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G. Tedeschi Grisanti H. Solin

Dis Manibus, pili, epitaffi et altre cose antiche di Giovannantonio Dosio

I disegni di antichità romane che Giovannantonio Dosio realizzò nella seconda metà del Cinquecento gettano un po’ di luce sul commercio antiquario dell’epoca, quando era di moda possedere pezzi antichi, di cui questi disegni costituiscono una sorta di catalogo di vendita. L’autore documenta con diligenza e maestria la presenza di sculture, sarcofagi e cippi funerari iscritti nelle case e nei palazzi gentilizi di Roma mediante preziose didascalie, che localizzano pezzi antichi in alcuni casi oggi non più rintracciabili.

Giovanna Tedeschi Grisanti Heikki Solin

Dis Manibus, pili, epitaffi et altre cose antiche di Giovannantonio Dosio

f 50,00

ETS

Edizioni ETS



Giovanna Tedeschi Grisanti e Heikki Solin

“Dis Manibus, pili, epitaffi et altre cose antiche� di Giovannantonio Dosio Il codice N.A. 618 della Biblioteca Nazionale di Firenze

Edizioni ETS


Stampato per metà coi fondi MIUR PRIN 2006 del programma di ricerca: Reperti, immagini, parole, gesti: le antichità ritrovate e la loro fruizione dall’esposizione alla comunicazione coordinatore scientifico Salvatore Settis (Scuola Normale Superiore); unità di ricerca: Le collezioni dall’allestimento al trattato: alcuni esempi tra XVI e XX secolo responsabile scientifico Lucia Faedo (Università di Pisa). L’altra metà della spesa è stata coperta coi fondi dell’Università di Pisa 2008-2011 assegnati a Giovanna Tedeschi Grisanti.

Progetto grafico: Sara Nannipieri

© Copyright 2011 Edizioni ETS Piazza Carrara, 16-19, I-56126 Pisa info@edizioniets.com www.edizioniets.com Distribuzione PDE, Via Tevere 54, I-50019 Sesto Fiorentino [Firenze] ISBN 978-884673120-3




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Giovanna Tedeschi Grisanti

“Dis Manibus, pili, epitaffi et altre cose antiche” di Giovannantonio Dosio

Molte sono le persone che hanno contribuito in varia misura coi loro suggerimenti, informazioni, consigli durante la lunga gestazione di questo lavoro, che mi è caro qui ricordare: prima di tutti Ruth Rubinstein cui sono stata legata da profonda amicizia e che ricordo con grande affetto; i nostri incontri di lavoro alla Biblioteca Nazionale di Firenze e al Warburg Institute, dove sono stata borsista Saxl nel 1983, hanno allargato i miei orizzonti in un campo di studi che non era il mio; Ruth era solita dire che i nostri studi, così diversi nell’impostazione, si integravano ed erano complementari tra loro. Spero che questo libro lo dimostri. Con Emanuele Casamassima ho avuto proficui scambi di idee sulle grafie cinquecentesche, così simili fra loro come egli mi ha insegnato; Carlo Pietrangeli mi ha messo a disposizione con grande liberalità le sue schede sulla collezione Cesi; Luigi Moretti mi ha risolto i dubbi su un’iscrizione greca incompleta, condividendo l’opinione sulla conoscenza diretta dosiana dei pezzi archeologici. A Salvatore Settis devo molto: innanzitutto la fiducia da sempre dimostrata nei miei confronti fin dai tempi ormai lontani della mia tesi di laurea, sostenuta con lui nel 1972 e divenuta poi un libro con la sua prefazione; poi il sostegno ricevuto nella pubblicazione dell’inventario di questo manoscritto nel Bollettino d’Arte del 1983; infine il suo costante incoraggiamento a proseguire il lavoro, che avrebbe dovuto comparire nelle pubblicazioni dell’Accademia dei Lincei, ma che per motivi contingenti esce ora come pubblicazione singola presso la casa editrice ETS di Pisa. A tutte le altre persone qui nominate devo riconoscenza per l’aiuto prestatomi a vario titolo secondo le loro competenze: Sinclair Bell, Giuseppe Camodeca, Donatella Caporusso, Carlo Chiarlo, Matilde De Angelis, Lucia Faedo, Giorgio Filippi, Henri Lavagne, Paolo Liverani, Licia Luschi, Marinella Marchesi, Marina Mattei, Emanuela Paribeni, Rita Paris, Corso marchese Patrizi, Fernando Rojo Martinez OSA, Philippe Sénéchal, Ulrike Sinn, Ginette Vagenheim. Un ringraziamento particolare a Sara Nannipieri per la sua infinita pazienza nella realizzazione del volume. Da ultimo, ma non ultimo, devo profonda riconoscenza a Heikki Solin, che ha riveduto le schede comuni a entrambi e anche il mio testo, segnalandomi, con la meticolosità che gli deriva dalla sua esperienza di epigrafista, errori e contraddizioni. Se ce ne sono rimasti, essi sono frutto della mia testardaggine nel non aver voluto accogliere i suoi suggerimenti.


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Qui di sotto vengono analizzate le trascrizioni delle epigrafi contenute nel codice dosiano, con l’edizione di quelle non ancora pubblicate nel CIL (abbiamo provvisto di un’edizione completa anche le due epigrafi a c. 2 c e c. 2v a già confluite negli ultimi supplementi del CIL VI). Licenziando il lavoro, porgo un sentito ringraziamento a Giovanna Tedeschi Grisanti per avermi invitato a intraprendere la trattazione del materiale epigrafico e per aver agevolato il mio lavoro in tutti i modi, nonché per la sua infinita pazienza, quando il sottoscritto compilatore della parte epigrafica, per la complessità delle questioni inerenti alla topografia della Roma rinascimentale, ha fatto attendere troppo l’ultimazione del proprio lavoro. Ringrazio inoltre particolarmente Paola Caruso, che con grande cura e ardore ha rivisto il mio italiano. Ulteriori informazioni e osservazioni devo a Giovanna Asdrubali Pentiti, Rosetta Bernardelli Calavalle, Franziska Beutler, Marco Buonocore, Alfredo Buonopane, Filippo Carinci, Enrico Garavelli, Carlo Gasparri, Daniela Gionta, Sara Magister, Ermanno Malaspina, Silvia Orlandi, Mauro Reali, Antonio Sartori, Michael P. Speidel, Pekka Tuomiso e Alfredo Valvo. Ringrazio Kati Näätsaari per la collaborazione nell’elaborazione degli indici. Heikki Solin

* Le fotografie delle tavole sono di Guido Sansoni, mancato nel 1988, che si annovera ormai tra i fotografi storici fiorentini della Biblioteca Nazionale e del Kunsthistoriches Institut per la sua sensibilità e competenza professionale.


