ANNO XI | NUMERO 9 | SETTEMBRE 2019 | www.fsitaliane.it
PER CHI AMA VIAGGIARE
WONDER BARBARA VIAGGI D’AUTUNNO TRA IL CHIANTI DELL’EROICA, LE COLLINE DEL PROSECCO E MATERA PRIX ITALIA MARCELLO FOA RACCONTA IL CONCORSO RAI
Si sono ritrovati in un periodo meraviglioso per i colori, i profumi, i sapori; e se fosse vero che l’autunno è la stagione degli amori? Arrampicate, downhill, il ponte tibetano e la canoa, poi in baita sfiniti; Elli e Mauri il loro viaggio di nozze non lo dimenticheranno mai. Cerca le sensazioni d’autunno su visittrentino.info.
Lago Nambino
italian alpine experience
Le Alpi in stile italiano.
MEDIALOGANDO
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EQUILIBRIO PLUR ALISMO IL GIORNALISMO D’AGENZIA, IL GIORNALISMO TOUT COURT. LA FRECCIA INCONTRA MARIO SECHI, DAL 1° LUGLIO DIRETTORE DELL’AGI di Marco Mancini
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marmanug
na bella signora con 70 anni di storia». Esordisce così Mario Sechi, rispondendo alla mia domanda rompighiaccio: cos’è l’Agi? La Freccia lo ha incontrato poche settimane dopo che i vertici di Eni, editore e proprietario di Agi, lo hanno chiamato alla guida della seconda – per dimensioni – agenzia di stampa italiana. Reputandolo il marito ideale, seppur molto più giovane, di questa bella signora. Ma Sechi era già uno di famiglia. Dal 2013 è alla guida di Oil, trasformato in WE_World Energy, una rivista in più lingue di geopolitica dell’energia. Poi, con Marco Bardazzi, capo della comunicazione di Eni, ha creato un nuovo progetto editoriale, Orizzonti - Idee dalla Val d’Agri, dedicato al comprensorio lucano nel cui sottosuolo si trova il più grande giacimento europeo di petrolio e gas. Nell’ultimo editoriale scrive qualcosa che suona come un monito a questo Paese in perenne e irrisolta ricerca di equilibrio e stabilità. «Gli investimenti arrivano dove c’è certezza delle norme. La politica gioca un ruolo di primo piano nella creazione delle condizioni per im-
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maginare prima e fare poi». Sechi, classe 1968, è giornalista di lungo corso, dal Giornale a Libero, dall’Indipendente a Panorama, dall’Unione Sarda al Tempo, di cui è stato direttore dal 2010 al 2013. E dal 2017 cura, insieme alla spagnola Maite Carpio, List, uno spazio multimediale che lui stesso ha fondato e che – come recita l’home page - “pubblica notizie esclusive, contenuti originali, ha una visione a 360 gradi dei fatti del mondo, unisce i puntini, ricostruisce il puzzle, mette ordine nel caos delle news, disegna lo scenario”. Quanto basta per fare, dell’arguto e loquace Sechi, anche un noto commentatore politico televisivo, acuto osservatore degli scenari nazionali e internazionali. Da direttore di Agi intraprende una nuova e appassionante avventura professionale. Qual è il tuo programma e quali sono gli obiettivi che ti poni? Buon giornalismo e ricavi, il mio programma è molto semplice, niente di esoterico, nessun fuoco di artificio. E come si ottengono l’uno e gli altri? Il primo si ottiene con l’equilibrio e il pluralismo, che è dato dal numero di lanci che dedichi a tutti i soggetti dello spettro politico, quindi dall’apertura che l’agenzia ha verso tutte le opinioni e visioni del mondo. Ovviamente non si pubblica tutto, ma solo ciò che si ritiene importante, come ricorda il motto del New York Times: “All the News That’s Fit to Print”. Qui entra in gioco la funzione di mediazione e scelta del giornalista e del direttore, che nessun algoritmo potrà sostituire. Qualcuno potrà dire che è un punto di vista, certamente, e va rivendicato, perché è l’intelligenza umana applicata alla selezione dei fatti che veramente conta ed è capace di produrre una gerarchia, un racconto e un linguaggio adeguati. C’è un lavoro certosino dietro ogni lancio di agenzia, perché buon giornalismo significa anche velocità unita ad accuratezza e verifica delle fonti. E i ricavi? Per aumentarli bisogna fare un’operazione di diversificazione delle fonti di ricavo, di potenziamento delle news, conferendo appeal al prodot-
to. I ricavi possono arrivare anche da progetti speciali di comunicazione, in quella prospettiva di evoluzione che contraddistingue un po’ tutte le agenzie di stampa che puntano ad affiancare altre attività al loro marchio. Nel caso di Agi quali sono? Premetto che l’attività tipica resta il giornalismo. Anche perché, cosa sarebbero Reuters, Associated Press e la stessa Agi se non ci fossero i giornalisti? Comunque nel corso degli ultimi mesi Agi ha acquisito il controllo di una società che opera sempre nell’ambito editoriale, fa tecnologia e si chiama D-Share. È presente in quasi tutti i gruppi editoriali italiani, e non solo, con una sua efficace piattaforma, un sistema, denominato Kolumbus, per creare e distribuire contenuti digitali per i giornali. Un software che ha sotto un know-how molto importante dal punto di vista dell’esperienza umana, la cosiddetta user experience. D-Share è stata fondata da Alessandro Vento (ex manager di RCS, ndr) ed è un’acquisizione portata a termine da Salvatore Ippolito, il nostro Ad, e da Riccardo Luna, che mi ha preceduto in questo ruolo. C’è poi un’altra divisione della società, Agi Factory, che offre invece prodotti di comunicazione per le imprese. Sono due attività che si affiancano al prodotto tipicamente giornalistico e fanno di Agi una società di contenuti, una media company. Torniamo al giornalismo. Spira ormai da anni un’aria di crisi per i media più tradizionali, in questa rubrica ne parliamo spesso, e talvolta per conquistare lettori e contatti si cede a compromessi o a scelte discutibili. È frutto dell’avvento di Internet, ed è il paradosso di Internet. Un grandissimo fenomeno di apertura, universalizzazione e rivoluzione nella storia dell’umanità, ma anche l’occasione di un abbassamento incredibile dell’autorevolezza e del sapere, soprattutto quando sono esplosi i social network. Oggi assistiamo a un dibattito pubblico impoverito dal web, siamo precipitati in una mediocrazia e i social network ne sono in gran parte responsabili. Questo però
significa anche che le agenzie hanno un grande futuro e il giornalismo vive un momento eccezionale. Penso che sia in crisi il modello di business, ma che non sia affatto in crisi il giornalismo. Questo bisogno di buon giornalismo, che condivido in pieno, non sembra però molto avvertito dal grande pubblico… Alla base c’è un problema di educazione civica, di formazione scolastica. C’è un problema di sapere complessivo e un fraintendimento, perché in tanti pensano che tutto sia informazione e che tutti possano fare i giornalisti. È sbagliato. Come lo è confondere la comunicazione con il giornalismo, due cose nettamente diverse. Il giornalismo è hard e anche soft news, ma offerto con estrema cura e l’interesse principale è quello del lettore e del giornalista verso il suo lettore, nel nostro caso clienti e abbonati. È vero, giornalismo e comunicazione vanno in parallelo in moltissime aziende, ma va preservata la funzione giornalistica. Su questo sono molto categorico, il giornalismo va difeso da tutto e da tutti. Ad attaccarlo sono i new media, sembra che per fare cronaca oggi basti un buon smartphone. Ma non è così. Non basta avere una videocamera per essere un buon video-giornalista o una macchina fotografica per essere un grande fotoreporter. Non tutti sono o diventeranno mai Robert Capa, Henri Cartier-Bresson o Ernest Hemingway. L’eccellenza, il sapere e il mestiere sono fondamentali. Se mi dici che c’è poco rispetto di questo sapere nel mondo contemporaneo, ti dico di sì.
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Ma bisogna farsi rispettare… Questo scarso rispetto è una componente di una più generalizzata avversione alle élite considerate detentrici di ingiusti privilegi. E i giornalisti ne farebbero parte… Ma le élite sono necessarie, non esiste governo delle cose umane e, naturalmente, neanche delle aziende, senza élite. L’élite è connaturata all’esistenza dell’uomo, quindi in realtà quello a cui stiamo assistendo oggi prefigura ed è la lotta di una élite che tenta di farsi e sostituirsi a un’altra. Un puro paradosso. E il giornalista in tutto questo cosa può e deve fare? Continuare a fare il giornalista e tenere la schiena dritta. C’è chi pensa che la schiena dritta si abbia solo se si parteggia per una parte o per l’altra. Non si parteggia per nessuna delle due, si possono avere naturalmente le proprie idee, ma si deve essere plurali. Nelle redazioni mainstream, invece, si confonde spesso la propria idea, la propria parte e il proprio desiderio con il fatto. E forse è anche questo che in molti contestano ai giornali, quello di essere schierati e funzionali a una fazione politica, o agli interessi di lobby potenti. È innegabile che i quotidiani abbiano oggi bisogno di una forte identità. È chiaro che abbiano un punto di vista molto tagliato. Che Repubblica come La Verità o il Corriere portino avanti le loro sacrosante battaglie e idee. Ne hanno diritto, è necessario e, aggiungo, è un bene che abbiano una loro marcata identità. Noi facciamo un altro mestiere e siamo al loro servizio. L’identità delle agenzie, lo ripeto, è quella di essere aperte, di dare i giusti spazi a tutte le posizioni possibili. Avere per editore un’azienda come l’Eni non vi pone limiti in questo? Tutt’altro, essendo un’azienda con una grandissima cultura, una multinazionale, è un vantaggio. Perché capiscono la dimensione particolare dei problemi del giornalismo. Torniamo a parlare dell’agenzia: come siete strutturati sul territorio? Abbiamo sedi in tutte le regioni ita-
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liane, una a Bruxelles e una a Houston. Abbiamo 72 giornalisti più tutti i collaboratori, insomma una macchina importante con una redazione fantastica, ci tengo davvero a dirlo, perché ho trovato giornalisti davvero bravi, entusiasti del loro lavoro che mi hanno riservato una grande accoglienza e offerto da subito la massima collaborazione. Ottime premesse per realizzare i tuoi progetti, buon giornalismo e più ricavi… Certo. Già in queste prime settimane abbiamo lavorato molto al notiziario e interverremo presto anche sul sito. L’impronta nuova è la velocità e lo scoop. Velocità che non può essere a discapito dell’accuratezza. Anche la scomposizione della notizia è importante, come la scelta dei tempi e il modo di lanciarla, con flash soltanto su news importanti. Questo aiuta lettori e abbonati a capire quello che più conta. Curiamo molto anche i titoli della giornata che proponiamo in più edizioni, una ogni due ore. Sto lavorando al sito, che sarà un sito di agenzia e non un giornale. Procediamo spediti sulla via della digitalizzazione. Perché il fatto che io esalti la tradizione non significa che non voglia digitalizzare, tutt’altro. Quando io mi occupavo di modem e digitale eravamo in pochi a farlo. Ho avuto la fortuna di lavorare nel Gruppo Unione Sarda, che è stato pioniere dell’era di Internet. A tal proposito, la rivoluzione digitale come ha modificato il lavoro giornalistico nelle agenzie di stampa?
Lo ha trasformato profondamente. Basti pensare che un tempo si facevano i cable con le telescriventi, mentre oggi l’intensità e la velocità delle trasmissioni sono incrementate enormemente. Come un forte impulso si è avuto anche sul fronte dello spezzettamento delle notizie, che sono più numerose. Oggi sono oltre mille i lanci giornalieri di Agi e cresceranno ancora, però… Però? Non deve mai venire meno l’attenzione al prodotto. Non mi piacciono gli errori, le sbavature. Occorre essere tempestivi, precisi, equilibrati. Per questo punto a controllare tutto. Un bell’impegno… Fare il direttore di un’agenzia non è un mestiere consigliabile a chi non ha tempra. Bisogna alzarsi molto presto, andare avanti 12, 14 ore al giorno. Però tutto dipende da come interpreti questo ruolo. Se ti dedichi soprattutto alle relazioni puoi fare una vita anche molto più tranquilla, non dico serena soltanto perché l’aggettivo non porta molto bene. Ma io non sono così. Devo e sento il bisogno di fare il giornalista. È l’unico modo per poter lasciare un buon ricordo professionale quando, arrivato a un certo punto, smetterò, perché non ho certo l’ambizione di essere eterno. E dopo? Tornerò in Sardegna a scrivere, libri, cose mie, che è quello che mi interessa e appassiona di più.
SOMMARIO SETTEMBRE 2019
IN COPERTINA BARBARA D’URSO
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VIAGGI D’AUTUNNO Itinerari di stagione per godere della vendemmia su e giù per lo Stivale, pag.
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apprezzare l’Eroica in bicicletta, farsi incantare dalla Reggia di Caserta e dai chiaroscuri di Matera
10 RAILWAY HEART
70 LE SFIDE DEL PRIX ITALIA Torna il concorso internazionale per radio, tv e web, organizzato dalla Rai. Lo
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racconta il presidente, Marcello Foa
SAVE THE DATE
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68 L’ITALIA CHE FA IMPRESA
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UN TRENO DI LIBRI
25 WHAT’S UP
BOERI: GREEN ATTITUDE
Invito alla lettura di Alberto Brandani, che questo mese propone ai lettori della
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Freccia la nuova opera di Laurie Lico
MSGM, DIECI ANNI DI STILE
Albanese, La bellezza rubata
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90 FESTIVAL DI FINE ESTATE
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92 PAPPANO, MUSICA DELL’ANIMA
95 WOLBERT E L’ARTE ITALIANA
98 TUTTA UN’ALTRA SPADA
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PHOTO
128 FUORI LUOGO
LE FRECCE NEWS//OFFERTE E INFO VIAGGIO
114 PIÙ FRECCIAROSSA TRA ROMA E MILANO Aumentano le fermate alla stazione di Milano Rogoredo e crescono i collegamenti tra i principali scali meneghini (Centrale, Porta Garibaldi e Rogoredo) e Roma (Termini e Tiburtina) Scopri tra le pagine l’offerta Trenitalia. Oltre 280 Frecce al giorno, più di 100 città servite 6
Tra le firme del mese
I numeri di questo numero
35% il picco di share raggiunto da Live - Non è la d’Urso [pag. 29]
120 STEFANO BENAZZO Ambasciatore a riposo dal 2013, scultore, modellista navale-architettonico, esperto di treni antichi e fotografo di relitti spiaggiati: più di 200 in quattro continenti e oltre 40 mostre personali in Italia e all’estero
i chilometri della strada del Prosecco [pag. 41]
61MILA i m2 di superficie della Reggia di Caserta [pag. 55]
PER CHI AMA VIAGGIARE
MENSILE GRATUITO PER I VIAGGIATORI DI FERROVIE DELLO STATO ITALIANE ANNO XI - NUMERO 9 - SETTEMBRE 2019 REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI ROMA N° 284/97 DEL 16/5/1997 CHIUSO IN REDAZIONE IL 23/08/2019 Foto e illustrazioni Archivio Fotografico FS Italiane FS Italiane | PHOTO AdobeStock Copertina © Gianluca Saragò/LaPresse Tutti i diritti riservati Se non diversamente indicato, nessuna parte della rivista può essere riprodotta, rielaborata o diffusa senza il consenso espresso dell’editore
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EDITORE
2.300 i capolavori della collezione della Fondazione VAF [pag. 95]
LIVIO IACOVELLA Giornalista pubblicista romano, non si stanca mai di dire a tutti che, almeno una volta nella vita, bisogna provare in prima persona la bellezza della fatica e il gusto dell’impresa
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La Freccia Junior, il mensile di giochi, fumetti e curiosità per i più piccoli, in distribuzione al FRECCIABistrò di Frecciarossa e Frecciargento
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I prodo i e servizi sono sogge i a modifiche in base alla durata del volo e al tipo di aeromobile.
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Una sala del Museo Ducati
ANATOMIA DELLA VELOCITÀ «L’aerodinamica rende le moto magiche» [Claudio Domenicali, amministratore delegato Ducati]
Il vento accarezza ogni mezzo di trasporto in movimento. Durante la progettazione, grazie allo studio dell’aerodinamica, ogni elemento viene disegnato per rendere questo contatto il più fluido possibile. A questa scienza la Ducati ha dedicato la mostra temporanea Anatomia della Velocità, ospitata dal Museo Ducati di Borgo Panigale, alle porte di Bologna, fino all’8 ottobre. L’esposizione racconta di come l’aerodinamica sia una componente fondamentale alla base del concetto di performance, attraverso il quale Ducati esprime la propria eccellenza. Il percorso di visita parte da questo principio
applicato alla due ruote per poi concentrarsi sugli studi e le soluzioni sviluppate negli anni nel mondo delle corse. La mostra, inaugurata alla vigilia del Gran Premio del Mugello 2019 da Claudio Domenicali (amministratore delegato Ducati) e dai piloti ufficiali del team Mission Winnow Ducati, Andrea Dovizioso, Danilo Petrucci e Michele Pirro, raccoglie foto, video, pannelli e proiezioni che interagiscono con l’esposizione della Desmosedici GP16 e di due carene utilizzate dalla scuderia emiliana nei campionati MotoGP 2015 e 2017. ducati.com 9
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PHOTOSTORIES PEOPLE Attese a Roma Termini © Edoardo Robortella Stacul edo_stacul
IN VIAGGIO Vernazza – Cinque Terre © Eduard Halmdienst bottleeck
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LE PERSONE, I LUOGHI, LE STORIE DELL’UNIVERSO FERROVIARIO IN UN CLICK. UN VIAGGIO DA FARE INSIEME A cura di Enrico Procentese
Utilizza l’hashtag #railwayheart oppure invia il tuo scatto a railwayheart@fsitaliane.it. L’immagine inviata, e classificata secondo una delle quattro categorie rappresentate (Luoghi, People, In viaggio, At Work), deve essere di proprietà del mittente, priva di watermark, non superiore ai 15Mb. Le foto più emozionanti tra quelle ricevute saranno selezionate per la pubblicazione nei numeri futuri della rubrica. Railway heArt è un progetto di Digital Communication, Direzione Centrale Media, FS Italiane.
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LUOGHI Stazione di Roma Tiburtina AV © Angela Squarcia angelasquarciadesign
AT WORK Giorgio, macchinista Divisione Passeggeri Regionale - Trenitalia © Antonio Li Piani ermetico.op
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RAILWAY heART
A TU PER TU di Alessio Giobbi - a.giobbi@fsitaliane.it
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imona, addetta all’assistenza e alla vendita nel FRECCIALounge della stazione di Milano Centrale, per la Divisione Passeggeri Long Haul di Trenitalia. Una carriera ventennale iniziata in biglietteria, sempre a contatto con le persone. In cosa consiste il tuo lavoro? La maggior parte della mia giornata si svolge all’interno del FRECCIALounge di Milano Centrale, dove lavoro da dieci anni all’accoglienza e alla vendita diretta, e a volte anche all’esterno, nei desk o tra i binari. Ho vissuto la nascita dell’Alta Velocità partecipando all’inaugurazione della linea Milano-Bologna, le persone da assistere sono aumentate di pari passo con la diminuzione dei tempi di percorrenza da una città all’altra. Il nostro lavoro è cresciuto insieme a questa importante rivoluzione della mobilità. Questa professione ha influito sul tuo carattere? Di natura sono una persona molto riservata e il fatto di occuparmi di assistenza mi ha dato una mano a superare la forte timidezza. Importante è anche la formazione, grazie alla quale ho imparato ad approcciarmi con le persone rispettando le loro attitudini culturali, sociali, religiose o fisiche: il nostro compito è accogliere tutti nel miglior modo possibile. In dieci anni ho conosciuto molti viaggiatori, con i clienti abituali si è creato un rapporto di fiducia. Chi entra nel FRECCIALounge trova un clima familiare, gli affezionati sono tanti e diversi: persone comuni, politici, vip, clientela business. Quali sono le richieste più frequenti? L’esigenza fondamentale è senza dubbio l’informazione, specie nei momenti di difficoltà di circolazione dei treni. Il nostro compito è trasmettere la percezione che ci sono team pronti a intervenire anche nelle situazioni più complesse. Dicevi che svolgi anche attività in stazione, qual è la differenza? Le persone che incontro ai desk solitamente hanno meno aspettative rispetto a chi si reca nel FRECCIALounge, poiché si tratta, in molti casi, di viaggiatori che si spostano saltuariamente in treno. In stazione si incontrano anche molti turisti, che ci pongono le richieste più disparate. Certamente per l’attività che svolgiamo gioca un ruolo fondamentale l’esperienza. In più, a quasi un anno dalla nascita del servizio di customer care regionale, possiamo interagire anche con i colleghi che seguono questa attività, offrendo un’assistenza ancora più completa. Cosa miglioreresti e cosa ti piace di più del tuo lavoro? Alcune volte il linguaggio degli annunci diffusi in stazione rischia di non essere del tutto comprensibile. Rivedrei alcune frasi standard emesse dagli altoparlanti, rendendole più semplici. Per il resto, non riesco a immaginare un lavoro diverso da questo, dopo tanti anni a contatto con le persone ho scoperto di non poterne fare a meno. È come se mi nutrissi delle loro storie e delle loro esigenze che, in qualche modo, mi hanno aiutato a limare alcuni aspetti del mio carattere. 12
LE STORIE E LE VOCI DI CHI, PER LAVORO, STUDIO O PIACERE, VIAGGIA SUI TRENI. E DI CHI I TRENI LI FA VIAGGIARE Testo e foto di Enrico Procentese
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acopo Ascari, giovane architetto e illustratore in viaggio sul Frecciarossa Bologna-Venezia. Ci fai un breve ritratto di te? Sono un sognatore, un idealista, una persona creativa ma anche estremamente malinconica. Se ogni giorno non riesco a dare vita a un’idea, un disegno o un progetto di cui vado realmente fiero, mi arrabbio moltissimo. Sto tentando di diventare razionale, un visionario razionale. Che poi è anche l’unico modo per vivere. Di dove sei e di cosa ti occupi? Sono di Modena, cresciuto però a Milano. Sono un urbanista, laureato al Politecnico di Milano e iscritto all’Ordine, anche se al momento mi occupo di arte contemporanea, collaborando stabilmente con una nota artista italiana, Chiara Dynys (approfondimento sull’artista a pag. 106). Insieme abbiamo vissuto un anno incredibile, con due mostre personali a Roma e Venezia. Adoro la contaminazione, non potrei vivere facendo soltanto una cosa. Che tipo di viaggiatore sei? Nel corso dell’ultimo anno ho viaggiato moltissimo in treno, tra Milano, Roma e Venezia, per costruire un progetto di allestimento, incontrare partner e controllare l’andamento dei lavori. Sempre in Frecciarossa, un servizio impagabile. Il momento del viaggio diventa un momento creativo. Quante soluzioni ho trovato a problemi che sembravano impossibili da superare grazie a uno scarabocchio fatto sul fazzoletto fornito insieme al welcome drink! Che ricordo hai del tuo primo viaggio in treno? Da bambino adoravo la geografia. Cartina alla mano, indicavo le città nei dintorni che pretendevo di visitare, insistendo all’infinito perché mi si accompagnasse. C’è una persona speciale che mi ha sempre spinto a indagare ulteriormente: terrò sempre nel cuore i viaggi in treno con mia nonna, donna preziosa, alla scoperta dell’Italia. Devo tanto all’emozione di quei momenti irripetibili. Cosa ti piace del treno? Adoro il concetto di velocità. Ma quello che da sempre mi ha entusiasmato è il progetto Grandi Stazioni AV, ormai quasi completo. Il concept è geniale: le città italiane tornano ad avere una centralità europea grazie a una nuova rete di accessibilità capillare e promuovono la costruzione di grandi architetture. Nuove stazioni intese come agorà coperte. Questa capacità di ambizione e questo rinnovato orgoglio per il progetto Paese è qualcosa di abbastanza irripetibile: ha portato Zaha Hadid a Napoli e Calatrava a Reggio Emilia. Quello che ha fatto FS mi entusiasma davvero. Se avessi la possibilità di introdurre, togliere o cambiare qualcosa nel mondo ferroviario, cosa faresti? È interessante il progetto di FS per promuovere la conoscenza dei territori che si attraversano, gli usi, i costumi, le peculiarità culturali. Mi piacerebbe che questi sforzi si ampliassero ancora di più, coinvolgendo anche le stazioni ferroviarie stesse, come fatto per Milano Centrale. Le stazioni italiane sono architetture di valore immenso che meritano di essere trattate come monumenti. E dovrebbero essere visitate a prescindere dal viaggio in treno. 13
© DragonImages/AdobeStock
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PIÙ CONCILIAZIONE PIÙ SODDISFAZIONE
e persone che scelgono di viaggiare con Trenitalia sono il bene più prezioso per la società del Gruppo FS Italiane. E la loro soddisfazione il principale obiettivo. Tuttavia, con oltre 60 milioni di passeggeri all’anno che si spostano con le Frecce e gli InterCity, qualcosa può non essere pienamente coincidente con le aspettati-
molto tutelato dalla legge. A questo si aggiunge la falsa percezione che le normative non siano davvero dalla parte dei clienti (33%) e che il potere delle imprese prevalga (33%). Esistono, al contrario, strumenti che possono venire in aiuto, risolvendo le cosiddette small claim, le piccole controversie di consumo, in maniera veloce ed efficace. Come
o se il riscontro non dà l’esito sperato, può attivare la procedura di conciliazione rivolgendosi alle associazioni dei consumatori. I vantaggi sono numerosi: la gratuità; la facilità d’accesso; la rapidità dei tempi, visto che i protocolli d’intesa prevedono la conclusione entro un termine prestabilito; l’alta percentuale di accordi raggiunti e l’elevata soddisfazione dei clienti. È dal 2010 che Trenitalia ha messo a disposizione la procedura di conciliazione: nel 2018 le richieste hanno registrato un incremento del 10% rispetto al 2017 e dell’87% rispetto al 2016. Un trend in crescita non solo nel settore del trasporto ferroviario, ma anche in quello energetico, bancario, postale e delle telecomunicazioni. E se l’Italia detiene il primato negativo per la giustizia civile più lenta e inefficiente d’Europa, il Parlamento
ve dei clienti. Non tutti, però, sanno come avvalersi della conciliazione di Trenitalia. Da una recente ricerca della società Ipsos, condotta su un campione di circa 750 persone di età compresa tra i 18 e i 75 anni, solo il 5% dei consumatori italiani si sente
la conciliazione paritetica, un metodo di risoluzione stragiudiziale frutto di protocolli d’intesa sottoscritti tra associazioni e imprese. Per accedervi il consumatore deve dapprima inoltrare il suo reclamo all’azienda. Se non riceve risposta
UE ha invece riconosciuto l’attività di conciliazione di Trenitalia e delle associazioni nazionali come una best practice da seguire. trenitalia.com/it/informazioni/la_ procedura_di_conciliazione.html conciliazioniparitetiche.it
UN SISTEMA RAPIDO ED EFFICACE PER AIUTARE I CLIENTI A RISOLVERE PICCOLE CONTROVERSIE SENZA RICORRERE ALLA GIUSTIZIA ORDINARIA di Serena Berardi
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AGENDA A cura di Luca Mattei
ellemme1 – l.mattei@fsitaliane.it
save SETTEMBRE the date 2019 DISOBBEDISCO TRIESTE//FINO AL 3 NOVEMBRE «Io soldato, io volontario, io mutilato di guerra, credo di interpretare la volontà di tutto il sano popolo d’Italia proclamando l’annessione di Fiume». Il 12 settembre 1919 Gabriele D’Annunzio dà inizio con queste parole all’occu-
pazione del centro, oggi croato, che dura per tutto il 1920. Per celebrare il centenario dell’impresa prende il via un intenso programma di eventi con un’esposizione al Salone degli Incanti di Trieste curata da Giordano Bruno Guerri, presidente del Vittoriale degli
