ANNO XII | NUMERO 7 | LUGLIO 2020 | www.fsitaliane.it
PER CHI AMA VIAGGIARE
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EDITORIALE
AURORE ESTIVE
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sostenibili. Uno dei nostri principali obiettivi strategici. Sì, sostenibili. Un aggettivo tanto inflazionato quanto ancora poco compreso nel suo profondo significato. Perché non c’è futu-
© Carlos Solito
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l mare, l’aurora, i trabocchi lungo la costa abruzzese. La copertina della Freccia di luglio riformula l’invito del mese scorso: (R)estate in Italia. Lo fa con un numero pieno di colori, profumi, suggestioni e ispirazioni di viaggi estivi, che la nostra terra ci regala a piene mani e noi offriamo alla vostra curiosità, ancora una volta in versione digitale, nell’attesa di riproporci anche nel tradizionale formato cartaceo. Con l’arrivo di luglio l’estate prende vigore, ci avvolge e coinvolge. Vorremmo gettar via tutta la pesantezza degli ultimi mesi, e con essa mascherine, guanti, disinfettanti. Pensiamo di averne diritto, ma di quella pesantezza dobbiamo serbarne memoria per non abbassare la guardia e, con essa, le difese rappresentate dal rispetto di alcune regole di buona e sana convivenza. Sui treni e nelle stazioni come nei bar, nei locali pubblici, nei ristoranti, ovunque vorremo regalarci qualche momento di guardinga spensieratezza. È vero, ho usato un ossimoro. Ma soltanto in apparenza, se ci pensate bene. La spensieratezza assoluta – in ogni momento della nostra esistenza – è quella che inibisce ogni freno per sfociare in azzardo immotivato, preludio del suo esatto contrario. Non mettiamo quindi a repentaglio, foss’anche per superficialità o sottovalutazione del rischio, la nostra e l’altrui incolumità e salute. Divertiamoci, incontriamo persone, muoviamoci, riscopriamo i tesori di questa meravigliosa Italia, ma con giudizio e attenzione. Sui nostri treni e nelle stazioni tutti i ferrovieri sono impegnati a farvi viaggiare in serenità e sicurezza, adottando tutte le misure previste dai protocolli definiti, di volta in volta, dalle autorità sanitarie. È il nostro lavoro. Muovere il Paese, soddisfare il bisogno di mobilità delle persone, stimolare il turismo, l’economia, la socialità, gli scambi commerciali e culturali, con infrastrutture efficienti e servizi efficaci, sicuri e
ro se non ci convinciamo che niente è dato per sempre e che domani non è un altro giorno, ma è figlio dell’oggi. Il Covid-19 passerà, speriamo prima di quanto si supponga, ma la Terra che
abitiamo continuerà a restare qui e a chiederci, con più forza di prima, tutte le attenzioni che dovremmo tributarle. Perché sarà pure un “oscuro granel di sabbia” nell’universo, sarà stata e sarà ancora una “dura nutrice”, ma è l’unica che abbiamo. E mentre lei non ha bisogno di noi per esistere, noi di lei sì. Tant’è che, e torno a quel mite invito a essere leali alleati del nostro prossimo nel rispettare le regole di una civile convivenza, dovremo fare anche d’e-
state, tutti noi, un refrigerante bagno di modestia, altruismo e temperanza. Quando ci lamentiamo dei fastidi, delle limitazioni, degli inconvenienti e finanche delle malattie che ci opprimono, ricordiamo i lapidari versi di un poeta del ’900: «A uno a uno/ogni nostra tragedia/xè una farsa». Perché c’è chi avrebbe più diritto di noi a lamentarsi e non lo fa. Tira fuori tutte le energie compresse, le potenzialità e i talenti nascosti e ci dimostra che la
vita merita sempre di essere vissuta. Nelle prossime pagine troverete anche un nostro tributo al Maestro Ezio Bosso. Lo avremmo potuto ospitare in copertina, questo mese, se tante cose fossero andate diversamente. Resta un esempio, per tutti noi. Come lo sono Alex Zanardi e tante altre persone, meno note, che hanno deciso di non piangersi addosso, di combattere e di insegnarci che si può fare. Si può, senza essere eroi. Uno scorcio della Costa dei trabocchi (CH)
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MEDIALOGANDO
RIGORE, INDIPENDENZA, AUTOREVOLEZZA FORTUNE ITALIA RIPROPONE NEL NOSTRO PAESE I CAPISALDI DEL MIGLIOR GIORNALISMO D’OLTREOCEANO. A COLLOQUIO CON IL DIRETTORE FABIO INSENGA marmanug
di Marco Mancini
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magazine mensile distribuite dove la nostra licenza ce lo consente: Italia, Svizzera, Principato di Monaco, San Marino, e Città del Vaticano, e visite al nostro sito che tra il 10 marzo e il 10 aprile hanno toccato il milione di pageview. Ma a funzionare è il sistema nel suo complesso, che mette insieme carta, digitale, social, eventi, oggi realizzati un po’ come tutti sulle piattaforme digitali. E poi i ranking, che sono un punto di riferimento assoluto nella metrica di valutazione delle imprese e dei manager, come la famosa
© Krasnig Roberta
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a due anni di vita, in Italia. Novanta negli Stati Uniti, dove la testata Fortune è nata all’indomani del famoso crollo di Wall Street e, negli anni, è diventata sinonimo di competenza, indipendenza e qualità. Un faro nel mondo del business, della finanza e dell’imprenditoria, con i suoi celebri ranking che certificano il prestigio e il successo di aziende e manager di tutto il globo. Fortune, la casa madre di oltreoceano, ha concesso licenze e uso del proprio marchio all’estero con grande parsimonia e oculatezza. Il via libera alle pubblicazioni, per l’editore italiano, è arrivato dopo una lunga formazione ed è stato accompagnato, nei primi mesi, da uno strettissimo controllo che si è poi piano piano allentato per dare spazio a feconde sinergie. A parlarcene è Fabio Insenga, 45 anni, romano, a Fortune Italia fin dal lancio del progetto, prima come caporedattore e poi, dall’agosto 2018, come direttore responsabile. Alle spalle 15 anni all’Adnkronos, otto dei quali da capo della redazione economica, oltre a varie collaborazioni con Il Messaggero, Il Tempo e Il Riformista. Com’è lavorare con gli americani? Il giornalismo italiano in generale ha tanto da imparare da quello di matrice anglosassone, estremamente rigoroso e severo con se stesso, capace di mettersi sempre in discussione, di riconoscere e ragionare su presunti errori, trasparente e mai accondiscendente con l’interlocutore. Però anche loro hanno molto da imparare da noi, dalla nostra creatività ed elasticità che, oltre a mitigare certi eccessi di rigidità e schematismo, diventa essenziale per affrontare situazioni imprevedibili come quella determinata dall’esplosione della pandemia, che ti costringe a modificare in extremis un timone già pronto e studiato a lungo. Fortune Italia si può definire a tutti gli effetti la start up di un franchising di successo in un settore però in crisi, quale quello dell’editoria e dell’informazione. È così? Sì, importare il modello Fortune in Italia, per noi che siamo nati come una vera e propria start up, costruendo da zero la redazione e tutta la struttura che si muove oggi intorno al marchio, ha significato cercare un nostro spazio in un mercato ben presidiato da altre testate storiche e in un periodo certo non facile. Però le indagini preliminari di mercato ci portavano a ritenere che uno spazio l’avremmo trovato. E ci siete riusciti? Direi di sì. I numeri ci confortano, con 30mila copie del
Fabio Insenga, direttore di Fortune Italia
Fortune 500, la classifica delle prime 500 aziende americane per fatturato. Quale la chiave? L’operazione è stata quella di importare un modello di giornalismo che si fonda essenzialmente sull’autorevolezza del proprio brand. Questo è il tratto distintivo di Fortune negli Stati Uniti e nella comunità finanziaria e manageriale internazionale. La qualità del giornalismo è la chiave per poter accedere a un’audience sempre più ampia e specializzata. Sempre, però, un target ben delineato e delimitato. Ma sbarcando anche sui social vi trovate a confrontarvi con una platea ben più estesa che forse non vi cerca ma vi trova e interagisce... Sì, negli ultimi tempi la proporzione tra chi interagisce con insulti o considerazioni da bar e chi cerca un confronto rispettoso e per meglio comprendere i contenuti è però cambiata, a favore di questi ultimi. Comunque si tratta di un mondo, quello dei social, che va trattato con attenzione, l’errore del giornalismo è stato sottovalutarne l’importanza. L’accesso alle informazioni oggi si è allargato. Fino a qualche anno fa il giornalista era una sorta di alieno, ormai non più, e le notizie non devi cercarle, ti raggiungono sullo smartphone. Quindi è importante mettere insieme contenuti corretti e di qualità esposti con chiarezza di linguaggio, offrendo accessibilità e ampia fruibilità dell’informazione. È vero, sembra che la pandemia abbia modificato, mi auguro non solo temporaneamente, il rapporto con il mondo dell’informazione. L’autorevolezza, cos’è e come la si ottiene? È frutto di un’attenzione quasi maniacale a tutto quello che è la verifica delle fonti, del reporting e soprattutto del rapporto che c’è fra giornalismo e comunicazione d’impresa, fra la notizia e il contenuto veicolato dalle aziende. E qui la questione si fa delicata, quando le aziende di cui parli sono anche quelle che ti acquistano pagine pubblicitarie e, quindi, ti sostengono finanziariamente. Potrei essere tacciato di romanticismo, ma se Fortune ha successo nel mondo è perché può aiutare il business a crescere. Che non vuol dire compiacere l’impresa e celebrare il businessman, cosa che potrà avere un ritorno immediato ma si perde poi nel tempo. Aiutare il business a crescere significa, nella loro ottica, raccontare, stimolare, criticare lì dove ci sono errori e incongruenze. Perché essere su Fortune è già un traguardo che ti conferisce uno status. Ti rende utile al resto della comunità del business, per capire un trend o intuire la soluzione di un problema. E tu speri che anche l’imprenditoria italiana lo capisca e accetti di investire restando indifferente ai contenuti che una testata produce su di lei? Difficile, ma gioverebbe. Una delle interviste più importanti di Fortune negli Stati Uniti nell’ultimo anno è stata quella al global managing partner di McKinsey, Kevin Sneader, dopo che il New York Times aveva messo in discussione la trasparenza di alcune pratiche della società nel mondo. È stata un’intervista che ha messo in difficoltà l’interlocutore, lo ha costretto a una serie di ammissioni e ha fatto emergere alcuni problemi da risolvere. Eppure McKinsey è un partner storico di Fortune. Una contraddizione? No. Quell’intervista è stata poi utilizzata positivamente in termini di comunica-
zione d’impresa quale esempio di trasparenza e capacità di mettersi in discussione. Molto meglio di un’intervista concordata e celebrativa. Fenomeno che non è una costante del nostro giornalismo, ma lo è, forse, nella percezione di coloro, e non sono pochi, che vanno alla ricerca della cosiddetta informazione disintermediata, ritenendola scevra da condizionamenti e interessi distorsivi. Un’altra delle ragioni di crisi del settore. Sono d’accordo. Si è persa un po’ nel tempo la forza della stampa come soggetto terzo, anche se per fortuna sono ancora tante le testate autorevoli in Italia che producono contenuti indipendenti. Però la crisi dell’editoria e la perdita di potere contrattuale del giornalismo nel corso degli ultimi 15 anni si devono anche all’assenza di forti capacità manageriali nel settore. Spiegati meglio. La trasformazione digitale, la globalizzazione e tutti i mega trend che conosciamo stanno avendo un impatto dirompente in tanti settori, incluso il nostro, ma si potevano e dovevano prevedere e gestire, non soltanto subire. Ecco, nel settore dell’editoria, secondo me, questo non è accaduto soprattutto per l’assenza di un management con una visione strategica capace di conciliare il conto economico di un’impresa con adeguati investimenti sulla qualità del giornalismo. I giornalisti non hanno colpe? Per anni è passato il messaggio che fosse il giornalismo, inteso come casta, a fare resistenza al cambiamento. Posso assicurarti che da quando faccio questo mestiere, sono ormai 25 anni, ho visto sempre una risposta più pronta da parte dei giornalisti, al netto di qualche resistenza fisiologica iniziale, a sperimentare tutto quello che la tecnologia propone, rispetto alla reazione delle aziende. Il bilancio di
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MEDIALOGANDO
un’impresa editoriale, fatte salve strutture efficienti e costi adeguati, non può dipendere, quanto a entrate, quasi esclusivamente da pubblicità o finanziamenti pubblici. Devi essere capace di produrre contenuti di qualità e saperli monetizzare facendoteli pagare. Con una strategia appropriata e sapendo da tempo che la carta avrebbe perso copie e terreno rispetto al digitale. Hai parlato di costi. Una start up ha bisogno di tenerli molto sotto controllo. In che modo la contrazione dei costi si concilia con la qualità? La nostra redazione è piuttosto snella, e giovane. Ho quattro redattori a tempo pieno e un caporedattore. Intorno a questo piccolo nucleo, solido ma agile, che lavora sul sito e sul magazine, c’è una rete di collaboratori con grande esperienza e professionalità che non sono un accessorio esterno ma hanno un valore importantissimo. Certo, sarebbe più facile lavorare con una redazione più ampia e strutturata ma è evidente che uno dei problemi delle testate giornalistiche, in passato, è stato aver fatto crescere gli organici in una misura non coerente con le dinamiche di mercato. Un mercato che progressivamente ha penalizzato l’editoria tradizionale riducendone i ricavi. Questo ha reso indispensabile una trasformazione di tutto il sistema editoriale che oggi spazia, come ho detto, dal magazine agli eventi passando per il digitale, per creare contenuti che durino nel tempo. Che vuol dire? Che attraverso il mensile, non costretto a dipendere dalla stretta attualità come il sito internet, sviluppi un livello di approfondimento tale da trasferire poi alcuni temi e concetti in veri e propri percorsi di comunicazione, in contenuti che non si esauriscono nel singolo prodotto giornalistico: articolo, intervista o inchiesta che sia. Insomma, filoni di approfondimento che ci consentono, intorno al marchio Fortune, negli Stati Uniti come in Italia, di creare una community di lettori, ascoltatori e addetti ai lavori fidelizzati. Torniamo alla stretta attualità. La pandemia sembra aver fatto riacquistare al giornalismo tradizionale un po’ di quella stima e credibilità perduta. È tornato in auge il ruolo del mediatore e dell’esperto. Semmai adesso rischiamo l’inflazione e l’effetto boomerang, soprattutto quando gli esperti ci forniscono risposte contraddittorie. Sì, l’esperienza del coronavirus, oltre a produrre un’accelerazione di tanti processi interni alle redazioni per mettere in condizione i giornalisti di lavorare in un periodo così complicato, ha responsabilizzato ancora di più l’intero settore, per una volta sia i giornalisti sia gli editori. È cambiato il modo di porsi e di fruire le informazioni da parte degli utenti, per l’esigenza di informarsi rispetto a qualcosa che non si comprende e di cui si ha paura. Ora questo ritrovato ruolo del giornalismo è una circostanza che va saputa capitalizzare. Come? Mantenendo da parte nostra la ritrovata o accresciuta attenzione nella verifica di fonti e dati per riacquisire in pieno quel ruolo di certificatori di ciò che accade. Ma, soprattutto, non dilapidando la crescita dell’audience ed evitando che 6
gli editori approfittino degli strumenti di gestione della crisi economica per operare tagli indiscriminati. Mantenere l’audience. Hai molta stima negli utenti, ma la pandemia non ha fatto sparire del tutto i terrapiattisti, i no vax e i complottisti vari. Sì, ma al di là di una certa quota fisiologica di irrecuperabili, c’è stata una presa di coscienza di un’ampia fascia di popolazione recuperabile, che ha interesse a essere informata, che magari aveva perso l’abitudine a comprare il giornale o a fruire di un contenuto certificato prodotto da una testata riconosciuta. È lì che si gioca il futuro, sia in termini di copie vendute che di informazione digitale, nel recuperare quel rapporto fra la testata giornalistica e i lettori. Anche con l’interazione che, nell’epoca del digitale, è forse la frontiera più interessante e fertile. Sì, che è cresciuta come qualità e che sul sito stiamo stimolando, offrendo spazio alle opinioni e alle analisi di ospiti per alimentare il dibattito e un confronto. Immagino che il post Covid sia uno dei temi centrali. Su questo abbiamo lanciato il progetto di Fortune Italia Ricostruzione, per riflettere sull’uscita dall’emergenza e sulla ripartenza in tutti i settori di cui ci occupiamo. E abbiamo costruito alcuni nostri percorsi tematici di approfondimento e realizzato oltre 40 interviste singole oltre a una decina di e-meeting su argomenti specifici quali mobilità, energia, finanza. In sintesi estrema, da un’informazione somministrata a una sempre più interattiva e partecipata. fortuneitaedition fortuneitalia fortune_italia
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SOMMARIO LUGLIO 2020
IN COPERTINA LA COSTA DEI TRABOCCHI
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UN TRENO DI LIBRI Invito alla lettura di Alberto Brandani, che questo mese propone ai lettori della Freccia pag.
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il nuovo romanzo di Pierre Lemaitre, Lo specchio delle nostre miserie
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RAILWAY HEART
DESTINAZIONE ESTATE
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Mare, montagna, dimore storiche
GOURMET
e buon cibo. Per riscoprire l’Italia,
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Intercity e Regionali
20 SAVE THE DATE WHAT’S UP
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78
PESARO ON STAGE
da nord a sud, a bordo di Frecce,
GUSTA & DEGUSTA
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SOFIA GOGGIA SI RACCONTA
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ESTATE FIESOLANA
72 INDIMENTICABILE BOSSO
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MONTEPULCIANO AD ARTE
L’integrità, il carisma, la forza,
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l’originalità. Il direttore d’orchestra
LA CHIGIANA A SIENA
88
e compositore nel ricordo di quattro amici importanti
TIME IN JAZZ CON FRESU
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64
GUARIMBA FILM FESTIVAL
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SIRACUSA PER VOCI SOLE
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IL FILO DELLA FEDE
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NATURA A NUDO
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FUORI LUOGO
117
LA FRECCIA JUNIOR LE FRECCE NEWS//OFFERTE E INFO VIAGGIO
103 SCOPRI TRA LE PAGINE L’OFFERTA DELLE FRECCE, LA NUOVA APP E LE PARTNERSHIP TRENITALIA i vantaggi del programma CartaFRECCIA e le novità del Portale FRECCE
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Tra le firme del mese
I numeri di questo numero
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i chilometri della Via Verde dei Trabocchi [pag. 46] CESARE BIASINI SELVAGGI Critico d’arte, curatore e saggista. Da marzo 2017, direttore editoriale di Exibart.com ed Exibart on paper. È anche co-direttore del festival Art+b=love (?) di Ancona
230
gli ettari vitati intorno al Castello di Brolio [pag. 58]
305
i chilometri del cammino di San Benedetto [pag. 61]
90
CLAUDIO DI DIONISIO Romagnolo di nascita e abruzzese di adozione con un grande amore per la bicicletta. Guida cicloturistica e ambientale escursionistica per passione, è titolare del tour operator Bikelife live your passion di Francavilla al Mare (CH), punto di partenza per pedalare lungo la Costa dei Trabocchi
VALENTINA LO SURDO Conduttrice radiotelevisiva Rai, pianista classica con anima rock, presentatrice, speaker, attrice. Trainer di comunicazione, da 20 anni è reporter di viaggi all’ascolto del mondo. Le sue destinazioni preferite? Ovunque ci sia da mettersi in cammino
le foto di Ren Hang al Centro Pecci di Prato [pag. 98]
Read also
FSNews.it, il quotidiano online del Gruppo FS, accompagna i viaggi degli italiani in questa estate alla ricerca di una nuova normalità dopo le restrizioni dovute al Covid-19. Lo fa con articoli dedicati ai nuovi treni offerti da FS Italiane per supportare la ripresa del turismo nel nostro Paese e con le interviste ai protagonisti dello spettacolo, dell’arte e della comunicazione che raccontano le loro vacanze. Ma anche attraverso gli approfondimenti su come il periodo che stiamo affrontando abbia modificato lo scenario della mobilità
PER CHI AMA VIAGGIARE
MENSILE GRATUITO PER I VIAGGIATORI DI FERROVIE DELLO STATO ITALIANE ANNO XII - NUMERO 7 - LUGLIO 2020 REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI ROMA N° 284/97 DEL 16/5/1997 CHIUSO IN REDAZIONE IL 30/06/2020 Foto e illustrazioni Archivio Fotografico FS Italiane FS Italiane | PHOTO AdobeStock Copertina © Claudio Di Dionisio/bikelife.it Tutti i diritti riservati Se non diversamente indicato, nessuna parte della rivista può essere riprodotta, rielaborata o diffusa senza il consenso espresso dell’editore
ALCUNI CONTENUTI DELLA RIVISTA SONO RESI DISPONIBILI MEDIANTE LICENZA CREATIVE COMMONS BY-NC-ND 3.0 IT
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Marco Mancini Davide Falcetelli Michela Gentili Sandra Gesualdi, Cecilia Morrico, Francesca Ventre Silvia Del Vecchio Gaspare Baglio Francesca Ventre Giovanna Di Napoli, Michele Pittalis, Claudio Romussi Gerardo Adinolfi, Serena Berardi, Cesare Biasini Selvaggi, Alberto Brandani, Viola Chandra, Claudio Di Dionisio, Fondazione FS Italiane, Alessio Giobbi, Valentina Lo Surdo, Luca Mattei, Clara Neri, Bruno Ployer, Enrico Procentese, Andrea Radic, Elisabetta Reale, Gabriele Romani, Flavio Scheggi, Carlos Solito, Filippo Teramo, Mario Tozzi
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CARLOS SOLITO Scrittore, fotografo, giornalista e regista, gira il mondo e collabora con numerosi magazine e quotidiani nazionali realizzando reportage di viaggi e incontri umani. I suoi scatti sono stati esposti in diversi Paesi e ha pubblicato una ventina di volumi illustrati per i più importanti editori italiani
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On Web La Freccia si può sfogliare su ISSUU e su fsnews.it
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Live streaming, UGC, Product Demo. La comunicazione chiede nuove competenze narrative. IULM, IMPARARE IL FUTURO.
Per info e iscrizioni ai test di ammissione iulm.it/openday
Il futuro si apre a chi impara a gestire il cambiamento. IULM è l’Università del sapere dinamico, dell’evoluzione delle conoscenze. Vieni a scoprire il mondo dove sarai domani.
FRECCIA COVER
Alexandra Carlsson, Beri Smither, Harue Miyamoto, Beauduc (1993) Emporio Armani Magazine 10
A SENSE OF BELONGING di Cecilia Morrico
MorriCecili
morricocecili
Photo Peter Lindbergh
«Ho sempre ammirato Peter Lindbergh per la coerenza e l’intensità del suo lavoro. Con questa mostra voglio rendere omaggio a un artista il cui amore per la bellezza rappresenta un contributo indelebile per la nostra cultura, non soltanto per la moda». Con queste parole Giorgio Armani ha presentato Heimat. A Sense of Belonging, all’Armani/Silos di Milano fino al 10 gennaio 2021, visitabile ogni sabato e domenica con prenotazione obbligatoria online sul sito o tramite call center allo 02 91630010. In mostra immagini celebri e mai viste, scelte in modo accurato come le parole, a partire da heimat, che in
tedesco estende il significato più profondo di casa al luogo dove abita la propria essenza interiore. L’estetica della Berlino degli anni ‘20 ha lasciato un’impronta profonda nei suoi scatti. Attraverso il filtro di uno sguardo pieno di umanità, questi spunti hanno generato un senso di cruda bellezza che connota l’intera opera del fotografo. L’esposizione è un omaggio all’onestà estetica e intellettuale che Giorgio Armani e Peter Lindbergh condividono dagli anni ’80, insieme con una sorta di purezza d’approccio alla figura femminile e al rifiuto dell’artificio. armanisilos
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PHOTOSTORIES PEOPLE Trilly sui binari vicino alla stazione di Lecce © Roberto Valente robertovalente
IN VIAGGIO Verso Firenze © Arianna Mallus mallussessa
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LE PERSONE, I LUOGHI, LE STORIE DELL’UNIVERSO FERROVIARIO IN UN CLICK. UN VIAGGIO DA FARE INSIEME a cura di Enrico Procentese
Utilizza l’hashtag #railwayheart oppure invia il tuo scatto a railwayheart@fsitaliane.it. L’immagine inviata, e classificata secondo una delle quattro categorie rappresentate (Luoghi, People, In viaggio, At Work), deve essere di proprietà del mittente, priva di watermark, non superiore ai 15Mb. Le foto più emozionanti tra quelle ricevute saranno selezionate per la pubblicazione nei numeri futuri della rubrica. Railway heArt un progetto di Digital Communication, Direzione Centrale Comunicazione Esterna, FS Italiane.
enryhills
LUOGHI Stazione Reggio Emilia AV © Edoardo Cortesi eddiecortesi
AT WORK Manuela, addetta pulizie Roma Termini © Alfredo Falcone alfredo_falcone
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RAILWAY heART
A TU PER TU a cura di Alessio Giobbi - a.giobbi@fsitaliane.it
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© Enrico Procentese
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ittorio, 24 anni, capotreno Alta Velocità della Divisione Passeggeri Long Haul di Trenitalia, ci racconta la sua esperienza professionale prima e dopo il lockdown. Quando hai iniziato la tua carriera all’interno del Gruppo FS? Nel 2015 sono entrato a far parte del personale viaggiante sui Frecciarossa. I primi due anni come capo servizio, addetto anche al controllo dei titoli di viaggio, poi sono diventato capotreno, con maggiori responsabilità. Successivamente, ho continuato a svolgere queste mansioni, oltre che in Frecciarossa, sui Frecciargento e Frecciabianca. Nel corso della mia attività in Trenitalia ho potuto proseguire gli studi e, al momento, sto conseguendo la laurea magistrale in economia, tecnologia e innovazione. Come si sviluppa il percorso formativo per la tua figura? Dopo il corso di tre mesi per l’abilitazione a capotreno, vengono effettuati almeno una volta l’anno incontri di aggiornamento che riguardano sia aspetti di circolazione sia questioni prettamente commerciali e di rapporto con il cliente. Alcuni di questi si focalizzano sui collegamenti considerati nuovi, come il Frecciarossa Torino-Reggio Calabria, una delle novità dell’ultimo cambio orario. Attraverso lezioni dedicate si ha modo di conoscere tutti gli aspetti di una determinata tratta. Cosa ha significato lavorare durante la quarantena? Nel primo periodo della pandemia, si percepiva un forte senso di preoccupazione da parte delle persone che si spostavano per motivi di necessità, usufruendo di un’offerta ferroviaria drasticamente ridotta. Ora il numero dei treni sta tornando alla normalità, ma le misure di sicurezza impongono ancora molta attenzione. Nonostante il sistema di vendita preveda la prenotazione a scacchiera dei posti, capita che alcuni viaggiatori, spesso involontariamente, occupino degli spazi non idonei a quanto indicato. Da lì il nostro intervento per accertarsi che venga rispettata la distanza interpersonale. Il più delle volte si tratta di piccoli accorgimenti che, a seconda delle situazioni, richiamano da una parte la giusta interpretazione dei regolamenti, dall’altra il buon senso e l’elasticità mentale. Cosa ti piace di più della tua attività? Poter condividere il lavoro per far funzionare questa enorme macchina tutti insieme, dal personale di bordo nelle carrozze ai macchinisti, dai flussi di comunicazione con gli addetti delle Sale operative ai colleghi con cui ci si interfaccia durante la sosta nelle stazioni. Le responsabilità sono molteplici e questo ci porta a essere proattivi nel confronto quotidiano con passeggeri di ogni tipo. Si stabiliscono rapporti di fiducia anche in momenti di criticità. Un consiglio che ti senti di dare? Andiamo sempre più verso servizi personalizzati capaci di soddisfare singole esigenze. Troverei utile una carrozza dedicata ai bambini, per far sì che possano vivere la loro permanenza in treno con maggior divertimento e spensieratezza.
