ANNO XIII | NUMERO 10 | OTTOBRE 2021 | www.fsitaliane.it
PER CHI AMA VIAGGIARE
007
SALE A BORDO
IL MEGLIO DELL’ITALIA A EXPO 2020 DUBAI
UN MOTIVO IN PIÙ PER TORNARE IN GIORNATA Scegli l’offerta A/R in giornata a partire da 69€
Info su trenitalia.com L’offerta a posti limitati, che variano in base al giorno, al treno e alla classe o livello di servizio è valida per treni Frecciarossa, Frecciargento e Frecciabianca e permette di viaggiare, a seconda delle tratte prescelte, a partire da 69 € nel livello standard/2° classe, da 79 € per il livello Premium, da 89 € nel livello business/1°classe e da 159 € per il livello Executive. Tali prezzi non si applicano alle relazioni per i quali è previsto un prezzo Base A/R inferiore. Per usufruire dell’offerta, i viaggi a/r devono essere effettuati nei medesimi livelli o classi di servizio. È ammesso il cambio dell’orario sia
per il treno di andata che per quello di ritorno, una sola volta fino alla partenza degli stessi. Il cambio delle date dei viaggi, il rimborso e l’accesso ad altro treno non sono consentiti. L’offerta è acquistabile fino alle ore 24 del terzo giorno precedente la partenza del treno. Non è possibile prenotare il posto nei salottini. L’offerta non è cumulabile con altre riduzioni compresa quella per i ragazzi. Per i dettagli sull’offerta e le tratte interessate vai su www.trenitalia.com e presso tutti i canali di vendita.
EDITORIALE
RICOMINCIARE AD L
2020. Duemilaventi, come gli Europei e le Olimpiadi. Tutto traslato di 12 mesi. Ricominciamo da lì: pronunciando e scrivendo l’annus horribilis. Esorcizziamolo senza cancellarlo e senza dimenticarlo. Ma ripartiamo. Con il meglio di un Paese che sta viaggiando a ritmi di crescita straordinari, intorno al +6% di Pil. E sta riconquistando stima e credibilità a livello internazionale, anche sul versante della lotta al Covid-19. Che vanta eccellenze in svariati campi, troppo spesso sconosciute dai nostri stessi connazionali e che questa rivista, ogni mese, cerca di scovare e di farvi conoscere. Certo, i mesi di pandemia
© Archivio FS Italiane - Alfredo Falcone/LaPresse
a copertina di questo numero era pronta più di un anno fa. Ritrae l’agente segreto più famoso al mondo vicino a un Frecciarossa. Alcune scene dell’ultimo film di 007, la cui prima mondiale era in programma ad aprile 2020, sono state girate nella stazione di Sapri e a bordo proprio di un Frecciarossa. James Bond e il brand di punta di Ferrovie dello Stato Italiane assieme, dopo oltre un anno di attesa, sono arrivati nelle sale dei principali circuiti internazionali. La nostra cover torna attuale. E così, in ritardo anch’essa di oltre 12 mesi, il 1° ottobre è iniziata l’Esposizione universale a Dubai, l’Expo
Il Frecciarossa 1000 con la livrea dedicata al Padiglione Italia per Expo 2020 Dubai 2
hanno lasciato ferite nel corpo sociale. E insieme alle luci restano ancora tante ombre. Ma abbiamo gli strumenti per dissiparle e, soprattutto, non possiamo perdere l’occasione storica offerta dalle sovvenzioni e dai prestiti agevolati deliberati dall’Unione europea per finanziare il nostro Piano nazionale di ripresa e resilienza. Un piano che poggia, per quanto riguarda il mondo della mobilità, sullo sviluppo del sistema ferroviario e sulla sua efficace integrazione con porti, aeroporti e strade. Sintetizzando alcuni leitmotiv degli ultimi editoriali, occorre concretezza e professionalità per sfruttare queste
ALTA VELOCITÀ opportunità, occorre vigilanza e cautela sanitaria per evitare false partenze e occorre, soprattutto, una reale unità d’intenti capace di superare faziosità ed estremizzazioni. Un’armonia che nel Paese delle fratricide guerre tra guelfi e ghibellini può parere un’utopia, ma se anche fosse resta ugualmente da perseguire. Muovendo da un sano orgoglio nazionale temperato dalla ineludibile convinzione che non ci si salva da soli, che l’appartenenza all’Unione europea ci rende più solidi, sebbene ancora piccoli e sempre progressivamente più periferici rispetto alle grandi potenze, alle alleanze e ai mercati internazionali.
