17 minute read

Cover

Next Article
Video e podcast

Video e podcast

Nel 1973 usciva al cinema “2022 – i sopravvissuti” (titolo originale “Soylent Green”, con Charlton Heston, Edward G. Robinson e la stupenda Leigh Taylor-Young). Un film di fantascienza, da molti considerato un cult, diretto da quel Richard Fleischer già regista di “Ventimila leghe sotto i mari” di Walt Disney e “Conan il distruttore”, con un giovanissimo Arnold Schwarzenegger. Nella sceneggiatura, la Terra - nell’anno bisestile 2022 - è devastata a causa dell’inquinamento e dell’aumento sproporzionato della popolazione. Uno scenario infernale, in cui il clima è perennemente torrido e la natura praticamente scomparsa; sulla tavola dei pochi benestanti qualche mela, un gambo di sedano, rarissimi pezzi di carne. La maggioranza della popolazione, in condizioni di estrema povertà, mangia il Soylent, una galletta nutritiva di vari colori e di ignota composizione. In questo panorama di estrema sofferenza, il governo autorizza e incoraggia il suicidio assistito (memorabile, in proposito, la scena del ritorno a casa del vecchio saggio Sol). Visto oggi, per fortuna, il 2022 è molto lontano dall’apocalittico scenario del film. Non sono pochi, tuttavia, gli spunti di riflessione su alcuni temi che non possiamo non riconoscere di grande attualità, primo tra tutti la sostenibilità del moderno consumismo, la crescita esponenziale della popolazione mondiale, il surriscaldamento globale. Senza voler entrare in dinamiche da cineforum, quantunque interessanti, proviamo a redigere un breve resoconto di questo 2022, che è stato a ogni modo foriero di avvenimenti di certo rilevanti in ambito sociale ed economico: la crisi energetica, la guerra in Europa, l’inflazione galoppante, la fine del regno di Elisabetta II d’Inghilterra, l’acquisto di Twitter da parte di Elon Musk. Ma anche la prima Presidente del Consiglio donna in Italia, Cristoforetti prima italiana alla guida della Stazione Spaziale Internazionale, i giochi olimpici e i mondiali di calcio disputati fuori stagione. E anche la distribuzione moderna italiana, nel suo piccolo, ha registrato fatti e accadimenti degni di nota, in quello che è il primo anno bisestile post-pandemia da Covid-19.

Nuovi format

Debutta a Cagliari, nel mese di maggio, il primo punto vendita a insegna Tuttigiorni, format Every Day Low Price di Abbi Group. Particolare attenzione alla marca del distributore e all’esperienza omnicanale, l’insegna si propone un vero e proprio Social Commerce, supportato da un meccanismo di fidelity molto ben articolato. Sono solo due, a oggi, i punti vendita aperti nell’isola dei nuraghi. Novità anche in casa Conad, con la consorziata Conad Nord Ovest che ha aperto in autunno i primi punti vendita a insegna Tuday: un nuovo format di prossimità, quasi una naturale evoluzione del Conad City, dal carattere marcatamente urbano, versatile e orientato a dare soluzioni pronte e veloci ai propri clienti. Anche Esselunga, dopo aver sperimentato con successo il temporary store della pasticceria Elisenda a Natale del 2021, inaugura a Milano un negozio più ampio e un format inedito, Cucina Esselunga, dal nome del marchio ideato per identificare la proposta di piatti pronti.

Il 2022 è l'anno del debutto di nuove insegne e nuovi format distributivi.

Passaggi e fusioni

Eataly passa di mano: a settembre di quest’anno il fondo Investindustrial di Andrea Bonomi ha rilevato il 52% della catena concepita da Oscar Farinetti, che conta ben 13 store in Italia, 24 sparsi per il mondo e quattro ristoranti sulle navi da crociera Msc. Senza dimenticare Fico Eataly World a Bologna, sempre al centro di numerose polemiche; la cifra dell’investimento si aggira sui 200 milioni di euro. Tra le numerose fusioni registrate in quest’anno nel mondo dell’industria di marca e della distribuzione, da segnalare quella tra Autogrill e Dufry, che ha portato alla nascita di un colosso del Travel Retail da circa 12 miliardi di euro; presidente onorario del nuovo gruppo Alessandro Benetton. Grandi manovre anche nel settore del Pet Care, che archivia un anno costellato da acquisizioni e fusioni che hanno avuto, come maggiori protagonisti, importanti investitori italiani ed esteri: tra tutte citiamo l’operazione Arcaplanet-Maxizoo, che ha dato vita al soggetto leader di canale con 489 store e oltre 600 milioni di fatturato. Movimenti importanti anche nel canale drugstore: i consorzi In.Prof. e Comipro passano da Végé a Crai Secom, confermando la seconda posizione della centrale guidata da Giangiacomo Ibba nel canale specializzato nella cura casa e persona. Oltreoceano operazione faraonica tra le catene statunitensi Kroger e Albertson, che hanno annunciato lo scorso ottobre un accordo da quasi 25 miliardi di dollari, che darà vita al secondo retailer fisico degli States (circa 5mila punti vendita in 48 stati su 50), alle spalle del leader mondiale Walmart. Senza considerare Amazon.

