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Breve storia dello sci alpinismo

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Scale difficoltà

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Lo sci inteso come mezzo di spostamento ha origini antichissime: esistono incisioni rupestri del 5.000 AC rinvenute sull’Isola di Rodoy in Norvegia, che raffigurano un uomo intento a scivolare su degli assi. Addirittura, nella mitologia Norrena, si identifica il Dio Ullr munito di sci e arco (circa XI secolo): lo sci quindi fungeva da strumento sacro per cacciare e sfamare i membri di una tribù. Lo scialpinismo moderno deve la sua nascita al telemark, in particolare alla figura del norvegese Sondre Norheim (18251897), il quale inventò la tecnica del tallone libero, e che sulle Alpi venne promossa da Wilhelm Paulcke. Il telemark, così come lo intendiamo in epoca moderna, è di fatto il padre nobi Incisione rupestre raffigurante il Dio Ullr le e legittimo dello scialpinismo, seppure i materiali e l’evoluzione dello strumento abbiano portato a notevoli separazioni dei due mondi, forse in maniera impropria. Di fatto, prima dell’avvento del telemark, per uno sciatore era molto difficile curvare o frenare, e la conduzione dello sci avveniva attraverso l’uso di un lungo bastone, che permetteva di fare cambi di direzione violenti e lenti, oltre al fatto di limitare l’uso degli assi a pendii caratterizzati da dolci pendenze. L’uso dello sci quindi era principalmente inteso per spostarsi su terreni innevati, e non per scenderli, forse anche per il fatto che gli stivali di pelle usati su quel tipo di assi erano flessibili e privi di supporto. Il telemark, invece, introduce un cambio di paradigma, permettendo agevoli cambi di direzione, grazie anche a talloniere più robuste, aprendo così le porte alla discesa e alla velocità su terreni più ripidi, grazie allo Stem Christiania, tecnica di discesa inventata dallo stesso Sondre Norheim e che permise di avviare la vera rivoluzione invernale sui terreni montani. Il telemark subì sfortunatamente un drastico declino negli anni 40 del novecento, soprattutto dovuto alla nascita dello sci alpino; tuttavia, oggi giorno sempre più realtà in giro per il mondo stanno promuovendo questo stile, per far riscoprire ai più la magia del telemark, grazie a materiali sempre più performanti, ma soprattutto per cercare di sviare a una omogeneizzazione che le leggi di mercato impongono severamente a tutti noi. La prima vera ascesa scimunita del quale si ha certezza storica risale al 1880, in Norvegia, dove l’inglese William Cecil Slingsby effettuò la salita al Keiser Pass (1550m). Sulle Alpi occorre attendere il 29 Gennaio 1883, quando Iselin con tre amici salì al colle del Pragel (1554m) dal versante Glaronese. Questo evento, percepito dalla comunità alpinistica come qualcosa di sensazione, fu da traino per maggiori successi negli anni successivi sulle Alpi. A tal proposito, vorrei fare mie le parole

Why Telemark

First Track sostiene il movimento del telemark e la sua diffusione

Chi si innamora del telemark trova in questa pratica un’emozione ricca e semplice al tempo stesso, come l’appagamento dell’anelito dell’uomo a essere in armonia con la montagna e con se stesso.

Breve storia dello sci alpinismo di Sir Arnold Lunn, sciatore fuoriclasse e visionario, attivo nelle prime decadi del XX secolo, che a suo parere, descrive l’evoluzione dello sci alpinismo in quattro fasi: 1. L’età dei pionieri (1890-1896) 2. L’età dell’oro (1897-1917) 3. L’età dell’argento (1918-1927) 4. L’età moderna (1928-1970)

A queste quattro fasi, vorrei aggiungerne una quinta, che chiameremo semplicemente l’età postmoderna (1971-1995), che a mio modesto modo di vedere rappresenta la terza conquista delle Alpi: la discesa di versanti ripidi. Cercheremo di ripercorrere i principali protagonisti che hanno contribuito, con modalità e tempistiche diverse, a formare il movimento scialpinistico sulle Alpi in questa sezione, giusto per dare un contesto storico avvincente quanto indispensabile per la comprensione dell’era contemporanea in cui viviamo.