E torniamo alla vetrina mondiale offerta dall’Expo di Dubai, al Padiglione Italia, alla presenza di Ferrovie dello Stato Italiane, alla possibilità di farsi conoscere e confrontarsi. La Freccia accompagna virtualmente i suoi lettori nel nostro Padiglione, traendo spunto dalle immagini girate da Gabriele Salvatores nei mesi scorsi, alla scoperta del bello e del meglio del nostro Paese e delle Regioni presenti a Dubai. Troverete i paesaggi più evocativi e i luoghi più suggestivi da conoscere e visitare insieme alle eccellenze artigiane, agroalimentari, meccaniche, imprenditoriali, dal design all’alta tec-
nologia, tra tradizione e innovazione. Tutti gli articoli sono introdotti da una testatina ad hoc, un filo verde che si dipana all’interno del magazine. Ferrovie dello Stato Italiane, Gold Sponsor del Padiglione Italia, racconta a Dubai la sua nuova visione di una mobilità sostenibile e integrata a supporto dell’economia e del turismo. E, fino al 31 marzo 2022, fa viaggiare sui binari italiani un Frecciarossa 1000 con una livrea che richiama simbolo e colori del Padiglione Italia. A bordo non ci sarà James Bond, ma un’Italia capace di rialzarsi e cominciare a correre, ad alta velocità.
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SOMMARIO OTTOBRE 2021
IN COPERTINA DANIEL CRAIG È 007
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102
33
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UN TRENO DI LIBRI
UNA PENNA IN CUCINA
Invito alla lettura di Alberto Brandani, che questo mese propone ai lettori della Freccia il nuovo libro di Farhad Bitani, L’ultimo lenzuolo bianco
WEEKEND D’AUTUNNO
44 pag.
74
8 RAILWAY HEART
VISTA SUL MUGELLO Dalla città delle ceramiche fino a Firenze, sulla storica ferrovia Faentina. Tra crinali silvestri, torrenti sornioni e piatti dai gusti schietti
82
16
DENTRO IL PRESENTE
L’ITALIA CHE FA IMPRESA
19 INNOVATION
A Firenze, la più grande monografica dedicata a Jeff Koons. Che con le sue opere giocose critica la società contemporanea e il consumismo
54 UNA ROCCA PER TUTTI
56 CAMMINO UNIVERSALE
60 PADOVA CITTÀ DIPINTA
63 L’ORO ROSSO LUCANO
66 IL RICHIAMO DEL LAGO
70 RINASCERE SOSTENIBILI
72
87
22
50
L’ECOLOGIA DELLA CULTURA
88
AGENDA
QUIRINALE CONTEMPORANEO
26
92
GUSTA & DEGUSTA
CILENTO MUSEO DIFFUSO
28
96
WHAT’S UP
DIETRO IL MADE IN ITALY
98 30
CLICK SI GIRA
88
102 ITALY IS THE STAR
106 SGUARDI SULLA CITTÀ
110 LIBERA IMMAGINAZIONE
125 PRIMA DI SCENDERE LE FRECCE NEWS//OFFERTE E INFO VIAGGIO
113 SCOPRI TRA LE PAGINE LE PROMOZIONI E LA FLOTTA DELLE FRECCE i vantaggi del programma CartaFRECCIA e le novità del Portale FRECCE
4
I numeri di questo numero
Tra le firme del mese
PER CHI AMA VIAGGIARE
26
gli Stati attraversati dal Connecting Europe Express [pag. 12]
65mila
CESARE BIASINI SELVAGGI Da marzo 2017 è direttore editoriale di Exibart.com ed Exibart on paper. Manager culturale per diverse fondazioni italiane, svolge anche un’intensa attività di consulenza di comunicazione strategica d’impresa e per l’internazionalizzazione del made in Italy
i m² delle Saline di Volterra [pag. 52]
25
il numero degli episodi della saga di 007 [pag. 76]
200
le opere d’arte presenti al Palazzo del Quirinale [pag. 91]
Read also
WILL LAWRENCE Scrittore e giornalista freelance, ha collaborato con diverse testate tra cui The Times, The Telegraph, The Guardian, The Financial Times. È coautore dei libri James Bond’s DB5, sull’iconica macchina di 007, e Blood, Sweat and Bond. Behind the Scenes of Spectre, ha scritto The James Bond Film Guide
FSNews.it, la testata online del Gruppo FS Italiane, pubblica ogni giorno notizie, approfondimenti e interviste, accompagnati da podcast, video e immagini, per seguire l’attualità e raccontare al meglio il quotidiano. Con uno sguardo particolare ai temi della mobilità, della sostenibilità e dell’innovazione nel settore dei trasporti e del turismo quali linee guida nelle scelte strategiche di un grande Gruppo industriale
MENSILE GRATUITO PER I VIAGGIATORI DI FERROVIE DELLO STATO ITALIANE ANNO XIII - NUMERO 10 - OTTOBRE 2021 REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI ROMA N° 284/97 DEL 16/5/1997 CHIUSO IN REDAZIONE IL 24/9/2021 Foto e illustrazioni Archivio Fotografico FS Italiane FS Italiane | PHOTO Adobestock Tutti i diritti riservati Se non diversamente indicato, nessuna parte della rivista può essere riprodotta, rielaborata o diffusa senza il consenso espresso dell’editore
ALCUNI CONTENUTI DELLA RIVISTA SONO RESI DISPONIBILI MEDIANTE LICENZA CREATIVE COMMONS BY-NC-ND 3.0 IT
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Marco Mancini Davide Falcetelli Michela Gentili Sandra Gesualdi, Cecilia Morrico, Francesca Ventre Silvia Del Vecchio Gaspare Baglio Francesca Ventre Giovanna Di Napoli Michele Pittalis, Claudio Romussi Gerardo Adinolfi, Cesare Biasini Selvaggi, Alberto Brandani, Peppone Calabrese, Viola Chandra, Claudia Cichetti, Giosetta Ciuffa, Fondazione FS Italiane, Alessio Giobbi, Peppe Iannicelli, Will Lawrence, Valentina Lo Surdo, Luca Mattei, Enrico Procentese, Andrea Radic, Elisabetta Reale, Gabriele Romani, Davide Rondoni, Flavio Scheggi, Floriana Schiano Moriello, Filippo Teramo, Mario Tozzi
ERRATA CORRIGE SETTEMBRE 2021 Pag. 104 - Il paese nella foto di Gabriele Basilico (in alto) è Torrita di Siena, non Montepulciano (SI)
REALIZZAZIONE E STAMPA
VALENTINA LO SURDO
Via A. Gramsci, 19 | 81031 Aversa (CE) Tel. 081 8906734 | info@graficanappa.com Coordinamento Tecnico Antonio Nappa
Conduttrice radiotelevisiva Rai, pianista classica con anima rock, presentatrice, speaker, attrice. Trainer di comunicazione, da 20 anni è reporter di viaggi all’ascolto del mondo. Le sue destinazioni preferite? Ovunque ci sia da mettersi in cammino
PROGETTO CREATIVO
Team creativo Antonio Russo, Annarita Lecce, Giovanni Aiello, Manfredi Paterniti, Massimiliano Santoli
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La carta di questa rivista proviene da foreste ben gestite certificate FSC®️ e da materiali riciclati PER CHI AMA
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La Freccia accompagna il tuo viaggio. Cerca nei vestiboli dei treni il QR code per scaricare il numero di ottobre e quelli dei mesi precedenti. Buona lettura ANNO XIII
Direttore di VdGmagazine.it. Giornalista eclettico, vanta diverse collaborazioni con quotidiani, magazine e televisioni. Da cronista di enogastronomia racconta personaggi, territori e tutto ciò che tocca le corde dei sensi
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La Freccia si può sfogliare su fsnews.it e su ISSUU
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FRECCIA COVER
Luigi Ghirri. The Marazzi Years 1975-1985 © Eredi Luigi Ghirri/courtesy Marazzi Ceramiche
VISIONI SU CERAMICA di Sandra Gesualdi
Ricercatore della forma, immortala il reale che lo incuriosisce con dialettica minimalista e bagni di colore rarefatto. Luigi Ghirri (1943-1992), tra i grandi maestri della fotografia contemporanea internazionale, curatore e docente, è famoso soprattutto per le immagini del paesaggio italiano, i luoghi-non luoghi del quotidiano spesso vuoti e ritratti con cromie prima pop e poi pastello. Nato a Sassuolo, in provincia di Modena, instaura con il suo territorio un rapporto creativo, a partire dalla produzione che realizza, dal ‘75, con l’azienda di ceramiche Marazzi coinvolgendo altri fotografi, tra cui John Batho, Cuchi White e Charles H. Traub. Un progetto di ricerca in cui la ceramica è interpretata e ritratta con
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creatività come elemento e spazio mentale, possibilità infinita di composizione, luce e tono. In questa serie utilizzata come sfondo per composizioni concettuali da fotografare e su cui porre, ad esempio, un arcobaleno di carta. La mostra Luigi Ghirri. The Marazzi Years 19751985, a cura di Ilaria Campioli, fino al 31 ottobre a Palazzo Ducale di Sassuolo, propone un nucleo inedito di 30 fotografie dell’artista emiliano, conservate per decenni negli archivi dell’azienda Marazzi. L’esposizione, promossa dalle Gallerie Estensi, è anche l’occasione per ammirare l’appartamento dei Giganti riaperto eccezionalmente al pubblico. ghirri.marazzi.it 7
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PHOTOSTORIES PEOPLE Pensieri © Davide Paoletti davide_drums
IN VIAGGIO Verso la Calabria © Matteo Spizzirri mattiuuu551
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LE PERSONE, I LUOGHI, LE STORIE DELL’UNIVERSO FERROVIARIO IN UN CLICK. UN VIAGGIO DA FARE INSIEME a cura di Enrico Procentese
Utilizza l’hashtag #railwayheart oppure invia il tuo scatto a railwayheart@fsitaliane.it. L’immagine inviata, e classificata secondo una delle quattro categorie rappresentate (Luoghi, People, In viaggio, At Work), deve essere di proprietà del mittente, priva di watermark, non superiore ai 15Mb. Le foto più emozionanti tra quelle ricevute saranno selezionate per la pubblicazione nei numeri futuri della rubrica. Railway heArt un progetto di Digital Communication, Direzione Centrale Comunicazione Esterna, FS Italiane.
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LUOGHI Monterosso al Mare (SP) © Marco Sturla marcoclaudiosturla
AT WORK Federica, addetta customer service a Milano Centrale © Edoardo Cortesi eddiecortesi
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RAILWAY heART
A TU PER TU a cura di Alessio Giobbi - a.giobbi@fsitaliane.it
A
ndrea, 24 anni, dipendente di Mercitalia Rail, la società del Gruppo FS dedicata al trasporto ferroviario di beni e prodotti, racconta la sua esperienza come macchinista dei treni merci. Come hai iniziato a lavorare per il Gruppo FS? Dopo gli studi all’Istituto Nautico di Savona, non avrei mai immaginato che la mia sarebbe stata una carriera ferroviaria. Da buon genovese vedevo il mio futuro in mare, magari seguendo l’esempio di mio fratello, un ufficiale di macchina a bordo delle navi. Quindi tutto è iniziato un po’ per caso, dopo aver inviato la mia candidatura a Mercitalia Rail. Raccontaci il percorso che ti ha portato a diventare macchinista dei treni merci. Alla fine del 2018 ho cominciato la formazione, di circa sei mesi, trasferendomi a Milano. Poi a gennaio 2020, dopo un intenso lavoro di affiancamento, ho conseguito l’esame per diventare primo agente, il macchinista provvisto di tutte le abilitazioni. In pratica, quando arrivo il treno è già pronto per quanto riguarda composizione e carico dei carri. Controllo il locomotore, compresa la diagnostica di bordo, e sono pronto a partire. Ricevo anche nozioni e aggiornamenti per affrontare eventuali anomalie che possono presentarsi sulla macchina o sull’infrastruttura ferroviaria. Quali tratte percorri? Copro la rete del Nord, quindi Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana e Marche, raggiungendo le stazioni dotate di scali o raccordi dedicati ai servizi merci, fermandomi spesso in trasferta. La maggior parte del lavoro viene svolto in orari notturni o la mattina molto presto, a volte in attesa della ripresa del traffico dopo gli intervalli necessari a garantire la manutenzione della linea. Cosa ti piace di questa professione? In principio mi sentivo più portato per un percorso da capotreno, data la personale predisposizione a relazionarmi con il pubblico, poi invece ho trovato il mio mondo in questo ruolo. Se dovessi tornare indietro lo rifarei. Sento tutta la responsabilità del mio lavoro e durante l’emergenza sanitaria, quando il trasporto di beni di prima necessità non si è mai interrotto, ne ho scoperto anche il forte senso di utilità. La pandemia ha cambiato il tuo lavoro? Alcune delle nostre attività sono rallentate in relazione alla difficoltà di diverse aziende a cui garantiamo la movimentazione dei prodotti. Fortunatamente, oggi i segnali di ripresa sono forti, a cominciare dal graduale ripopolamento delle stazioni. I viaggi degli ultimi mesi sono tornati a strappare un sorriso ai bambini, che salutano affascinati il passaggio del treno. Una situazione che ogni macchinista conosce bene e che, nell’immaginario, rappresenta il tratto distintivo del nostro lavoro.