Lo scenario della Gdo in Italia nel 2022

Il 2022 ha rovesciato i paradigmi di crescita del settore del Lcc con volumi stabili, inflazione in crescita e taglio della promozionalità. Ne parliamo con Alfonso Giuliano, account director Retail di IRI.

Come vanno le cose nel mercato del Largo Consumo Confezionato?

Nel 2021 il mercato del retail fisico cresce mediamente del 3% sia a valore a volume rispetto al 2020. Da inizio anno (gennaio 2022 - ottobre 2022) la performance di crescita del valore è di circa 6,5 punti percentuali mentre i volumi sono flat, stabili. I segnali più preoccupanti, tuttavia, li abbiamo registrati negli ultimi due mesi, dopo un’estate molto favorevole, con un calo dei volumi significativo rispetto agli stessi mesi dello scorso anno, soprattutto nella Gdo tradizionale: si iniziano a tagliare i consumi non strettamente necessari, c’è grande preoccupazione per il caro bollette.

Quale canale performa meglio in questo contesto? Chi soffre di più?

Il Discount traina la crescita di tutto il mercato e guadagna quote a discapito di Iper e Super, guadagnando 1,3 punti di quota valore e attestandosi al 20,6% del totale mercato Lcc: su 100 euro di valore generato, quasi 21 provengono da questo canale. Il travaso dei volumi verso questa formula commerciale è diffuso in tutti reparti, in particolare nell’ortofrutta, nel freddo e nel fresco, che pesano sempre di più negli assortimenti delle insegne low-cost. Possiamo dire che la risposta dei consumatori al momento difficilissimo in cui ci troviamo è una risposta di canale: sempre più persone scelgono il discount perché percepiscono una maggior convenienza e un netto miglioramento della qualità nei reparti chiave, oltre a una crescente attenzione al servizio. Recuperano terreno anche le catene di petshop e gli specialisti della cura casa e persona, che fanno registrare numeri positivi sia a valore che a volumi da inizio anno seppur rappresentativi di una quota minoritaria del mercato Lcc totale. Dopo le performance eccezionali degli ultimi 2 anni rallenta la crescita del canale online sostenuto dall’home delivery. Male Iper e Super, che crescono a valore principalmente per l’aumento dei prezzi a scaffale ma perdono volumi importanti: da inizio anno l’Iper segna il passo con una perdita del 2,4%, supermercati e superstore perdono quasi un punto e mezzo.

La crescita dell’inflazione sembra non volersi arrestare, dove arriveremo?

Entro fine anno l’inflazione attesa arriverà vicino al 15%. Ovviamente è un valore medio, ci sono canali in cui l’inflazione pesa diversi punti percentuali in più. L’aumento del valore del basket, comunque, ha finanziato interamente la crescita dei ricavi, ma emerge un problema di non poco conto...

Quale?

È diventato necessario, per le imprese, il taglio della pressione promozionale per recuperare, almeno in parte, la marginalità e far fronte al problema dell’aumento dei costi di molte materie prime e all’aumento dei costi di gestione. Un fenomeno trasversale a tutti i canali: rispetto allo scorso anno la pressione promozionale è scesa di 2 punti percentuali, attestandosi al 24,4%. Prima della pandemia eravamo al 28,4%. Sale invece, rispetto al biennio precedente, l’efficacia della leva. In ultimo anche la crescita robusta della private label contribuisce, senza dubbio, al miglioramento della marginalità del settore.