L’età dei pionieri (1890-1896)

La prima vera scialpinistica con un dislivello superiore ai 1000m venne effettuata in Austria nel 1894, al Hoher Sonnblick (3106m): quella gita fu completata con un dislivello di circa 1500m dal tedesco Wilhelm von Arlt, figura citata anche da Kurz nel suo libro Alpinismo Invernale. Tuttavia, in quegli anni, spicca una delle figure che ha contribuito maggiormente allo sviluppo della pratica dello scialpinismo sulle Alpi: Wilhelm Paulke. Tedesco di nascita, ma cresciuto a Davos, viene identificato da molti come il vero padre dello scialpinismo. Il 5 Gennaio del 1896 effettua, insieme all’amico Victor de Beauclair, la prima ascesa scialpinistica in territorio elvetico sull’Oberalpstock, salendo dal lato Surselviano. Paulke ammise di essere stato ispirato a questa impresa dalla traversata Davos-Arosa attraverso il colle Maienfelder (2434m), effettuata dai Grigionesi Johann e Tobias Brangen con l’inglese Conan Doyle (l’autore di Sherlock Holmes) nel Marzo 1894.

L’età dell’oro (1897-1917)

Dopo l’exploit Surselviano, per Paulke si apre una stagione di scoperte e avventure nella Svizzera Occidentale. Nel Gennaio del 1897 compie la prima traversata invernale con gli sci attraverso l’Oberland Bernese: sei giorni totali, di pura esplorazione, immersi nell’assordante isolamento che solo quell’ambiente può trasmettere. Tentarono il Finsteraarhorn partendo dal Grimsel e successivamente lo Jungfrau, senza successo. Considerato il periodo, caratterizzato da giornate corte e temperature notturne molto rigide, fu comunque un successo, proprio per la natura esplorativa del raid. Nel Gennaio del 1898, lo stesso Paulke, in compagnia del temerario Robert Helbling, partì per una nuova avventura, questa volta nella Mattertal: partiti da St. Niklaus, salirono a piedi prima a Zermatt, e per il Gornergrat raggiunsero la Bėtemps, l’attuale MonteRosa Hütte. La cosa incredibile è che Helbling partì per l’avventura senza aver mai provato a fare due curve con un paio di sci: una cosa ben oltre il limite della pazzia. Il 5 Gennaio si spinsero fino a circa 4200m, e con grande sconforto dovettero rinunciare a continuare l’ascesa a causa di un forte mal di montagna che assalì Helbling. Anche questa volta, nessuna vetta venne raggiunta, ma Paulke era cosciente di essere il primo scialpinista a essere salito così in alto con gli sci, facendolo entrare di fatto nell’olimpo dei fautori del movimento scialpinistico. Su tutto l’arco alpino non si fa altro che parlare delle gesta di Paulke, che fungono da stimolo per molti altri alpinisti per spingersi verso la conquista di importanti cime. Di rilievo, ad esempio, è l’impresa compiuta da Oscar Schuster e Heinrich Moser il 23 Marzo 1898, che seguirono lo stesso percorso compiuto qualche mese prima da Paulke e Helbling, raggiungendo di fatto la cima della Dufourspitze (4634m): fu il primo quattromila alpino conquistato con gli sci. Schuster ci tenne a precisare nelle Oesterreichische Alpen-Zeitung che “senza gli sci, l’impresa descritta non sarebbe stata possibile”.