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LE STORIE E LE VOCI DI CHI, PER LAVORO, STUDIO O PIACERE, VIAGGIA SUI TRENI. E DI CHI I TRENI LI FA VIAGGIARE
© Francesca Tilio
A
nna Prandoni, consulente di progetti editoriali per diverse realtà aziendali, utilizza il treno per impegni professionali e nel tempo libero. Di cosa ti occupi nello specifico? Lavoro soprattutto nel campo del brand journalism, a supporto di aziende che devono costruire progetti editoriali. Ma sono anche la direttrice di Gastronomika, magazine online dedicato al mondo del cibo all’interno del quotidiano Linkiesta, oltre a essere impegnata in una testata cartacea autoprodotta che si chiama Scarpetta. L’argomento gourmet si lega molto al viaggio. Sono due mondi che il più delle volte procedono su binari paralleli, soprattutto quando al treno si associa il turismo enogastronomico, un filone trattato con frequenza sui giornali di cui mi occupo. La mia professione mi porta a viaggiare spesso, ho una lunga esperienza da pendolare felice tra Busto Arsizio (VA) e Milano e ho sempre vissuto la dimensione ferroviaria con piacere, comfort e senso di sicurezza. In passato, ho anche curato un blog dal nome Pendolaresimo, per raccontare un mondo che mi affascina. Che tipo di viaggiatrice sei? Salto dal trasporto regionale alle Frecce, passando per il Malpensa Express. L’Alta Velocità si conferma la principale soluzione di viaggio anche per i miei spostamenti di piacere, quando non sono obbligata a pianificare partenze in anticipo. Apprezzo la libertà del last minute, che ha accompagnato le mie vacanze estive: mi consente di trovare un biglietto adatto alle mie esigenze anche se non sempre, ovviamente, nelle fasce di maggior frequentazione. E per quanto riguarda i viaggi di lavoro? Una delle ultime corse in Frecciarossa mi ha portato alla Mostra del cinema di Venezia per seguire alcune aziende del food presenti all’interno della manifestazione e approfondire il ruolo del cibo nelle proiezioni a cui assistevo. È stata l’occasione per rivivere ancora una volta l’emozione di entrare nella città lagunare in treno, un’esperienza che consiglio a tutti almeno una volta nella vita, possibilmente sedendosi dalla parte sinistra della carrozza per poter osservare un paesaggio incantevole. Da Mestre in poi ho chiuso il pc e ho smesso di lavorare, per godermi il panorama fino all’arrivo in stazione. Cos’altro ami del treno e cosa miglioreresti? Apprezzo l’idea di abbattere il concetto di distanza, la consapevolezza di svegliarmi la mattina a Busto Arsizio e di potermi trovare dopo poche ore al Quirinale per seguire un evento. In poco più di dieci anni, la mobilità e gli stili di vita delle persone sono mutati in modo evidente. Per questo ritengo fondamentale tornare a investire sul trasporto ferroviario, soprattutto dopo l’emergenza sanitaria, sperando che venga migliorata sempre di più la connettività a bordo treno.
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© Archivio FS Italiane - foto Alfredo Falcone/LaPresse
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IN TRENO PER L’EUROPA Il Connecting Europe Express nella stazione di Roma Ostiense
DAL PORTOGALLO ALLA FRANCIA, PASSANDO PER L’ITALIA E IL RESTO DEL VECCHIO CONTINENTE: IL CONNECTING EUROPE EXPRESS È LO SPECIALE CONVOGLIO ALLESTITO PER L’ANNO EUROPEO DELLE FERROVIE 2021 di Luca Mattei
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entimila chilometri lungo il Vecchio Continente, attraversando 26 Stati e 33 valichi di frontiera, con 100 tappe e cinque corse notturne, per un totale di cinque settimane di spostamenti. Sono i numeri del viaggio senza precedenti del Connecting Europe Express, lo speciale treno allestito per celebrare il 2021, l’Anno Europeo delle Ferrovie, con partenza dalla stazione Oriente di Lisbona il 2 settembre e arrivo alla stazione Est di Parigi il 7 ottobre. Un percorso che ha ovviamente lambito il suolo, anzi, i binari italici: il 5 settembre ha fatto il suo ingresso nello scalo di Torino Porta Nuova, per proseguire nei giorni successivi a Milano Centrale, Genova Piazza Principe, Roma Termini, Roma Ostiense, Vaiano (PO),
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ellemme1 - l.mattei@fsitaliane.it
Nogara (VE), Verona Porta Nuova e Bolzano. Fino al tetto d’Italia, Brennero, la stazione più settentrionale del nostro Paese, oltre che la più alta tra quelle con binari a scartamento ordinario, con i suoi 1.371 metri. Il progetto, nato da una cooperazione tra Commissione europea, Community of European Railway and Infrastructure Companies (Cer) e oltre 40 tra operatori ferroviari, gestori dell’infrastruttura e stakeholder, è stato concepito con molteplici obiettivi, oggetto di confronto in occasione dei numerosi eventi a bordo e durante le soste in stazione: mostrare la forza unificante della ferrovia, capace di collegare Paesi, imprese e persone; sensibilizzare sempre più cittadini e aziende nella scelta del treno come mezzo di trasporto sostenibile, in-
novativo, integrato, green, comodo, sicuro ed economico; sottolineare l’importanza di un mercato unico ferroviario senza più barriere e in grado di ridurre le distanze. Una sfida ancora aperta, quest’ultima, se si considera che il Connecting Europe Express ha utilizzato tre convogli diversi (iberico, standard e baltico) nel suo percorso per far fronte agli altrettanti scartamenti ferroviari storicamente adottati in Europa, ma su cui il lavoro di squadra continentale è già evidente. Non a caso le carrozze del treno standard, quello maggiormente utilizzato, sono state fornite da sei compagnie ferroviarie europee: Trenitalia, MAV (Ungheria), SNCF (Francia), DB (Germania), SBB (Svizzera) e ÖBB (Austria). connectingeuropeexpress.eu Transport_EU
PREVENZIONE A BORDO TORNA SUI TRENI E ONLINE L’INIZIATIVA FRECCIAROSA, LA CAMPAGNA DEL GRUPPO FS PER COMBATTERE I TUMORI FEMMINILI
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al 1° al 31 ottobre torna l’iniziativa Frecciarosa. La campagna di prevenzione dei tumori femminili, che lo scorso anno viaggiò su carrozze virtuali, riprende anche a bordo treno, nel
di Claudia Cichetti
rispetto delle norme di sicurezza per combattere la diffusione del Covid-19. «È tempo di riprendere il nostro corso di vita, pur rispettando le regole. Sono molto orgogliosa di tornare a offrire
consulenze per la salute di tanti», ha detto Adriana Bonifacino, presidente dell’associazione IncontraDonna Onlus, che organizza il progetto in collaborazione con il Gruppo FS e il ministero della Salute, che ha dato anche il suo patrocinio all’iniziativa, e la partecipazione di Farmindustria. Sui Frecciarossa, soprattutto lungo la tratta Roma-Milano, e su alcuni regionali è possibile quindi incontrare per tutto il mese medici e volontari. In uno spazio dedicato, chiunque può rivolgere domande agli esperti e ricevere consulti individuali sulla prevenzione dei tumori al seno. Una volta a settimana, un medico è presente anche nei FRECCIALounge di Roma Termini e Milano Centrale. Tramite QR code, mostrato dai volontari a bordo e inviato con la newsletter dedicata ai cartafreccisti Trenitalia, è possibile scaricare tutti i materiali divulgativi per informarsi sui corretti stili di vita da adottare. L’iniziativa vanta un grande successo di pubblico: nelle edizioni precedenti sono oltre nove i milioni di viaggiatori Trenitalia che hanno usufruito del servizio e circa settemila sono state le consulenze, visite ed ecografie offerte gratuitamente. Resta fruibile e attiva anche la piattaforma online frecciarosa.it, dove un team di oncologi è a disposizione degli utenti per consulenze gratuite in diretta streaming. Il servizio, rivolto a tutti, permette di dialogare e confrontarsi con il personale sanitario ma anche di ricevere assistenza specialistica online e senza costi. Dallo stesso sito, oltre che da trenitalia.com, è possibile anche scaricare in pdf il Vademecum della salute allegato al progetto. frecciarosa.it 13
RAILWAY heART
NAPOLI FOOD HALL SFOGLIATELLE, CAFFÈ E PRODOTTI TIPICI, MA ANCHE PIATTI GOURMET. NELLA STAZIONE CENTRALE PARTENOPEA UNA NUOVA AREA DEDICATA ALLA RISTORAZIONE di Floriana Schiano Moriello
L’ingresso alla Food Hall della stazione di Napoli Centrale
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uattromila metri quadrati, 14 insegne, oltre 15 milioni di euro investiti e 200 nuovi posti di lavoro. Sono questi i numeri della nuova Food Hall inaugurata all’interno della stazione di Napoli Centrale, dedicata ai viaggiatori e alla città partenopea. Si sviluppa su due piani la proposta enogastronomica di qualità attenta al territorio e alle eccellenze nazionali e internazionali, ben miscelata alle altre realtà già presenti in prossimità dei binari. Al piano terra sfogliatelle e caffè, gelati, toast ricercati e prodotti campani da portar via, un ventaglio di proposte per chi ha meno tempo, mentre il piano superiore inneggia alla tappa slow: tra pizza e piatti della tradizione, birre e hamburger, spunta anche un bacaro
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veneziano dove bere prosecco assaggiando cicheti. Un’offerta adatta a chi vuole trascorrere più tempo in stazione, programmare incontri e godersi un’esperienza di gusto affacciata sui binari con vista sul Vesuvio e piazza Garibaldi. Ogni momento della giornata, dalla colazione alla cena, è quello giusto per una pausa alla Food Hall, con possibilità di scegliere tra ristoranti e locali di ogni genere. Il nuovo spazio, riqualificato e riconsegnato alla città e ai viaggiatori grazie al lavoro di Grandi Stazioni Retail, è un grande esempio di sviluppo e rigenerazione urbana, con l’obiettivo di valorizzare corso Novara, su cui si apre alla città. Gli importanti lavori di restyling hanno consentito la riapertura di un’a-
rea in disuso da 20 anni, permettendo anche il recupero del lucernario centrale, progettato nel Dopoguerra dall’architetto Pier Luigi Nervi, già impreziosito da un piccolo giardino pensile, oggi protagonista di una ripiantumazione delle piante originarie. All’attenzione per gli elementi architettonici preesistenti si è unita quella per il design, i materiali, il risparmio energetico e il comfort acustico indispensabile in un’area così permeabile ai flussi. La neonata Food Hall diventa ancor di più un luogo simbolo per un’esperienza funzionale e di convivialità nel cuore della stazione, frequentata da 70 milioni di persone ogni anno, snodo intermodale sostenibile e strategico per i collegamenti locali e nazionali.
L’ITALIA che fa IMPRESA
LA PERLA NERA DI MODENA ALLA SCOPERTA DELL’ACETO BALSAMICO TRADIZIONALE DOP, UNO DEI PRODOTTI ITALIANI PIÙ ANTICHI. CELEBRATO A EXPO 2020 DUBAI COME ESEMPIO DELL’ARTIGIANALITÀ EMILIANA di Giosetta Ciuffa Foto © Consorzio produttori antiche acetaie
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L
e molteplici declinazioni del saper fare italiano sono protagoniste a Expo 2020 Dubai, in una serie di monografie in bianco e nero a firma del regista Gabriele Salvatores proiettate nel Padiglione Italia. Un viaggio tra le regioni compiuto dal premio Oscar per celebrare le capacità manifatturiere e la maestria artigianale dei suoi abitanti. Come quelle tipiche dell’Emilia-Romagna con le sue acetaie, custodi della produzione di aceto balsamico tradizionale.