LE STORIE E LE VOCI DI CHI, PER LAVORO, STUDIO O PIACERE, VIAGGIA SUI TRENI. E DI CHI I TRENI LI FA VIAGGIARE
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lisa Morsicani, 32 anni, viaggia sulla linea AV Roma-Milano. Fondatrice e CEO di Italian Lifestyle, start up che si distingue per soluzioni digitali innovative che supportano il turismo e i brand made in Italy sul mercato cinese. In cosa consiste la tua attività? Affianchiamo aziende e località che desiderano promuoversi e accogliere turisti dalla Cina attraverso la piattaforma Vento d’Italia, che offre servizi di informazione, consigli e proposte di viaggio attraverso l’app di messaggistica WeChat. Il periodo segnato dall’emergenza sanitaria ci ha portato inevitabilmente a ripensare molti processi, ma abbiamo cercato di trasformare una situazione negativa e inaspettata in opportunità, trasmettendo questo approccio anche ai clienti che seguiamo per arrivare al mercato cinese. Quali azioni avete intrapreso per il vostro settore, particolarmente penalizzato? Grazie alla nostra piattaforma nazionale su WeChat, un ecosistema che supera il miliardo di fruitori, abbiamo accelerato l’integrazione dell’offerta, dando per esempio la possibilità agli utenti cinesi di acquistare servizi per agevolare attività che vanno dai trasporti alla ristorazione, dalla cultura all’alberghiero. Cosa si aspetta l’Italia dai turisti cinesi? Gli studi ci dicono che saranno sempre più interessati a mete meno tradizionali, come quelle poco affollate, sia per una questione di maggior sicurezza sanitaria sia per vivere nuove esperienze di viaggio, come per esempio quelle sui treni storici, che hanno assunto un interesse notevole anche per questo settore. Inoltre, la velocizzazione dei processi digitali ci aiuta ad abbattere le tre principali barriere che maggiormente limitano i visitatori i arrivo: linguistica, culturale e tecnologica. Che tipo di viaggiatrice sei? I miei viaggi, molti dei quali decisi all’ultimo momento, si concentrano principalmente sulla rotta Roma-Milano, da dove raggiungo le mie due sedi di lavoro. In tempi pre-Covid utilizzavo le Frecce con una media di tre, quattro volte a settimana, e conto di ricominciare al più presto con lo stesso ritmo. Abitando fuori Roma, poi, la soluzione che combina trasporto regionale e Alta Velocità si concilia benissimo con le esigenze di spostamento per motivi professionali e personali. Pronta a ripartire in treno, quindi? In questo periodo complesso, le Ferrovie si sono dimostrate ancora una volta la spina dorsale del Paese. Non solo per la capacità di garantire la mobilità di persone e merci ma anche per la velocità con cui sono state attuate, fin dall’inizio dell’emergenza, misure di sicurezza che si sono conciliate egregiamente con le esigenze di chi aveva necessità di viaggiare nei mesi più difficili, per ragioni di lavoro o urgenza. La domanda è sempre stata soddisfatta e il treno si conferma il miglior mezzo per conoscere o riscoprire il fascino del Paese attraverso ciò che ha di più bello: le sue mete, la sua cultura, il forte senso di ospitalità.
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GOURMET
IL MARE IN CUCINA SAPORI DI CALABRIA CON IL PESCE SPADA DELLO CHEF FILIPPO COGLIANDRO di Filippo Teramo - a cura di vdgmagazine.it
Filippo Cogliandro
ROTOLI DI PASTA FRESCA CON DADOLATA DI PESCE SPADA, FRITTO DI MELANZANA E RICCIOLI DI GAMBERO MEDITERRANEO Ingredienti (per quattro persone) 320 g di pesce spada di Bagnara, 4 gamberoni del Mediterraneo, 200 g di gambero rosso dello Ionio, 200 g di melanzana viola tagliata a cubetti, 320 g di pasta fresca in sfoglia, 20 g di cipolla rossa di Tropea, mezzo bicchiere di vino Greco di Bianco calabrese, sale, pepe e olio extravergine di olive Aspromontane q.b. Preparazione Tritare la cipolla di Tropea e rosolarla in olio extravergine, aggiungere il pesce spada di Bagnara tagliato a cubetti e il gamberone, sfumare con il vino Greco di Bianco. A cottura ultimata aggiungere i cubetti di melanzana fritta e i riccioli di gambero. Regolare di sale e pepe. Nel frattempo, in abbondante acqua leggermente salata, cuocere le sfoglie di pasta fresca, poi stenderle e arrotolarle con una parte del condimento di pesce spada. Adagiare i rotoli in un piatto caldo e aggiungere il condimento rimasto. Posizionare infine il gamberone e servire con un filo di olio extravergine d’oliva Aspromontano. Il piatto può essere accompagnato da un fresco vino di Zibibbo dei terrazzamenti della Costa Viola.
© Hasselblad H5D
© Stefano Mileto
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i considera un autodidatta di talento Filippo Cogliandro, chef calabrese e patron del ristorante L’A Gourmet L’Accademia, aperto nel 2015 a Reggio Calabria, a due passi dal Museo Archeologico Nazionale, casa dei Bronzi di Riace. Per lui la cucina è un insieme armonioso di emozioni e memoria, volontà e creatività, passione e sacrificio: «È il mio mare, la terra, i ricordi, la mia vita», ama ripetere. I suoi piatti sono tradizione, sperimentazione e creatività. E se ogni chef ha il suo segreto, il suo è dosare e abbinare profumi e sapori del territorio in uno stile unico, trasformando in arte materie nobili come il Bergamotto di Reggio Calabria, oggi prestato alla pasticceria più raffinata e alla cucina più ricercata. Come un crescendo rossiniano, nei suoi menù troviamo il pesce spada cacciato nelle acque dello Stretto di Scilla e Cariddi (approfondimento alle pp. 50-52), la cipolla rossa di Tropea, il cedro di Calabria, lo stocco di Mammola, le patate della Sila e la Bellina di Sant’Eufemia d’Aspromonte, le prugne di Terranova Sappo Minulio, l’olio extravergine Ottobratico e il Carolea, presidi Slow Food della Piana di Gioia Tauro. Ottima la carta dei vini, pregiate etichette selezionate tra i tanti autoctoni che l’antica Enotria produce. E mentre gli ingredienti sono legati al susseguirsi delle stagioni, lo chef Cogliandro continua a studiare per proporre nei piatti la vera essenza della sua terra. FilippoCogliandroChef f_cogliandro filippocogliandro
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GUSTA & DEGUSTA
a cura di Andrea Radic
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LOCANDA CIPRIANI UN GIARDINO MAGICO A TORCELLO
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Bonifacio Brass
ull’isola di Torcello, nella laguna di Venezia, la Locanda Cipriani e il suo giardino sono la prova che quiete e stile rappresentano le componenti essenziali della ricercatezza. L’ospitalità è fatta di atmosfera ed emozioni che si provano entrando nel regno di Bonifacio Brass, da 39 anni attento e cortese padrone di casa. Fu il nonno Giuseppe Cipriani, lungimirante visionario, a capire, negli anni ’30, che questo luogo avrebbe potuto dare molto. «La passione e l’amore per ciò che faccio sono di famiglia. Mia mamma, grande cuoca, mi diceva sempre scherzando: “Tu non sei un manager, ma un ma-
andrearadic2019
gnager”», racconta Brass seduto nel suo giardino. All’interno un grande camino tipico vallesano, detto fogher, dove in inverno crepita la legna, all’esterno i tavoli tra fioriture di margherite, tulipani, rose e dalie. Risotto alla Torcellana con verdure fresche dell’estuario, filetto di San Pietro alla Carlina, tagliolini verdi gratinati, zuppa di pesce alla Cipriani con misto di pesci e crostacei compongono il menù di una maison d’hôte. «Andare in Locanda è come stare a casa», dicono spesso gli ospiti, anche celebri. Come quella volta in cui a tavola sedevano Gianni e Marella Agnelli, la Regina d’Olanda e quella del Belgio. locandacipriani locanda_cipriani
CANTINA LUNAE LA RINASCITA DEL VERMENTINO DI LEVANTE
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iamo nella propaggine più estrema della Liguria di Levante, al confine con la Toscana, dove nel 1966 Paolo Bosoni decide di dedicarsi al vino, proprio in quella terra che la sua famiglia coltivava da generazioni. Insieme al figlio Diego riscopre e valorizza vitigni locali, in particolare il Vermentino, riportandone a giusta gloria il pieno carattere. Le Alpi Apuane proteggono il territorio dai venti del Nord e il mare ne arricchisce l’anima con la sapidità e i sentori di macchia mediterranea. Alla Cantina Lunae il lavoro, focalizzato sul Vermentino, si esprime in diverse tipologie. Etichetta Gri-
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gia, ovvero vinificazione semplice e rispettosa che porta a un prodotto di spiccata freschezza ed eleganza. Etichetta Nera, da uve che, selezionate ogni anno, esprimono le maggiori potenzialità in un vino ricco di bella complessità. Infine, Numero Chiuso, dai vigneti sulle colline di Luni e Castelnuovo Magra, che dimostra come un Vermentino possa reggere l’incedere del tempo ed esprimersi sulla lunga distanza. La quantità è definita a priori: una sola botte in legno da 20 hl, dove riposa per 18 mesi dopo un’accurata fermentazione in acciaio. LVNAEBOSONI cantinelvnae
Paolo e Diego Bosoni
OREROCK, LA NOVITÀ DELL’ESTATE DI PONZA GUSTO E RELAX IN RIVA AL MARE
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Lo chef e proprietario Oreste Romagnolo
reste Romagnolo ama il mare in modo profondo. Avellinese di nascita e infanzia a Terracina (LT), ancora molto giovane parte per i Caraibi dove apre una società di noleggio imbarcazioni. Nonostante il grande successo, il richiamo del Mediterraneo lo riporta in Italia, dove sceglie Ponza come suo approdo dedicandosi all’ospitalità e alla ristorazione. La sua cucina e la sua idea di convivialità hanno caratterizzato fin dall’inizio la “Dolce vita” della piccola e meravigliosa isola del Golfo di Gaeta, animando le serate di Ponza e riunendo il bel mondo ai tavoli del suo Orestorante, tra relax e buona compagnia. Successivamente ecco Oresteria, dove il pesce cucinato è rigorosamente locale, per una cucina di gran gusto in ambiente informale e con un bel rapporto qualità prezzo. E, dato il successo, una Oresteria gemella apre a Eataly Roma.
Oggi, si aggiunge OreRock, sulla spiaggia di Santa Maria, un borgo che pare una minuscola Portofino: Romagnolo e la moglie Valentina Riccioni, sommelier e responsabile delle diverse sale, lanciano la nuova proposta ponziana, già vera novità dell’estate 2020. «Continuo a giocare con il mio nome», spiega Romagnolo, «dopo Orestorante e Oresteria, nasce OreRock, un connubio di cucina semplice e gustosa, divertimento e musica. In una struttura accogliente e colorata, in legno, interamente realizzata da artigiani locali, nello stile delle spiagge mediterranee, dove anche gli arredi richiamano il mare». Il locale apre le porte dall’inizio di luglio a cena ed entro la fine del mese sarà operativo anche di giorno. «Non ci sono Caraibi o Seychelles che tengano», afferma Oreste. «Ponza è l’isola più bella del mondo. Il mare è la mia vita, mia figlia si chiama Alice», ride. E OreRock già registra il tutto esaurito. Oresteria-Orestorante95
© claudiozacc/AdobeStock
Ponza
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AGENDA a cura di Luca Mattei
ellemme1 - l.mattei@fsitaliane.it
save LUGLIO the date 2020 WORLD PRESS PHOTO 2020 ROMA//FINO AL 2 AGOSTO Khartum, 19 giugno 2019: un giovane illuminato dai cellulari dei compagni reSconti Trenitalia
cita poesie durante una manifestazione volta a chiedere un governo democratico per il Sudan. È con questa scena, immortalata nel suo scatto Straight voice, che il giapponese Yasuyoshi Chiba
si è aggiudicato il premio Foto dell’anno nell’ambito del World Press Photo, concorso internazionale che dal 1955 premia i migliori professionisti dell’obiettivo dando una testimonianza storica dei nostri tempi. Il premio Story of the Year è andato al francese Romain Laurendeau con Kho, the Genesis of Revolt, reportage sulla gioventù algerina protagonista del più grande movimento di protesta degli ultimi decenni nello Stato nordafricano. Le 139 immagini finaliste del concorso, protagoniste di una rassegna a Palazzo delle Esposizioni, per la prima volta insieme alle foto più iconiche delle scorse edizioni, sono frutto di una selezione tra 73.996 scatti di 4.282 autori provenienti da 125 Paesi. palazzoesposizioni.it Yasuyoshi Chiba, Straight voice (2019) Photo by Yasuyoshi Chiba/AFP
PalazzoEsposizioni palazzoesposizioni
Alessandro Bazan, Wait (2020) GalleriaGiovanniBonelli GalleriaBonelli 20
Esposizioni
ASTRATTA MILANO//FINO AL 30 LUGLIO Non fatevi ingannare dal titolo della mostra alla Galleria Giovanni Bonelli: le opere di Fulvio Di Piazza e Alessandro Bazan, tra i maggiori esponenti della scuola figurativa di Palermo, hanno davvero poco di astratto se si pensa alla corrente artistica del ‘900. Il vero significato, invece, è da cercare nella radice latina del termine abstractus: trarre fuori, distaccare, in questo caso, dalla realtà. Che va osservata – è l’invito dei due artisti – con occhi inconsueti. Di Piazza ricorre all’allegoria, ricreando nel suo lavoro più rappresentativo, Guerrilla, un mondo di esseri immaginifici in un clima ipnotico. Bazan resta più legato all’immagine dell’uomo: i suoi due inediti, Volare e Wait, sono ispirati alla pandemia che causa un bisogno di libertà dopo la reclusione e, allo stesso tempo, un’esigenza di attesa per ritrovarsi dopo lo smarrimento. galleriagiovannibonelli.it
FienileFluoagriturismo
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SCENA NATURA BOLOGNA//1° LUGLIO>12 SETTEMBRE Un’esplosione di verde nei colli bolognesi, all’insegna del turismo di prossimità, con una rassegna all’agriturismo Fienile Fluò che sottolinea l’influenza della natura sull’arte. Dopo mesi di lockdown, l’iniziativa porta all’aperto e in sicurezza show di vario genere. Da non perdere la performance itinerante site specific Io sono natura, ogni mercoledì fino al 12 agosto. Per gli amanti della musica a luglio i concerti di Alfio Antico il 12 e gli Ofeliadorme il 19. I cinefili possono gustarsi ogni giovedì d’agosto film scelti dal critico Roy Menarini sul tema della natura, L’ultima spiaggia il 6, Antoher Earth il 13, La donna elettrica il 20, Il sale della terra il 27. E per gli appassionati di camminate, nelle sere del 26 luglio, 23 agosto e 12 settembre, Tra gli alberi walk, passeggiate teatrali fra i fusti delle colline, per farsi avvolgere dal loro senso di protezione. fienilefluo.it | crexida.it
NAPOLI TEATRO FESTIVAL ITALIA 2020 NAPOLI//1°>31 LUGLIO Attori come Silvio Orlando, Vinicio Marchioni, Alessio Boni, Lina Sastri e Iaia Forte, diversi musicisti tra cui Enzo Avitabile e Foja e sportivi come Patrizio Oliva, Pino Maddaloni e Andrea Zorzi sono protagonisti della kermesse culturale organizzata dalla Fondazione Campania dei Festival, presieduta da Alessandro Barbano. Una manifestazione che al teatro unisce multiformi espressioni d’arte. La XIII edizione prevede un mese con 130 eventi in 19 luoghi, tutti all’aperto a eccezione del San Carlo. Non solo a Napoli, anche a Salerno, Solofra, Pietrelcina e Santa Maria Capua Vetere. Confermate le dieci sezioni: Italiana, Osservatorio, Danza, SportOpera, Musica, Letteratura, Cinema, Mostre, Progetti Speciali e Internazionale, che però partirà in autunno portando a Napoli, tra gli altri, l’artista belga Jan Fabre. La Campania riparte, anche grazie al teatro. napoliteatrofestival.it Silvio Orlando (2016) © Andrea Raffin
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BALDASSARRE CASTIGLIONE E RAFFAELLO URBINO//19 LUGLIO>1° NOVEMBRE Se l’alta società del XVI secolo ebbe un esclusivo modello comportamentale da seguire è merito de Il Cortegiano, uno dei primi grandi libri moderni, edito a Venezia nel 1528 e presto tradotto in tutta Europa. Un’opera che ha dato e dà ancora oggi fama al suo autore, Baldassarre Castiglione, limitando tuttavia la grandiosità di questa figura di fine intellettuale, centrale per il Rinascimento. Mantovano di nascita ma urbinate d’adozione, viene omaggiato dalla città marchigiana con una mostra a Palazzo Ducale curata da Vittorio Sgarbi ed Elisabetta Soletti. L’esposizione restituisce una visione complessiva dell’umanista, affiancandolo a volti altrettanto affascinanti del suo tempo, da Leone X a Pietro Bembo, oltre ad artisti come Tiziano, Leonardo e soprattutto Raffaello, un genio della pittura che merita ulteriore rilievo a 500 anni dalla morte. vieniaurbino.it Raffaello Sanzio, Ritratto di Baldassarre Castiglione (1516-19) Riproduzione del laboratorio di restauro Factum Arte di Adam Lowe citta.diurbino ComuneUrbino comuneurbino 21
WHAT’S UP
B RI G A X 10 IL CANTAUTORE ROMANO FESTEGGIA DUE LUSTRI DI CARRIERA. E LANCIA IL PRIMO TASSELLO DI UN PROGETTO CELEBRATIVO CHE DURERÀ TUTTO L’ANNO
© Lorenzo Piermattei
di Gaspare Baglio
gasparebaglio
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on chiamatelo rapper. Briga si è fatto le ossa col sudore della fronte, investendo in un sogno. Quando questo si è realizzato è iniziato il lavoro duro, quello per restare in vetta e non finire nell’incubo del dimenticatoio. L’artista si è fatto notare anche come conduttore del programma Stranger Europe, su Rai4, insieme a Ema Stokholma. E festeggia ora dieci anni di carriera con un progetto ad hoc che ha preso il via con una video-story su YouTube.
Di cosa si tratta? Coinvolgeremo il pubblico per un anno. Ripercorrere una carriera non è semplice, soprattutto se si recuperano chicche mai pubblicate. Sei contento di quello che hai fatto finora? Tra le nuove leve, sono uno dei primi a raggiungere questo traguardo. Sono stati dieci anni pieni di dischi. Hai nostalgia di qualcosa? Degli inizi. Ho fatto la gavetta quando non c’erano i social e Spotify. Non ci si inventava cantanti da un giorno all’altro. Lavoravo in un locale e investivo tutto nello studio di registrazione. Era un periodo di scoperta: non facevo parte del mondo rap, ma ero bravo a farlo anche se ascoltavo Nirvana, Placebo, Jeff Buckley e i cantautori italiani. Il grande pubblico, però, ti ha conosciuto ad Amici di Maria De Filippi… Lì ho lottato per fare valere i miei diritti e cantare inediti. Sono stato un apripista, anche se etichettato come irriverente. A questo proposito, un altro momento importante è stato Sanremo 2019 con Patty Pravo. Il mio festival era fuori dal palco. Normalmente, se partecipo a una gara voglio vincere, ma quell’anno volevo ripulire la mia immagine agli occhi della stampa. Come mai ti vedevano ostico? Durante la conferenza stampa di Amici, battibeccai con un giornalista. E avevo le mie ragioni. Altre volte mi è capitato di rispondere a tono per domande inappropriate. Torniamo al progetto decennale. Live in vista, dopo le restrizioni dovute al Covid-19? Sono nate nuove possibilità per fare i concerti in modo non classico. Ma è ancora tutto top secret. brigaofficial MattiaBriga brigaofficial
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SI CHIAMA COSÌ IL NUOVO ALBUM DI NEK, SECONDA PARTE DI UN PROGETTO CON CUI IL CANTANTE METTE IN MUSICA QUESTO PERIODO COMPLESSO
© SbATCH
IL MIO GIOCO PREFERITO
di Sandra Gesualdi sandragesu sandragesu
«R
ialziamoci da terra, ripartiamo da qui, se ancora due destini dicono di sì. Lo so che cambierà», canta in Perdonare, il primo singolo uscito in avanscoperta dall’ultimo album di Nek, Il mio gioco preferito - parte seconda. E sembra proprio raccontare i tempi che stiamo affrontando. Nel rispetto di questi, l’artista lancia tre appuntamenti live dal titolo Solo chitarra e voce. Senza altre presenze sul palco il 28 luglio è a Peccioli (PI), il 20 agosto a Castiglioncello (LI) e il 21 a Forte dei Marmi (LU). Qual è il tuo gioco preferito? La mia passione più grande, grazie alla quale giro il mondo, conosco tantissime persone e lavoro. Sto parlando della musica, naturalmente. Quest’ultimo progetto è nato in un periodo particolare. Si è sviluppato in vari momenti, da un anno a questa parte. Il singolo E sarà bellissimo trae ispirazione dai giorni più duri della pandemia, in cui si vedevano medici e infermieri lavorare in prima linea, instancabilmente. Una canzone senza nome, invece, è una presa di coscienza di quanto possa toccare nel profondo una canzone. Il brano Perdonare è stato registrato a distanza. L’ho scritto più di un anno fa ma è uscito il 13 aprile. Quando l’ho riascoltato mi sono reso conto del-
Nek Sassuolo Live
la sua attualità. Alcuni pezzi sono quasi profetici e creano similitudini con quello che stiamo vivendo. È la storia di una coppia in crisi e della forza di ricominciare. Nel contesto del Covid-19, quella forza si è tradotta nel coraggio di ripartire. Il fil rouge del disco? La voglia di condividere ciò che provo e il sentirsi parte di un tutto, che è in movimento intorno a me. La cultura, oggi, che valore ha? La sensazione è che non sia una priorità a cui prestare attenzione. Ma la musica, in particolare, serve a trasformare in realtà quello che abbiamo dentro. Vent’anni fa hai scritto la canzone Sul treno… Viaggiare attiva la creatività e farlo in treno per me è una costante. Durante il lockdown ho viaggiato con
l’immaginazione. Questi mesi ti hanno cambiato? Penso di più al tempo, a valorizzare ogni suo attimo. NekOfficial NekOfficial nekfilipponeviani
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WHAT’S UP
PER COLPA U
ROCK
no che sa raccontarsi bugie. Così Pierluigi De Palma si definisce nel libro Bari calling. Un passato da giornalista musicale e una passione per Bruce Springsteen e Bob Dylan, ha pubblicato un racconto autobiografico scritto interamente a bordo del Frecciarossa Roma-Milano. Una sorta di bilancio esistenziale scaturito dal dubbio che tutte le scelte cruciali siano avvenute suo malgrado. Motivo per cui, capitolo dopo capitolo, chiunque può riconoscersi nei suoi panni. Cosa mi dice dei bilanci? Che sono pericolosi. Vanno fatti in maniera asettica, evitando l’eccessiva autocommiserazione o colpevolizzazione. A me è andata bene, nonostante i piccoli grandi compromessi che facciamo con la vita. Ha lavorato come giornalista musicale, poi è diventato avvocato dei cantanti… È stato il mio compromesso con la professione. Ho scelto un mestiere che avvertivo più solido, ma restando nell’ambito dello spettacolo. Frustrante? È stata una forzatura emotiva. Sono passato dalle interviste con Keith Richards e Paul McCartney alle giornate dentro l’ufficio notifiche.
Laterza, pp. 168 € 14 24
Questo libro si presta bene a diventare uno spettacolo... Chissà! Per me è tutto una sorpresa, alcuni ci vedono addirittura un film. Comunque l’anno scorso, alla Sala Umberto di Roma, con Leonardo Colombati e Fabrizio Lucherini abbiamo registrato il tutto esaurito con lo storytelling A day in the life. Raccontavamo della prima apparizione tv di Elvis Presley nel 1956, che scatenò in Paul McCartney, Bob Dylan e Bruce Springsteen il desiderio di diventare come The King.
© Alessandro De Palma
DEL
DA GIORNALISTA MUSICALE AD AVVOCATO DELLE STAR. LA CARRIERA (SUO MALGRADO) DI PIERLUIGI DE PALMA, CHE SI RACCONTA NEL LIBRO BARI CALLING Lei è stato protagonista dei social senza avere un account. Una serie di artisti e amici hanno fatto promozione per me: Fiorella Mannoia con una diretta su Instagram, Tiziano Ferro leggendo un brano del mio libro e Tommaso Paradiso coinvolgendomi in una conversazione bellissima. Sono stati generosi. Dopo Bari calling? Mi sono riconciliato con la scrittura e vorrei scovare le storie nascoste del rock. G.B.
GEMELLI ON AIR SU RAI RADIO2 DEBUTTA LO SHOW CONDOTTO DA GINO, PACIFICO ED EDUARDO ACCIARINO
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uest’estate Rai Radio2 ha tirato fuori tante novità, come Back2Back Speciale Let’s Play!, ogni venerdì alle 21, in cui i big della musica si mettono a nudo tra live e interviste. Ma dall’11 luglio, tutti i weekend dalle 12 alle 13:30, arriva anche 3x2, uno show condotto da Gino, Pacifico ed Eduardo Acciarino, meglio conosciuti come i Gemelli di Guidonia, apprezzati recentemente in Viva RaiPlay! al fianco di Fiorello e nel programma sanremese L’Altro Festival. Ne parliamo con Gino, il portavoce del trio. Cosa succede in questo nuovo show? Giochiamo con l’ironia. Facciamo cabaret musicale, abbiamo sempre una vena comica e molte rubriche asseconderanno questa nostra caratteristica. La musica è al centro, ma coinvolgiamo anche gli ascoltatori.
Gemelli di Guidonia
Una grande occasione come speaker… Ce la cantiamo e ce la suoniamo (ride, ndr). Conduciamo, ci sono collegamenti veri o presunti, ma non mancano medley e giochi di parole su diversi temi. Se guardate al futuro cosa vedete? Speriamo che questa parentesi radiofonica prosegua in autunno. Anche perché abbiamo realizzato un grande
sogno, seguendo i consigli di chi lavora in radio da anni. Un altro desiderio sarebbe un programma tutto nostro in televisione. Nel frattempo, però, siamo nel cast di Made in Sud su Rai2. G.B. gemellidiguidonia GemelliGuidonia gemelli_di_guidonia_official Gemelli di Guidonia
© Claudia Pajewski
RADIO INDIA
Francesca Corona
«È stato un rito fondativo per mantenere un legame con il pubblico durante l’emergenza sanitaria», spiega Francesca Corona, ideatrice di Radio India, progetto nato durante il lockdown e trasmesso ogni giorno su Spreaker. Dopo una breve pausa, il palinsesto radiofonico concepito dalle compagnie residenti al Teatro India/ Teatro di Roma riparte nei weekend di luglio, dalle 18:30 alle 21:30. «Ora trasmettiamo dal teatro: le porte sono spalancate e il pubblico può osservare da fuori», prosegue Francesca. Il sottotitolo di questa nuova fase è Cronache fluviali, per evocare un viaggio alla deriva sul Tevere. «Ogni fine settimana è scandito da una parola chiave: partenze, navigazioni, avvistamenti, mare aperto». Poi, a settembre, si tornerà a fare spettacoli: «Lanceremo per un mese un Cantiere dell’immaginazione, con incontri, prove aperte e tavoli di lavoro, per ripensare il futuro». TeatroIndia 25
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UN TRENO DI LIBRI
Invito alla lettura di Alberto Brandani [Presidente giuria letteraria Premio Internazionale Elba-Brignetti]
In viaggio con il Prof
LO SPECCHIO DELLE NOSTRE MISERIE
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LEMAITRE TRA I GRANDI DEL ROMANZO FRANCESE
abato 12 luglio 2014. Pierre Lemaitre e sua moglie, donna colta e arguta, sono all’Elba. Lui deve ricevere il Premio internazionale Raffaello Brignetti – per inciso, mi sembra di ricordare che sia l’unico riconoscimento letterario che lo scrittore ha ricevuto in Italia. Siamo a tavola, gustando del buon pesce, davanti la darsena medicea di Portoferraio, fiammeggiante nei colori dei Macchiaioli. Lemaitre mi dice che per anni gli editori hanno respinto i suoi manoscritti e che è stato più volte tentato di restare a fare l’insegnante. Ma la moglie lo ha sempre spinto a scrivere e a raccontare storie perché, diceva lei, lui le storie le sa raccontare. Il Premio Brignetti gli fu assegnato per il bel libro Ci rivediamo lassù, primo di una monumentale trilogia di cui il volume che abbiamo scelto per La Freccia è l’ultima parte. Anche se ognuno può essere letto separatamente. Lo specchio delle nostre miserie è un’opera di impianto ottocentesco che contiene molte storie, mescola sapientemente Dumas e Balzac, Hugo e la sapienza noir di Hitchcock. D’altronde, il principio ottocentesco secondo il quale per raccontare il mondo bisogna raccontare delle storie è il punto di forza dei libri di Lemaitre. Qui fa da sfondo la Francia del 1940, in un tempo sospeso e incerto, non si sa ancora se ci sarà una guerra, finché i tedeschi non attraversano veloci e imponenti le Ardenne e si dirigono implacabili verso Parigi. La nazione si guar1
da allo specchio e vede le sue miserie, i compromessi, le vuote spavalderie e i falsi eroismi per nascondere i tanti morti. Inizia così un corteo di eroi e mascalzoni, truffatori e uomini semplici, una giostra di protagonisti che gira sullo sfondo del disastroso esodo dei profughi dalla Parigi occupata e travolge con continui colpi di scena, scatenando nel lettore infinite emozioni. Una scrittura sempre cinematografica e sempre letteraria, un copione in cui la “drôle de guerre” è una condizione che permette di vivere le contraddizioni dell’anima e di definirle in un destino più ampio. Tutto il libro risente di ciò che accade quando a guidare sono le paure e il terrore: la perdita dei riferimenti morali e il rischio di smarrire i valori umani. È a questo punto che i protagonisti “crescono”, si svelano, intrecciando le loro esistenze. È Louise1, l’eroina del romanzo, è una giovane donna ferita con storie d’amore naufragate, 30 anni, nubile e potenziale zitella, un orologio biologico che suona molto forte. Desidera più di ogni altra cosa la maternità, principio ispiratore e valore fondamentale del romanzo: la maternità della vergogna, quella impossibile di Louise e quella violenta della madre adottiva di Raoul che lo renderà infelice. E poi la maternità di Alice nei confronti del marito e di tutto ciò che la circonda. Désiré Migault è avvocato, medico, pilota di aereo, funzionario del ministero della Comunicazione e anche sacer-
Intervista di Leonardo Martinelli a Pierre Lemaitre, Tuttolibri, 23 maggio 2020
dote, falso e bugiardo sempre. Lemaitre ammette, sorridendo, che il personaggio gli ha preso la mano ed è divenuto più importante di quanto avesse previsto. Altri destini sono intrecciati meticolosamente («Io sono l’orologiaio», dice di se stesso Lemaitre): la madre di Louise, lettrice bovarista, il sergente Gabriel, il caporal maggiore Raoul, malvagio alla Quentin Tarantino, Fernand e l’amata moglie Alice, donna bellissima secondo i canoni anni ‘50, con quel suo seno da maggiorata che accende i desideri di tutti i maschi del romanzo. Lungi da me svelare la trama, dovete immergervi in essa e tenere a bada le vostre emozioni: con Lemaitre non si scherza.
Mondadori, pp. 504 € 20,00 27
BRANI TRATTI DA LO SPECCHIO DELLE NOSTRE MISERIE [...] «Se dovessero arrivare, passeranno dal Belgio, è già previsto. E posso dirvi che li stiamo aspettando!» Louise, che portava piatti di porri in vinaigrette e frattaglie d’agnello, vide l’espressione perplessa di un cliente che mormorava: «Previsto, previsto...». «Ma insomma!» sbottò il signor Jules, tornando dietro il bancone. «Da dove vuoi che arrivino?» Con una mano, sistemò i vassoi delle uova sode. «Qui ci sono le Ardenne: invalicabili!» Con lo straccio umido, tracciò un grande semicerchio. «Qui la linea Maginot: invalicabile! Quindi, da dove vuoi che passino? Resta solo il Belgio!» Finita la dimostrazione, si ritirò in cucina brontolando. «Non c’è bisogno di essere un generale per capirlo, e che cavolo...» Louise non seguì il resto della conversazione: la sua preoccupazione non erano i ragionamenti strategici del signor Jules, ma il dottore. Lo chiamavano così, “il dottore”. Erano vent’anni che andava a sedersi ogni sabato allo stesso tavolo, vicino alla vetrina. Con Louise non aveva mai scambiato più di qualche parola, sempre molto cortese, buongiorno, buonasera. Arrivava verso mezzogiorno, e si accomodava con il suo giornale. Anche se sceglieva comunque il dessert del giorno, per Louise andare a prendere l’ordinazione era una questione d’onore. “Il clafoutis sarebbe perfetto” rispondeva in tono dolce e sempre uguale. Lui leggeva le notizie, guardava la strada, mangiava, finiva il suo quartino e, verso le due, mentre Louise contava l’incasso, si alzava, piegava il “Paris-Soir” che abbandonava sul tavolo, metteva la mancia sul piattino, salutava e lasciava il ristorante. Persino a settembre, quando la trattoria era in fermento per la mobilitazione generale (il signor Jules era in splendida forma quel giorno, veniva davvero voglia di affidargli il comando 28
© LaPresse Torino/Archivio Storico
UN TRENO DI LIBRI
Profughi in Francia, durante i bombardamenti della Seconda guerra mondiale (1940)
dello Stato maggiore), il dottore non aveva cambiato di una virgola il suo rituale. E all’improvviso, un mese prima, mentre Louise gli serviva la crème brûlée all’anice, le aveva sorriso e si era sporto verso di lei per chiederle una cosa. Se le avesse fatto una proposta oscena, Louise avrebbe posato il piatto, l’avrebbe schiaffeggiato e avrebbe tranquillamente ripreso a servire ai tavoli. L’unico inconveniente per il signor Jules sarebbe stato quello di perdere il suo più vecchio cliente. Ma non era andata così. Certo, era una richiesta sconcia, ma era... come dire... “Vederla nuda” aveva detto come se niente fosse. “Solo una volta. Giusto guardarla, nient’altro.” Louise, scioccata, non aveva saputo cosa rispondere. Era arrossita come se la colpa fosse sua, aveva aperto la bocca, però non era uscito alcun suono. Il dottore era già tornato al suo giornale, lei si era chiesta se per caso non avesse avuto un’allucinazione. Per tutto il servizio, non aveva fatto altro che pensare a quella strana proposta, passando dall’incredulità alla collera, ma intuendo vagamente che ormai era tardi, che avrebbe dovuto piazzarsi davanti al tavolo, con le mani sui fianchi, e alzare la
voce, metterlo in imbarazzo di fronte ai clienti... La rabbia le saliva dentro. Quando le era sfuggito un piatto che si era infranto sul pavimento, in lei era scattato qualcosa. Si era precipitata in sala. [...] Il sabato successivo si sentì comunque sollevata. Probabilmente anche lui si era reso conto dell’assurdità della situazione e non aveva rinnovato la richiesta. Aveva sorriso gentilmente, l’aveva ringraziata per il servizio, per il quartino, e come al solito era sprofondato nella lettura del “Paris-Soir”. Louise, che non l’aveva mai veramente guardato, ne approfittò per studiarlo. Se la settimana prima non aveva reagito d’istinto, era perché quell’uomo non aveva niente di losco o di inquietante. Il viso provato, triste e stanco. Poteva avere una settantina d’anni, ma lei non era mai stata molto portata per quel giochetto, si sbagliava spesso. A distanza di tempo, si ricordò di avergli attribuito qualcosa di etrusco. Quella parola l’aveva colpita, perché non la usava quasi mai. Voleva dire “romano”, per via del naso pronunciato e un po’ adunco. Il signor Jules era eccitato, girava voce che presto il reato di propaganda comunista sarebbe potuto essere punito con la pena di morte.
Un assaggio di lettura e fu quasi doloroso. Non vedeva l’ora che fosse tutto finito. Così si decise a togliere le mutandine, e le lasciò cadere a terra. Non sapendo come muoversi, rimise le mani dietro la schiena. Gli occhi del vecchio scesero lentamente come una tenera carezza, e si fermarono sul basso ventre. Trascorsero secondi interminabili. Impossibile dire cosa provasse quell’uomo. Il volto e l’intera persona lasciavano trasparire qualcosa di indefinibile e di infinitamente triste. D’istinto, Louise capì che doveva girarsi. Forse per sfuggire a quella situazione straziante. Ruotò sul piede sinistro, fissò per un attimo la marina leggermente storta appesa sopra il cassettone. Le parve di sentire il suo sguardo sulle natiche. Un ultimo scrupolo le fece temere che allungasse la mano, che tentasse di toccarla, e si voltò di scatto. Lui aveva appena estratto una pistola dalla tasca, e si sparò un colpo in testa. [...] Louise l’avrebbe schiaffeggiato. «Sa tutto dall’inizio e non mi ha mai detto niente...» «So tutto, so tutto... So un paio di cose, niente di più, Louise!» «Allora inizierà con il raccontarmi quello che sa.»
Il signor Jules attraversò la sala. Dal bancone chiese: «Bevi qualcosa?». Siccome Louise non rispondeva, tornò da lei tenendo un bicchiere di vino come fosse un bene prezioso. «Quando il dottore ha iniziato a venire qui (e alzò un sopracciglio in direzione del tavolo), cos’era?... Il ’21, il ’22? Avevi tredici anni! Immagina se ti avessi detto: “Mia piccola Louise, il signore che vedi lì, quello che viene tutti i sabato, be’, è l’ex amante di tua madre!”. Onestamente...» Louise non si muoveva, non batteva ciglio, fissava il signor Jules con uno sguardo freddo, di quelli che non perdonano. L’uomo bevve un sorso di vino. «E poi... Il tempo passa, tu cresci, lui continua a venire qui ogni settimana, e ormai è troppo tardi.» Emise un grugnito, come se quel “troppo tardi” riassumesse da solo tutta la sua vita. «Tua madre e il dottore, sai, è una vecchia storia. Risale a quando avevamo... Quanti? Sedici, diciassette anni...» Il signor Jules aveva sempre abitato nel quartiere, i suoi genitori stavano in rue Ordener. Lui e Jeanne Belmont avevano frequentato la stessa scuola. Il signor Jules doveva avere due o tre anni più di lei.
James Stewart e Kim Novak, protagonisti del film La donna che visse due volte, di Alfred Hitchcock (1958)
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Lui proponeva di ampliare il dibattito («Fosse per me, manderei al patibolo anche i loro avvocati... E non scherzo!»). Louise stava servendo il tavolo accanto, quando il dottore si alzò per andarsene. «Le darò dei soldi, naturalmente. Mi faccia sapere quanto vuole. E le ripeto che è solo per guardarla, nient’altro, non abbia alcun timore.» [...] Lungo il tragitto, aveva preso delle decisioni. Prima di tutto, gli avrebbe detto che era disposta a fare solo ciò che avevano pattuito, se si fosse azzardato a toccarla se ne sarebbe andata all’istante. Poi avrebbe contato i soldi, non voleva farsi imbrogliare... Ma ora, in quella stanza troppo piccola, capì che la scena che aveva immaginato non corrispondeva alla realtà, che tutto si sarebbe svolto con calma e semplicità. Non sapeva come comportarsi, e siccome non succedeva niente diede un’occhiata alla busta per farsi coraggio, arretrò di un passo, appese il cappotto al gancio fissato sulla porta, si tolse le scarpe e, dopo un attimo di esitazione, si sfilò l’abito incrociando le braccia sopra la testa. Avrebbe voluto che il dottore la aiutasse, che le dicesse cosa fare. Nella stanza regnava un silenzio smorzato, frusciante. Per un attimo credette di svenire. Se si fosse sentita male, quell’uomo avrebbe approfittato di lei? Louise era in piedi, il dottore seduto, ma quella posizione non le dava alcun vantaggio. La sua forza era l’inerzia. Si limitava a guardarla, aspettava. Nonostante lei fosse in lingerie, era lui a tenere le mani in tasca, come se avesse freddo. Per farsi forza, Louise cercò i lineamenti familiari del cliente che conosceva, ma non li trovò. Dopo un paio di lunghi e imbarazzanti minuti, visto che qualcosa doveva pur fare, portò le mani dietro la schiena e si levò il reggiseno. Lo sguardo dell’uomo le si arrampicò sul petto, come attratto da una luce, e nonostante lui non avesse cambiato espressione Louise credette di scorgere un’emozione sul suo viso. Anche lei si guardò il seno, le areole rosate,
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UN TRENO DI LIBRI
Un assaggio di lettura
«E com’era bella, tua madre... Proprio come te! Giusto un po’ più sorridente. Il dottor Thirion aveva lo studio in rue Caulaincourt, tutto il quartiere andava da lui. È così che si sono conosciuti. E sono rimasti tutti piuttosto sorpresi. Tua madre aveva la licenza elementare e, invece di iscriversi alla scuola per infermiere come pensavamo, ecco che si mette a fare la domestica e va a servizio dalla famiglia del dottore! Be’, ho iniziato a capirci qualcosa solo quando ho saputo cosa c’era tra loro. All’inizio, pensavo che il dottore volesse semplicemente farsi la cameriera come tutti, capita così spesso... Ma non era quello, era innamorato. O almeno così diceva. Aveva venticinque anni più di lei, o giù di lì. Le ripetevo: “Ma insomma, Jeanne, fai la domestica per amore, che futuro puoi avere con quell’uomo?”. Niente da fare, era innamorata anche lei, o almeno così credeva. Era una romanticona, tua madre, capisci? Aveva letto dei romanzi, e non è mai una bella cosa, ti mette strani grilli per la testa.» Bevve un altro sorso di vino, scuotendo il capo, come a dire che casino. Louise si ricordava della biblioteca della madre, dei libri letti e riletti, Jane Eyre, Anna Karenina, un po’ di Paul Bourget, di Pierre Loti... «Tutto qui?» chiese.
«Come “tutto qui”? Cosa vuoi di più? Erano innamorati, andavano a letto insieme, poco importa!» [...] «Padre Désiré! La maggior parte dei suoi “figli di Dio” è malata, sfinita e denutrita! Sono settimane che non vedono un pezzo di carne! Accogliendo altri profughi, non solo non avrebbe la certezza di salvarli, ma metterebbe a repentaglio la vita di quelli che sono già qui! È questo che vuole il Signore?» Padre Désiré si fermò, si guardò le scarpe, riflettendo a fondo. Non era più il giovane prete entusiasta che Alice conosceva e amava, all’improvviso era un uomo dal volto pallido, i lineamenti tirati, che lasciava trasparire tutto il suo sgomento. «Lo so, Alice. Ha ragione...» Gli tremava la voce, Alice temeva che scoppiasse a piangere, non sapeva cosa fare. «Mi sono interrogato a lungo» riprese. «Perché Dio ha gettato per strada milioni di persone? Che errore abbiamo commesso per meritare una simile punizione? Le vie del Signore non mi sono mai sembrate tanto imperscrutabili... E a forza di pregare, ho avuto un’illuminazione. Si guardi attorno, sorella Alice, cosa vede? In molti di noi questo disastro ha risvegliato gli istinti più bassi, gli
© Roberto Medici
Da sinistra, Pierre Lemaitre e Alberto Brandani alla premiazione del Brignetti (2014)
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egoismi più neri, gli interessi più avidi. Ma in altri ha risvegliato il desiderio di aiutare, di amare, ha imposto il dovere della solidarietà. Questo ci sta dicendo il Signore: fate una scelta di campo. Volete stare tra quelli che si chiudono in se stessi, che sbarrano porta e cuore ai poveri e agli indifesi che si rivolgono a loro, oppure tra quelli che spalancano le braccia, non malgrado le difficoltà, ma grazie alle difficoltà? Di fronte all’egoismo, alla paura di non farcela, alla tentazione di pensare solo a se stessi, la nostra unica forza, la nostra vera dignità, è quella di stare insieme, capisce? Insieme nella casa di Dio!» Spesso Alice si lasciava trasportare dall’emozione, a scapito delle sue convinzioni. Fece un cenno con il capo, capisco. «E si ricordi: “Non state a contare le fatiche o le pene, perché la casa di Dio è un rifugio in cui il cuore sa solo offrire”.» Nell’inventare versetti, disciplina che adorava più di tutte, non sempre Désiré aveva la mano felice, ma generalmente era piuttosto soddisfatto dei suoi teatrini. Il suo personaggio si perfezionava, cresceva di giorno in giorno. Se la guerra fosse continuata, in due mesi sarebbe stato candidato alla canonizzazione.
Lo scaffale della Freccia ODIO Daniele Rielli Mondadori, pp. 528 € 20 I giornalisti che oggi accusano Marco De Sanctis per una vecchia storia non sanno quanto avventurosa sia stata davvero la sua vita dal giorno in cui, anni prima, ha stretto amicizia con un eccentrico imprenditore del digitale, poi diventato suo mentore. Non lo sanno perché non possono leggere Odio, la sua inaspettata e sconvolgente confessione.
2084 LA DITTATURA DELLE DONNE Gianni Clerici Baldini+Castoldi, pp. 160 € 15 Nel 2084 l’umanità, o ciò che ne resta dopo un disastro ambientale e una nuova guerra mondiale, è regredita a una sorta di medioevo bucolico, dove il controllo dell’ordine è affidato a robot e supercomputer che hanno il compito di assicurare la sopravvivenza della cosiddetta Dittatura Democratica. Nel nuovo regime non si può decidere il proprio destino e il desiderio, la creatività, l’eros sono visti con sospetto.
SUD Mario Fortunato Bompiani, pp. 304 € 18 Le famiglie felici non sono interessanti; quelle complicate sì. Valentino lascia la Calabria da ragazzo, negli anni ’70 del ’900, ma la maturità, che si annuncia con il balenio a sorpresa del rimpianto, lo costringe a voltarsi indietro per misurarsi con la memoria e le memorie del mondo in cui è cresciuto. Se le persone non ci sono più, e spesso non ci sono più da molto tempo, le loro vite sono lì, e chiedono di essere raccontate.
OPERAZIONE ATHENA Luigi Irdi Nutrimenti, pp. 160 € 15 La cittadina portuale Torre Piccola è turbata dalla morte di un saldatore nel cantiere Ostro, dove è in costruzione la nave da crociera Athena Museàl. Per il pubblico ministero Sara Malerba non si tratta di un incidente sul lavoro: la sua testardaggine e la fortuna di incrociare indizi e testimoni la portano a sbrogliare una matassa fatta di segreti, chiacchiere, equivoci e depistaggi. G.B.
F***ING SAKURA Giulio Macaione Panini Comics, pp. 96 € 15 Che succede se ci si lascia durante un volo che dovrebbe essere l’inizio di una splendida vacanza in Giappone? È quello che capita a José e Cloe: lui realizza il viaggio da sempre sognato, lei è una influencer schiava dello smartphone che nel Paese del Sol Levante nemmeno ci voleva andare. Il viaggio è l’occasione per fare i conti con le rispettive vite e gli errori commessi. G.B.
UN GIORNO UNO DI NOI Giancarlo Pastore Marsilio, pp. 224 € 16 Graziano è laureato in Lingue e Letterature straniere, lavora in un ristorante di Torino e non sa che direzione dare alla sua vita. Così, accetta la proposta di Edoardo, un cliente del locale: accompagnarlo in America nel più classico e sognato dei coast to coast in automobile. Un tragitto che mette i due uomini davanti a loro stessi, tra fragilità, desideri e dolorose malattie, vere e immaginarie. G.B.
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TRAVEL
DESTINAZIONE Offerte e servizi Estate Trenitalia pp. 104-105
Maratea (PZ)
GLI STABILIMENTI DI RICCIONE E LE SCOGLIERE DI MARATEA. LE COLLINE DEL CHIANTI E I VICOLI DI OSTUNI. IN VACANZA PER RISCOPRIRE L’ITALIA, DA NORD A SUD, A BORDO DI FRECCE, INTERCITY E REGIONALI di Silvia Del Vecchio - s.delvecchio@fsitaliane.it
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ai come quest’anno, dopo il difficile lockdown seguito dalla riapertura del Paese ma con regole determinate a impedire al virus di ripartire, l’estate Trenitalia è stata così ricca e nutrita di novità e offerte (approfondimento alle pp. 104-105). Con Frecce, Intercity e Regionali, oltre ai nuovi servizi FRECCIALink e ai collegamenti intermodali, il turismo è al 100% sostenibile e a 360 gradi: in treno si va al mare
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e in campagna, in montagna e al lago, con il massimo comfort e in tutta sicurezza. Fra le novità più importanti il Frecciarossa 1000 del Tirreno, che collega Milano a Roma passando dal Levante ligure per poi correre lungo la costa fino all’Argentario, incontrando il porto di Civitavecchia per raggiungere la Capitale all’ora di cena, e il Frecciarossa che unisce Torino a Reggio Calabria, arrivando in stazione prima che cominci il tramonto, senza cambi intermedi (approfondimenti alle pp. 36-42 e 43-45). In treno esplode la voglia di mare quando, per esempio, ci si spinge verso Sapri, nell’estremo sud della provincia di Salerno. Scendendo dal Frecciarossa, si palesa all’improvviso la pittoresca baia del golfo di Policastro. Molto esteso il lungomare, ideale luogo di ritrovo e passeggio serale. La costa, che sconfina in Basilicata, offre grotte e panorami mozzafiato. Perfetta da scoprire a piedi, con un trekking lungo il sentiero Apprezzami l’asino, dal porto di Sapri allo scoglio dello Scialandro, dove si staglia il monumento della Spigolatrice, un omaggio alla poesia di Luigi Mercantini sulla fallimentare spedizione di Carlo Pisacane per liberare il Regno delle Due Sicilie dalla dominazione borbonica.
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Da non perdere la vicina Dea del mare, così veniva chiamata anticamente Maratea (PZ), perla incastonata tra l’azzurro del Tirreno, il verde della macchia mediterranea e le diverse tonalità di scogliere, isolotti e spiagge come Acquafredda, Cersuta, Fiumicello, La Secca. Dominano il paesaggio l’antico borgo, un concentrato di monumenti e luoghi di culto che è valso a Maratea il soprannome di città delle 44 chiese, e Monte San Biagio con la statua del Redentore, seconda per dimensioni solo a quella di Rio de Janeiro. Proseguendo verso la Calabria il Frecciarossa ferma a Paola (CS), il cui litorale è caratterizzato dai cosiddetti “pennelli a mare”: insenature a forma di mezzaluna, dove l’acqua è quasi sempre limpida, delimitate dalle barriere di sassi a forma di T realizzate per proteggere la linea ferroviaria che corre lungo la spiaggia. E, ancora, stop a Lamezia Terme, Rosarno e Villa San Giovanni (RC), dove la punta d’Italia quasi si tocca con la Sicilia, comodamente raggiungibile in traghetto attraversando lo Stretto di Messina. A pochi chilometri, Reggio Calabria fa sbizzarrire e meravigliare i turisti, con le sue bellezze paesaggistiche e culturali, come il Museo Archeologico Nazionale, il Castello Aragonese, la cattedrale
di Maria Santissima Assunta, l’Arena dello Stretto e il lungomare Falcomatà. Sull’altra sponda, invece, è d’obbligo un salto a Riccione, la perla verde dell’Adriatico con oltre sei chilometri di arenile sabbioso dal basso fondale, viali alberati, giardini, parchi divertimento, boutique, locali notturni e antichi borghi da visitare nei dintorni, come Montefiore Conca, Mondaino e Montegridolfo. Distanze di sicurezza garantite e tanti servizi nei 151 stabilimenti balneari di Riccione, alcuni con spa come i bagni 105 e 110 o con maxi gazebo e lettini matrimoniali al 71. Senza contare la Spiaggia delle donne, gestita al femminile e molto apprezzata dalle mamme, e la nota Spiaggia 61, a metà strada fra le Terme di Riccione e viale Ceccarini, tra le poche a tradizione familiare e con oltre un secolo di storia, da dove ogni mattina Enrico il bagnino va in diretta su Radio Deejay con le sue scherzose previsioni del tempo. La cura del sole e dei bagni è garantita anche a Cattolica, altra tappa dell’estate in Frecciarossa, mentre Senigallia (AN), Bandiera blu dal 1997, è famosa per la sua Rotonda sul mare, la sabbia fine e vellutata, gli itinerari in bicicletta tra le colline dell’entroterra, gli eventi e i fe-
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Sapri (SA)
stival come il Summer Jamboree (in programma la prima settimana di agosto). Non manca l’offerta estiva di Trenitalia Regionale, con preziose novità come il Trabocchi Line per raggiungere in treno ed esplorare in bici la splendida Costa dei trabocchi (approfondimento alle pp. 46-49), in provincia di
Chieti, mentre in Frecciargento si arriva comodamente a Foggia, Barletta, Bari e Monopoli (BA). E ancora giù, fino a Brindisi, con tappa anche a Ostuni per il suo pittoresco borgo medievale, un dedalo di vicoli, scalinate, corti, piazzette e case bianche impreziosite da gerani, botteghe artigiane e ristorantini tipici. Sotto la Città bianca del
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Castello normanno-svevo, Lamezia Terme (CZ)
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Senigallia (AN)
Salento, il litorale si fa magico tra scogli e calette turchesi di sabbia dorata, tipiche di questo tratto di costa adriatica. In treno si può raggiungere tutto il mare più bello dello Stivale, quindi. Ma non solo. L’estate in Frecciarossa porta anche a Chiusi-Chianciano Terme (SI) per scoprire la
suggestiva Val d’Orcia, amata dai turisti di tutto il mondo per i suoi itinerari fra le colline del Chianti, la Via Francigena e le località termali. E in Ciociaria, fino a Frosinone, per un tour tra i Monti Simbruini, le Grotte di Pastena, l’Abbazia di Montecassino, l’Acropoli di Alatri e la cascata nel centro di Isola del Liri.
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Ostuni (BR)
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VISTA MARE
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Le Cinque Terre dal finestrino del Frecciarossa 1000
LATO FINESTRINO PER OSSERVARE VALZER DI DISLIVELLI, LUNGHI LITORALI, VILLE A PICCO SULLE SCOGLIERE. L’ITALIA SCORRE DOLCEMENTE FUORI DAL FRECCIAROSSA 1000 CHE PASSANDO DAL LEVANTE LIGURE ATTRAVERSA LA VERSILIA FINO ALL’ARGENTARIO di Sandra Gesualdi sandragesu sandragesu
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inario 17, ore 13:10. È partito dalla Stazione Centrale, in una Milano ancora un po’ intorpidita e sottovoce. Sopra, un cielo grigio scandito dai ritmi più lenti della domenica. Ha attraversato la periferia del capoluogo lombardo, direzione Pa-
via, tra gli agglomerati urbani e le periferie industriali, intervallate da qualche distesa pianeggiante. Disegni simmetrici del mietuto, capannoni, cantieri e ancora pezzi sparsi di città. La prima ora e mezzo ha semplicemente assecondato, gradualmente, la sensazione forte di
tornare a viaggiare dopo i mesi del lockdown. Poi si è incuneato tra le case di Genova, superando cavalcavia e panni stesi alle finestre così vicine da poterci sbirciare dentro e, da lì, ha intrapreso un percorso nuovo, fatto di sorpresa e panorami inaspettati. 37
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L’8633 è il Frecciarossa 1000 che collega Milano a Roma passando dal Levante ligure per poi correre su quei binari lungo costa che dalla Versilia si spingono fino all’Argentario, incontrando al tramonto il porto di Civitavecchia e arrivando nella Capitale per cena. Domenica 14 giugno, con l’entrata in vigore dell’orario estivo, ha compiuto la sua prima corsa. E noi con lui, da nord a sud, sfilandoci l’impermeabile in itinere perché nel frattempo aveva smesso di piovere e la bella stagione si era affacciata appena avvistate le Cinque Terre. Il nuovo collegamento Trenitalia permette di raggiungere facilmente alcune delle spiagge e dei borghi più belli della Liguria e della Toscana, correndo a basso impatto lungo il Tirreno, per rilanciare il turismo nazionale. Un treno speciale che mixa i servizi e il comfort di un Frecciarossa 1000 alle tratte solitamente battute dai Regionali e dagli Intercity, con fermate mai effettuate prima. Fuori dal finestrino scorre un pezzo
d’Italia, dolcemente, a una velocità media di 115-150 km/h. Il paesaggio avanza come un maratoneta, a passo costante, in certi tratti esplode di colore e si caratterizza in modo diverso passando da una regione all’altra. Il tempo di una lunga galleria e dal liscio suburbio agricolo ci si imbatte in una fitta boscaglia verdeggiante che sovrasta la linea ferroviaria. Siamo in Liguria. A Genova Piazza Principe salgono diversi viaggiatori, sorpresi di veder spuntare la silhouette del treno rosso e veloce. «Sto tornando a Roma, dove lavoro», racconta Raffaella. «Ero venuta qui a trovare i miei genitori, che non ho visto per mesi a causa della chiusura dei confini regionali. Mi aspettavo il Frecciabianca ma è spuntato il 1000, è stata una sorpresa». Un altro tunnel nero e stretto, tipico della tratta ligure, ci ingoia per riemergere dopo pochi minuti a Genova Brignole. Altra fermata, altre salite. Alessio pure è diretto nella Capitale, dopo il weekend trascorso con il compagno: «Un viaggio
LIGURIA TRA NATURA E MUSICA Scendere dal treno e proseguire a piedi tra sentieri sul mare, rocce giurassiche, natura mediterranea, terrazzamenti e vigneti. Cinque Terre Walking Park è il programma di percorsi escursionistici, accompagnati da una guida esperta, organizzati nel Parco nazionale omonimo. Il 4 luglio si parte da Monterosso (SP) per una camminata tra limonaie antiche e fioriture, il 5 è previsto un trekking sui sentieri di Vernazza in cerca di testimonianze religiose e culturali, l’11 e il 12 è la volta di Corniglia e Manarola per arrivare dal mare al bosco. Sabato 18 luglio si battono le antiche vie di pellegrinaggio intorno a Riomaggiore, mentre il 19, 25 e 26 tornano i panorami verticali di Monterosso, Vernazza e Corniglia. Nel Golfo dei Poeti, invece, confermata la quarta edizione del Lerici Music Festival, manifestazione dedicata alla musica classica. Dal 3 al 16 agosto, nella caratteristica città ligure a pochi chilometri da La Spezia, arte e melodia diventano il simbolo del ritorno alla vita e alla socialità.
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Stazione Milano Centrale
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Š Clara Neri
Genova vista dal Frecciarossa 1000
comodo e sicuro. A novembre mi laureo in Scienze infermieristiche e sono particolarmente attento alle norme anti-Covid. Appena salito ci hanno dato il kit con mascherina, poggiatesta e gel disinfettante e ho
notato che il personale addetto sanifica spesso maniglie e pulsantiÂť. Ripartiamo con quel ritmo mite che rende il percorso piacere. Vista finestrino per assaporare un valzer di dislivelli, gole, terrazza-
menti, campanili che appaiono per un attimo, tunnel che alternano buio a luce, buganvillee e rocce a picco sul mare. Next stop Santa Margherita Ligure-Portofino, sei minuti dopo siamo a Rapallo, se-
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Monterosso (SP)
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Due studentesse in viaggio verso Roma
guita da Sestri Levante. A Monterosso, la più popolosa località delle Cinque Terre, ci aspetta il sole. Finalmente è estate. Incastonata a ridosso dei monti, la piccola stazione si fa spazio fra tre gallerie e cespugli in fiore, e fa impressione vedere che il treno occupa tutta la banchina, così lungo da non riuscire a emergere completamente dal tunnel. Fuori, a pochi passi, nella zona di Fegina, c’è la lunga spiaggia sorvegliata dal Gigante, l’enorme statua ricavata, il secolo scorso, dalla 40
roccia e raffigurante il dio Nettuno. Non si riesce a contenere il panorama che scorre lungo il finestrino. Passano via palmizi marittimi, agavi, lingue di terra che si allungano nel Tirreno ligure, scogliere gugliate, bastimenti in bilico sull’orizzonte. «Sono 35 anni che faccio questa tratta, prima sui Regionali, poi su qualche Freccia» racconta Paolo, capotreno, capelli canuti e occhiali in punta di naso. «Vedere un 1000 in queste stazioni mi fa un po’ effetto. Devo ancora imparare a memo-
ria tutte le fermate». Il serpentone rosso dal muso affusolato strizza l’occhio alle nuove stazioni che lo attendono, contiene la sua capacità di lanciarsi a 300 km/h, abbassa e alza i pantografi per arrestarsi e ripartire. Da La Spezia in un’altra manciata di minuti siamo in Toscana, sguardo al mare senza sosta, le Alpi Apuane alle spalle: benvenuti in Versilia, fianchi larghi e sabbiosi, stabilimenti e pontili, fondali sornioni. A Forte dei Marmi e a Viareggio salgono facce abbronzate con bici
ripiegabili al seguito, dopo il fine settimana in spiaggia. In tre ore si arriva nelle due famose località balneari, sia da Roma sia da Milano. Pisa-Livorno e il colpo d’occhio è un’altra cartolina ancora. Veronica e Irene si sgranchiscono le gambe, sorridono dietro le mascherine e hanno il tavolino pieno di appunti ed evidenziatori colorati. «Andiamo a Roma per sostenere l’esame di maturità, al liceo classico. È bello tornare a scuola dopo tanto tempo». Il paesaggio si ammorbidisce, si riempie di pinete, sulle scogliere di Castiglioncello spiccano le ville color amaranto, i tuffi dei bagnanti, gli ombrelloni colorati finalmente aperti. La Costa degli Etruschi ci aspetta con il sole alto, i suoi colori giallo ocra, gli uliveti curati e i filari di cipressi “alti e schietti”. A Campiglia Marittima arriviamo alle 18 in punto, l’aria è tiepida e sa di salmastro. Decelera il Frecciarossa 1000, e generoso trotta delicatamente per sostare e ripartire dove mai
aveva osato. Lasciata Grosseto alle spalle, la Laguna di Orbetello satura tutto l’orizzonte, con le vasche di acqua salata, i fenicotteri, le spiagge basse e selvagge dell’Argentario. È un treno che crea meraviglia. Le persone lo guardano con sorpresa, lo salutano come il passaggio di un extraterrestre. A Capalbio vien voglia di scendere tanto l’aria sa di ferie d’altri tempi, di gazzosa al bar e arenili incontaminati. Un signore anziano è arrivato apposta per vedere il “treno veloce e rosso” che arriva in quel borgo che chiude la Toscana. «È venuto fin quaggiù, nella terra dei contadini!», esclama salutandoci. Si percepisce la giornata calda e ventosa. In dieci minuti sconfiniamo nel Lazio, il tempo di scorgere il porto di Civitavecchia e si prende un po’ di velocità per arrivare a destinazione. «Siamo in arrivo, in orario, nella stazione di Roma Termini». Fuori ci aspetta un bagno di luce gialla. Ogni viaggio è una storia.
A VIAREGGIO CON PUCCINI Non solo mare nella Perla del Tirreno. Ma anche cultura con la 66esima edizione del Festival Puccini. A Torre del Lago, affascinante frazione viareggina, il compositore ha vissuto per oltre 30 anni e scritto alcune delle sue opere maggiori. Qui, la manifestazione a lui dedicata torna con una programmazione pensata secondo i protocolli di sicurezza anti-Covid. Tra le nuove produzioni in cartellone Tosca, il 6 e il 14 agosto, e Madama Butterfly l’8 e il 21, per recite tratte dai titoli d’opera del grande repertorio pucciniano. Oltre al Gran Teatro all’aperto in riva al lago, il festival invade da quest’anno anche la Cittadella del Carnevale, Villa Paolina e alcune chiese della città. In programma fino al 14 agosto concerti, eventi culturali e proiezioni di film. Da segnalare, il 10 luglio, lo spettacolo Ci sono giorni che non accadono mai, con la regia di Sergio Castellitto e le musiche di Ennio Morricone. Il giorno dopo va in scena il racconto in musica di Stefano Massini La voce della luna, il 13 e 14, in prima assoluta, le nuove composizioni Agli astri e al ciel ispirate all’opera Tosca.
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Castiglioncello (LI)
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Un fenicottero rosa nell'Oasi Wwf della laguna di Orbetello (GR)
«È un treno che crea meraviglia: la Laguna di Orbetello satura tutto l’orizzonte, con le vasche di acqua salata, i fenicotteri, le spiagge basse e selvagge dell’Argentario»
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La laguna di Orbetello dal finestrino del Frecciarossa 1000
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MUSEI APERTI IN MAREMMA Per tutta l’estate aperture straordinarie ed eventi speciali in musei, parchi e aree archeologiche della Maremma (GR). A Massa Marittima si riscopre il pittore Ambrogio Lorenzetti: ogni giovedì e venerdì di luglio e agosto, dalla Cattedrale di San Cerbone parte il tour guidato tra le opere del Maestro senese presenti nella cittadina. A Saturnia, la sera di sabato 11 luglio e del 1° agosto, il direttore dei Musei Civici Massimo Cardosa illustra i resti antichi del centro storico, mentre il 4 agosto a Manciano, in piazza Magenta, c’è La notte della Luna con leggende e storie tratte dai miti classici e dalla letteratura. Per i bambini dai 6 ai 12 anni, a Vetulonia c’è Vivere nell’antica Vatluna: il Lago Prile, il mare e la pesca (prenotazione alla mail museovetulonia@libero.it). Tutti i venerdì di luglio delizie culturali a Pitigliano con Letture al museo, spazi d’autore degustando, a cura del Museo Archeologico all’aperto Alberto Manzi. Tra le tante iniziative estive del Maam di Grosseto, yoga al parco archeologico di Roselle (17 luglio), talk, incontri e aperitivi. Infine, al Magma di Follonica, venerdì 31 luglio è in programma Notti dell’Archeologia, la storia sul fuoco: uomo, fuoco e minerali dalla preistoria ai tempi moderni. Un esperimento aperto a bambini e famiglie, seguito da una degustazione di prodotti tipici e una visita guidata al museo (prenotazione alla mail frontoffice@magmafollonica.it).
IL TRENO DELLA LIBERTÀ
di Gerardo Adinolfi
C
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arrozza 9, lato finestrino. Bianca sta leggendo un libro mentre il Frecciarossa su cui viaggia corre lungo i binari che costeggiano il mare cristallino della Calabria. Gira lo sguardo, vede dall’alto verso il basso un lungo tappeto azzurro e calmo. Afferra lo smartphone e scatta una foto. La luce del
primo pomeriggio di giugno la rende perfetta. «Il mare, dopo tanto tempo rivedo il mio mare», dice quasi emozionata, «è la prima volta che lo osservo da questa nuova prospettiva». Il mare calmo che si intravede dal finestrino è quello di Paola, provincia di Cosenza. E la nuova prospettiva è il Frecciarossa Torino-Reggio Calabria che sta per arrivare in stazione dopo aver attraversato la Riviera dei Cedri e le meraviglie di Maratea. Il nuovo collegamento con il treno AV ha fatto il suo debutto il 3 giugno, proprio nella giornata di riapertura agli spostamenti liberi tra le regioni, dopo il lockdown imposto dall’emergenza sanitaria. Una data importante, quasi simbolica. Ma sono i giorni, le settimane e i mesi successivi a segnare il cambio di passo. È il passaggio dall’eccezionalità alla normalità a stabilire il successo. A creare l’abitudine, a rendere certa la novità. A far crescere la consapevolezza di poter partire
dal Piemonte al mattino, per arrivare in Calabria prima del tramonto senza dover spezzare il viaggio o cambiare treno. E senza dover utilizzare l’auto. Una bella routine. Quattro collegamenti al giorno, due verso Sud e altrettanti verso Nord, che da inizio giugno permettono a tante persone di tornare e ripartire, andare al lavoro e rientrare a casa, vedere i propri cari e trascorrere qualche giorno di relax per riprendere fiato. Di viaggiare per visitare una città d’arte. Di salire sul Frecciarossa Torino-Reggio Calabria per sentirsi parte di una storia o semplicemente per provare un’alternativa ad altri mezzi di trasporto. Anche solo per vedere l’effetto che fa. Un servizio che fin dal viaggio di debutto ha significato molto. Metafora dell’Italia che riaccorcia le distanze e che avvicina il Sud alle città servite dall’Alta Velocità. Metafora di un Paese che riparte e si ritrova in un abbraccio, che torna a casa, guardando fuori dal finestrino a testa alta.
© Associazione Ferrovie in Calabria
IN VIAGGIO SUL NUOVO FRECCIAROSSA TORINO-REGGIO CALABRIA. PARTITO IL PRIMO GIORNO DI APERTURA FRA LE REGIONI. E METAFORA DELL’ITALIA CHE RINASCE
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Il treno è diventato ancora una volta portatore di libertà, gioia, sorrisi, seppur nascosti dietro una mascherina. Portatore di normalità. Quella che tutti ricercano nei momenti di difficoltà, quella che tutti credevamo di aver perso durante il periodo buio del lockdown, e che stiamo, a piccoli passi, ritrovando: «La prima cosa che farò sarà andare a mare, salutare gli amici, vedere i miei nonni, cose normali, niente di speciale», dice Luca, 20 anni, partito da Milano e diretto in Sicilia, «è da sei mesi che non vedo i miei genitori, mi basta esser riuscito a ritornare». Enzo, 60 anni, legge invece la scritta
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Torino sul tabellone elettronico della stazione di Reggio Calabria e si ferma a pensare. La memoria, quando vuole, sa essere più veloce anche di un Frecciarossa. Riapre i cassetti e rispolvera gli archivi, corre subito indietro nel tempo e mostra fotografie nitide del tempo che fu. Il suo ricordo va subito ai Treni del Sole, i collegamenti fra il Sud e il Nord d’Italia che venivano presi d’assalto da chi lasciava la propria terra in cerca di lavoro e fortuna. Venivano chiamati i viaggi della speranza. La speranza di una casa, un salario, una vita dignitosa seppur lontana dalle proprie origini. Il mondo oggi è cambiato, e con lui
anche i trasporti. Per speranza si viaggia ancora, ma le valigie di cartone hanno lasciato il posto a trolley colorati e sacche per le bici. Non si sgomita più per l’ultimo posto in piedi, ma a bordo di Frecce e Intercity i passeggeri si sistemano sui posti distribuiti a scacchiera mentre sopra i sedili un marker rosso indica quello da lasciare libero per rispettare il distanziamento personale. «Ancor prima di salire ci è stato distribuito un kit gratuito con mascherina, poggiatesta, guanti, gel igienizzante e lattina d’acqua», racconta Luca, «e vediamo il personale igienizzare continuamente ogni maniglia, pulsante e bottone».
in Calabria c’è chi si è appostato su un ponte a Lamezia Terme (CZ), chi in stazione a Rosarno (RC), chi sulla banchina della stazione di Scilla (RC). Anche nell’ultimo chilometro verso la stazione di Reggio Calabria, il Frecciarossa è stato accolto da curiosi e passanti. In silenzio, in attesa di qualche suono premonitore. Un sibilo, un fischio. La Freccia arriva, pochi istanti, e riscompare. «Questo treno è lunghissimo», dice un bambino al padre, «ho contato 12 carrozze». Sugli Etr 500, i Frecciarossa di Trenitalia, le carrozze sono 11. Ma sui Torino-Reggio Calabria è stata aggiunta la dodicesima per consentire
una maggiore capienza dei convogli e, al tempo stesso, rispettare il distanziamento a scacchiera fra i posti a sedere. Se viaggiare in treno non fosse semplicemente bello non resteremmo a occhi aperti ogni qual volta dal finestrino appare il mare della Calabria, la natura selvaggia del Cilento, il sole di Napoli e il fascino di Bologna. Viaggiare sul collegamento AV più lungo d’Europa, 1.266 chilometri da Nord a Sud del Paese, è come scattare una lunghissima panoramica dell’Italia. Benvenuti, insomma, sul treno della ripartenza, benvenuti sul Frecciarossa Torino-Reggio Calabria.
© Giuseppe Tommaso/AdobeStock
Nuove norme introdotte con l’emergenza Covid-19, ma che non hanno cambiato la natura dei viaggi in treno. Il treno è sicuro, affidabile, sostenibile. Green. «È bello», dice Giada, 22 anni, studentessa a Milano. E questa è forse la parola giusta. Il treno è semplicemente bello. Può sembrare un aggettivo banale, generico. Pane comune per i poveri di vocabolario. Ma in realtà racchiude in sé tutta l’essenza dell’esperienza vissuta. Se non fosse semplicemente bello, sui social non si troverebbero decine di video girati nei primi giorni di vita del nuovo collegamento. Per riprendere i primi passaggi del Frecciarossa
Veduta panoramica di Reggio Calabria 45
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ALLA SCOPERTA DEI TRABOCCHI IN BICICLETTA SUL LITORALE ABRUZZESE, DA FRANCAVILLA AL MARE FINO A SAN SALVO. PER AMMIRARE I “RAGNI COLOSSALI” CELEBRATI DA GABRIELE D’ANNUNZIO Testo e foto di Claudio Di Dionisio [ideatore di Bikelife live your passion]
L’
itinerario ideale per visitare la Costa dei trabocchi parte da Francavilla al Mare (CH), dove arrivo in treno perché all’interno della stazione ferroviaria trovo la Ciclostazione dei Trabocchi, per ritirare la bici prenotata che mi accompagnerà in questo viaggio fra natura, storia e tradizioni, lungo il litorale abruzzese che arriva fino a San Salvo Marina, sempre in provincia di Chieti. L’obiettivo è percorrere i 65 chilometri della Via Verde pedalando sulla ciclopedonale in fase di ultimazione, uno dei tratti della Costa più suggestivi, immerso nella natura. I trabocchi sono costruzioni in legno, simili a 46
palafitte in mezzo al mare, un tempo utilizzati dai cosiddetti traboccanti per pescare, evitando le imbarcazioni. La partenza dalla porta nord della Via Verde mi permette di ammirare il litorale sabbioso di Francavilla al Mare, cittadina che ha ospitato il Cenacolo michettiano, dove il pittore Francesco Paolo Michetti dava alloggio a Gabriele D’Annunzio e ad altri artisti e letterati dell’800. Il percorso che mi avvicina ad Ortona si snoda sul lungomare fino al Foro di Ortona, dove il litorale diventa più aspro e fanno la loro comparsa le prime scogliere. Sono in zona Ripari di Giobbe, un promontorio sotto il qua-
le spunta la prima spiaggia di ciottoli bianchi della Costa dei trabocchi. Proseguo il mio viaggio verso Ortona, che si staglia davanti a me attraverso le forme maestose del Castello Aragonese, con vista a 360 gradi sulla costa e le montagne circostanti, la Majella e il Gran Sasso. Scendo verso il porto e intercetto le prime gallerie che mi riportano sul tracciato costruito lungo la vecchia ferrovia Adriatica. Qui il fondo è molto bello e, proseguendo in direzione sud, arrivo alla Riserva naturale Punta dell’Acquabella, una delle calette più belle e nascoste del litorale. Scendo poi verso il vecchio borgo dei pescatori per riprendere il viag-
gio diretto a San Vito Chietino, dove appaiono i primi “ragni� del mare. Mi fermo a osservarli immaginando i traboccanti intenti nel tirare le reti, mentre le mogli preparavano il pescato su queste palafitte in apparenza poco stabili, ma che invece resistono da anni. E sono solo le prime avvisaglie di quello che mi esplode davanti agli occhi dopo una manciata di chilometri tra San Vito Chietino, Rocca San Giovanni e Fossacesia: mi perdo ad ammirare il paesaggio tra le spiagge di sassi bianchi che donano una luce particolare al mare che le lambisce. La pista mi ha accompagnato silente, con il suo colore verde per le biciclette e blu per i camminatori.
Arrivo a Torino di Sangro, dopo circa 45 chilometri dalla partenza, mi fermo ad ammirare il trabocco Punta Le
Morge e continuo fino a Casalbordino Lido, dove la ciclabile lascia spazio al battuto bianco che preannuncia l’in-
TRENO+BICI La collana dei travelbook Trenitalia si arricchisce di un numero molto atteso dagli amanti delle due ruote: Ciclovie - 20 percorsi ciclabili da raggiungere comodamente in treno, che raccoglie idee di viaggio per ripartire e tornare a godere della natura, del mare, dello sport. Seguendo il criterio delle altre guide, sono state selezionate le piste ciclabili a pochi passi dalle stazioni e i percorsi particolari a poche pedalate dai servizi ferroviari. Il risultato sono 20 itinerari mozzafiato da una media di 20 fino a 180 chilometri, come la Tarvisio-Grado, la Ortona-Vasto, che costeggia il mare nello scenario meraviglioso dei trabocchi, e la Lecce-Squinzano 47
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gresso nella spettacolare costa rocciosa della Riserva naturale di Punta Aderci. Iniziano qui i 13 chilometri più suggestivi dell’intero percorso. Il promontorio regala un panorama unico, tra ciottoli, flutti e montagne abruzzesi sullo sfondo. I colori della zona sono eccezionali, il verde dei prati, il blu del mare, il giallo-arancio della vegetazione, tonalità che cambiano sfumature e atmosfera al tramonto. Continuo il mio percorso guardando in lontananza il faro di Punta Penna, fra trabocchi e oasi marine che mi portano fino a Vasto e a San Salvo, punto di arrivo della Via Verde. Al termine di questo viaggio ripercorro con la mente esperienze vissute,
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persone genuine, luoghi identitari, eccellenze storiche, specialità enogastronomiche. La secolare tradizione marinara trova, infatti, espressione in cucina in una miriade di piatti legati ai prodotti della terra. Questo connubio si manifesta palesemente nella tipica ricetta del brodetto di pesce, risultato della felice e gustosa unione tra pescato e ortaggi, una sintesi pressoché perfetta dell’incontro fra terra e mare rappresentato dallo stesso trabocco, quel “ragno colossale” – come lo definiva D’Annunzio – utilizzato dai contadini per la piccola pesca. Nel calice, il vino ideale è senz’altro il Cerasuolo d’Abruzzo. E qui, naturalmente, tutto diventa più
suggestivo, alla vista e al palato, con i traboccanti del luogo che propongono ad arte menù completi sui 40 euro a persona. La Via Verde è una grande opportunità per il territorio, un mezzo indispensabile per valorizzare i centri abitati, le aree circostanti e l’autenticità di chi le abita. Attualmente, degli oltre 65 chilometri del percorso originario ne sono stati completati circa 40 e i restanti 25 saranno probabilmente ultimati entro l’estate del 2021. Ma i cantieri non si fanno notare e resta un privilegio l’opportunità di soggiornare lungo la Costa dei trabocchi. Arrivando in treno e muovendosi dolcemente su due ruote, respirando natura.
Un tratto della Via Verde dei Trabocchi
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UOMINI E PESCI SULLA COSTA VIOLA, IN UNO SCENARIO LEGGENDARIO, PER SCOPRIRE L’ANTICA TRADIZIONE DELLA CACCIA AL PESCE SPADA di Filippo Teramo - a cura di VdGmagazine
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© Daniele Riefolo
l viaggiatore la Costa Viola riserva sempre delle sorprese. Non può che trattenere un’esclamazione di meraviglia,
consapevole che sta per riscoprire il perpetuarsi di un miracolo della natura. Colori, suoni, sapori di due terre antiche e affascinanti, ricche di storia, miti e leggende: l’Enotria e la Trinacria. Sembra di vivere quasi un’avventura dove all’emozione che nasce alla vista dei verdi terrazzamenti, veri balconi sul mare calabrese, si alterna lo stupore incantato per la seducente suggestione del mare cristallino della costa che guarda le Isole Eolie, obbligato imbocco per lo Stretto di Messina. Scenario naturale in cui ogni anno, da maggio a settembre, si pratica con modalità uniche al mondo la caccia al pesce spada.
La passerella, tipica imbarcazione usata per la caccia al pesce spada 50
a motore che hanno sostituito il luntre a remi, il cui ultimo esemplare è custodito ed esposto in una sala del Castello Ruffo di Scilla. In uno scenario leggendario e mitologico – Omero per primo ne cantò i vorticosi flutti e le tragiche mostruose gesta di Scilla e Cariddi – uomini e pesci sono pronti a ingaggiare un particolare duello. All’alba di ogni mattina inizia la caccia al pesce spada (dal greco - xifías) con le passerelle che rag-
giungono la zona di pesca, divise in “poste” già assegnate. Anticamente, a supportare la battuta di caccia del luntre, gli avvistamenti del pesce pelagico avvenivano da terra, dall’alto dei terrazzamenti della Costa Viola sorretti dai muretti a secco (armacie), oggi Patrimonio Unesco. Si tramanda che furono i contadini i primi ad ammirare gli affioramenti e i salti d’amore della coppia di pesce spada (paricchia), segnalandoli così ai pescatori. Dapprima indicando la
La Costa Viola (RC) e l'imbocco dello Stretto di Messina
© Daniele Riefolo
A maggio l’ambita preda è in amore, passa dallo Stretto nella sua migrazione verso Sud, seguendo la Costa Viola nel tratto tra Villa San Giovanni e Scilla (RC). Risale poi, da inizio luglio, passando invece davanti alla costa di Ganzirri (ME), dove è possibile avvistare anche qualche aguglia imperiale, ed è lì che i pescatori si batteranno in cerca del loro bottino. Oramai sono rimasti in pochi a formare gli equipaggi delle “passerelle”, le tipiche imbarcazioni
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direzione della preda da catturare con lo sventolio di bandiere bianche, poi, nel tempo, con cantilene ritmate che echeggiavano dalla vedetta (bandiaturi) posta a terra. Negli anni la vecchia barca a remi è stata sostituita dalla passerella, che prende il nome dal lungo ponte. Una moderna imbarcazione a motore di 12 metri che solo nel mare dello Stretto è possibile ammirare. La caratteristica passerella – di circa 20 metri di lunghezza – consente al pescatore armato di fiocina (u 'llanzaturi) di catturare l’ambita preda individuata dall’avvistatore di bordo (u falerotu), in piedi sull’antenna alta circa 30 metri e che dirige la rotta con il suo timone ben impiantato in cima. Fantastiche sfide in uno scenario magico. La Costa Viola, incastonata tra vigneti di zibibbo e agrumeti del pregiato limone sfusato, si riflette sulle acque del basso Tirreno reggino, trasformandosi in palcoscenico mentre si perpetua l’incredibile duello tra il pesce spada e l’abile fiocinatore. Entrambi recitano un vecchio copione, sempre lo stesso, antico nella tradizione: l’uomo nel misurarsi in destrezza da pescatore armato di fiocina (u ferru), il pesce nel fuggire alla cattura per continuare a dominare lo Stretto. Un duello per la
© Fortunato Polistena
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Il rito della "cardata da cruci": il pesce spada viene segnato con croci multiple
sopravvivenza, senza contraddizioni di sorta: da un lato sfamare intere famiglie di pescatori, dall’altro salvarsi per mantenere la specie. Una volta preso, il più misterioso dei riti resta la "cardata da cruci": con le unghie si incide la guancia destra del pesce spada lasciando un segno di croce multiplo, come riconoscimento del suo nobile valore di combattente. Dalle squisite carni di ogni splendido esemplare, la gastronomia locale ma anche quella gourmet (ricetta a
© Valentina Catanese
La passerella di 20 metri da cui prende nome l'imbarcazione
pag. 17) propongono piatti con prodotti tipici della tradizione, esaltandone le proprietà organolettiche e valorizzando le produzioni locali senza dimenticare che oggi questa attività, pur pittoresca nel suo genere di pesca, consente di praticare e tramandare l’arte di un mestiere affiancandolo all’attività della pescaturismo, valido supporto economico per un settore in difficoltà. Infatti non è raro trovare a bordo, insieme all’equipaggio, turisti e appassionati armati di macchine fotografiche. Tutto questo si intreccia con l’offerta turistica della Costa Viola, che stupisce con il sentiero del Tracciolino – sette chilometri di percorso, da Bagnara a Palmi, tra pareti di granito a strapiombo sul mare – e con splendide spiagge come quella di Porticello, a Villa San Giovanni, punto di snodo per il transito in macchina o in treno verso la Sicilia; e ancora, Marina Grande e Favazzina nella mitica Scilla, la lunghissima Marinella a Bagnara, la splendida e candida Cala Janculla nel territorio di Seminara, la Tonnara e Pietrenere nella colta Palmi. Acque cristalline e scenari naturali di amori e duelli tra uomini e pesci. La Pesca del Pesce Spada nello Stretto di Messina
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CALABRIA DA OSCAR LE MONTAGNE DELLA SILA, IL POLLINO, L’ASPROMONTE. MA ANCHE LA COSTA TIRRENICA TRA SCILLA E PALMI E QUELLA IONICA TRA CAMINI E RIACE. TUTTI I LUOGHI DELLA REGIONE CHE SONO DIVENTATI UN SET A CIELO APERTO di Elisabetta Reale
Da alcuni anni la Calabria è diventata un vero e proprio set a cielo aperto, scelto da produzioni nazionali e internazionali non solo per la bellezza mozzafiato del mare, ma anche per le sue cittadine, i caratteristici luo-
ghi montani e i Parchi nazionali della Sila e del Pollino, selvaggi e incontaminati. Per far conoscere questo territorio è stato prezioso il lavoro di Calabria Film Commission, nata nel 2006 e
© lisa_L/AdobeStock
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ei borghi incastonati tra montagne e boschi rigogliosi o lungo le coste che accarezzano un’acqua cristallina. Tra volti, storie, tradizioni che si perdono nel tempo.
Orsomarso (CS), dove sono state girate alcune scene della serie Fox Trust 53
© Francesco Farina
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Riprese per il video del brano Il povero Cristo, di Vinicio Capossela
diventata poi Fondazione, che con il suo presidente, Giuseppe Citrigno, a partire dal 2017 ha fatto un repentino cambio di passo, promuovendo e incentivando, anche attraverso una legge regionale (approvata a giugno 2019), la produzione di opere cinematografiche, televisive, web, audiovisive e pubblicitarie italiane ed estere. Dal 2017 al 2020 la Calabria Film Commission ha sostenuto ben 43 produzioni. Pellicole che hanno raccontato una terra di luci e ombre, sogni e speranze, partenze e ritorni,
facendo scoprire luoghi prima sconosciuti al grande pubblico e ottenendo prestigiosi riconoscimenti. Come i due David (regia e montaggio) conquistati nel 2018 da A Ciambra, di Jonas Carpignano, candidato anche all’Oscar come film italiano, interamente realizzato nella periferia di Gioia Tauro (RC), a fermare una pagina di degrado e umanità ferita. Sono poi arrivati altri due David: ai cortometraggi Bismillah (2018) di Alessandro Grande, storia delicata di accoglienza e migrazione girata a Catanzaro, e Inverno (2020) di Giulio
Sul set del film I racconti della domenica, di Giovanni Virgilio, a Serra San Bruno (VV)
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Mastromauro, entrambi prodotti o coprodotti dalla società calabrese Indaco Film di Luca Marino. Grandi protagoniste sono anche le montagne, come la Sila, il Pollino e l’Aspromonte, diventate set di importanti produzioni come Aspromonte. La terra degli Ultimi, film del regista calabrese Mimmo Calopresti tratto dal libro di Pietro Criaco Via dall’Aspromonte (Rubbettino Editore, pp. 222 € 15), che ha scelto le suggestive ambientazioni di Africo (RC) e dintorni. Tra il nord e il sud della Calabria è stato invece girato Padre Nostro, in cui Claudio Noce dirige Pierfrancesco Favino, con riprese sulla costa tirrenica a Scilla e Palmi (RC), in Sila a Lorica e sul lago Arvo (CS), e sulla costa ionica a Camini, Riace (RC) e al castello San Fili a Stignano (RC). Nel Pollino, Michelangelo Frammartino ha girato Il buco, con un cast di 12 speleologi. La provincia di Crotone ha accolto le “scimmie spaziali” di Space Monkeys, il primo lungometraggio del regista crotonese Aldo Iuliano. Le montagne innevate della Sila hanno fatto da cornice a White Flowers thriller visionario di Marco De Angelis e Antonio Di Trapani, ambientato tra Giappone e Italia. Sempre in Sila Gabriele Mainetti ha girato il suo secondo lun-
gometraggio Freaks Out. Tra le produzioni internazionali anche la serie Fox Trust, diretta dal premio Oscar Danny Boyle, sul rapimento di Paul Getty III, con le scene del sequestro girate tra Camigliatello Silano, Civita e Orsomarso (CS). Più a sud invece, nel borgo montano di Serra San Bruno (VV), è ambientato il film I racconti della domenica, diretto da Giovanni Virgilio e con Francesco Montanari. E dalla Calabria, attraverso il cinema, sono stati lanciati messaggi potenti per la legalità. Ne hanno parlato il docu-film Lo Squadrone, sul corpo dei carabinieri addestrato per catturare i latitanti in Aspromonte. Ma anche la fiction con la regia di Giacomo Campiotti Liberi di scegliere, che racconta il progetto del tribunale dei Minori di Reggio Calabria, voluto dal giudice Roberto Di Bella, rivolto ai giovani figli di ‘ndrangheta.
A Riace (RC), luogo simbolo dell’accoglienza, Vinicio Capossela ha deciso di ambientare il video del brano Il povero Cristo. Una linfa che ha permesso alla regione di emergere per le sue bellezze oltre gli stereotipi, valorizzando talenti e professionalità. Un territorio vivace e culturalmente vivo, capace di dire la sua nel panorama del cinema italiano e che ha già pianificato una concreta ripartenza, in sicurezza, dopo lo stop dovuto all’emergenza sanitaria da Covid-19. «Speriamo di poter continuare a regalare sogni sostenendo un settore strategico per la cultura, il territorio e l’immagine della regione», dichiara il presidente della Calabria Film Commission, Giuseppe Citrigno. «Siamo già ripartiti lanciando i nuovi bandi di incentivi pubblici per l’attrazione di produzioni audiovisive, cinematografiche e musicali, nazionali e internazionali. Un percorso per
dare subito nuovo impulso al comparto condiviso pienamente con la Regione Calabria». Per ripercorrere il cinema girato in Calabria vi è anche una preziosa pubblicazione, Cine Tour Calabria. Guida alla Calabria cinematografica (Rubbettino Editore, pp. 200 € 18), a cura di Maurizio Paparazzo e Giovanni Scarfò, che racconta 75 anni di riprese in 185 film. Un viaggio affasciante che conduce, per esempio, a Le Castella e Isola di Capo Rizzuto (KR), luoghi sospesi tra oriente e occidente, scelti da Mario Monicelli per L’armata Brancaleone (1966) e da Pasolini per Il Vangelo secondo Matteo (1964). Ma anche a Riace, dove Wim Wenders nel 2010 ha girato Il Volo, o ad Africo dove Francesco Munzi, nel 2014, ha ambientato Anime nere, tratto dal volume di Gioacchino Criaco, premiato con nove David di Donatello e tre Nastri d’argento. Calabria Film Commission
© Emanuela Scarpa
Padre Nostro di Claudio Noce con Pierfrancesco Favino
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UN CASTELLO DA FAVOL A NELLA TENUTA DEI RICASOLI A BROLIO, TRA LE COLLINE SENESI, PER VIVERE UN’ATMOSFERA MAGICA E INTATTA NEL TEMPO di Andrea Radic Andrea_Radic
«S
andrearadic2019
i chiama porta della campana – dice mostrando la corda che sale fino al tetto
– e la faceva suonare mia nonna per richiamare noi bambini a pranzo. Primo tocco dieci all’una, secondo pochi minuti dopo, e se arrivavi tardi mangiavi la sera. Avevo forse dieci anni». Vivido e dolce il ricordo con cui il barone Francesco Ricasoli torna con il pensiero a uno dei periodi della vita al castello di Brolio, dove è nato e che appartiene alla sua famiglia dal 1141. Qui nacque e visse Bettino Ricasoli, suo quadrisnonno, il “Barone di Ferro”, che fu sindaco di Firenze e secondo presidente del Consiglio nel Regno d’Italia, dopo Cavour. Nel corso del tempo il castello ha subito una travagliata storia di assalti,
guerre e difese. Seppur distante solo 20 chilometri da Siena, Brolio è sempre stato dalla parte di Firenze, per la quale rappresentava un avamposto strategico. Fu raso al suolo e ricostruito, bombardato e restaurato. Ma oggi, come da dieci secoli, continua a dominare le dolci colline, le valli dai mille toni di verde, gli splendidi vigneti fitti e movimentati come onde del mare, che fanno parte dei 1.200 ettari delle tenute Ricasoli, nel cuore del Chianti classico a pochi chilometri da Gaiole. L’atmosfera che si respira a Brolio è davvero unica. Lo è per la storia che vi si rivive, ma anche per qualcosa di ancor più intangibile, eppure molto
Parco e giardini del castello di Brolio (SI)
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Francesco Ricasoli
presente. Il senso di una piccola comunità con la persona al centro della vita quotidiana. In passato il castello univa signori e contadini, artigiani e soldati, era difesa e focolare. Così oggi. Il senso è il medesimo con la
cantina, i 230 ettari vitati, gli uliveti, le case coloniche, la piazzetta con l’Agribar e l’Osteria di Brolio a pochi passi, l’ospitalità diffusa di Villa Agresto e le Agriroom. Luoghi di vita e lavoro dove è molto forte il senso di appartenenza a ciò che la famiglia Ricasoli incarna e dove l’accoglienza è il filo conduttore. «Si tratta di dare qualità sotto ogni punto di vista», spiega Francesco. «Brolio è sempre stato frequentato, già alla fine dell’800: come recita un cartello che abbiamo conservato, si poteva lasciare il cavallo presso la stalla per visitare il castello. Oggi è una meta molto ambita, perché ci si immerge nella natura e si respira aria pulita godendo di buona cucina, ottimi vini e tanta cultura, grazie alle visite tematiche e al piccolo ma interessantissimo museo storico». Nella storia della tua famiglia quando compare il vino? Da sempre. Qui siamo nel cosiddetto
Chianti storico, che comprende oltre a quello di Gaiole, i comuni di Castellina e Radda, a un tiro di piccione da Siena. Brolio è sempre stata la fortezza più importante a difesa di Firenze, città con cui la mia famiglia ha sempre avuto un legame. Noi siamo feudatari legati alla terra, in famiglia qualche vescovo e cardinale, ma soprattutto combattenti, questa era zona di uomini d’arme. Qui il vino, dunque, è sempre stato prodotto, diventando nel corso del tempo un aspetto sempre più importante per l’economia locale. Nel 1722 il duca di Norfolk scriveva a un rappresentante di Brolio a Londra, per assicurarsi ogni mese la consegna di non meno di 20 casse del nostro vino. Poi la grande rivoluzione di Bettino Ricasoli, che il 26 settembre 1872 ottenne il “vino perfetto” che cercava da decenni: Sangiovese, un poco di Cannaiolo e qualche goccia di Malvasia solo per i vini di pronta beva. Era
Ingresso del castello di Brolio
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La sala da pranzo del castello
nata la ricetta del Chianti classico. Nel 1993 inizi a occuparti direttamente dell’azienda. Un percorso affascinante ma difficoltoso, un periodo di investimenti, per il rifacimento dei vigneti e l’introduzione di un approccio più contemporaneo, pur mantenendo l’eredità dei Ricasoli: la ricerca quasi ossessiva del miglioramento e dell'impronta stilistica che oggi troviamo nei nostri Chianti classico, riserva e gran selezione, e nei cru da singolo vigneto, massima espressione della conoscenza del territorio, come il Colledilà Sangiovese in purezza e il Colleferro 100% Merlot. Lo stile è anche un valore che si ritrova nei dettagli dei luoghi di Brolio. La quiete caratterizza l’agriturismo Villa Agresto, una casa immersa nel verde delle colline in un piccolo boschetto con sguardo a perdere sui vigneti. Oppure l’Osteria di Brolio, accogliente e d’atmosfera sia negli interni dai toni chiari del legno sia nella zona esterna all’ombra dei pini. Qui, da poche settimane, lo chef Luca Aprea guida una
cucina concreta ed elegante che porta in tavola il territorio con un tocco di esperienza dalla sua Ischia. L’orto è a pochi passi dalla cucina e alcuni selezionati produttori locali aggiungono gusto e stagionalità alle ricette. Da non perdere una sosta all’Agribar “frizzato” negli anni ‘60: arredi, oggetti, vecchi poster, una bicicletta, persino la macchina del caffè risale a quell’epoca, seppur restaurata per un servizio moderno. Tutto è dedicato all’Eroica, la manifestazione ciclistica d’epoca che ogni anno richiama a Gaiole in Chianti migliaia di partecipanti dai quattro angoli del mondo (in programma a ottobre, domenica 4 a Gaiole e domenica 25 a Buonconvento la Nova Eroica). Sopra l’Agribar, con vista sulla piazzetta, quattro camere appena terminate consentono di vivere il passaggio dei ciclisti in prima fila. «L’Eroica è una grande idea di Giancarlo Brocci, gaiolese appassionato», sottolinea Ricasoli, «una festa che richiama oltre ottomila partecipanti. La salita al castello sulla strada bian-
ca, come chiamiamo noi lo sterrato, è davvero suggestiva: i primi la percorrono ancora al buio, prima dell’alba, illuminata dalle fiaccole». Il maniero ospita anche il piccolo ma irrinunciabile museo di famiglia, alcune stanze dedicate a momenti e fatti della storia dei Ricasoli. Dalle armi appartenute loro nel corso dei secoli e utilizzate per segnare il destino di quelle terre, alla stanza del Risorgimento dedicata alla figura di Bettino Ricasoli e quella successiva riservata alla visita di Vittorio Emanuele II. Poi i bellissimi giardini esterni e la cappella di San Jacopo con la cripta di famiglia. A Brolio, dunque, si va per tornare indietro nel tempo ma anche per godere di un’accoglienza attenta e contemporanea. E, se capita di incontrarlo, per fare due chiacchiere con il barone Francesco Ricasoli. ricasoli1141 ricasoli1141 ricasoli1141 Ricasoli1141 59
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IL CAMMINO INTERIORE A PIEDI SULLE TRACCE DI SAN BENEDETTO, DA NORCIA A MONTECASSINO, IN 16 TAPPE. PER UN’ESPERIENZA UMANA DIFFICILE DA DIMENTICARE di Valentina Lo Surdo ValuLoSurdo
valentina.losurdo.3 ilmondodiabha ilmondodiabha.it
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os’è un cammino? Venite a fare il San Benedetto e poi ne parliamo. Difficile da spiegare se non si vive di persona un’avventura che non è passeggio né trekking, dove nemmeno la somma di straordinari elementi che vi concorrono – quali natura, storia, cultura, tradizioni – danno il risultato finale di cosa sia veramente un percorso come questo. Un’esperienza forgiata, prima di tutto, da quanti, camminatori e ospiti, la interpretano. Nel venire, nel passare, nel decidere di restare. Il cammino, insomma, perché non sia semplicemente “un” cammino, è prima di tutto un racconto umano, corale. E il San Benedetto è unico proprio per questo. Nello scenario arcaico di un’Italia minore che scorre solo a poche
© Antonio de Carolis
L'Abbazia di Montecassino (FR)
Tappa dopo tappa, un percorso a contatto con le rupi e le grotte, gli eremi e i boschi, in autentico spirito benedettino 60
© Tommasino Marsella
manciate di chilometri dalla Capitale, si snoda un itinerario che lascia un’impronta indelebile, segnato non soltanto dal passaggio dei pellegrini ma anche da chi li accoglie. E così il tratto distintivo del San Benedetto è l’opera, giorno dopo giorno, di un gruppo di persone che si sono conosciute nella concomitanza geografica del tragitto, scoprendosi amiche nella condivisione del medesimo intento. Sono quanti si prendono cura dei 305 chilometri che descrivono la rotta del monaco nato a Norcia (PG), intorno al 480, e morto a Montecassino (FR) il 21 marzo 547. Un tracciato che cuce alcuni tra i paesaggi meno noti di Umbria e Lazio, attraversando i luoghi dove ha vissuto il fondatore dell’ordine benedettino. Ma andiamo per gradi e ripercorriamo i dati essenziali del percorso ispirato all’autore della famosa Regola e del celebre motto “Ora et labora”. Nato da un’intuizione di Simone Frignani, uno dei costruttori di cammini più noti a livello internazionale e autore di guide bestseller per Terre di Mezzo, prende forma da un cambio di passo nella sua vita. Cresciuto nel mondo scout e laureato in biologia, nel 2009, dopo un pellegrinaggio sul Monte Athos, si laurea anche in teologia, diventa insegnante di religione e si immerge nello studio cartografico che in tre anni avrebbe dato vita al San Benedetto. Ne escono 16 tappe a piedi, con una media di 20 chilometri al giorno e un impegno medio quotidiano di cinque, sei ore, tra i 400 e i mille metri di quota, percorribile da tutti perché Simone, nel costruirlo, si è messo nelle gambe dei camminatori. La segnaletica, indicata da una B giallo-crociata, è infallibile, tuttavia le tappe si possono seguire anche su tracce GPS, disponibili sul sito camminodibenedetto.it. Immancabile, poi, l’appuntamento quotidiano con il timbro della credenziale, il passaporto del pellegrino sul quale viene certificato il passaggio nei luoghi del Cammino e che dà diritto a ricevere il Testimonium una volta giunti a Montecassino. Da un punto di vista storico, il tracciato è sviluppato sull’asse di tre tappe cardine: la città natale di San Benedetto, Norcia, quindi Subiaco (RM), dove fondò i primi monasteri, e infine Montecassino, presso la cui monumentale Abbazia il Santo morì e dove tuttora è accolto il suo sepolcro. Oltre a questi luoghi di straordinaria suggestione spirituale, il Cammino ha il pregio di raggiungere numerosi borghi di un’Italia vicina ma remota, cornice ideale per un viaggio che diventa, tappa dopo tappa, un percorso interiore di contatto con le rupi e le grotte, il verde scuro dei boschi e i luoghi di romitaggio che restituiscono l’autentico spirito benedettino. Come gli eremi nei pressi di Roccasecca, vuoti colmi di preghiera nascosti nelle pareti rocciose a precipizio sulle gole del fiume Melfa, «nel segno di un uomo che cercò un ritiro prima ancora di creare una comunità», spiega Frignani. E, ancora, sullo sfondo di una natura indomita, dai boschi dei monti Reatini alla Ciociaria senza tempo, fino alle riserve naturali del Monte Navegna e del Cervia, dei Monti Lucretili e dei Simbruini, appaiono e scompaiono altre fonti di luce fondamentali nella storia della spiritualità occidentale. Il Sacro Speco di San Francesco, a Poggio Bustone (RI), la Cascia (PG) di Santa Rita, che guarda dirimpetto lo scoglio
Gole del Melfa, Roccasecca (FR)
di Roccaporena nei cui pressi si praticavano culti pagani risalenti a un passato remoto, il Santuario della Foresta, dove San Francesco compose il Cantico delle Creature, la Certosa di Trisulti, l’Abbazia di Casamari e Roccasecca (FR), città natale di San Tommaso d’Aquino. Punto di luce di tutto il percorso, l’ascesa alla Casa di Preghiera di San Biagio dove, poche centinaia di metri sopra l’abbagliante vista del Sacro Speco di Subiaco, un gioioso gruppo di suore salesiane conduce una vita in connessione radicale con la natura e i suoi ritmi, in una dimensione di isolato splendore dal quale l’indomani, zaino in spalla, sarà difficile congedarsi. Tutt’intorno a questo silenzioso incanto, fluiscono le vicende individuali e la storia collettiva del Cammino. Quello che Simone non poteva prevedere è che fin dalla sua creazione, nel 2012, questo itinerario avrebbe cementato un territorio eterogeneo, messo in relazione persone e dato vita a una vera e propria famiglia di amici, «perché la gente che vi partecipa crede nel progetto, ne ha fatto una scelta di vita». Il cammino si 61
© Paolo Sbraga
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Subiaco (RM)
nutre così di essenzialità, frugalità e sincera generosità: la porta sempre aperta ad accogliere, la fiducia nel pellegrino che arriva a qualsiasi ora. Diventa metafora per chi si affida alla vita, lungo una via che ogni sera saprà riportarti a casa. «Il cammino nasce dal cuore e cresce nel cuore», prosegue Simone. «Per questo è un’avventura di uomini e donne che accolgono i pellegrini non da clienti, ma come se ogni sera entrassero a far parte di una nuova famiglia». Il frutto più prezioso seminato da Frignani, infatti, non è soltanto l’aver portato migliaia di persone a percorrere questo tragitto di anno in anno, o aver contribuito in maniera significativa a rivitalizzare territori secondari rispetto alle arterie principali del turismo: il risultato più importante di questo progetto è l’associazione Amici del Cammino di San Benedetto. Sono i referenti di ogni tappa che, con le loro case, agriturismi o B&B, si prendono cura, molto oltre il dovuto, della manutenzione del tratto a loro afferente, del passaggio di ogni pelle-
© Mirko Pradelli
Lago del Turano (RI)
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grino e, soprattutto, di diffondere la cultura del cammino. Offrendo ospitalità a basso prezzo o persino a libera offerta, che quasi sempre comprende anche una cena in casa, oltre alla prima colazione. «Li vado a trovare costantemente, da otto anni a questa parte percorro il Cammino per intero almeno una volta l’anno. Ogni tappa racconta una storia che merita di essere ascoltata, a cui si aggiunge sempre un nuovo capitolo». È così da Giusi e Andrea a Norcia, da Piera e i suoi figli al Colle del Capitano, da Francesco a Ruscio (PG), da Cristina e Sandro a Leonessa (RI). E, ugualmente, da Rita a Rieti, da Mauro e Antonella a Le Querce di Tara nei pressi della Foresta (RI), da Alice e Federico a Colle Berardino (RI), da Rita a Castel di Tora (RI). Ancora, lo spirito del cammino raggiunge Maurizio e Simonetta a Orvinio (RI), Marzia e Fabio a Mandela (RM), Luisa a Trevi nel Lazio (FR), Ivana e Giorgio a Collepardo (FR), Roberto e Marina ad Arpino (FR), dov’è impensabile non andare a trovare Carlo alla Trattoria del Corso.
© Simone Frignani
Infine, Tommaso e Immacolata, con Angelo che ti svela le grotte, a Roccasecca. Sono loro gli interpreti fondamentali del San Benedetto, gli amici che ogni pellegrino incontrerà sulla sua strada e con cui entrerà in contatto fin da quando riceverà a casa la credenziale e tutte le informazioni essenziali prima di partire. «Il cammino è dei pellegrini e di chi accoglie i pellegrini. Come ripete sempre Mauro a Le Querce di Tara, c’è un Mondo di Sopra e un Mondo di Sotto. Al Mondo di Sopra appartiene chi ha fatto suo il messaggio del cammino. I camminatori stanno letteralmente cambiando il mondo, offrendo una visione più elevata della vita, seguendo il ritmo dei propri passi», si emoziona Simone. «Perché questo non è camminare per camminare, è andare avanti per creare una nuova coscienza». Gruppo Cammino di San Benedetto
Terre di Mezzo pp. 171 € 18
Strada romana, Cassino (FR)
© Simone Frignani
Camminando verso Santa Maria del Piano, Orvinio (RI)
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ARCIPELAGO FOSSILE A CORTINA UNA MOSTRA EN PLEIN AIR IN CUI L’ARTE SI FONDE CON IL PAESAGGIO. PER RIPERCORRERE IL PASSATO GEOLOGICO E STORICO DELLE DOLOMITI di Cecilia Morrico
Federico Tosi Untitled (Manila shell) (2019) Cemento Collezione privata
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MorriCecili
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onchiglie, organismi marini, tracce preistoriche, ma anche un seme alieno proveniente da una lontana galassia. Sembra un romanzo di science fiction, invece sono le Dolomiti d’Ampezzo, invase dalle opere degli artisti Alessandro Ferri (Dado), Federico Tosi, T-yong Chung. Dal 25 luglio al 2 novembre, a Cortina d’Ampezzo (BL) prende il via la prima edizione della rassegna Sentieri d’arte, con il progetto Arcipelago fossile curato da Fulvio Chimento e Carlotta Minarelli. Due gli itinerari da esplorare, Pian de ra Spines e Gores de Federa (aperto agli escursionisti nel 2019), in cui la storia geologica delle Dolomiti diventa protagonista dell’avventura. Tutta l’area, prima di formarsi per orogenesi con la faglia africana, costituiva infatti un oceano caldo dotato di una nutrita barriera corallina, caratteristica che queste montagne condividono solo con l’Himalaya. Un paesaggio molto diverso rispetto a
Federico Tosi PLATOON (2020) Installazione ambientale, dimensioni variabili, calcestruzzo pigmentato Courtesy l’artista
quello attuale, riconosciuto patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, che iniziò a formarsi circa 240 milioni di anni fa, nel Triassico, in un’epoca in cui la vita sulla Terra si stava riprendenAlessandro Ferri (Dado) Lettera "O" il suono sordo del tarassaco (2020) Legno e ferro Courtesy l’artista
do dopo un’imponente estinzione di massa. Nell’Oceano Tetide, da cui ha avuto origine l’attuale mar Mediterraneo, crescevano edifici carbonatici, fabbricati in milioni di anni da esseri viventi chiamati bio-costruttori: ricci di mare, spugne, alghe, coralli e molluschi vivevano colonizzando le alture dei fondali marini. Da questo viaggio archeologico prende il nome Arcipelago fossile, che per Chimento costituisce una sfida molto stimolante: «L’obiettivo è stato quello di realizzare una mostra d’arte pubblica dal taglio sperimentale, un progetto site-specific integrato con il contesto ambientale, ma anche con la comunità di Cortina. Ci siamo volutamente tenuti lontani dall’idea di re-
A CORTINA CON TRENITALIA Con l’orario estivo di Trenitalia aumentano i collegamenti per trascorrere una vacanza immersi nella natura e in completo relax. Grazie ai FRECCIALink si possono visitare le zone incontaminate e le località più gettonate del Nord Italia, come Madonna di Campiglio, Cortina d’Ampezzo, la Val Gardena, la Val di Fassa e la Val di Fiemme. Visitare Cortina è possibile anche grazie alla soluzione intermodale treno regionale+bus che prevede 18 collegamenti per la Regina delle Dolomiti. trenitalia.com 65
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alizzare un percorso legato alla Land art, considerando quella splendida stagione definitivamente conclusa, e nello stesso tempo abbiamo accuratamente evitato di incentivare meccanismi di spettacolarizzazione dell’arte, come avviene abitualmente in questo tipo di contesti». Arcipelago fossile, continua il curatore, «nasce da un’approfondita conoscenza del paesaggio umano legato a questa parte delle Dolomiti. Solo successivamente è stato possibile elaborare un progetto espositivo che mira alla creazione di un rapporto diretto tra le opere plastiche e l’essenza di luoghi carichi di fascino e di fascinazioni». Attraverso il percorso en plein air, infatti, arte e natura T-yong Chung, Sento qualcuno… (2020) Resina Courtesy Renata Fabbri arte contemporanea
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si integrano: le installazioni sono pensate come ritrovamenti accidentali, si manifestano improvvise muovendo nello spettatore la sorpresa e la meraviglia che regalano un crepaccio, uno scorcio mozzafiato o una cascata. Il bosco, come un tempio, accoglie e preserva le idee degli artisti e svolge un ruolo di nutrimento per la comunità intera. Nello sviluppo delle opere, ciascun artista si è concentrato su uno dei regni biologici del creato. Tosi affronta l’aspetto fossile, proponendo lavori che rimandano a reperti provenienti da un passato contaminato di contemporaneità. Ferri (Dado) si misura con la componente vegetale, creando imponenti installazioni realizzate con abeti abbattuti dai fenomeni atmosferici che ricordano la forma del fiore di tarassaco. T-yong Chung
Sentiero di Gores de Federa, Cortina d’Ampezzo (BL)
si occupa della sfera umana connessa alla componente intellettuale e spirituale, realizzando ritratti-maschere di filosofi e ricercatori che hanno influenzato a vario titolo il tempo presente. Gli interventi risultano mimetici rispetto al contesto naturale, determinando momenti di scoperta e aggregazione per il pubblico lungo il sentiero, una sorta di piazze naturali in cui le sculture favoriscono il raccoglimento interiore del visitatore. L’esperienza quasi mistica porta fuori dal tempo ma meglio comunque munirsi di scarpe comode, perché non va dimenticata la componente alpinistica della zona. La valorizzazione del territorio e della comunità è infatti l’altro aspetto importante del progetto che vede la collaborazione con il Liceo artistico di Cortina e l’istituzione Le Regole d’Ampezzo, «senza il cui appoggio ed entu-
siasmo non saremmo riusciti a realizzare la mostra», afferma Carlotta Minarelli dell’Associazione Controcorrente, che ha curato la rassegna con Chimento. «Il Liceo ha una storia importante e il suo contributo è visibile lungo il sentiero di Pian de ra Spines, dove le opere dell’artista Dado seguono una serie di installazioni realizzate dagli studenti. Le Regole d’Ampezzo sono un’istituzione di origine medievale che possiede gran parte del territorio della conca. La cura con cui questa proprietà condivisa viene preservata, gli usi e le tradizioni delle Regole costituiscono un mondo affascinante tutto da scoprire». Esattamente come i due sentieri su cui si svolge questa nuova esperienza immersiva. Associazione Controcorrente Bologna
UNA MONTAGNA DI LIBRI Incontrare i propri autori preferiti all’ombra di un cirmolo, nel cuore delle Dolomiti. Scoprire libri che emozionano, capire qualcosa in più del tempo complesso che stiamo attraversando. Sono le esperienze che per l’estate 2020 di Cortina d’Ampezzo offre Una Montagna di Libri, festa internazionale della letteratura che compie 11 anni. Inaugurata da Steven Pinker, docente di psicologia ad Harvard e autore di Illuminismo adesso (Mondadori, pp. 636 € 40), la kermesse porta in quota protagonisti del pensiero e della scienza come David Quammen, Andrea Crisanti, Vincenzo Venuto, Paolo Landi, Michael Jakob. Ma anche dello spettacolo come Linus, che il 10 agosto racconterà il suo romanzo Fino a quando (Mondadori, pp. 120 € 17) e grandi narratori tra cui Cathleen Schine, Gian Arturo Ferrari, Michele Masneri, Mahsa Mohebali, Lorenzo Sassoli, Antonio Monda. Non mancano giornalisti come Maurizio Molinari, Elisabetta Rosaspina, Marina Valensise, Bruno Vespa, Paolo Mieli, oltre ai finalisti del Premio Campiello – Patrizia Cavalli, Sandro Frizziero, Francesco Guccini, Remo Rapino, Ade Zeno –e all’atteso vincitore del Premio Strega. Diretta da Francesco Chiamulera, Una Montagna di Libri è un’esperienza interattiva che in tempi di Covid-19 diventa anche un canale di incontri in streaming da Cortina, su Facebook e YouTube. Ogni giorno un evento. unamontagnadilibri MontagnaDiLibri unamontagnadilibri 67
© Marco Alpozzi/LaPresse
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IL PIACERE DI SCIVOLARE IN FRECCIAROSSA CON SOFIA GOGGIA, MEDAGLIA D’ORO OLIMPICA DI DISCESA LIBERA CHE HA DA POCO RIPRESO CON ENTUSIASMO L’ATTIVITÀ SPORTIVA SULLE VETTE ITALIANE
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Andrea_Radic
andrearadic2019
giugno ha finalmente rimesso gli sci ai piedi allo Stelvio, per tutto il mese. «Tornare sulla neve è stato fantastico, a sciare, scorrere, scivolare, la parola più bella che ci sia, composta da “sci” e “volare”». Sofia Goggia, bergamasca, medaglia d’oro olimpica di discesa libera a Pyeongchang 2018 – l’Italia non la vinceva dal 1952 con Zeno Colò – e campionessa mondiale nella stessa disciplina, inizia così a raccontare la ripresa dell’attività che affronta carica e positiva. Stato d’animo attuale? Sono tranquilla e serena, dopo una cauta ripresa, ades-
so c’è un rinnovato entusiasmo, voglia di fare e lavorare. Desidero tornare al top. Con quali obiettivi? Per una sportiva del mio livello lo scopo è quello di tornare a vincere. Personalmente, voglio prima ritrovare una sciata veloce, ma solida e consistente, con la quale i risultati saranno una conseguenza naturale. Adesso voglio a andare a letto ogni sera dicendomi che ho lavorato bene e sono soddisfatta di me. Ti attendono sacrifici. Non mi piace parlare di sacrifici ma di scelte e, quali
© Moro Francesco/LaPresse
di Andrea Radic
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che siano le proprie, comportano sempre la rinuncia a qualcosa. Non esiste successo senza rinuncia. Preferisco soffermarmi sulle scelte compiute, senza le quali non avrei potuto raggiungere i miei traguardi, piuttosto che pensare a ciò che mi manca. Quale rapporto hai con il viaggio? Innanzitutto è una dimensione della professione, quindi posso descrivere a memoria le piste da sci in Polonia o in Corea, ma non ho mai visitato una città. Il nostro lavoro è recarci nella località sciistica e dare il meglio di noi scendendo sulle piste. Poi, devo dire che amo molto il mese che passiamo in Argentina ad allenarci, a Ushuaia, luogo spettacolare in Patagonia, nella Terra del Fuoco. Una terra che per me non ha segreti e di cui sono innamorata. Ci ho passato un anno della mia vita e la conosco quasi meglio di Bergamo, dove sono nata. Ushuaia mi è entrata nel cuore, la prima volta avevo 16 anni, appena arrivata in Nazionale, nella fase in cui tutto è nuovo e bello e hai negli occhi tanta curiosità e voglia di vivere ogni singolo momento con grande entusiasmo. Mi piace svolgere il mio lavoro di preparazione nell’altro emisfero, mi dà una grande tranquillità che non provo in Europa, più vicina a casa ma con ritmi frenetici. Là posso davvero concentrarmi al meglio: allenamenti, pane e
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sci, motivando me stessa e chi lavora con me. Viaggi in treno? Molto spesso sulla tratta Milano-Roma. È sempre una bella sensazione viaggiare stando fermi e potendosi dedicare ad altro. Spesso ascolto musica o audiolibri, come fossi a casa, senza stress. Godendo del bellissimo paesaggio che scorre all’esterno, in particolare mi piace quando il treno attraversa le colline dell’Italia centrale, prima di raggiungere Roma. Se tornassi bambina, quale sarebbe il profumo della tua infanzia? Oltre a quello della neve, che in pochi sanno percepire, è quello dell’alta montagna, un insieme di erba secca, piante che fioriscono, mirtilli, ma anche sterco. Un profumo che senti solo in alta quota, perfettamente descritto da Paolo Cognetti nel suo libro Le otto montagne (Einaudi, pp. 208 € 18,50): leggendolo ho sentito gli stessi profumi di quando salgo nella mia baita in Val d’Aosta, a 2.600 metri, senza elettricità né acqua corrente. Il mio luogo del cuore. Sofia-Goggia goggiasofia iamsofiagoggia
bigfive.it
L’estate me la (s)passo al MUSE perché… Scrivici il tuo perché sui nostri canali social @musetrento @museomuse e scopri il programma al Museo delle Scienze di Trento e nelle sue sedi in Trentino
MUSE - Museo delle Scienze www.muse.it
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L’Orto del MUSE è sostenuto da Novamont, Menz & Gasser, Azienda Agricola Orto Mio Il Museo Geologico di Predazzo è sostenuto da Leitner Ropeways e da Montura Il MUSE riapre in sicurezza grazie a Nuova Sapi, Digital Technologies, Germo, Solimene Forniture Industriali
© Fondazione Accademia Nazionale di Santa Cecilia
TRIBUTE
L’OCCASIONE
PERDUTA
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È QUELLA DI CHI NON HA POTUTO ASCOLTARE DAL VIVO EZIO BOSSO, IL DIRETTORE D'ORCHESTRA, COMPOSITORE E PIANISTA (PER CASO) CHE HA FATTO DELLA PASSIONE PER LA MUSICA LA SUA MISSIONE PERSONALE di Valentina Lo Surdo valentina.losurdo.3 ValuLoSurdo ilmondodiabha ilmondodiabha.it
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he Ezio Bosso stesse combattendo da anni lo sapevamo bene. Quello che non si sapeva così bene era fino a che punto fosse coraggioso. Stringeva i denti e andava avanti, anche quando la sofferenza sarebbe stata insostenibile per chiunque. Secondo quello che gli era stato detto, sarebbe dovuto morire anni fa. Invece le parole e i pronostici, persino il dolore fisico, svanivano, il tempo di sollevare in aria la bacchetta. Il desiderio di musica era la sua forza e la malattia poteva attendere. Pure, sapevamo bene che Ezio era un musicista capace di contattare personalmente il cuore della gente. Quello che la gente, il suo pubblico, milioni di spettatori davanti a Che storia è la musica, la serata evento andata in onda su Rai3 a giugno e a dicembre 2019, probabilmente non ha saputo è che il mondo della classica, e dei critici musicali in particolare, faticava ad accogliere il nome
di Bosso accanto a quelli dei grandi direttori d’orchestra del nostro tempo. Come se essere popolari, persino troppo popolari, fosse un demerito a discapito della qualità artistica. Certamente ciò che piace al popolo non sarebbe necessariamente piaciuto a Beethoven. Ma Ludwig in persona avrebbe amato Ezio, perché era un musicista vero. Ma in cosa è stato davvero grande? Regola numero uno: non chiamatelo pianista, non ricordatelo al pianoforte. Lui stesso si considerava pianista per caso, un dilettante, insomma. Semmai era un contrabbassista, strumento che aveva studiato per anni e su cui si era fatto le ossa, con ottimi risultati. Poi c’era Ezio il compositore, tra l’altro prolificissimo, che ha scritto pagine indimenticabili: se ci siamo emozionati con il film Io non ho paura è stato anche grazie alla sua colonna sonora. Ma, al di là di questo, Ezio Bosso era prima di tutto un grande direttore d’orchestra e così vorrebbe essere ricordato. Aveva un dono straordinario per l’analisi e l’apprendimento delle partiture, le ricordava tutte a memoria sino ai più reconditi pentagrammi che facevano l’insieme, e infatti dirigeva sempre senza spartito. Aveva un’incrollabile dedizione: curava personalmente la revisione delle parti che distribuiva ai professori d’orchestra, segnando con la matita le arcate, una ad una. Ed era capace di coinvolgere i musicisti, come anche i suoi collaboratori, nel suo rapporto immersivo con la musica, in cui sempre di più al pronome “io” prediligeva un autentico “noi”. Il noi di una famiglia musicale, che sceglie di provare fino a quando ce n’è bisogno, di condividere il tempo della vita insieme. Nella sua capacità di comunicare e coinvolgere tutti, Bosso era un affabulatore straordinario, incantava con la scelta di parole precise e originali, il tempo che prendeva per esporre un pensiero non era mai troppo né
poco, semplicemente giusto a fare arrivare tutto quello che doveva arrivare. Per Alessia Capelletti, una delle donne più esperte nel mondo della musica classica che definire semplicemente la press agent di Bosso è davvero riduttivo, lavorare con Ezio ha significato raggiungere «l’utopia professionale, dove la passione per la musica diventa tutt’uno con la missione personale». Ma allora perché questo titolo al mio ricordo di Bosso – l’occasione perduta – se è riuscito a fare e donare così tanto, malgrado la lotta costante contro lo scadere precoce del tempo? Perduta è stata l’occasione di chi non lo ha ascoltato dirigere, di chi lo ha giudicato senza sentirlo dal vivo, ma anche di chi considera la musica un elemento accessorio e non primario dell’educazione, della cultura e ancor più sostanzialmente della vita di ogni essere umano. Al pari dei beni di essenziale necessità. «Ecco – prosegue la Capelletti – avremmo potuto condividere con Ezio il riconoscimento di quest’arte che non è intrattenimento bensì monumento, come la Cappella Sistina. Certamente Ezio Bosso è morto per il male che lo affliggeva da tempo, ma la musica era il suo elisir e gli allungava, giorno per giorno e in modo quasi miracoloso, la linea del tempo. Nei mesi prima di morire, tutte le sue forze si sono concentrate a elaborare un protocollo su come poter lavorare in sala di registrazione e sul palco dal vivo, nel rispetto delle norme sul distanziamento. Ci ripeteva che rischiavamo di diventare la prima generazione umana senza musica. Ne aveva fatto un pdf, da distribuire a tutti, perché fosse applicato da qualsiasi artista: lo sconosciuto e il famoso, l’amatore e il professionista». Affinché la gigantesca orchestra dei musicisti italiani, in tutti i rivoli delle sue infinite declinazioni, potesse far sentire sempre il suono, oltre le parole.
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TRIBUTE
INDIMENTICABILE L’INTEGRITÀ, IL CARISMA, LA FORZA, L’ORIGINALITÀ. EZIO BOSSO NEL RICORDO DI QUATTRO AMICI, CON CUI HA CONDIVISO LAVORO E QUOTIDIANITÀ di Gaspare Baglio
gasparebaglio
RELJA LUKIC
[PRIMO VIOLONCELLO DEL TEATRO REGIO DI TORINO]
«È riuscito a far capire la musica anche a chi non aveva gli strumenti per comprenderla»
«A
veva un acume musicale e intellettuale. Una visione molto ampia del mondo e della vita, che riportava nella sua arte, nella sua musica. Questo gli donava un’energia straordinaria. E la sua forza era un lato predominante: riusciva a farci tirare fuori aspetti che non pensavamo di avere». Con queste parole il violoncellista Relja Lukic descrive Ezio Bosso. Un rapporto lavorativo e di amicizia iniziato nel 2008, quando Ezio ha diretto l’Orchestra del Teatro Regio di To-
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rino. «Dovevamo registrare le sue musiche da film e stava scrivendo anche la prima sinfonia che mi ha visto come violoncello solista». Il musicista non ha dubbi circa l’eredità che l’artista ha lasciato a tutti noi: «È molto importante, per vari aspetti. Il più specifico riguarda l’originalità dei suoi pezzi per strumenti ad arco. In senso più ampio, la sua musica è una sintesi interessante. E un modo che ha trovato, da compositore contemporaneo, di trattare con la tradizione, senza rinnegarla.
Più in generale ancora, come direttore è riuscito a far capire la musica anche a chi non aveva gli strumenti per comprenderla. Cosa che ha sempre fatto nei concerti, invitando a un ascolto partecipato, lasciando liberi gli spettatori di applaudire quando ne avevano voglia. Desiderava abbattere il muro creato nel ’900 tra palcoscenico e pubblico, voleva uno spazio comune. Dovrebbe essere da esempio e insegnamento». teatroregiotorino TeatroRegio
«Ha avuto una gigantesca capacità: raccontare al mondo come la musica fosse, da sempre, la sua ragione di vita»
DAVID ROMANO
mento. Da lì è rimasto un intenso rapporto di amicizia, soprattutto per una questione caratteriale». Il violinista David Romano ricorda così il primo incontro con il compositore torinese, ospitato più volte nella rassegna siciliana Villa Pennisi in Musica ad Acireale (CT), di cui è direttore artistico, che quest’anno si tiene dal 1° al 14 agosto. Per Romano, «Ezio ha avuto una gigantesca capacità: raccontare al
© Fabio Ianniello
«H
o conosciuto Ezio 25 anni fa, quando era nel pieno della sua attività contrabbassistica. Ci siamo ritrovati in un complesso d’archi per una tournée tra l’Africa e la Spagna. Nel tragitto in bus tra Girona e Barcellona una nostra amica si era dimenticata il violino sull’autobus ed Ezio – che parlava correntemente tre lingue – è riuscito a convincere la società di trasporti a tornare indietro per restituire lo stru-
© Fabio Ianniello
[PRIMO DEI SECONDI VIOLINI DELL’ACCADEMIA NAZIONALE DI SANTA CECILIA E SPALLA DELLA EUROPEAN PHILARMONIC ORCHESTRA]
mondo come la musica fosse, da sempre, la sua ragione di vita. Era uno dei migliori contrabbassisti della sua generazione, autore di colonne sonore pluripremiate, riempiva teatri e stadi provocando, nelle persone, sempre la stessa reazione». Bosso ha continuato a dirigere senza sosta, con «eroismo e dignità, senza far mai percepire i dolori della malattia. Ma, anzi, facendo sì che il pubblico scoprisse la musica come elemento di gioia e forza». Il violinista ricorda poi che l’artista ha «costruito una sua filarmonica per fare musica come, quando e quanto piaceva a lui. Con dinamiche completamente diverse dalle altre: siamo tutti amici che hanno passato ore anche semplicemente a ragionare su una battuta. Queste cose si fanno quando c’è un idem sentire. Bisogna ricordarsi cosa ha fatto Ezio e portarlo avanti. È faticoso, in una società iperpersonalizzata come la nostra, sarebbe più facile se ci fosse lui come leader. Fortunatamente, però, il messaggio che ha lasciato ha attecchito in tanti». david.romano.921 dav_romano 75
TRIBUTE
GRAZIA VERASANI
[SCRITTRICE]
«Aveva un carisma naturale, amava le persone semplici e non si piangeva addosso. E poi era un grande cuoco, la sua insalata russa era favolosa»
«E
zio era un rivoluzionario che, come tutti i rivoluzionari, non piaceva a parrucconi e burocrati. Aveva le sue visioni e non scendeva a compromessi: la musica era la cosa più importante. Consapevole del proprio valore, aveva un’idea molto disciplinata della musica: oltre al talento, il vigore di
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una ricerca continua. Cercava integrità rispetto alle proprie scelte, alle proprie idee». La scrittrice Grazia Verasani descrive così Ezio Bosso, cui era legata da una profonda amicizia, tanto che l’esergo del suo nuovo libro Come la pioggia sul cellofan (Marsilio, pp. 176 € 15) ha una frase del romanzo Novembre, di Gustave
Flaubert, che le aveva consigliato proprio il direttore d’orchestra e compositore. Dopo essersi sfiorati più volte, l’incontro ufficiale è stato nell’estate 2014: «Da lì non ci siamo più lasciati. Sono stati sei anni potenti, di condivisione: con lui era molto facile discutere del mondo, era una persona illuminante. Qui a Bologna aveva quella che definiva la sua famiglia disfunzionale. Era molto legato a questa città, anche se la politica, ultimamente, l’aveva un po’ tradito». Una figura unica, che fa sentire la sua mancanza nei ricordi: «La quotidianità, gli aperitivi in piazza Santo Stefano, l’umorismo, le battute fulminee con cui capivo che mi conosceva a memoria. Ezio aveva un carisma naturale, amava le persone semplici e non si piangeva addosso. E poi era un grande cuoco, la sua insalata russa era favolosa». Un ultimo pensiero va a quello che il compositore lascia come eredità per tutti noi: «Trasformava il lavoro musicale in una forma di affettività, amava talmente una cosa da farla amare anche agli altri». grazia.verasani
«Vorremmo ancora molto da Ezio. Per l’umanità, la professionalità, lo studio, l’approfondimento»
ALESSANDRA ABBADO
[PRESIDENTE DELL’ASSOCIAZIONE MOZART14]
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o incontrato Ezio nel 1993, a Ferrara, quando mi occupavo della rassegna Ferrara Musica. Lui suonava il contrabbasso nella Chamber Orchestra of Europe. Ricordo la sua allegria, la vitalità». Così Alessandra Abbado parla di Ezio Bosso: «Era se stesso con tutti, con il cuore e le sue giuste esigenze da direttore d’orchestra. Una delle cose più importanti per lui, dopo il contrabbasso, era dirigere. Ne sono la prova i Carmina Burana all’Arena di Verona e i concerti in sedi prestigiose come l’Accademia nazionale di Santa Cecilia». La presidente dell’associazione Mozart14 è convinta che la grandezza di Bosso sia stata quella di «aprire al pubblico tutte le sue prove per fare capire come costruire un brano, lavorare un passaggio o un movimento di una sinfonia, come limarlo e ottenere il suono che si desidera. La parte espressiva arriva dopo un duro lavoro. Ha fatto amare Beethoven, Bach, Čajkovskij a persone che non si erano mai avvicinate alla musica classica». Infine, un pensiero velato di nostalgia: «Vorremmo ancora molto da Ezio. Per l’umanità, la professionalità, lo stu-
dio, l’approfondimento. Era una figura particolarmente dotata, anche di gran cuore. Non a caso è stato scelto come testimonial di Mozart14 per portare avanti i progetti di Casa Abbado.
Meglio di lui non potevamo scegliere nessuno. C’erano rapporti di amicizia, scambi di sintonia e di energia. È stato sempre tenace, fino all’ultimo». mozart14APS
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FESTIVAL
PESARO ON STAGE LA CITTÀ MARCHIGIANA SI PREPARA A UN AGOSTO DI RINASCITA, CON IL ROSSINI OPERA FESTIVAL E LA MOSTRA INTERNAZIONALE DEL NUOVO CINEMA di Bruno Ployer Teatro Rossini
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composto nelle sue parti principali da Carlo Lepore (Tobia Mill), Dilyara Idrisova (Fanny), Davide Giusti (Edoardo Milfort), Iurii Samoilov (Slook). La regia di Laurence Dale è stata adattata per rispettare le norme anti-Covid: sul palcoscenico i cantanti rimangono distanziati, nessuna effusione tra i due innamorati Edoardo e Fanny, né confronti ravvicinati tra Tobia e Slook, i contraenti del patto che vorrebbe la giovane Fanny promessa sposa dell’anziano e sorprendente Slook. Naturalmente le novità riguardano anche il pubblico, che siede solo nei palchi: uno spettatore per loggia, a meno che non si tratti di congiunti, per una capienza massima complessiva di 200 persone. In platea c'è l’orchestra, sezione fiati compresa, ben distanziata e senza mascherina. Assieme a questo spettacolo, viene proposta anche la cantata Giovanna d’Arco, interpretata da Marianna Pizzolato. L’ultima recita, quella del 20 agosto, è trasmessa gratuitamente in streaming sul sito web del festival e proiettata in piazza del Popolo, come è tradizione per la serata con-
clusiva della manifestazione. Nel grande spazio al centro di Pesaro, che ha ospitato in passato concerti di Luciano Pavarotti, Montserrat Caballé e tante altre stelle della lirica, sono in programma, il 12 e il 15 agosto, due date del Viaggio a Reims, messo in scena ogni anno nell’ambito dell’attività dell’Accademia Rossiniana Alberto Zedda. Stavolta il cast è composto da ex accademici che hanno già avviato una carriera internazionale e l’Orchestra Sinfonica G. Rossini è diretta da Giancarlo Rizzi. Sempre in piazza del Popolo sono in cartellone sei concerti tenuti da alcuni tra i principali interpreti rossiniani di oggi: Olga Peretyatko (9 agosto), Nicola Alaimo (10), Jessica Pratt (14), Juan Diego Flórez (16), il trio di buffi Alfonso Antoniozzi, Paolo Bordogna e Alessandro Corbelli (18), Karine Deshayes (19). Giusto il tempo di allestire lo schermo in piazza e il 22 agosto si parte con la 56esima edizione della Mostra internazionale del nuovo cinema, che come sempre si concentra sui linguaggi innovativi e i giovani
© Luigi Angelucci
i prepara un agosto straordinario di musica e cinema a Pesaro. Dopo i lutti e l’emergenza causati dal Covid-19, che ha colpito duramente anche la città marchigiana, il mese culminante dell'estate porta con sé come segnale di ripresa due tradizionali rassegne artistiche, che quest'anno si mettono in fila nel calendario: dall’8 al 20 il Rossini Opera Festival (ROF), dal 22 al 29 la Mostra internazionale del nuovo cinema. Entrambe le manifestazioni attirano abitualmente un gran numero di appassionati, studenti e addetti ai lavori e quest'anno, rispettando le norme di sicurezza, il centro di gravità è l'ampio spazio di piazza del Popolo, che diventa una platea all'aperto con palcoscenico e grande schermo. La 41esima edizione del ROF debutta però nel Teatro Rossini, con La cambiale di matrimonio, una farsa del grande compositore pesarese. L’opera è diretta da Dmitry Korchak, al suo debutto sul podio del festival, alla guida dell’Orchestra Sinfonica G. Rossini e di un cast
Incontro con Bernardo Bertolucci, presso Cinema Sperimentale - 47esimo Pesarofilmfest (2011) 79
FESTIVAL
autori, senza dimenticare i maestri della settima arte. Piazza del Popolo, il Teatro Sperimentale, Palazzo Gradari e la spiaggia ospiteranno eventi, proiezioni, tavole rotonde e incontri, sempre nel rispetto delle norme sanitarie per pubblico e lavoratori. «È un’edizione speciale, che quest’anno accoglie lavori di ogni formato e durata, non solo di autori e autrici esordienti», dice il direttore Pedro Armocida. La Mostra ricorda Zagor, alias Mirko Bertuccioli, il cantante dei Camillas scomparso a 46 anni per il Covid-19,
© Guido Baviera/AdobeStock
Piazza del Popolo, Pesaro
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con il concerto iniziale, il 22 agosto in piazza del Popolo. Una serata in cui le canzoni del gruppo saranno interpretate da protagonisti dell’indie italiano, come Calcutta, Lo Stato Sociale e molti altri. I Camillas si sono fatti conoscere anche nella trasmissione tv Italia’s Got Talent per il loro pop surreale e avrebbero dovuto curare Il muro del suono, la sezione sperimentale di cinema e musica che da molti anni chiude a mezzanotte le giornate del festival. Per questa edizione della Mostra l’evento speciale, in collaborazione con il
Centro Sperimentale di Cinematografia, è dedicato al regista Giuliano Montaldo, che nel 2020 ha compiuto 90 anni. Nella sua lunga carriera ha diretto pellicole come Sacco e Vanzetti, L’Agnese va a morire, Il giocattolo, I demoni di San Pietroburgo e, oltre alla retrospettiva dei suoi film, l’omaggio di Pesaro prevede una tavola rotonda e una pubblicazione monografica. RossiniOperaFestival pesarofilmfest rof_pesaro pesarofilmfest rossinioperafestival
FESTIVAL
ESTATE FIESOLANA T IL TEATRO ROMANO DELLA CITTÀ ALLE PORTE DI FIRENZE, CON I SUOI DUEMILA ANNI DI STORIA, TORNA A OSPITARE LA RASSEGNA DI MUSICA, CINEMA E TEATRO di Flavio Scheggi
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Teatro Romano di Fiesole (FI) 82
ullio Solenghi, Neri Marcorè, David Riondino, Maurizio Lombardi, Dario Vergassola, Lella Costa, Alessandro Benvenuti, Claudio Bisio. Sono solo alcuni degli artisti nel cartellone della 73esima edizione dell’Estate Fiesolana. Un susseguirsi di concerti, eventi teatrali e proiezioni cinematografiche fino al 18 settembre al Teatro Romano di Fiesole (FI). Tre le serate dedicate a Decame-
ron - Un racconto italiano in tempo di peste, scritto da Sergio Maifredi, quasi a voler sfatare il periodo che stiamo attraversando. Il testo, tratto dall’originale di Giovanni Boccaccio, ispirato dall’epidemia di peste scoppiata a Firenze nel 1348, va in scena il 9 luglio con Roberto Alinghieri, il 23 con Tullio Solenghi e il 6 agosto interpretato dalla coppia Dario Vergassola e David Riondino. Lella Costa, invece, è sul palco il 30
nale Toscana e dal Trio Jazz. Il 22 va in scena la cantante Tosca, con il suo album Morabeza, mentre per due giorni le più belle colonne sonore dei cartoni animati rivivono in versione sinfonica grazie all’Orchestra Toscana Classica nel concerto Walt Disney Fantasy. Il 14 è in programma l’omaggio allo scrittore Cileno Luis Sepúlveda, scomparso il 16 aprile, con Lucho e Noi di Ginevra Di Marco. Ad agosto il Teatro Romano si trasforma, invece, in cinema all'aperto grazie a una rassegna di tre settimane curata dalla Fondazione
Stensen. A settembre è di nuovo la volta di teatro e musica. Lunedì 7 è in cartellone Alessandro Benvenuti con Panico ma rosa (dal diario di un non intubabile), mentre venerdì 18 Claudio Bisio e Gigio Alberti chiudono l’Estate Fiesolana con la lettura-spettacolo tratta dal romanzo di Federico Baccomo Ma tu sei felice?. I biglietti sono in vendita a posto unico non numerato e la capienza del teatro è prevista per un massimo di 380 posti, per mantenere la corretta distanza. bitconcertifanpage Bitconcerti bitconcerti
FESTIVAL DELLE COLLINE
© Luca Bruno/AdobeStock
luglio con la Vedova Socrate, per la regia di Franca Valeri. In questo luogo unico, costruito tra l’inizio del I secolo a.C. e i primi del I d.C., immerso nel verde ma a pochi passi dalla piazza principale della città, ben raggiungibile con i mezzi pubblici dal centro di Firenze, non mancano gli spettacoli musicali. Parte Neri Marcorè, il 15 luglio, con Le mie canzoni altrui, mentre domenica 19 la musica di Lucio Battisti è protagonista di Mya Canta Battisti, con la voce del mezzosoprano Mya Fracassini accompagnata dal Quintetto di Ottoni dell’Orchestra Regio-
Due appuntamenti ogni sera con la musica d’autore in luoghi suggestivi. Questa la novità per l’estate 2020 del Festival delle Colline. La storica kermesse organizzata dal Comune di Poggio a Caiano (PO), con il supporto di Prato e Carmignano, offre concerti a ingresso libero che hanno come protagonisti cantautori illustri. A fare da palcoscenico luoghi d’arte, ville e spazi incantevoli nei tre comuni. Nuova la formula: due ospiti (insieme) e due live a sera, alle 19 e alle 21.30, per poter accogliere il maggior numero di spettatori in piena sicurezza. A dare il via alla rassegna, il 5 luglio a Villa Il Cerretino di Poggio a Caiano, il cantautore partenopeo Gnut tra folk inglese, canzone napoletana, blues e afro col duo Ooopopoiooo. Martedì 7, sempre a Poggio a Caiano, nel chiostro della Chiesa di San Francesco a Bonistallo, c’è Tricarico in versione acustica accompagnato da Joe Barbieri. Il cantautore indie Paolo Benvegnù, invece, va in scena l’8 luglio alla Villa Medicea di Artimino con Alessandro Fiori. Chiude il 10, al Museo Pecci di Prato, Stefano "Edda" Rampoldi che presenta il nuovo album Fru Fru insieme all’ex leader del gruppo 24 Grana, Francesco Di Bella. S.G. festivaldellecolline festivaldellecolline festivaldellecolline
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FESTIVAL
MONTEPULCIANO AD ARTE DAL 23 LUGLIO AL 2 AGOSTO LA CITTÀ TOSCANA ACCOGLIE MUSICISTI, STUDENTI E ARTISTI DA TUTTO IL MONDO PER IL CANTIERE DIRETTO DA ROLAND BÖER di Francesca Ventre - f.ventre@fsitaliane.it
© Henryk Sadura/AdobeStock
Piazza Grande, Montepulciano
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iapre il 23 luglio il 45esimo Cantiere Internazionale d’Arte, dal titolo Caos e creazione. L’appuntamento è a Montepulciano, tra le colline senesi e in sette comuni limitrofi. Un luogo che ogni anno è difficile lasciare, alla fine di un’esperienza che cambia il volto della cittadina di ottomila abitanti, invasa pacificamente da migliaia tra allievi e musicisti. Ad accompagnarci idealmente sul culmine della collina, fino in piazza Grande, scenario principale delle
esibizioni, è il direttore artistico della manifestazione, Roland Böer. Qui, fino al 2 agosto, si riprende a suonare e a recitare dal vivo, dopo mesi di stop e incertezza per tutto il mondo dello spettacolo. «È un’esplosione di emozioni condivisa da tutti», confida Böer, «questa è la mia 12esima edizione, la sesta e anche l’ultima come direttore artistico. Ne sento la responsabilità, mista alla gioia di poter unire ancora una volta, nonostante il momento, professionisti, giovani e pubblico. Sono felicissi-
fa ha rivisitato l’opera di Vivaldi come spunto di riflessione sulla salvaguardia ambientale. Nel concerto di chiusura, invece, eseguo Promethée - Le poème du feu, un’installazione di luce con musiche di Alexander Skrjabin, autore russo che associava le note ai colori. Mentre suono, da solo, la piazza si illumina di blu fino ad assumere il chiarore del cielo a mezzogiorno». Alla musica si affiancano anche performance di prosa. Marco Tullio Giordana debutta il 1° agosto con un testo teatrale, Fuga a tre voci, che ha come protagonisti Alessio Boni e Michela Cescon. «La scena», spiega Giordana, «è concepita come la buca di un’orchestra, con leggii e sedie. Entrano i tre interpreti, inizia uno scambio di corrispondenza e si compone il mosaico di una relazione straordinaria». Laura Fatini, regista di Meta(à) - A volte uno si crede incompleto ed è soltanto giovane, propone una rilettura di Italo Calvino, il 23 luglio al Castello di Sarteano, uno degli altri comuni toscani
coinvolti. «L’ispirazione viene da Il Visconte dimezzato e dall’osservazione delle reazioni degli abitanti di Terralba quando arriva la metà del Visconte partito in guerra. Così, come si è aperto il corpo di Medardo, si aprono anche le vite di tutti i cittadini ed escono le paure, gli amori, le incertezze», racconta Fatini. «Questo testo nasce ben prima dei tragici fatti del 2020, ma allestirlo in una forma che privilegia il suono, le voci e i gesti che cercano di annullare la distanza fisica tra attori e pubblico dà all’opera un significato più profondo». Il teatro, infatti, imita la vita reale e a volte è profetico. «Non bisogna dimenticare – conclude la regista – che per primi sono stati gli attori a indossare la maschera. E, se diamo retta a Pirandello, non è una novità che ciascuno di noi la indossi tutti i giorni senza necessità di decreti». cantiere.darte cantieredarte fondazione_cantiere
Roland Böer, direttore artistico del Cantiere internazionale d'arte
©Michele Vino
mo che sia stato possibile realizzare il Cantiere». Un laboratorio sempre attivo che trova il suo culmine nelle giornate estive. «Non a caso il termine è stato scelto dal fondatore, il compositore tedesco Hans Werner Henze, 45 anni fa», spiega il direttore, «per stimolare la vita culturale nel paese. Si tratta di una collaborazione continua in cui siamo tutti insegnanti e tutti allievi». È lo stesso Böer a inaugurare l’edizione 2020, con la direzione dei Solisti Aquilani, il 24 luglio. Si inizia con Le Chaos di Rebel, una composizione di accordi dissonanti. «Seguono, a contrasto, le Quattro stagioni. Al mio fianco il violino solista, Daniele Orlando, che anni
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FESTIVAL
SIENA IN MUSICA © pillerss/AdobeStock
DAL 5 LUGLIO AL 3 SETTEMBRE, I CONCERTI E LE OPERE DEL CHIGIANA INTERNATIONAL FESTIVAL & SUMMER ACADEMY. CHE QUEST’ANNO IRROMPE ANCHE ONLINE
Il Duomo di Siena 86
© Chigiana International Festival
Chiostro di Torri a Sovicille (SI)
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a musica arriva dappertutto. E sul web è ormai di casa. Ma, soprattutto in questo periodo di convivenza con il virus, l’espansione virtuale diventa una dimensione necessaria per ogni evento live. Così l’edizione 2020 del Chigiana International Festival & Summer Academy, dal 5 luglio al 3 settembre a Siena e online, «irrompe con orgoglio nelle piazze ma anche nelle case di tutti», per dirlo con le parole di Nicola Sani. Il direttore artistico dell’Accademia Chigiana non ha perso il suo entusiasmo in questi mesi claustrofobici e non esita a definire l’evento da lui curato come «una boccata d’aria». Il festival, che quest’anno si intitola OurSounds. Music over the distance, ha due anime – una live con 18 eventi a Siena e provincia, un’altra online con 22 spettacoli – e contiene anche un progetto speciale. Inaugurazione dal vivo, il 5 luglio in piazza del Duomo, con lo spettacolo Io ho un sogno dedicato a Luis Sepúlveda, vittima del Covid-19. La performance accompagna gli spettatori in un percorso creato da due voci, che evocano gli scritti dell’autore cileno, e da una danzatrice. Molto attuale anche La serva padrona di Giovanni Battista Pergolesi, in
programma il 6 agosto all’interno del progetto Chigiana Operalab. Questo intermezzo buffo fu ideato nel 1733 quando, in una Napoli flagellata dalla peste, il compositore incontrò mille difficoltà nel reperire interpreti e nella messa in scena. Da lì, però, nacque un capolavoro di semplicità unica e uno dei brani musicali più eseguiti nel ’700. Da segnalare in cartellone, il 1° agosto, il concerto finale del Corso di Direzione d’Orchestra tenuto da Daniele Gatti, nell’ambito degli eventi legati all'attività della Summer Academy Chigiana, l’unico percorso di alto perfezionamento nel settore a livello internazionale. Quest’anno i giovani interpreti si misurano con un repertorio che va da Mozart al XX secolo e con le limitazioni dovute alle norme anti-Covid: sul palco solo una ventina di archi ma probabilmente senza fiati. La proposta di fruizione in digitale prevede 22 spettacoli divisi tra sei opere rappresentate di rado e 16 concerti attinti per la prima volta dagli archivi dell’Accademia senese. Sulla web radio ChigianaRadioArte vanno in onda anche 32 appuntamenti con gli interpreti storici raccolti sotto il titolo di Legends on air. Completa il festival Beyond the silence - Musica nel tempo della
pandemia, progetto dedicato alla creatività in condizioni di costrizione, pensato per comprendere l’influenza del lockdown su compositori, performer, artisti sonori e sound designer. E valutarne le tracce che lascerà nella memoria musicale del futuro. F.V. AccademiaChigiana Chigiana Chigiana
CORTONA ON THE MOVE Compie dieci anni il festival internazionale di visual narrative Cortona On The Move. Che festeggia con un’edizione speciale, dall’11 luglio al 27 settembre, dedicata a The COVID-19 Visual Project , una piattaforma online che vuole diventare un archivio sul mondo durante il Covid-19. A documentare questo momento storico foto, video, testi e suoni organizzati in sette capitoli tematici, dall’emergenza sanitaria al vuoto urbano, dal lockdown all’economia, dalle ferite inferte alla società alla rivincita della natura fino alla nuova normalità. Molti di questi progetti saranno esposti durante la rassegna, tra la storica fortezza del Girifalco e Palazzo Capannelli. M.G. 87
FESTIVAL
A TEMPO
DI J A UN PAESINO NEL NORD DELLA SARDEGNA E LA MUSICA COME MOTORE PER RIPARTIRE. DAL 9 AL 16 AGOSTO, A BERCHIDDA, TORNA IL FESTIVAL DI PAOLO FRESU CHE HA COME TEMA L’ANIMA
© Roberto Cifarelli
di Gaspare Baglio
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Sì, è una tematica cara al nostro festival, seguito da quasi 35mila persone. Abbiamo una mensa a chilometro zero, utilizziamo materie che non contengono plastica, riflettiamo sull’imbottigliamento dell’acqua. E tutti i concerti – a eccezione di quelli nella location principale – sono alimentati con energia solare. A questo proposito, chi ascolteremo in piazza del Popolo? Apro io, poi ci sarà Rita Marcotulli col trio italiano, anche se avrebbe dovuto partecipare con un bellissimo progetto su Caravaggio, assieme ad artisti internazionali. Si esibirà la cantante Cristina Zavalloni, sentiremo il Voodoo Sound Club di Guglielmo Pagnozzi con Roy Paci. E le Connections suonate da Fabrizio Bosso e Rosario Giuliani. Che mi dici, invece, degli concerti nei comuni circostanti? Ci saranno la voce di Karima e il pianista e fisarmonicista Antonello Salis, che quest’anno compie 70 anni. E poi tanti altri della mia etichetta discografica. Da non perdere Daniele Silvestri con un progetto dedicato a Fabrizio De Andrè. Il tema di quest’anno è l’anima. È quella parte interna degli strumenti ad arco che serve per trasferire il suono e non farne implodere la struttura. Inoltre in Sardegna, quando una famiglia accoglie qualcuno come ospite, si dice che questa persona viene presa “a figlio d’anima”. I 100 Cellos avrebbero dovuto abitare nelle case dei paesani. L’idea che i violoncellisti sarebbero andati tra le famiglie del luogo ricalcava quel concetto, sottolineato dal fatto che ci entravano con uno strumento dotato di anima. Questa cosa non è stata possibile per rispettare il distanziamento, ma il tema ci è sembrato ugualmente molto attuale in questo momento. timeinjazz timeinjazz timeinjazz
paolofresuofficial paolofresureal © Archivio Time in Jazz
onostante i tempi segnati dall’emergenza sanitaria, dal 9 al 16 agosto torna Time in Jazz, il festival che anche quest’anno è pronto a inondare Berchidda (SS) e i comuni limitrofi con 60 eventi, 150 musicisti, presentazioni di libri, mostre, progetti green e per bambini. Ce ne parla il trombettista Paolo Fresu, organizzatore della kermesse nel suo paese natio. Quando hai deciso di confermare l’evento? Nella mia testa anche un po’ prima dell’apertura decisa dal premier Giuseppe Conte. Volevamo dare un segnale positivo. È una sfida coraggiosa e a noi il coraggio non manca. A cosa avete dovuto rinunciare? Non vedremo il sassofonista statunitense Archie Shepp, una delle icone del jazz, e i 100 Cellos, i violoncellisti capitanati da Giovanni Sollima con Enrico Melozzi. Per il resto il programma è confermato al 90%. Il minimo comun denominatore di questa edizione? L’italianità, per ovvi motivi. E questo non ci dispiace: può diventare una vetrina per talenti meno conosciuti. Qualche novità? I concerti nella piazza principale saranno doppi, visti gli spazi ridotti del 35% per rispettare le restrizioni sanitarie. Gli artisti faranno due live per dare l’opportunità a un pubblico più vasto di partecipare. E cercheremo di accontentare tutti anche con uno streaming. Ci sono anche momenti dedicati ai più piccoli… Sono appuntamenti mattutini e pomeridiani curati dagli artisti Debora Mancini e Daniele Longo, che preparano una serie di progetti dedicati all’infanzia, in un luogo all’aperto, coinvolgendo anche le famiglie. Stefano Baroni, invece, darà vita a un drum circle, laboratorio di brani in tempo reale, mentre Danilo Mineo e Roy Paci lavoreranno su un programma dedicato a musica e ambiente, che svilupperemo anche nelle scuole, a settembre. E proprio al tema green voi siete molto affezionati…
Un concerto di Time in Jazz 2019 a piazza del Popolo, Berchidda
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IL POTERE DELLA GUARIMBA PER GLI INDIOS VENEZUELANI IL TERMINE SIGNIFICA “POSTO SICURO”. AD AMANTEA, SULLA COSTA COSENTINA, INDICA UN FESTIVAL INTERNAZIONALE CHE PROPONE LA VISIONE DI 160 CORTOMETRAGGI CON TUTTE LE PRECAUZIONI di Luca Mattei - l.mattei@fsitaliane.it
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ella lingua degli indios venezuelani per indicare un posto sicuro si utilizzava un termine specifico: guarimba. E se è un posto sicuro ciò che state cercando per quest’inedita estate 2020, ad alta protezione a causa del Covid-19, potete optare per Amantea, sulla costa cosentina, dove dal 7 al 12 agosto, nel Parco della Grotta a pochi passi dalla stazione, si applaude ai cortometraggi dell’ottava edizione de La Guarimba International Film Festival. Ma qual è il legame tra cinema, Venezuela e Calabria? La risposta è nella persona di Giulio Vita, direttore artistico e fondatore della manifestazione. Nato in Italia, si è presto trasferito a Caracas, dove è stato sequestrato dalla polizia per aver partecipato alle proteste contro Hugo Chávez come “guarimbero”, termine derivato da guarimba, che nel frattempo, per una stravagante evoluzione linguistica, ha assunto il significato di barricata. Dopo quest’esperienza Giulio va a Madrid per studiare Cinema e conosce Sara Fratini, illustratrice venezuelana, oggi co-direttrice del Festival. Dal loro incontro nasce l’idea di questo progetto cinematografico che si concretizza nel 2013 ad Amantea, il paese dei nonni di Giulio dove i due ragazzi si 90
erano trasferiti un anno prima. Qui gli abitanti hanno una certa familiarità con le migrazioni: dopo la Seconda guerra mondiale molti amanteani hanno cercato una nuova vita nelle Americhe, tornando poi in alcuni casi alle origini. Non c’è da sorprendersi, quindi, se il giovane proprietario del bar della stazione, luogo fondamentale nella comunità locale per acquistare i biglietti dei treni, vi riceve con un accento spagnolo, anche lui di origini venezuelane. Un’accoglienza calorosa che accomuna molti cittadini, a conferma di quel che scrisse Cesare Pavese, confinato in Calabria: «La gente di questi paesi è di un tatto e di una cortesia che hanno una sola spiegazione: qui una volta la civiltà era greca». Un’eredità di culture ancora oggi in atto, in varie forme. Quest’estate certo non farà scambiare calorosi abbracci, ci si dovrà accontentare di un saluto con il gomito e un sorriso negli occhi, porzioni preziose di un volto nascosto a metà dalla mascherina.
G iulio Vita
© Yuriy Brykaylo/AdobeStock
Amantea (CS)
seconda generazione, Americania, con corti girati a New York, alcuni durante il lockdown e in anteprima mondiale, e Karmala, che dà visibilità alla settima arte dell’Africa sub-sahariana. «La Guarimba non propone un cinema che soddisfa lo spettatore come fa la tv, ma uno che lo sfida e lo stimola», spiega Vita. «Offriamo contenuti che possono essere piacevoli o sgradevoli ma che in ogni caso invitano alla riflessione e creano dibattito». La rassegna di quest’anno sarà sicuramente insolita a causa della pandemia, più ristretta e controllata, con concerti e laboratori ridotti e masterclass solo online. Gli organizzatori assicurano il distanziamento e la disponibilità di mascherine, gel disinfettanti e termometri digitali. Per godersi senza preoccupazioni la magia del cinema. La Guarimba, ancora una volta, è un posto sicuro. laguarimbafilmfestival La_Guarimba laguarimba Una delle proiezioni al Parco della Grotta di Amantea, edizione 2018
© Marta La Faro
Così mi accoglie anche Giulio Vita, raggiunto mentre è alle prese con la preparazione del festival, alla vigilia di un viaggio di lavoro verso Roma con treno regionale e Freccia. Il quartier generale de La Guarimba, sede dell’omonima associazione culturale, è l’emblema della kermesse: all’esterno una costruzione di vecchia data, come se ne vedono tante nei paesi del Sud Italia; all’interno un innovativo spazio di lavoro in cui l’italiano si mescola a lingue straniere. Un’anima glocal che si esprime da un lato nel legame con il territorio, dall’altro nello sguardo verso realtà internazionali. La missione della manifestazione è «riportare il cinema alla gente e la gente al cinema, perché dagli anni ‘60 agli ‘80 il grande schermo è stato un pezzo dell’estate di Amantea», racconta Vita, «con le proiezioni nell’Arena Sicoli che attiravano spettatori da tutta la costa tirrenica. Noi vogliamo riproporre il cinema come rito collettivo e atto sociale, prestando attenzione all’esperienza e non solo al contenuto». La risposta locale fin dall’inizio è stata entusiasta, sia come parte attiva nell’organizzazione, sia come pubblico, con un evento che in sette anni ha registrato circa 25mila spettatori da tutta la regione, oltre che dal resto d’Italia e dall’estero. La forza di questo festival è infatti la capacità di uscire dagli schemi della piccola realtà di provincia per proiettarsi in una dimensione globale. Il team degli organizzatori è composto da giovani di Spagna, Belgio e Senegal, italiani con natali in Venezuela o Sri Lanka. Gli stagisti che si sono succeduti negli anni, spesso grazie al Progetto Leonardo, abbracciavano i Paesi più diversi, dal Giappone fino alla Slovenia. L’edizione 2020 viene realizzata grazie al patrocinio del Parlamento Europeo, oltre al sostegno di MiBACT, ambasciate di Stati Uniti, Germania, Paesi Bassi, Svezia e Australia, Istituto Culturale Coreano, Rappresentanza del Governo delle Fiandre in Italia e Forum Austriaco di Cultura Roma. Internazionale anche l’offerta cinematografica: in sei giornate si proiettano oltre 160 cortometraggi girati in 54 Paesi di tutti i continenti. Le opere sono state selezionate tra 1.160 iscritte e divise in sei categorie: Fiction, Animazione, Documentario, Film Sperimentali, Videoclip e La Grotta dei Piccoli, per gli spettatori junior, in collaborazione con Unicef Italia. Fuori concorso tre sezioni dedicate a temi attuali: MigrArti, sugli italiani di
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FESTIVAL
SIRACUSA PER VOCI SOLE RIMANDATE AL 2021 LE PRODUZIONI CLASSICHE. MA IL TEATRO GRECO RIPARTE IL 10 LUGLIO CON UNA RASSEGNA SPECIALE INAUGURATA DA NICOLA PIOVANI di Elisabetta Reale
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ercorsi fra miti antichi e musica contemporanea per tenere accesa la fiaccola del teatro. Con Inda 2020 Per voci sole, la Fondazione Istituto Nazionale del Dramma Antico di Siracusa ha voluto
© ArTo/AdobeStock
Il Teatro Greco di Siracusa
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regalare al pubblico un programma speciale. A inaugurarlo, il 10 luglio con replica l'11, il premio Oscar Nicola Piovani con L’isola della luce, dramma musicale dedicato al dio Sole, Apollo, su libret-
to di Vincenzo Cerami con la partecipazione di Tosca e Massimo Popolizio. Domenica 30 agosto un’altra prima assoluta: l’opera dell’artista rumeno Mircea Cantor The sound of my body is the memory of my presence. In mezzo,
Nicola Piovani
il 17 luglio gli intensi monologhi di Lunetta Savino con Da Medea a Medea, il 25 Lella Costa con un omaggio ai 100 anni di Franca Valeri e alla sua Vedova Socrate, il 1° agosto Luigi Lo Cascio con Aiace, l’8 Laura Morante con Fedra, Antigone, Clitennestra e Lena, il 22 Isabella Ragonese e Teho Teardo con Crisotemi. A illustrare la rassegna il sovrintendente dell’Inda, Antonio Calbi. Un’iniziativa speciale come segno di presenza, resistenza e ripartenza? Antonin Artaud, uno dei padri della ricerca teatrale del ’900, definiva l’attore «un atleta del cuore» che, grazie al suo talento e al suo training, mette in moto le emozioni. A causa della pandemia abbiamo dovuto spostare al 2021 le tre produzioni classiche (Le Baccanti, Ifigenia in Tauride e Le Nuvole), ma con il Consiglio d’amministrazione abbiamo deciso di tenere comunque aperto il Teatro Greco: un gesto fortemente simbolico perché il teatro è il primo social che l’uomo si è inventato, è un rito sociale, culturale, antropologico, un’esperienza di conoscenza che va condivisa. Come dice lei, perseguire con caparbietà la nostra missione, ovvero produrre fatti culturali legati al patrimonio antico, è un gesto di presenza, resistenza,
ripartenza. Inda c’è e continua a far parlare le opere che con le loro storie e parole hanno ancora molto da dirci. Un fil rouge legato al mito e ai grandi classici. Come nasce il programma? Inda basa i propri bilanci sulla vendita dei biglietti e potendo fare entrare soltanto 480 spettatori su cinquemila posti abbiamo optato per proposte particolari, create appositamente per Siracusa. Abbiamo scelto interpreti che non hanno mai recitato sulle sacre pietre del teatro scolpito nella roccia, di 2.500 anni, e testi ispirati alla mitologia classica ma riscritti da autori del ’900, come Marguerite Yourcenar e Ghiannis Ritsos o il nostro Antonio Tarantino, che potessero dialogare con la musica dal vivo. Come cambia il rapporto col pubblico, in tempi di distanziamento fisico? Abbiamo fatto di necessità virtù, invertendo le parti: sul palcoscenico siedono gli spettatori, sulla cavea recitano gli attori e suonano i musicisti. Il distanziamento e tutte le norme di protezione sono garantite. Il rischio è pari allo zero anche perché gli dei, felici di non vedere il loro Teatro chiuso, vigilano su tutti noi. «E gli spettacoli vengono trasmessi in diretta e in differita dal sito web della
Fondazione», sottolinea il consigliere delegato dell’Istituto Nazionale per il Dramma Antico, Marina Valensise, così «le voci dell’Inda raggiungeranno gli spettatori di tutto il mondo». fondazioneinda Fondazione_Inda fondazione_inda
TAORMINAFILMFEST TRA SALA E STREAMING Per restare accanto al pubblico in un’estate diversa dalle altre, il TaorminaFilmFest si rinnova nella veste e nella forma. Per la sua 66esima edizione – prodotta e organizzata da Videobank S.p.A. su concessione della Fondazione Taormina Arte Sicilia, col patrocinio dell’assessorato regionale Turismo, Sport e Spettacolo – propone un’inedita edizione online, in streaming su MYmovies dall’11 al 19 luglio. In programma una selezione di oltre 40 anteprime, produzioni indipendenti e documentari. Solo la principale categoria competitiva rimane fruibile anche in sala al Palazzo dei Congressi di Taormina. taofilmfest TaorminaFilmFest_official TaorminaFilmFest_official 93
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© Alfonso Bussolin
IL FILO PREZIOSO DELLA FEDE
La Vergine con San Giuseppe, il Bambino e San Giovannino, ricamo in or nuè, particolare di pianeta, Spagna (?), seconda metà XVI secolo
UNA VITA ALLA RICERCA DI STOFFE ANTICHE, FILATI PREZIOSI E PARAMENTI LITURGICI. MARIA PIA PETTINAU VESCINA ILLUSTRA E RACCONTA IN UN LIBRO CENTINAIA DI PEZZI UNICI CUSTODITI NEL TERRA SANCTA MUSEUM DI GERUSALEMME di Cesare Biasini Selvaggi - cesarebiasini@gmail.com 94
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ra le numerose eccellenze della ricerca italiana che il mondo ci invidia c’è Maria Pia Pettinau Vescina, che potremmo definire l’Indiana Jones del tessuto antico. La sua è infatti una vita che trascorre alla ricerca di stoffe antiche, arredi e paramenti liturgici dal Medioevo, abiti e tappezzerie dal Rinascimento, filati preziosi, trame e orditi che ricamano, attraverso i secoli, pagine non solo di storia dell’arte, ma anche di intensa fede. Una buona occasione per approfondire questa materia ci viene dall’uscita del suo ultimo libro, Paramenti sacri dall’Europa alla Terra Santa, che propone anche attraverso un ricco repertorio iconografico una ricognizione puntuale della straordinaria collezione di tessuti e paramenti liturgici della Custodia di Terra Santa: centinaia di pezzi unici che costi-
tuiscono un patrimonio senza uguali al mondo, parte del Terra Sancta Museum di Gerusalemme. Per saperne di più raggiungo la nostra studiosa a Brindisi, nel suo studio all’interno di una casa-museo disseminata di sculture e dipinti d’arte contemporanea, traccia dell’attività di gallerista svolta nei decenni scorsi dal marito Beppe. Tra le pile di libri, si erge la scrivania abitata da faldoni di carte e documenti, dietro la quale fa capolino lo sguardo dolce e insieme sapiente e rigoroso di Maria Pia, incorniciato da una collana di perle e da una chioma altrettanto candida scolpita da un taglio alla moda. La mia prima domanda è spontanea. E di getto. Come ti sei imbattuta nel mondo tanto affascinante quanto poco conosciuto dei tessuti antichi? Mi ero sempre interessata di arte contemporanea, e avevo già catalogato il materiale necessario alla mia tesi di laurea su un noto artista, quando mi incuriosì la proposta di uno studio in un settore poco esplorato, quello appunto dei tessuti antichi. Fu amore a prima vista. E la mia tesi cambiò da un giorno all’altro, diventando Paramenti sacri delle chiese di Brindisi. Nel tempo sono arrivate richieste di catalogazioni da soprintendenze ai beni culturali, musei e ordini religiosi. Numerose le collaborazioni a mostre in Italia e all’estero, tanti gli studi pubblicati. Oltre che una studiosa, sei anche una collezionista di tessuti antichi?
© Alfonso Bussolin
© Alfonso Bussolin
Pianeta, dal parato rosso della croce di Gerusalemme, dono del Commissariato di Lombardia, 1600 (?)
Ho tenuto spesso seminari per accademie di belle arti e per le università di Bari e Lecce. Da qui nasce la necessità di una mia “raccolta” di tessuti, funzionali alla didattica, alla necessità di mostrarli e farli esaminare agli studenti. Non mi ritengo perciò una collezionista. Quelli che ho messo insieme – rigorosamente conservati al chiuso, in cassetti – ammontano oggi a qualche centinaio, sono stati raccolti per tipologie tecnico-decorative e coprono un arco temporale compreso tra il ‘400 e la fine del ‘700. Ricordo come se fosse ieri il primo che ho acquistato, agli inizi degli anni ’90 a Londra: un velluto cremisi a due altezze del ‘400, broccato in oro a motivi di melagrana. La seta e l’oro mantengono inalterate le loro proprietà: il velluto è ancora oggi luminoso e morbidissimo. Veniamo ora al tuo ultimo libro. Come inizia il rapporto con la Custodia di Terra Santa? A fare da tramite è stato il padre francescano John Luke Gregory, parroco della chiesa di Santa Maria della Vittoria a Rodi, delegato del Custode di Terra Santa nell’isola. Nell’estate del 2014 mi aveva invitata a studiare le vesti sacre della sua chiesa. Pochi mesi dopo, a ottobre, in occasione di un mio viaggio in Terra Santa, fu lui a fissarmi un incontro a Gerusalemme con padre Stéphane Milovitch perché potessi ammirare i magnifici paramenti del convento di San Salvatore, sede della Custodia. Giunta nella sacrestia, davanti alle cassettiere, con il cuore in gola per l’emozione si aprì alla mia vista un tesoro di incommensurabile valore devozionale e liturgico, storico e artistico: interi parati in stoffe pregiate, operate o ricamate in oro e seta, che avevano vestito secoli di celebrazioni eucaristiche nei santuari di Terra Santa. E che continuavano a vivere ancora la loro funzione. Padre Stéphane, chiedendomi la disponi-
Dalmatica, dal pontificale rosso, dono della Repubblica di Genova, 1686-1697 95
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© Julia Warszewski
catalogo da Danièle Véron-Denise, come i parati delle Repubbliche di Genova e Venezia, e quel pontificale di Luigi XIII di Francia, ricchissimo, ricamato a gigli d’oro, che, come scrive efficacemente Emanuela Angiuli in una sua recensione al volume, «diventa metafora di potere piegato a Dio». La storia di questi tessuti antichi è, quindi, anche quella dell’Europa? È la storia dei forti legami tra il Vecchio Continente e la Terra Santa, raccontata attraverso i paramenti sacri, che si snoda tra successioni dinastiche e frequenti mutamenti geopolitici. Nella sequenza delle 123 schede del libro scorrono, documentate da foto a colori, le sontuose donazioni delle corti, vanto di affermate manifatture: il parato di velluto cesellato rosso con decorazioni “della ria P
i ia Pettinau Vesc
na
bilità a catalogarli, mi offriva l’opportunità di un privilegio davvero unico per uno studioso di tessuti antichi. E così iniziò questa mia ennesima avventura. Avviai lo studio a San Salvatore nella primavera del 2015. I ritorni e le permanenze a Gerusalemme sono stati numerosi nel corso di cinque anni. Come si è formato il patrimonio tessile della Custodia? Con prestigiose donazioni, ma nel suo costituirsi è stato fondamentale l’impegno dei frati commissari e dei frati conduttori. I primi incaricati, come rappresentanti della Custodia, a sollecitare negli Stati europei, presso regnanti, nobili, prelati e comunità di fedeli, donazioni in denaro e beni necessari sia al culto che alla vita stessa dei francescani di Terra Santa. I secondi, invece, delegati a portare a destinazione quei doni, affrontando, soprattutto fino al XVIII secolo, insidie di estenuanti viaggi e rischi di naufragi e piraterie. A Gerusalemme le consegne dei conduttori venivano annotate in ordine cronologico dal procuratore della Custodia nei Libri delle condotte, registri che costituiscono una delle principali fonti documentali per lo studio di numerosi reperti artistici, custodiali. Impareggiabile è stata la religiosa cura con cui i francescani di Terra Santa hanno protetto, difeso e preservato nel corso dei secoli i paramenti ricevuti, sottraendone molti a incursioni, saccheggi e incendi. Agli umili religiosi di ieri ma anche a quelli di oggi, tutti custodi tenaci di luoghi e memorie, è dedicato il mio lavoro. C’è un paramento che ritieni più interessante di altri? Ogni reperto lo è nella sua singolarità, persino certe exuviae sopravvissute a interi parati, una stola, una borsa da corporale, un velo da calice, quattro delicate formelle cinquecentesche ricamate in or nué, felicemente salvate e ricollocate su nuovo supporto, uno stemma un po’ logoro, unica memoria di un dono di Filippo II di Spagna. Ma non potranno sfuggire al lettore del mio libro la preziosità dei parati in velluto cesellato del Commissariato di Lombardia, le meraviglie assolute studiate in
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© Giuliano Mami
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Piviale, dal parato “bizantino” della Trasfigurazione, Vienna (Döbling), 1935
© Alfonso Bussolin
Ciascuno cercava di offrire il meglio al santuario cui destinava il dono, a Gerusalemme, Betlemme, Nazareth o Ain Karem, senza trascurare di siglarlo con le proprie insegne, talora poste in grande evidenza. Penso agli stemmi espansi, redatti in oro sull’importante parato “della Passione”, inviato da Ferdinando VI di Spagna, al blasone del cavallo inalberato, applicato sui numerosi elementi del parato donato tra il 1741 e il 1743 dal Seggio napoletano di Nido. Considerevoli sono i parati a fondo verde e viola di Carlo III di Borbone, solcati da sinuosi e mondani meandri broccati, il parato di lustrina, bianco e luminosissimo, di Maria “primera”, fragile regina di Portogallo, e poi i damaschi e i ricami di Palermo e Messina. Napoleone III offre il suo parato nuziale in drap d’or, disseminato di api d’oro (à semis d’abeilles) ad alto rilievo precedendo l’imperatore Francesco Giuseppe d’Asburgo-Lorena che porta a Gerusalemme uno smagliante pontificale. È invece bianco, laminato e ricamato in oro a Torino, da Pietro Battistolo, quello donato dal nostro Vittorio Emanuele II. Una tua ultima riflessione sulla collezione? Nella loro scansione temporale, tra ‘500 e ‘900, tutti i reperti sono emozionanti. La loro indubbia bellezza, frutto di pensiero, immaginazione, ricerca e conoscenze esprime il sentimento dell’Infinito e dell’Eterno. A ribadirlo è la profusione dell’oro, declinato in più disegni, che con la sua inalterabilità allude alla luce divina. Eppure, forse, nulla mi commuove più di un rammendo, intendo dire di un francescano rammendo, di una toppa, della sostituzione di un gallone o di una fodera, perché vi riconosco la religiosa cura nel custodire l’eredità di un bene di tutti, al servizio della liturgia, della devozione e del culto in Terra Santa.
Mitra pretiosa, dono di Maria I del Portogallo, 1791
palma”, inviato da Giovanni V del Portogallo, quasi certamente realizzato a Genova, che estendeva lo sfarzo nel rivestimento concepito per le pareti della Grotta del ritrovamento della Santa Croce nella basilica del Santo Sepolcro; le magnifiche elargizioni dell’imperatore del Sacro Romano Impero Carlo VI, che splendono di trame d’oro o mettono in mostra tridimensionali e quasi tattili nature morte, broccate in seta policroma da tessitori francesi; gli orientaleggianti e sofisticati parati à la persienne di Maria Teresa d’Austria; la leziosità lumeggiata d’argento del parato donato da Elisabetta Farnese regina di Spagna, ricavato forse, come era in uso, da una sua veste, dismessa alla morte del marito Filippo V. Si direbbe quasi che i committenti fossero in gara fra loro…
Edizioni Terra Santa, italiano/inglese, pp. 560 € 120
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NATURA A NUDO
Untitled (2015) Courtesy OstLicht Gallery e Ren Hang Estate
AL CENTRO PECCI DI PRATO, FINO AL 23 AGOSTO, 90 SCATTI DEL FOTOGRAFO CINESE REN HANG PER RIFLETTERE SU IDENTITÀ, CORPO E LIBERTÀ di Sandra Gesualdi
«S
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ono molto felice ed eccitato quando scatto», affermava. «Mi fa sentire un forte senso dell’esistenza. Ma è vero anche il contrario. Quando il mio senso dell’esistenza è forte mi sento molto felice ed eccitato». Le foto di Ren Hang sono un groviglio di poesia e provoca-
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sandragesu
zione, sono l’urgenza di raccontare per immagini parti di sé, vitali e indispensabili, come atto estremo di libertà. Il poeta e artista cinese, osteggiato e censurato nel suo Paese per l’esplicita omosessualità e gli scatti di nudo che lì vengono ritenuti pornografia, inaugura la riapertura del Centro Pecci di Prato dopo le restrizioni dovute al Covid-19.
