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Prefazione
“I nomi delle nostre stagioni (primavera, estate, autunno, inverno) non sono stati certo inventati da un montanaro, poiché nessuno di essi si applica particolarmente alle Alpi. La primavera e l’autunno non esistono nell’alta montagna e non sono altro che brevi fasi transitorie, senza carattere particolare, piú o meno strette tra le stagioni principali, secondo che l’una o l’altra influisca maggiormente su di esse. Sarebbe dunque più naturale il distinguere due sole stagioni, secondo lo stato generale delle precipitazioni che lo caratterizzano: la pioggia in estate, e la neve in inverno”.
Alpinisme Hivernal (1925) di Marcel Kurz
Tante volte mi chiedo cosa sarebbe potuto scaturire da una conversazione tra me e lo Svizzero Marcel Kurz. Di fatto, avrei un numero spropositato di curiosità da sottoporgli, forse troppe, che molto probabilmente lo condurrebbero in uno stato di annoiamento precoce. Nella mia testa, lo associo a un aggettivo: mitologico. Si perchè Marcel Kurz, con la sua opera principale Alpinismo Invernale, pubblicato in prima edizione nel 1925, è diventato immortale per noi scialpinisti. In quel libro si trovano tutte le caratteristiche e le prerogative di un’attività invernale che sempre di più sta appassionando migliaia di persone per svariati motivi; e sarebbe riduttivo pensare di trovarci al suo interno solo ampie discussioni, ad esempio, sui materiali utilizzati a inizio del XX secolo, ovvero delle mere quanto personali emozioni vissute nel salire su una determinata cima, o del puro godimento che uno prova nello sciare un pendio immacolato. Quel libro non va inteso assolutamente in quel senso: lì, di fatto, si trovano pensieri e proposizioni che determinano la filosofia caratterizzante lo scialpinismo moderno. Stando alle sue parole, lo scialpinismo è stato il traino di una seconda conquista delle Alpi: a fine del XIX secolo, tutto l’arco alpino era già stato conquistato durante la stagione estiva. Tuttavia, la maggior parte delle cime alpine non erano ancora state salite durante la stagione invernale. Ed è qui che i pionieri di questo sport hanno compreso l’utilità degli assi per avvicinarsi più velocemente alle vette, evitando ad esempio sprofondamenti nei metri di neve fresca, oltre a dichiararne la superiorità nel rientrare a valle dopo la conquista. Interessante come Marcel Kurz cercava di sviare le masse che a fine del XIX secolo iniziavano a popolare le famose località turistiche di montagna. Si sentiva un pesce fuor d’acqua nel vivere luoghi alla moda e troppo comodi per essere considerati montanari. Quindi perché quell’impulso verso l’ignoto? Perché quella voglia di percorrere itinerari alpinisticamente noti sfruttando gli sci? Cosa lo attirava di questo strumento, così tanto amato quanto discusso dagli alpinisti di ogni epoca? In generale, lo scialpinismo, a differenza di classiche attività sportive, è dipendente da vari fattori incontrollabili dalla tecnologia e dall’uomo stesso. Prendiamo ad esempio due attività sportive popolari: il ciclismo e la corsa. Queste sono di fatto considerate tali perché si possono pianificare accuratamente piani di allenamento, a prescindere dalle condizioni esogene come ad esempio quelle meteorologiche. E soprattutto, queste vengono svolte in ambienti dove i pericoli endogeni, quali ad esempio quello delle valanghe, vengono minimizzati. Può quindi lo scialpinismo rientrare in questa categoria? In epoca moderna, lo scialpinismo è di fatto considerato uno sport, tanto che è entrato con merito come disciplina olimpica dall’edizione 2026. Ma a mio modesto modo di vedere, è estremamente riduttivo ritenerlo un semplice sport. In primo luogo, esso ha un periodo temporale limitato dove è possibile praticarlo: esso va tipicamente da Novembre a Maggio, lasciando poi spazio ad attività più consone all’estate. Ma questo non è il problema, anzi, rende tutto paradossalmente ancora più magico.
Panoramica privilegiata sul Crap Grond (© Tommaso Arnaboldi)
In generale, lo scialpinismo inteso come mera attività sportiva viene svolto tipicamente in ambienti sicuri, quali ad esempio le moderne piste da sci alpino battute ad hoc ovvero su terreni montani messi in sicurezza per garantire la massima capacità di sforzo degli atleti. Da notare che le piste moderne da sci spesso vengono preparate anche quando la stagione è secca, sfruttando bacini idrici appositamente creati per alimentare la produzione di neve artificiale che garantisce lo svolgimento degli allenamenti e delle competizioni. Un modo di intendere la montagna in inverno poco sostenibile, alla luce delle basi poste da Marcel Kurz.
D’altro canto, lo scialpinismo può essere vissuto come un’attività di ricerca e avventura, lontano dalla civilizzazione e dal doping tecnologico che viene usato dall’uomo ormai non solo per meri motivi turistici ed economici, ma anche e soprattutto per girovagare tra monti. In generale, non uno sport ma una disciplina. Una filosofia di vita. Un’arte. Paradossalmente, ogni ripetizione di una gita trasmette diverse emozioni in quanto sono le condizioni che determinano il senso della gita stessa, dando vita e carattere a ogni istante vissuto, in salita ma soprattutto in discesa. Di fatto, la stagione scialpinistica permette di inoltrarsi in valli isolate e poco battute, dove la sola capacità di valutazione personale e di orientamento determinano l’esito della giornata. Non esiste certezza, esiste la voglia di scoprire e di sognare. Si aprono quindi due tematiche in questo lato: uno legato alla sicurezza e l’altro alla ricerca e creatività. Lo scialpinismo nella stagione dell’inverno boreale è un’attività che richiede molta pazienza. Si perchè è in quella fase che le precipitazioni cadono copiosamente sui pendii, generando lo strato di fondo che permetterà di sciare gli stessi in sicurezza anche in tarda stagione. Ma è a inizio stagione che i pericoli endogeni della montagna diventano massimi, con il rischio di valanghe generate che si innalza incredibilmente. Scrive Kurz nel capitolo III del sopra citato libro:
“Le valanghe sono evidentemente più frequenti in Maggio che in Gennaio, ma una comitiva di sciatori esperti correrà meno pericoli in primavera che in inverno, durante il quale le valanghe possono cadere in ogni luogo, a qualunque ora del giorno, mentre in primavera, invece, le valanghe hanno un orario e un percorso molto più regolare”.
Bosco innevato con neve fresca
All’inizio del XX secolo, diverse persone incominciarono a capire che il tema valanghivo fosse cruciale per il buon compimento della conquista invernale alpina con gli sci. Oltre al sopracitato Kurz, uno di questi fu William Paulcke, uomo di grandissimo rilievo nella nascita dello sci alpinismo d’alta quota. Egli aveva capito che le valanghe sono fenomeni difficilmente prevedibili, il cui rischio può essere minimizzato con l’esperienza, che forgia la capacità di valutazione della pericolosità dei pendii; ma soprattutto con l’intuito, che permette di comprendere i rischi non direttamente osservabili. Inoltre, lo scialpinismo richiede senso critico nella pianificazione della gita: molto spesso ci si trova a studiare le condizioni morfologiche di terreni poco conosciuti, oltre a seguire i bollettini meteorologici per una serie di giorni precedenti all’ascesa. Di fatto tutto questo avviene da remoto, a tanti chilometri di distanza dal terreno montano, usando mappe e i suddetti bollettini nivologici oramai estremamente dettagliati e accurati. Scegliere quindi un itinerario in maniera scientifica, al fine di minimizzare i suddetti rischi, è possibile seppur non semplice: questo richiede una notevole capacità di valutazione dell’itinerario che l’esperienza fortifica, oltre a una personale conoscenza delle valli e soprattutto degli itinerari all’interno di esse. Tali competenze non sono gratuite, ma tutt’altro richiedono tempo e dedizione che non tutti possono permettersi per svariati motivi. Per garantire una maggiore sicurezza e documentarsi coscientemente, il mio consiglio è quello di informarsi presso esperti locali, che vivono la zona di interesse, ovvero chiedere a guide alpine o gestori di rifugi. Quindi eccomi qua, a scrivere questa guida, frutto di diversi anni di pratica sul campo, e di ricerca di itinerari lontani dalle masse. Questa guida ha un obiettivo: quello di far scoprire valli e zone adatte allo sci alpinismo nella catena principale delle Alpi svizzere. Mi piacerebbe che questa stimolasse la pratica scialpinistica su terreni poco battuti, dove volontà, spirito critico e un pizzico di avventura sono necessari per il buon compimento della gita stessa. Aspiro in maniera molto nobile a stimolare la creatività del lettore, a forzarlo a studiare durante le sere, in settimana, su mappe scialpinistiche, bollettini nivometeorologici e relazioni, per poi scoprire e sorprendersi nella pratica dello scialpinismo durante il fine settimana.
Prefazione
PERCHÉ LA SVIZZERA CENTRALE?
Da Italiano che abita a ridosso del confine, la Svizzera è sempre stata la meta prediletta per la pratica dello scialpinismo. Per un ovvio motivo: in meno di due ore di macchina si ha la possibilità di passare dal versante meridionale a quello settentrionale delle Alpi grazie al tunnel del San Gottardo. Sul versante sudalpino tipicamente identifichiamo due importanti aree dove fare scialpinismo: il Canton Ticino e la zona dei Grigioni Italiani. In questa guida, una doverosa attenzione sarà concessa al Ticino. Questa è una regione dalle mille sfaccettature, che offre panorami unici e che d’inverno si trasforma in un silenzioso parco giochi per lo scialpinista. Lo premetto: sono un innamorato folle del selvaggio. E il Ticino è il terreno perfetto per vivere valli poco consone al turismo montano di massa, al quale tutti noi siamo esposti oggigiorno, oltre a offrire un numero incredibile di itinerari per tutti i livelli. Il concetto di selvaggio, fortunatamente, non è limitato al solo Ticino: il canton Uri e la zona dei Grigioni Occidentali sono due aree geografiche alpine che, durante i mesi invernali, presentano itinerari molto isolati e lontani dalle grandi masse. La distinzione tra nord e sud delle Alpi, tuttavia, non va intesa solo per questioni morfologiche o di paesaggio. Per lo scialpinista, la comodità di avere accesso al lato settentrionale delle Alpi attraverso il San Gottardo permette di andare alla ricerca delle migliori condizioni sul versante nordalpino quando a sud si è in presenza di un inverno secco e poco polveroso. La puntata in Zentralschweiz quindi diventa la panacea per lo scialpinista sudalpino che, disperato da condizioni secche, vuole