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Real estate Franchising, quando il gioco si fa duro

Franchising,

quando il gioco si fa duro…

La crisi sanitaria del Covid-19 con i conseguenti provvedimenti restrittivi alla circolazione delle persone e le chiusure forzate degli esercizi hanno messo in ginocchio un intero comparto.

Il franchising è un settore importante dell’economia italiana, anche in termini di riconoscibilità ed esportazione del marchio; nel 2020 valeva ca. 1,5% del Pil con un giro d’affari in crescita del 12,2% nel 2015-19 (fonte: elaborazione su dati Rapporto Assofranchising 2020). È diffuso in modo capillare in tutto il Paese e si caratterizza per un forte valore sociale in quanto è rappresentativo di autoimprenditorialità che favorisce l’occupazione diretta e di lavoratori sul territorio. Tutti i settori del commercio e tutte le dimensioni di imprenditori sono rappresentati. Ma non tutto è perfetto, vediamo perché.

I punti di convenienza reciproca per franchisor e franchisee, che si pongono alla base dell’avvio di una partnership, sono noti, ma è un modello di business che presenta diverse ombre che più distintamente si delineano in periodi di crisi, rispetto al modello di vendita diretta. Questa debolezza è strutturale e la prova giace visibile in alcune delle caratteristiche basilari del Franchising. I franchisee sono maggiormente caratterizzati dall’autoimprenditorialità (leggi: “voglia di un futuro indipendente”) piuttosto che da una solida base commerciale o, meglio ancora, manifatturiera. La necessità di formazione è proprio uno dei punti richiesti dagli affiliati alle catene; secondo la ricerca, formazione all’imprenditore e ai dipendenti è la maggiore richiesta di supporto al Network di appartenenza. L’impiego di capitale proprio è per il 78,9% degli affiliati la fonte preferenziale di autofinanziamento; il ricorso al settore bancario è residuale, non solo per il finanziamento dell’impresa. Investimenti iniziali richiesti sempre più ridotti: 83,7% delle reti attive richiede un investimento entro i centomila euro, come emerge dal Rapporto Assofranchising. Lo standard di Franchising si basa su una diretta, quasi esclusiva e più o meno immediata, corrispondenza fra investimento e ritorno, talché l’avviamento e il payback period deve risultare quanto più rapido possibi-

le e senza intoppi. C’è un nesso di causalità con il contratto di affiliazione se si pensa che nel 2019, sempre dal Rapporto Assofranchising, il 74% dei contratti hanno una durata di 3-5 anni.

Ancora secondo la citata ricerca, la visione degli imprenditori del franchising, a due anni dopo la fine del Covid-19, è di non percezione del cosiddetto next normal (intendendo uno scenario caratterizzato da nuovi modelli di acquisto) bensì si individuano come leve importanti il prezzo, la riduzione dei consumi non necessari e la prossimità dei negozi; gli affiliati non vedono un grande sviluppo per l’e-commerce e ciò a testimonianza del fatto che tali imprenditori appaiono ancora poco preparati sull’innovazione tecnologica e sue applicazioni (dato già emerso nella 1a edizione della citata ricerca). È naturale quindi che crescano subito le tensioni quando le cose iniziano ad andare male, come il Covid-19 ha reso lampante. La casa madre interviene sostenendo l’affiliato con dilazioni di pagamento o riducendo le royalties, misure spesso insufficienti. Pertanto, a parte traumatiche interruzioni del rapporto giuridico, l’unico vero assorbimento viene fornito dal proprietario delle mura il quale, non sempre volontariamente o talvolta inerme si trova lui stesso a subire questa pressione, attutendola con sconti, free rent, dilazioni, stralci.

In questo senso il franchising è sempre più un affare a due, con il terzo incomodo. La vera maturità del settore sarà quando e se il franchising e i franchisee riusciranno a navigare da soli anche in mariburrascosi, limitando al minimo il ribalto del rischio imprenditoriale sugli altri soggetti della filiera. Soltanto coloro che operano in tal modo possono dirsi imprenditori.n

Alberto Deiana

Project Management and Real Estate Executive, Mi.No.Ter.

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