Il dado fu tratto: iniziò una corsa alla conquista dei quattromila con gli sci. Nel Novembre 1901, lo Svizzero Henry Hoek raggiunse la vetta del Finsteraarhorn (4275m), scendendo il suo versante ovest. Nel Gennaio del 1904, Gustav Hasler, in compagnia dei fratelli Fritz e Adolf Ammater, conquista l’Aletschhorn (4195m). Da notare come nello stesso anno, il 16 Luglio 1904, lo stesso Hasler e Friz Ammater, furono i primi a salire alpinisticamente il versante nord-est del Finsteraarhorn: quella fù un’impresa storica, che segnò l’inizio delle conquiste delle grandi pareti nord alpine. Il 25 Febbraio 1904, Ugo Mylius, con le guide Bernesi Kasper Maurer, Tannler e Franz Zurflüh, raggiunse la vetta del Monte Bianco passando per la jonction. Il 31 Marzo 1907, Marcel Kurz, insieme a François Frédéric Roget di Ginevra e alla guida Maurice Crettez, raggiunse la vetta del Grand Combin (4317m). In questo caso, tuttavia, gli sci vennero lasciati ai piedi del Col du Meitin (3426m). In questi anni si comincia a pensare concretamente alla possibilità di effettuare grandi traversate invernali sulle Alpi, grazie alla versatilità dello sci. Di rilievo, è la Chamonix-Zermatt a opera del “rosso” Joseph Ravanel, guida di Chamonix, e compiuta per la prima volta nel Gennaio 1909. Nel Dicembre dello stesso anno, l’Austriaco Paul Preuss insieme all’amico Paul Relly, effettuano la prima traversata del Silvretta, salendo addirittura il Piz Buin (3312m) in data 29 Dicembre. Il 29 Marzo 1910, Alfred von Martin, Hermann Rumpelt e la guida Oskar Supersaxo raggiunsero con gli sci l’Alphubel (4206m). Nella prima settimana del Gennaio 1912, Sir Arnold Lunn, con François Frédéric Roget e tre portatori, effettuano una traversata delle Alpi Bernesi da Kandersteg a Meiringen. Il 10 Aprile 1913 Paul Preuss, insieme a Willy von Bernuth, effettuano la prima discesa con gli sci del Gran Paradiso, salendo dall’attuale normale che passa dal rifugio Vittorio Emanuele II (che ai tempi non esisteva). Il 21 Aprile lo stesso Paul Preuss, con i fratelli Bernuth, raggiunge la vetta della Piramide Vincent (4215m): a causa del maltempo, furono costretti a scendere a Gressoney-La-Trinité, ma l’obiettivo di raggiungere la Zumstein fu rimandato di una sola settimana. Di fatto, il 28 Aprile la stessa cordata raggiunge con gli sci la punta Zumstein (4536m), la Gnifetti (4554m), la Parrot (4434m) e il Corno Nero (4321m). Nella primavera del 1913, Marcel Kurz compie la prima traversata delle Alpi Lepontine Occidentali, dal Sempione al Passo del Gottardo. Il 18 Giugno 1917, Arnold Lunn insieme alla guida Josef Knubel, raggiungono con gli sci la cima del Dom des Mischabel (4545m).

L’età dell’argento (1918-1927)

In questa fase, si registra un naturale rallentamento di prime ascensioni sull’arco alpino, lasciando spazio alle prime ascensioni sci alpinistiche extraeuropee. Di fatto, le principali cime delle Alpi sono state raggiunte con gli sci, lasciando ai posteri un periodo intenso, quanto memorabile, per la qualità delle imprese compiute. Ai titoli di coda delle prime scialpinistiche sulle Alpi, occorre citare tre importanti salite. Nel 1920 Arnold Lunn raggiunge il Brunegghorn (3833m) e il Weisshorn (4506m), lasciando tuttavia gli sci alla base della cresta est a quota 3450m circa. Nel 1924 lo stesso Lunn, insieme agli Svizzeri Fritz Amacher, Walter Amstutz e Willy Richardet compiono la prima ascesa scialpinistica all’Eiger attraverso l’Eigergletscher, oggi molto labirintico e crepacciato. Nel Febbraio 1926, Armand Delille compie la prima invernale alla Barre des Ecrins. In questo periodo, vengono stampate le prime vere pubblicazioni in tema di sci invernale: quella di Marcel Kurz, Alpinisme Hivernal (1925) e quella di Arnold Lunn Alpine Ski-ing at All Heights and Seasons (1921): riguardo questo ultimo, come riportato da Giorgio Daidola, “Il terzo capitolo, Spring Ski-ing, è un piccolo capolavoro di fondamentale importanza per chi considera lo sci qualcosa più di uno sport”. Insomma, l’età dell’argento può essere sintetizzata con la consapevolezza pratica dello sci come mezzo trainante dell’attività di montagna nella stagione invernale.

L’età moderna (1928-1970)

La morte del romanticismo e l’ascesa del consumismo: in questo modo si potrebbe descrivere, cripticamente, questa fase dello sci sulle Alpi. Ma sarebbe infelice parlare qui in questa guida della sola massificazione delle Alpi, movimento ancora in atto con modalità diverse.