LE TRE PAROLE CHIAVE PER INTERPRETARE L’ANNO CHE VERRÀ

Difficile sintetizzare la prospettiva di un anno, come il 2023, così difficile da prevedere, anche in relazione agli eventi che lo potranno condizionare, magari anche in positivo, speriamo. Le parole potrebbero essere: • Flessibilità:

per poter reagire rapidamente a fronte di eventi nuovi. • Coerenza:

correggere, se necessario, le proprie scelte mantenendo fermi i propri valori distintivi. • Fiducia:

necessaria per poter continuare a investire.

Pure player

I pure player dell’e-commerce mondiale scendono in strada e nel 2022 aprono i primi negozi fisici permanenti: il primo passo lo fa Amazon, che dopo aver chiuso librerie e negozi 4star apre i primi negozi Amazon Style. Nei due flagship ultratecnologici di Glendale (CA) e Columbus (OH), oltre alle collezioni a marchio privato anche i grandi brand del luxury. Il colosso di Seattle è oggi, numeri alla mano, il primo retailer nel settore abbigliamento degli Usa, con oltre 41 miliardi di ricavi e numeri in forte crescita. Dall’altra parte dell’emisfero, nella metropoli giapponese di Osaka, apre il primo negozio su strada di Shein, colosso cinese del fast fashion fino a pochi anni fa sconosciuto in Occidente, che nel 2021 ha dichiarato ricavi per oltre 15 miliardi di dollari e basa il suo successo su prezzi bassi, velocità e big data. Curiosità: nel 2022 l’app del colosso cinese ha superato, per numero di download, quella di Amazon. Segno dei tempi.

Universo digital

Social, metaverso e criptovalute sono tra i grandi temi delle agende digitali 2022/2023 delle imprese del retail e non solo: Carrefour ha già fatto un primo significativo passo nel metaverso, acquistando a febbraio di quest’anno per la modica cifra di 120 Ethereum (pari a circa 300mila euro) 36 ettari di terreno nella piattaforma virtuale The Sandbox. Da una veloce sbirciata alla mappa dello spazio virtuale in questione, il retailer francese occupa oggi 9 land (ognuna delle quali misura 96 metri quadrati) e nei land adiacenti si sono già strategicamente posizionati Carmila, società che gestisce i 214 centri commerciali di Carrefour nel mondo, e la multinazionale tedesca del Lcc Henkel. E se è vero che non è ancora possibile comprare frutta e verdura con il visore, si possono invece già acquistare, con soli dieci dollari, le api virtuali Nfbee, a

supporto della campagna di Fondation de France per la salvaguardia dei preziosi insetti impollinatori. Il 2022 è anche l’anno del primo retailer italiano che accetta pagamenti in criptovalute: si tratta di Mondo Convenienza, leader nel settore dell’arredamento, che in ottica di una maggiore apertura al bacino della Generazione Z ha implementato questa ulteriore forma di pagamento. Strada non priva di rischi, anche alla luce di fallimenti clamorosi come quelli della piattaforma Ftx, crollata poche settimane fa con migliaia, forse milioni, di creditori pronti a fare causa. Nei centri fisici e sull’e-commerce, dunque, è già oggi possibile finalizzare l’acquisto di una mobile bagno o di un divano pagando con valuta virtuale, ovviamente al tasso di cambio corrente al momento della transazione.

Delivery

Gorillas esce dal mercato italiano nella prima metà dell’anno, con il contestuale licenziamento dei 540 dipendenti operativi nelle cinque sedi aperte in Italia. Durante la pandemia la startup tedesca aveva raccolto più di un miliardo di dollari in investimenti e numerosi estimatori anche nella Gdo del nostro Paese, ma alla prova dei fatti il mercato italiano si è rivelato meno interessante di altri in termini di ricavi, tanto da indurre il management alla decisione di chiudere le attività in Italia dopo appena un anno dal debutto. Quasi specularmente la veronese Everli, tra i principali attori della spesa a domicilio in Italia, ha da pochi giorni annunciato l’uscita dal mercato francese. La gestione dell’ultimo miglio è al centro del dibattito nel canale moderno: da mera voce di costo da ottimizzare a touchpoint strategico per creare e consolidare il rapporto con il cliente, con più di un occhio di riguardo sulla sostenibilità del servizio.

L’anno che verrà

Abbiamo parlato con Carlo Buttarelli, direttore Ufficio Studi e Relazioni con la Filiera di Federdistribuzione.

L’anno che si chiude racconta di una Gdo schiacciata tra aumento dei costi e calo dei volumi. Sarà così anche nel 2023?