Italiani. Entrando in un colossale dirigibile in metallo dagli interni eleganti, si osservano tesori e memorie di quell’eroica esperienza, tra cui l’autovettura con cui il Vate entrò in città. Cinque le sezioni: Identità di confine, in cui si riflette sulle caratteristiche multiculturali delle regioni adriatiche; Irredentismo ed eroismo, dove si dimostra l’evoluzione del soldato reduce dalla Grande Guerra in un nuovo tipo di attivista volontario: il legionario; Rivoluzione artistica, dove oggetti di alto artigianato sono al fianco di proclami futuristi e dell’avanguardia del gruppo Yoga; Rivoluzione sociale ed Emancipazione giovanile e femminile, poiché Fiume è stata una sorta di ’68 ante litteram, con una costituzione provvisoria, la Carta del Carnaro, che prevedeva diritti per i lavoratori, suffragio universale, libertà d’opinione, religione e orientamento sessuale. dannunzioatrieste.it
Gabriele D’Annunzio fra i suoi soldati, Fiume (1920) ComunediTrieste
FESTIVAL DEL DISEGNO ITALIA//FINO AL 20 OTTOBRE «Io nel disegno sono una frana». È la frase che si sente pronunciare più spesso durante il Festival del Disegno. Perché, il più delle volte, quella passione che tanto interessa da bambini viene abbandonata durante l’età adulta. Salvo poi ricredersi in occasione di questo evento, una volta che ci si mette alla prova con qualche consiglio dei più esperti. La quarta edizione dell’iniziativa, messa in campo dalla storica cartiera Fabriano, parte dal Castello Sforzesco di Milano il 14 e 15 settembre, con attività e laboratori gratuiti, dall’acquerello alla serigrafia, dalla tipografia ai graffiti, in compagnia di maestri come Giulia Orecchia, Pao/Paolo Bordino e il gruppo Urban Sketchers. Si prosegue poi con il tour Fabriano is all around, oltre 300 appuntamenti in tutta Italia fino al 20 ottobre. Sempre e solo con un unico obiettivo: riavvicinarsi al mondo del disegno, attività ludica ma anche strumento di apprendimento e invenzione. fabriano.com/festivaldisegno
Festival del Disegno (2018) © Naphtalina
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AGENDA
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FLOWER TRAVEL ITALIA//FINO AL 20 OTTOBRE Per chi ha il pollice verde settembre è il mese ideale per mettersi in viaggio. Nel parco botanico di Villa Carlotta, a Tremezzina (CO), si è catturati dalla bellezza delle ortensie, tra varietà antiche e 60 cultivar, ottenute attraverso un miglioramento genetico. Protagonista invece del Garden Festival d’Autunno, nei weekend 21-22 settembre, 5-6 e 19-20 ottobre, presso i garden center dell’Associazione italiana centri di giardinaggio, è la tavolozza cromatica con cui si esprime il ciclamino. Tra le novità della mostra 100 sfumature di viole, in vari vivai di nord e centro Italia dal 28 settembre al 20 ottobre: ci sono le multicolor, a tre a tre nello stesso vaso, e le miniviole dal portamento tappezzante. Il top del vivaismo è atteso alla mostra mercato Verde Grazzano, dal 27 al 29 settembre a Vigolzone (PC), mentre coprotagonista a Villa della Pergola, ad Alassio (SV), insieme al colore, è il profumo in una collezione di agrumi: oltre 100 piante ornamentali o da frutto, tra aranci, limoni, chinotto, bergamotti e cedri. villacarlotta.it | aicg.it | floricolturapironi.it | verdegrazzano.it giardinidivilladellapergola.com
LOVE IS BLIND/BLIND FOR LOVE VENEZIA//FINO AL 29 SETTEMBRE Una mostra da vedere bendati. Non è un ossimoro, ma l’invito dell’artista Caroline Lépinay ad approcciarsi alla sua personale a Palazzo Tiepoli Passi. L’obiettivo è sensibilizzare alla necessità di guardare non solo con gli occhi, ma anche con altri sensi, per aprirsi a tutti e superare ogni barriera. L’iniziativa dà risalto alla diversità tra la percezione visiva e quella resa possibile da tatto, udito e olfatto. Così, ogni visitatore può indossare una mascherina e farsi aiutare da una guida dell’Unione italiana ciechi e ipovedenti a riconoscere i contenuti delle opere toccandole. Il percorso si ripete, poi, a occhi scoperti e con altre suggestioni: profumi studiati ad hoc e una musica per ogni creazione, in particolare alcune arie interpretate da Luciano Pavarotti. Il titolo dell’esposizione parte da Platone e dalla vanità, perché è cieco chi vede solo l’oggetto del proprio desiderio e perde di vista le diverse realtà dell’amore. loveisblindforlove.it
Caroline Lépinay, Le porte dell’amore (2019) carolinelepinay_artworks
VEDO NUDO SAN BENEDETTO DEL TRONTO (AP)//FINO AL 6 OTTOBRE Un gioco di seduzione sottile che cresce man mano che si entra in stretta connessione con i capolavori proposti. È ciò che aspetta il visitatore lungo il percorso nei due piani della Palazzina Azzurra, un viaggio tra le molteplici espressioni e trasformazioni del nudo e del modo in cui è stato accolto dal pubblico. Un itinerario storico, da inizio ‘900 a oggi, e transmediale, che pone al centro diverse forme d’arte come pittura, scultura, grafica e fotografia. Senza mai dimenticare l’ironia e la censura che spesso accompagnano un tema capace, forse proprio perché controverso, di stuzzicare la creatività umana. Tra le opere da non perdere i dipinti di Amedeo Modigliani, Renato Guttuso e Lucio Fontana e gli scatti di Oliviero Toscani, Piero Gemelli e Gian Paolo Barbieri. verticaledarte.it
Piero Gemelli, Together (1990) MuseoPalazzoMocenigo MocenigoVenezia 18
visitmuve
AGENDA ellemme1 – l.mattei@fsitaliane.it
Freccia Weekend settembre 2019
A cura di Luca Mattei
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Sconti Trenitalia
1 Marc Chagall, Il gallo viola (1966-72)
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© Chagall®, by SIAE 2019
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Last days alla Basilica della Pietrasanta di Napoli per la mostra antologica Chagall. Sogno d’amore, che con 150 lavori narra la vita, l’opera e il sentimento dell’artista russo per la sempre amata moglie Bella. [1] chagallnapoli.it
Per un weekend con oltre 400 tatuatori e litri di inchiostro c’è la Torino Tattoo Convention, a Lingotto Fiere, kermesse giunta alla decima edizione, tra le più importanti e prestigiose del settore a livello europeo. [2] tattootorino.com
Dal 4 all’8 a Caorle (VE) la XXIV edizione del festival mondiale del teatro di strada La Luna nel Pozzo, che predilige contaminazione tra generi e multidisciplinarietà, con oltre 30 compagnie e 100 esibizioni. lalunanelpozzofestival.it
A Palazzo Zingone-Trabia di Palermo, fino al 29 settembre, Frida Kahlo. I colori dell’anima, foto a colori e in bianco e nero di Leo Matiz che presentano l’artista messicana più acclamata di tutti i tempi. fridakahlopalermo.it
Con la mostra Kronos e Kairos, fino al 3 novembre al Parco Archeologico del Colosseo a Roma, audiovisivi e installazioni di 15 artisti italiani e stranieri dialogano con i segni del passato del luogo che li ospita. parcocolosseo.it
Dal 7 al 15, a Ravenna, il festival di danza urbana e d’autore Ammutinamenti promuove l’innovazione nelle arti performative. Lavori di giovani talenti si intersecano a show di compagnie e coreografi già affermati. cantieridanza.it/ festivalammutinamenti
Nei weekend di settembre visite guidate al Giardino della Villa Medicea di Castello, a Firenze, primo esempio di giardino formale all’italiana, realizzato da Cosimo I, dove ammirare straordinarie varietà di agrumi. musefirenze.it
Tra gli eventi principali della Milano Movie Week, il Festival internazionale del Documentario Visioni dal Mondo, Immagini dalla Realtà, atteso appuntamento sul cinema del reale dal 12 al 15 settembre. visionidalmondo.it
Sconti Trenitalia
3 Nobuyoshi Araki, Satchin and his brother Mabo (1963-1965)
4 Jacopo Tintoretto Venere, Vulcano e Marte (1551-1552)
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© Nobuyoshi Araki
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FOCUS
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Una selezione di 2.200 scatti ripercorre gli oltre 50 anni di carriera del fotografo giapponese Nobuyoshi Araki. Effetto Araki è al complesso museale Santa Maria della Scala a Siena fino al 30 settembre. [3] santamariadellascala.com
La mostra a cura di Vittorio Sgarbi, Così fan tutte, presso la location ViaDante14 di Milano dal 23 settembre al 6 ottobre, racconta l’infedeltà femminile nella storia, nell’arte e nella cultura, dall’antichità a oggi. [4] viadante14.it
Interrotta per 14 anni, torna dal 19 al 21 la Disfida di Barletta, certame cavalleresco con cui l’antico borgo marinaro rivive lo storico scontro del 1503, grazie a rievocazioni in costume e racconti teatrali. comune.barletta.bt.it Dal 22 al 27 Bologna Design Week, la settimana dell’arredo e della ceramica, con eventi in tutta la città dedicati alle identità del territorio, alla cultura del progetto e alle industrie creative. bolognadesignweek.com La Fondazione Sapegno di Morgex (AO) ospita fino al 21 Le icone di Vanna Vinci, fumettista che ripercorre le biografie di Frida Kahlo, Tamara de Lempicka, della Marchesa Luisa Casati e di Maria Callas. sapegno.it
Donne, l’altro volto della Storia è il tema del Festival del Medioevo, a Gubbio (PG) dal 25 al 29, kermesse che invita storici, architetti, scienziati e giornalisti a incrociare il passato con temi contemporanei. festivaldelmedioevo.it Nel weekend torna a Livorno Il senso del ridicolo, tre giorni di incontri, letture ed eventi su umorismo, comicità e satira. Tra gli ospiti della IV edizione Massimo Recalcati, Ascanio Celestini e Silvio Orlando. ilsensodelridicolo.it Per il XXI Napoli Film Festival, dal 23 al 30, oltre tremila opere in concorso nelle sezioni Europa e Mediterraneo, SchermoNapoli e Videoclip Sessions, e un omaggio al cinema tedesco a 30 anni dalla caduta del Muro. napolifilmfestival.it
SALONE INTERNAZIONALE DEL BIOLOGICO E DEL NATURALE Oltre mille aziende espositrici in sei padiglioni, per un’area di 60mila m2. Sono i numeri di Sana, gli Stati Generali del biologico, a Bologna Fiere dal 6 al 9 settembre. Convegni, workshop e incontri tra operatori e buyer in arrivo da 30 Paesi nelle tre macro-aree espositive dedicate a food, care&beauty e green lifestyle. A confronto le principali aziende del settore dell’alimentazione biologica italiana e internazionale, i fornitori di servizi e prodotti naturali per la cura della persona, le più innovative tecnologie ecocompatibili. Il Salone è anche un’occasione di riflessione sulla più stringente attualità: Sana Academy, contenitore culturale della manifestazione, organizza approfondimenti sulle intolleranze e le allergie alimentari, con focus sulla celiachia; sugli integratori alimentari di matrice vegetale e le interazioni con cibo e farmaci; sul possibile uso di sottoprodotti della filiera agro-alimentare per la tutela della salute. Sostenibilità, rispetto dell’ambiente e declinazione bio anche nei bar e nelle aree ristorazione: la plastica monouso è sostituita da vetro e materiali compostabili e l’acqua minerale viene erogata in modalità free beverage dai distributori Zero plastica. La proposta enogastronomica offre infine una ricca scelta di prodotti in linea con uno stile di vita sano e responsabile. [5] sana.it
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di Gilda Ciaruffoli - a cura di
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Save the Date settembre 2019 22
GOURMET C’è una festa questo mese che, tra i suoi momenti clou, ha il Campionato internazionale mangiatori di peperoncino. Record da battere? Cinquecento grammi in mezz’ora. Siamo in Calabria, ovviamente, al Peperoncino festival di Diamante dove, dall’11 al 15 settembre, gusto, folklore ed eros si incontrano durante una serie di eventi a loro modo piccantissimi. peperoncinofestival.org Un fine settimana frizzante: è quanto promette il Festival Franciacorta in Cantina che si tiene il 14 e 15 tra le vigne di questo angolo in provincia di Brescia. Le cantine si aprono alle degustazioni e i ristoranti propongono menù a tema, ma vengono anche organizzati trekking tra i filari e visite ai nuclei storici lungo la Strada del Franciacorta. festivalfranciacorta.it Da martedì 17 al 30 le piazze di Sandrigo (VI) si tingono di rosso, bianco e blu: i colori della Norvegia, patria dello stoccafisso che nelle cucine della zona si trasforma in delizioso baccalà alla vicentina. Oltre 30 anni di storia per la Festa del Bacalà, una manifestazione amatissima per il suo spessore culturale oltre che per le ottime pietanze servite. festadelbaccala.com
Piatto della pace per eccellenza, capace di unire popoli, storie e tradizioni, il cous cous torna a essere celebrato a San Vito Lo Capo (TP), dal 20 al 29. Dieci le giornate del Cous cous fest durante le quali si alternano gastronomia, cultura e musica, mentre cuochi provenienti da tutto il Mediterraneo (e non solo) si sfidano con ricette che rileggono la tradizione. couscousfest.it
La possibilità di assaggiare i piatti dei più grandi chef, stellati e non, alla guida di 14 tra i ristoranti migliori della città. Il tutto a prezzi popolari e creandosi un menù su misura di altissimo livello. Un sogno realizzabile a Taste of Roma, che torna da giovedì 19 a domenica 22 all’Auditorium Parco della Musica con assaggi gourmet e un clima di rilassata convivialità. tasteofroma.it Di cosa si parla quando si nomina il formaggio naturale? Questo concetto è protagonista a Bra (CN), dal 20 al 23, in occasione di Cheese, manifestazione organizzata da Slow Food. Tema dell’anno è, appunto, il concetto di naturale: si parte dai formaggi, ma c’è spazio anche per salumi, pane e vino, con degustazioni e dibattiti. cheese.slowfood.it
Città di confine tra Italia e Slovenia, Gorizia è la location perfetta per ospitare Gusti di frontiera, festival che unisce in un unico contesto specialità e produttori provenienti da 44 Paesi. Così, tipicità enogastronomiche dai quattro angoli del mondo, come la pljeskavica dei Balcani, il fish and chips britannico e l’aringa del Baltico, si incontrano in piazza Sant’Antonio per quattro giorni di festa dal 26 al 29 settembre. gustidifrontiera.it
Domenica 29 e lunedì 30, vino e arte si danno appuntamento a Cittadella (PD), nelle sale dell’elegante Villa Colombara, per la seconda edizione di CittadellArteVino. Nei due giorni di manifestazione, 50 produttori accompagnano nella degustazione delle loro migliori bottiglie wine lover e curiosi, piacevolmente immersi tra opere e istallazioni d’arte. cittadellartevino.it
#museomontagna
05.0720.10.2019
I T I M I L A Z SEN TRE I CONFINI OL
CINEMA SULLE ALPI OCCIDENTALI
Un progetto
Il Museomontagna è sostenuto da
WHAT'S UP
IL RITORNO DI NOTRE-DAME DE PARIS
NUOVO TOUR PER L’OPERA POPOLARE TARGATA RICCARDO COCCIANTE. NEI PANNI DI ESMERALDA ORA C’È ELHAIDA DANI di Gaspare Baglio gasparebaglio
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WHAT’S UP
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ltre 13 milioni di spettatori internazionali, 23 Paesi attraversati, più di cinquemila spettacoli, traduzioni e adattamenti in nove lingue diverse. L’opera popolare Notre-Dame de Paris non smette di stupire grazie a uno show senza precedenti, ai testi di Pasquale Panella, ma soprattutto alla meravigliosa musica di Riccardo Cocciante, che continua – da 17 anni – a tenere viva l’attenzione per questo spettacolo emozionante. Dopo le prime tappe a Pesaro il 13 e 14 settembre, si passa al festival Parma Cittàdella Musica (19-21), per poi proseguire su e giù per lo Stivale fino al gran finale fissato a Roma (27-29 dicembre). Ne parliamo con il cantautore che ha saputo trasformare in melodia i sentimenti più intimi dell’animo umano, con brani del calibro di Celeste nostalgia, Quando finisce un amore, Margherita e Se stiamo insieme. Notre-Dame de Paris: un successo che prosegue... Questo progetto è stato l’inizio di una nuova maniera di fare l’opera popolare. Un modo differente per realizzare un musical, di cui ho sempre evitato lo stile, così come ho evitato quello dell’opera in senso stretto. Qual era il suo obiettivo? Esprimermi come nella canzone popolare. In Notre-Dame de Paris la scrittura musicale e dei testi è contemporanea. Non si è mai chiesto il perché di tanto successo?
Non ho mai voluto seguire una moda. E forse è per questo che le mie cose restano. Quando ci si differenzia dal passato, si ha la fortuna di rimanere nel tempo. Ci sono novità nello spettacolo? La rappresentazione rimane la stessa. C’è qualche variante nel cast anche se resta quasi tutto quello originale: Giò Di Tonno è Quasimodo, Matteo Setti interpreta Gringoire, Graziano Galatone veste i panni di Febo e Vittorio Matteucci presta voce e volto a Frollo. Cambiano Clopin e Fiordaliso: il primo è Leonardo Di Minno, la seconda è Tania Tuccinardi. Chi interpreta la zingara Esmeralda? Non c’è più Lola Ponce. Al suo posto ho scelto Elhaida Dani che ha vinto, proprio con me, la prima edizione del talent show The Voice of Italy. Perché proprio lei? Si è fatta le ossa interpretando questo personaggio nella versione francese dello show. Dopo la gavetta, adesso è davvero matura. Elhaida ha un grande talento per il canto e ha imparato a vivere nel contesto dell’opera popolare. Quale caratteristica ha voluto donare ai protagonisti? Sono tutti un ponte tra il moderno e l’antico, non sono datati nel modo di apparire e muoversi, ma sempre in bilico tra passato e presente. Il personaggio che ha nel cuore? Notre-Dame de Paris è un miracolo: ci sono arie incredibili per tutti i protagonisti, nessuno escluso. Se devo
WAKE UP FESTIVAL 6, 7, 14 settembre Mondovì (CN) è il cuore dell’evento di musica elettronica e pop che fa ballare e cantare il nord-ovest italiano. Questa edizione porta sul palco una serie di interpreti e deejay tra i più seguiti del momento. Una line up trasversale che mette insieme un pubblico eterogeneo da tutte le parti d’Italia e d’Europa. Tra gli headliner Achille Lauro, J-Ax + Articolo 31 e Martin Garrix. Spazio anche a talk show condotti dal giornalista e speaker Massimo Cotto. wkup.it
SHIRE MUSIC FESTIVAL 14 settembre L’evento one-day più cool del nord Italia è a Crema. Il cast è ricco, con nomi del calibro di Da Tweekaz, Brohug, Tedua, Spag Heddy, Oddprophet, Zonderling, Slvr e Big Fish. Emozione, impegno, entusiasmo e passione sono solo alcuni degli ingredienti della manifestazione. Due grandi palchi per oltre 12 ore di musica non stop: il primo è interamente dedicato alla dance dalle forti emozioni, mentre il secondo è a misura di hip hop. shiremusicfestival.com
fare una scelta personale, però, nel gobbo Quasimodo ritrovo me stesso. Quando compongo, infatti, non penso a niente, ma solo a me. Interpreto le canzoni per sentirle dentro: devo personalizzarle prima di farle uscire e appartenere a un ruolo. Riccardo Cocciante e il viaggio? Per un artista è importante viaggiare. Non solo per promuovere i propri lavori, ma anche per arricchirsi attraverso le altre culture. ndpitalia.it
PIANO CITY PALERMO 27>29 settembre Torna il festival di pianoforte che trasforma il capoluogo siciliano in un grande palcoscenico. Oltre 50 ore di note riempiono strade, piazze e quartieri, proponendo percorsi urbani e itinerari tematici nei luoghi più suggestivi della città. Innovazione, sostenibilità e desiderio di scoperta sono le parole chiave di una kermesse che affonda le sue radici in una metropoli simbolo dell’accoglienza, nel cuore del Mediterraneo. pianocitypalermo.it
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© Gianluca saragò/LaPresse
INCONTRO
WONDER BARBARA LA D’URSO SCALDA I MOTORI PER TORNARE SUL PICCOLO SCHERMO. LA STAR DELLA TV RACCONTA ALLA FRECCIA UN ANNO DI SUCCESSI E QUALCHE SUCCOSA ANTEPRIMA
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di Gaspare Baglio gasparebaglio
ono molto contenta di fare questa intervista per La Freccia, perché vivo in treno: conosco a memoria gli orari, le tratte, i sedili e persino i nomi dei capitreno. Ormai sono volti familiari. E poi vi leggo sempre». Esordisce così Barbara d’Urso o, come la chiamano quelli del suo staff, Queen B. Effettivamente la conduttrice vanta un carnet di successi talmente ampio da essere stata, nell’ordine, la regina della fiction, quella dei reality, poi del pomeriggio e pure della domenica. Insomma, non si è fatta mancare nulla. Nemmeno nella stagione 2018/2019, che l’ha vista (quasi) onnipresente su Canale 5: tutti i giorni con Pomeriggio Cinque, il dì di festa con Domenica Live e nel prime time - per due sere a settimana - con Live - Non è la D’Urso e il Grande Fratello. Una stacanovista del piccolo schermo che non perde colpi nemmeno sui social. Se su Twitter la seguono oltre 830mila persone, su Facebook supera il milione di like, mentre Instagram le ha regalato un record da più di due milioni e 300mila follower. Una donna super. E nelle sue story non mancano mai i viaggi sul Frecciarossa. Con tutti i viaggi che fai sull’Alta Velocità Roma-Milano, non posso che chiederti subito qual è stato il treno della vita. Ne ho avuti tanti. Uno di questi fu nel 1977 quando Silvio Berlusconi aprì Telemilano 58 e mi volle in Goal, un programma con Diego Abatantuono e Massimo Boldi. Poi il treno che mi portò in Rai per affiancare Pippo Baudo a Domenica in. E ancora quelli che mi fecero interpretare alcuni sceneggiati televisivi. Solo questi? No, assolutamente. Un altro treno ha il nome di Pietro Garinei, che mi volle nella commedia musicale E meno male che c’è Maria, al fianco di Enrico Montesano che interpretava una Mrs. Doubtfire nostrana. Ricordo le lezioni di canto all’alba per migliorare. Ovviamente un altro treno è quello che presi per interpretare La dottoressa Giò, una storia che ha dell’incredibile. Racconta un po’… L’autore della fiction mi vide di notte da Marzullo, a Sottovoce. Il giorno dopo chiamò la mia agente, era convinto dovessi essere io la protagonista. Tanti binari che ti hanno portata ai giorni nostri e a una stagione tv memorabile.
Super fortunata e di grandi soddisfazioni: Pomeriggio Cinque, nel suo decennale, è stato ancora una volta leader di ascolti. Domenica Live, visto il suo successo, è stato addirittura promosso in prima serata trasformandosi in Live - Non è la d’Urso. Ogni trasmissione ha mantenuto la propria identità, seguendo filoni diversi. E io ho cercato di differenziarmi nei vari programmi, per contenere l’effetto sovraesposizione. Nessuno si sarebbe mai aspettato simili riscontri su tutti i fronti. Lavorando per un canale commerciale devo portare dei risultati di share, Mediaset vive di pubblicità. Del Grande Fratello che mi dici? Ha mantenuto una media del 20% di share, nonostante i reality, in questa stagione, abbiano mostrato un po’ di affaticamento. Siamo stati tutti molto soddisfatti. Alla presentazione dei nuovi palinsesti, però, non mi sembra che sia stato annunciato il prossimo GF nip... Perché si sono focalizzati e hanno presentato le trasmissioni che, principalmente, andranno in onda o partiranno fino a dicembre. Comunque il mio GF ci sarà, nella stessa fascia di quest’anno. Arriviamo a Live – Non è la d’Urso, una scommessa vinta, non senza lotte… Ha avuto una gestazione particolare: l’azienda mi chiedeva da un anno di portare il day time in prime time. Una trasmissione dai costi contenuti, senza orchestra o corpi di ballo, ma che tenesse incollato il pubblico per i temi trattati e potesse restare in palinsesto per mesi. Un’operazione ad altissimo rischio e totalmente inedita per Canale 5: non un format internazionale da riadattare, ma un programma da inventare da zero. Alla fine mi sono buttata e l’ho scritto insieme al mio autore, Ivan Roncalli. Mi avevano chiesto un obiettivo di share del 12% e siamo arrivati a puntate con una media del 20 e picchi del 35: risultati incredibili raggiunti in pochissimo tempo. Cos’è piaciuto di Live – Non è la d’Urso? È bizzarro, ma le persone per strada, dal salumiere alla signora chic milanese, confessano di essere ormai ipnotizzate, dipendenti dal programma. Parliamo di ciò di cui parla la gente al bar o in un ufficio. Per questo, in pochissimo tempo, siamo diventati un appuntamento fisso per milioni di italiani. Abbia29
© Ufficio Stampa Mediaset
INCONTRO
mo creato un linguaggio nuovo con meccanismi inediti: le sfere che lanciano scariche verdi o rosse, le docu-fiction pop, l’interazione col pubblico a casa che può votare gli ospiti in studio e decretare il migliore e il peggiore, l’ascensore ad alto tasso emotivo. Quest’ultima trovata com’è nata? Dall’idea che in un palazzo, se c’è qualcuno che ti sta antipatico, stai pur tranquillo che lo beccherai in ascensore. Da lì abbiamo pensato che si potessero incontrare persone che mal si sopportano, ma anche che si amano o devono chiarirsi. Poi ci sono stati casi particolari come il famoso incontro tra la showgirl Paola Caruso e la mamma biologica, con tanto di svelamento del Dna in diretta. Eppure c’è qualcuno che pensa che il grande successo di Live – Non è la d’Urso sia dovuto principalmente al caso Prati-Caltagirone, che il prossimo anno non ci sarà. Cosa rispondi a chi ti critica?
Che la vicenda legata a Pamela Prati è avvenuta a poche puntate dalla fine, che Live – Non è la d’Urso ha avuto picchi di share del 35%, e non sul caso Prati, che il programma dura tre ore e mezza e la scaletta è fatta di tanti argomenti. Molte trasmissioni si sono occupate del mistero di Mark Caltagirone, ma noi abbiamo portato avanti un’inchiesta giornalistica che ha davvero scoperchiato un sistema: c’erano tantissime persone coinvolte a loro insaputa. Una vicenda talmente surreale che il pubblico è rimasto incollato. Ma Live non è stato solo questo: abbiamo fatto venire Heather Parisi da Hong Kong, ho ospitato in esclusiva, per la prima volta insieme, Al Bano con Loredana Lecciso e i loro figli, Vittorio Sgarbi ci ha fatto conoscere le sue due figlie, si è parlato dello scandalo sulle nozze del neomelodico Tony Colombo. Anche prima del caso Prati siamo stati ben oltre l’obiettivo di share prefissato. Tu, però, hai avuto esclusive non male sulla vicenda Prati. 31
INCONTRO
© Ufficio Stampa Mediaset
Ho una redazione giornalistica molto forte. E dal momento che vengo a sapere, per esempio, che il fantomatico Mark Caltagirone ha ricevuto il premio come miglior imprenditore in Albania, prendo il mio giornalista più bravo per cercare questo riconoscimento che, ovviamente, non ha trovato, visto che Mark Caltagirone non esiste. Che, poi, al tempo dei social è anche tutto molto più semplice... Vero. Però a me capitano cose particolari: mi ha scritto la mamma del bambino chiamato a interpretare Sebastian, il finto figlio di Pamela Prati e Mark Caltagirone. Mi cerca una signora di Catanzaro quando si rende conto che la showgirl Paola Caruso è la figlia che credeva morta appena nata. Sono fortunata, perché tanta gente mi segue, vede i miei programmi, mi contatta e si creano connessioni. Ci saranno novità relativamente a Pomeriggio Cinque e Domenica Live? Non verranno stravolti, ma è ovvio che la tv cambia. Le famose D’Urso-interviste con i video messaggi, che ho inventato anni fa, ora le fanno tutti. Io vado avanti, non posso fermarmi alle cose che, ormai, si vedono ovunque. Su Twitter, effettivamente, hai confermato di proseguire l’avventura a Domenica Live. Pier Silvio Berlusconi, sempre durante la presentazione dei palinsesti, ti ha dato la possibilità di scegliere se farla o meno. È stato carino, ha lasciato decidere a me. Tutti hanno cominciato a cercare una possibile sostituta. Invece Pier Silvio intendeva, ed è stato anche abbastanza chiaro, che il programma o si fa con me o non si fa. Comunque sì, ci sarò anche con Domenica Live. Un po’ di tv estera la vedi? Mi piace Oprah Winfrey, ma vedo molto poco la tv: vivo blindata negli studi Mediaset. Dopo oltre 12 ore di lavoro, esco e vado in giro. La vita è breve. A parte Sanremo, c’è qualche programma della concorrenza che vorresti condurre?
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Sinceramente no. Mediaset mi ha dato davvero la possibilità di cimentarmi in qualsiasi cosa mi piacesse: la mattina, il pomeriggio, nel prime time. Manca solo il Festival. Ti piacerebbe rifare un reality vip? La fattoria mi piaceva un sacco, mi divertivo da morire. E poi c’era un cast pazzesco, con Pupo come inviato. Tra l’altro Pupo dice sempre che l’ho “inventato” come conduttore. È davvero una persona molto carina. La total audience, nuova rilevazione della tv che guarda gli stream, premia Canale 5. La trovo una figata pazzesca. Sono felice che il popolo del web sia tenuto in considerazione. Cosa mi dici di Dolceamaro? Il remake della tua hit con Cristiano Malgioglio è stato un successo estivo. Ti tocca fare un altro singolo... No, no, basta. Posso dirti, però, che sono molto orgogliosa che sia stato il motivo portante dei Gay Pride. In ogni città, sui carri, andava Dolceamaro. Un fatto che mi ha riempito il cuore. Il popolo gay, che io amo follemente, mi riconosce come icona. Senti, ma un segreto ce l’avrai. Insomma non sbagli un colpo e hai un sacco di fan. La gente sente come sei. Se menti, prima o poi, esce fuori. D’accordo, ma adesso torniamo a parlare di viaggi. Facci da Cicerone. Dove vorresti portarci in treno? Da Napoli in giù. Passerei per la Calabria, dove il treno percorre i binari lungo il mare. Sembra quasi di attraversare la spiaggia. Le acque cristalline e la costa sono pazzesche. Arriverei fino a Villa San Giovanni, dove prendere il traghetto per Messina. Prossimo viaggio? Verso Milano per tornare a Cologno Monzese. In Frecciarossa, chiaramente. carmelitadurso barbaracarmelitadurso barbaradurso
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TOUR
DAL TRENTINO ALLA SICILIA, DALLA TOSCANA ALLA BASILICATA, UN VIAGGIO ATTRAVERSO LE VENDEMMIE D’ITALIA di Marco Gemelli - a cura di vdgmagazine.it
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TRAVEL
anche dalle vigne in sé, dai tempi di maturazione delle uve e dagli obiettivi da ottenere (come le rese per ettaro), il che rende ancor più arduo parlare di una sola vendemmia per le oltre 500 varietà di uva coltivate nel nostro Paese. E poi, oltre che un lavoro in sé, sempre più spesso la raccolta è diventata una leva per il turismo, considerate le bellezze che sorgono a pochi chilometri dalle vigne: è il caso del Castello di Grumello (BG) o della tenuta Il Borro nell’aretino. Vediamole, allora, le mille vendemmie d’Italia. Nelle regioni dell’arco alpino spiccano diverse viticolture estreme, dette eroiche perché riuscire a fare un buon vino in quei contesti ambientali è davvero un’impresa. È il caso delle colline del Prosecco, riconosciute come Patrimonio dell’Umanità Unesco, dove la Glera viene coltivata su versanti con pendenze difficili da percorrere con mezzi meccanici. Oppure del Müller-Thurgau, bianco aromatico del Trentino, piantato su terrazzamenti realizzati con massi e ciottoli di porfido, roccia vulcanica che conferisce aromaticità. E che dire della Valtellina, dove nascono rossi potenti come lo Sfurzat, adatti a un lungo invecchiamento, oppure delle Cinque Terre con
i loro gradoni e terrazzamenti, patria di un vino come lo Sciacchetrà, dorato e dal profumo di miele? Particolarmente suggestive da visitare in autunno sono le Langhe, in Piemonte – tra le province di Cuneo e Asti – dove nascono Barolo, Nebbiolo, Barbera e Dolcetto d’Asti: non è difficile trovare cantine che consentono di visitare i vigneti e partecipare insieme ai vignaioli alla raccolta e lavorazione delle uve. Non meno spettacolari sono le vendemmie tra Merano e Rovereto, nonché sui Colli piacentini: qui, terra di Cabernet-Sauvignon e Chardonnay, alla gita in vigna si può unire la scoperta di località come Ziano, Vigolzone, Ponte dell'Olio, Vernasca e Castell'Arquato. Nel trevigiano, poi, Valdobbiadene è una delle principali località per la produzione vinicola: terra del prosecco di Conegliano-Valdobbiadene e del Superiore di Cartizze, durante la vendemmia offre una scusa per organizzare visite a cantine storiche come quella di Carpenè Malvolti, che dal 1868 produce spumanti di qualità. Merita una sosta anche la zona collinare tra Brescia e l'estremità meridionale del Lago d'Iseo, in Lombardia, ossia la Franciacorta, area vinicola dalle antichissime tradizioni e
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i fa presto a dire vendemmia, in un Paese – come l’Italia – che passa dalla Vernaccia all’Amarone, dal Collio alla Barbera, dall’Erbaluce al Nebbiolo: dai vigneti alle pendici delle Alpi fino a quelli adagiati sulle colline del Chianti o nelle Langhe, oppure dagli strapiombi delle Cinque Terre ai terrazzamenti della Valtellina, la raccolta dell’uva è un rituale mai uguale a se stesso. Come è impossibile parlare di una cucina italiana senza scendere nel dettaglio delle singole tradizioni regionali, allo stesso modo da Nord a Sud la vendemmia ha i suoi tempi, le sue tecniche, migliaia di aneddoti e personaggi da scoprire. Insomma, con buona pace di chi crede che raccogliere l’uva sia tutto sommato un’operazione meccanica, la vendemmia in Italia è varia, complessa e soprattutto lunga. Già, lunga. Perché dal 27 luglio – quando in Sicilia si porta in cantina il primo acino di Pinot grigio – sino ai primi giorni di novembre, quando in Basilicata si raccoglie l’ultimo grappolo di Aglianico, tra i tralci può accadere davvero di tutto. Molto dipende dal fattore meteo, con i vignaioli che per settimane scrutano il cielo come antichi sciamani, ma
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patria dello spumante Docg. Scendendo lungo la Penisola, la vendemmia in Toscana è sinonimo delle colline del Chianti, a cavallo tra le province di Firenze, Siena e Arezzo, con un susseguirsi di alcuni dei borghi più belli d’Italia, da Castellina in Chianti a Monteriggioni. Ma il Granducato è anche terra di viticoltura eroica, con i pendii estremi tra le isole dell’Arcipelago e la Lunigiana: per esempio, la Doc dei Colli di Luni si produce in un territorio scosceso strappato ai boschi tra le province di La Spezia e Massa, dove da secoli si coltiva il Vermentino. Anche in Umbria, la zona di Montefalco (PG) non è solo il centro della produzione del Sagrantino, ma invita a scoprire le mura medievali, la chiesa-museo di San Francesco e le vigne del convento di Santa Chiara. Le peregrinazioni lungo le vendemmie d’Italia portano poi al sud, dove tra vitigni autoctoni e internazionali la varietà non manca: in Sicilia c’è chi inizia a fine luglio raccogliendo la base per gli spumanti (Chardonnay e Grillo) e chi, alle falde dell’Etna o a Venosa in Basilicata, non depone le cesoie fino ai primi giorni di novembre. Lun-
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go la Costiera amalfitana e a Ischia, in Campania, parte della bellezza del paesaggio è data dai terrazzamenti a picco sul mare dove la raccolta avviene solo a mano: per trasportare le uve in cantina, i viticoltori sono costretti a usare monorotaie o a portare i grappoli a spalla lungo percorsi difficoltosi o per ripidissime gradinate. Chi invece capitasse in autunno nella provincia di Trapani potrebbe scoprire che Marsala non è solo zona di produzione dell'omonimo vino liquoroso, ma una splendida meta turistica e sede di un importante parco archeologico. Che dire poi di Pantelleria, che attira ogni anno visitatori da tutto il mondo, ma in autunno ha un’atmosfera unica con i vignaioli impegnati sui terrazzamenti nella vendemmia dello Zibibbo, nell’appassimento delle uve al sole e nella sgrappolatura che darà vita al celebre passito locale? Se negli occhi dei cinefili rimane la scena della pigiatura a suon di musica di Adriano Celentano in un noto film degli anni ’80, Il bisbetico domato, sono lontani i tempi in cui la raccolta era generalmente faticosa e veniva seguita dalla schiacciatura con i piedi,
ormai rimasta quasi esclusivamente come momento di folklore. In Italia, al di là dei casi in cui è ancora necessaria la raccolta manuale – sia per motivi ambientali, sia per scegliere i grappoli adatti ai vini di qualità superiore come la Gran Selezione del Chianti Classico – si usano infatti metodi meccanici, con macchine vendemmiatrici che velocizzano il lavoro manuale, trainate da un trattore o semoventi. Generalmente funziona così: il grappolo che si stacca dalla pianta viene raccolto prima che tocchi terra, pulito da eventuali impurità e posto su una tramoggia che in seguito viene svuotata in grandi rimorchi. Esiste poi la pratica delle vendemmie scalari, usata a macchia di leopardo in diverse zone e che consiste nel raccogliere le uve di una stessa vigna in più momenti, a seconda del grado di maturazione dei grappoli. Un altro tipo di vendemmia che conta decine di esempi, da nord a sud, è la tardiva: si usa per realizzare vini passiti e consiste nel ritardare il momento della raccolta per aumentare il tenore zuccherino dell’uva. Regione che vai, vino che trovi.
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I vigneti eroici del borgo di Rolle (TV)
PAESAGGI E SORSI DI ALTA MARCA
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UN ITINERARIO DI 120 CHILOMETRI SULLA STRADA DEL PROSECCO, TRA LE COLLINE DI CONEGLIANO E VALDOBBIADENE, APPENA NOMINATE PATRIMONIO UNESCO. UN LEMBO DI VENETO DALL’ORIZZONTE MOSSO, CON AROMI E COLORI CHE LASCIANO STUPEFATTI A OGNI CURVA Testo e foto di Vittorio Giannella
n paesaggio culturale, ossia un sito che è originato dalla combinata attività di uomo e natura. Un paesaggio inteso non come un panorama o una bella cartolina, ma come la capacità della popolazione di realizzare, gestire e far evolvere in modo armonico i propri luoghi realizzando benessere, identità comune». Questa la motivazione che ha convinto gli esperti Unesco a inserire le colline di Conegliano e Valdobbiadene nella lista del Patrimonio mondiale dell’Umanità. Un’area dall’anima
fazzoletto di terra di soli 106 ettari, coltivati attorno a Valdobbiadene esclusivamente per produrre un milione di bottiglie del pregiato spumante Cartizze, vanto italiano riconosciuto in tutto il mondo. «Il vino è la poesia della terra, della sua terra», amava dire Mario Soldati, e l’Alta Marca, in provincia di Treviso, offre un ventaglio di etichette amplissimo. Idealmente proprio da Valdobbiadene parte la Strada del Prosecco, pensata nel 1966, che si srotola in una sorta di anfiteatro naturale sovrastato dagli alti crinali delle Prealpi fino
agricola ma con un tocco di nobiltà che si percepisce nelle sue splendide ville, comprende 15 Comuni immersi in 6.578 ettari di vigneti eroici abbarbicati su pendenze accentuate – che producono Prosecco Superiore Docg, il più consumato al mondo – e un
a Conegliano. Un paesaggio di spazi boschivi, corsi d’acqua, piccoli borghi e vigneti punteggiati di rustici e casali, castelli e abbazie. Un territorio votato alla viticoltura, dove anche il tempo, grazie a una magica alchimia, sembra più indulgente, rallentando i 41
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ritmi della vita che appare scandita dagli antichi rituali della campagna, di gente schietta, che vive con leggerezza e allegria in questa provincia benestante, dove nelle osterie c’è voglia di chiacchierare con gli amici, con in mano sempre un bicchiere pieno di bollicine, e il ritmo vorticoso odierno sembra un lontano ricordo. Un mondo legato all’alternarsi delle stagioni, un mondo che attende solo di essere scoperto senza frenesia. Uno spicchio di Veneto che appaga chi ama l’arte o chi ricerca cantine, chi ama passeggiare o perdersi nelle viuzze dei piccoli borghi, ma quando si tratta di mettersi a tavola è facile trovarsi tutti d’accordo. Percorrendo il reticolo di stradine attorno a Valdobbiadene si arriva a San Pietro di Barbozza dove, nella picco-
Chiostro dell’abbazia cistercense di Follina (TV)
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la piazzetta, colpiscono l’attenzione varie sculture ricavate dalle pietre levigate di fiume. L’autore è Zoe, un arzillo ottantenne che per diletto raccoglie sassi dal Piave e li scolpisce per regalarli a chiunque passi di là a salutarlo. In paese, poi, si può visitare la cella vinaria affrescata, sede della Confraternita del Prosecco dove, dal 1946, si riuniscono i 130 confratelli scelti tra tecnici enoici e personalità del mondo vitivinicolo, con un obiettivo: valorizzare la produzione del Prosecco Superiore Docg Conegliano Valdobbiadene ed eleggere la bottiglia migliore dell’anno. Di lì a poco si raggiunge Follina, nota per l’abbazia cistercense del XII secolo di gran pregio, luogo dell’anima, di preghiera e vita spirituale. Nella penombra del chiostro, le colonne adornate da ca-
pitelli scolpiti recano simboli che per secoli sono stati segni di fede, con al centro la bella fontana a base ottagonale. «Il silenzio è come un bagno benefico per il nostro spirito», spiega Padre Marco incontrato tra le colonne dell’abbazia, «come consiglierei l’igiene del corpo, così necessita di pulizia anche l’anima, e il silenzio è il miglior detergente». Segno evidente di un’antica civiltà rurale si ritrova al Molinetto della Croda, vicino Refrontolo, un mulino mosso dalle acque del torrente Lierza, in cui si riflette, che macina ancora a pietra: dalla farina ricavata si ottengono focacce e polenta che accompagna i tipici spiedi, innaffiati dal Prosecco Superiore Docg. Un salto lì vicino per vedere il magico borgo di Rolle è imperdibile, posto com’è tra declivi di
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Le nebbie che scivolano sui vigneti a Valdobbiadene
colline e vigne, «una cartolina mandata dagli dèi» lo definiva il poeta Andrea Zanzotto. La fitta rete di sentieri e stradine di queste colline consente di raggiungere facilmente le numerose chiesette campestri sparse tra i vigneti, come San Vigilio del XIII secolo a Col San Martino, inconfondibile col suo grande orologio, e al cui interno si possono ammirare alcuni affreschi raffiguranti la Madonna con bambino e S. Nicola e S. Giorgio. Nemmeno il tempo di tirare il fiato ed eccoci a Conegliano, con le sue antiche mura che proteggono 44
il castello edificato tra il XII e il XIV secolo, raggiungibile con una breve scalinata dalla centrale piazza Cima da Conegliano, dedicata al grande pittore del ‘400 che nel Duomo della sua città natale lascia un’unica e straordinaria opera, una Madonna con Bambino in trono del 1493. Da Conegliano lungo la via dei vigneti che, come sipari, si susseguono a vista d’occhio, in breve tempo si arriva a Vittorio Veneto, la Città della vittoria legata alla Grande Guerra, e per questo sede di un interessante Museo della Battaglia, dove ogget-
ti e cimeli sono catalogati lungo un percorso emozionale che spiega la vita di trincea. Vittorio Veneto conserva il fascino e la suggestione di un antico borgo, con le vie acciottolate, la bella piazza Flaminio chiusa dalla torre comunale e dalla Loggia Serravallese del 1462. Questo territorio del Prosecco Superiore Conegliano Valdobbiadene rivela subito al visitatore il suo maggior pregio: la capacità di far stare bene con i suoi valori schietti e autentici. coneglianovaldobbiadene.it StradaProsecco
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EROICA MONDIALE LA CICLOTURISTICA D’EPOCA NATA NEL 1997 A GAIOLE IN CHIANTI OGGI È UN SUCCESSO ANCHE IN GIAPPONE, GRAN BRETAGNA, OLANDA, SUDAFRICA, SPAGNA, CALIFORNIA E GERMANIA. UNA MAGIA VISSUTA DA MIGLIAIA DI PERSONE, LA PRIMA DOMENICA D’OTTOBRE di Livio Iacovella
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Photo Paolo Penni Martelli
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Gaiole in Chianti (SI)
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na poesia scritta con la bicicletta», recita il sito web dell’Eroica, l’evento nato nel 1997 a Gaiole in Chianti. In effetti la cicloturistica d’epoca più amata e imitata al mondo, che da sempre si svolge la prima domenica d’ottobre, ha successo proprio perché coltiva e alimenta la passione per un mondo a pedali che non c’è più. Un mondo fatto di maglie di lana, biciclette antiche, strade sterrate e rifornimenti d’un tempo. Tutti insieme, questi elementi hanno contribuito a creare quella magia vissuta da migliaia di persone in arrivo ogni anno da più di 60 Paesi. L’Eroica celebra il Chianti e la Val d’Orcia, territori di una provincia italiana, Siena, che riscopre sempre più la bellezza del paesaggio, il gusto per i sapori della vita contadina, l’emozione dei valori e dei ritmi d’una volta. Una fiaba e una poesia divenute un piccolo modello di made in Italy che funziona, appassiona e fa innamorare tanto da volerla riproporre ovunque: «Evidentemente – commenta il suo ideatore, Giancarlo
Brocci – l’Eroica ha intercettato un’esigenza sempre più forte: tornare a fare sport per sport e non per produzione di spettacolo. Tra l’altro, sempre più, brutto spettacolo». Così, 23 anni fa in un territorio periferico rispetto al trasporto pubblico e alla viabilità, che oggi si presta benissimo a ogni tipo di ciclabilità, nasce la prima idea di promozione dell’uso della bicicletta nel Chianti per svago, sport e divertimento: il progetto del Parco ciclistico del Chianti, che voleva mettere al centro del territorio il ciclismo e la voglia delle persone di viaggiare, in sicurezza, nella bellezza di uno scenario naturale che già molti stranieri apprezzavano, tanto da definirlo Chiantishire. Col passare degli anni, poi, il successo dell’Eroica è divenuto inarrestabile sia tra gli italiani che tra gli stranieri, specialmente tedeschi, inglesi e svizzeri, soprattutto per la proposta sportivo-culturale. Riscoprire tutti insieme la bellezza della fatica e il gusto dell’impresa: la chiave di volta va ricercata, soprattutto, in questa speciale
combinazione; persone desiderose di provare emozioni sportive, pedalando nella storia del ciclismo per rivivere le suggestioni dei campioni senza tempo come Coppi e Bartali. Corridori che hanno ispirato generazioni di sportivi ma anche scrittori, giornalisti, cantori di un’epoca in cui si riconosceva molto valore a ciò che si aveva. L’Eroica ha svuotato le cantine, riacceso le vecchie macchine da maglieria, contribuito a salvaguardare le strade bianche della provincia di Siena. Queste ultime, proprio grazie a lei, sono entrate a far parte di un catasto che le preserva dall’avanzata dell’asfalto. Anzi, come avviene per le pietre della Parigi-Roubaix, le strade bianche della provincia di Siena sono conservate sempre più gelosamente. Infatti ora le amministrazioni pensano seriamente di rimuovere l’asfalto in alcuni tratti e ripristinare così il paesaggio magnifico del Chianti, sempre più risorsa strategica di una Toscana bella, sana, patrimonio mondiale di un movimento che supera le divisioni d’ogni tipo.
Luciano Berruti, icona del ciclismo eroico nel mondo, scomparso due anni fa. Di lui ha scritto persino The Times
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Da qualche anno all’Eroica partecipano sempre più giovani e sempre più donne, a testimoniare il fascino, senza distinzioni, che suscitano i cinque percorsi disponibili. Da quelli più lunghi, che vanno dal Chianti alla Val d’Orcia, a quelli più brevi che non escono dal Chianti. Da tempo il tratto più lungo, più di 200 chilometri, è segnalato permanentemente e utilizzato da migliaia di ciclisti tutto l’anno. Questo percorso è piuttosto curioso, perché unisce territori concorrenti come il Chianti e il Brunello; un piccolo miracolo a pedali che fa sempre più tendenza e moda tanto da far nascere altri eventi, come Nova Eroica a Buonconvento ed Eroica Montalcino, che si tengono in primavera. Eventi e percorsi che costituiscono un’offerta turistica, oltreché sportiva, molto apprezzata in quella che assume il nome di Terra Eroica, con un progetto capace di mettere in rete strutture d’accoglienza e assistenza che fanno della provincia di Siena una meta interessante per il turista più esigente (e non solo al momento di saltare sul sellino). Oggi L’Eroica è un fenomeno mondiale. Negli anni, infatti, il calendario si è arricchito di nuovi eventi. Prima il Giappone, poi la Gran Bretagna, quindi l’Olanda, il Sudafrica, la Spagna, la California e la Germania. Nel 2020 ci sarà l’edizione zero di Nova Eroica China. Ovunque si chiede a Eroica di portare le sue emozioni e ovunque è un successo, declinato secondo le caratteristiche locali. Ovunque, dalle cantine e dai magazzini, riemergono le biciclette d’epoca. Si mettono a sistema le strade sterrate e si rispolverano le maglie del passato. Non è cinema d’esportazione, ma condivisione assoluta di valori. In Giappone, sei anni fa, l’Eroica è arrivata perché a Gaiole in Chianti c’erano due insegnanti giapponesi dell’Università per stranieri di Perugia. Lo stesso avvenne con la Gran Bretagna, dove la cicloturistica arrivò per la pressante richiesta di un gruppo di appassionati e assidui frequentatori delle strade bianche di Gaiole in Chianti. Così è stato ed è ovunque. L’Eroica è fatica vera. Per pedalare su uno qualsiasi dei cinque percorsi a disposizione, dai 46 ai 209 chilometri, è necessario avere almeno un po’ di preparazione. Chi sceglie il percorso più breve comunque rimane ore in sella su strade sterrate per niente facili. Per non parlare di chi, più di mille ogni anno, sceglie il percorso più lungo che va da Gaiole in Chianti a Montalcino e ritorno, transitando per Buonconvento, Asciano, Siena, Castelnuovo Berardenga, solo per citare alcuni dei luoghi attraversati. Questi ciclisti partono alle 5 del mattino, nel buio assoluto, e hanno un programma di viaggio che supera le dieci ore in sella. Anzi, dalla scorsa edizione c’è chi parte alle 4:30. Si tratta di quelli che hanno le biciclette costruite fino al 1920, senza cambio di velocità e con telaio in ferro; un vero “cancello con le ruote”, come dicono i patiti del telaio in carbonio. Le ore in sella sono alleviate, però, dalla riscoperta dei sapori della Toscana vera. All’evento di Gaiole le
Jacek Berruti a Gaiole in Chianti (SI) durante una pausa dell’Eroica, “una poesia scritta con la bicicletta” 51
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sempre più persone chiedono che a loro venga riconosciuto il titolo, puramente onorifico, di Padri della Repubblica. eroica.cc/it Eroica eroica_official eroica.cc
Sempre più donne, da tutto il mondo, partecipano all’Eroica, ben oltre 1.200 sugli 8.000 al via
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forze si recuperano, infatti, con i cibi tradizionali: ribollita, pane al vino e zucchero, finocchiona, formaggio, frutta, crostata fatta in casa e vino Chianti, naturalmente. Sull’onda del grande successo mediatico stanno nascendo anche gli Eroica Caffè: «Gli appassionati ci chiedono come poter vivere i valori dell’Eroica 365 giorni l’anno», spiega Andrea Meneghelli, responsabile del progetto. «Gli Eroica Caffè, infatti, consentono agli appassionati di ritrovarsi in ambienti a loro familiari per condivisione di ideali». Il primo è nato a Madonna di Brolio, frazione di Gaiole in Chianti, ai piedi del Castello della famiglia Ricasoli, con la riapertura di un fondo rimasto chiuso per decenni. Un tempo, infatti, quel piccolo bar era utilizzato dai braccianti che lavoravano le vigne. L’atmosfera è sempre quella d’un tempo, tutto è rimasto come è stato trovato. Il secondo Eroica Caffè è a Barcellona, a pochi passi dalla Rambla. In autunno sarà la volta di Padova. Poi chissà di quanti altri nel mondo. Ma quest’anno il sapore dell’Eroica è ancora più speciale, perché cadono diverse ricorrenze, a partire dai 100 anni dalla nascita di Fausto Coppi. C’è poi Gino Bartali da onorare, perché le prime edizioni costituivano un regalo per chi partecipava alla granfondo dedicata al Ginettaccio. Questa edizione celebra, dunque, Coppi e Bartali, campioni nello sport ma non solo. La rivalità tra Gino e Fausto segnò anche il riscatto del nostro Paese, uscito malconcio, sotto molti punti di vista, dal conflitto mondiale. Per questo
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SET TEMBRE DA REG INA UNA MOSTRA D’ARTE E UNA RASSEGNA DI CONCERTI NEL PARCO SONO L’OCCASIONE PER VISITARE LA REGGIA DI CASERTA. LUOGO DA SCOPRIRE E ACCUDIRE, TRA FONTANE, ACQUEDOTTI SECOLARI E BOSCHI SEGRETI di Sandra Gesualdi
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aserta le si è adagiata intorno come in un abbraccio e la attraversa con un sottovia stradale. Il Vesuvio la osserva da lontano, Napoli è lì sull’orizzonte e quando non c’è foschia si riconosce Ischia,
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eventi che la animano giorno e sera. Negli alloggi reali, dal 16 settembre al 13 gennaio 2020, è ospitata Da Artemisia a Hackert. Storia di un collezionista alla Reggia, la mostra a cura di Lampronti Gallery che intende profilare il ritratto
laggiù la nuova stazione di Afragola sembra un lenzuolo bianco. Non paragonatela a Versailles, ha giusto un prato sconfinato sul retro che la ricorda. Piatto, ordinato e piuttosto scontato. La Reggia di Caserta è una smisurata magnificenza fatta di genio e sussulti e settembre è la stagione perfetta per visitarla e riscoprirla, con il parco che si tinge di toni ambrati e un ricco programma di arte, musica ed
dell’antiquario e il rapporto sinergico tra pubblico e privato. Mentre sotto le stelle, nel verde, per tutto il mese si svolge la rassegna musicale Un’estate da re, con concerti di Alvise Casellati, l’orchestra del Teatro San Carlo di Napoli e Julian Rachlin al violino (l’8), il balletto Pulcinella (il 13) e la performance di David Garrett (il 17). Gran finale con Zubin Mehta e Stefano Bollani il 28 e 29. Fino al 12 novembre spazio anche
ficie, 1.742 finestre, oltre 1.000 camini e 1.200 stanze. «Una città meravigliosa», la definisce Tiziana Maffei, nuova direttrice generale, subentrata a maggio a Mauro Felicori. «Ha bisogno però di tanta cura, a partire dalla manutenzione ordinaria, oltre a piccoli e grandi investimenti. Entro l’anno apriremo tre cantieri. Vorrei che questo sito diventasse per i visitatori una vera e propria immersione nella conoscenza e nella ricerca». L’invito è a fare una passeggiata consapevole tra vestiboli ottagonali, cortili interni, absidi e nicchie, a percorrere il monumentale scalone d’onore, tripudio alla sontuosità e perno dell’edificio per accedere all’atrio superiore. Da lì, visitare la Cappella di Corte decorata in oro e marmi policromi, prima di accedere agli appartamenti. Un percorso chilometrico fra camere, anticamere, bagni di gusto neoclassico, saloni di rappresentanza, persino uno con il trono, arredati in vario stile. All’interno anche un rudimentale ascensore ante litteram, issato su carrucole da muovere a mano - la servitù ha sempre faticato a beneficio dei signori - ma è nelle tre sale della Biblioteca Palatina, voluta dalla regina Maria Carolina d’Asburgo-Lorena, che bisogna rallentare il passo e sbirciare tra gli scaffali. Vastissimo il patrimonio librario tra cui riconoscere antichi volumi della Divina Commedia e saggi di botanica, mentre nella Sala ellittica, un tempo dedicata ai passatempi di corte, è stato riallestito il maestoso presepe d’ispirazione ottocentesca. Poco più avanti si accede alle Retrostanze settecentesche, dove approfondire la temporanea Da Artemisia a Hackert con le opere di Cesare Lampronti. Collezionista da generazioni, partito dalla storica sede romana di via del Babuino e arrivato a Londra, è famoso per aver recuperato e riportato nel nostro Paese migliaia di dipinti dispersi nel periodo bellico. A Caserta espone pezzi del ‘600 e ’700, tra i quali un olio della Gentileschi, una Sacra famiglia di Rubens, alcuni Carracci e Guardi, una veduta veneziana di Canaletto e il Porto di Salerno di Hackert, che completa la serie dello stesso autore dei porti del Regno, presente nella collezione della Reggia. Nell’ala opposta, quella che ospitava la
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alla rassegna Emozioni e suggestioni borboniche. Musiche, storie, giochi e sapori nel sito Unesco di Caserta e nei musei del territorio. Basta scendere alla stazione cittadina e la Reggia te la trovi proprio lì, protagonista dell’intero l’orizzonte. Già dall’ingresso principale si allunga in un portico voltato che scappa via prospettico e lascia intravedere, come da un binocolo, spazi aperti che si dipanano tra acque in cascata provenienti direttamente dalle sorgenti montane e zampilli. Più in là boschi nascosti e leggende, assetti geometrici e natura debordante. La volle Carlo di Borbone, alla guida del Regno di Napoli come capitale amministrativa. Vicina a Napoli ma sicura all’interno, senza avere l’aspetto di una fortezza difensiva, doveva essere un luogo aperto in sintonia col territorio circostante. Oltre agli alloggi della famiglia reale e ai dicasteri, erano previsti un’università, una biblioteca pubblica, un grande teatro e una chiesa. Così, l’architetto Luigi Vanvitelli, a cui furono affidati i lavori nel 1752, non ebbe che da sbizzarrirsi e progettò una delle più maestose costruzioni del XVIII secolo: 61mila m2 di super-
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Ingresso della Reggia di Caserta
scuola dell’Aeronautica, è possibile visitare, in attesa di un allestimento definitivo e più godibile, Terrae Motus, importante raccolta di arte contemporanea con focus sulle tendenze degli anni ’80 del secolo scorso. Presenti pezzi di star assolute come Warhol, Haring, Rauschenberg e di italiani come Paladino, Vedova, Merz, Pistoletto e Cucchi, solo per citarne alcuni. È entrando nello sconfinato parco retrostante che si intuisce la fusione tra ricerca del bello, pensiero tradotto in ingegno umano e cura del paesaggio. Luigi Vanvitelli e poi il figlio Carlo realizzarono uno dei giardini d’epoca barocca più belli e originali di sempre. Un lungo viale esce dalla Reggia e sale per tre chilometri verso la montagna in un gioco di vasche, cascate, fontane adornate da mitologici gruppi scultorei e acqua limpida, habitat di capitoni, carpe e persici. Ai lati macchie boschive di leccio sempreverde, dove i Borboni cacciavano. Ma il pezzo forte è l’acquedotto Carolino. «Un’opera di ingegneria idraulica eccezionale», racconta il responsabile del parco, Leonardo Ancona, «un sistema di approvvigionamento idrico che proviene direttamente dalle sorgenti del Monte Taburno, dopo aver percorso quasi 40 chilometri tra ponti, rapide, canali e mulini. L’acqua a caduta che riempie le vasche è talmente limpida e pura che si possono trovare specie ittiche in via d’estinzione, come l’alborella dal ventre rosso e il gambero italiano. Una linea idrica continua che nessun altro giardino storico possiede e che ha dato la possibilità al territorio di crescere e svilupparsi». Certi luoghi devono essere raccontati e accuditi con amore: «Questo acquedotto settecentesco ancora funziona alla perfezione, scarica e carica le piene con barre di pietra. Resistiamo alle ultime tecnologie», prosegue Ancona. In alto, incastonato nella collina si trova il Giardino all’inglese, scrigno di vegetazione fatto costruire dalla regina Carolina 56