Breve storia dello sci alpinismo Quindi, non ci focalizzeremo su come le Alpi sono mutate, soprattutto nel dopoguerra, per agevolare il trapianto delle abitudini cittadine in quota. Occorre però ricordare una data fondamentale per questo processo: 1932, anno in cui nasce il comprensorio del Sestriere. Questo in Italia è il momento in cui viene invasa la montagna dalle mode ma soprattutto dalle architetture cittadine. Il processo di cementificazione selvaggia della montagna mostrerà la sua potenza verso la fine degli anni 70 del secolo scorso, con la selvaggia meccanizzazione delle Dolomiti, e che tutt’oggi è in atto. Nell’età moderna, lo scialpinismo si apre a percorsi lunghi, tecnici e logisticamente complessi: nascono le prime traversate delle Alpi, a oggi ancora considerate vere gemme di avventura per pochi. Lo sci di traversata: così lo intendeva Ottorino Mezzalama nel suo lungo progetto di attraversare le Alpi, dalla Liguria al Brennero. Un’idea complessa, mai formalizzata completamente, e che ha permesso di guadagnare l’immortalità al suo ideatore, morto precocemente nel 1931. Nel febbraio 1932, Giusto Gervasutti, Emanuele Andreis e Paolo Ceresa effettuano la prima scialpinistica alla Nordend. È l’ultima cima in lista sul massiccio del Rosa rimasta inviolata in veste invernale. Il padre sostanziale dello sci di traversata, di fatto, è Léon Zwingelstein che nel 1933 effettuò la prima traversata integrali delle Alpi, partendo nel mese di Febbraio da Nizza per arrivare in Tirolo sfruttando in parte il percorso della Chamonix-Zermatt. Di fatto, arrivò a Zermatt percorrendo l’intera Haute Route, e proseguendo prima per il Vallese, e successivamente per il Ticino orientale, riuscì ad arrivare nei Grigioni. Risalendo l’intera Engadina, giunse in Tirolo nella prima settimana di Maggio. Decise di rientrare verso la Francia percorrendo un altro itinerario, sempre sci munito, passando prima per il Silvretta, per poi dirigersi verso Andermatt attraverso l’Oberalppass e successivamente per l’Oberland Bernese. Causa maltempo, decise di fermare la sua avventura a Briga, e di rientrare in Francia con mezzi meccanici. Alcuni numeri dell’impresa: 2000 chilometri con gli sci, 45 colli raggiunti, 50 ghiacciai attraversati, 58500m di dislivello. Numeri sensazionali per quell’epoca,

considerato il materiale poco adatto a quel tipo di imprese. Nel 1934, lo stesso Zwingelstein effettua un nuovo raid, denominato la crociera bianca: si tratta di un grandissimo itinerario tra il Vallese e l’Oberland, partendo da Chamonix con l’ascesa del Monte Bianco: 64 giorni di pura avventura, che faranno del Francese il padre dello scialpinismo di traversata. Alcuni numeri: 1120 chilometri con gli sci e 17 quattromila raggiunti con gli sci. Morì pochi mesi dopo scalando il Pic d’Olan nel Delfinato. Nel 1941 Ettore Castiglioni pubblica la Guida sciistica delle Dolomiti, con interessanti spunti di sci ripido solo abbozzati. È considerata da molti come la madre delle guide di scialpinismo. La prima vera discesa sopra un pendio di 40° gradi è a opera dei Francesi Ėmile Allais, André Tournier e Maurice Lafforgue, che scendono l’Aiguille d’Argentière direttamente dalla vetta. Nel 1953 Lionel Terray insieme al Canadese Bill Dunaway percorrono il versante Nord del Monte Bianco. Sono anni intensi, dove incomincia a nascere l’idea costante di scendere pendii sempre più ripidi. Lo Svizzero Sylvain Saudan, soprannominato lo sciatore dell’impossibile, insieme alla sua compagna, fece la prima discesa del couloir Whymper in data 11 Giugno 1968. Lo stesso Saudan, il 10 Giugno 1969, compie la prima discesa del Couloir Marinelli sulla parete Est del Rosa. Egli è considerato di fatto il padre dello sci estremo, e sarà la fonte principale di ispirazione per gli anni a venire.

L’età postmoderna (1971-1995)

Sulla scia delle imprese dello Svizzero Saudan, diversi protagonisti dello sci ripido compaiono sui versanti specialmente sudalpini. La vera rockstar dello sci ripido è senza dubbio Heini Holzer: sudtirolese di nascita, di professione spazzacamino e amico di Reinhold Messner, Holzer rimane folgorato dalle imprese di Saudan, ma non condivide i modi con il quale egli conquista le vette, prima della adrenalinica discesa: molte delle cime scese dallo Svizzero vengono agevolate dalla presenza di elicotteri, che lo accompagnano in quota. Holzer è un romantico, e preferisce salire la via di di-

Breve storia dello sci alpinismo scesa con le proprie gambe, per apprezzare e studiare da vicino le sue difficoltà. È un uomo senza regole, che vive la montagna per passione: sogna e mette in pratica quello che sente, senza dover rendere conto a nessuno. La sua prima grande impresa è la discesa della parete N della Marmolada avvenuta il 13 Giugno 1970: 600m di parete, con pendenze costanti tra i 50-55°. Lo fa in compagnia di Siegfried Messner, fratello minore di Reinhold, e di Hermi Lottersberger. Lo stesso anno, il 17 Ottobre scia la Nord del Pasquale: 400m di parete, con la parte sommitale a 50°. Questa volta in compagnia di Ander Tscholl. Sono entrambe due prime volte, che di fatto lo fanno entrare nell’olimpo degli sciatori estremi. Holzer comprende che le Alpi possono essere scoperte nuovamente attraverso lo sci ripido, e quindi porta a casa una serie di prime nord sciistiche non indifferenti negli anni successivi. Tenderà a effettuare le sue imprese quasi sempre da solo. Citiamo qui sotto le sue principali discese e rimando l’interessato lettore al bel libro di Markus Larcher intitolato Heini Holzer - La mia traccia, la mia vita per approfondire la sua storia.

• Parete Nord Est del Ortles: 1100m di parete, 55°. Effettuata il 20 Aprile 1971, da solo. • Parete Nord del Monte Cristallo: 600m di parete, 50°. Effettuata l’11 Maggio 1971, da solo. • Parete Nord del Königsspitze per la Minnigerode: 550m di parete, 55°.

Effettuata il 20 Maggio 1971, da solo. • Parete Nord della Presanella: 550m di parete, 50°. Effettuata l’8 Luglio 1971, da solo. • Parete Nord (seracco destro) del Piz Palü: 800m di parete, 55°.

Effettuata il 9 Luglio 1972 da solo. • Parete Nord della Lenzspitze: 550m di parete, 50°. Effettuata il 22 Luglio 1972 da solo. • Parete Nord del Piz de la Margna: 450m di parete, 45°. Effettuata il 27 Maggio 1973 da solo. • Parete Nord del Pizzo Bianco salendo dalla Biancograt: 900m di parete, 50°.

Effettuata il 13 Giugno 1973, da solo. • Parete Est del Gran Paradiso: 400m di parete, 50°. Effettuata il 4 Agosto 1973, da solo. • Parete Nord del Lyskamm Occidentale per il seracco Holzer: 1200m di parete, 50°.

Effettuata il 20 Giugno 1974, da solo. • Parete Nord del Piz Palü Orientale: 700m di parete, 50°. Effettuata il 14 Luglio 1974, da solo. • Parete Nord del Gran Paradiso per la via Adami: 600m di parete, 55°.

Effettuata il 13 luglio 1975, in compagnia di Walzl e Vitroler. • Parete Nord della Cima di Rosso: 400m di parete, 50°. Effettuata il 13 Giugno 1976, da solo. • Parete Nord del Königsspitze (diretta): 750m di parete, 55°. Effettuata il 2 luglio 1977, da solo.

Morirà due giorni dopo, il 4 Luglio 1977, durante la discesa della Nord del Piz Roseg. Negli stessi anni, di rilievo nel mondo dello sci ripido è sicuramente Tone Valeruz. Trentino, cresciuto tecnicamente sui pendii della Marmolada, è considerato tutt’oggi uno dei più importanti personaggi dello sci ripido Europeo, con più di 100 prime discese effettuate in giro per il mondo. Tra le tante, occorre ricordare la prima discesa della parete Nord Ovest del Gran Vernel, avvenuta il 23 Marzo 1973. Di notevole rilievo è l’incredibile discesa delle Nord dei Lyskamm in soli 13 minuti, avvenuta il 1 Giugno del 1974. Questo record di velocità sarà spezzato dallo stesso Valeruz vent’anni più tardi: scierà nuovamente la parete Nord in soli tre minuti. Non di meno la discesa della parete Est del Cervino, sciata la prima volta in data 14 Maggio del 1975, dai circa 4200m della spalla dell’Hörnli. E ancora, la parete Nord Est dell’Eiger lungo la via Lauper in data 12 Maggio 1983. Ma personalmente, ritengo che le due imprese migliori di Valeruz sono la discesa della Tofana di mezzo, avvenuta il 21 Dicembre 1993 e la formidabile discesa della Nord Est del Monte Civetta, avvenuta l’11 Febbraio 1994. Fù un’impresa dall’alto carattere mediatico, seppur la salita avvenne in elicottero: forse per minimizzare i rischi oggettivi che in inverno caratterizzano la parete, soprattutto lungo la ferrata degli Alleghesi. Valeruz viene riconosciuto soprattutto in ambito internazionale come uno dei padri

dello sci ripido; tra le tante prime discese ripide extra europee, va ricordata la prima discesa della parete Sud Ovest dell’Alpamayo con gli sci, avvenuta il 15 Giugno 1982. Un’ altra grandissima superstar dello sci ripido è senza dubbio Stefano de Benedetti. Genovese di nascita, sfrutta i suoi anni migliori dal punto di vista atletico per compiere delle discese ancora oggi incredibili, alcune a oggi mai ripetute per diversi fattori. Dichiara più volte di essere stato ispirato da Heini Holzer, e forse la discesa dello sperone della Brenva nel 1978 è soprattutto un omaggio al Tirolese. Tra le prime discese assolute, occorre menzionare: • Parete Nord Ovest del Pizzo Cassandra 24 Aprile 1978 • Parete Est del Rosa per la Via dei francesi il 24 Giugno 1979 – a oggi ancora irripetuta • Parete Sud Ovest del Monte Bianco dal couloir Gréloz-Roch nel Settembre 1980 • Via Grivel-Chabod sull’Aiguille Blanche de Peuterey il 14 Settembre 1980. Questa via conta di una sola ripetizione da parte di Luca Rolli e Francesco Civra Dano nel 2010 • Via dei Viennesi al Fletschhorn il 6 Luglio 1983 • Cresta dell’Innominata avvenuta l’11 Giugno 1986 • Parete Ovest della diretta al triangolo sul Monviso, avvenuta nel Giugno del 1986. Questa via conta di una sola ripetizione da parte di Federico Varengo nel 2009

Si ritirerà dalla scena alpinistica, per dedicarsi a una vita normale, all’età di 29 anni. Altro nome da legare allo sci ripido è quello di Giancarlo Lenatti: una leggenda della Val Malenco! Ognuno di noi ci ha scambiato due parole passando dal Marco e Rosa, dove è gestore del famosissimo rifugio posto in prossimità alla Fuorcla Crast d’Agüzza a quota 3597m, sul massiccio del Bernina. Molti lo associano come il custode di quell’angolo di paradiso, che funge da base per le ascensioni al Bernina dalla via Normale, ovvero come base di rientro dalla Biancograt. E perché mai viene citato qui, in questo capitolo di sciatori estremi? Per chi non lo sapesse, Giancarlo ha due record assolutamente parimenti delle imprese compiute dai vari De Benedetti, Holzer e Valeruz. In ordine cronologico: la discesa dal canale S del Bernina, avvenuta nel 1979 e la duplice discesa della nord del Disgrazia, prima nel 1979 dalla Via degli inglesi e successivamente nel luglio del 1986 dalla Via del seracco. Quest’ultima via è stata ripetuta a oggi solo una volta, il 25 aprile 2013, dai Canturini Matteo Tagliabue, Mattia Varchetti e Matteo Terraneo: un inno alla ricerca di avventura, in puro stile alpino, che riecheggia assordante in una società sempre più alla ricerca di imitazione e comodità.

Parete Nord del Disgrazia: Via degli Inglesi (blu) e Diretta del seracco (rossa)

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