Nel corso del 2022 la Distribuzione Moderna ha operato con grande impegno nel cercare di attenuare il trasferimento sui prezzi di vendita, degli aumenti dei costi di acquisto concessi ai propri fornitori. Tutto questo investendo una parte significativa dei propri margini. L’aumento dei costi energetici, che sono passati da incidenze medie tra l’1,5-2% a oltre 5-6%, stanno ulteriormente gravando in modo insostenibile sui conti economici delle imprese. Il livello di inflazione del carrello della spesa, che a ottobre ha raggiunto il livello del 12,9% sta poi impattando significativamente sulle famiglie, soprattutto le più fragili, che stanno modificando in parte i propri comportamenti di consumo. Si rileva in particolare un rallentamento nelle fasce premium e una crescita significativa dei prodotti a Marca del Distributore, segnale importante che indica che in questa fase i consumatori cercano convenienza ma non vogliono rinunciare alla qualità. Le evidenze a oggi indicano che almeno per la prima parte del 2023 ci sarà ancora una pressione inflattiva molto elevata, le imprese della Distribuzione Moderna continueranno il loro impegno nel fornire ai propri clienti occasioni di convenienza, ma non saranno in grado di sostenere sforzi ulteriori sui propri conti economici.

Cosa dovranno fare le insegne nel 2023 per rimanere competitive, anche di fronte alla crescita vertiginosa del discount?

Da diversi anni il nostro settore sta investendo molte risorse per rendere sempre più efficiente la propria attività. Sia sotto il profilo della progettazione dei punti di vendita, dei consumi energetici, dell’impatto ambientale, che dei processi riferibili alla supply chain. Il canale discount è cresciuto in questi anni, soprattutto perché ha significativamente migliorato la propria offerta. Oggi definirli discount spesso è riduttivo. Le imprese della Distribuzione Moderna dovranno continuare a valorizzare le proprie distintività, in termini di assortimento, qualità dell’offerta, capacità di ascolto e relazione con i propri clienti. La competizione è un aspetto abituale per il nostro settore e anche in fasi complicate come le attuali, le imprese hanno le capacità per rispondere alle istanze del consumatore di oggi che, come già detto, ricerca convenienza ma non vuole rinunciare alle proprie scelte di qualità.

Cosa ci sarà nel carrello della spesa del 2023?

La Marca del Distributore è in grande crescita, le persone ne hanno ben compreso i valori, non solo di qualità e convenienza, ma anche di impegno sugli impatti ambientali e nella valorizzazione di Pmi italiane, e li condividono scegliendole sempre più frequentemente per le proprie esigenze di consumo. I più recenti dati di mercato indicano una flessione della quota di mercato dei prodotti dell’Industria di Marca, naturalmente con grandi differenze tra chi ha prodotto reale innovazione e chi invece ha pensato di avere una rendita derivante dal proprio brand. Oggi tutto questo non è più sufficiente, le persone sono molto più attente e informate, sia sui contenuti dei prodotti che sugli aspetti produttivi, in particolare sugli impatti di sostenibilità che le imprese generano e sulla credibilità di quanto comunicano. E fanno scelte sempre più selettive. Questo atteggiamento dei consumatori nonostante le difficoltà economiche di molte famiglie, potrebbe attenuarsi, ma non cambierà. Quindi nel carrello non solo primi prezzi, ma scelte più razionali e meno sprechi.

Non solo food: cosa succederà nel 2023 nei mondi del fashion retail e degli specializzati?

La difficile situazione economica e la situazione internazionale hanno prodotto un calo consistente nella fiducia degli italiani. Quasi l’81% delle persone si dichiara preoccupata per la propria tenuta economica, qualora la situazione dovesse mantenersi così difficile. Gli effetti di questa preoccupazione porta molte persone a ridurre i consumi, in particolare di beni non essenziali, che possono essere posticipati o annullati. Le nostre ricerche indicano che le aree di maggior rischio, oltre ai consumi fuori casa, sono alcuni settori del non food. Tra questi i settori dell’abbigliamento e delle calzature, che a oggi non sono ancora tornati ai livelli pre-Covid. Anche in ragione del mantenimento, seppure parziale, dello smart working, e della valorizzazione della casa durante i periodi di lockdown, si manterranno invece su livelli positivi sia l’elettronica di consumo che il mondo dei casalinghi e del Do It Yourself.