ed elogio alla convivenza tra biodiversità arboree: cipressi texani, palme, sequoie, cedri del libano e, per la prima volta in Europa continentale, la camelia dai fiori invernali. Qui, nell’Aperia, dove la regina allevava le api, oggi adibita a teatro all’aperto, si svolgono i concerti godendo di un’acustica perfetta. In questo articolato e affascinante microcosmo c’è spazio anche per progetti sociali che meritano una nota: quattro ragazzi, provenienti dai centri del Sistema di protezione Richiedenti asilo e Rifugiati della provincia campana, sono impegnati in tirocini professionalizzanti come giardinieri e contribuiscono alla manutenzione del verde nel capolavoro vanvitelliano. Spostandoci nella parte nord ci si addentra nel bosco antico, il luogo più affascinante del parco popolato da Veneri, alberi secolari e grotte nascoste. La natura è meno ordinata e, alla maniera rinascimentale, i viali si aprono a raggiera. All’interno è custodita la Peschiera, il vasto laghetto dove Ferdinando II bambino giocava alle battaglie navali con vere e proprie flotte in miniatura, mentre poco oltre c’è la Castelluccia, la parte più vecchia di tutto il complesso. Un piccolo castello ottagonale circondato da fossati e bastioni dove il re si allenava alla guerra e che in seguito la regina ingentilì con pagode e rose rare trasformandolo in una sala da tè in stile coloniale. Cicerone sosteneva che se si possiede una biblioteca e un giardino si ha tutto ciò che serve. La regina vince. reggiadicaserta.beniculturali.it unestatedare.it reggiaufficiale reaggiace
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LA FONTANA I D EL M ITO ALLA SCOPERTA DEL COMPLESSO SCULTOREO DI DIANA E ATTEONE, NEL PARCO DELLA REGGIA DI CASERTA. TRA ALLUSIONI TEATRALI E NATURA DISEGNATA di Alberto Olivetti [Professore ordinario di Estetica all’Università degli Studi di Siena]
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Fontana di Diana e Atteone
l profilo del monte Tifata corona in lontananza la piana dove sorge la città di Caserta. «Sul fianco occidentale del monte Tifata in antico era il tempio di Diana Tifatina con un bosco sacro e un circo». Così scrive l’architetto Luigi Vanvitelli nel prezioso volume che raccoglie i suoi Disegni del Reale Palazzo di Caserta, offerto nel 1756 al re delle Due Sicilie Carlo e alla regina Maria Amalia. Il celebre progettista della Reggia ricorda come si debba ai sovrani «la prima destinazione di così ameno e piacevole sito per uso di deliziose magnificenze», i quali, continua, «hanno sta-
bilito di edificare quivi una deliziosa Reggia nella pianura, che si distende vastissima». Vanvitelli, inoltre, precisa come tutta l’ampia zona scelta dai sovrani per accogliere la nuova residenza regale (la prima pietra fu posta il 20 gennaio del 1752, giorno natale del re, i lavori ebbero inizio il successivo 19 giugno e durarono fino al 1774, diretti dopo la morte di Vanvitelli da suo figlio Carlo) fosse a Diana «consecrata, per essere, come è credibile, il boscoso monte copiosamente alle cacce favorevole». La passione per la caccia era assai coltivata da Carlo e Maria Amalia e in certe lettere che sono conservate Carlo non manca di vantare le prodezze venatorie sue e della sposa. Non sorprende allora la scelta di dedicare a Diana, la dea della caccia, una fontana collocata nel punto culminante in cui vengono a confluire e a compiersi, non solo idealmente, i percorsi del grande parco. Il gioco d’insieme di quei magnifici e confortevoli tragitti è bene illustrato da Vanvitelli nelle tavole XIII e XIV dei suoi Disegni del Reale Palazzo di Caserta, dove si mostra l’amplissimo parco «in lontano», ovvero in prospettiva e a volo d’uccello. In virtù della sua posizione, il complesso della Fontana di Diana e Atteone svolge una funzione duplice: mentre segna il margine estremo del parco, si offre al contempo come l’affaccio sulla propaggine della natura incolta che si estende al di là dei giardini, dei recinti coltivati, delle soste abbellite di statue disposte a misurate distanze. La fontana è alimentata dalla gran cascata che precipita dall’alto d’una proda scoscesa coperta da una folta vegetazione che vuole apparire spontanea, selvatica. Al termine di una lunga passeggiata, l’illusione è di esser giunti alle soglie di un bosco e da qui, quasi inaspettatamente, chiamati a partecipare alla storia di Atteone e Diana. Turbati e sgomenti, assistiamo al suo concitato, finale svolgimento. Si può facilmente constatare come i due gruppi scultorei – realizzati con aiuti da Paolo Persico (Diana, Atteone), Pietro Solari (i cani), Angelo Brunelli (le ninfe) – rispondano a un
esplicito intento teatrale che mira a collocare dentro il fondale silvestre un’azione scenica composta di due tableau vivant. Un’allusione teatrale che contrassegna anche la Fontana di Venere e Adone rispetto all’intento sontuosamente decorativo che qualifica le altre fontane dette dei Tre delfini, di Eolo e di Cerere realizzate nel parco, quasi un arredo che arricchisce le soste durante i diporti di chi passeggia lungo i viali. Del resto, la drammatica favola prescelta a illustrare la fontana dedicata a Venere (la dea tenta invano di dissuadere Adone dal recarsi alla fatale caccia dove sarà ucciso dal cinghiale Calidonio) è una sorta di contrappunto all’episodio rappresentato nella vasca di Diana. Qui Vanvitelli, nel progettare la scena, si attiene alla narrazione del mito che si legge in Ovidio nel terzo libro delle Metamorfosi. Racconta Ovidio che in fondo a un fitto e rigoglioso bosco, in un luogo incontaminato, sgorga una limpida fonte: «Qui veniva, quand’era stanca di cacciare, la dea delle selve per rinfrescare il suo corpo di vergine in acque sorgive», attorniata e accudita dalle ninfe. Il giovane cacciatore
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Atteone, «prima di riprendere la caccia, vagando a caso per quel bosco che non conosceva», scorge Diana al bagno sorprendendola nella sua immacolata nudità. Offesa, narra Ovidio, la dea «attinse l’acqua che aveva ai piedi e la gettò in faccia all’uomo», trasformandolo in cervo. Atteone fugge, ma lo avvista la muta feroce dei suoi cani che rincorrono la preda e «sbranano il loro padrone mutato nell’aspetto di un cervo». Ribadiamo dunque il significato che riveste la vasca di Diana e Atteone, collocata in questo estremo luogo del parco. È facile constatare come qui Vanvitelli metta in contatto la natura disegnata, che egli ha concepito misurando e ordinando gli spazi dei giardini annessi alla Reggia (e che della residenza regale divengono la naturale estensione a cielo aperto), con la natura spontanea di quella collina impervia del Monte Briano, con la sua vegetazione e le sue acque. E la crudele antica storia di Atteone che ne ha violato il limite sacro è richiamata a noi come un vivo monito: un giusto confine che corona il fastigio del parco e della Reggia casertana di Carlo, re stimato assai prudente e saggio, e della regina Maria Amalia.
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Piazza San Pietro Caveoso
L’ANNUS MIRABILIS DI MATERA LA CAPITALE EUROPEA DELLA CULTURA È ORMAI UN BRAND INTERNAZIONALE. IL DIRETTORE DI MATERA 2019, PAOLO VERRI: «TUTTI VOGLIONO VENIRE QUI PER REALIZZARE QUALCOSA DI BELLO» di Serena Berardi
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i stringe nel suo ventre di roccia dove il corpo si rannicchia e gli occhi si abituano all’ombra. Ti inghiotte nei suoi labirinti stretti per poi risputarti all’improvviso 62
di fronte alla sua bellezza che si spalanca candida e immensa. Matera è un chiaroscuro sospeso tra luce e tenebra, asfissia profonda e respiro rigenerante. Antitesi e mutamento attraversano
le sue forme così come la sua storia, che inizia dal Paleolitico. Nel corso del ‘900 ha oscillato tra sorti alterne come un trapezista che sfiora il cielo, piomba in basso e poi risale ancora. Ha vissuto lo svuotamento dei Sassi, la creazione di nuovi quartieri, la sperimentazione urbanistica e sociale, il ripopolamento, il riconoscimento dell’Unesco come Patrimonio mondiale dell’Umanità e il recupero del centro. Negli ultimi dieci anni ha iniziato a scuotere l’immobilismo incantato da borgo solitario per trasformarsi pian piano in una città dinamica e aperta al mondo. Ci è riuscita nel 2019, quando è diventata Capitale europea della Cultura, declinando quest’ultima come partecipazione attiva, coinvolgimento e inclusione, sinergia e contaminazione, radicamento nel passato e allo
stesso tempo visione del futuro. Una scommessa collettiva vinta, almeno a giudicare dai numeri della manifestazione da gennaio a luglio: 180 progetti avviati, 500 eventi seguiti da 100mila persone, 51mila passaporti venduti (i ticket di accesso a tutti gli eventi Matera 2019). Per quanto riguarda l’andamento turistico, fino a maggio sono stati offerti più di 18mila posti letto, registrati quasi 130mila arrivi e più di 247mila presenze (nello stesso periodo del 2018 gli arrivi erano stati circa 109mila e le presenze intorno a 174mila). «Il bilancio di Matera 2019 è positivo, ben oltre le aspettative. E questo fin dalla cerimonia inaugurale del 19 gennaio, con una luce intensa che irradiava la Cava del Sole, riaperta per l’occasione, e migliaia di persone che entravano in un silenzio quasi religioso, in un’atmosfera di attesa palpitante», ricorda Paolo Verri, direttore della Fondazione Matera-Basilicata 2019. «Abbiamo scelto di esordire con
54 bande musicali raccogliendo quelle locali, quelle regionali e quelle europee. Dopo le esibizioni singole, nella Cava è esploso l’Inno alla Gioia eseguito coralmente. In questo momento di disaggregazione, Matera ha mostrato il volto dell’Europa che funziona, che si sa immaginare a prescindere dalle divisioni politiche e dalle difficoltà economiche», prosegue Verri. La città lucana è stata capace di una chiamata alle arti senza precedenti, mettendo in piedi un processo di co-creazione che va dalla scrittura del dossier di candidatura fino alla realizzazione delle attività, in un continuo dialogo tra cittadini, protagonisti della scena creativa locale, istituzioni e partner europei. «Riformulando l’esortazione di John Kennedy a prendere parte al cambiamento (“Non chiederti cosa il tuo Paese può fare per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo Paese”), abbiamo cercato
di riflettere su quale contributo potesse dare ognuno di noi alla cultura». L’impegno non si è limitato a rendere quest'ultima democratica, ma è andato oltre: «Si è dimostrato che in Italia non esiste solo l’asse Roma-Firenze-Venezia-Milano, ma che anche il Sud è in grado di creare contenuti culturali di grande valore. Nel programma abbiamo inserito ben 85 produzioni originali». Alcune di queste hanno fatto riscoprire il senso di comunità, come lo spettacolo teatrale Purgatorio, che ha trasformato la Città dei Sassi nell’anticamera del Paradiso dantesco con i materani impegnati a recitare, cantare, danzare, preparare scenografie e costumi. La Cavalleria Rusticana – inserita nel progetto Abitare l’Opera, che porta le arie dei grandi capolavori fuori dai teatri – è stata attualizzata e fatta rivivere en plein air da circa 500 persone. La mostra Rinascimento visto da Sud – con le sue 215 opere tra pitture, sculture, manoscritti, tessuti, ceramiche e gioielli – ha già registrato più di 18mila visitatori e si è guadagnata uno speciale riconoscimento da parte del Presidente della Repubblica. Tra i risultati più tangibili dell’esperienza da Capitale c’è la forte attrazione esercitata da Matera: «È diventata un vero e proprio brand. Tutti vogliono venire qui per visitarla o per realizzare qualcosa. Come se fosse una piccola Milano. Perfino James Bond è arrivato tra i Sassi: in questi giorni si gira l'ultimo episodio di 007». E questo modello fondato sulla cultura che crea valore viene anche esportato: «Ars Excavandi, l’esposizione interattiva che mette in parallelo i più noti ecosistemi rupestri del mondo, sbarcherà in Belgio, in Francia e sarà ospitata dall’Expo di Dubai del 2020. La performance di teatro e danza Humana Vergogna, realizzata nella casa circondariale di Matera, verrà rappresentata in altre città, tra cui Novi Sad, in Serbia, che sarà Capitale della Cultura 2021. Mentre Atlante delle emozioni delle città, una mappa emozionale tracciata raccogliendo le memorie e i racconti degli abitanti, è stata richiesta da Ivrea», spiega il direttore della Fondazione. Questo 2019 ha costruito, poi, una narrazione nuova della città, «diversa da quella imperniata sulla ruralità di Carlo Levi. Si esplora il contemporaneo, senza dimenticare cosa c’è stato prima. Oggi qui esistono anche 63
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Via San Rocco
nuove realtà come il Centro di Geodesia Spaziale, il Campus dell’Università della Basilicata, l’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro. E il patrimonio è vissuto non come elemento statico, ma come qualcosa di vivo da maneggiare per produrre competenze, lavoro e futuro». Il racconto non si è ancora esaurito e il calendario degli eventi prosegue. Il 6 settembre inaugura Blind sensorium - Il paradosso dell’Antropocene, un’indagine condotta dal fotografo e film-maker Armin Linke attraverso foto, interviste e proiezioni, che parte dai primitivi insediamenti tra i Sassi fino ad arrivare agli scenari aperti dai cambiamenti climatici. Dal 13 al 15 è la volta di Materadio, la festa di Radio3 che quest’anno ha tra i suoi ospiti il sassofonista Jan Garbarek e l’astronauta Samantha Cristoforetti. Domenica 15 c’è il passaggio di consegne tra Matera e Galway, Capitale europea della Cultura 2020, celebrato con un concerto dei Modena City Ramblers a cui partecipano alcuni membri del gruppo irlandese The Pogues. Dal 12 al 20 ottobre La terra del pane propone spettacoli, giochi e laboratori all’interno di uno dei più antichi forni del Sasso Barisano. Il 23 e 24 novembre l’opera multimediale per ensemble ed elettronica Galileo Galilei immagina come il grande scienziato avrebbe potuto scrutare il cielo con la 64
moderna tecnologia del telescopio ottico del Centro Spaziale di Matera. Dal 7 al 20 dicembre si svolge l’Open Culture Festival, kermesse delle culture contemporanee con progetti digitali, convegni e show. A chiudere i quasi 365 giorni di fermento uno spettacolo multimediale di un grande regista italiano. Il 20 dicembre calerà il sipario sui Sassi, ma già si ragiona sull’eredità dell’impresa: «Ho lavorato per manifestazioni come le Olimpiadi invernali di Torino e l’Expo di Milano. Ma lì si dovevano erigere strutture, mentre qui non si è dovuto costruire nulla. Si
Un momento della Cavalleria Rusticana
è trattato invece di valorizzare e far crescere una città già straordinaria». Il prossimo anno ci saranno le elezioni amministrative e, secondo Verri, è importante portare avanti il messaggio di Matera 2019: «Bisogna tenere insieme patrimonio e innovazione, cercando di non far prevalere l’uno sull’altra». E Matera, arrampicata su sé stessa tra la gravità della pietra e la lievità della sua bellezza, è abituata a rimanere in equilibrio da millenni. matera-basilicata2019.it MateraBasilicata2019 Matera2019
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Matera vista dalla Murgia
SOGNO E SON DESTO MAURO VUOLE CREARE UN MUSEO. ANDREA DESIDERA RIAPRIRE UN TEATRO. BIAGIO MIRA AD ATTRARRE TURISTI. LE STORIE DI TRE GIOVANI E DEI PROGETTI NATI SOTTO L’IMPULSO DI MATERA 2019
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n trampolino per provare ad afferrare i sogni. Quelli che fluttuano nitidi nel sonno ma temono il risveglio, quelli che attraversano insistenti i pensieri ma non si azzardano a uscire. Il 2019, per molti giovani materani, è stato l’occasione per tentare di realizzarli. La loro città, diventata Capitale della Cultura, si è trasformata in un magnete per attrarre energie, idee, risorse e desideri. Come quelli di Mauro Acito, racchiusi in una torre medievale nel cuore del Sasso Caveoso. Sua nonna la comprò a un prezzo simbolico nel 1973, quando i Sassi erano completamente abbandonati, e la regalò a una delle due figlie per il suo 18esimo compleanno. «Dagli anni ’90 i miei nonni e mia zia cercarono di recuperare la torre,
Torre del Capone 65
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ma incontrarono sempre problemi», spiega il 26enne che scopre l’insolita eredità familiare nel dicembre 2016. Mauro torna per le vacanze di Natale da Bruxelles dove, dopo la laurea alla Ca’ Foscari di Venezia in Economia e gestione delle attività culturali, sta lavorando per il Mima Museum: «Sentivo di poter realizzare qualcosa nella torre e nelle stanze adiacenti. In più Matera stava vivendo un fermento culturale inedito. Con il mio percorso personale e di studi, sarebbe stato folle non sfruttare il momento». Nell’estate del 2017 il ragazzo decide di rimpatriare e trasformare quegli spazi in un museo d’arte contemporanea. Un’impresa dal sapore donchisciottesco in una struttura derelitta, in «una terra in cui nessuno va al museo, nemmeno i turisti, visto che le bellezze sono a cielo aperto». Tuttavia Mauro non si fa scoraggiare e, nell’agosto 2018, crea, insieme a sua zia e ad altre due ragazze, una startup innovativa a vocazione sociale. «Non riuscivamo nemmeno a sbloccare il lucchetto del cancello, al di là del quale si apriva
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una foresta impenetrabile. Abbiamo riempito 12 camion con radici, edera e legna». Mentre continuano i lavori di ristrutturazione, si prepara l’inaugurazione (prevista per il 2020), con una mostra che include il trio milanese di street artist Canemorto, l’artista americano Momo e l’agenzia creativa materana Studio Antani. «Con le loro opere, che vanno dagli affreschi alle installazioni, vogliamo provocare e creare nuovi significati». La missione, infatti, è raccontare la città in modo diverso: «Sono nato nel 1992, non ho mai vissuto la realtà rurale delle case grotta e della miseria. La mia generazione non può permettersi la persistenza di una narrazione che non la rappresenta, deve produrre nuovi contenuti». Seguendo la sua funzione originaria, la torre può costituire un punto di vista privilegiato per cambiare prospettiva: «Ci piacerebbe che fosse un luogo per tutti: i Sassi devono essere vissuti dai turisti e dai materani. Vorremmo un’arte contemporanea diversa da quella elitaria e autoreferenziale che a volte fa sentire stupidi.
Organizzeremo anche eventi e attività per bambini». L’esordio punta all’effetto straniante, con la presa in giro della retorica della vergogna d'Italia, «ci sarà una stanza piena di colori occupata da una grande installazione per affermare che Matera è sì riconoscibile per il bianco dominante, ma non è sacrilego porporne un’altra immagine con sfumature diverse». Se la Capitale della Cultura è stata l’opportunità per Mauro di tornare dall’estero, per Andrea Santantonio è stata la molla per ampliare gli orizzonti senza spostarsi. Nel 2010, insieme ad altre due ragazze, fonda lo Iac (Centro arti integrate) che ha sede in un ex frantoio di via Casalnuovo e si occupa di produzione e promozione teatrale. «Abbiamo seguito il processo di Matera 2019 dall’inizio, collaborando con il comitato promotore e poi partecipando al processo di creazione dei macrotemi», racconta il trentottenne autore e regista. Dal 2016 lo Iac mette in piedi il festival Nessuno resti fuori, incentrato su performance, incontri e laboratori in quartieri perife-
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Infopoint Matera Smart Pass, via Bruno Buozzi
rici, con il coinvolgimento dei cittadini. «Quest'anno abbiamo deciso di misurarci con il contrario di quello che facciamo di solito. Nella nostra cooperativa lavorano un ragazzo gambiano, uno camerunense e uno francese. Alle attività partecipano migranti e persone in condizioni di disagio. Con il teatro tendiamo a costruire una dimensione inclusiva e utopica, mentre per Matera 2019 abbiamo scelto di dare vita a uno scenario distopico». Il Centro arti integrate, infatti, ha ideato il progetto Matera città aperta che culminerà in uno spettacolo a episodi, in scena dal 30 settembre al 6 ottobre. «Per concepirlo abbiamo ragionato su cosa sia l’Europa. Non si tratta di un luogo geografico definito e coerente: alcuni vorrebbero starne fuori perché non ne condividono i fondamenti, altri desidererebbero farne parte per avere libertà e diritti. L’Europa è rifiuto o anelito». Durante la settimana verrà condotto un esperimento per costruire insieme al pubblico un monumento simbolo che rappresenti il Vecchio Continente. «In piazza Vittorio Veneto verrà tracciata una linea che pian piano si andrà trasformando in un vero e
proprio muro: attraverso momenti di finzione, gioco e interazione, rifletteremo sul tema della diversità e della costruzione di barriere». Matera 2019 ha spinto molte realtà locali verso un cambiamento di scala: «Siamo passati a definire un progetto nazionale, con i riflettori puntati e un budget consistente. Questo ha richiesto una ricerca artistica diversa e uno sforzo di organizzazione significativo, per esempio nel gestire professionisti di livello, come Teho Teardo e Vincent Longuemare, che per Matera città aperta curano rispettivamente le musiche e le luci», ammette Andrea. Ma alla grande fatica spesa è corrisposta una rivoluzione nell’approccio: «Quest’anno molte scuole ci hanno chiamato per organizzare laboratori. Tuttavia, invece di preparare la solita recita di classe, abbiamo interrotto le attività didattiche dell’intero istituto per dedicare una settimana al teatro. D’ora in poi punteremo più in alto». Oltre a pensare in grande, Andrea e i suoi colleghi vorrebbero «restituire al pubblico almeno uno dei teatri chiusi o venduti ai privati: c’è il Quaroni nel borgo La Martella, il cineteatro Duni
di via Roma e quello su cui puntiamo di più, il cineteatro Kennedy nel Rione Agna». Anche per Biagio Spagnuolo il 2019 è servito a mettersi alla prova e testare la resistenza dei suoi sogni. Dopo aver studiato Ingegneria informatica alla Sapienza di Roma e aver lavorato in una società di consulenza, nel 2016 medita di rientrare nella sua città natale: «Ho assistito da spettatore all’esplosione di Matera che avevo lasciato nel 2008. Di fronte a una proposta di lavoro in Brasile ho capito che il mio posto era lì dove sono nato, anche perché ci viveva la mia fidanzata», ricorda il trentenne lucano. Le ragioni del cuore e la vivacità materana spingono Biagio a riprendere tra i Sassi una vecchia idea: «Nel 2011 feci un viaggio nella Grande Mela dove acquistai il New York City Pass per visitare i luoghi di maggior interesse. Ho pensato che il 2019 sarebbe stato l’anno perfetto per replicarlo nella Capitale della Cultura». Così Biagio mette su una società insieme alla compagna, alla sorella e ad altri due ragazzi, e lo scorso febbraio lancia Matera Smart Pass: un sito dove comprare un ticket digitale per visitare cinque attrazioni (Casa Grotta, Misma, Casa di Ortega, Ipogeo Materasum, Bus panoramico Parco della Murgia) a prezzo ridotto e usufruire di sconti in più di 30 tra ristoranti, hotel, negozi e travel experience. «L’obiettivo è quello di valorizzare l’offerta turistica e prolungare la permanenza media, attualmente sotto i due giorni», spiega Biagio. Nei primi cinque mesi sono stati venduti 600 Pass, ma l’ambizione è quella di ampliare le proposte, creare percorsi tematici (sport, famiglia, avventura) e venderne 20mila entro il 2020. Nell’allargamento dell’offerta, Biagio sottolinea di voler far rientrare anche «un nuovo museo di arte contemporanea». È quello di Mauro Acito, perché una volta liberati i sogni dal cassetto, possono anche incrociarsi e volare insieme. S.B. volevosoloaprireunmuseo.it centroiac.com materasmartpass.com
MATERA 6 FRECCIALINK AL GIORNO
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L’ITALIA che fa IMPRESA
UNA PICCOLA GRANDE IMPRESA MERIDIONALE HA APERTO I BATTENTI NEL 1962 CON UNA FARMACIA E UN MAGAZZINO A MATERA. OGGI LA VIM È UN’AZIENDA CHE DISTRIBUISCE MEDICINALI A 4.300 PUNTI VENDITA IN TUTTA ITALIA di Serena Berardi
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n’attività familiare in una città dimenticata si trasforma in un’azienda capace di espandersi in tutta Italia. VIM (Vendita ingrosso medicinali), impresa fondata a Matera da Pietro Motta, si nutre di questo paradosso dal 1962: partendo da un territorio isolato e marginale, è riuscita a creare una rete logistica di distribuzione per le farmacie e a espandersi a macchia d’olio. Pietro ha iniziato proprio da una farmacia e da un piccolo magazzino in via Ridola, all’epoca carrabile e ora zona pedonale costellata di ristoranti e locali. Oggi, sotto la guida di Michele, subentrato al padre negli anni ‘90, la VIM vanta un fatturato di oltre 500 milioni, 400 dipendenti, 200 collaboratori. Il suo magazzino principale, sempre nella Città dei Sassi ma non più in centro, ha una superficie di 18mila m² ed è capace di movimentare 500mila articoli. Dagli 11 depositi partono ogni giorno 120 corrieri per cinquemila consegne destinate a 4.300 farmacie dislocate in 54 province italiane. Nonostante i numeri rilevanti, Michele continua a gestire l’attività con la stessa dimensione umana di quando il padre conosceva personalmente tutti i clienti sparsi nei vari paesini lucani e cercava di accontentare le loro richieste. «In una regione come la Basilicata, regione impervia e con centri abitati difficilmente raggiungibili, spesso eravamo gli unici fornitori di riferimento. Questo ha fatto maturare in noi 68
Michele e Pietro Motta
una forte cultura del servizio fatta di cura del cliente e attenzione alla relazione, principi che hanno guidato con costanza la nostra crescita», spiega Michele. «Agli inizi la distribuzione era locale e il passaparola era il mezzo per farci conoscere, successivamente abbiamo aperto le filiali di Cosenza, Foggia e Lecce». Poi l’ingrandimento è proseguito attraverso acquisizioni di altre aziende e attualmente la VIM conta anche sulle sedi di Salerno, Roma, Recanati (MC), Siena, Milano e Torino. Una colonizzazione verso nord insolita, visto che generalmente l’espansionismo imprenditoriale segue la direzione opposta: «Nel 2019 Matera è diventata un brand conosciuto in tutto il mondo, ma 20 anni
fa dovevo spiegare dove si trovasse. La VIM è stata la prima a esportarlo ed è sempre stata fortemente legata alla sua identità territoriale». In verità, è stato più complesso il rapporto con il vicinato: «Pur essendo una realtà solida e tecnologicamente avanzata, non è stato facile affermarci 30 anni fa a Bari, dove in passato la mia città era considerata retrograda e provinciale. A Milano, dove siamo arrivati dieci anni dopo, la Basilicata è sempre stata percepita come una regione sana e noi considerati interlocutori di cui potersi fidare». Il successo dei Motta si regge su tre elementi: dotazione, tempestività e affidabilità. Per quanto riguarda il primo, la VIM ha costruito un ma-
La storica farmacia della famiglia Motta a Matera
gazzino in grado di gestire 75mila referenze e investito su sistemi di picking automatico (macchinari che selezionano, prelevano e smistano i materiali per le spedizioni), sostituiti proprio a fine agosto nell’ambito di una revisione completa del layout organizzativo. Questo rinnovamento permette di incidere anche sulla tempestività: «La farmacia invia l’ordine quando chiude a pranzo o la sera. A quel punto subentriamo noi che ci mettiamo in moto per consegnare quanto richiesto prima che la serranda si rialzi. La rapidità è tutto». Le solide basi e gli investimenti nel tempo hanno permesso di resistere in un mercato che si sta contraendo sempre di più: «Fino a 15 anni fa le
aziende come la nostra erano 150 in Italia, ora ne sono sopravvissute una cinquantina. Questo perché si lavora con margini di guadagno ridotti. Per legge siamo obbligati a detenere il 90% dei farmaci etici, circa novemila, sui quali però andiamo in perdita. Gli altri prodotti, circa 66mila, costituiscono un tesoretto che va a compensare le mancate entrate». Questi ultimi rientrano nel settore della cosmetica e della dietetica, che stanno prendendo sempre più piede, e necessitano di una gestione specifica ma più redditizia. Tuttavia è l’affidabilità la prerogativa che Michele non si stanca mai di ribadire, sottolineando di interpretare eticamente il proprio lavoro. «Abbiamo un ruolo importante perché
la distribuzione intermedia del farmaco è un servizio pubblico e contribuiamo a garantire l’efficienza del sistema di salvaguardia della salute. Abbiamo creato pure un centro servizi per dare valore aggiunto alle nostre farmacie, offrendo loro attività di prevenzione medica e telemedicina che possono mettere a disposizione degli utenti. Nonostante la necessità di avere un’impostazione strutturata per svolgere questa funzione, manteniamo un rapporto stretto con clienti e collaboratori, ascoltando sempre le loro esigenze». Perché la tecnologia è fondamentale e il tempo è denaro. Ma è la fiducia il vero tesoro. vim.it 69
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LE SFIDE DEL
PRIX ITALIA TORNA IL CONCORSO INTERNAZIONALE PER RADIO, TV E WEB ORGANIZZATO DALLA RAI. NE PARLA IL PRESIDENTE, MARCELLO FOA, SPIEGANDO ALLA FRECCIA DOVE STA ANDANDO IL SERVIZIO PUBBLICO di Gaspare Baglio
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gasparebaglio
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oma caput mundi, ma forse sarebbe meglio dire caput media, visto che, dal 23 al 28 settembre, la Rai porta proprio qui il Prix Italia, prestigioso concorso internazionale per radio, tv e web che mancava dalla Capitale da 26 anni. Gli splendidi Mercati di Traiano fanno da scenario anche a dibattiti, proiezioni, anteprime, eventi. Protagonisti i grandi broadcaster internazionali e le anticipazioni sulle tendenze nei media. L’obiettivo è premiare qualità, innovazione e creatività attraverso i progetti più originali in tutti i campi dell’audiovisivo. E mettere a confronto mezzi e linguaggi differenti. Il tema di quest’anno è Celebrating cultural diversity in a global media world, per comprendere come valorizzare le diverse identità culturali in un mondo globalizzato. Nove giurie formate da 80 professionisti valutano fiction, documentari e show per radio, tv e web. In questa edizione, poi, sono entrati 17 nuovi membri. E spicca l’attenzione che i produttori delle Americhe e dei Paesi dell’area mediterranea riservano alla competizione.
Parliamo di questo importante evento, ma anche della stagione tv ai nastri partenza, con il presidente della Rai Marcello Foa, che mi accoglie nel suo ufficio con tantissimi schermi accesi, uno per ogni canale della tv pubblica. Presidente, partiamo proprio dal Prix Italia: come preservare la nostra identità culturale in un mondo che cambia? È un tema fondamentale e di grande attualità che riguarda un po’ tutti i Paesi e le culture – europee, asiatiche, americane – ma anche la missione della tv pubblica nei prossimi anni. Cioè? La concorrenza diventa sempre più transnazionale: abbiamo a che fare con un’offerta privata molto più frammentata con player su scala globale come Netflix e Amazon Prime. Essere italiani non deve restare solo uno slogan, ma avere un significato che corrisponda a un’identità: è così da sempre e fa parte della nostra civiltà. La risposta a questo dilemma è correlata anche al posizionamento della Rai nel panorama tv del futuro. L’epoca che permetteva di beneficiare delle ren-
Roma Caput Media Un grande evento Rai.
Tv, radio e web di tutto il mondo nella Capitale. 23-28 settembre 2019 @PrixItalia
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Sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Con il sostegno di:
Con:
In collaborazione con:
Partner internazionali:
dite di grandi programmi di successo stranieri, che prima erano una delle chiavi del successo, come è avvenuto a Canale 5 con Dallas e Dynasty, è finita. Per come evolvono le generazioni, il pubblico che aspetterà un episodio fissato in un giorno preciso sarà sempre più marginale. E difficile da conquistare. Come farete, allora, a mantenere il contatto con gli spettatori?
SAVE THE DATE
© Eleonora Ferretti
Sono tanti i panel in agenda del Prix Italia 2019. Martedì 24 settembre c’è quello legato al Premio Roberto Morrione, intitolato Giornalismo investigativo e magistratura inquirente: un rapporto complicato. Da non perdere i dibattiti che hanno come fulcro The art of Cross Cultural Storytelling in Documentary: il primo pone l’attenzione sul servizio pubblico nel mercato globale, mentre il secondo si occupa dei nuovi format e delle sfide internazionali. Il mercoledì è previsto un approfondimento sulla fiction con Paese che vai commissario che trovi… identità culturali e crime drama. Giovedì 26 settembre si parla del Continente Nero con Media e storytelling in Africa e ci sarà una lecture di Tony Hall, il presidente della BBC. Il venerdì spazio a incontri sulle nuove fake news e alla proclamazione dei vincitori del concorso. Da non perdere, a Palazzo Venezia, la instant exhibition #viateulada66. La tua Rai in dieci programmi che hanno fatto storia. La Casa del Cinema di Roma offre anteprime sulla stagione Rai, mentre le radio digitali del servizio pubblico preparano una settimana di eventi a sorpresa sotto il titolo di Veni Audii Vici. Tutto questo (e molto altro) è il Prix Italia.
Il p r eside
nte della Rai, Marcello
Foa
ROMA 206 FRECCE AL GIORNO 71
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Sopravviveremo se copriremo il territorio e le diverse sensibilità, dando spazio alla cultura locale che, proprio per questo, sfugge ai player transnazionali che comunque cercano storie italiane. Quindi avremo una concorrenza interna, ma più giocheremo sul nostro terreno più avremo successo. Bisogna aprirsi al mondo, rafforzando la nostra identità. Come si pone la Rai nell’epoca della total audience? Raccogliendo la sfida. Appena mi sono insediato, ho subito cercato di lavorare per colmare il gap digitale. Prima di esserne il presidente, non avevo mai capito perché la Rai non avesse capitalizzato in termini digitali il suo strapotere di contatto quotidia-
l’attenzione, non c’è stata la sensibilità di guardare alla sfida del futuro. Anche se adesso è ancora presto per stimare quante persone guardano programmi sulle piattaforme digitali, la total audience è sicuramente uno stimolo in più. Fiorello, con un programma che dal web arriva sul piccolo schermo, sarà una sorta di traghettatore tra vecchio e nuovo modo di intendere la tv? La sua idea è una bella trovata. Per la prima volta una trasmissione parte da RaiPlay, si affaccia su Rai1 e ha una parte importante anche in radio. Quindi è la prima produzione multimediale che nasce dal web per andare verso canali più tradizionali. Una bella esperienza, poi con Fiorello è più facile.
a punto pluriennale. C'è anche una stretta collaborazione con le università. Gli atenei sono sensibili a offrire una chance e un’apertura culturale ai giovani. Lavorare con loro è molto positivo. Vedremo, poi, quali saranno i risultati concreti, ma anche solo l’intuizione è importante. C’è poi il gemellaggio con il Premio Roberto Morrione per il giornalismo investigativo. È significativo per la Rai ed è un modo per rafforzare il giornalismo d’inchiesta, considerato da tutti una risorsa preziosa, creando aspettative sovente disattese. In passato ho sentito tante dichiarazioni altisonanti e poi non c’era un corrispettivo di budget dedicato
no. L’unica iniziativa vincente e innovativa che l’azienda ha saputo cogliere è RaiPlay, che non è poco. Però sul ranking dei siti più visti siamo molto indietro, non è normale. Perché, secondo lei, si è arrivati a questo punto? Perché il mercato digitale non è mai stato recepito come fondamentale. E visto che quello tv assorbe troppo
Il nuovo palinsesto Rai si avvicina o ottempera al tema del Prix Italia? Sì, per quel che riguarda il pubblico più anziano: la presenza di volti noti è rassicurante. Non ancora del tutto per il pubblico più giovane. Questo discorso va fatto usando tecniche, logiche e personaggi familiari a un tipo di utenti che, generalmente, saltano la tv. È un approccio che avrà una messa
a questo settore. Il Premio Morrione ha la sua identità e la sua autonomia, però è un messaggio simbolico che noi lanciamo per rafforzare una delle necessità vitali del giornalismo che andrebbe onorata in modo non retorico. La location del Prix Italia sono i Mercati di Traiano a Roma. Come mai questa scelta che, se vogliamo, sem-
Mercati di Traiano, location del Prix Italia 2019
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© Antonio Li Piani/FS Italiane | PHOTO
Il presidente Foa in uno dei suoi tanti viaggi in Frecciarossa per motivi di lavoro
bra in contrasto con un tema che punta al futuro? Non c’è un valore simbolico. Volevamo che i partecipanti avessero una buona impressione a tutto tondo. Un convegno di questo livello, dove ci sono fior di specialisti televisivi di tutto il mondo, è anche una bella promozione per il nostro Paese. Farlo in questa location significa mostrare le perle italiane. Mi tolga una curiosità: cosa guarda il presidente della Rai in tv? (Ride, ndr). Avendo giornate e serate intense scelgo l’informazione, i talk show giornalistici e le fiction per svagarmi. Però il fatto di vedere qui (indica i televisori accesi che ha nel suo ufficio, ndr) tutti i programmi dei canali Rai, spesso senza sonoro, è un’esperienza importante per capire chi è telegenico. E quale impatto hanno le immagini sulla psiche collettiva. Come studioso di comunicazione è molto interessante. Della nuova stagione Rai ci sono programmi che la incuriosiscono? Attendo con molta impazienza Fiorello, perché mi auguro sia una svol-
ta importante per capire come la Rai possa entrare in contatto con il pubblico digitale. Questa è la vera grande scommessa. Oltre a Fiorello? Sono curioso di vedere alcune trasmissioni storiche con conduttori diversi. Mi piace seguire il programma di Pierluigi Diaco, Io e te, che cambia completamente di fascia andando in seconda serata, il sabato, trasformandosi in Io e te di notte. Capiremo se il successo che sta ottenendo rimarrà ed è servito per individuare un genere. Mi incuriosisce molto anche Vero contro vero, che presto darà spazio all’informazione alternativa dei blog su Rai2. Come sarà strutturato? L’idea è sdoganare l’informazione alternativa di qualità, ignorata dai media tradizionali, mettendola a confronto con il giornalismo mainstream. Una forma di dibattito che va oltre gli schemi della politica e della comunicazione, ma che è estremamente attuale. Il pubblico non arriva più in maniera automatica. E la Rai deve diventare una spugna, andare dove c’è
interesse e affrontare i temi, le professionalità e le modalità di Internet. È una bella sfida e un tentativo intelligente che va incontro a esigenze attuali. Vedremo se gli ascolti ci premieranno. C’è un programma o un talent della concorrenza che vorrebbe nella squadra Rai? Le rispondo dicendole che se Mediaset, Sky, La7 e Discovery fanno una buona controprogrammazione, per noi è uno stimolo a fare meglio. Considerando che i valori e gli standard del servizio pubblico devono, per propria missione, rimanere più alti e non cedere a tecniche che permettono di acchiappare più facilmente audience. Se riusciremo a raggiungere questo scopo, nessuno rimetterà in discussione la Rai. Il pagamento del canone è giustificato se si è migliori, al passo coi tempi, ma senza conquistare gli ascolti con metodi scontati e immediati. prixitalia.rai.it PrixItalia prixitalia
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SPORT
SIC
A METÀ SETTEMBRE LA RIVIERA ROMAGNOLA ALZA IL VOLUME CON IL ROMBO DELLA MOTOGP: SI CORRE A MISANO, NEL TRACCIATO DEDICATO A MARCO SIMONCELLI. SUO PAPÀ PAOLO, OGGI TEAM MANAGER, PARLA DI SOGNI, FUTURO E RICORDI
di Jeffrey Zani
U
na foto per ogni tatuaggio, una collezione. «Saranno duemila, forse tremila». Paolo Simoncelli le ha scattate con il telefonino a quei fan che suo figlio Marco se lo portano sulla pelle. Il numero, 58. Il soprannome, Sic. Era il 2011, quando un incidente se l’è portato via. Malesia, circuito di Sepang, in pista la MotoGP. «Ma lui vive ancora, ne vedo le testimonianze in tutto il mondo». Perché rappresentava il motociclismo più genuino, vero, senza pose. La parlata da romagnolo doc, consonanti sibilanti. I riccioli ribelli, pettinati col tritolo. Un pilota esplosivo al quale è intitolato il circuito di Misano, che dal 13 al 15 settembre ospita il circus della MotoGP. Ci sarà anche 74
Paolo, che oggi veste i panni del team manager nella Sic58 Squadra Corse. Impegnata in due categorie, Moto3, la classe cadetta, e MotoE, le elettriche che evocano scenari e interrogativi. È questo il futuro? A me piace il rumore, ma nell’elettrico non c’è. Da bambino incastravo le figurine fra i raggi della bici per imitare i motori. La MotoE deve ovviare all’eccessivo peso delle batterie, serve una dieta radicale. Tornare nel Motomondiale dopo la tua esperienza con Marco. Perché? Mi permette di vivere meglio, di non pensare a quanto successo. E poi ho qualcosa da insegnare ai giovani, vista l’esperienza col Sic. So quello che passa nella testa di un pilota.
Quando sgridare, quando dare una pacca sulla spalla. Gesti preziosi. Vivi a Coriano (RN), in Romagna. La passione per le moto è rovente, qui. La mia è nata come spettatore delle gare stradali che si facevano negli anni ‘60. Era tutto semplice, senza filtri. I piloti li potevi toccare, c’era contatto. Per chi tifavi? Giacomo Agostini, 15 titoli iridati. Qualche anno fa, di sera, nel paddock c’era Ago che parlava delle sue imprese e Marco pendeva dalle sue labbra, era incantato. È stato lì un’ora. Il tuo team: prospettive? Vincere. E magari finire in MotoGP, la top class. Secondo me faremmo bella figura. Ne saremmo capaci.
Paolo Simoncelli in griglia con il pilota Tatsuki Suzuki
©Sic58 Squadra Corse
IN PISTA NEL NOME DEL
UN TRENO DI LIBRI
Invito alla lettura di Alberto Brandani [Presidente giuria letteraria Premio Internazionale Elba-Brignetti]
In viaggio con il Prof
LA BELLEZZA RUBATA L
a bellezza rubata è un romanzo di memorie, quelle memorie che fanno parte del nostro vissuto sociale e culturale (anche se non ce ne accorgiamo) e che, se andassero dimenticate, farebbero perdere un tassello dell’identità unica della nostra storia. Il libro di Laurie Lico Albanese si sviluppa su due filoni e si svolge in un arco temporale che dura più di un secolo (dalla fine del 1800 fino ai primi anni 2000). Vienna è lo scenario principale, città di sogni e magnificenza che inizia ad aprirsi alle modernità artistiche che meglio rappresentano la verità e la condizione umana, ma dove cominciano anche a svilupparsi i primi focolai dell’antisemitismo. Adele e Maria sono zia e nipote di origini ebraiche, ma ciò che le ha legate maggiormente non è stato il tempo trascorso insieme (sfortunatamente esiguo) piuttosto i loro caratteri determinati, l’amore per la famiglia, il disprezzo per le ingiustizie e l’arte. Adele fin da bambina ha sempre mostrato un’acuta intelligenza, amore per l’arte ed una feroce curiosità; tutte doti che all’epoca erano considerate superflue per una donna. Nonostan-
te ciò, grazie alle possibilità della sua famiglia e, soprattutto, grazie al matrimonio con un uomo che l’ha amata e compresa, ha potuto soddisfare i suoi desideri di conoscenza ed è potuta entrare in contatto con le personalità più importanti dell’epoca a Vienna. Qui conosce Gustav Klimt, artista carismatico e all’avanguardia e lei diventa soggetto di ispirazione per alcuni quadri che sono ancora oggi famosi in tutto il mondo. Maria comincia il suo racconto nel 1938 quando i nazisti entrano a Vienna e intraprendono il processo di arianizzazione. Di fatto usavano la violenza per espropriare gli ebrei da tutto quello che avevano (case, beni, società lavorative...) obbligandoli a firmare delle carte che rendessero “legittimi” quei furti; tra i numerosi beni confiscati alla famiglia di Maria c’era un quadro della zia Adele ritratta da Klimt. L’invasione dei tedeschi obbligò tutti gli ebrei a scappare in clandestinità, così anche Maria cominciò il suo viaggio ma, anche dopo molti anni, il pensiero correva al quadro della zia. Lo zio aveva cercato invano di recuperarlo e in punto di morte le aveva chiesto di continuare a cercarlo. Credo che uno dei messaggi che ci
ha voluto trasmettere l’autrice sia quello di salvare la bellezza. Facendo riferimento all’arte «ogni arte ha il suo tempo, ma la bellezza rimane per sempre». Ogni artista ha sentito e sentirà l’esigenza di adeguare i propri lavori al contesto sociale o alla propria personalità, ma se quello che riuscirà ad esprimere sono le emozioni, le debolezze, le passioni di questo mondo e degli uomini, allora la sua arte durerà nel tempo.
Einaudi, pp. 360 € 20 77
UN TRENO DI LIBRI
Un assaggio di lettura BRANI TRATTI DA LA BELLEZZA RUBATA ADELE 1898 sua moglie. – Amor fati[...], – scrisse Ferdinand in cambio. – Se sono il tuo destino, Adele, spero che lo amerai… e che amerai anche me. – Forse non lo ami adesso, – commentò Thedy quando glielo raccontai, – ma con lui farai una bella vita, Adele, e potresti imparare ad amarlo. Sono con-
vinta che potresti farlo e lo farai. Avevo trovato un uomo all’altezza e rispettato, con cui avrei messo su famiglia. Un uomo che aveva le chiavi di tutte le porte e di tutti i libri che intendevo aprire. Credevo – o almeno speravo – che il futuro mi riservasse solo cose buone. [...]
cameriera personale era ancora più giovane di me, e anche lei era tesissima. Cercai di non metterle fretta e non innervosirla mentre mi infilava il vestito dalla testa, e sollevava i capelli per evitare che si impigliassero nel fermaglio del collier. Il pesante girocollo d’oro di Koloman Moser era un dono di nozze di Ferdi-
nand ed ero felice di avere l’occasione per sfoggiarlo. – Sfolgorante, – disse Ferry quando ci incontrammo nell’atrio. – Semplicemente adorabile. – Ci sarà anche Moser stasera, – dissi io. – Sarà sicuramente entusiasta quando vedrà che porto la sua collana. – Io parlavo di te, – disse Ferdinand. –
© Imagno/Austrian Archives/GettyImages
[...] Con la mano che mi tremava, quel pomeriggio scrissi a Ferdinand un lungo biglietto, dicendo che volevo imparare la filosofia e l’anatomia, volevo studiare arte e andare a Parigi. Se quelle cose erano accettabili per lui, e se davvero le sue parole sull’avant-garde erano sincere, sarei stata felice di diventare
Ritratto di Adele Bloch-Bauer I (1907)
ADELE 1900 Dopo il bagno, scelsi un abito da cocktail verde senza maniche, con gli orli dorati. Quella sera facevo il mio debutto viennese da signora sposata, e volevo trovare l’equilibrio perfetto: raffinata, ma anche brillante e moderna. Mi incipriai con cura, meravigliandomi di quanto impegno occorresse per rendere lisce le ascelle. La mia nuova 78
Un assaggio di lettura antichità per salire subito alla sala del Botticelli. Era proprio come me l’aspettavo, ma ancora più possente di quanto sperassi. Abbracciando con lo sguardo la Venere e la Primavera – tutte nude come Eva nel Paradiso terrestre, tutte piene di vita e di seduzione – sentii un’affinità con le donne botticelliane che mi fece arrossire dalla testa ai piedi. I nostri passi rimbombavano nei lunghi corridoi degli Uffizi, e l’allegro chiacchiericcio degli italiani era contagioso. Dopo Botticelli, trovammo una piccola folla già radunata davanti alla Venere di Urbino di Tiziano. Aveva carni tenere e opulente, e il cagnolino bianco ai suoi piedi sembrava vibrante di vita. Anche a secoli di distanza mi era facile immaginare come si doveva
essere sentita la modella, fissando il pittore che ricambiava il suo sguardo: appassionante e appassionata, impietrita nella posa come la fanciulla di Munch sul letto, ma anche astuta, e saggia; senza vergogna e perfettamente consapevole del proprio erotismo. Immaginai la giovane che guardava sfrontata il pittore mentre lui le guidava la mano tra le cosce. Vedevo tutto: la scena nello studio, la vita nel disegno, la pittura bagnata, il cerchio di luce piena che illuminava la tela. – A Parigi abbiamo visto la nuova arte, – sussurrai a Ferdinand, sforzandomi di mantenere un tono tranquillo, – ma è qui che è cominciato tutto. – Adoro andare per musei con te, – rispose. [...]
Filosofia (1899-1907) © Imagno/GettyImages
Sei tu che sei bellissima. [...] Lui fece un gran sorriso, e mi piacque subito. Parecchi degli uomini presenti, soprattutto i pittori, avevano l’aria malaticcia. Klimt era robusto, con una testa di riccioli castani e le spalle larghe. Un gran bell’uomo, sulla quarantina, con una barba appuntita da elfo. L’elegante completo a tre pezzi era di taglio perfetto, e lasciava intendere, sotto il tweed, la presenza dei muscoli. Benché a Vienna non si fosse visto il sole per quasi tutto febbraio, aveva un aspetto sano e colorito. – Cerco di non fare mai meditazioni su niente, nel mio lavoro, – disse. – Preferisco concentrarmi su colore ed equilibrio. Sfiorò il collier che mi cingeva la gola. Notai i frammenti di pittura blu sotto le unghie. Da vicino aveva il profumo dell’aria turchese di campagna, di acqua azzurra e neve, mescolato all’odore di animali che si svegliano dal letargo. – Cerco cose che siano in contraddizione ma in qualche modo in armonia, – disse. Sentivo il calore delle sue dita, e tenni gli occhi fissi nei suoi. – Come quest’oro che ha sulle spalle, e la luce che contrasta con i suoi capelli scuri. Il carisma di Klimt era eccezionale. Balbettai qualcosa sulla faccia della donna che ci fissava dall’angolo del murale. [...] Era dall’estate precedente che non chiedevo niente a mio marito. [...] Quando gli chiesi se potevamo andare a Firenze («Per studiare il Rinascimento, – dissi. – Quella è stata la loro epoca aurea, e questa sarà la nostra, a Vienna»), Ferdinand si organizzò in un batter d’occhio, e mi fece ordinare anche una nuova pelliccia per il viaggio. Attraversammo le Alpi in un lussuoso vagone-letto, e arrivammo al Grand Hotel nel pieno di una tempesta di neve. La prima sera a Firenze ci rimpinzammo di fagiano arrosto e ravioli al formaggio, e dormimmo in un grande letto a baldacchino tra cuscini di piume. Il mattino seguente la nostra carrozza, arrancando per le strade fangose, ci depositò davanti agli Uffizi all’ora dell’apertura. Ero talmente eccitata che superai distrattamente le
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UN TRENO DI LIBRI
© Fine Art Images/HeritageImages/GettyImages
Un assaggio di lettura
Danae (1907-1908)
ADELE 1908 Klimt ringraziò tutti per essere intervenuti e in particolare i ministri per il loro sostegno. [...] – L’accoglienza del pubblico è spettacolare, – disse. – Venite, andiamo insieme alla galleria. Mio marito non era abituato a farsi dare ordini da nessuno, ma l’entusiasmo di Klimt era contagioso. Lo seguimmo nella galleria centrale, dove cinque nuovi dipinti erano illuminati da moderni riflettori. In una spettacolare cornice dorata, il mio ritratto sembrava appartenere a un altro universo, e io ero una donna esotica proveniente da una misteriosa terra di sogno. Lo avevo visto 80
nello studio, ma in pubblico fu uno choc: la bocca rossa e voluttuosa, gli occhi limpidi, con quell’espressione di nostalgia e desiderio che nemmeno io riuscivo a decifrare completamente. [...] Mentre consegnavo il bicchiere vuoto a un cameriere lì vicino, vidi Emilie Flöge che mi sorrideva. [...] – Ricordati solo che quella sulla tela non sei veramente tu, – mi sussurrò all’orecchio. – Questa per me è stata la cosa più difficile: la gente che continuava a insistere che ero io, quando invece non ero assolutamente io.
– E chi era, allora? – le chiesi. – Klimt, ovvio, – disse con una buffa risata. – Quello che Klimt vedeva quando guardava me che guardavo lui. – Ma non è anche qualcosa più di questo? La stessa immobilità che avevo visto in Klimt invase anche lei, che chiuse gli occhi e mi diede l’impressione di compiere un viaggio in qualche luogo nascosto dentro di sé, per poi ritornare con la risposta. – Lavora e lavora finché sulla tela non emerge qualcosa che è molto più dell’uno e dell’altra, – disse riaprendo gli occhi. – Questo è il suo genio.
Lo scaffale della Freccia IL MEDITERRANEO IN BARCA Georges Simenon Feltrinelli, pp. 400 € 19 Che Simenon sia un prodigioso narratore è a tutti noto. Ma forse non tutti sanno che, in particolare fra il 1931 e il 1946, è stato un reporter non meno prodigioso e singolare. Lo dimostra questo resoconto di una crociera compiuta nel Mediterraneo – da Porquerolles alla Tunisia passando dall’Elba, Messina, Siracusa, Malta – a bordo di una goletta: una lunga crociera con Simenon e le sue storie.
IL PROBLEMA SPINOZA Irvin D. Yalom Neri Pozza, pp. 441 € 17 Estonia, 1910. Il diciassettenne Alfred Rosenberg viene convocato nell’ufficio del preside Epstein. Il ragazzo adduce ben poco per difendersi dall’accusa di aver proferito violenti commenti antisemiti in classe. All’ebreo Epstein non resta perciò che condannarlo a una singolare punizione: imparare a memoria alcuni passi dell’autobiografia di Goethe relativi a Baruch Spinoza, il grande filosofo ebreo.
IL VIOLINO DI MUSSOLINI Mario Baudino Bompiani, pp. 224 € 16 Un romanzo dove lo humour dei personaggi, coltissimi, innamorati della letteratura, deve misurarsi con la feroce stupidità del mondo che assedia i protagonisti e la loro precaria isola felice. Libri e fantasmi sono spesso indistinguibili. Ma anche un violino sforacchiato di pallottole diviene il protagonista latente della nuova avventura dei bibliofili montanari amanti del barolo chinato.
RAP Cesare Alemanni Minimum Fax, pp. 432 € 19 Nato a New York negli anni ‘70, il rap è il genere musicale più popolare oggi. La sua influenza si avverte ovunque, dalla cultura pop agli stili di vita urban, dalla moda fino alla politica. Quest’opera spiega, tra dischi e artisti iconici, come una forma d’espressione nata per denunciare le condizioni di marginalità dell’America Nera sia diventata un fenomeno globale, scrivendo una controstoria degli States. G.B.
IL TRENO DEI BAMBINI Viola Ardone Einaudi, pp. 256 € 17,50 Napoli, 1946. Amerigo lascia il suo rione e sale su un treno. Assieme a migliaia di altri bambini meridionali attraversa lo Stivale per passare un po’ di tempo con una famiglia del Nord, un’iniziativa del Partito Comunista per strappare i piccoli alla miseria dell’ultimo conflitto. Dai suoi occhi si legge un’Italia che vuole rialzarsi. Caso editoriale all’ultima fiera di Francoforte, tradotto in 24 lingue. G.B.
DUE DELITTI Jorge Ibargüengoitia La Nuova Frontiera, pp. 208 € 15,50 Dopo la fuga da Città del Messico perché ricercato dalla polizia, in quanto militante politico, Marcos si rifugia da un facoltoso zio alla ricerca di un po’ di soldi. Si troverà in un groviglio di menzogne, passioni e malcelate ambizioni, ordite da familiari e amici del danaroso parente, che sfoceranno in due tragici delitti. Romanzo poliziesco e ritratto tragicomico delle meschinità umane. G.B.
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© Gianluca Di Ioia
IN VIAGGIO CON
Stefano Boeri, architetto e presidente della Triennale di Milano
GREEN ATTITUDE L’ARCHITETTO STEFANO BOERI VIAGGIA AD ALTA VELOCITÀ VERSO L’ALBANIA E LA CINA PER NUOVI PROGETTI SEMPRE DALL’ANIMO VERDE di Andrea Radic
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Andrea_Radic
«A
mento creativo, si tratta invece di uno stato d’animo e mentale che consente di generare l’idea». Qual è il tuo rapporto con il viaggio in treno e la velocità di spostamento? Le Frecce hanno sicuramente cambiato la geografia italiana, avvicinando Roma a Bologna e Milano. La velocità di spostamento consente di chiudere un ciclo di vita quotidiana: ci si muove, si vivono con intensità e successo alcuni scambi professionali e commerciali, ma si ritorna poi a dormire nel proprio letto. Cosa vede dal finestrino del treno il tuo occhio di architetto? Il retro delle città, dei quartieri, delle case, degli uffici. Il treno è un punto di osservazione molto interessante,
consente di vedere ciò che di solito non viene messo in scena nelle facciate degli edifici, delle chiese, dei negozi. Ecco, questa visione sul retro è spesso sorprendente e quindi molto interessante. Il viaggio è anche opportunità di conoscenza di altre persone? Per me non è un momento di dialogo e conversazione, ma di introversione. Mi immergo in una specie di bolla, leggo, scrivo, magari guardo un film. Con le Frecce si può avere quotidianità dell’arte. Partire, visitare una mostra e rientrare a casa… Vero, ed è molto bello. Stiamo lavorando come Triennale a un grande progetto con il MAXXI di Roma, una sorta di giornata dell’architettura con mostre ed eventi. Ci piacerebbe coinvolgere il Gruppo FS e l’alta velocità.
© Gianluca Di Ioia
mo gli alberi, sono individui straordinari, con la loro intelligenza, ognuno diverso dall’altro. Sono loro il nostro futuro». È l’architetto italiano più attento all’ambiente, suo il Bosco verticale, grattacielo milanese pluripremiato caratterizzato da migliaia di piante che ne costituiscono l’anima verde. «A Tirana, in Albania, il piano regolatore ha previsto una foresta intorno alla città che già conta centinaia di migliaia di alberi. È un nostro progetto». Anche in Cina il suo studio, antesignano dell’architettura contemporanea in quella parte di mondo, sta realizzando palazzi le cui facciate sono popolate da piante. Stefano Boeri viaggia molto per lavoro, sempre con curiosità e voglia di cogliere l’attimo. «Non esiste un mo-
Uno degli allestimenti della mostra permanente del design alla Triennale di Milano 83
IN VIAGGIO CON
Un altro obiettivo è che la Triennale diventi centro di una rete di scambi culturali e artistici con le città italiane collegate dall’alta velocità, offrendo occasioni uniche. L’architettura è sempre più protagonista della realizzazione di nuove stazioni ferroviarie. Abbiamo realizzato il progetto della piccola stazione ferroviaria di Matera, delle Ferrovie Appulo Lucane, collegamento importante con Bari. Viene inaugurata il 10 settembre. È stata un’esperienza straordinaria, non solo perché Matera è la Capitale europea della Cultura. Ma anche perché lavorare su una stazione significa lavorare sulla facciata che una città possiede nei confronti del mondo: l’altro lato di una stazione sono le mille altre stazioni nelle quali il treno ti porta. Per un architetto un lavoro intenso, bello, impegnativo. Sei presidente della Triennale di Milano dal 2018, che visione ne hai e quale impronta vuoi lasciare? La considero patrimonio dei milanesi e degli italiani. Architettonicamente è un piccolo miracolo, un edificio monumentale e flessibile allo stesso tempo. La Triennale è un luogo di incontro delle culture del mondo, dove la cultura e l’arte italiane si esprimono in
maniera fantastica. Dall’architettura al teatro, dalle arti visive alla scultura, riuniamo opere dei grandi interpreti del ’900. Arrivando fino al design, grazie alla nuova parte di museo curata da Joseph Grima, dove parlano gli oggetti che hanno segnato i decenni dal 1940 al 1970. Stiamo preparando la seconda parte, dagli anni ’80 a oggi, raccogliendo le icone di questo periodo. Un programma annuale intenso, quello della Triennale... Per diverse ragioni, innanzitutto la Triennale è un grande edificio, distribuito su tre livelli considerando anche il piano che dà sul giardino, a una quota più bassa rispetto all’ingresso. In secondo luogo abbiamo una contemporanea espressione di linguaggi artistici molto diversi. In questo momento è in mostra la 22esima edizione della Triennale Internazionale curata da Paolo Antonelli. Il tema affronta il cambiamento climatico e ci parla di come il design e l’architettura, e più in generale l’arte, possano affrontare questo tema in modo propositivo. Non solo con atti di denuncia, ma proponendo qualche soluzione. In Triennale si vive molto anche la dimensione della ricerca, dello studio. È sempre stato così. Le culture del
Stefano Boeri insieme al giornalista Andrea Radic 84
progetto, tra cui architettura, design, urbanistica e grafica, devono, per loro natura, porsi l’obiettivo di fare un passo in avanti, di anticipare il futuro. L’arte ha sempre necessità di spazio… Con il MiBAC abbiamo definito la realizzazione di altri tremila m2 per l’arte e la cultura. Bellissimo progetto. Essere il figlio di Cini Boeri, celebre designer, ti ha dato qualche emozione in più? Mia madre è una presenza importante, professionalmente altro rispetto a ciò che ho fatto io, non mi ci sono mai misurato. Certo, in alcuni momenti sento un po’ la storia che ho vissuto come figlio, tra i protagonisti di questa storia. Boeri parla con leggerezza e passione, lontano dall’essere una archistar, si rapporta con curiosità e interesse. Nello sviluppo dei suoi discorsi e delle sue iniziative mantiene alcuni punti fermi: la forza dell’unione delle arti, la coerenza dell’architettura quale segnale del tempo e la creatività del design, sempre libera da costringimenti. stefanoboeriarchitetti.net StefanoBoeri
INFORMAZIONE PUBBLICITARIA
Un nuovo approccio chirurgico, altamente innovativo e mininvasivo, messo a punto dal chirurgo Paolo Gott Gottarelli di Bologna, consente di ottenere risultati straordinari senza tamponi nasali e dolore post-operatorio
N
egli ultimi anni il progresso tecnologico e la ricerca scientifica hanno reso possibile lo sviluppo e il perfezionamento di tecniche sempre più mininvasive ed innovative, grazie alle quali è possibile curare il naso, in tutte le sue parti e funzioni, con maggior precisione e attendibilità di risultato rispetto al passato. I progressi raggiunti in materia sono davvero straordinari, anche grazie al contributo alla ricerca dato dal dott. Paolo Gottarelli, noto chirurgo plastico nasale di Bologna. Laureato con lode in Medicina e Chirurgia nell’Ateneo della sua città, specializzato in Chirurgia Plastica Ricostruttiva, questo specialista della chirurgia nasale già nel 1997 si era distinto nel panorama sanitario nazionale, per aver sviluppato un suo personale metodo di correzione dei turbinati inferiori, il MIT (Modified Inferior Turbinoplasty), grazie al quale è possibile curare in modo assolutamente non invasivo gravi patologie strettamente collegate all’ipertrofia di quest’organo come sinusiti, cefa-
lee, riniti vasomotorie, apnee notturne, allergie e poliposi. Una tecnica chirurgica altamente innovativa, fulcro della rinoplastica globale che, in sette passaggi chirurgici della durata complessiva di sette minuti per parte, consente di risolvere definitivamente il problema di una cattiva respirazione in modo più sicuro e indolore rispetto alle tecniche tradizionali. Oltre all’assenza di dolore post-operatorio, la grande svolta offerta da tale approccio è rappresentata dalla quasi totale eliminazione di infezioni ed emorragie, dall’abolizione dei tamponi nasali e dalla drastica riduzione della possibilità di recidive. Tutti vantaggi significativi che aumentano sensibilmente la soddisfazione di un paziente sempre più esigente ed informato. “L’obiettivo primario di ogni intervento deve essere quello di restituire alle persone una buona qualità di vita, correggendo la causa di ostruzione respiratoria nasale attraverso un rimodellamento delle parti anatomiche interne, secondo il principio della coerenza e della armonia della
riduzione morfo-funzionale!” asserisce con enfasi Gottarelli. “Respirare con la bocca è sempre nocivo e non può essere la soluzione ad un naso ostruito. Una respirazione corretta è infatti il presupposto fondamentale per garantire una buona ventilazione polmonare e per prevenire gravi disturbi bronchiali e cardiaci”. Nel tempo, il MIT è confluito nel Metodo Globale, quello Gottarelli (MG), che prevede l’unione di tre diverse tecniche (il Mit, la rinoplastica strutturale di Dean Toriumi e quella vettoriale della punta di John B. Tebbetts), in grado di dare risposte soddisfacenti a tutti i problemi estetici e funzionali del naso. La globalità dell’intervento, l’impiego dei migliori materiali chirurgici, l’ausilio di professionisti altamente qualificati e strutture di primo livello rendono tale metodo un unicum nel panorama scientifico. Per maggiori info info@paologottarelli.it www.paologottarelli.it Tel. 051 343874 - 342912
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Š Alessandro Furchino
MODA
Massimo Giorgetti 86
MSGM, DIECI ANNI DI STILE IL FONDATORE MASSIMO GIORGETTI FESTEGGIA I SUCCESSI DEL BRAND 100% MADE IN ITALY ALLA FASHION WEEK MILANESE DI SETTEMBRE di Cecilia Morrico
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morricocecili
pesso con il passare degli anni l’entusiasmo un po’ si affievolisce. Molte persone
qui è nato il nome MSGM, composto dalle iniziali dei quattro soci originari. L’abbiamo presentato nel 2009 e
che non diventi troppo serio. Tra i nuovi lanci anche la linea activewear, perché?
restano schiacciate dalla routine oppure si rilassano nella loro zona di comfort. Non è il caso di Massimo Giorgetti, fondatore e anima del marchio MSGM, creativo fino al midollo, che parla del suo brand con voce appassionata. Orgoglio personale, la sua è un’azienda con strategie, posti di lavoro e produzione tutta italiana. Le sue t-shirt e felpe sono diventate uno status symbol per i più giovani e i colori fluo utilizzati sono poi esplosi su tutte le passerelle. Durante la settimana della moda milanese, dal 17 al 23 settembre, festeggia i primi dieci anni di attività con una sfilata iconica, un nuovo store e tanta musica.
poi, dopo un paio d’anni, due persone sono andate via. L’anno seguente ha lasciato anche il terzo e alla fine sono rimasto solo io. Però il nome era quello e andava mantenuto. E ha portato bene… È stato il primo logo con quattro lettere e ne vado piuttosto fiero. Ho mantenuto la promessa di creare qualcosa di nuovo, inaspettato e diverso rispetto alle collezioni esistenti fino a quel momento. Qual è il messaggio che intendi comunicare con MSGM? È sempre stato molto chiaro: gira tutto intorno al concetto di giovinezza, anche il target di riferimento iniziale, che si è poi evoluto con la donna. Siamo sinonimo di freschezza e contemporaneità ma con ironia e irriverenza. Cerchiamo di non prenderci troppo sul serio e infatti l’anno scorso siamo usciti con una t-shirt che ci rappresenta, diventata poi iconica, con la scritta “Leggerezza non è superficialità”. E ora cosa vuoi conquistare? Già essere dove sono oggi è quasi un sogno, anni fa era quasi impensabile. Siamo un’azienda di 100 persone di cui 30 a Milano e 70 nelle Marche e ciò mi riempie di orgoglio. Voglio comunicare il mio messaggio in modo ancora più forte, con campagne pubblicitarie d’avanguardia o differenziandomi con profumi e occhiali. Di base ci sarà sempre la passione per il lavoro che faccio e spero
È da due anni che ci pensavo. È nata da un’esigenza personale: mi piacciono la palestra e il running e ho scoperto anche lo yoga, dove sto diventando piuttosto bravo. Non volevo andare ad allenarmi con l’abbigliamento di altri e allora ho deciso di farmelo da solo. Poi è diventata un’esigenza di mercato, abbiamo lanciato la linea quest’estate e sta andando bene. I tessuti sono tecnici e comodi e il look può essere utilizzato anche fuori dalla sala pesi: il pantalone da jogging si può indossare con una t-shirt e una giacca. Tornando ai festeggiamenti, come pensi di celebrare il brand durante la fashion week milanese di settembre? Sabato 21 è la giornata di MSGM perché abbiamo tre eventi. Il fashion show la mattina, iconico dei dieci anni, l’inaugurazione del nuovo negozio in Brera nel pomeriggio e una grande festa la sera con cena e party a seguire. Ci anticipi qualcosa della passerella? Nessuna sfilata nostalgica, non ci sono cose che avete già visto o comprato, ma c’è il Dna di MSGM, molto potente e riconoscibile. Quindi tanti colori acidi, il mix & match, le stampe, il logo, lo streetwear, il romantico, i fiocchi, i volant. Insomma, tutto quello che siamo è stato reinterpretato con il nostro motto “Non guardarti mai indietro, è tutto davanti a te”.
Dieci candeline per MSGM. Come è nato il brand? Da un’idea che mi è venuta nell’estate del 2008. Ero a Milano durante un aperitivo con Riccardo Grassi, responsabile dell’omonimo showroom di moda, e lui mi ha lanciato questo sasso dicendomi: «Perché non pensi a una collezione nuova, un po’ di rottura e diversa da quelle che ci sono sul mercato?». Da lì ho cominciato a ragionarci. In quel periodo ascoltavo gli MGMT e anche il singolo Viva la vida dei Coldplay. La musica, per me sempre importantissima, mi ha ispirato. Ho messo insieme un gruppo di persone, ci siamo trovati in quattro a lavorare su questo progetto e da
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MODA
MSGM Fall-Winter 2019/20
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Il numero di outfit? L’idea è di farne 40, uno per ogni ragazza, seguiti da un finale. Riti scaramantici prima di una sfilata? Non ne ho, anche se durante l’ora precedente sono abituato a stare da solo. Mi metto a pensare a come è nata la collezione anche per prepararmi alle interviste che dovrò fare dopo. Cerco sempre di trovare qualcosa di curioso da dire alla stampa, qualche aneddoto, perché quando un giornalista di moda ti fa una domanda è bene dare una risposta intelligente. E non fermarsi a dire «questo è il cappotto giallo o beige». E dopo lo show cosa succede? Il post passerella è molto interessante, perché ti arriva addosso un camion di emozioni. Prima vieni travolto letteralmente da una valanga di persone che ti vogliono salutare o fare i complimenti. Poi cerchi di metabolizzare e cominci a sentire la tua rete di contatti, tra buyer, giornalisti e amici. Ti ripeti cosa poteva andare meglio o peggio. Sono molto critico con me stesso, è raro che sia subito contento di qualcosa, e anche questo va gestito, ci sto lavorando (ride, ndr). Riguardo al nuovo negozio a Brera, invece? Ha un concept personalizzato con gli elementi chiave di MSGM, come la strisciata di colore giallo. Diciamo che è un po’ speciale rispetto agli altri corner, perché anche il palazzo si presta, essendo una banca storica del centro di Milano. Oltre a questo, nella Città del Duomo, ci saranno altri punti vendita in Italia? No, abbiamo già 160 multibrand dedicati alla linea donna e 120 per l’uomo. Più gli spazi nella Rinascente e in altri store, quindi c’è già la giusta offerta. Siamo più concentrati sull’Asia: sempre nel mese di settembre apriremo il secondo negozio a Tokyo. Quanto conta per te lavorare in Italia? È importantissimo, MSGM è oggi ancora 100% made in Italy. Non solo le collezioni, ma anche i tessuti, le
stampe, i fornitori, tutte le maglie e le sneaker sono realizzate nel Belpaese. Nelle Marche, in Abruzzo e in Puglia abbiamo delle aziende che producono esclusivamente per noi e ne vado fiero. Com’è affermarsi in Italia? Non è per nulla facile: nel mio caso sono stato scoperto prima dai buyer e dai negozi e poi dai giornali. Prima è arrivato il successo commerciale, poi quello d’immagine. All’inizio le mie collezioni non venivano capite, perché il mondo della stampa è un po’ snob. Il messaggio sembrava troppo giovane, le t-shirt e le felpe all’epoca non erano così in voga. Siamo stati tra i primi ed è quello che ha funzionato. Progetti di scouting come Who’s on next, quanto aiutano i giovani talenti? Sono utili sia per l’immagine sia dal punto di vista professionale. Io ho partecipato nel 2010 ed è stata un’esperienza fantastica, che mi ha consentito di crescere molto. E soprattutto ho acquisito una fitta rete di contatti che ancora oggi coltivo. Ti danno un trampolino di lancio, ma poi devi pensarci tu. Qual è la cosa di cui vai più orgoglioso? Essere riuscito a costruire tutto questo da solo, con il supporto dei miei soci, dei miei genitori e della famiglia del brand Paoloni. Ci sono stati momenti difficili, una volta mi hanno anche bloccato le carte di credito, ma ho tenuto duro. In più, mi sento fiero di poter dare lavoro a tante persone in Italia. L’anno scorso ci avevano proposto un investimento in Portogallo per magliette e felpe, ma ho detto di no. Finché posso, voglio rimanere interamente made in Italy, continuando a realizzare i miei capi con gli artigiani locali. Credo nel karma e questo per me è tutta energia positiva. msgm.it msgm | massimogiorgetti msgm_
MILANO 185 FRECCE AL GIORNO
MSGM Sping-Summer 2020
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FESTIVAL
APPUNTAMENTI D’AUTUNNO di Cecilia Morrico
morricocecili
MITO
© Silvia Lelli
13>19 SETTEMBRE Viaggiare con la musica nello spazio per scoprire luoghi, tradizioni e linguaggi che hanno segnato le diverse culture del mondo. È Geografie il tema dell’edizione 2019 di MITO SettembreMusica, che per il 13esimo anno unisce Milano e Torino e ora esplora il duplice repertorio delle diverse scuole nazionali che hanno segnato la storia della musica e della produzione contemporanea di compositori figli del nuovo nomadismo transnazionale. Un cartellone dal tema attualissimo che indaga territori fisici, dall’Europa alle Americhe fino al Sol Levante, ma anche luoghi immaginari, in cui la musica costruisce una connessione indelebile fra paesaggi simbolici, emozioni, spazi di vita e di memoria. L’inaugurazione è affidata a Zubin Mehta, poi alla bacchetta si alternano anche Myung-Whun Chung, Yuri Temirkanov e Daniele Rustioni. mitosettembremusica.it
Myung-Whun Chung
13>15 SETTEMBRE Quasi 200 appuntamenti fra lezioni magistrali, mostre e spettacoli a Modena, Carpi e Sassuolo. Dedicata al tema della persona, l’edizione 2019 conta tra i protagonisti 53 relatori, di cui ben 24 debuttano al festival. Tra gli ospiti più attesi: Augé, Bodei, Bianchi, Cacciari, Crouch, Ehrenberg, Galimberti, Giovannini, Marzano, Massini, Quante, Recalcati, Rosen, Roy, Severino, Vegetti Finzi. In programma anche otto menù filosofici per ricordare Tullio Gregory. festivalfilosofia.it
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© Serena Campanini/Elisabetta Baracchi
FESTIVALFILOSOFIA
Festival Filosofia, Modena 2018
I DIALOGHI DI TRANI
PORDENONELEGGE
TORINO SPIRITUALITÀ
17>22 SETTEMBRE È tempo di responsabilità nella regione Puglia. Questo il tema che si discute tra la Cattedrale e il borgo antico di Trani e nelle città di Barletta, Andria, Corato e Bisceglie. Grande attesa per la serata con il pianista Ramin Bahrami, in scena sabato 21. idialoghiditrani.com
18>22 SETTEMBRE Ventesima edizione per la festa del libro con gli autori. Come sempre si cerca di raccontare, attraverso la lettura, la contemporaneità. Tra i protagonisti Javier Cercas, Michela Marzano e Nadia Terranova. pordenonelegge.it
26>29 SETTEMBRE Un viaggio notturno per misurare, attraverso lezioni, seminari e incontri, l’intensità del buio. Quattro giorni di riflessione sul presente, sulla sua oscurità e sul suo splendore, attraverso l’incrocio di fedi, culture e religioni. torinospiritualita.org
LA CITTÀ DELLE DONNE di Sandra Gesualdi
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prima di morire ha lasciato a Firenze un enorme patrimonio artistico vincolando i beni alla fruizione pubblica. Ho scritto, poi, un catalogo con la vita di 34 valorose eroine conosciute o anonime, spunto per chiedersi: oggi cosa fanno le donne e quali strade percorrono? Dalla scienza alla letteratura, quali sono i campi in cui sono impegnate ed eccellono? Il capoluogo toscano sarà invaso da eventi, talk e dalle numerose proposte del programma Off. Novità di questa seconda edizione? Tra le varie, Vieni avanti cretina, con tante
comiche sul palco e due madrine pilastri dello spettacolo, Lucia Poli e Franca Valeri. L’ironia è uno strumento importante per dire cose vere e far riflettere con grazia, contro le forzature e gli odi sui social. Qualcuno ha affermato: «La vera parità ci sarà quando tante cretine saranno in Parlamento quanto già tanti cretini ci sono adesso» (ride di gusto, ndr). Come te la immagini la città ideale, progettata e governata dalle donne? Intanto con molti più asili nido, indispensabili per lavorare e fare figli, entrambi cose che adoriamo. Me la immagino un luogo più conciliante, meno ansioso e frenetico. Gli uomini come vedono l’empowerment femminile? Cito Michela Murgia: «Una donna intelligente crea nervosismo, un uomo intelligente autorevolezza». Ancora ci sono molte chiusure e stereotipi e non solo da parte degli uomini. Spero che queste nostre riflessioni possano offrire altri punti di vista e diano una smossa. Adoriamo gli uomini e solo alleati si può costruire una società migliore. Cosa pensi sul linguaggio di genere? Un gran bene ed è questione di tempo abituarsi a declinare i ruoli importanti al femminile. Nessuno si scompone davanti a maestra o cameriera, ma crede che assessora, ministra o sindaca suoni male. Il linguaggio veicola cultura e se lo dico lo pratico. Un’ospite speciale? Virginia Woolf, la sua intervista sarebbe molto provocatoria. Sono sicura che direbbe delle cose scorrette e proprio questo sarebbe il bello.
© Claudio Braccini
re giorni insieme a giornaliste, scrittrici, artiste, attiviste, scienziate, amministratrici per raccontare e confrontarsi sull’oggi. A Firenze torna l’Eredità delle Donne, dal 4 al 6 ottobre, festival ideato e diretto da Serena Dandini. Come nasce questo progetto? Ho sempre desiderato raccontare di coloro che hanno fatto veramente la storia dell’umanità senza essere ricordate e riconosciute. Mi ha ispirato l’Elettrice Palatina, la coraggiosa Anna Maria Luisa, ultima discendente dei Medici che
ereditadelledonne.eu ereditadelledonne ereditadonne – SerenaDandini
CI SONO ANCHE… STRADIVARI FESTIVAL
REATE FESTIVAL
PREMIO LERICI PEA
28 SETTEMBRE>12 OTTOBRE A Cremona si danno appuntamento i più acclamati violinisti del panorama nazionale ed estero. Apre Giuliano Carmignola, e tra i grandi nomi Uri Caine e Richard Groblewski. stradivarifestival.it
28 SETTEMBRE>17 NOVEMBRE Divisa tra Roma, al Teatro di Villa Torlonia, e Rieti, al Flavio Vespasiano, la kermesse offre un ricco programma di concerti da camera, lirica e contemporanea. reatefestival.it
28>29 SETTEMBRE Due giorni all’insegna della poesia. Sabato 28 viene premiato L’Edito per celebrare i versi italiani più significativi, mentre la domenica si omaggiano tutti i vincitori dal 1954 a oggi. lericipea.com 91
© Eric Richmond
MUSICA
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LA MIA MUSICA
DELL’ANIMA A TU PER TU CON IL MAESTRO ANTONIO PAPPANO, CHE HA RICEVUTO IL PREMIO FRECCIAROSSA 1000 PER LA SUA CAPACITÀ DI EMOZIONARE IL PUBBLICO di Bruno Ployer
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l concerto è un momento speciale: il pubblico e i musicisti si ritrovano ad avere molto in comune. Il dialogo si crea con la musica, talvolta anche con le parole, come quando Antonio Pappano, prima di dare l’attacco all’orchestra dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia, si volta verso la platea e parla ai presenti. Ogni volta che questo succede, per introdurre un’esecuzione o per annunciare un’iniziativa, due parole cominciano il discorso: «Caro pubblico...». Maestro Pappano, perché il pubblico le è caro? «Con l’orchestra realizziamo tante tournée all’estero e tanti dischi, ma il momento del concerto per me è una cosa sacra. Il rapporto con lo spettatore è la cosa più importante, davvero fondamentale. Prendo molto sul serio l’idea di sviluppare questo legame, tenere informato il pubblico, avere una programmazione che lo stimoli. E, naturalmente, voglio che rimanga (sorride sornione, ndr). Un concerto è una condivisione di emozioni, è una cosa bellissima sotto tanti punti di vista. Io per quella serata voglio che ci sia una piccola comunità che condivide qualcosa, un’energia che ricarica e fa riflettere. “Caro pubblico” significa che io sono contento che loro vengano al concerto. Noi sul palco completiamo questo patto fondamentale tra esecutore e ascoltatore».
è una delle motivazioni del Premio Frecciarossa 1000, ispirato al treno di punta della flotta alta velocità di Trenitalia. Ferrovie dello Stato, socio fondatore dell’Accademia, lo ha consegnato recentemente al Maestro ribadendo l’impegno di FS Italiane per la valorizzazione del patrimonio culturale nazionale. Antonio Pappano, nato a Londra da genitori italiani, è un direttore d’orchestra molto richiesto a livello internazionale, Ha ricevuto premi importanti e ha due impegni stabili di grande prestigio: in campo lirico dal 2002 è direttore musicale della Royal Opera House di Covent Garden, a Londra, in quello sinfonico è direttore musicale dell’Orchestra dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia dal 2005. Maestro, che bilancio può fare del lavoro svolto finora con l’istituzione romana? Credo che insieme siamo cresciuti, ci siamo sviluppati, abbiamo rinforzato il rapporto con il pubblico, siamo ancora di più cercati all’estero. Ne sono più che felice. Naturalmente non ci si può fermare così! La tecnica, il suono, l’ascolto, la collaborazione, il lavoro di squadra e le opportunità per fare programmi interessanti sono in continuo sviluppo. Che cos’hanno di particolare i musicisti latini?
za del suono, un senso tutto naturale del fraseggio. È una combinazione di poesia, direzione della frase e teatralità. Ho visto in questi anni un grande impegno e un gran lavoro di squadra dell’orchestra e di tutto l’ente. Non è ciò per cui l’Italia è conosciuta nel mondo, ma io vivo una situazione ottimale in questo senso. Oltre a fare concerti, con l’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia ha registrato molti album. Che importanza hanno oggi i dischi nella reputazione e nel successo dei musicisti classici? Il disco è come una fotografia del momento. Per esempio, abbiamo registrato recentemente Otello di Giuseppe Verdi. Con certi titoli si entra in un pantheon di dischi abbastanza rari. Il disco è la documentazione del momento della storia di un ente artistico. Naturalmente, c’è anche l’aspetto commerciale. Le case discografiche tendono a guadagnarci qualcosa, ma è abbastanza difficile con la musica classica. A me interessa avere un ricordo storico. Si fanno tanti sforzi per allargare il pubblico della classica, che però rimane una minoranza. Perché secondo lei non è per le masse? Io non sono d’accordo. Direi che la definizione di musica classica è complessa. C’è quella più leggera, più soft,
La capacità di emozionare il pubblico
Prima di tutto un senso della bellez-
più hard, a seconda delle epoche. La 93
MUSICA
Il Maestro Antonio Pappano e la sua orchestra nella sala Santa Cecilia dell’Auditorium Parco della Musica di Roma
classica è molte cose. Per esempio la musica liturgica è molto apprezzata, anche nella vendita dei dischi. Ovviamente non sono un ingenuo e so che abbiamo tantissima concorrenza sul web e in tv. La musica popolare di oggi è importante per l’oggi. Ma un ascoltatore arriva alla musica classica forse un po’ più tardi: dopo avere avuto esperienza di vita comincia a volere qualcosa di diverso. La prossima stagione di Santa Cecilia comincia il 10 ottobre con il Requiem di Berlioz diretto da lei. Che cartellone sarà? Credo che sarà una stagione molto varia e affascinante per quanto riguarda i programmi. C’è molta musica classica austro-tedesca con Beethoven, Schubert, Haydn, poi Rossini, Mendelssohn, la musica colorata di Strauss, Ravel, Janáček, ma c’è anche Busoni e poi Berlioz, che stiamo celebrando quest’anno. Grandi solisti come Kissin e Argerich, grandi direttori come Dudamel, Gatti, Noseda, Chung. Avere i migliori direttori accanto a me in stagione mi garantisce una continuità di qualità. Ci sarà anche un direttore d’orchestra donna, la finlandese Susanna 94
Mälkki. Cosa pensa delle donne sul podio? Prima di tutto c’è che adesso spiccano non solo donne che dirigono, ma donne che dirigono molto bene! Questo è importante e fantastico. Solo così si può arrivare alla parità: quando il desiderio, il talento, l’intelligenza, la curiosità di queste donne vengono sviluppati e indirizzati nella buona direzione. Cosa significano per lei le sue origini italiane? È un onore che vuole tributare a suo padre, nato in provincia di Benevento, o qualcos’altro? Tutto comincia lì, naturalmente, ma non è solo questo. Il mio rapporto con l’Italia e con i miei musicisti è che io e l’orchestra siamo sulla stessa lunghezza d’onda. Non ci sono filtri e questo è molto bello. Io vivo a Londra e ho vissuto in America: trovo che sia una ricchezza che fa parte di me e che influenza il mio rapporto con l’orchestra. Anch’io però ho preso tanto da loro: la grinta, per esempio, e tutto ciò di cui ho parlato prima, come il fascino, la bellezza, la teatralità. Tutto questo, forse, era già dentro di lei e aspettava di uscire? Sì, ovviamente. Però è bello potermi
esprimere con l’orchestra e il coro in questo modo. Lei è figlio di emigranti italiani in Inghilterra. Con la determinazione e il lavoro si è costruito una vita e una professione importanti. Cosa pensa del fenomeno migratorio di questi anni? Io rispetto al massimo la persona che ha il coraggio di lasciare il proprio Paese per difficoltà politiche o per migliorare la sua vita. Naturalmente io credo sia una responsabilità del migrante cercare di assimilarsi alla vita del posto e noi, specialmente in Italia, dobbiamo ricordare che gli italiani sono emigrati dappertutto, hanno superato le difficoltà e sono stati accettati. Non dico che le porte debbano essere aperte, perché l’Italia è un posto abbastanza piccolo, ma secondo me la chiusura è una mancanza per la società, per la continuità e anche per lo sviluppo economico. Maestro Pappano, cos’è per lei la musica? È uno specchio dell’anima, almeno della mia anima. Ma anche di tante persone con le quali lavoro e suono. santacecilia.it
ARTE
© Gianluca Vassallo
UNA GRANDE STORIA D’AMORE
PER L’ARTE I TA L I A N A
K l a u s Wo l b e r t
CON OLTRE 2.300 OPERE INVENTARIATE, LA COLLEZIONE DELLA FONDAZIONE VAF, TRA LE PIÙ IMPORTANTI A LIVELLO MONDIALE, CELEBRA L’ARTE E GLI ARTISTI ITALIANI di Cesare Biasini Selvaggi - cesarebiasini@gmail.com Courtesy Mart, Archivio fotografico e mediateca
«T
utto ha avuto inizio con una collezione rappresentativa dell’arte italiana del XX secolo, raccolta con fiuto, passione, intraprendenza da Volker W. Feierabend, un imprenditore tedesco di successo profondamente legato all’Italia che, per uno strano caso, si è trovato a un certo punto della sua vita a lasciare i suoi freddi affari commerciali per dedicarsi esclusivamente a un inaspettato amore: il collezionismo. Alla fine degli anni ‘90 del secolo scorso la raccolta da lui messa insieme aveva già raggiunto dimensioni impressionanti sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Poi, un bel giorno, nel 2000, Feierabend decide di separarsi dalla collezione di sua proprietà e di trasferirla in quella che, dalle iniziali sue e di sua moglie, prenderà il nome di Fondazione VAF (Volker e Aurora Feierabend)». A suggellare un’altra storia d’amore, verrebbe da aggiungere. Con il suo italiano dal forte accento teutonico Klaus Wolbert, presidente
Giorgio de Chirico, La matinée angoissante (1912) 95
ARTE
della Fondazione tedesca fin dalla sua costituzione, prosegue a questo punto descrivendomi alcuni degli oltre 2.300 capolavori inventariati a cui ammonta oggi la collezione VAF. Fra cui, Vortice, Corazzata + Vedova + Vento e Numeri innamorati di Giacomo Balla; I costruttori e Violini di Massimo Campigli; Ciò che mi ha detto il tram, La carrozzella, Composizione TA e Le figlie di Loth di Carlo Carrà; Beethoven di Felice Casorati; La matinée angoissante e La commedia e la tragedia di Giorgio de Chirico; Profumo di Luigi Russolo. Praticamente molte delle icone dei nostri maggiori artisti moderni che si possono ammirare, quando non sono in prestito per mostre nei maggiori musei del mondo, al Mart di Rovereto, dove si conserva e gestisce gran parte di questa straordinaria raccolta d’arte. Non ci sono, tuttavia, solo i nomi importanti universalmente riconosciuti. «Soprattutto in riferimento agli ultimi 50 anni, la Fondazione VAF ha scelto di scommettere su alcuni outsider che, per ragioni di moda, relazioni e soprattutto di mercato, sono stati dimenticati, rimossi,
Felice Casorati, Beethoven (1928)
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soffocati o messi da parte, e che invano si cercano nei musei, nelle mostre, sulle pagine culturali dei giornali». Klaus Wolbert non smussa le sue parole quando parla dell’attuale mercato dell’arte. «Il mercato esercita oggi più che mai un influsso negativo sugli artisti, coinvolti troppo spesso nella rincorsa al sensazionalismo per distinguersi dalla massa». Ma non va tutto demonizzato. Basta saper scegliere con la giusta competenza e le idee chiare. Capita così che durante la nostra intervista, la Collezione VAF si stia ulteriormente ampliando con l’acquisizione di dipinti di Italo Cremona, Fausto Pirandello, Giuseppe Capogrossi e una scultura di Leoncillo. Ogni volta che Wolbert si sofferma su un artista italiano gli si illuminano gli occhi, mentre la sua capacità di sintesi nel descriverli tradisce una profonda conoscenza stratificata in decenni di studi. Mi viene allora spontaneo chiedergli come sia nato questo suo interesse tanto radicale per l’arte italiana. «Nei primi anni ‘80 ho cominciato a lavorare come storico dell’arte nel museo di Darmstadt», mi risponde. «Qui ho conosciuto la
Carlo Carrà, Le figlie di Loth (1919)
Giacomo Balla, Numeri innamorati (1923)
famiglia del compositore Bruno Maderna, che mi ha voluto bene come a un figlio e mi ha insegnato l’italiano. Quello con l’arte italiana è stato amore a prima vista. Degli artisti italiani moderni e contemporanei mi ha colpito subito l’impronta più intellettuale, concettuale, rispetto per esempio a quelli tedeschi, dal tipico furore espressivo come Georg Baselitz, Markus Lüpertz o Jörg Immendorf. Così, durante la mia direzione dell’Istituto Mathildenhöhe di Darmstadt, in 20 anni ho realizzato più di 30 mostre solo di artisti italiani. E non creda che sia stato facile. Alcuni mi criticavano dicendo: “Wolbert fa solo mostre di italiani”. Per darle un’idea del clima, quando realizzai la retrospettiva sul grande scultore italiano Adolfo Wildt più di qualcuno l’apostrofò come una mostra di “muscoli e marmi”. Ma l’episodio più grave ha avuto luogo nel 1994», prosegue. «Avevo lavorato molto tempo a un’antologica da dedicare in Germania a Mario Sironi. Era tutto pronto per partire con la realizzazione dell’esposizione quando dovetti rinunciare a causa delle
Luigi Russolo, Profumo (1910)
polemiche montate sulla stampa da un partito politico che liquidava Sironi come un fascista. Insomma, c’era molto lavoro da fare. Per esempio, quando curai la mostra su Massimo Campigli, mi accorsi che ben pochi in Germania sapessero che si trattava in realtà di un pittore tedesco nato a Berlino e che il suo vero nome fosse Max Ihlenfeldt! Proprio grazie alla mia specializzazione sull’arte italiana del ‘900 entrai, poi, in contatto con Volker W. Feierabend e, dal 2001, presiedo la Fondazione VAF da lui costituita». Un racconto appassionante quello della grande storia d’amore della Fondazione VAF e dei suoi membri per l’arte italiana, che prosegue anche con un premio biennale a sostegno della giovane arte italiana, giunto alla sua ottava edizione e quest’anno vinto da Silvia Giambrone. Ogni due anni i più interessanti talenti italiani under 40 vengono, infatti, selezionati dalla Fondazione tedesca al termine di un’intensa attività di scouting lungo lo Stivale e presentati al pubblico con due mostre, in Italia e in Germania.
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© Erica Fava
CINEMA LA SPADA È PROTAGONISTA DEL NUOVO FILM DI ALESSANDRO PONDI, IN CUI È UNA RAGAZZA SEXY IN CERCA DELL’AMORE di Gaspare Baglio gasparebaglio
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uante volte abbiamo desiderato essere, almeno per un’occasione, nei panni degli altri? Magari pensando al Sergio Benvenuti di verdoniana memoria che, per farsi bello davanti a una col-
TUTTA UN’ALTRA ILARIA 98
lega, si finge il super spavaldo Manuel Fantoni nel film cult Borotalco. Succede più o meno la stessa cosa anche nella pellicola Tutta un’altra vita di Alessandro Pondi, nelle sale dal 12 settembre. Il protagonista è Gianni (Enrico Brignano), un tassista “romano de Roma” che si impossessa della villa di due ricconi andati in vacanza alle Maldive dimenticando nel taxi le chiavi della loro abitazione. Un’occasione unica per staccare dalla routine, dalla moglie e dai figli, per vivere un turbine di emozioni che sfociano nell’incontro con Lola, una bellissima ragazza che vede in lui l’uomo vincente, quello che potrebbe farle battere il cuore. A dare il volto alla sexy girl del film c’è Ilaria Spada, attrice (quasi) abbonata alle commedie, ma che ha tante frecce al suo arco ancora da scoccare. Chi è Lola? Un personaggio all’apparenza molto sicuro di sé, con idee chiare su cosa non vuole più dalla vita. L’incontro con Gianni le fa tornare la voglia di credere nell’amore. Perché hai accettato questo ruolo? La sceneggiatura è perfetta, molto precisa, con un bel ritmo. È la classica commedia all’italiana e tutti i personaggi hanno ambivalenze che li rendono umani. Lola è autentica e molto attuale. Quante donne deluse dall’amore approcciano le relazioni in maniera cinica per difesa? A questo proposito: cosa hai in comune con Lola? Lei deve fare uno step che, personal-
mente, ho già fatto, ovvero capire ciò che vuole. Non è mai molto convinta e viene messa in crisi. Io so quello che desidero e sono pronta ad affrontare le difficoltà, vivendo le mie priorità. Ti piacerebbe essere qualcun altro? Per gran parte della mia vita ho fantasticato sull’idea di vivere altre storie. Da quando sono mamma, non c’è altra vita che vorrei se non la mia. Non c’è nulla che mi elettrizzi di più. L’esistenza, nella sua imprevedibilità, è bellissima. Desiderare altro sarebbe eccessivo. Cinema a parte, canti molto bene. Mai pensato a una carriera nella musica? Con l’Orchestraccia avevamo un progetto che spero, prima o poi, di realizzare. Qualche anno fa ho anche partecipato al musical Pipino il breve con il Teatro Stabile di Catania. Non so, però, se farei la cantante. Ma mi piacerebbe portare avanti lavori in cui recitazione e musica si fondono. Con canzoni dalla grande componente emotiva. Credo potrà accadere in futuro. Per un breve periodo sei stata anche in radio. Sì, nel programma Pronto chi sei? su Radio KissKiss. Vorrei ripetere quell’esperienza, mi sono divertita molto. Il fatto è che mi piacciono tante cose. Ho scritto anche un progetto radiofo-
5 È IL NUMERO PERFETTO Regia: Igort Toni Servillo è Peppino Lo Cicero: camorrista di serie B in pensione, torna in pista dopo l’omicidio del figlio. Affresco della Napoli anni ’70, dall’omonima graphic novel, tra amicizie tradite e rinascite. Nel cast del film, uscito il 29 agosto, Valeria Golino, Carlo Buccirosso e Iaia Forte.
nico sul mondo femminile. Amo lavorare con le donne. E la tv? È più complicata, non è più capitata. Dopo questo film cosa farai?
Mi occuperò dei miei piccolini (è nato da pochissimo il secondogenito, ndr). E poi vediamo, qualche nuovo progetto è già in piedi.
Ilaria Spada nel film Tutta un’altra vita
I MIGLIORI ANNI DELLA NOSTRA VITA Regia: Claude Lelouch L’ex campione di auto da corsa Jean-Louis Duroc è in una casa di riposo. La memoria perde colpi, ma ricorda la storia d’amore vissuta 50 anni prima con Anne Gauthier. Antoine, il figlio dell’uomo, decide di cercarla per organizzare un incontro col padre. Nelle sale dal 12 settembre.
C’ERA UNA VOLTA A… HOLLYWOOD Regia: Quentin Tarantino Los Angeles, 1969. L’attore in declino Rick Dalton e il suo miglior amico Cliff Booth cercano di sfondare a Hollywood. A smuovere le acque arriva l’attrice Sharon Tate, che sarà uccisa dalla setta di Charles Manson. Con Leonardo DiCaprio e Brad Pitt. Dal 18 settembre.
IO, LEONARDO Regia: Jesus Garces Lambert Un’esperienza inedita e coinvolgente nella mente di Leonardo da Vinci, lontano dagli stereotipi alla scoperta dell’uomo, dell’artista, dello scienziato e dell’inventore. Con un sorprendente Luca Argentero e la voce narrante di Francesco Pannofino. Al cinema dal 26 settembre. 99
CINEMA
© Andrea Miconi
Francesca Archibugi sul set con Adriano Giannini
«È
difficile raccontare l’amoralità senza essere moralisti. Per gli italiani è normale mentire, a livello professionale, personale, sentimentale. Per una ragazza irlandese, che viene da una cultura completamente diversa, può essere veramente scioccante porsi in relazione con persone così diverse». La regista Francesca Archibugi presenta così Vivere, film prodotto da Lotus Production e distribuito da 01 Distribution, alla 76. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia nella Selezione ufficiale, Fuori concorso, e nelle sale dal 26 settembre. Per descriverlo parte dal personaggio di Mary Ann (Róisín O'Donovan): una giovane, cattolica e studentessa di storia dell’arte, che dall’Irlanda arriva nel Belpaese con un’idea romantica dell’Italia e degli italiani, piombando nella casa degli Attorre come ragazza alla pari, nel bel mezzo di una crisi familiare. La sua presenza inizia a far muovere tutti in modo diverso, come un reagente chimico, provocando sbandamenti sentimentali.
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VIVE R E LA REGISTA FRANCESCA ARCHIBUGI PORTA AL CINEMA LA STORIA DI UNA COMPLESSA FAMIGLIA MODERNA di Luca Mattei
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La famiglia Attorre non è di quelle classiche: Luca (Adriano Giannini), freelance che piazza a stento i suoi articoli, vive con Susi (Micaela Ramazzotti), insegnante di danza per signore in sovrappeso, ancora legata alla classe sociale dell’ex marito, e Lucilla (Elisa Miccoli), la loro bimba asmatica. Ed è padre anche di Pierpaolo (Andrea Calligari), figlio avuto da un matrimonio precedente, che abita con il nonno materno, l’avvocato De Sanctis (Enrico Montesano). «A volte sembrano del tutto estranei – racconta la regista – legati solo dalla consuetudine di dover dividere dei sentimenti. Da questo nucleo parte uno sconvolgimento tipo
domino: quando uno inizia a provare spaesamento e infelicità, queste sensazioni interessano tutti». A spiare le vicende di ciascuno, il vicino di casa e narratore Perind (Marcello Fonte): «Cerca di capire assieme allo spettatore cosa sta succedendo, perché non tutto è chiaro, né a lui né agli altri personaggi». Attraverso lo sguardo per nulla discreto del dirimpettaio li si vede divertirsi, litigare, uscire sempre in ritardo. In altre parole, vivere. «L’arrivo e la partenza della babysitter corrispondono a momenti di pazzia nella loro vita. Di quelli per cui a distanza di anni ti chiedi cosa ti era preso».
MARADONA L’ E R O E
RIBELLE
AL CINEMA IL 23, 24 E 25 SETTEMBRE IL DOCUFILM DI ASIF KAPADIA CHE RACCONTA IL CAMPIONE ATTRAVERSO MATERIALI INEDITI di Raffaele Nappi
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mmaginate di ritrovare un baule con all’interno centinaia di ore di registrazione sul calciatore più forte, famoso e discusso al mondo. È l’impresa realizzata, raccolta e raccontata nel docufilm Diego Maradona, firmato dal regista Asif Kapadia (Premio Oscar 2016 per il documentario su Amy Winehouse), presentato al 72esimo Festival di Cannes e distribuito nei cinema italiani da Nexo Digital e Leone Film Group il 23, 24 e 25 settembre. Gli anni a Napoli, gli amori, le cadute, le giocate e le resurrezioni, le amicizie scomode e le partite indimenticabili, le serate al bowling e le prime interviste da bambino: c’è tutto all’interno del lavoro di Kapadia, che definisce Diego un ribelle, un imbroglione, un eroe e un dio. Al regista viene chiesto per la prima volta di realizzare un film su Maradona dal produttore Paul Martin, durante le Olimpiadi di Londra nel 2012. Martin ha scoperto una raccolta di materiale video estremamente genuino, quasi completamente inedito al pubblico, e ritiene che Kapadia possa essere il candidato ideale per l’impresa. Un materiale quasi mitico, girato da due operatori, l’argentino Juan Laburu e l’italiano Luigi “Gino” Martucci, su incarico del defunto Jorge Cyterszpiler, l’amico di una vita di Maradona, che era stato il suo primo agente e aveva negoziato il suo passaggio al Boca Juniors e i suoi trasferimenti con ingaggio da record al Barcellona e poi al Napoli.
Acquisire il materiale video è stato solo il primo passo di un lungo e tortuoso cammino. Il produttore Gay-Rees ricorda: «In tutto quello che avevano Juan e Gino regnava la disorganizzazione. C’erano doppioni. C’erano parti tagliate a metà. C’erano versioni diverse delle stesse cose ed era tutto un po’ amatoriale. Ma, cosa importante, c’era molto materiale personale». Anche incontrare Maradona non è stata un’impresa facile. Anzi. I film-maker erano costretti a trascorrere molto tempo a Dubai, dove viveva Diego, per riuscire a intervistarlo. E, spesso, il suo staff rimandava: «Non si sente bene, riprovi domani». Il periodo del calciatore a Napoli rivela, in una sorta di microcosmo, il ciclo di trionfi e disastri che delinea quasi ogni fase della sua vita. Mentre è nel capoluogo campano, Diego ha una relazione con Cristiana Sinagra, si fa coinvolgere dalla camorra, precipita in una spirale di abuso di stupefacenti. «Ha bisogno di qualcuno contro cui combattere», dice Kapadia, «e troverà qualcuno ovunque vada». Nel docufilm si alternano immagini ritrovate in un baule pieno di cassette custodito da Claudia Villafañe, prima moglie di Diego, e digitalizzate dal regista con enormi macchine U-matic portate apposta dal Regno Unito. Ma anche interviste e riprese esclusive e inedite realizzate da Gennaro Montuori, alias Palummella, capo storico degli ultras napoletani e, so-
prattutto, amico di Maradona. In un periodo in cui non c’erano molte riprese degli stadi, Kapadia utilizza per la prima volta immagini estremamente a fuoco e non campi lunghi, mostrando il pubblico che, estasiato, si meraviglia di fronte alla magia di Maradona in maglia e pantaloncini. L’intento di Kapadia, insomma, è quello di rivelare l’umanità di un genio creativo, realizzando un film che porterà il suo protagonista a nuovi pubblici, affascinando non solo i tifosi di calcio, ma anche chi non si interessa per niente a questo sport. Che lo si ami o lo si odi, raramente si dimentica Diego Maradona.
Giulio Perrone Editore Pp. 108 € 10 101
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BE ACHED
WRECKS Stefano Benazzo
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Rimorchiatore Samson, Isole Falkland/Samson tugboat, Falkland Islands/Malvinas (2016)
LE POTENTI IMMAGINI DEL LIBRO WRECKS-RELITTI TESTIMONIANO LA VITA DI NAVIGANTI, PESCATORI E MARINAI
THE POWERFUL IMAGES OF THE BOOK WRECKS-RELITTI WITNESS THE LIVES OF TRAVELLERS, SAILORS AND FISHERMEN
Testo e foto di Stefano Benazzo
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catti fatti in Perù, Cile, Argentina, Falkland/ Malvinas, Georgia del Sud, Mauritania, Namibia, Turks & Caicos, Stati Uniti, Portogallo, Francia, Grecia, Finlandia, Islanda. E anche in Italia: tonnare in Sicilia, burci in Veneto, navi dei veleni, barconi
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ighlights include shots taken in Peru, Chile, Argentina, Falkland/Malvinas, South Georgia, Mauritania, Namibia, Turks & Caicos, USA, Portugal, France, Greece, Finland, Iceland. Not to mention Italy: tuna traps in Sicily, burci in Veneto, ships 103
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di migranti, barche sul Po e nella rada di Augusta. Perché le foto sono un dovere di memoria verso i marinai di tutte le epoche e di ogni Paese che hanno lavorato, pescato, combattuto e sofferto per secoli su navi e imbarcazioni. Al contrario di quelli affondati, i relitti spiaggiati sono un’immagine di vita; lasciano intravedere le vicende a bordo, timori e sogni.
Ciascuna di queste imbarcazioni rappresenta una tessera del mosaico della storia. Attraverso le immagini continuano a vivere per sempre, rendendoci responsabili e a nostra volta testimoni. Ho trovato resti di navi ovunque e ho imparato ad ascoltare con emozione le voci di coloro che sono stati, e sono, parte di questo universo. Marinai, architetti, co-
struttori, manutentori, pescatori, sommozzatori, migranti, operatori del salvataggio in mare, e le loro famiglie. Simboleggiano coraggio, ingegno, iniziativa, spirito di avventura e, certo, sono elementi fondanti della storia economica, sociale, industriale e marittima del pianeta: navigare necesse est. (Wrecks-Relitti, Skira, pp. 144 € 32) stefanobenazzo.it
Nave ignota/Unknown ship, Cap Blanc, Mauritania (2016)
carrying toxic waste, migrant boats, boats on the Po and in the port of Augusta. The photos embody our duty to remember the sailors of all ages and all countries who have worked, fished, fought and suffered for centuries on ships and boats. Unlike sunken wrecks, beached wrecks are an image of life; they give a glimpse of events on board, 104
fears and dreams. Each of these boats represents a piece of the mosaic of history. Through images they continue to live forever, making us accountable and witnesses in our turn. I have found remains of ships everywhere and have learned to listen emotionally to the voices of those who have been, and are, part of this universe. Sailors,
architects, builders, maintenance workers, fishermen, divers, migrants, sea rescue workers, and their families. They symbolise courage, ingenuity, initiative, a spirit of adventure and, of course, they are fundamental elements of the economic, social, industrial and maritime history of the planet: navigare necesse est. (Wrecks-Relitti, Skira, pp. 144 € 32)
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EVERLASTING CHILDHOOD di Giuliano Papalini - paepa2010@libero.it © Paolo Vandrasch
Chiara Dynys
In tutto il servizio immagini della mostra/Throughout the article, images of the exhibition Sabra Beauty Everywhere Legno dorato, fotografie su plexiglass/Golden wood, photographs on plexiglass 50x100x10 cm (2012) Collezione VAF Stiftung/VAF Stiftung Collection
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on perdono incanto e ingenuità, nemmeno laddove la vita sembra riservare solo pericolo e miseria. Sono i bimbi di Sabra e Shatila fotografati da Chiara Dynys, in mostra fino al 24 novembre al
e disarmante normalità. «Quando ho visitato i campi di Sabra e Shatila ho percepito una grande energia vitale, una voglia di vivere che si trasforma in gioia di vivere», racconta Dynys. «La solidarietà tra bambini, necessaria
cornici che contengono le parole del Corano, diventano testimonianze profondamente religiose, espressione di una fede che non è cristiana, musulmana o buddhista, ma fa parte di una religione universale. Il progetto,
Museo Correr di Venezia, nell’ambito del progetto Muve Contemporaneo, in collaborazione con la 58. Esposizione Internazionale d’Arte. Sabra Beauty Everywhere, curata da Gabriella Belli, direttrice della Fondazione Musei Civici della città lagunare, è il risultato di un lavoro realizzato dall’artista mantovana tra il 2010 e il 2013 a Beirut e prende la forma di un ciclo di 27 trittici in legno e foglia d’oro. Ogni composizione contiene, come in un sacrario, le immagini catturate lungo le strade di questi ghetti di paura e di isolamento, in cui l’artista, tra giocattoli e sorrisi, riesce a riscoprire i segni e la meraviglia di un’infanzia vissuta in una apparente
per sopravvivere in un contesto ostile, è capace di creare una dimensione diversa, un mondo a misura di piccoli ma con tutte le regole di un sistema complesso. Con questo progetto non ho voluto realizzare un lavoro sui profughi o sul Medio Oriente dilaniato. Sono piuttosto partita da qui per raggiungere un concetto più profondo e universale: negli sguardi e nei volti di un’infanzia delicata e pura, cerco il senso profondo dell’esistenza». Le opere in mostra raccontano di una bellezza autentica e primordiale. Le immagini, incastonate all’interno di scrigni preziosi ispirati ai polittici delle chiese, ai tempietti buddisti e alle
ospitato nella splendida cornice della Sala delle Quattro Porte, tra le più belle e ricche di tutto il museo, entra in naturale sintonia con la dimensione sacrale dello spazio, segnato dalla presenza del particolare rilievo cinquecentesco Madonna col Bambino, realizzato da Jacopo Sansovino. Al centro della sala, una grande installazione con una teca di cristallo, attraversata dalla scritta in oro “Non c’è nulla al di fuori”, tratta dal pensiero di Sant’Agostino, diviene paradigma tra il dentro e il fuori, in un confronto diretto con l’integrità interiore che caratterizza l’infanzia al centro delle opere. correr.visitmuve.it
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nchantment and innocence are not lost, even where life seems to only have danger and misery in store. These are the children of Sabra and Shatila photographed by Chiara Dynys, on display until 24 November at the Museo Correr in Venice, as part of the Muve Contemporaneo project, in collaboration with the 58th International Art Exhibition. Sabra Beauty Everywhere is the exhibition curated by Gabriella Belli, Director of the Fondazione Musei Civici of the lagoon city. It is the result of the efforts of artist from Mantua in Beirut between 2010 and 2013, taking the form of a series of 27 triptychs in wood and gold leaf. Like a shrine, each composition contains images captured along the streets of these frightening and segregating ghettos, in which the artist - amongst toys and smiles manages to rediscover the signs and wonder of a childhood lived out with apparent and disarming normality. “When I visited the Sabra and Shatila camps, I felt a great life energy, a desire to live that transforms into a veritable joie de vivre,” recalls Dynys. “The solidarity between children - necessary to survive in such a hostile environment - is able to create a different dimension, a world fit for children but with all the rules of a complex system. With this project, I did not want to focus on refugees or on the lacerated Middle East. I set out, rather, to reach a more profound and universal concept. In the gazes and faces of a delicate and pure childhood, I am seeking out the profound sense of existence.” The works on display reveal an authentic and primordial beauty. The images, nestled within precious chests inspired by the polyptychs found in
churches and Buddhist temples along with frames containing the words of the Koran, become deeply religious testimonies, an expression of a faith that is not Christian, Muslim nor Buddhist but forms part of a universal creed. The project, housed in the splendid setting of the Sala delle Quattro Porte - one of the most beautiful and richest in the museum - falls into natural harmony with the sacral dimension of the space, marked by the presence of the unique 16th-century relief Madonna and Child, created by Jacopo Sansovino. At the centre of the room is a large installation with a crystal showcase, adorned with the gold inscription, “Non c’è nulla al di fuori”, taken from the ponderings of Saint Augustine, to become a paradigm between the inside and outside, in a direct comparison with the inner integrity that characterises childhood at the heart of the works.
Chiara Dynys
Vive e lavora a Milano. Sin dall’inizio della sua attività artistica, nei primi anni ’90, ha agito su due filoni principali, entrambi riconducibili a un unico atteggiamento nei confronti del reale: identificare nel mondo e nelle forme la presenza e il senso dell’anomalia, della variante, della soglia che consente alla mente di passare dalla realtà umana a uno scenario quasi metafisico. Per fare questo utilizza materiali apparentemente eclettici, che vanno dalla luce al vetro, dagli specchi alla ceramica, dalle fusioni al tessuto fino al video e alla fotografia. Intensa la sua attività espositiva con la partecipazione a numerose mostre personali e collettive in musei e istituzioni culturali pubbliche e private, italiane ed estere. I suoi lavori sono entrati in importanti collezioni internazionali. She lives and works in Milan. Since the beginning of her artistic career in the early 1990s, she has operated along two main strands, both attributable to a single attitude towards the real: to identify within the world and within forms the presence and sense of the anomaly, the variant, the threshold that permits the mind to move from human reality to an almost metaphysical context. To do so, Chiara utilises seemingly eclectic materials, as divergent as light, glass, mirrors, ceramics, castings, fabric, video and photography. Her exposition activities have been intensive, with participation in numerous solo and group exhibitions in public and private museums and cultural institutions, both in Italy and abroad. Her works have also become part of important international collections. chiaradynys.com
VENEZIA 92 FRECCE AL GIORNO/A DAY 107
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UP di Franco Tanel
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Padova debutta Photo Open Up, il nuovo Festival internazionale della fotografia che dal 21 settembre al 27 ottobre occupa i più prestigiosi spazi espositivi della città. Cinque settimane con autori del calibro di Mario Giacomelli, Nan Goldin, Helmut Newton, Man Ray, Sebastião Salgado ed Edward Weston, in esposizione nella mostra Io, l’altro (e l’altrove). Paolo Mussat Sartor Industrial Sanctuaries (1975)
Gabriele Basilico Milano. Ritratti di fabbriche (1978-80) Courtesy Museo di Fotografia Contemporanea Cinisello Balsamo
Ma anche con le opere di Gabriele Basilico, raccolte nella serie Milano. Ritratti di fabbriche, che dialogano con l’eccezionale corpus di immagini inedite del 1975 scattate da Paolo Mussat Sartor intitolato Industrial Sanctuaries. E ancora con un'ampia selezione dello straordinario patrimonio fotografico raccolto dall’Agenzia Grazia Neri, esposta al pubblico per la prima volta con il titolo Un paese di dialoghi e conflitti. I giovani autori italiani che hanno abbandonato i generi tradizionali sono invece protagonisti del progetto Argo. Ma naturalmente il Festival non finisce qui. Incontri, workshop, eventi: tutto il programma è all’indirizzo photopenup.com.
PADOVA 90 FRECCE AL GIORNO/A DAY 108
Uliano Lucas Manifestazione studentesca a Milano, piazzale Accursio (1970) Courtesy Museo di Fotografia Contemporanea Cinisello Balsamo
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ebuting in Padua is Photo Open Up, the new International Photography Festival set to occupy the most prestigious exhibition spaces throughout the city from 21 September to 27 October. Over five weeks, there shall be authors such the likes of Mario Giacomelli, Nan Goldin, Helmut Newton, Man Ray, Sebastião Salgado and Edward Weston, on display in the exhibition Io, l’altro (e l’altrove). There will also be the works of Gabriele Basilico, collected in the series Milan – Factory Portraits, which dialogue with the
exceptional corpus of unpublished images from 1975 taken by Paolo Mussat Sartor titled Industrial Sanctuaries. What’s more, there shall be a broad selection of the extraordinary photographic patrimony collected by the Agenzia Grazia Neri, exhibited to the public for the first time under the title Un paese di dialoghi e conflitti. The young Italian artists who have abandoned traditional genres are protagonists of the project Argo. But of course, the Festival does not end there. Meetings, workshops, events… the entire programme is available via photopenup.com. Marco Maria Zanin Sette Lune (2018)
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PHOTO Veduta da Anacapri/Panorama from Anacapri
CAPRI
THE BLUE HOUR di Francesca Ventre
È
l’ora blu quella frazione della giornata in cui il buio sta per arrivare e la luce ancora sopravvive. «Un momento di trapasso – lo definisce Luca Campigotto – una sfumatura scura e livida». E L’ora blu è il titolo della mostra aperta fino al 6 ottobre a Capri, che è anche il soggetto protagonista delle grandi immagini catturate dal fotografo veneziano. Campigotto mette al primo posto nitidezza e brillantezza, persino di notte. «La nitidezza mi ossessiona. Luci e ombre devono essere chiare per garantire assoluta leggibilità. Nel caso di Capri, poi, inquadrarla di giorno sarebbe stato troppo prevedibile». L’isola campana lo ha sedotto e, in analogia con altri luoghi più che conosciuti nel mondo, anche in questo caso ha avuto il coraggio di catturarne gli scorci emblematici e caratte110
Luca Campigotto rizzanti: «Era ineludibile fotografare l’acqua, il mare, lo strapiombo. È importante non scappare via dai soggetti principali: a Capri, per esempio, ho scelto di lavorare proprio sulle grandi vedute, sull’arco e le scogliere». Grande importanza riveste il paesaggio che ha una poetica potente: «Voglio trasmettere la stessa emozione intonsa, lo stesso senso di stupore e meraviglia che provo io. È per me questo il senso del viaggio». Panorami ed elementi della natura sono al centro del suo obiettivo. Grandi escluse, invece, le figure umane. «Perché quando c’è la loro presenza la fotografia inevitabilmente diventa la storia di quelle persone e non del paesaggio». fondazionecapri.org lucacampigotto.com lucacampigotto
Marina Grande
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he blue hour is the part of the day when darkness is about to arrive but the light still survives. “A moment of passing - Luca Campigotto defines it - a dark and bruised shade.” And The blue hour is the title of the exhibition open until 6 October on Capri, which is also the subject of the great images captured by the Venetian photographer. Campigotto puts clarity and brilliance first, even at night. “Sharpness haunts me. Lights and shadows must be clear to ensure absolute legibility. Moreover, in Capri, framing it during the day would have been too predictable.” He was captivated by the Campanian island and, like other better known places in the world, he has had the courage to capture its emblematic and characteristic views: “I could not help but photograph the water, the sea and the sheer drops. It is important not to run away from the main subjects: on Capri, for example, I chose to work on the great views, the arch and the cliffs.” The landscape, which has a powerful sense of poetry, is of great importance: “I want to convey the same intense emotion, the same sense of wonder and marvel that I feel. This is the meaning of the journey for me.” Panoramas and elements of nature are at the heart of his goal - in contrast, Grandi excludes human figures, “because when they are present, photography inevitably becomes the story of those people and not of the landscape.”
Arco naturale
Luca Campigotto Nato a Venezia nel 1962, vive tra Milano e New York. Si è laureato con una tesi sulla letteratura delle grandi scoperte geografiche e si dedica alla fotografia con progetti in ogni parte del mondo, da Roma all’India, da New York allo Yemen, dalla Patagonia all’Iran. Appassionato anche di scrittura, nel 2018 ha pubblicato la raccolta di racconti e fotografie Disoriente (Postcart Edizioni, pp. 288 € 30) e nel 2019 Matera (Opera, pp. 84 € 39). 111
UN MOTIVO IN PIÙ PER TORNARE IN GIORNATA
Andata e ritorno in giornata a partire da 69€ L’offerta a posti limitati, che variano in base al giorno, al treno e alla classe o livello di servizio è valida per treni Frecciarossa, Frecciargento e Frecciabianca e permette di viaggiare, a seconda delle tratte prescelte, a partire da 69 € nel livello standard/2° classe, da 79 € per il livello Premium, da 89 € nel livello business/1°classe e da 159 € per il livello Executive. Tali prezzi non si applicano alle relazioni per i quali è previsto un prezzo Base A/R inferiore. Per usufruire dell’offerta, i viaggi a/r devono essere effettuati nei medesimi livelli o classi di servizio. È ammesso il cambio dell’orario sia per il treno di andata che per quello di ritorno, una sola volta fino alla partenza degli stessi. Il cambio delle date dei viaggi, il rimborso e l’accesso ad altro treno non sono consentiti. L’offerta è acquistabile fino alle ore 24 del terzo giorno precedente la partenza del treno. Non è possibile prenotare il posto nei salottini. L’offerta non è cumulabile con altre riduzioni compresa quella per i ragazzi. Per i dettagli sull’offerta e le tratte interessate vai su www.trenitalia.com e presso tutti i canali di vendita.
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umentano le fermate alla stazione di Milano Rogoredo e crescono i collegamenti tra i principali scali meneghini (Centrale, Porta Garibaldi e Rogoredo) e Roma (Termini e Tiburtina). Queste le azioni che
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Trenitalia ha messo in atto in concomitanza con i tre mesi di chiusura dell’aeroporto di Linate. Scelte che consentono di assicurare un’offerta più ampia e capillare fra il Colosseo e il Duomo grazie a un incremento dei collegamenti, con più di 15mila
COLLEGAMENTI AL GIORNO TRA LE 5 E LE 21
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per informazioni e assistenza alle persone nei giorni con più affluenza e negli orari di punta. Questa offerta consente di soddisfare anche le esigenze delle circa 100mila persone in più che, secondo le stime, sceglieranno di viaggiare con Trenitalia durante la chiusura dell’aeroporto di Linate. La stazione di Milano Rogoredo si trova nell’omonimo quartiere della periferia sud. È il punto di
diramazione delle linee per Bologna e per Genova e capolinea meridionale del passante ferroviario. Il terminal è servito da treni regionali e suburbani del servizio ferroviario meneghino (linee S1, S2, S12 e S13) operato da Trenord nell’ambito del contratto di servizio stipulato con la Regione Lombardia, nonché da collegamenti a lunga percorrenza. Qui è presente anche la fermata della metropolitana, linea gialla M3.
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Il viaggio nel viaggio
LA CUCINA POPOLARE ITALIANA
A settembre il menù Itinere accoglie i viaggiatori delle Frecce con ricette ispirate ai sapori di fi ne estate. Con l’erbazzone è possibile scoprire il matrimonio di bontà tra le bietole e il Parmigiano Reggiano, tipici delle campagne emiliane. Le casarecce con salsa di peperoni gialli e rossi sono perfette per chi vuole assaporare un piatto cremoso e colorato. Le polpette di manzo al pomodoro 120
conquistano ogni palato con la loro gustosa semplicità. E per un contorno leggero e genuino, i broccoli al vapore. Infi ne, speciale per la sua soffi cità la torta morbida alle mandorle, mele e yogurt, un delizioso incontro tra la pasticceria del sud, la dolcezza delle mele e la freschezza dello yogurt. Tutti i menù proposti a bordo treno si possono consultare sul sito itinere.it.
© Lorenzo Rui
FRECCIAROSSA GOURMET by
Carlo Cracco
BACCALÀ IN GUAZZETTO DI POMODORI, CAPPERI E PATATE Lista della spesa (per 4 persone) 4 filetti di baccalà dissalato, 200 g di pomodori pelati, 4 patate, 100 g di passata di pomodoro, 3 cucchiai di olio extravergine di oliva, 1 cucchiaino di capperi sotto sale, 1 spicchio d’aglio, 2 ciuffi di prezzemolo fresco, origano, pepe di Cayenna e sale q.b. Preparazione Sciacquare le patate e metterle con la buccia in una pentola d’acqua salata. Portare a ebollizione e cuocere finché non saranno tenere. Sbucciarle e farle intiepidire. Nel frattempo, passare i capperi sotto l’acqua corrente e tritarli grossolanamente. Sminuzzare lo spicchio d’aglio e farlo dorare in una padella capiente con due cucchiai d’olio extravergine di oliva. Aggiungere quindi i capperi e i pomodori pelati tagliati a pezzi. Cuocere per circa 3 minuti. Unire quindi la passata di pomodoro, l’origano e il pepe di Cayenna macinato. Mescolare e far insaporire per qualche minuto coprendo la padella con un coperchio. Adagiarvi quindi i filetti di baccalà dissalato e proseguire la cottura per circa 5 minuti. Intanto, in una ciotola tagliare a tocchi le patate e condirle con un cucchiaio d’olio extravergine di oliva e il prezzemolo tritato fresco. Mescolare bene. Servire il pesce con il suo guazzetto e completare con il contorno di patate prezzemolate. Vino consigliato Fiano di Avellino Docg, Campania. Un vino bianco dal colore giallo paglierino, bouquet intenso con profumi di frutta bianca, frutta secca e sentori speziati. Il sapore è fresco e armonico.
Menù Frecciarossa by Carlo Cracco
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CARTAFRECCIA
SOCI CARTAFRECCIA AL BINARIO 1 DI ROMA TERMINI IL FRECCIACLUB DEDICATO A CARTAFRECCIA ARGENTO
Al binario 1 di Roma Termini è disponibile un nuovo FRECCIAClub dedicato ai clienti CartaFRECCIA Argento per un’esperienza di viaggio unica. Un ambiente accogliente e confortevole dove rilassarsi o continuare a lavorare comodamente, come in ufficio. A disposizione WiFi gratuito, prese di ricarica per i device elettronici, accesso al portale di bordo e ai periodici del Gruppo FS, La Freccia e Note. L’area Break è stata realizzata nel rispetto 122
dell’ambiente, con erogatori automatici, così da eliminare plastica e alluminio. È possibile gustare bevande di qualità e acqua fresca, oppure un caffè Illy o un cappuccino, da accompagnare con uno snack dolce o salato, con scelta anche gluten free, per venire incontro a tutte le esigenze. Il nuovo FRECCIAClub è aperto tutti i giorni, dalle 5:45 alle 22. È possibile accedervi con la CartaFRECCIA Argento in abbinamento a un biglietto Trenitalia, o con
un biglietto Executive, Salottino o un Carnet 10 viaggi Business. L’accesso è consentito nelle 4 ore antecedenti la partenza. Non è consentito l’accesso ai possessori di abbonamenti di 2^ classe o livello Standard o di biglietti del trasporto regionale. I FRECCIAClub si trovano anche a Roma Tiburtina, Torino Porta Nuova, Torino Porta Susa, Padova, Venezia Mestre, Venezia Santa Lucia e Verona Porta Nuova.
EVENTI IN TRENO E PAGO MENO PER I SOCI CARTAFRECCIA SCONTI E AGEVOLAZIONI NELLE PRINCIPALI SEDI MUSEALI E AI FESTIVAL IN PROGRAMMA IN ITALIA
Settanta giorni, 126 eventi e circa 20 spazi, tra i più suggestivi della Capitale, per il Romaeuropa Festival. Dal 17 settembre al 24 novembre una selezione di spettacoli internazionali di teatro, musica, danza, arti visive, oltre alla sezione Kids + Family dedicata alle giovani generazioni. Ad aprire la kermesse Lia Rodrigues, dal Brasile e dalle sue favelas, per presentare Furia: i balli contemporanei e l’energia dei ritmi rituali della Nuova Caledonia si miscelano in una pièce forsennata dal tribalismo contemporaneo. Inoltre, alcuni dei registi più acclamati di oggi costruiscono sul palcoscenico riflessioni complesse e articolate sul nostro presente. Dal 23 al 25 settembre lo svizzero Milo Rau dirige la sua Orestea di Eschilo ambientandola a Mosul, nel contesto della guerra contro l’IS, mentre il tedesco Thomas Ostermeier, insieme con Sonia Bergamasco, porta in scena dal 20 al 23 novembre Ritorno a Reims del sociologo francese Didier Eribon. Il gran finale è realizzato in collaborazione con la Fondazione Musica per Roma. Il 24 novembre tutte le sale dell’Auditorium Parco della Musica saranno coinvolte in una serata di concerti. Prevista una line-up d’eccezione composta dall’atteso ritorno di Ryuichi Sakamoto, accompagnato da Alva Noto, per far conoscere il progetto Two, Christian Fennesz impegnato al fianco dei visual di Lillevan nella presentazione del suo ultimo disco Agorà, il pianista e compositore Chassol con il suo Ludi e l’attrice e cantante Fatoumata Diawara. Ingresso ridotto del 15% agli spettacoli del Romaeuropa Festival per i soci CartaFRECCIA più un accompagnatore utilizzando il codice sconto online dedicato che viene inviato nella newsletter Trenitalia e presentando la CartaFRECCIA al box office dell’Opificio Romaeuropa, in via dei Magazzini Generali 20, a Roma. romaeuropa.net L’artista Fatoumata Diawara
MOSTRE E MUSEI IN CONVENZIONE TORINO • David LaChapelle, fino al 6 gennaio 2020, e Viaggio nei giardini d’Europa, fino al 20 ottobre alla Venaria Reale MILANO • Museo della Scienza • Preraffaelliti. Amore e desiderio fino al 6 ottobre a Palazzo Reale
John William Waterhouse La Dama di Shalott (1888) Olio su tela, cm 153x200 ©Tate, London 2019
VENEZIA • Biennale • Musei Civici Veneziani • Peggy Guggenheim. L’ultima dogaressa, dal 21 settembre al 27 gennaio 2020 alla Collezione Peggy Guggenheim SIENA • Nobuyoshi Araki fino al 30 settembre a Santa Maria della Scala ROMA • Viaggi nell’antica Roma. 2 storie e 2 percorsi fino al 12 novembre al Foro di Augusto e al Foro Cesare • L’Ara com’era fino al 31 dicembre all’Ara Pacis • Estate al MAXXI fino al 13 ottobre • Musei Capitolini • Centrale Montemartini • Mercati di Traiano Museo dei Fori Imperiali • Museo dell’Ara Pacis • Museo di Roma • Galleria d’Arte Moderna • Macro • Museo di Roma in Trastevere • Musei di Villa Torlonia • Museo Civico di Zoologia • Casina di Raffaello e Technotown NAPOLI • Joan Miró. Il linguaggio del segno, dal 24 settembre al 23 febbraio 2020 al PAN
Info su trenitalia.com 123
NETWORK // ROUTES // FLOTTA
Bolzano Ora
OLTRE 280 FRECCE AL GIORNO
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S. Maria di Leuca
Catanzaro Lido
LEGENDA:
Reggio di Calabria
Le seguenti tratte Freccialink sono attive fino al 15 settembre: Santa Maria di Leuca - Torre San Giovanni/Marina d’Ugento - Gallipoli – Lecce Otranto – Lecce Sorrento – Pompei - Napoli Piombino M.- Piombino – Cecina – Firenze S.M.N.
Per schematicità e facilità di lettura la cartina riporta soltanto alcune città esemplificative dei percorsi delle diverse tipologie di Frecce Maggiori dettagli per tutte le soluzioni di viaggio su www.trenitalia.com
FRECCIAROSSA ETR 1000 Velocità max 400 km/h Velocità comm.le 300 km/h Composizione 8 carrozze 124
Livelli di servizio Executive, Business, Premium, Standard Posti 457 WiFi
Presa elettrica al posto Servizi per persone con disabilità Fasciatoio
NETWORK DI OLTRE 100 CITTÀ UN
FRECCIAROSSA
FRECCIAROSSA ETR 500
Velocità max 360 km/h | Velocità comm.le 300 km/h | Composizione 11 carrozze 4 livelli di servizio Executive, Business, Premium, Standard | Posti 574 WiFi | Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
COLLEGAMENTI GIORNALIERI E DURATA MINIMA DEL VIAGGIO FRECCIARGENTO ETR 700
104 Frecciarossa
Velocità max 250km/h | Velocità comm.le 250km/h | Composizione 8 carrozze 3 livelli di Servizio Business, Premium, Standard | Posti 500 WiFi | Presa elettrica e USB al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
Milano-Roma 2h 55'
1a
40 Frecciarossa e Frecciargento
Roma-Venezia1 3h 33'
16 Frecciarossa e
Frecciargento Roma-Verona 2h 52'
FRECCIARGENTO ETR 600
Velocità max 280 km/h | Velocità comm.le 250 km/h | Composizione 7 carrozze Classi 1^ e 2^ | Posti 432 WiFi | Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIARGENTO ETR 485
Velocità max 280 km/h | Velocità comm.le 250 km/h | Composizione 9 carrozze Classi 1^ e 2^ | Posti 489 WiFi | Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
48 Frecciarossa
Milano-Venezia1 2h FRECCIABIANCA I tempi minimi indicati si riferiscono alla soluzione di viaggio più veloce con una delle tre Frecce, dalle stazioni centrali dove non specificato. I collegamenti comprendono sia i servizi di andata che di ritorno. Sono previste variazioni nel fine settimana e in alcuni periodi dell’anno. Dal 9 giugno, a seguito di disposizioni di Rete Ferroviaria Italiana, è previsto un allungamento di 8 minuti per tutti i treni che percorrono la linea Bologna-Firenze nel senso nord-sud (Milano-Roma 3h 03’, Venezia-Roma 3h 41’, Verona-Roma 3h 01’). Maggiori dettagli per tutte le soluzioni su trenitalia.com 1 Durata riferita al collegamento con Venezia Mestre
Velocità max 200 km/h | Velocità comm.le 200 km/h | Composizione 9 carrozze Classi 1^ e 2^ | Posti 603 Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIABIANCA ETR 460
Velocità max 250 km/h | Velocità comm.le 250 km/h | Composizione 9 carrozze Classi 1^ e 2^ | Posti 479 Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio 125
PRIMA DI SCENDERE FOTO DEL MESE
Photo Michele Pittalis
« LA GIOIA
È COME IL
[Emily Dickinson]
VOLO »
Il caratteristico arco naturale nei pressi della spiaggia di Cala Goloritzé nel territorio comunale di Baunei, Golfo di Orosei (NU) 126
PRIMA DI SCENDERE FONDAZIONE FS
IN TRENO VERSO I LAGHI
DELLA LOMBARDIA di Ernesto Petrucci
«Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi…» [Alessandro Manzoni, I promessi sposi, 1827]
N
ell’affascinante atmosfera novecentesca della stazione di Milano Centrale il treno storico, con le sue vecchie carrozze degli anni ‘20, ci aspetta per condurci lungo due itinerari nascosti che attraversano i verdi paesaggi dell’alta Lombardia, toccando le sponde dei laghi più belli d’Europa. Il Lago di Como e quello d’Iseo si offrono come gemme prealpine allo sguardo del viaggiatore che percorre queste antiche ferrovie. Il primo viaggio ci porta allo scalo di Como San Giovanni e, da qui, a Lecco, dove il paesaggio del Lago, dei monti e dei borghi si tinge di echi letterari con le creste del Resegone – «quella lunga e vasta giogaia» – che si stagliano sullo sfondo delle acque riportandoci alla memoria le parole del Manzoni. L’altro percorso, sempre partendo da Milano, ci conduce all’interno del Parco regionale del fiume Oglio, ai piedi della Valle Camonica. Qui, tra le dolci colline del Franciacorta e le prime propaggini prealpine, si adagia il Lago d’Iseo con le sue acque trasparenti, circondato dai monti e punteggiato da splendidi borghi ricchi di arte e tradizioni. Il treno arriva a Palazzolo sull’Oglio e poi, in circa dieci chilometri, alla stazione di Paratico-Sarnico dove un tempo si svolgeva, sull’imbarcadero ancora esistente, il trasbordo dei carri ferroviari su chiatte a motore che, navigando per due ore, raggiungevano gli stabilimenti siderurgici di Lovere (BG). Nel mese di settembre, su questi itinerari è ricco il programma dei treni storici. Treno storico sul Lago di Como
SETTEMBRE CON I TRENI STORICI DELLA FONDAZIONE FS ITALIANE 08 Transiberiana d’Italia: Sulmona Castel di Sangro Lario Express: Milano C.le - Como SG - Lecco Reggia Express: Napoli C.le - Caserta 14 Treno del Friuli DOC: Trieste C.le Gorizia - Udine Treno del pistacchio verde di Bronte e frutta dell’Etna: Catania C.le - Giarre R. - (Bronte) - Acireale Transiberiana d’Italia: Sulmona Isernia 15 Ormea Express: Torino P.N. - Ceva Ormea Treno di P.P.Pasolini: Udine - Casarsa - Portogruaro Treno delle conserve d’autunno: Siracusa - Militello V.C. - Caltagirone 22 Sebino Express: Milano C.le Paratico Sarnico (anche il 29 settembre) Sannio Express: Salerno - Bosco Redole Treno del Sacro Monte: Torino P.N. Novara FS - Varallo Sesia Treno storico: Vicenza - Schio Treno della poesia: Pordenone Sacile - Meduno - Gemona Porrettana Express, alla scoperta dell’Appennino Tosco Emiliano: Pistoia - Pracchia 29 Archeotreno Campania: Napoli C.le S.M.Capua Vetere - Capua Tra mosaici, castelli e natura: Udine Sacile - Travesio - Gemona Ottobre 6 Lario Express: Milano C.le - Como SG - Lecco Treno storico: Genova Brignole Rossiglione Treno dei sapori d’autunno: Udine Gemona - Fanna Cavasso - Maniago Tanti altri itinerari e date su fondazionefs.it
© A. Mortarino
SULLE ANTICHE FERROVIE ALLA SCOPERTA DI LECCO E DEL PARCO REGIONALE DEL FIUME OGLIO. TRA ACQUE TRASPARENTI E CORNICI DI MONTI
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PRIMA DI SCENDERE FUORI LUOGO
di Mario Tozzi OfficialTozzi [Geologo Cnr, conduttore tv e saggista]
DOLMEN, SOSPIRI E PORTI INTATTI I
pertura dei dolmen e da qui deriva il termine dialettale pugliese “chianca”, a designare ogni lastra di pietra levigata, in genere bianca, che viene utilizzata soprattutto per pavimentare le strade. Ma Bisceglie ha un bel lungomare e un piccolo porto che è ancora vero, un gioiello, con le grandi “chianche” che disegnano un anfiteatro sul mare fatto apposta per la rimessa delle imbar-
cazioni. Andatelo a vedere sperando che si mantenga diverso da quello di Trani, straordinariamente monumentale ma ormai sacrificato alla vita notturna, strapieno di locali di ogni tipo e destinato allo struscio serale. Ma fatelo degustando un “sospiro”, il dolce particolare di Bisceglie, soprattutto nella sua versione estiva col gelato: puro piacere che si scioglie in bocca.
© Mr Korn Flakes/AdobeStock
l Dolmen di Bisceglie (BT), famoso per tutti i viaggiatori fin dal tempo dei Romani, è ancora intatto appena fuori città. Ma non è l’unico motivo per visitarla. Dolmen significa, letteralmente, tavola-pietra: due lastre verticali infisse nel terreno ricoperte da una terza messa in orizzontale a capanna. I latini chiamavano “planca” il lastrone di co-
Dolmen di Bisceglie (BT) 128