Peacock (2016) Courtesy Stieglitz19 e Ren Hang Estate
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Portrait Plant (2012) Courtesy Stieglitz19 e Ren Hang Estate
Kissing Roof (2012) Courtesy Stieglitz19 e Ren Hang Estate
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«Una grande opportunità per noi», racconta Cristiana Perrella, direttrice dell’avveniristico museo di arte contemporanea e curatrice di Nudi, la mostra che porta per la prima volta in Italia, fino al 23 agosto, i lavori di Hang. «Nelle 90 foto esposte, provenienti da collezioni internazionali, emergono i temi cardine della sua riflessione artistica», prosegue Perrella, «fragilità dei corpi, sessualità e identità. Aspetti messi in relazione anche con elementi forti, come la città che si sviluppa in verticale, il cemento e i palazzi altissimi di Shangai, o con la natura. Rapporti che quasi minacciano le esili figure ritratte. Li ritengo concetti interessanti da esplorare in questi tempi». Modelli e modelle efebiche, minute, carnagioni lattee che si incontrano, si mischiano, si sovrappongono o si incastrano nella loro nudità espressa, offrono la visione di un mondo che vuol scardinare tabù e pregiudizi sociali per rivendicare l’impellente necessità di esprimere il recondito sé. Volti impassibili, stanze vuote, pose innaturali, sguardi ingenui che non ispirano trasgressione ma l’essenzialità, anche cruda, della condizione umana. «Nasciamo nudi», affermava l’artista, «io fotografo solo le cose nella loro condizione più naturale», senza veli e senza voler scandalizzare ma per scavalcare preconcetti di un contesto culturale censore. In questa ricerca intima, la natura è un interlocutore importante: cigni, serpenti, pavoni, iguane, pesci ma anche
fiori, foglie, mele e piante sono utilizzati come alter ego, evocativo e spiazzante, dei giovani modelli. «L’immagine del cigno che abbiamo scelto per la promozione del progetto descrive bene questo rapporto uomo-natura senza intermediari», sottolinea la curatrice. «Qui l’animale mantiene forte una sua selvatichezza, ha le penne scarmigliate e sembra pronto a scalciare per liberarsi dall’abbraccio della ragazza. Non appare docile e addomesticato, la loro è una relazione che ispira molto fascino ma anche senso del pericolo. E che travalica le culture. In Occidente per esempio, richiama il mito di Leda e il cigno», prosegue. «Il lavoro di Hang offre una lettura universale. Mantiene un codice colore che rimanda alla Cina con il bianco della pelle, il rosso lacca di bocche e unghie, il nero dei capelli, ma offre anche letture trasversali ad altre culture». Immagini poetiche e inquiete, finestre aperte sulla libertà e l’autodeterminazione di essere come si è e di denudarsi di fronte agli altri. Il lavoro di Ren Hang racconta una generazione diversa da quella che l’ha preceduta, che si ribella e inneggia a un innato istinto di emancipazione. Esploratore della vita e della morte, Ren se ne è andato prematuramente, suicida a 30 anni. Diventando leggenda come quel cigno non addomesticato e portatore di una forte carica di esistenza. CentroPecciPrato
centropecci
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Untitled (2012) Courtesy Stieglitz19 e Ren Hang Estate
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a i l u i G a i z e Friuli Ven ARTE DA VIVERE
Udine, Loggia del Lionello ph L.Vitale
Eleganti e discrete, orgogliose della propria bellezza, le città e i borghi del Friuli Venezia Giulia hanno girato il mondo, ascoltato lingue diverse, conosciuto culture e religioni lontane. Da questi luoghi, per secoli, sono passati Celti, Romani, Unni, Longobardi, Veneziani e Austro-Ungarici. E tutti hanno lasciato un’impronta forte, amalgamata con le tradizioni locali. Così Trieste ha indossato “abiti” asburgici, Udine è diventata la città del Tiepolo, Gorizia rivela le atmosfere caratteristiche della “città di frontiera”, Pordenone oscilla tra influssi romanici, barocchi e gotici e ospita nella sua provincia Sacile, il “Giardino della Serenissima”. Infine i siti UNESCO, ben cinque: Aquileia, con il suo passato di grande metropoli dell’impero romano e centro di diffusione del Cristianesimo in Europa nel primo Medioevo; Cividale del Friuli con i suoi gioielli longobardi; Palmanova, la stella perfetta, la fortezza voluta dalla Repubblica di Venezia; Palù di Livenza e il suo sito palafitticolo e, accanto a questi siti culturali, il patrimonio naturalistico immenso delle Dolomiti Friulane. Per vivere le eccellenze e i tesori nascosti, gli angoli più suggestivi, i monumenti, la grande storia, le curiosità sulle città d’arte del Friuli Venezia Giulia vi aspetta un fitto calendario di visite guidate per chi desidera essere accompagnato da guide turistiche esperte oppure le audioguide per chi preferisce gestire il proprio tempo in autonomia. Tutti i servizi di visita guidata, le audioguide e gli ingressi ai musei, siti storici e artistici sono ad accesso gratuito con la FVGcard, il pass per scoprire il Friuli Venezia Giulia spendendo meno.
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proprie vacanze. Con l’orario estivo 2020, Trenitalia rafforza il proprio impegno per il rilancio del turismo all’interno dei confini nazionali in piena sicurezza, con la distribuzione dell’health&safety kit (mascherina, gel igienizzante, guanti in lat-
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tice, poggiatesta monouso e lattina d’acqua), l’assegnazione dei posti a scacchiera e le altre azioni messe in campo dal Gruppo FS per garantire la massima igiene e tutela della salute di tutti, passeggeri e dipendenti.
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renitalia ti porta al mare con oltre 90 fermate addizionali dedicate alle partenze estive lungo tutta la costa italiana. Trionfa il Frecciarossa, che unisce senza cambi intermedi Torino e Reggio Calabria. Quattro i collegamenti al giorno da e per Torino e Milano, passando per Roma (con fermate a Reggio Emilia, Bologna, Firenze, Napoli, Salerno, Paola, Lamezia Terme, Rosarno e Villa San Giovanni). Due dei quattro treni, inoltre, fermano a Sapri, Vallo della Lucania, Agropoli, Pisciotta-Palinuro e due fermate sono previste anche a Maratea. Sempre per la Calabria, a disposizione due nuovi collegamenti diretti in Frecciargento tra Venezia, Padova e Reggio Calabria. Tra Roma e Reggio Calabria, inoltre, due colle-
gamenti addizionali nel fine settimana (con fermate a Napoli, Salerno, Capaccio, Sapri, Scalea, Paola, Lamezia, Vibo Pizzo, Rosarno, Gioia Tauro e Villa San Giovanni). Ulteriori collegamenti in Frecciarossa per il Cilento grazie al prolungamento a Sapri di una coppia di Frecciarossa Milano-Napoli, con fermate anche ad Agropoli, Vallo della Lucania e Centola. New entry di questa estate il Frecciarossa per raggiungere la Versilia, il Levante ligure e l’Argentario da Milano e Roma. Sono attivi, infatti, due nuovi collegamenti con Frecciarossa 1000 Mil ano -Liguria-Versilia-Argentario-Roma (con fermate a Pavia, Genova Piazza Principe, Genova Brignole, S. Margherita, Rapallo, Sestri Levante, Monterosso, La Spezia Centrale, Forte dei Marmi, Viareggio, Pisa, Livorno,
Campiglia Marittima, Grosseto, Orbetello, Capalbio e Civitavecchia). Novità anche per la costa Adriatica, con 40 Frecce al giorno per raggiungere le più belle località della costa. In particolare, disponibili due nuovi Frecciarossa fra Milano e Ancona (con fermate a Bologna, Rimini, Riccione, Pesaro), due nuovi Frecciargento che collegano direttamente Firenze e la Puglia (con fermate a Roma, Caserta, Benevento, Foggia, Barletta, Bari, Monopoli, Ostuni, Brindisi e Lecce) e due Frecciarossa Bolzano-Ancona nel weekend, con stop a Trento, Rovereto, Verona, Bologna, Rimini, Riccione, Cattolica, Pesaro e Senigallia. E con Salento Link e Trulli Link (nate dalla partnership fra Trenitalia e Ferrovie del Sud Est), è possibile raggiungere il Salento e la Valle d’Itria. Collegamen-
VACANZE FRA NATURA, RELAX E CULTURA
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are ma non solo: con Trenitalia si va in Valle d’Aosta, Trentino Alto-Adige e al Lago di Garda, per trascorrere una vacanza immersi nella natura e in completo relax. In particolare, due nuovi collegamenti Frecciarossa uniscono nel weekend Milano e Bolzano con orari pensati per le esigenze dei turisti (fermate a Brescia, Peschiera del Garda, Verona, Rovereto, Trento e Ora), aggiungendosi ai due già previsti
dal lunedì al venerdì. Inoltre, per tutto il periodo estivo, sono disponibili di sabato e domenica due nuovi collegamenti fra Venezia e Bolzano (fermate a Mestre, Padova, Vicenza, Verona, Rovereto e Trento). Sempre nel weekend, due collegamenti Frecciarossa Napoli-Torino vengono prolungati fino a Bardonecchia, con fermata a Oulx. Attivi anche i FRECCIALink per visitare le valli incontaminate e le località più gettonate del Nord Italia, come Ma-
ti da Lecce verso Gallipoli, Gagliano Leuca e Otranto (con fermate anche a San Foca, Roca, Torre dell’Orso, Sant’Andrea, Laghi Alimini, Torre Santo Stefano), e da Bari verso la Valle d’Itria (con fermate anche ad Alberobello, Locorotondo, Martina Franca, Turi, Putignano).
donna di Campiglio, Cortina d’Ampezzo, Val Gardena, Val di Fassa e Val di Fiemme. Vacanze fra natura, relax e cultura anche in Val d’Orcia, sulle colline del Chianti senese e lungo la Via Francigena. Ogni giorno due nuovi collegamenti diretti con Frecciarossa da e per Chiusi-Chianciano Terme fermano a Milano, Reggio Emilia AV, Bologna, Firenze, Roma, Napoli e Salerno. Per la prima volta, inoltre, il Frecciarossa arriva a Frosinone e Cassino, con collegamenti diretti da e per Milano, Reggio Emilia AV, Bologna, Firenze, Roma e Napoli. Per scoprire le bellezze della Ciociaria, come i Monti Simbruini, le Grotte di Pastena, l’Abbazia di Montecassino, l’Acropoli di Alatri e la cascata di Isola del Liri.
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FIRENZE • Tomás Saraceno - Aria, fino al 1° novembre a Palazzo Strozzi
Tomás Saraceno Flying Gardens (2020), dettaglio del ragno vivo © Ela Bialkowska/OKNO Studio
ROMA • Jim Dine, fino al 26 luglio, e World Press Photo, fino al 2 agosto a Palazzo delle Esposizioni Info su trenitalia.com 111
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Trento Verona
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Lamezia Terme Reggio di Calabria
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Velocità max 360 km/h | Velocità comm.le 300 km/h | Composizione 11 carrozze 4 livelli di servizio Executive, Business, Premium, Standard | Posti 574 WiFi | Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIARGENTO ETR 700
Velocità max 250km/h | Velocità comm.le 250km/h | Composizione 8 carrozze 3 livelli di Servizio Business, Premium, Standard | Posti 500 WiFi | Presa elettrica e USB al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
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FRECCIARGENTO ETR 600
Velocità max 280 km/h | Velocità comm.le 250 km/h | Composizione 7 carrozze Classi 1^ e 2^ | Posti 432 WiFi | Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIARGENTO ETR 485
Velocità max 280 km/h | Velocità comm.le 250 km/h | Composizione 9 carrozze Classi 1^ e 2^ | Posti 489 WiFi | Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIABIANCA
Velocità max 200 km/h | Velocità comm.le 200 km/h | Composizione 9 carrozze Classi 1^ e 2^ | Posti 603 Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIABIANCA ETR 460
Velocità max 250 km/h | Velocità comm.le 250 km/h | Composizione 9 carrozze Classi 1^ e 2^ | Posti 479 Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio 113
PRIMA DI SCENDERE FOTO DEL MESE
Testo e foto di Carlos Solito Carlos-Solito carlossolito carlossolito
Voragine di Tiscali, Oliena (NU)
Nel suo viaggio geologico, antico milioni di anni, l’acqua ha foggiato caverne, cunicoli, meandri, pozzi e voragini per poi decorarle con un’infinità di stalattiti e stalagmiti. Se la fantasiosa science fiction di Jules Verne colpisce nell’ultrasecolare Viaggio al centro della Terra, nella realtà il mondo sotterraneo d’Italia sorprende per la varietà, la grandezza, la bellezza dei suoi ambienti e, ancor più, per le epiche vicende esplorative della speleologia. In questo patrimonio ipogeo, decine e decine di migliaia sono gli abissi nascosti nelle pance calcaree del Belpaese. Tra gli esempi più spettacolari, nella Valle Lanaittu tra i Supramontes della Sardegna, spicca la Voragine di Tiscali. Qui un fascio di luce fende un pozzo da 90 metri che conduce in un sistema di lunghe e titaniche gallerie. 114
PRIMA DI SCENDERE FONDAZIONE FS
LA RINASCITA DEL SETTEBELLO
© Archivio Fondazione FS Italiane
SIMBOLO DELLA RIPRESA INDUSTRIALE NEGLI ANNI ’50, L’ETR 302 SARÀ RESTAURATO PER TORNARE SUI BINARI DELLE FERROVIE TURISTICHE
L’ETR 300 Settebello entra nella stazione di Santa Maria Novella, a Firenze (1961)
N
egli anni ’50 il miglioramento dell’economia europea ha avuto ripercussioni anche sulle politiche di trasporto nazionali. A quell’epoca la necessità di viaggio degli italiani è ormai una realtà, ma l’automobile rappresenta un’importante antagonista del treno, grazie anche allo sviluppo della rete autostradale. La risposta di FS non si fa attendere. Tra il 1952 e il 1959 le Officine Ernesto Breda consegnano tre nuovi elettrotreni, composti da sette carrozze, per un totale di 190 posti a sedere. La particolare linea estetica e i salottini sottostanti le due cabine di guida, che regalano al viaggiatore un’esperienza di viaggio a 160 km/h mai vista prima, li rendono fin da subito unici. Sono gli ETR 301, 302 e 303, meglio noti come Settebello, progettati proprio per offrire un’esperienza di viaggio importante: basti pensare che la carrozza ristorante/bar è dotata di una macchina per il caffè espresso, una gelatiera professionale, un frigorifero con tritaghiaccio e una sala da pranzo con 14 tavolini, capace di ospitare 56 commensali in contemporanea.
Il successo riscosso è immediato ed è divertente immergersi nella realtà di quegli anni attraverso un filmato del 1957 sulle vacanze degli italiani, pubblicato sulla pagina Facebook di Fondazione FS, in cui ci si ritrova a bordo dell’ETR 300. Fin da subito il Settebello attira l’attenzione della stampa estera. Ne è l’esempio un articolo apparso su Voci della Rotaia nel 1964, in cui un giornalista statunitense descrive con precisione e meraviglia il suo viaggio tra Roma e Milano, accompagnato da un rappresentante del ministero dei Trasporti. Dopo oltre 60 anni, grazie all’impegno di Fondazione FS Italiane, sta per rinascere l’ultimo esemplare esistente della famiglia Settebello, l’ETR 302. A seguito dell’assegnazione della gara pubblica sono iniziati i lavori di recupero estetico e funzionale del convoglio, che nel 2022 restituiranno alle rotaie un treno simbolo del passato, una vera e propria bandiera per il turismo ferroviario, dotato di moderne tecnologie per garantire la sicurezza e la comodità dei viaggiatori. FondazioneFsItaliane 115
PRIMA DI SCENDERE FUORI LUOGO
di Mario Tozzi mariotozziofficial mariotozziofficial [Geologo Cnr, conduttore tv e saggista]
OfficialTozzi
PICCOLA (GRANDE) ITALIA
S
ono le piccole cittadine italiane che dovremmo riscoprire in questa ripartenza forzatamente autoctona, come Montemerano (GR), Venzone (UD), Seulo (SU), Marzamemi (SR). In questi luoghi italici si vive bene perché c’è qualcosa che va al di là dei monumenti e delle strutture e riguarda i beni immateriali: l’assenza di inquinamento, un senso del bello che diventa quasi oggettivo, gli spazi ampi per l’occhio quando abbraccia i dintorni, il paesaggio come bene collettivo il cui godimento viene tutelato, il cibo genuino e una cucina all’altezza del compito. Girovagando nelle campagne d’Italia si incontrano costruzioni in pietra pressoché
© NicolaSimeoni/AdobeStock
Venzone (UD)
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sconosciute che donano un grande fascino anche alle contrade meno note. Nella moderna società dei consumi nel nostro Paese è possibile riconquistare i valori del borgo cittadino inteso come bene comune e non solo come sommatoria di interessi singoli, un concetto spesso riconosciuto anche nell’Italia dei campanili. Molto del nostro fascino sta nell’armonica, eppure sorprendente, variabilità di colori, suoni, sapori e umanità. Oggi abbiamo l’occasione per recuperare il tempo perduto e ripartire dal nostro incredibile territorio, consapevoli che una vita intera non basterebbe a conoscerlo, ma che per il resto del mondo ci sarà tempo più in là.
GIOCHI, FUMETTI E CURIOSITÀ PER PICCOLI VIAGGIATORI
il fumetto d I G LEG
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SUPPLEMENTO DE LA FRECCIA | LUGLIO 2020 | www.fsitaliane.it
c o d y bab
OGNI
VIAGGIO
È UN’AVVENTURA MERAVIGLIOSA!
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LA FRECCIA Junior
SOMMARIO Pagina 1
Pagina 3-10
VIAGGIA: DI GIOSTRA IN GIOSTRA
FUMETTO: BABY DOC V COME VACCINO!
Pagina 12
Pagina 2 INFO: MILLE PASSIONI
Di
GIOCA: QUESTIONE DI MEMORIA
giostra in giostra
GARDALAND È ALL’OTTAVO POSTO NELLA CLASSIFICA DEI PARCHI DIVERTIMENTO EUROPEI PER NUMERO DI VISITATORI.
CON I RECENTI DECRETI POSSONO RIAPRIRE ANCHE I PARCHI TEMATICI E DI DIVERTIMENTO COME GARDALAND. OVVIAMENTE CI SARANNO DELLE REGOLE DA SEGUIRE, IL PRIMO CONSIGLIO È PRENOTARE I BIGLIETTI ONLINE PER EVITARE LUNGHE FILE. INOLTRE, GLI INGRESSI SARANNO A NUMERO LIMITATO PER GARANTIRE LA GIUSTA DISTANZA TRA I VISITATORI. ALL’ENTRATA SARÀ MISURATA LA TEMPERATURA E SARANNO FORNITE MASCHERINE. SPETTACOLI E GIOSTRE AL CHIUSO ANCORA NON POTRANNO APRIRE. MA CI SONO TANTISSIME ALTRE ATTRAZIONI DA VISITARE... PREPARARIAMOCI A UN’ONDATA DI DIVERTIMENTO!
SUPPLEMENTO DE LA FRECCIA | LUGLIO 2020 | www.fsitaliane.it è un progetto a cura di PANINI MAGAZINES – Direttore Mercato Italia: Alex Bertani • Publishing manager: Sara Mattioli • Coordinamento editoriale: Stefania Simonini • Progetto grafico: Alessandro Gucciardo Illustrazione di copertina e impaginazione: Luca Bertelè e Manuela Nerolini Per la storia a fumetti: Baby Doc © 2020 Testi: Andrea Voglino • Disegni: Luca Bertelè • Colori: Manuela Nerolini EDIZIONI LA FRECCIA – Direttore Responsabile: Marco Mancini • Responsabile Editoria: Davide Falcetelli • Coordinamento editoriale: Sandra Gesualdi TRENITALIA – Sviluppo Commerciale – Divisione Passeggeri Long Haul: Fabrizio Ruggiero, Antonella Graziano
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1 Junior
LIBRI
Mille
passioni
LA SCIARPA PIÙ LUNGA DEL MONDO, PUBBLICATO DA GIUNTI, RACCONTA DI UNA SCUOLA IN PERICOLO, DI UNA MINACCIA E DI UN PROGETTO CHE UNISCE TUTTA LA COMUNITÀ. NO SPOILER!, EDIZIONI DE AGOSTINI, VI SPIEGA COME NASCONO LE STORIE E LE IDEE CHE SONO ALLA BASE DI OGNI RACCONTO, PER FARE DI VOI FANTASTICI SCRITTORI! PARLIAMO SEMPRE DI VIAGGI, MA DEL TUTTO PARTICOLARI, PERCHÈ QUESTA VOLTA VI INVITIAMO A FARE UN VIAGGIO AL CENTRO DELLA TERRA CON IL CLASSICO ROMANZO DI JULES VERNE.
NON È UN LIBRO, NON È UN FUMETTO, NON È UN GIOCO. È TUTTO QUESTO E MOLTO DI PIÙ INSIEME. È IL NUOVO LIBRO DI SIO DAL TITOLO JOHNNYFER JAYPEGG E IL PROBLEMA DEI TRE CORGI, PUBBLICATO DA PANINI COMICS. TROVATE ANCHE LA “VERSIONE MEGLIO” DELLA PRIMA AVVENTURA, JOHNNYFER JAYPEGG E IL TESORO DEGLI ALIENI COMMESTIBILI. UN GRUPPO DI AMICI, UNA RIVALITÀ E UNA PASSIONE IN COMUNE CHE LI PORTERÀ A FORMARE UNA SQUADRA DI CALCIO. STIAMO PARLANDO DE LA BANDA DEL PALLONE, UN DIVERTENTE LIBRO A FUMETTI PUBBLICATO DA TUNUÈ.
VIDEOGAMES
È USCITA ECO LIFESTYLE LA NUOVA ESPANSIONE DI THE SIMS 4. COME SI INTUISCE DAL TITOLO, POTRETE COSTRUIRE LA VOSTRA CASA IN MANIERA RISPETTOSA DELL’AMBIENTE CON CENTINAIA DI NUOVI OGGETTI! IN ESCLUSIVA SU NINTENDO SWITCH, ESCE NINJALA. SFIDATE I VOSTRI AMICI CON ARMI FATTE DI... GOMMA DA MASTICARE E USATE LA TECNICA DEL NINJUTSU PER DIVERTENTI SFIDE ONLINE. LO SCHELETRO SKULLY E IL PIPISTRELLO IMBER SONO I PROTAGONISTI DI SKELATTACK, UN DIVERTENTE PLATFORM 2D DISPONIBILE SU TUTTE LE CONSOLE!
RENDETE IMPOSSIBILE LA PARTITA AI VOSTRI AVVERSARI GRAZIE A TERRIBILI INCANTESIMI, OBBLIGATELI A GIOCARE SU UN PIEDE SOLO O A BRACCIA INCROCIATE... LE RISATE SONO GARANTITE CON IL GIOCO VUDÙ, PRODOTTO DA RED GLOVE! SVILUPPATE LA FANTASIA E L’INTUITO CON IL BELLISSIMO DIXIT, PRODOTTO DA ASMODEE. UN GIOCO CHE METTERÀ ALLA PROVA LA VOSTRA IMMAGINAZIONE PER INTERPRETARE GLI INDIZI E ARRIVARE ALLA VITTORIA.
GIOCHI DA TAVOLO
FUMETTI
LO SAPEVI CHE…? NONOSTANTE I NUMEROSI CONTENDENTI, YELLOW KID È CONSIDERATO IL PRIMO VERO E PROPRIO FUMETTO. FU CREATO NEL 1895 DA RICHARD FELTON OUTCAULT E PUBBLICATO SUL SUPPLEMENTO DOMENICALE DEL NEW YORK WORLD. I TESTI INIZIALMENTE ERANO SCRITTI SU DEI CARTELLI E SUL CAMICE DEL PROTAGONISTA, LE TIPICHE “NUVOLETTE” COMPARIRANNO NEL 1896. IL PERSONAGGIO EBBE UN SUCCESSO ENORME, TANTO CHE IL NEW YORK JOURNAL INGAGGIÒ IL DISEGNATORE E, NON ESISTENDO LEGGI SUL DIRITTO D’AUTORE, LA SERIE FU CONTINUATA DA AUTORI DIVERSI, SU ENTRAMBI I GIORNALI, PER ALCUNI ANNI.
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c o d y b a b
V COME in V A CCINO!
A TiNY TOWN è scoppiata l’estate e tutti sembrano felici...
Tutti, tranne i temibili virus MOCCiKUS...
Perché non riusciamo a conquissstare TiNY TOWN?
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Miei SSSUDDiTi, sssono molto delussso...
Colpa di BABY DOC, sssire! Quel piccolo guassstafessste è OVUNQUE!
ha convinto i bambini a indosssare correttamente guanti e massscherine quando essscono a giocare...
...e addirittura a tenere sssempre le mani ben pulite!
...a rissspettare il dissstanziamento fisssico...
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iNCREDiBiLE! Per fortuna abbiamo uno sssfidante alla sssua altezza...
L’AGENTE ZERO ZERO MOCCiKUSSS!
Qual è il piano, zero zero moccikusss?
Visssto che non riusciamo a infettare gli abitanti di Tiny Town, non c’è che una sssoluzione…
infetterò direttamente BABY DOC... ssse metto K.O. LUi, non potrà più difendere la città!
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Ecco laggiù il LABORATORiO di BABY DOC...
...Non devo fare altro che intrufolarmi dentro di SSSOPPiATTO...
E ora a noi due, piccolett... EH? Ma qui non c’è nesssuno!
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Già, agente zero zero moccikus... dove sarà finito Baby Doc?
è in arrivo in perfetto orario il frecciarossa diretto a tiny town!
Accidenti, se è veloce il FRECCiAROSSA!
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Già... e il nostro viaggio ci ha permesso di scoprire quello che ci serviva per completare il vaccino contro il ViRUS MOCCiKUS!
Fino ad allora, con Trenitalia si viaggia in tutta sicurezza... abbiamo posti distanziati, gel disinfettante, mascherine e guanti per tutti!
Ecco, ora carico i bagagli... al LABORATORiO, BABY NURSE!
Non vedi l’ora di darti da fare, eh? VOLO!
Se le cose vanno come spero, entro qualche ora possiamo cominciare a lavorare sul VACCiNO...
Alla formula che ho studiato in questi mesi non manca che un iNGREDiENTE SEGRETO...
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Piacere, BABY DOC... sono l’agente zero zero moccikusss... e ti assspettavo con ansssia!
GULP!
fermo lì, bruttone!
AAAH! Disssinfettante! Che ssschifo!
Bene, bene... Come ti dicevo, BABY NURSE, ci mancava solo un ingrediente per il nostro VACCiNO... il ViRUS! ...NO! COSSSA volete farmi?
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Qualche tempo dopo...
Privo delle sue armi, zero zero moccikus è diventato un nostro ALLEATO... trasformato in vaccino ha potenziato le DiFESE iMMUNiTARiE degli abitanti di Tiny Town!
Pian pianino, la vita a TiNY TOWN sta tornando alla normalità!
Già! Ora i moccikus non sono più tanto PERiCOLOSi... e se la battono!
ora che Moccikus è indebolito possiamo partire tranquilli per una meritata VACANZA. Sempre rispettando le regole sanitarie...
...e naturalmente sfruttando tutte le destinazioni del FRECCiAROSSA!
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LA FRECCIA Junior Fatti un da a t iu a re LTO ADU re le a per us ici! forb
!
Questione di
memoria
VI PROPONIAMO UN’IDEA SEMPLICE E VELOCE PER CREARE, CON MATERIALI RICICLATI, UN GIOCO DIVERTENTE DA PORTARE SEMPRE CON VOI. SFIDATE GLI AMICI, I GENITORI E I VOSTRI FRATELLI E SORELLE. È UNA QUESTIONE DI OCCHIO E DI... MEMORIA.
1 TAGLIA LA CARTA DA REGALO IN
QUADRATI DI 5 CENTIMETRI PER LATO. PIÙ NE FAI, PIÙ IL GIOCO SARÀ DIFFICILE. RICORDA CHE DEVONO ESSERE IN NUMERO PARI. E OVVIAMENTE DEVI RITAGLIARLI A COPPIE UGUALI, SCEGLIENDO LA STESSA PORZIONE DI DISEGNO SULLA CARTA DA REGALO.
COSA TI SERVE: • Carta da regalo • Forbici (meglio se usata) • Colla • Cartone
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3 ORA PRENDI IL CARTONCINO. RITAGLIA UN NUMERO DI QUADRATI UGUALI A QUELLI FATTI IN PRECEDENZA CON LA CARTA DA REGALO. CHIARAMENTE DEVONO ESSERE DELLE STESSE DIMENSIONI DI 5 CENTIMETRI PER LATO.
INCOLLA TUTTI I QUADRATI DI CARTA DA REGALO SU UNO DEI LATI DEL CARTONCINO. E SEI GIÀ PRONTO PER INIZIARE A GIOCARE! SFIDA I TUOI AMICI E I TUOI GENITORI A CHI HA PIÙ MEMORIA! 128
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SE NON HAI DELLA CARTA DA REGALO PUOI DISEGNARE LE TESSERE DEL GIOCO COME PIÙ TI PIACE. USA LE EMOTICON, COLORI DIVERSI O ANCHE I NUMERI. VA BENE QUALSIASI COSA, BASTA CHE SIANO A COPPIE!