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Capitolo II

Nelle righe che seguono si mettono insieme alcune osservazioni sull’approccio di Dosio al testo epigrafico come risulta dopo lo studio del codice oggetto del presente libro. Un giudizio più approfondito di Dosio epigrafista è possibile soltanto chiamando in causa tutte le trascrizioni fino a noi conservate nei vari manoscritti dosiani. A tale impegno non si può far fronte in questa sede, si lascia tale compito alla futura ricerca. Il codice qui di seguito pubblicato costituisce tra l’altro un pregevole contributo alla conoscenza d’iscrizioni antiche, per la maggior parte urbane. I disegni di monumenti epigrafici in esso contenuti aumentano di valore anche per le fedeli riproduzioni dei supporti delle iscrizioni. Non meno preziose sono le trascrizioni di testi epigrafici finora sconosciuti. Il loro numero ammonta a 21 (c. 2 c; c. 2v a; c. 5v e; c. 7v a; c. 10 b; c. 10 e; c. 10 g; c. 10v d = c. 12 e; c. 11v a; c. 21v; c. 23 b; c. 28 c; c. 30 c; c. 34 a; c. 48 d; c. 51 b; c. 52v b; c. 68 c; c. 68v; c. 72 c). Di essi, quattro hanno intanto trovato la loro collocazione in grandi pubblicazioni epigrafiche: c. 2 c = CIL VI 41308; c. 21v = CIL VI 40550; c. 51 b = IGUR 1679; c. 72 c = AE 2004, 276. La stragrande maggioranza delle iscrizioni è urbana o comunque copiata da Dosio a Roma. Al di fuori della città di Roma egli ha disegnato solo quattro iscrizioni: CIL XI 1315 (c. 53v); 1378 = 7002 (c. 53); 6947 (c. 26 b); 7752 (c. 4v b); sulle loro vicende e collocazione vedi l’introduzione di G.T.G. e i rispettivi commenti nella presente edizione. Dalle immediate vicinanze di Roma provengono tre iscrizioni, che Dosio tuttavia ha visto a Roma, e della cui vera provenienza non avrà avuto idea, e cioè CIL XIV 290 (c. 4v a = c. 61 a) e 412 (c. 59 c) da Ostia, nonché 2717 (c. 45 a) da Frascati nel territorio della romana Tusculum. Va detto qui di sfuggita che in altri codici dosiani compaiono epigrafi di altre località da lui visitate; per es. ha lasciato copie di alcune iscrizioni di Anagni, dove lavorò tra il 1564 e il 1566 al servizio di Torquato Conti. Dosio arrivò a Roma nel 1548 e vi rimase praticamente fino al 1574; a partire da quest’anno alternò a brevi soggiorni romani lunghe e operose permanenze a Firenze; in ogni caso era saltuariamente attivo anche a Roma. E durante il periodo napoletano alla fine della sua vita, visitò Roma, per es. nel 1593, nel 1607 e ancora poco prima della sua morte, nel 1609. Possiamo quindi presupporre che egli abbia copiato la grande maggioranza dei monumenti romani tra il 1548 e il 1574, senza escludere la possibilità che disegni di singoli monumenti epigrafici urbani (ma saranno stati pochi) possano risalire al periodo successivo a questa data. Per quanto riguarda la cronologia delle sue singole trascrizioni di epigrafi, pochissimo sappiamo sui momenti in cui possano essere state eseguite, anche per lo stato poco sistematico, anzi assai frammentario e saltuario dei vari fogli del codice. Nel codice stesso non figurano date. Ma si potrebbe presumere che le numerose trascrizioni di epigrafi della vigna di Giulio III siano state eseguite quando Dosio lavorò nel cantiere della villa di questo pontefice, in relazione alla sistemazione delle statue nel 1552-53. E poco più tardi, nel 1556, lavorò al restauro del portone di Castel Sant’Angelo per Paolo IV,

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NOTE SU DOSIO EPIGRAFISTA

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mentre nel 1561 partecipò alla decorazione del casino di Pio IV e alla sistemazione dei materiali antiquari nel boschetto del Belvedere in Vaticano, nelle quali occasioni avrebbe potuto copiare nel codice anche le iscrizioni presenti in Castel Sant’Angelo o nel Belvedere confluite nel codice; ma egli avrebbe potuto eseguire dei disegni anche in altre occasioni. Invece non sembra ci sia rapporto diretto tra la sua partecipazione ai lavori per la tomba del vescovo di Chiusi, Bartolomeo Farratino (o Ferratino/ni) ad Amelia e le sue trascrizioni di epigrafi nella casa del vescovo di Amelia, Baldo Ferratini a Roma (vedi a c. 44-45); questa casa fu visitata da altri numerosi autori epigrafisti ed era per così dire una meta per umanisti. – Per il resto, G.T.G. offre supra pp. 31-37 un prospetto dei vari luoghi a Roma, dove Dosio dice di aver eseguito i suoi disegni. Va soltanto aggiunto che egli non intende in nessuna maniera offrire una completa serie di monumenti di una determinata collezione, bensì procede in modo poco sistematico, scegliendo alcuni monumenti interessanti. Così riproduce 17 reperti d’interesse artistico presenti nella grande collezione della vigna carpense sul Quirinale. Allo stesso modo il nostro artista sangeminese dà della grande collezione del Palazzo Cesi parecchi campioni, ma mentre tutti i reperti carpensi disegnati da Dosio rappresentano supporti con decorazione, tra quelli cesiani ci sono anche semplici lastre o stele (c. 5 e; c. 5v e; c. 10 b, d-f; c. 10v c-f; c. 11v d, e; c. 12 e). L’inserimento di pezzi cesiani privi di decorazione mostra l’approccio poco sistematico e saltuario nella scelta dei monumenti da disegnare. Per quanto riguarda la scelta di monumenti carpensi effettuata da Dosio, colpisce la mancanza di numerose opere note, iscritte o meno, osservate da molti altri autori contemporanei; manca per esempio il bassorilievo con la raffigurazione di un pastore con bastone in mano e col suo cane, che reca inciso un verso delle Georgiche di Virgilio (CIL VI 3437*), descritto nella vigna a partire da Aldrovandi; mancano pure due basi disegnate da Pigge, Cod. Berol. 61 f. 309v e 314v, raffiguranti una menade con due satiri l’una e Apollo, Diana e Nike l’altra; alcune opere d’arte si trovano in altri codici dosiani, come la base di candelabro vista da Aldrovandi (p.305) e Pigge (Cod. Berol. 61 f. 309, che si trova nel codice dosiano berlinese (Hülsen 1912, p. 86). La saltuarietà della scelta dei monumenti da disegnare è dunque in parte apparente ed è preferibile attribuirla alla saltuarietà del contenuto del nostro codice, per effetto dei tagli in epoca postdosiana (vedi G.T.G., supra). Dosio non ha certo avuto una formazione storica o epigrafica, nel senso stretto della parola. Ma durante i suoi primi anni romani, quando acquisì la sua formazione artistica, si è dedicato allo studio non solo della statuaria antica, ma anche dell’epigrafia romana. L’acquisizione delle sue attitudini a leggere, disegnare e anche, fino a un certo punto, penetrare il senso dei testi epigrafici è stata favorita anche dal rapporto con i suoi primi committenti e protettori di alto livello intellettuale quali Annibal Caro o la cerchia dei Farnese. Non sappiamo niente però della sua partecipazione alla cerchia di persone che condividevano l’interesse antiquario, esempi delle quali sono i personaggi che l’umanista olandese Stefan Pigge rese protagonisti di un dialogo storico-archeologico che egli ambientò il primo gennaio del 1551 nel palazzo di Rodolfo Pio: il cardinale padrone di casa, Antonio Agustín, Antoine Morillon e lo stesso Pigge1; tale cerchia comprendeva anche figure quali Jean Matal, Martin Smet oppure Pirro Ligorio, o ancora i dotti ispanici Aquiles Estaço e Alonso Chacón. Infatti Dosio non viene menzionato dagli umanisti cultori dell’epigrafia nella loro corrispondenza conservata o nei loro codici epigrafici. Comunque sia, Dosio era riuscito a coltivare, durante il suo apprendistato di scultore, una considerevole familiarità con i monumenti antichi, epigrafi incluse. Si tenga anche presente che la produzione di monumenti funebri fu la maggiore risorsa del Dosio nei suoi anni romani, per cui si può supporre che egli abbia avuto una speciale inclinazione anche per tali monumenti dell’età