La spesa degli italiani si attesta intorno ai 2 miliardi di euro, in crescita rispetto al 2021

Dicembre decisivo per i conti della Gdo

Il rush finale per i conti economici della Gdo è già iniziato con il Black Friday, che anno dopo anno si trasforma sempre più in una Black Week in cui, secondo le stime dell’Osservatorio eCommerce B2c del Politecnico di Milano, la spesa degli italiani si attesta intorno ai 2 miliardi di euro, in crescita rispetto al 2021. In bilico invece il Natale, che rischia di rivelarsi sottotono stando alle cifre riportate dalla ricerca Ipsos commissionata da Federdistribuzione, con il 50% delle famiglie che diminuirà l’acquisto dei prodotti alimentari specifici delle festività e taglierà la spesa per i regali degli adulti. Un sentiment pessimistico fotografato anche dai dati Istat, diffusi dalla Banca d’Italia a novembre, con la fiducia dei consumatori italiani ai minimi dal 2013. Un crollo verticale rispetto alla rilevazione di settembre 2021, quando il medesimo indice aveva toccato addirittura i massimi storici degli ultimi undici anni. Lo scenario per il 2023, a livello macroeconomico, segnerà un rallentamento della crescita fino alla recessione tecnica (secondo le stime del Fmi) e un picco dell’inflazione nel primo trimestre, con prospettive di discesa, anche in conseguenza dei provvedimenti delle banche centrali e dei governi nazionali e salvo ulteriori stravolgimenti dello scenario socio-politico mondiale, fino alla stabilizzazione su valori accettabili nel 2024.n

COVER DMM Verso nuovi modelli di SOSTENIBILITÀ

Mai come in questo momento i consumatori mettono al primo posto gli equilibri dei propri bilanci familiari. Tuttavia esistono segnali contraddittori. Mentre calano i volumi dei negozi fisici l’e-commerce continua, pur rallentando a crescere. Mentre si polarizzano i format, gli assortimenti rallentano la polarizzazione: i premium e i primi prezzi rallentano la loro corsa lasciando nuovo spazio al mainstream, anche grazie alle promo. Mentre il grocery segna il passo, l’arredamento e la stessa elettronica di consumo non rallentano. In questo scenario le imprese hanno capito che comunque il consumatore è cambiato e, quindi, il loro interesse verso i temi della sostenibilità non sembra rallentare. Ma quali sono i modelli a cui potranno ispirarsi gli sforzi delle imprese nei prossimi anni? Una prima strada è facilmente identificabile nell’approccio in-sourcing: un’azienda si organizza per fare investimenti interni a favore della sostenibilità (ambientale, sociale ed economica). Una seconda soluzione può essere definita di “make together”: un’azienda progetta una callto-action che non può prendere forma senza la collaborazione attiva del destinatario, che nella maggior parte dei casi sono cittadini ma anche dipendenti e collaboratori. Sotto questa tipologia rientrano i numerosissimi casi di azioni generate dall’acquisto di un prodotto: “se compri questo prodotto destiniamo l’1% del valore a favore di questa azione…”. In questi modelli l’azienda chiede al cittadino un aiuto per fare un’azione in suo nome, “make together”, per l’appunto. Una terza architettura è a tutti gli effetti ispirata a un modello di crowd-sourcing: non esiste un pubblico predefinito se non la folla, senza la cui azione collettiva il sistema non decolla. In una nostra recente ricerca sulle nuove architetture del valore sostenibile emerge che la principale novità rimanda soprattutto ai modelli di crowdsourcing che sembrano mostrare un potenziale di diffusione molto elevato. Nei bilanci di sostenibilità sono sempre misurati i risultati concreti delle soluzioni sviluppare in house, ma la nuova sfida rimanda alla capacità di misurare meglio gli effetti dei modelli “make together” e crowdsourcing. Un esempio può chiarire. Un’azienda può certificare i km in bicicletta o le camminate dei propri collaboratori, ma fatica a documentare la Co2 effettivamente risparmiata. In assenza di misure certe e di indicatori comparabili si apre uno spunto di riflessione circa il ruolo delle Istituzioni e dello Stato. Molte case history in materia di sostenibilità documentano che senza il ruolo attivo delle Istituzioni esiste il rischio forte che le imprese vivano la sostenibilità come una leva competitiva e, quindi, vengano meno le collaborazioni orizzontali e verticali indispensabili per fare efficienza di sistema.

Di Davide Pellegrini, professore di Marketing presso l’Università di Parma

This article is from: