fondamentale farlo in sicurezza. Essa è la caratteristica principe di ogni attività che svolgiamo e quindi anche quando passeggiamo sui nostri percorsi liquidi, che siano mare, laghi, fiumi o torrenti. La forma di sicurezza più efficace è sempre la prevenzione e, per poterla praticare efficacemente, dobbiamo conoscere, per quanto possibile, in maniera adeguata i rischi che potremmo dover affrontare. Diamo, innanzitutto in maniera estremamente schematica, una definizione di rischio: esso è rappresentato da tutte quelle situazioni che possono recare danno all’escursionista e specificatamente al canoista.

I rischi oggettivi possono essere molteplici e variare a seconda dell’ambiente in cui pratichiamo l’escursione. In maniera estremamente schematica, qui di seguito individuiamo tre macro ambienti ed elenchiamo in maniera non esaustiva i principali rischi oggettivi da monitorare e di cui tenere conto. Temperatura esterna e temperatura dell’acqua Per quanto concerne la temperatura sia dell’acqua che dell’aria, copriamoci adeguatamente, tenendo conto della temperatura dell’aria, soprattutto se fa freddo. Non facciamo l’errore di molti principianti e rischiamo di rovinare la nostra bella escursione, ossia sottovalutare il freddo o sopravvalutare la nostra resistenza ad esso. Una buona abitudine può essere quella di portare con se qualche indumento ag-

La sicurezza viene prima di tutto!

Il rischio, in particolare, si divide in due grandi categorie, quella del rischio oggetivo, che dipende dall’ambiente in cui si svolge l’attività e del rischio soggettivo, che dipende direttamente dalla persona che pratica l’attività. Questa distinzione ci permette di comprendere meglio e sopratutto identificare come approcciare la nostra attività. Quindi dai, ancora un po’ di pazienza e poi ci imbarchiamo!

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E’ fondamentale prima della partenza l’attenta programmazione del percorso da parte di tutti i membri del gruppo. Studiare insieme una cartina della costa e controllare le condizioni ambientali sono importanti momenti di condivisione .

giuntivo (una felpa in più, per esempio). Anche in caso di giornate molto calde, ricordiamo sempre di portare e indossare la crema solare, il cappello, gli occhiali da sole. Vestiamo possibilmente delle magliette che ci proteggano dall’eccessivo irraggiamento del sole, evitando così inutili insolazioni o scottature. E’ sempre importantissimo avere, poi, un’idea della temperatura dell’acqua, considerato che saremo in costante contatto, anche se seduti comodamente su un kayak, con un liquido solitamente freddo. Anche in periodi estivi, infatti, in alcuni ambienti, come laghi o fiumi, la temperatura dell’acqua può essere anche notevolmente fredda, più di quanto ci si aspetti. Inoltre potrà capitare di immergersi in essa, per, ad esempio, un bagno rinfrescante o per recuperare la posizione sul kayak o l’attrezzatura: in ogni caso, dobbiamo sempre essere in grado di potervi rimanere quanto decidiamo o quanto necessiti. Se ci si espone a un eccessivo calore possiamo essere soggetti ad ipertermia, invece in casi di temperature eccessivamente basse possiamo cadere in ipotermia. Entrambe le situazioni, nei casi più drammatici possono avere conseguenze

molto pericolose, quindi non vanno mai sottovalutate. Ostacoli e pericoli lungo il percorso In prossimità della riva, soprattutto di fiumi e laghi, dobbiamo porre attenzione a massi o alberi che possono ostruire il passaggio e causare un pericoloso incaglio della nostra canoa. E’ importante quindi valutare sempre in anticipo il percorso, specie se sospinti dalla corrente: fermarsi in un punto sicuro o effettuare un approdo può essere necessario, per osservare le condizioni ambientali e quindi trovare la linea giusta da percorrere. Nella discesa di un fiume, per quanto all’apparenza ampio e placido, si possono incontrare tratti con acqua mossa, ritorni di corrente, sifoni e colini che vanno individuati e passati con attenzione. Strutture estranee non naturali, quali tubi, cavi, carcasse di auto, rottami vari, tondini di ferro, possono poi trovarsi a pelo d’acqua e creare grave ostacolo alla navigazione. Può anche accadere di imbattersi in strutture artificiali che modificano il percorso, come dighe e sbarramenti, che necessitano lo sbarco a riva e il trasbor12


Onde, maree e correnti Il moto ondoso può creare gravi rischi alla propria e altrui incolumità: non iniziamo mai una escursione in presenza di mare molto mosso o agitato. Verifichiamo con grande attenzione altresì le previsioni metereologiche e, se necessario, valutiamo di interrompere un’escursione in caso di un aumento eccessivo del mare. Il moto ondoso non è peculiare del mare. I laghi infatti possono essere esposti a venti, anche improvvisi e molto impetuosi, che sono difficili da contrastare e che possono generare onde. Essi possono provenire da valli laterali e avere determinate stagionalità od orari: per questo ancora una volta lo studio preventivo delle condizioni ambientali e climatiche ci aiuterà a programmare in sicurezza l’escursione. Le maree nel Mediterraneo sono un fenomeno di scarsa rilevanza, ma in altre aree geografiche possono essere di grande portata, modificando repentinamente di parecchi metri il livello del mare e creando forti correnti. Poichè sono un fenomeno regolare e prevedibile con

do. In molti bacini lacustri, certamente in quelli artificiali, ci sono le prese per la captazione dell’acqua: inutile aggiungere che sono rigorosamente da tenere a distanza. Lo studio accurato del percorso, prima di cimentarsi nella discesa di un fiume o dell’attraversamento di un lago, permetterà di individuare questi elementi e di pianificare eventuali soste obbligate. In fiume un’ulteriore insidia da non sottovalutare è l’improvviso innalzamento del livello dovuta ad una piena. Presenza di altre imbarcazioni In mare o in lago la possibile presenza di traffico, dovuto ad altre imbarcazioni a motore o a vela e tendenzialmente più “grosse” di noi, può costituire un potenziale rischio. Questo soprattutto quando si incrocia la linea di un altro natante durante un attraversamento in zone di acqua aperta. Si deve sempre prestare a questo elemento la massima attenzione, tenendo possibilmente un’adeguata distanza di sicurezza e cercando di non intralciare l’altrui navigazione.

Le onde e la vicinanza agli scogli sono da affrontare con prudenza, consapevoli delle proprie capacità e attrezzati adeguatamente.

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I rischi soggettivi

accuratezza devono essere considerate nella pianificazione dell’escursione. Soggetta al vento, ma meno prevedibile nella sua intensità è la corrente lungo le coste. Questa può influenzare significativamente la velocità di progressione e quindi va considerata nella nostra pianificazione dei tempi della gita.

Essi dipendono dall’atteggiamento psicologico dell’escursionista, anche solo del momento, e vanno tenuti sempre ben in conto al pare di quelli oggettivi. Possono dipendere dallo stato fisico, psicologico, dalla personale propensione al rischio, dalla capacità di valutazione delle proprie abilità e di quelle altrui. Si possono manifestare ad esempio in una comunicazione poco o per nulla efficace, inducendo gli altri membri del gruppo a manovre sbagliate o pericolose. La percezione del rischio non corretta, la distrazione, la sottovalutazione, dovuta magari ad eccessiva confidenza, il desiderio di dimostrare, non essendone all’altezza. Questi sono tutti elementi che al pari di oggettive situazioni di rischio, possono mettere in pericolo l’escursionista ed i suoi compagni.

Punti di approdo Quando pianifichiamo una escursione, teniamo conto che dovremmo o potremmo avere necessità di sbarcare, ad esempio, su una spiaggia o su una scogliera per uno spuntino, per riposarci o perché le mutate condizioni meteo ci impongono di sbarcare al più presto. Pertanto valutiamo sempre prima il percorso, cercando di conoscerne in anticipo le caratteristiche salienti individuanto i possibili punti di approdo sicuri.

Preparati e consapevoli dell’ambiente intorno a noi

Come possiamo, quindi, rendere sicura e piacevole un’escursione, a prescindere dall’ambiente in cui svolgerla? Con la prevenzione e la programmazione, tenendo conto di tutti gli elemnti sopra indicati. Prevenzione, preparazione psicofisica adeguata, un adeguato bagaglio tecnico, conoscenza dell’ambiente, massima prudenza: questi sono gli elementi fondamentali per un’attività escursionistica in canoa in sicurezza. Vi sono, poi, in questa ottica, una serie di norme di sicurezza da rispettare sempre, quali: • il saper nuotare • indossare l’attrezzatura adeguata • evitare le uscite solitarie • indossare l’abbigliamento idoneo • avere le attrezzature di sicurezza • conoscere i segnali • evitare rischi eccessivi • non scendere in acqua in condizioni 14


sole sono indispensabili per evitare colpi di calore e abbagliamenti in estate. In inverno un berretto in neoprene è decisamente più protettivo. Una maglietta tecnica (possibilmente anti raggi UV) non solo protegge da sole, ma evita le abrasioni dovute allo strofinamento del giubbetto di aiuto al galleggiamento (meglio definito come supporto personale al galleggiamento). Nelle stagioni più fredde una maglia in neoprene sottile è ideale per trattenere il calore del corpo, mentre una giacca protettiva contro l’acqua e il vento sarebbe sempre da portare con sé in qualsiasi stagione (le condizioni atmosferiche cambiano!). Si consiglia anche nella stagione più calda di indossare dei pantaloncini, magari fin sotto al ginocchio) per prevenire le abrasioni causate dal sedile e dai punti di contatto all’interno dello scafo. Nella stagione più fredda dei pantaloni in neo-

psicofische non adeguate o precarie • non essere sotto l’effetto di alcool o droghe • seguire le indicazioni della guida o del capogruppo

Abbigliamento personale Stare ore in kayak significa essere certamente a contatto con l’acqua, essere esposti al sole, subire il possibile alzarsi del vento, forse anche poggiare i piedi a terra su superfici rocciose e insicure. Per questo il nostro abbigliamento deve essere in grado di proteggerci e di garantirci le migliori condizioni all’esposizione delle condizioni ambientali che, ricordiamolo, possono mutare durante il nostro percorso. Tutto l’abbigliamento in ogni caso deve essere di tessuto tecnico sintetico rapidamente asciugabile. Un cappello e un paio di occhiali da

Anche nella stagione più calda è imprescindibile un adeguato abbigliamento indossando giubbetto e sandali da scoglio

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do sempre all’asciutto. Inutile dire che si tratta di materiale particolarmente costoso e che necessita di un’accurata manutenzione. Per una gita giornaliera, anche invernale, in aree temperate è sufficiente un abbigliamento più semplice ed economico. Scendendo arriviamo ai calzari e alle scarpe. Consideriamo sempre che prima o poi si dovrà scendere a terra e non sempre ci troveremo su una confortevole spiaggia. E’ quindi buona norma dotarsi quindi sempre di calzari o scarpe con

prene leggero possono bastare. Giacche e pantaloni in tessuto trilaminato waterfroof traspirante con collare, polsini e cavigliere stagne a protezione dall’acqua sono la soluzione ideale nelle stagioni intermedie e invernali. Tuttavia si tratta di abbigliamento tecnico costoso il cui acquisto va certamente valutato. Nei paesi con un clima e un mare più freddi le mute stagne complete sono estremamente diffuse: permettono di vestirsi all’interno con capi d’abbigliamento adeguati alle condizioni climatiche restan-

Protetti e comodi!

cappello giacca d’acqua

pantaloni

calzari

Con il giusto abbigliamento si può affrontare in serenità un’escursione anche in condizioni climatiche non ottimali. 16


adeguata suola. Dai sandali (mai ciabatte aperte) alle scarpe da scoglio, agli stivaletti tecnici in neoprene le possibilità di idonee calzature sono molteplici. Così come si possono aggiungere calzari in tessuto o neoprene per proteggersi dal freddo. Eventuali guanti o moffole in neoprene (o lana cotta) possono essere altrettanto apprezzate in inverno. Un elemento dell’equipaggiamento indispensabile a cui abbiamo fatto appena accenno è il giubbetto di aiuto al galleggiamento: utile e imprescindibile per

un canoista! Per quanto bravi nuotatori non possiamo mai sapere cosa potrà accadere nell’arco di un’escursione. Il giubbetto non solo garantisce che il corpo resti in galleggiamento (aiutandoci nel caso dovessimo nuotare o sorreggendoci a pelo d’acqua se non in grado), ma permette di essere soccorsi facilmente offrendo sicuri appigli per essere afferrati. Il giubbetto è poi una protezione del busto nel caso di contatto con rocce e scogli. Ne esistono di varie forme, fattezze, dimensioni e modelli, alcuni più specifici per l’attività fluviale, altri per l’attività marina. Debbono essere sempre comunque indossati correttamente. La scelta del modello va quindi fatta oculatamente: deve essere adeguato all’attività di canoa (ampio spazio al movimento del torso e delle braccia), sostenere il proprio peso (verificare la spinta in Newton del galleggiante in rapporto al proprio peso), essere omologato. Per un canoista sopra i 50 kg di peso un giubbetto da 70 Newton di spinta è più che adeguato alle funzioni richieste (indicazione riportata nella targhetta del capo). Non si tratta infatti di un salvagente (oltre i 150 N) che garantirebbe il sostegno prolungato di un corpo inerte, ma che sarebbe troppo ingombrante e pesante, quindi eccessivo per un’attività sportiva e turistica sotto costa. Per completare l’equipaggiamento di base citiamo il paraspruzzi, ovvero la gonnella di neoprene o nylon che si adatta al bordo del pozzetto dello scafo e chiude così l’apertura una volta entrato il canoista evitando l’ingresso dell’acqua. Nell’abbigliarsi è comunque sempre importante considerare che nell’arco della giornata di escursione le condizioni possono cambiare e quindi è opportuno portare con sè, dentro sacche stagne, capi aggiuntivi e magari un cambio. Più avanti raccomanderemo anche quali attrezzature od oggetti sia opportuno avere

occhiali

giubbetto

moffole

paraspruzzi 17


in canoa, oltre al personale equipaggiamento, per affrontare al meglio una gita, specie se di parecchie ore. Adesso consideriamo invece le dotazioni personali a garanzia della propria e della sicurezza dei compagni di escursione.

personali e abbigliamento di scorta 6. kit di primo soccorso per qualsiasi evenienza sanitaria 7. casco obbligatorio in fiume e consigliato in mare vicino agli scogli con mare mosso 8. cima da traino per trainare la canoa di un compagno in mare o in lago 9. paddle float un galleggiante da agganciare alla pagaia per aiutarsi a risalire nel kayak dall’acqua in amre aperto 10. pompa di sentina per svuotare il pozzetto dall’acqua entrata in ambiente marino o lacustre.

L’attrezzatura di sicurezza Di seguito ecco un elenco di attrezzature che non dovrebbero mai mancare quando si effettua una escursione in kayak. 1. corda da lancio per soccorrere un canoista in difficolta in un torrente 2. coltello per recidere cime o lenze in cui ci si può inviluppare 3. fischietto per allertare i compagni o chiedere soccorso 4. pagaia di scorta nel caso che la prorpia si rompa 5. sacca stagna per contenere oggetti

Non necessariamente si devono avere tutte queste attrezzature (ad esempio la corda da lancio o quella da traino), ma

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Escursionisti in kayak a Vernazza nelle Cinque Terre (sopra) e nei canali di Padova (sotto). Essere in compagnia è anche una garanzia di sicurezza per tutti i partecipanti.

sicuramente le deve possedere ed essere in grado di utilizzarle chi il gruppo lo conduce, che sia la guida, o l’istruttore o il leader del gruppo.

Insieme in acqua La migliore preparazione e l’idonea attrezzatura possono però non essere sufficienti per risolvere tutte le eventuali situazioni problematiche. Essere in compagnia durante l’escursione significa avere l’assistenza e l’aiuto immediato dei compagni di pagaiata. Ecco perchè è fortemente consigliato di uscire sempre con altri canoisti. L’escursioniusmo in kayak è certamente una bella esperienza da condividere, ma grazie a questa condivisione possiamo essere molto più sicuri e tranquilli nel viverla. Se non ci sentiamo abbastanza preparati o non conosciamo bene l’itinerario possiamo sempre fare affidamento su guide qualificate o istruttori per accompagnarci nella nostra avventura.

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Non un kayak per tutti, ma a ogniuno il suo kayak!

Eskimesi in kayak (1930 Alaska) foto Northwestern University Library Edward S. Curtis Collection

coda

fianco

punta coperta

fondo

Il fondo del kayak merita un piccolo approfondimento: esso può essere piuttosto piatto o a forma di V, più o meno accentuata. Qual’è il migliore? Nessuno dei due, è una questione di preferenze personali: il primo garantisce maggiore stabilità a scapito della velocità, il secondo conferisce più velocità, ma per contro ha una minore stabilità. Quindi cosa scegliere? Quello che ci piace di più, l’importante è che ci dia soddisfazione e sicurezza. A sinistra un kayak da mare solca le acque del lago Brugneto (GE). A destra un kayak da torrente in azione.

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Il kayak L

no troverà con l’esperienza il mezzo che più si addice alle proprie caratteristiche e ambizioni. Se dovete acquistare il vostro primo kayak probabilmente uno scafo in materiale plastico potrebbe già soddisfarvi. Nella scelta valutate comunque che un perfetto mezzo per l’escursionismo dovrebbe essere abbastanza filante nell’acqua, ma nel contempo stabile e ben sicuro. Il vostro mezzo sarà il più importante compagno di viaggio, ne dovrete perciò conoscere bene le caratteristiche e i limiti tecnici. Se opterete per un kayak chiuso questo deve offrire un facile accesso nel pozzetto, una seduta comoda con puntapiedi regolabile e premicoscie (per tenere le gambe a contatto con lo scafo). In ogni caso quale che sia l’imbarcazione considerate che possa essere comodo mante-

’agoniato momento è finalmente giunto: si sale in canoa (o meglio nel kayak) e si prende la pagaia preparandoci a partire per l’escursione. Naturalmente possiamo utilizzare imbarcazioni di varie fattezze e dimensioni, ma nessun problema: sono sempre canoe e le loro parti essenziali hanno sempre lo stesso nome. E’ importante conoscere i vari termini e riferirsi a un linguaggio comune. Questo ci aiuterà a dare (e ricevere) sempre chiare e univoche indicazioni su come gestire l’imbarcazione e su quali manovre effettuare. Gli scafi posso essere di differenti materiali che si distinguono per rigidità (una dote che si accompagna alla velocità nell’acqua), peso e naturalmente costo. Gli scafi in polietilene (o altre resine plastiche) sono i più robusti e versatili, ma anche pesanti. Sono decisamente i più economici e ben adatti a sopportare i contatti con pietre e scogli. I kayak in fibra di vetro sono più rigidi e leggeri, ma sono anche più fragili. Il prezzo aumenta decisamente. I natanti in fibra di carbonio sono mezzi estremamente leggeri e performanti. Tuttavia sono molto delicati e dal costo importante. Esistono infine dei kayak in tela plastificata con elementi gonfiabili e una struttura interna di legno o alluminio per conferire rigidità allo scafo. Si tratta di mezzi che hanno il vantaggio della facilità di trasporto, ma penalizzati dal peso e dal costo elevato. Come si intuisce la varietà di forme e materiali è estremamente ampia: ogniu21


nere la corretta postura per un periodo prolungato. Le maniglie in punta e coda sono poi indispensabili per trasportarlo, mentre i cordini tienti-bene fissati sull’intera lunghezza dello scafo sono utili potersi aggrappare con facilità in acqua nei kayak da mare. I kayak da mare hanno spesso l’utile caratteristica di essere autosvuotanti (l’acqua fuoriesce da sola dal pozzetto una volta ribaltato lo scafo): questo faciliterà molto le operazioni di recupero in mare o in lago. Il kayak dovrebbe poi essere scelto con un adeguato spazio per riporre l’attrezzatura, il cambio e i viveri. I tipici kayak da mare possono avere gavogni stagni per tale scopo. Questi gavoni non riempiendosi d’acqua nel caso di rovescamento rappresentano una garanzia del galleggiamento dello scafo. Se il kayak ne fosse sprovvisto è indispensabile inserire all’interno dello scafo in punta e in coda dei sacchi di galleggiamento opportunamente gonfiati. Per quanto ben sigillati un pò d’acqua può sempre filtrare nei gavoni: per evitare che si bagni il nostro materiale si raccomanda perciò di utilizzare le sacche stagne al

punta-piedi regolabili

timone retraibile

loro interno. Alcuni kayak hanno anche una piccola deriva retrattile per mantenere la direzione (skeg) o un timone manovrabile dalla pedaliera per direzionare l’imbarcazio-

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ne. In presenza di forti correnti o di importanti onde di marea questi elementi sono di aiuto: chi frequenta gli oceani li ha certamente apprezzati durante la navigazione.

Pagaiamo! Presentiamo esempi di kayak che possono essere usati lungo i nostri sentieri d’acqua. Ogniuno ha caratteristiche che lo rendono particolarmente adatto a determinati ambienti e condizioni.

Kayak da fiume (white waters), dinamico e adatto a destreggiarsi scendendo dai torrenti. Kayak sit on top, a scafo aperto, facile da condurre in acque tranquille. Adatto alla pesca.

Kayak da mare, con scafo chiuso e gavoni, perfetto per lunghe escursioni anche di più giorni.

cosciale

pozzetto maniglie

gavone sedile con schienalino 23

tienti-bene


Sopra: conduzione controllata del kayak davanti a un ostacolo sul fiume Vara Sotto: escursione di gruppo all’isola d’Elba su kayak da mare.

Prospettive nuove e insolite Sopra: la scogliera a Monterorsso nelle Cinque Terre . Un gruppo di canoisti fa una sosta in prossimità di una piccola cascata. A fianco: attività ricreativa con un kayak sit on top sul lago artificiale del Brugneto presso Torriglia nell’Appennino genovese. 24


La tecnica U

ad esempio, costruire una solida casetta multicolore. Ogni nuova conoscenza è un mattoncino che aggiungiamo per arrivare ad una buona padronanza del mezzo e alla capacità di gestire un’escursione in autonomia. Ecco: questa casetta dai mille colori è la nostra tecnica, composta da mattoncini sistemati uno dopo l’altro grazie alla nostra pratica e all’esperienza che accumuliamo. Intorno alla nostra casa alziamo poi un recinto, che la protegge: delimita la zona di sicurezza che abbiamo tracciato grazie alle nostre competenze e alle dotazioni atte a prevenire, ma nel caso anche affrontare, i rischi di un’attività all’aria aperta e in particolare della navigazione.

na caratteristica che accomuna i bravi kayakers è l’economicità, nel senso che essi cercano sempre di ottimizzare gli sforzi e di ottenerne il massimo risultato. Questo approccio è poi indispensabile se si intraprendono lunghe escursioni, magari di più giornate, dove occorre dosare le energie per raggiungere gli obiettivi nei tempi stabiliti. Per ottenere questo fondamentale risultato non è necessaria una potenza fisica smisurata, ma una buona tecnica di base, che ci permetta di divertirci col nostro kayak, muovendoci in tutta sicurezza e piacere. Insomma gente, noi cerchiamo le “kayak good vibrations”. Cosa si intende per tecnica? Possiamo immaginare la tecnica della canoa come un mucchietto di mattoncini di Lego: posizionandoli opportunamente, potremo,

Pezzo per pezzo costruiamo la nostra tecnica appoggi spostamento laterale uscita bagnata

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timonata pagaiata circolare pagaiata in avanti


Seduti nel kayak

La pagaia

Come dicevamo, i kayakers, sempre attenti a non sperperare energie e saggiamente inclini alla comodità, stanno seduti in una posizione il più possibile confortevole e rilassata, ma che al contempo permetta di effettuare le manovre con facilità ed efficianza. L’immagine sotto rende bene l’idea. Ma osserviamola meglio: schiena dritta, busto leggermente piegato in avanti (per evitare di effettuare movimenti con la curva della schiena flessa, situazione foriera di dolori e/o traumi), le gambe posizionate all’interno , con le ginocchia aderenti ai fianchi dell’imbarcazione, magari inserite all’interno dei premicosce (se presenti), gli avampiedi appoggiati sul puntapiedi e i talloni rivolti verso l’interno e leggermente arretrati. Testa naturalmente alta (i kayakers hanno un atteggiamento fiero quando pagaiano), spalle rilassate. Cosa ne dite? Sembrava strano, ma provando vi state accorgendo che non è così male, vero? Le sentite ora le vibrazioni positive? Bene! E questo è solo l’inizio!

La pagaia è lo strumento che opportunamente impugnato ci aiuterà a conferire propulsione e direzione al nostro mezzo. Esistono numerosissime tipologie di pagaie, che si differenziano fra loro per forma della pala, del manico, lunghezza, materiali, dalle cosiddette europee (con pale sottili e larghe) alle groenlandesi (un lungo bastone sagomato alle estremità). Alcune di esse sono progettate per attività specifiche, altre sono, diciamo, più generaliste e si possono utilizzare in ogni situazione. Nell’individuazione dell’attrezzo consideriamo che sarà il nostro compagno di mille avventure, quindi scegliamolo bene: la caratteristica principale che deve avere è che sia adatto all’attività che vogliamo intraprendere e al nostro fisico. Utilizzarlo non deve crearci problemi o traumi muscolari o tendinei. Pertanto, scegliamo quella ci dà le migliori sensazioni, prescindendo dall’estetica o dai materiali più o meno prestigiosi; una splendida e luccicante pagaia in carbonio (con un grado di durezza alto e una pala gigantesca), potrebbe tranquil-

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A sinistra: si trova la corretta posizione delle mani sulla pagaia nella baia di Capolungo (Genova) A destra: pagaia groenlandese in legno ed europea in carbomio e fibra. Sotto: pagaia economica componibile. lamente rovinare la nostra passeggiata sull’acqua, se tutta la rigidità dell’attrezzo non è supportata da un’adeguata preparazione fisica, creandoci non pochi fastidi, causando fatiche inutili e dolori post pagaiata. Un consiglio può essere quello di sperimentare attrezzature diverse, per capire quale sia quella che meglio si adatta al nostro stile e al nostro fisico. Ora che sappiamo qualcosa in più sulle pagaie, vediamo come si impugnano. Innanzitutto, sebbene sia intuitivo, ricordatevi che le mani vanno posizionate sul manico dell’attrezzo alla medesima distanza dalla pala, sia a destra che a sinistra. Ma quale sarebbe la distanza corretta? Dipende dalle nostre fattezze e per trovarla esistono vari sistemi. Uno dei più semplici è quello di posizionare la pagaia sulla testa, più o meno sul suo punto mediano, creando con bicipiti e avambracci un angolo, che può variare tra i 70° e i 90°. In tal modo troveremo facilmente la posizione corretta e, qualora la perdessimo, potremo facilmente ritrovarla. Dopodichè ci concentriamo su un particolare piccolo, ma di grande importanza: la posizione del polso rispetto al manico. 27


Il polso deve essere sempre in linea con la mano e l’avambraccio, senza creare angoli. Un tipico atteggiamento posturale errato è il cosiddetto”polso accelerato”, ossia il polso tenuto piegato in posizione di accelerazione (immaginate di andare in moto e dovere aumentare la velocità), in fase di spinta. Ciò è assolutamente da evitare poiché in tal modo andiamo a scaricare l’energia della nostra spinta propulsiva prima sull’articolazione e poi sulla pagaia con pessime conseguenze. Quali? Dispersione dell’energia, quindi

più fatica e soprattutto alla lunga dolori e infiammazioni al polso. Infine vediamo come impugnare la pagaia. Afferriamo il manico con pollice ed indice chiusi a formare un anello (il tipico segno di ok), quindi appoggiamo le altre 4 dita sul manico, avvolgendolo progressivamente e morbidamente e disponendole a ventaglio. Complicato? Non quanto sembra: eccovi un piccolo trucchetto per trovare la presa corretta senza troppi pensieri. Teniamo il mignolo aperto e appoggiamo il suo polpastrello sulla parte superiore

Presa digitale e presa palmare.

e tendini, quindi evitiamola. L’insorgere di calli all’interno del palmo, oltre ad essere, soprattutto per le signore, non particolarmente bello dal punto di vista estetico, è segno di una presa sbagliata, quindi...occhio al callo, nel posto sbagliato.

Di cosa stiamo parlando? Quando la presa è corretta il manico viene afferrato quasi esclusivamente con le dita (da qui digitale), in modo da garantire la massima apertura, mobilità e libertà di movimento alle articolazioni. La presa palmare è invece quella scorretta, è quella con cui avvolgo il manico con il palmo della mano, creando un irrigidimento articolare a livello innanzitutto del polso, che mi impedisce di muovermi correttamente e crea stress a muscoli, articolazioni

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del manico; ci renderemo subito conto che le altre dita si disporranno correttamente sul manico senza alcuna fatica. Facile no? Un ultimo suggerimento: la forza con cui impugno il manico dovrebbe essere la medesima che potrei utilizzare nel tenere in mano un uovo fresco. Se stringo troppo o con forza eccessiva, produco un’ottima frittata, se invece lo avvolgo morbidamente e delicatamente con le dita della mano, continuo ad avere un uovo fresco. Con la pagaia devo fare lo stesso.

“Strane” considerazioni ne: eccovi allora pronti per la seconda considerazione un po’ stramba: il timone della vostra imbarcazione siete proprio voi, infatti il kayak va dove voi guardate. Lo sguardo direziona il kayak, potremmo dire in un’ottica un po’ Zen e un po’ soprannaturale, che la canoa sente dove guardate e lì si dirige. Eh si, vi capisco, qui ci vuole un po’ di fede, ma funziona proprio così. In realtà ci sono delle solide ragioni biomeccaniche e meccaniche che spiegano ciò, ma non vogliamo annoiarvi troppo, d’altronde siamo qui per fare dell’escursionismo, non per teorizzare. Perciò sappiate semplicemente che la vostra imbarcazione si dirigerà sempre dove rivolgo lo sguardo e oriento il busto. Provate per un attimo a immaginare che i vostri occhi siano posizionati non più sul viso, ma sulla parte frontale delle vostre spalle; se desidero procedere con una traiettoria rettilinea, allora, gli occhi dovranno guardare dritto davanti a me e pertanto gli occhi/spalle guarderanno davanti a me. Se voglio, invece, indirizzare il kayak verso sinistra, sicuramente i miei occhi per prima cosa dovranno guardare verso sinistra. Ormai avrete

Ora che vi siete equipaggiati, siete entrati nel vostro kayak e avete afferrato la pagaia... facciamo alcune utili considerazaioni prima di partire. Alcune vi sembreranno particolarmente strane. Nel valutarle non affidatevi solo alla logica di animali “terricoli”, ma incominciate a pensare da animali acquatici, mutando alcune prospettive. Ecco la prima originale affermazione: il motore del movimento del nostro kayak è il busto con le sue torsioni e non le braccia. Effettuando le torsioni col busto, ossia ruotandolo da destra verso sinistra e viceversa otterremo la spinta necessaria per spostare la nostra imbarcazione. Le braccia sono un semplice collegamento meccanico tra busto e pagaia, esse servono a trasmettere l’energia. Quindi tranquilli, non serve essere dotati di bicipiti poderosi e avambracci alla Popeye, ma semplicemente tanta tecnica. Quando inizieremo a navigare, come accade a tutti, probabilmente avrete qualche difficoltà a direzionare correttamente la canoa e un po’ frustrati vi chiederete “ma perché va sempre storta?” Penserete anche che “ci vorrebbe un timone”. Beh, avete perfettamente ragio29


compreso il resto: oltre allo sguardo ruoterò anche tutto il busto verso sinistra, cercando di portare le spalle a guardare il quella direzione. Eccoci infine alla terza affermazione shock: l’acqua è un elemento indomabile e più forte di noi, “ogni resistenza è inutile”, fatica sprecata opporvisi. Parimenti l’acqua è nostra amica ed il nostro più grande alleato, molto meglio sfruttarne l’incredibile energia a nostro vantaggio. Quando, durante le vostre escursioni o nell’esecuzione dei vostri esercizi avete la sensazione di forzare, beh probabilmente è vero, e potrebbe essere che stiate sbagliando qualcosa. Allora fermatevi e provate a eseguire la manovra “faticosa” più lentamente e con meno sforzo. Applicando la tecnica correttamente, i movimenti sono fluidi e leggeri e il kayak, muovendosi sull’acqua, dovrebbe trasmettere una sensazione di scivolamento, quasi volasse su di essa.

Per poterci spostare, ripeteremo questa successione di colpi senza soluzione di continuità e in maniera il più possibile fluida.

Suggerimenti! Se voglio evitare un ostacolo con il kayak l’unico metodo efficace è non guardarlo e concentrarmi invece sulla via di fuga, guardare altrove insomma, ignorarlo. Si tratta di portare lo sguardo (e magari anche il cuore) oltre l’ostacolo. Ciò è assolutamente innaturale: il nostro istinto ci spinge a controllarlo, ma in questa situazione tale comportamento è completamente inefficace. Una volta avvistato, traccio una rotta sicura che lo eviti e non mi curo più di esso. Altro suggerimento: quando eseguiamo le torsioni ricordiamo che nell’ordine dall’alto verso il basso, spalle e busto sono innestate nel bacino, pertanto per ruotare il busto più efficacemente e con una maggiore escursione, devo innanzitutto ruotare il bacino. Insomma danziamo nel nostro kayak e divertiamoci.

La pagaiata in avanti Finalmente ci muoviamo un po’: questo è il colpo più utilizzato in kayak ed è un autentico concentrato di tecnica: niente paura, c’è riuscito anche Benny la nostra mascotte! Prendiamo tutto quello che abbiamo imparato fino ad ora (rotazioni, busto, sguardo, impugnatura della pagaia) e mettiamolo insieme con qualche ulteriore accortezza e molta pazienza, perchè in questa fase di apprendimento, nonostante sicuramente stiate scalpitando, è fondamentale eseguire i gesti con precisione, con ampiezza e lentamente. Datevi tempo, non rimarete delusi. Il movimento della pagaiata può essere suddiviso in 4 fasi: attacco, passata, estrazione, fase aerea. 30


Passata Ora è arrivato il momento di scaricare l’energia della nostra molla sulla pagaia e quindi nell’acqua. Ci accorgeremo subito che ci aiuterà spingere sul puntapiedi con il piede corrispondente al lato della pala in acqua. Il nostro kayak comincia a muoversi, che soddisfazione.

Iniziamo, ad esempio, con una pagaiata a destra: partiamo con la fase preparatoria, in cui ruoto il bacino, portandone la parte destra in avanti e quella sinistra indietro, effettuando una torsione di busto e spalle verso destra in avanti; in tal modo fletto la gamba sinistra e spingo sul puntapiedi con il piede destro. A questo punto ruoto la parte sinistra del corpo, portando il busto e la spalla in avanti e verso destra. Come già sottolineato, il busto è il nostro motore e ne scaturiamo l’energia come fosse una molla: ruotando, in fase di preparazione, carico la molla e poi scarico per generare la spinta in acqua, tornando alla posizione iniziale, per poi ricaricarla, ma dal lato opposto.Carica e scarica la molla, più semplice di così. Vediamo ora le varie fasi più nel dettaglio. Attacco Per attacco si intende quando, qui i puristi ci odieranno, “inzuppo” la pala in acqua con il giusto angolo. Inseriamo la pala in acqua in maniera netta, senza sollevare schizzi, generare schiuma, siate silenziosi. Quando la pala è completamente immersa nell’acqua possiamo allora passare alla fase successiva.

La tecnica della pagaiata non cambia se utilizzo un kayak singolo, un doppio o un altro tipo di canoa.

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Estrazione Esaurita la torsione del busto, ovvero la molla torna in posizione di riposo, estraggo la pagaia dall’acqua, sfilandola, ossia estraendola verticalmente dall’acqua senza spruzzi ne attriti. Ciò avviene quando la mano in basso, quella più vicino all’acqua, arriva all’altezza del fianco. A questo punto basterà portare la mano destra all’altezza della spalla. Fase aerea Con la fase aerea cambio lato di propulsione, con la pala in aria e parallela alla superficie dell’acqua: ruoto semplicemente il busto e quando la mia mano sinistra torna sul lato sinistro del kayak, abbasso la pagaia in acqua, trovandomi pertanto nuovamente nella fase di attacco.

Suggerimenti! Piccolo trucchetto: per eseguire questa lunga serie di semplici movimenti senza troppo pensarci, potete semplicemente concentrarvi sulle vostre mani, ossia, dopo avere immerso la pala a destra, voglio che la mia mano sinistra attraversi la coperta del kayak da sinistra fino al lato destro e viceversa quando cambierò lato. Effettuando questo movimento, detto “incrociare” eseguirò la torsione senza doverci nemmeno pensare.

Ora approfondiamo ulteriormente alcuni fondamentali particolari. Innanzitutto le braccia: esse trasmettono l’energia dal busto alla pagaia evanno mantenute leggermente flesse, spingendo in avanti la mano in “alto” (e polso steso) ed evitando di piegare il gomito del braccio opposto, mantenendo sempre lo stesso angolo. Inoltre, assecondiamo il movimento della pala in acqua, non forzandola a passare parallelamente allo scafo, anzi spingendola per quanto possibile lontano dal kayak, con una traiettoria obliqua rispetto allo scafo. Eseguendo correttamente la torsione, incrociano con le mani lo scafo, tutto verrà da se con strema semplicità. Una caratteristca molto particolare di cui non avevamo parlato precedentemente è la differente inclinazione delle pale l’una dall’altra, ossia il cosiddetto angolo di pagaia. Si possono trovare ed utilizzare pagaie con svariate angolazioni, 90, 60, 45, 30, 0 gradi. Escludendo l’ultima, che non lo prevede, tutte le altre necessitano l’effettuazione di un movimento tanto piccolo quanto

importante che è lo svincolo svincolo, che ci permette di immergere la pala in acqua con la corretta inclinazione assiale. Paura eh? Invece è tutto semplicissimo: se ho una pagaia destrorsa, accelero con il polso, cioè piego verso l’alto il polso destro, facendo così ruotare il manico della pagaia. In questo caso la mano che “comanda” è la destra, ma nel caso di un’attrezzatura da mancini il tutto è rovesciato. Ultimo elemento sono le mani: una abbiamo detto che comanda, cioè ruota il manico, mentre l’altra afferra morbidamente il manico, permettendone la rotazione al suo interno.

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Sopra: la posizione di attacco. La pagaia entra in acqua vicino alla posizione dei piedi all’interno del pozzetto (1). Da questo momento inizia la fase di spinta che si conclude quando la pagaia sommersa sarà arrivata all’altezza del bacino (2). Alzando rapidamente il braccio all’altezza della spalla (3) si estrarrà la pagaia iniziando così la fase aerea del movimento.

Pagaiata all’indietro

Anche il verso di utilizzo della pala non subisce variazioni, quindi lavoreremo spingendo via l’acqua con il dorso della pala; mi raccomando non ruotate la pala per spingere col cucchiaio! I piedi invece non spingeranno sul puntapiedi, ma sarà la nostra schiena a spingere sullo schienalino, daltronde stiamo retrocedendo.

La pagaiata all’indietro o retro propulsione può risultare molto utile in svariate situazioni. Innanzitutto è un comodissimo sistema per rallentare, qualora sia necessario, o addirittura fermare il kayak. In particolare questa tecnica si utilizza quando, muovendomi a favore di corrente e da essa sospinto, voglio diminuire la velocità se, ad esempio voglio osservare meglio e con più calma la linea che sto per effettuare. Si tratta sempre di una propulsione, pertanto vale quasi tutto quanto visto per quella in avanti: lo sguardo è sempre rivolto nella direzione in cui vogli andare, quindi adesso guarderemo all’indietro; dato che però non siamo dei gufi (quanto meno in senso letterale), per farlo dovremo sempre ruotare testa e sistema bacino-busto-spalle all’indietro ogni volta che cambio lato di lavoro, eseguendo torsioni alternate a destra e a sinistra. 33


La pagaiata circolare

diminuzione di velocità e quindi spreco di energie. Come eseguirla? Basterà effettuare questa semplice successione di azioni: guardo, piego, carico la molla (rotazione del busto), scarico la molla, ricarico. Il kayak girerà senza difficoltà. Andiamo ad analizzare un pochino nel dettaglio queste fasi. Guardo: fisso il mio sgardo sull’obbiettivo, ossia la mia destinazione. Banalmente guardo a sinistra. Carico la molla: carico come una molla il mio sistema bacino-busto-spalle; così facendo il kayak si inclinerà leggermente sul lato di lavoro (il lato dove agirà la pala in acqua), ossia quello opposto alla direzione in cui voglio girare. Dovremo ora tenere il kayak inclinato sul fianco (senza eccedere) per tutta l’esecuzione del colpo: basterà semplicemente alzare leggermente la “chiappa” destra (in questo caso), fino a quando la rotazione non sarà terminata. Se vogliamo definirlo in maniera più ufficiale diremo

A questo punto un dubbio sorge spontaneo: ma se devo cambiare direzione? Come faccio? Niente di più semplice, eseguo una pagaiata circolare. Se la effettuo sul lato destro, il mio kayak ruoterà verso sinistra, viceversa il mio lato di lavoro è il sinistro, la mia imbarcazione girerà a destra. Anche in questo caso utilizziamo, sebbene in maniera leggermente diversa, tutto ciò che abbiamo già visto e imparato inizialmente e che stiamo apprezzando quanto sia importante per la conduzione del nostro kayak. La pagaiata circolare può essere eseguita in avanti o indietro. Vediamo ora la prima: pagaiata circolare in avanti, ad esempio, a destra. Essa mi permette di variare la direzione del mio kayak verso sinistra, senza un’eccessiva perdita di velocità. La adotterò quindi, non solo per cambiare rotta, ma anche per, ad esempio, effettuare piccole correzioni di linea, senza

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Sinistra: la pagaia in acqua funge da fulcro (F) al movimento della canoa che virerà dal lato opposto. Rispetto allo scafo la posizione della pagaia disegna un semicerchio a partire dal punto di attacco (1) fino all’estrazione (3) ritardata verso la coda. Le braccia avranno un ruolo secondario in termini di forza propulsiva. Gran parte della spinta deriverà dal busto e dalle gambe. In particolare le gambe contribuiranno con una spinta laterale a far ruotare il kayak nella direzione voluta. Piccolo trucchetto: staccate leggermente i piedi dal puntapiedi!

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alto” dovrà lavorare sempre all’altezza degli occhi e che la punta del gomito dovrà essere orientata verso il basso. Il braccio esterno sarà steso, quello interno al limite leggermente flesso; una volta immersa completamente la pala nell’acqua fino all’innesto del cucchiaio nel manico, sposteremo con il movimento di torsione il kayak (non la pala). Eh si, perchè, anche in questo caso, come avrete ormai compreso, non è la pala che si sposta nell’acqua, essa è il fulcro della nostra manovra: è il kayak che viene spostato, attraverso il lavoro della nostra molla, allontanando la punta e avvicinando la coda alla pala. Non c’è che dire, si tatta di un autentico trucco da illusionisti. Agli occhi di uno spettatore inesperto, infatti, sembrerà che la pala si muova nell’acqua, mentre in realtà è il kayak che ruota intorno ad un fulcro che è la nostra pala in presa nell’acqua. La pagaiata circolare indietro è esattamente l’opposto di quella in avanti. Si effettua immergendo il fulcro, ossia la pala, in prossimità della coda e facedo poiruotare il kayak, fino a portarne la punta in prossimità della pala. Il cucchiaio in acqua sarà sempre con il medesimo orientamento di una pagaiata in avanti. Se ho necessità di ruotare il mio kayak nella direzione opposta, senza “perdere terreno”, ad esempio in un piccolo spazio, posso utilizzare una combinazione dei due colpi appena analizzati, che mi permetterà di farlo girare su se stesso. Quindi, prima pagaiata circolare in avanti, poi pagaiata circolare indietro, sempre con lo sgaurdo rivolto, in entrambe le fasi, verso la direzione ricercata. Efficacissimo, richiede poco spazio, ma ferma il kayak. Questo colpo può essere utile per esempio se siamo fermi e desideriamo indirizzare la punta nella direzione opposta in maniera veloce.

che stiamo eseguendo l’ “edging” (ossia “alzo la chiappa”) Scarico la molla: la nostra molla/sistema bacino-busto-spalle è solidale al kayak. Ruotandolo, faccio ruotare la mia imbarcazione. La pala rimane fissa in acqua e la canoa le ruota intorno: al termine della rotazione del kayak intorno ad essa, la coda arriva quasi a toccare la pala. Ricarico la molla: a questo punto estraggo la pala, ricarico la mia molla e in tal modo porto le spalle nella direzione in cui voglio andare, nel nostro caso verso sinistra. Ricordiamo sempre che la parte superiore del mio corpo è il timone del mio kayak. Eseguendo questi semplici movimenti (fissare un punto con gli occhi vi sembra complicato?) con precisione e la giusta quantità di forza, il nostro kayak, qualunque foggia o forma abbia, ruoterà a nostro piacimento. Ancora qualche piccolo dettaglio: la posizione delle braccia. Ricordiamo innanzitutto che “la mano in

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La timonata Per indirizzare il kayak o per fare delle correzioni di traiettoria senza perdere velocità, possiamo adottare il colpo cosiddetto della timonata, una tecnica molto semplice ed efficace. Mentre il kayak si sta muovendo, posiziono la pagaia su un lato, parallelamente ad esso, alla distanza dallo scafo pari alla lunghezza dell’avambraccio, sempre con lo sguardo che punta sempre l’obiettivo. Ipotizziamo di effettuare una timonata a sinistra: la mano destra si toverà all’altezza circa degli occhi, mentre quella destra in basso e la pala sinistra dovrà essere immersa completamente in acqua, come d’abitudine fino al punto di giunzione tra pala e manico. Agendo alternativamente sul cucchiaio e/o sul dorso della pala, avvicinando o allontanando la pala, otterrò di mantenere la traiettoria, se la pagaia è parallela allo scafo, o indirizzarla verso destra o sinistra. Provare per credere. Ricordate sempre che il braccio basso deve avere sempre l’avambraccio perpendicolare allo scafo e l gomito deve essere basso e piegato a 90 gradi circa; non tenete mai il gomito in alto, in quanto in tal modo la spalla va in extra rotazione e rischiate pericolosi traumi.

Sopra: nella baia di Quinto al Mare si sfrutta l’abbrivio correggendo la direzione con la pagaia immersa e gestita come fosse un timone.

lela alla linea sinistra dello scafo. Come vi renderete conto ci vuole un po’ di esercizio per “sbloccare” busto e bacino, ma con l’esercizio la loro mobilità migliorerà visibilmente. Il braccio destro (quello in alto) è leggermente flesso, la punta del gomito è rivolto verso il basso e contemporaneamente portiamo la mano al di fuori dello scafo, mantenendola all’altezza degli occhi; braccio sinistro steso, ma senza eccedere in posizioni innaturali. L’impugnatura del manico è, come già sottolineato, sempre la stessa, non è necessario spostare le mani lungo il manico alla ricerca di leve solo apparentemente più favorevoli; inoltre è morbida e rilassata e medio, anulare e mignolo sono aperti a ventaglio. E ora azione! Immergiamo completamente la pala sinistra nell’acqua, fino alla giunzione col manico, cucchiaio rivolto verso il kayak, alla distanza massima che l’escursione delle braccia mi consente, dopodichè

Spostamento laterale Vi potrà capitare di avere la necessità di spostare lateralmente il kayak: per farlo utilizzeremo la tecnica dello spostamento laterale. Come sempre, ricordiamo lo sguardo, le torsioni, l’impugnatura morbida della pagaia, elementi anche in questo caso imprescindibili. Ipotizziamo di volerci spostare verso sinistra: ecco la posizione di partenza. Testa alta e ruotata verso sinistra, torsione decisa del busto, fino a portare, possibilmente, la linea delle spalle paral36


iniziamo a spingere con il braccio destro (alto) e contemporaneamente a tirare con quello sinistro (basso); eseguendo questo movimento lentamente, noterete che il kayak comincerà a spostarsi verso sinistra. Una volta che la pala immersa giunge alla giusta distanza dallo scafo, dovremo riportarla alla posizione di partenza, per poi ripetere questa combinazione di movimento per quanto necessario. Ma quale sarà la “giusta” distanza? Semplicissimo: quando il nostro gomito sinistro scontrerà il fianco, ci fermeremo; piegando poi il polso a 90 gradi, alleggerendo la presa della mano destra, in modo da consentire al manico di ruotare, porteremo la pala immersa in acqua in posizione perpendicolare rispetto allo scafo, per poi riportarla alla posizione di partenza, senza estrarre la pagaia dall’acqua, che potrà muoversi, senza incontrare resistenza alcuna.

Spostamento laterale

Affiniamo la tecnica con destrezza!

La sfilata Il colpo con cui sposto la pala in acqua da un punto all’altro, posizionando la pala di taglio, quindi in assetto cosiddetto neutro, si definisce sfilata. Essa permette di variare la posizione della pala in acqua da un punto all’altro senza doverla estrarre, con benefici su stabilità e maggiore velocità nella variazione dei colpi. Esecitarsi nelle sfilate è anche un ottimo esercizio di destrezza. Ricordiamoci sempre, infine, di effettuare la combinazione di colpi con fluidità e movimenti morbidi, senza forzare e senza strappi, a partire dall’impugnatura, mai aggressiva e stretta.

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Appoggio basso L’appoggio basso è una delle manovre che mi permetono di recuperare l’equilibrio, quando il kayak si sbilancia lateralmente. Il nome di questo colpo è di per sè evocativo: con esso, appoggiando, per l’appunto, il dorso della pala sull’acqua dal lato di caduta, potrò recuperare una posizione stabile. Può essere suddiviso in poche semplici fasi e movimenti che, concatenati, potrebbero evitarci una rinfrescante uscita bagnata. Fase 1: proviamo a sbilanciarci a destra: per recuperare innanzitutto alzo i gomiti fino a creare un angolo di 90 gradi con il bicipite e l’avambraccio, che deve essere il più possibile perpendicolare all’acqua. e mi raccomando, polso bello dritto e anch’esso perpendicolare sull’acqua. Fase 2: in tal modo il dorso della pala si appoggierà sull’acqua, creando un sostegno alla nostra azione di recupero dell’equilibrio da eseguire con i fianchi. Fase 3: sfruttando il sostegno generato dalla pala, con l’azione dei fianchi e del bacino raddrizzo il kayak: alzo il fianco destro (tirando se ci aiuta una bella ginocchiata verso l’alto) e in tal modo sollevo il fianco riportando su il kayak. Fondamentale è la posizione della testa, che

Sopra: con un colpo deciso di pagaia si ristabilisce l’equilibrio della canoa. Le braccia sono quasi allineate ai fianchi e la pala pure. Non arretriamo il peso e conserviamo sempre una posizione anteroversa.

contrariamente a quanto venga istintivo compiere, deve rimanere piegata verso l’acqua, dal lato di caduta, fintanto che la posizione non sia recuperata. Diversamente il movimento di recupero del bacino-fianchi risulta bloccato e inefficace.

Un appoggio alto con bassi i gomiti per evitare la sovraestensione delle spalle.

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Appoggio alto

tocca l’acqua, con l’azione dei fianchi e del bacino raddrizzo il kayak. Posso anche, per essere ancor più efficace, “tirare una ginocchiata” verso l’alto con il ginocchio più vicino all’acqua, a voler raddrizzare il kayak. La testa, come già sottolineato, ma è fondamentale ricordarlo, rimane sempre piegata verso l’acqua, fintanto che la posizione di equilibrio non sia definitivamente recuperata.

L’appoggio alto è molto simile nell’esecuzione a quello basso, la dinamica di busto, bacino, ginocchia è la medesima, cmbiano solo pochi ma importanti particolari. Effetuarlo è molto semplice e possiamo suddividerlo in tre fasi. Fase 1: posiziono i gomiti in basso e ben aderenti ai fianchi, in modo da mantenere le spalle chiuse e protette; i polsi saranno piegati a novanta gradi verso l’alto, cosicchè il cucchiaio della pala sia rivolto verso l’acqua. Ovviamente anche in questo frangente la destra o la sinistra, a seconda della predominanza, sarà quella che comanda. Fase 2: conclusa la fase di preparazione mi sbilancio da un lato; “ cadendo di lato” e piegando la testa verso il lato di caduta, il cucchiatio della pagaia si appoggierà piatto sull’acqua. Fase 3: appena percepisco che la pala

Sia nell’appoggio alto che in quello basso il recupero della posizione di equilibrio avviene grazie al movimento del bacino e dei fianchi o se preferite alla ginocchiata verso l’alto, mentre l’appoggio sull’acqua dà soltanto un temporaneo e molto breve sostegno, che mi serve solo per dare inizio alla terza fase. Non fatevi ingannare, spingere con le braccia non serve a nulla, anzi ci farà inevitabilmente affondare in acqua.

Consiglio! L’acqua non è un nemico, ne ci minaccia, anzi è il nostro miglior alleato; quindi non abbiatene timore e negli appoggi tenete sempre lo sgaurdo rivolto verso di essa e il collo ben piegato e rilassato verso il lato di caduta. Non scappate dell’acqua, sebbene recentissimi studi scientifici abbiano dimostrato che è bagnata!

!?

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Nella posizione a destra si rappresenta come, in caso di ribaltamento, si debba proteggere il corpo e il capo reclinandosi sullo scafo e trattenedo sotto il braccio la pagaia. Poi si dovrà afferrare l’anello del paraspruzzi e tirarlo in avanti consentendo così lo sgancio dal bordo del pozzetto.

Uscita bagnata

Come sempre, quando ci sediamo sul kayak, indossiamo il nostro comodo salvagente; le primissime volte, poi, è meglio effettuare la manovra senza il paraspruzzi indossato. Sediamoci sul kayak, sbilanciamolo, ondeggiando lateralmente fino a farlo ribaltare; una volta sott’acqua con molta calma, ci sfiliamo da esso fino ad uscirne. Sarà stupefacente notare come sia tutto estremamente semplice e naturale. Bene, ora che abbiamo sperimentato la manovra senza paraspruzzi e siamo tranquilli, proviamo la manovra completa con il paraspruzzi. Nuovamente sbilanciamo il kayak fin a farlo ribaltare e, una volta sott’acqua, con molta calma procediamo a segnalare ai nostri compagni cosa sta accadendo: con le braccia stese fuori dall’acqua, battiamo con forza le mani tre volte sullo scafo (pam, pam, pam), in modo da richiamare l’attenzione con dei segnali rumorosi. Dopodichè, sempre con le braccia stese

L’uscita bagnata è un gioco molto divertente e soprattutto utile, per uscire dal kayak “sit-in” quando si capovolge. Cominciamo sfatando un paio di miti che affliggono la pratica del kayak: innanzitutto non è necessario, per una normale attività amatoriale, sapere eseguire un eskimo; poi in caso di ribaltamento dell’imbarcazione con canoista a bordo, il kayak non è una “trappola per topi”, nella quale rimarremo irrimediabilmente incastrati, ma con pochi semplici movimenti potremmo uscirne senza alcuna difficoltà. A questo punto non resta che provare in uno specchio d’acqua tranquillo, con un fondale possibilmente non profondo, può bastare un metro e mezzo d’acqua, magari facendoci assistere, le prime volte da un istruttore o da un amico esperto che ci presti assistenza, nel caso necessitasse. 40


e con un movimento lento ed ampio, effettuo una sorta di sventolamento, in modo da eventualmente potere afferrare la punta dell’imbarcazione offerta da un compagno ed effettuare un eskimo rescue. Ripeto lo sventolio due o tre volte, quindi, in assenza di intervento altrui, esco dal kayak: afferro la maniglia del paraspruzzi con una o entrambe le mani, la tiro verso di me, quindi, facendo scorrere le mani sul bordo del pozzetto, dalla punta verso i fianchi, apro il paraspruzzi. Con le mani che afferrano il pozzetto ai lati all’altezza dei fianchi, con testa e busto piegati in avanti, effettuoo una sorta di capriola e mi spingo fuori dal kayak. Pare complicato o lungo? Beh per leggerlo attentamente occorrono circa 20 secondi: più o meno quanto necessita per eseguirlo in acqua, quindi se avete dubbi sulla vostra capacità di trattenere il fiato abbastanza a lungo semplicemente rileggete il paragrafo precedente, trattenendo il fiato fino alla fine del paragrafo e probabilmente scoprirete che “avete il fisico “ per farlo. Una volta emersi, capovolgete immediatamente il kayak e tenetelo vicino a voi, afferandolo per le deck line (se ci sono) o per la punta o la coda (non appende-

tevi al pozzetto, altrimenti rischiate di riempirlo ulteriormente d’acqua) e tenetelo vicino a voi, in attesa dell’aiuto di un compagno o se siete in grado, risalite in maniera autonoma. Esercitiamo questa tecnica, peraltro utilissima per rinfrescarsi in una calda giornata di kayak, acquiasiamo dimestichezza con essa con l’acqua e cerchiamo di saperlo eseguire in scioltezza in qualunque situazione.

Rientro in kayak in autonomia Può accadere di finire in acqua, magari dopo un cappottamento ed è sicuramente utile essere in grado di risalire autonomamente in canoa, anche se, ricordiamolo sempre, non si va mai in kayak da soli. Un sistema abbastanza semplice che possiamo adottare è il seguente: una volta effettuata l’uscita bagnata e girato il kayak, mi sposto lateralmente e mi posiziono a metà della sua parte posteriore. Afferro il bordo opposto della coperta e vi salgo sopra, mantenendo il corpo basso, in modo che la mia pancia si posizionata sulla coperta della canoa, facendo si

Rientro in kayak risalendo dalla coda e scivolando verso il pozzetto. 41


nella fase iniziale; infatti ci porteremo lateralmente in prossimità della parte posteriore della coda, quasi in fondo, e da lì saliremo strisciando sul kayak a cavalcioni, sempre afferrando il bordo del pozzetto o le maniglie.

che spalle e petto fuori escano da essa. A questo punto ruoto il corpo, facendo perno sulla pancia, con le gambe tenute bene aperte e penzoloni al di fuori dello scafo (massimizzando così l’equilibrio) e afferro con entrambe le mani il pozzetto. Senza sollevarmi, striscio verso di esso, fino a che non avrò la testa oltre il suo bordo e il sedere a circa la sua metà; ora posso finalmente sollevarmi, tirando su il busto e contemporaneamente lasciando scendere il sedere sul sedile. A questo punto posso infilare, una alla volta le game. Ecco fatto, un gioco da ragazzi! Nel caso si utilizzi un sit on top, la procedura è praticamente la medesima, semplicemente dovremo salire a circa metà dell’imbarcazione e non dietro al pozzetto. Invece, se ho un kayak sit in di ridotte dimensioni si adotterà una piccola variante

Suggerimenti! Le operazioni di rientro in canoa potranno essere più agevoli con l’aiuto di un compagno di navigazione che, affiancando il vostro kayak, lo tratterrà evitandone il ribaltamento durante la vostra risalita. Essere almeno in due in un’escursione è una buona pratica di sicurezza: gli eventuali inconvenienti potranno così essere risolti più facilmente e in minor tempo.

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La gita U

Occhio al meteo!

n’attrezzatura adeguata e una buona capacità nella conduzione del nostro natante sono le premesse per avviarci alla pratica dell’escursionismo in canoa, ma non sono sufficienti, come abbiamo anticipato, per garantirci la sicurezza di poter godere in tranquillità la nostra gita. Occorre infatti valutare una serie di elementi e quindi pianificare con cura la nostra attività. Una buona pianificacazione ci permetterà inoltre di essere pronti agli imprevisti e di variare agevolmente il percorso o i tempi della gita.

Pagaiamo all’aperto in un ambiente naturale particolarmente soggetto a modificare le proprie caratteristiche in base ai cambiamenti atmosferici. Abbiamo già visto quanto sia importante anticipare le situazioni che potremmo affrontare in acqua grazie alla conoscenza delle condizioni atmosferiche. Per questo nella pianificazione di un’escursione l’analisi delle previsioni metereologiche è fondamentale. Dobbiamo infatti verificare lo stato presente e l’andamento futuro del vento, delle onde (sottocosta e al largo), delle eventuali precipitazioni, maree e, per le acque interne, il livello idrometrico e le possibili onde di piena. Oggi disponiamo di previsioni molto accurate nel breve periodo (1-3 giorni) che ci possono dare tutti gli elementi per decidere se sia opportuno effettuare la nostra gita, con quali attrezzature e quale sia il percorso migliore. Molti servizi di previsione meteo sono gratuitamente disponibili sul web o attraverso le App per smartphone. Alcuni di questi sono dedicati proprio alla navigazione e alle attività in mare dando informazioni specifiche su moto ondoso e maree. Le Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente e l’Areonautica Militare offrono aggiornate informazioni sulle condizioni metereologiche e avvisi relativi alle eventuali allerte meteo. Consultare differenti fonti sarà poi senz’altro utile per farsi una chiara idea di cosa possiamo aspettarci durante la nostra pagaiata.

Facciamo un bel programma di gita!

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Pianifichiamo la gita La navigazione sotto costa e lungo le rive consente un agevole orientamento a vista e la sicurezza di essere relativamente in vicinanza di approdi e centri abitati. Questo però non ci non esime dall’affrontare la gita con una adeguata pianificazione per poter godere di un’esperienza in tranquillità e sicurezza. Fondamentale è sempre calcolare le distanze dell’itinerario che dovranno esser commisurate alle capacità dei partecipanti e al tempo a disposizione. Tenendo a mente che il riferimento è sempre la persona meno preparata e più lenta del gruppo. Tracciando su una carta topografica o nautica il percorso (seguendo le irregolarità della costa) si può misurarne la distanza complessiva e quindi calcolare le possibili tappe. La distanza va quindi divisa per la velocità media del gruppo a cui si dovranno aggiungere i tempi per le eventuali soste. Dobbiamo considerare sempre con attenzione la velocità in base all’esperien-

Carte nautiche Le carte nautiche costiere sono un ottimo strumento per la navigazione da diporto indicando le caratteristiche del litorale, degli approdi e del fondale. Indispensabili in caso di navigazione in bassi fondali soggetti a maree, offrono tuttavia limitate informazioni sull’entroterra. Riproducono la costa su ampia scala (1 cm a 100.000 o 50.000 per le più dettagliate) e misurano le distanze in miglia marine (1= 1,852 Km).

Carte topografiche Le carte topografiche rappresentando il terreno sono perfette per individuare i punti rilevanti sulla costa, accessi e caratteristiche del territorio. Possono avere scale molto ridotte (1 cm a 25.000, 10.000) e sono quindi utili per studiare in dettaglio l’entroterra, oltre a prestarsi per pianificare la logistica della gita. Queste carte usano la misurazione metrica.

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za, forma fisica dei partecipanti nonché lo stato del mare, ovvero presenza onde, vento e correnti. Altri elementi da valutare sono la numerosità dei partecipanti (che normalmente rallenta la progressione) e la possibilità di effettuare piccole soste nel tragitto. Per esempio un esperto canoista in discrete condizioni di mare può facilmente tenere una velocità oraria media di 3 kn (nodi) ovvero 3 miglia marine (1 NM = 1,852 Km), quindi percorrere 5,5 km in un’ora. Se invece si è in gruppo o si vuole ogni tanto soffermarsi ad ammirare il paesaggio la tratta percorsa in un’ora si ridurrà sensibilmente. In una giornata di navigazione si possono pertanto percorrere ampie distanze, ma è sempre opportuno calcolare un buon margine di tempo disponibile per gestire eventuali imprevisti senza fretta. Una gita giornaliera potrà quindi essere pianificata, considerando tutte le variabili ambientali, su distanze dai 15 ai 25 km che si riducono naturalmente nel caso di principianti o di condizioni non particolarmente favorevoli. In gite di più giorni dovranno essere considerate i tempi di recupero e il possibile variare delle condizioni meteo-marine. Insomma... partiamo, ma sempre con un’attenta e responsabile cognizione di causa!

Carte digitali La cartografia digitale fruibile online è oggi estremante varia: dalle carte nautiche disponibili su sofisticate app, alla cartografia escursionistica o stradale. L’utilizzo di questa cartografia per la pianificazione di una gita può essere particolarmente utile e agevole. Per esempio il servizio Google Maps www.google.it/maps (con il collegato Street View che visualizza le fotografie panoramiche) si presta facilmente per l’organizzazione della logistica (l’individuazione di itinerari per raggiungere la costa, accessi al mare, servizi a terra). Altrettanto pratico l’utilizzo di Google Earth google.it/intl/it/earth che, oltre ad offrire una interessante visione fotografica in 3D, consente di tracciare il percorso previsto avendo in tal modo un preciso riscontro sulle effettive distanze e le caratteristiche della costa o delle rive.

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Orientiamoci!

definire la posizione attraverso la triangolazione sulla carta dei punti noti individuati sulla costa. Una buona preparazione sulle tecniche di orientamento e l’uso della bussola è perciò opportuna. Per orientarsi è certamente più facile avere la disponibilità di un apparato mobile con segnale GPS che possa indicare la posizione su una mappa digitale. Fare troppo affidamento su queste tecnologie dipendenti da limitate batterie può però essere rischioso: meglio aver sempre un’alternativa analogica!

Durante la navigazione è importante conoscere la propria posizione al fine di aver sempre chiaro la distanza percorsa e quella da percorrere. Gli elementi cospicui sulla costa sono senz’altro utili per orientarsi, ma può accadere di costeggiare alte scogliere o tratti indistinti di litorale. Per questo è consigliato avere disponibile sull’imbarcazione una copia della carta utilizzata per la pianificazione che può aiutare ad interpretare la costa. Tenere conto dei tempi e stimare la propria velocità serve per calcolare con buona approssimazione la distanza percorsa e quindi a ritrovare la propria posizione sulla carta stessa. Una bussola può indicare la direzione precisa della nostra progressione in mare soprattutto in prossimità di anse, capi e isolotti. Inoltre la bussola ci permette di

Orientamento Essenziale nel tour più lunghi e in ambienti non conosciuti avere dimestichezza con gli strumenti e le tecniche di orientamento.

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Prospettive nuove e insolite Sopra: la scogliera a Monterorsso nelle Cinque Terre . Un gruppo di canoisti fa una sosta in prossimità di una piccola cascata. A fianco: Avvicinamento a Portovenere (SP) costeggiando l’isola di Palmaria con kayak da mare. 47


CinqueTerreinkayak.com Sentieri d’acqua è un progetto editoriale di CinqueTerre in Kayak redato e curato dagli istruttori guide Giuliano Battaglia e Paolo Ghelfi info@cinqueterreinkayak.com

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