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S. Pighius, Themis dea seu de lege divina, Antverpiae 1568.


Qualche volta mette punti dove in realtà non ci sono: c. 34 b = CIL VI 20645 e c. 70v = CIL VI 25325 S•P•F in luogo di SP•F; c. 59 c = CIL XIV 412 due volte C•<N per CN. 3 Ma in c. 28 b (= CIL VI 19869) sembra rendere a ragione due volte una I montante contro una I di normale altezza del textus receptus. Vedi anche c. 33 a = CIL VI 21757, dove Dosio rende in 2 Y montante forse a ragione. Casi simili in c. 39 b = CIL VI 20304; 39v a = CIL VI 27155. 4 D’altra parte ha letto bene tali testi greci di difficile comprensione come c. 42v b = IGUR 1354, anche se si può a buon diritto sospettare che Dosio non abbia capito molto del testo di stile molto poetico, non immediatamente decodificabile neanche per uno studioso moderno. 5 Per es. in c. 3v a = IGUR 175 ha reso P due volte con TI o con o IT; non ha dunque contestualizzato il contenuto dell’iscrizione. In 18v b = IGUR 24 due piccole sviste, ma nel complesso Dosio se l’è cavata bene con la trascrizione del testo non consueto tra quelle funerarie. In 67 a = IGUR 119 Dosio commette qualche piccola svista comprensibile, ma anche altri si sono sbagliati casualmente nella lettura. In c. 71 a = IGUR 1703 una piccola svista. 6 Un paio di casi simili: in c. 5 c Dosio sostituisce Hermias con Hermes, il nome greco più popolare a Roma che Dosio deve aver conosciuto da parecchie iscrizioni; in c. 13v e Viticla diventa Euticia, un nome greco molto popolare, certo noto a Dosio. 2

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romana. Sappiamo anche che egli stesso si vantava di aver letto e trascritto documenti epigrafici con successo, come risulterebbe dalla storia raccontata da Giulio Giacoboni che lo conobbe nel 1564 ad Amelia; nei suoi appunti di viaggio aggiunge di essere stato dissuaso da Dosio dal copiare le iscrizioni romane della zona perché egli stesso le aveva già tutte trascritte in un proprio taccuino (Giacoboni nel codice manuziano Vat. Lat. 5237 f. 129v). Inoltre Dosio ebbe ambizioni culturali e nel complesso è facile pensare che egli volle anche comprendere qualcosa dei testi epigrafici da lui copiati. Detto questo, possiamo analizzare brevemente il carattere delle trascrizioni epigrafiche dosiane. Prima dobbiamo tenere in mente un fatto fondamentale, cioè che Dosio nei suoi disegni evita ogni completamento dei monumenti diruti o interrati, anzi documenta con precisione gli effetti devastanti del tempo quali la corrosione o la caduta di elementi; questo non vale solo per monumenti architettonici in genere, ma anche per testi epigrafici. Perciò possiamo essere sicuri che Dosio non abbia mai interpolato i suoi testi, ma li riproduca così come li ha letti. Inutile dire che tale atteggiamento esclude che egli abbia avuto l’intenzione di agire come falsario. Per entrare nel dettaglio, Dosio ha disegnato i testi epigrafici imitando fedelmente la forma delle lettere capitali. Tiene debito conto della divisione delle righe (erra solo raramente, come in c. 2v e = CIL VI 25310, o in 8v d, o in c. 13 c = CIL VI 14586, o in c. 14 d = CIL VI 28229, o in c. 30 d = CIL VI 2327). Aggiunge i punti divisori, nel posto giusto a metà riga, anche se non lo fa regolarmente (e qualche volta li aggiunge a torto)2. Osserva spesso, anche se non regolarmente, lettere montanti (e alle volte disegna come montanti lettere di altezza uguale alle altre)3, come pure sopralineature. Come detto, tiene conto dell’eventuale danneggiamento delle righe o delle lettere. Non fa commenti di alcun genere circa quello che ha letto, bensì riproduce fedelmente solo quello che ha visto sulla pietra. In genere sa leggere bene le iscrizioni latine a cui si dedica (meno bene quelle greche, nella cui lettura s’incontrano diversi errori anche gravi)4 ed ha potuto cavarsela bene anche con testi difficili (un esempio in c. 60, anche se all’ottima decifrazione allega qualche svista). D’altra parte non mancano letture false che sono naturalmente da ricondurre alla sua superficiale formazione storico-epigrafica. Un altro discorso è quanto ha capito del contenuto dei testi trascritti (questo diventa più evidente soprattutto nei testi greci)5, ma certamente si è procurato una, se non buona, almeno sufficiente conoscenza della struttura e dei dettagli di testi epigrafici. Prendo due esempi che dimostrano la sua dimestichezza con nomi antichi e con formule onomastiche. In c. 1 d (= CIL VI 24531) la falsa lettura EVCARPVS del nome greco Eucaerus potrebbe ricondursi al fatto che egli possedeva una certa conoscenza dei nomi di persona più usati nelle iscrizioni sepolcrali: ha creduto di riconoscere, in luogo del raro antroponimo Eucaerus, il più popolare Eucarpus, che avrà conosciuto in iscrizioni insieme ad altri nomi provvisti dell’elemento Carpus, molto in voga nell’antroponimia romana6. In c. 69v a (= CIL VI 9978), gli autori hanno letto alla fine di 1 nel nome di M. Cincius Theophilus, tra il gentilizio e il cognome,


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ora M•F, ora M•L. L’ultima lettera deve essere stata danneggiata, altrimenti non si capirebbe l’esitazione tra F e L. Quando Dosio disegna chiaramente, senza batter ciglio, una F, ciò vuol dire che egli ha voluto riconoscervi M(arci) f(ilius), invece di M(arci) l(ibertus); era dunque in grado di distinguere tra le due forme dell’indicazione di patronimico e patronato. Ora è certo che la lettera era talmente danneggiata che non si poteva stabilire con certezza la presenza di F o L, come risulta dal fatto che gli ottimi filologi Lips e Pigge abbiano sostituito la sigla con brevi trattini e che l’altrettanto fedele trascrittore Boissard (nel codice di Stoccolma che rappresenta la prima e la più attendibile redazione della sua silloge di epigrafi romane) semplicemente ometta la sigla. D’altra parte non mancano, accanto ad errori di lettura innocenti e facilmente perdonabili (del tipo Ɔ•L in luogo di D•L in c. 4 a-d [ma in c. 19 a dà dello stesso testo una lettura impeccabile], un errore del resto condiviso da numerosi epigrafisti ancora ai nostri tempi; o Calisto e filiis per Callisto e filis in c. 5 a [anzi, la grafia filiis potrebbe essere spiegata come una specie di normalizzazione attestante la conoscenza della grammatica]; o colactio per collactio in c. 14v c), altri che rimettono in discussione la capacità di Dosio di comprendere fino in fondo il tenore dell’iscrizione da lui copiata. Alcune copie mal fatte contengono più errori, per esempio c. 7v e; c. 8v b; c. 10 c; 10v a; c. 13 b; c. 13v e; c. 21v; c. 30 d; c. 30 e; c. 49v d; c. 66v b. Se Dosio scrive in c. 1 e (= CIL VI 28698) NICEPHORI in luogo di Nicephor l(ibertus), evidentemente non ha capito che al nominativo Q. Vettius non può seguire il genitivo Nicephori. Un altro caso in c. 3 b = CIL VI 2127 VIR•EST per vir(gini) Vest(ali). In c. 3 c = CIL VI 15408 Dosio, leggendo INCOMIARA///// LI, non ha riconosciuto l’epiteto comunissimo nel gergo dell’epigrafia sepolcrale incomparabilis. Ancora alcuni ulteriori casi: c. 5 (= CIL VI 18757), 5 COLLIBAE per collibe(rtae); Dosio non ha dunque capito il senso della parola. In c. 50v a (= CIL VI 992) Dosio non ha riconosciuto in 3 la parola adnepoti scrivendo invece abnepoti, e in c. 61 c (= CIL VI 1975) ha equivocato sulla coppia iuvenile figuram leggendo IVVENIS EFIGVRAM. Perlopiù gli errori di Dosio riguardano elementi onomastici (per es. c. 3v a; c. 7v e; c. 8v b; c. 10 b, d, g; c. 13 b, e; c. 14 a, b; c. 14v e; c. 24; c. 28 c; c. 30 e; c. 31 a; c. 39 c; c. 39v a; c. 42; c. 42v c; c. 48 a; c. 51 b; c. 57 a; c. 69 b; c. 72v). Spesso fa confusione tra le due lettere H e N, come nelle trascrizioni di: NERMETI in c. 5 e, NYGEAE in c. 5v e, NERM[---] in c. 10v f, e NELIODORA in c. 13 a; viceversa N è scritta H in c. 5v c HVMVLARIO. Anche le omissioni di parole testimoniano una certa superficialità, come in c. 10 d (= CIL VI 23296), in cui manca in col. II 5 carissima suis; ma che manca in 2 b (= CIL VI 26192) alla fine di 2 b casta nella serie degli epiteti pia frugi casta pudica, è perdonabile e non è prova di incomprensione del testo. Il caso inverso, cioè l’aggiunta di elementi, appare in 2v d (= CIL VI 17983) dove Dosio premette al testo la sigla D M, mancante nel textus receptus, ma questo potrebbe anche voler dire che forse c’era. – Mancano intere righe: c. 5 d = CIL VI 18757 la riga 8 con indicazione delle misure della tomba. Un caso a parte sono le grafie ‘modernizzanti’ quali pudicicia in c. 2 c, negelegencia in c. 5v b (= CIL VI 931), ben comprensibili alla luce delle usanze medievali; meno giustificabile è Cricia per Critia in c. 13 c (CIL VI 14586). La grafia opposta (-cia > -tia) in c. 11v a 4 Sulpitiae e in c. 11v d 3 Portius. Per la costituzione del testo di epigrafi da tempo conosciute l’apporto di Dosio è riconoscibile in alcuni casi: in c. 1 e (= CIL VI 28698) egli offre Hagne in luogo della vulgata Hagnae, verosimilmente a ragione; in c. 5 d (= CIL VI 18757) Dosio scrive 2 DORYPHORV invece di Doriphorus del textus receptus; a parte la mancanza della S finale (che sarà una piccola svista), Dosio ha reso il nome bene con Y (vedi che dico ad loc.); c. 6v a-c = CIL VI 24613: il disegno dosiano ha chiarito la struttura dell’iscrizione e del suo testo (vedi ad loc.); in c. 8v a = CIL VI 28693 la lettura Agathes ristabilisce la giusta forma del nome; in c. 52 a = CIL VI 19003 si può, in base al disegno di Dosio, accogliere in 13 la lettura Cypare invece di Cypari.


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Rimane la questione se Dosio abbia utilizzato fonti scritte per le sue trascrizioni oppure se i suoi disegni siano stati utilizzati da altri. Per quanto riguarda un’eventuale dipendenza di Dosio da altri autori epigrafici, non ci sono indizi di tale dipendenza. Alla seconda domanda non si può dare risposta se non dopo un’analisi di tutti manoscritti dosiani che contengano trascrizioni di epigrafi. Ma è notevole una certa affinità fra le trascrizioni di Dosio e quelle di A. Chacón, presenti sia nel chigiano sia nel codice perduto Raffaelli; ho solo accennato a questo fatto nella presente edizione, ma sarà compito della futura ricerca chiarire l’interdipendenza dell’uno dall’altro.



CATALOGO DELLE TAVOLE


c. I


c. I (carta dell’ “Album”)

a. busto di Massimino. Il ritratto, di leggero scorcio a destra, raffigura l’imperatore in età matura con corazza anatomica e paludamentum agganciato sulla spalla sinistra; il viso ha gli occhi incavati con evidenziati pupilla e sacco lacrimale, naso aquilino, rughe orizzontali sulla fronte e oblique tra naso e bocca, la barba è appena accennata; la capigliatura corta è incisa a ciocche sottili. Già nella collezione Gaddi, dove pare lo vedesse Montfaucon nel 1702, passò nella Galleria degli Uffizi nel 1778. Stava nel III corridoio; attualmente non è esposto. Il disegno di Dosio è anteriore ai restauri che il busto ha subìto (naso, parte del braccio destro, fibula). Anche il supporto in marmo portoro con tabella e dicitura MAXIMINUS è moderno. h=57 Il documento, citato da Mansuelli, che lo registra come un acquisto del 1778 (AG, XI, 26) dalla collezione Gaddi, avvalora l’identificazione. Inv.1914, nr. 242; foto Sopr. Gall. 112103, 112104; Dütschke 1878, 195; Bernoulli 18821886, II, 3, p. 118,9, tav. XXIV; Furtwaengler 1907, II, p. 11; Graindor 1936, p. 64, n. 20, tav. XIXa, B; Felletti Maj 1958, p. 119, n. 82; Mansuelli 1962, II, n. 153, pp. 119-120; Tedeschi Grisanti 1983, p. 78. b. busto di Commodo. Il busto è fornito di corazza e paludamentum agganciato sulla spalla destra, la bella testa giovanile, di scorcio a sinistra, ha una corta capigliatura riccioluta, barba e baffi corti che incorniciano la bocca carnosa. Pervenuto nei Musei Vaticani tra il 1775 e il 1792, attualmente è conservato nella Loggia Scoperta, posto su un supporto moderno molto simile, nella parte superiore dalle estremità modanate, a quello di a). È una replica del tipo conservato in Sala Busti 368 (SdB 32) creato quando – all’età di 19 anni – Commodo succedette al trono al padre Marco Aurelio nel 180 d.C. (Spinola 1999). Inv. 863; Amelung 1908, II, nr. 16, p. 737, tav. 81; Wegner 1939, pp. 268-269; Felletti Maj 1953, p. 114; MNR I/1, p. 284 (E. Talamo); Pietrangeli 1989, nr. 25, p. 135; Spinola 1999, nr. 25, p. 189, fig. 31e); Tedeschi Grisanti 1983, p. 78. c. busto di Claudio. Il busto ha il paludamentum agganciato sulla spalla sinistra, che lascia vedere la scollatura quadrata della tunica. La testa ritratto, perfettamente frontale, è leggermente rivolta verso l’alto. Il mento evidenziato da una fossetta è sormontato dalla bocca sinuosa; il naso largo mostra le narici con due rughe oblique tra naso e bocca; gli occhi hanno le pupille leggermente accennate, al pari del sacco lacrimale. Sopracciglia ben delineate ed arcuate completano la fronte, solcata leggermente da due rughe orizzontali. La capigliatura a ciocche, disposte in maniera irregolare sulla fronte, lascia intravedere sulla sommità della testa tracce della corona di quercia tipica dei ritratti di questo imperatore, la cui caratteristica somatica principale è costituita dalle orecchie grandi e divergenti, ripassate a penna dal Dosio, che sottolinea anche la ciocca di capelli riportata in avanti al di sotto dell’orecchio destro. Il tipo fisiognomico è perfettamente in linea coi principi giulio-claudi, ma la caratteristica princi-

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“Le tre teste d’imperatori sono insieme col d.m seg.° A nel giardino / del buffallo Il seg.to b è in casa d’un che sta apresso a ms. achille maffei”

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Giovanna Tedeschi Grisanti e Heikki Solin

50

pale di questo ritratto consiste nella forma delle orecchie, per cui cfr. la testa della statua conservata al Museo del Louvre (Kersauson 1986, nr. 91, pp. 194-195) o quella dei Musei Vaticani, nel Museo Chiaramonti (Bildkatalog Museo Chiaramonti I, 591, p. 154) oppure quella di Villa Albani (Villa Albani IV, 1994, nr. 429, pp. 120-121, tavv. 54-55) L’indicazione delle pupille porterebbe a una datazione non prima dell’età adrianea, anche se il pezzo non è stato identificato. Tedeschi Grisanti 1983, p. 78. d. lastra funeraria iscritta. Priva di cornice, contiene soltanto l’iscrizione distribuita su undici linee. In casa di Paolo Alessi alla fine del XV secolo (P. Sabino), è copiata dai più nel XVI secolo in casa di Francesco o Giulio Porcari (tra i quali anche da Giovanni Colonna da Tivoli nel 1554, ma senza didascalia: cfr. Micheli 1982), però Manuzio la vede in casa dei Capranica, e Knibius “a Monte Cavallo nel giardino di Carpi” (ma cfr. Solin 2011, dove non risulta essere mai stata negli horti carpensi al Quirinale). Sembra perduta. Micheli 1982, f. 6v e p. 44; Tedeschi Grisanti 1983, p. 78.

G.T.G.

c. 1 d. CIL VI 24531. Era nella casa Porcari (che Dosio chiama, come suol fare spesso, una casa appresso a ms. Achille Maffei), dove fu vista da numerosi autori antecedenti e contemporanei.1 – Buona lettura, concorda con ottimi autori quali Manuzio e Knibius, anche nella divisione delle righe (qui peccano gli autori più antichi quali Giocondo [il quale inoltre legge in 11 male DIEB] o Sabino), eccetto in 8 dove Dosio scrive male EVCARPVS per Eucaerus2, una specie di lectio facilior3, ma che d’altra parte mette in evidenza l’estesa conoscenza che Dosio ebbe dell’antroponimia romana - avrà conosciuto Eucarpus o altri nomi provvisti dell’elemento Carpus da altre iscrizioni da lui trascritte. H.S. e. urna cineraria. Elegantemente decorata, con la tabula inscriptionis circondata da una fila di ovuli e astragali aderente al bordo superiore della fronte. Sotto di essa due cigni accosciati inquadrano una corona d’alloro con nastri divergenti e svolazzanti; alle due estremità due nicchie con piedestallo semicircolare fiancheggiate da due colonnine a scaglie e dalla semicupola a intreccio. Copiata da Manuzio “nei giardini di Paolo Bubali (Del Bufalo) all’acqua Vergine”, sembra perduta. Tedeschi Grisanti 1983, p. 78.

G.T.G.

c. 1 e. CIL VI 28698. Attestata anche da Manuzio (che chiama il proprietario Paulus Bubalus) ed Estaço nel famoso giardino Del Bufalo (su cui vedi a c. 13 a), dove Dosio ha disegnato anche altre iscrizioni; sarà smarrita presto, in quanto non attestata più tardi. – Buona lettura, tranne l’inno Manuzio 1566, p. 235, 44 segnala l’epigrafe in aedibus Capranicorum (che sarebbe evidentemente il Palazzo Della Valle - Capranica), ma è segnalazione erronea. – Knibius non attribuisce l’iscrizione al giardino di Pio, come afferma Henzen nel lemma del CIL; vedi Solin 2011. 2 Tutti gli altri autori antichi, di cui ho potuto controllare la lettura, hanno EVCAERVS. 3 Eucarpus è molto più comune nell’onomastica romana di quanto era Eucaerus; Solin 2003, pp. 983 sg. enumera di Eucarpus 59 attestazione, pp. 977 sg. di Eucaerus 9 attestazioni. 1


4

CIL VI 18908, 19139, 19140, 27824, 28698, 36186, 37331.

51 “Dis Manibus, pili, epitaffi et altre cose antiche” di Giovannantonio Dosio

cente, ma irriflessiva svista alla fine dell’ultima riga NICEPHORI per Nicephor l(ibertus); chi sa poi quanto piccola sia stata la differenza tra L e I nell’esecuzione del testo (Dosio spesso confonde I e L tra di loro). In 2 Dosio legge HAGNE e sembra confermare questa lettura (condivisa dal CIL) con Estaço contro HAGNAE del Manuzio (nelle iscrizioni urbane Hagnae compare solo in CIL VI 28945, mentre Hagne è attestato come genitivo o dativo assai spesso)4. Dosio non osserva la T montante in patronae notata invece da Manuzio ed Estaço. H.S.



493

Capitolo I “DIS MANIBUS, PILI, EPITAFFI ET ALTRE COSE ANTICHE” DI GIOVANNANTONIO DOSIO IL CODICE N.A. 618 DELLA BIBLIOTECA NAZIONALE DI FIRENZE

11

PREMESSA

11

I FANTI SCRITTI DI CARRARA E IL RITROVAMENTO DEL CODICE

11

LO SMEMBRAMENTO DELLA RACCOLTA EPIGRAFICO-ARCHEOLOGICA DOSIANA

13

OSSERVAZIONI TECNICHE. LA CATALOGAZIONE DEI DISEGNI

15

I FOGLI DELLA BIBLIOTECA MARUCELLIANA

19

LE CARTE DEL “CODEX BEROLINENSIS”

23

I DISEGNI DEGLI UFFIZI

25

I DISEGNI DI MODENA

25

LA PROVENIENZA DEL CORPUS DEI DISEGNI DOSIANI

25

LA COMPOSIZIONE E LA SEQUENZA DEI FOGLI DELL’ALBUM

27

LO SCOPO DELL’ALBUM

29

LE DIDASCALIE E I LUOGHI DELLE COLLEZIONI

31

GLI INCREMENTI E LE DATE DEI DISEGNI

37

RAPPORTI TRA N.A. 618, N.A. 1159 E ALTRI DISEGNI DI FERMO

40

Capitolo II NOTE SU DOSIO EPIGRAFISTA

41

CATALOGO DELLE TAVOLE

47

c. 1 (carta dell’ “Album”) “Le tre teste d’imperatori sono insieme col d.m seg.° A nel giardino / del buffallo Il seg.to b è in casa d’un che sta apresso a ms. achille maffei”

49

“Dis Manibus, pili, epitaffi et altre cose antiche” di Giovannantonio Dosio

INDICE


Giovanna Tedeschi Grisanti e Heikki Solin

494

c. 1v. “queste statue e teste sono in casa di ms. francesco lisca et le due / teste sono attaccate l’una con l’altra come quella di giano e si / somiglian quasi l’una a l altra”

53

c. 2 (carta dell’“Album”) “li duoi pilli e la testa sonno in casa di ms Achille Maffei”

55

c. 2v. “Il d m seg.to A è sotto un portico dietro a monte savello presso a una piazeta e il sg.to b / è in una casa in un cortile nella strada di s.m.a de l’anima, dove sop. a la porta vi è una testa anticha / li 2 seg C-D sono in casa di ms. paulo pinzone presso alla piazza degli alteri”

61

c. 3 (carta dell’“Album”) “Il d.m seg.to A è in casa d’uno vescovo nella strada di st.a m.a de l’ anima / l’altri seg.ti b.c. d.e sono in casa del cap. ° papiro capo zucha / presso a s. marco”

65

c. 3v. “L’hercule con il torso senza gambe sono in casa di ms / paulo pinzone et dicano che il torso è il dio del sono / L’altra figura è nella vignia degli ubaldini et si è fatta in 2 vedute per le treccie di dietro”

69

c. 4 (carta dell’“Album”) “Nella valle”

73

c. 4v.

75

c. 5 (carta dell’“Album”) “Il D.M segnato A è in casa di ms prospero boccapadulle et è la banda delle tre facciate fatte nell’altra carta / rincontro a questa il simile il seg.to B è in detta casa gli altri sonno in nel giardino secretto del rever.mo cesis”

79

c. 5v. “Il seg.to A è in una casa di contro ai massimi dentro sotto una loggia / Il seg.to b c è in campidoglio trovati non n’è molto / Il seg.to D è in casa di ms Sisco Alberini presso al pallazo della valle / Il seg.to e è in casa dico nel giardino del rever.mo cesis”

83

c. 6 (carta dell’“Album”) “questo d.m e in casa d’un gentil.huomo nella strada degli alteri”

87

c. 6v. “questo pillo dico D M è in casa di ms. prospero boccapadulle sopra piazza Judea sul quale è un hercole antico di marmo il q.le non si è fatto parendomi che questo andasse da se / et di là all’ altra carta vi è le lettere dell’altra facciata; non si ando possutte star qui si sono fatte nell’altra facciata”

89

c. 7 (carta dell’“Album”) “Li di sopra sonno in una strada che va diritta dal Gesù alla minerba di fuori nella strada et sono tutti in uno in tre faccie l’altra non si puol vedere / L’ altri tre sono in una casa presso a ms. Achille Maffei”

93

c. 7v. “Tutte le cose che sono in questa facciata sonno in una casa presso allo studio”

95

c. 8 (carta dell’“Album”) “li duoi pilli sonno / in casa di ms. paulo pinzone presso alla / piazza degli alteri”

103


105

c. 9 (carta dell’“Album”) “Li tre d.m sonno in casa d’uno che sta di contro a san marco su la piazza / L’altri da basso in casa di ms. paulo pinzone”

109

c. 9v. “Tutto è in casa di ms. paulo pinzone”

115

c. 10 (carta dell’“Album”) “tutti sono nel giardino del rever.mo di cesis eccetto li seg.ti + / che sonno in una casa presso a ms. Achille Maffei”

117

c. 10v. “il segnati A.b sono in casa di ms. Tilio Alberini nella strada / dove è il pallazo della valle tutti gli altri sonno in casa cioè nel giardino secretto del rever.mo di cesis”

123

c. 11 (carta dell’“Album”) “li seg.ti croce + sono in una casa presso a ms. Achille Maffei / L’altri sonno nel giardino segretto del Rever.mo di cesis”

127

c. 11v. “Tutti li presenti D M sonno in nel giardino / secretto del Rever.mo di cesis eccetto il / segniato + il quale è in una casa presso a ms./ Achille Maffei”

133

c. 12 (carta dell’“Album”) “Il pillo disopra è in 2 pezzi come sta benché secondo/ me non mi pare che sia tutt’uno, ma stimo che sian / differenti, ecc. ° qllo che è in questa facciata / è in nel giardino secretto del Rever.mo de Cesis”

139

c. 12v. “i duoi pilli uno ne è a ara celli, e l’altro nella vignia del vescovo di pavia cioè il disopra è a ara celli, e l’altro nella vignia” Nella carta aggiunta a destra: “questa parte è una delle bande de detto pillo e l’ altra è murata” (si riferisce al sarcofago con stagioni)

141

c. 13 (carta dell’“Album”) “il D M con li putti e quella donna sono sovra una porta del serugiale delle monache d’un monastero ch’è / presso al giardin del buffalo. il seg.to b è in casa d’uno che sta presso all’arco di portogallo / II seg.to c è in nel giardino del buffalo. L’altri duoi sono in una casa presso a ms. achille maffei”

145

c. 13v. “li D M segnati ABCD sono in casa di ms. francesco lisca in parione / et il seg.to A non vi si puol leggere lettere nissuna e le 2 seg.te BC sono le suoe / duoe faccie che nel’ altro seg.to D non vi sono altre faccie dove sia altro / l’ altro segnato E è in casa di ms. francesco porcaro”

149

c. 14 (carta dell’“Album”) “Il D M seg.to A è nella nunciata fuor di Roma il segnato B è in una chiesa presso / all’arco di s.to vito / L ‘altri duoi sono in una casa presso a ms. Achille Maffei”

153

495 “Dis Manibus, pili, epitaffi et altre cose antiche” di Giovannantonio Dosio

c. 8v. “Li dua D.M seg.ti A B sono in santh’aghata in trastevere li seg.ti C. D sono in casa di ms. francesco porcaro / L’ altro è in casa di ms. paulo pinzone presso al Gesù”


Giovanna Tedeschi Grisanti e Heikki Solin

496

c. 14v. “La testa d.Imperatore col matrimonio è antico et è in casa / di quel del buffalo, gli altri D.M sono in casa di ms. franc / porcaro”

155

c. 15 “questi zoccoli sono tutto dua vicini alarcho di / Lutio Septimio sotto a Campidoglio” c “alla chiavica di santa lucia / p andare al pellegrino scritto in trevertino”

159

c. 16 (carta del “Libro”, segnata XVII sul verso) a. “queste scritte da tre bande con una / delle sotto dimostrate / fiure p banda”; “alla vignia di madama” b. “alla vignia di madama”

161

c. 16v. “In Tigoli antico con quattro faccie / et in ogni faccia è una / delle dimostrate fiure segnate A-B-C-D”

165

c. 17

167

c. 17v.

169

c. 18 (carta del “Libro”) (in alto a destra, nel bordo incollato della finestrella) “va sop il cofar / di gran”

171

c. 18v.

173

c. 19 (carta del “Libro”) “la parte dinanzi”

177

c. 19v.

179

c. 20 (carta del “Libro” segnata X) “Al palazzo del car.le Cesis nel cortile”

181

c. 20v. “nel giardino del Rev.mo car.le cesis”

183

c. 21

185

c. 21v. “Di marmo trovato nelli fondamenti in piazza colonna in casa e bufali”

189

c. 22 (carta del “Libro” segnata XXXVII) “In casa di po(m)peo de magistris / dreto alla pescheria”

191

c. 23 “alla vignia di p / iulio 3”

195

c. 24 (carta del “Libro” segnata XC. . sul verso) “nella medesima chiesa di sti quatro”

197

c. 24v. “nel cortile della chiesa di s. 4 / murato in una facciata” (la didascalia è inserita nella finestrella in cui è incollato il foglio)

201

c. 25 (carta del “Libro” segnata LXIIII sul verso) “In Sta maria in tresteveri”

203


207

c. 26 (carta del “Libro”) a. “scolpito di marmo nel alpe di Carrara dove / li antichi cavavono e marmi luogo da / moderni è detto a fanti scritti” b. “scolpito di basso rilievo dalli antichi ne luogo dove si dice el polvaccio”

209

c. 27 (carta del “Libro” segnata XXXIX) “In casa di mõ.sre / Ruffino vicino a / sto aluigi”

211

c. 27v. a. “in casa di mos. / Ruffino” b. “in santo apulinare / pilo di / laqqua santa

215

c. 28

217

c. 28v.

221

c. 29 c “nella cõsolazione”

223

c. 30 (carta del “Libro”)

225

c. 31 (carta del “Libro” segnata XXXXVII) “nel giardino del Rev.mo Card.le di Carpi”

231

c. 31v. “nella vignia del car.le di carpi”

235

c. 32 a. “questo sepolcro è dove oggi si dice capo di bove / nella via appia vicino a san bastiano” b. “in casa sto angiolo / in piese (?) e significan / che si davano a Apollo”

237

c. 33 “nella chiesa di s. quatro”

239

c. 33v. “fu già in sta presedia oggi in casa di / ms. Thomaso de Cavalieri”

243

c. 34 “francesco lisca in parione”

245

c. 34v.

247

c. 35 (carta del “Libro”) “Alla vignia di madama”

249

c. 35v. “alla vignia di madama” (didascalia inserita nel bordo della finestrella).

253

c. 36 b. “in s.ta lucia vechia”

255

c. 37 (carta del “Libro”) “alla chiesa ch’è in bocca del ponte / s.a maria dalla parte di Trestevere”

259

497 “Dis Manibus, pili, epitaffi et altre cose antiche” di Giovannantonio Dosio

c. 25v. “nella chiesa di san cosmato jn tresteverj” (didascalia che si legge in controluce, incollata dentro il bordo della finestrella).


Giovanna Tedeschi Grisanti e Heikki Solin

498

c. 37v. “alla vignia del vescovo di capranica / in sul palatino”

261

c. 38 (a sinistra carta del “Libro” segnata X...; a destra altro foglio del “Libro”; le due carte sono incollate per il lungo)

263

c. 38v.

269

c. 39 (carta del “Libro”)

271

c. 39v.

275

c. 40 (carta del “Libro”)

279

c. 40v. “alla valle e tutti sono il medesimo cioè A .B .C .D”

281

c. 41 (carta del “Libro” segnata XXIX) “tutti questi sono alla vignia di madama”

283

c. 41v. “Alla vignia di madama a monte mario”

287

c. 42 (carta del “Libro” segnata CXII)

289

c. 42v.

291

c. 43 (carta del “Libro” segnata LXX, incollata per il lungo e ripiegata in basso) “Questi tutti sono / a una vignia vicino alla / porta di san bastiano murati nella casa / dell“ (qui è tagliata tutta una riga).

293

c. 43v. (in alto, incollata nel bordo superiore della finestrella) a. “j nel palazzo di st° angelo farnese” b “fu trovato vicino al casale di ms /ruberto ubaldini” “da ques banda la patera”

297

c. 44 (carta del “Libro” segnata XXXVIII) “In casa di monsignore Ferratino”

301

c. 44v. “in casa di mos.re / ferratino vescovo di Amelia”

305

c. 45 (carta del “Libro” segnata LXXX...) “Tutte le cose / che sono in sette / carte seguenti sono / alla vignia di p. julio / III al monte”

307

c. 45v.

311

c. 46 a., b. “Alla vignia di Agniolo / Biondo speziale fuor di porta portese” c “nel palazzo del R.mo sant° angiolo”

315

c. 47 b. “jn campidoglio nel cortile de conservatorj” “il fre / di det” c. “el di sotto dell architrave”

317

c. 48 c. “in sto pietro jn vincola pilo dellagua santa”

321


325

c. 49 (carta del “Libro” segnata XI sul verso) d., b. “in sto stefano alla / chiavica di sta lucia”

329

c. 49v. “nel giardino del / car.le Cesis” d- e- f. cippo funerario.

331

c. 50 (carta del “Libro” segnata XXXV sul verso) “Nel cortile del vescovo daqujno”

335

c. 50v. “questi duoi epitaffi / sono in castel sto / angelo” c. “nel palazzo del Rev.mo Car.le Sto Angelo” (inserita nel bordo della finestrella)

339

c. 51 (carta del “Libro”) “In casa le rede di capo di ferro”

343

c. 51v. “Tratto dal arco di Costantino”

345

c. 52 (carta del “Libro” segnata CVI... sul verso) “A san bastiano fuor di Roma una delle 7 chiese”

347

c. 52v.

352

c. 53 “sopra detto è una venere di marmo / ritratta da quella del vescovo di viterbo / di mano di m.o lionardo solmanno”

355

c. 53v. “dalla banda di dreto no v’è niente”

357

c. 54 (carta del “Libro” segnata X)

359

c. 54v. a. “questo fue a campidoglio” b. “questo e jn sto nicchola”

361

c. 55 (carta del “Libro”) “p(er) inbasamento duna colona al porticato della chiesa di s. giovanni laterano”

365

c. 55v. “pilo dell’agua santa al salvatore dinanzi alla / porta dove si dice santa santorum a san giovanni laterano”

367

c. 56 (carta del “Libro”) “in casa di Bruto della valle”

369

c. 56v. “In casa di bruto della valle”

371

c. 57 (carta del “Libro”) “Tutti questi sono jn sto / agniolo jn pescheria”

373

c. 57v.

377

499 “Dis Manibus, pili, epitaffi et altre cose antiche” di Giovannantonio Dosio

c. 48v. “Di basso rilievo in un marmo in pescheria in una casa”


Giovanna Tedeschi Grisanti e Heikki Solin

500

c. 58 (carta del “Libro”)

379

c. 58v.

381

c. 59 b. “jn santa maria jn via lata” c. “jn santa maria jn via lata”

383

c. 60 (carta del “Libro”) “in bel vedere nel boschetto”

387

c. 60v. “nel giardino del Rev.mo Car.le / Di Carpi”

389

c. 61 “jn casa jl governatore a pasquino acanto / dove stava la sta arsilia jnel cortile”

393

c. 61v.

397

c. 62 (carta del “Libro”) a. “jn sto Andrea da corte savello” b. “jn casa di Latino iuvenale vicino a / piazza di branca”

399

c. 62v. “nel giardino del Rev.mo Car.le di carpi / è de forma triangolare co le 3 dimostrate / fiure”

401

c. 63 (carta del “Libro”) “questi due sono a ara celi”

403

c. 63v. a. “questo si e nella chiesa d’ara celi” b. “questo si è a campidoglio”

405

c. 64 (carta del “Libro”)

407

c. 65 (carta del “Libro”)

409

c. 65v. “Nella casa di Dom.co Capo di ferro”

411

c. 66 (carta del “Libro”) “jnel giardino del Rmo Car.le di carpi”

415

c. 66v. a “alla madonna della Consolazione pilo dell’agua santa” b “alla fontana di Trevi”

417

c. 67 (carta del “Libro” segnata XXXXVIII sul verso)

419

c. 67v.

423

c. 68 Per il lungo a sinistra di a “jn casa di mS. giovanpaolo / grana / canonaco di s.m. / maggiore a / spoglia cristi”

425

c. 68v.

429


431

c. 69v. a. “nel palazzo de Cenci” (inserita nel bordo della finestrella) b. “alla fontana di Trevi”

435

c. 70 (carta del “Libro “segnata LX... sul verso) a. “e festoni sono ancora di dreto in casa di m.re maximo de maximj” b. “nella valle”

439

c. 70v. “In s.to pantaleo chiesa / vicino a maximi”

441

c. 71 (carta del “Libro” segnata XXXXI(I) (?) sul verso) a. “questo è un pilo di marmo scolpito di basso rilievo nel cortile dello spedale di S. Gio: laterano” b. “nel medesimo luogo” c .“nelle teste del pilo”

443

c. 71v.

447

c. 72 a “jn sto anastasio chiesa / nella regola vicino al fiume”

449

c. 72v. “In casa di m.re maxsimo de maxsimi”

453

c. 73 (carta del “Libro” segnata CXX sul verso) “a san bastiano”

455

c. 73v. a. “In casa del car.le st° agniolo” b. “queste 3 teste sono a una vignia sop. alla porta acanto alla chiesa di s giovanj a la porta latina”

457

Appendice I LE LETTERE DI GIOVANANTONIO DOSIO

461

Appendice II CARATTERISTICHE DELLE TAVOLE

467

BIBLIOGRAFIA

469

CONCORDANZE E INDICI

503

501 “Dis Manibus, pili, epitaffi et altre cose antiche” di Giovannantonio Dosio

c. 69 (carta del “Libro” segnata XXXXV sul verso)


G. Tedeschi Grisanti H. Solin

Dis Manibus, pili, epitaffi et altre cose antiche di Giovannantonio Dosio

I disegni di antichità romane che Giovannantonio Dosio realizzò nella seconda metà del Cinquecento gettano un po’ di luce sul commercio antiquario dell’epoca, quando era di moda possedere pezzi antichi, di cui questi disegni costituiscono una sorta di catalogo di vendita. L’autore documenta con diligenza e maestria la presenza di sculture, sarcofagi e cippi funerari iscritti nelle case e nei palazzi gentilizi di Roma mediante preziose didascalie, che localizzano pezzi antichi in alcuni casi oggi non più rintracciabili.

Giovanna Tedeschi Grisanti Heikki Solin

Dis Manibus, pili, epitaffi et altre cose antiche di Giovannantonio Dosio

f 50,00

ETS

Edizioni ETS


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