È infatti in questi antichi luoghi che il mosto, grazie a un ammaliante processo dettato da storia e tradizione, si trasforma nel nettare scuro e agrodolce così richiesto anche oltreoceano. Ottenuto pigiando a cielo aperto le uve tipiche modenesi e poi cotto a fuoco diretto, viene conservato in acetaia nelle batterie, una serie di botti con dimensioni a scalare (circa 20-30% in meno). Esperienza e pazienza sono ingredienti fondamentali, soprattutto se si parla dell’Aceto balsamico tradizionale di Modena Dop, le cui particolarità si esprimono nel lento invecchiamento del prodotto, garantito e certificato nei due unici formati di minimo 12 anni e di oltre 25. Fortemente intrecciata con le storie familiari, visto che il mosto viene custodito dagli artigiani nei sottotetti delle proprie abitazioni, questa produzione ha bisogno di passione e attesa. Per una prima messa in commercio, infatti, occorre attendere almeno 12 anni, durante i quali l’operazione più importante è il rincalzo: una volta all’anno, si mantiene un livello costante di aceto nei barili reintegrando quello che nel frattempo si è addensato, quindi ristretto, con una quantità prelevata dalla botte precedente e più capiente. Solo al tredicesimo anno questa specialità si può certificare e vendere come balsamico tradizionale Dop che, a seconda del legno del barile che lo ha ospitato, avrà caratteristiche aromatiche diverse. E qui bisogna ringraziare il saper fare italiano portato avanti dai mastri bottai. Già nel 1508, alla corte del duca Alfonso I d’Este, marito di Lucrezia Borgia, risulta una produzione di aceto, definito poi “balsamico” nel 1747 sul registro delle vendemmie e delle vendite dei vini per conto delle Cantine segrete ducali. Documenti del XVI secolo riferiscono di mosti ben maturi utilizzati per l’aceto balsamico alla modenese e di rincalzi dei 36 barili custoditi nel terzo torrione del Palazzo Ducale. «Le botticelle vengono lasciate in eredità da una generazione all’altra.
Tradizione vuole che alla nascita di una figlia si dia avvio a una batteria in modo che, al 25esimo anno, l’aceto sia pronto e la ragazza, in età da marito, possa portare in dote i barili insieme al corredo», racconta Mario Gambigliani Zoccoli, presidente del Consorzio produttori antiche acetaie - Aceto balsamico tradizionale di Modena Dop. «Così mio padre allestì una serie da sei barili», prosegue, «per ognuno dei cinque nipoti che desiderava da noi cinque figli. Quando negli anni ’80 l’aceto iniziò a essere appetibile sul mercato, quello che pensavamo fosse significativo solo per la storia familiare diventava un valore di mercato: nel 1992 nel fienile avevamo già ben 1.300 barili, che nel 2018 hanno compiuto almeno 25 anni». Abitualmente, infatti, le acetaie si trovano nei fienili e nei sottotetti delle case, delle ville storiche di famiglia, dei casali di campagna: contesti evocativi che rendono l’idea della peculiarità di questo «artigianato agricolo», come lo definisce Gambigliani Zoccoli, in cui «non c’è aceto negli ingredienti ma una sola materia prima, il mosto di uva cotto, unito a un secondo impalpabile ingrediente, il tempo». E alla bravura dell’esperto, ovviamente. «Gli anni sono una condizione necessaria ma non sufficiente: come per l’uomo, diventare adulti non sempre significa diventare maturi», ama ripetere il presidente del Consorzio. Avere così tanto tempo per riflettere sulle migliori tecniche pare aver reso molto lungimiranti i produttori che, ben prima di ottenere nel 2000 la denominazione di origine protetta, nel 1987 avevano incaricato il designer Giorgetto Giugiaro di progettare un contenitore unico. Esempio di creatività e innovazione, l’ampolla da 100 ml è uguale per tutti i consorziati, in quanto segno distintivo dell’Aceto balsamico tradizionale di Modena Dop, che già all’epoca subiva i danni della contraffazione. Nonostante le perdite causate dalle imitazioni, si è creata una sinergia tra il balsamico tradizionale Dop e il prodotto Igp più giovane e commerciale
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© Indiana Productions/Gabriele Salvatores per ItalyExpo2020
L’ITALIA che fa IMPRESA
L’assaggio dell’Aceto balsamico tradizionale di Modena Dop all’Acetaia Meloria, in un frame tratto dal filmato di Gabriele Salvatores per Expo 2020 Dubai
facilmente reperibile all’estero. Che funziona da attrattore: il viaggiatore straniero in Italia viene mandato in acetaia e ne esce conquistato. Modena è divenuta capitale mondiale dell’aceto balsamico anche per la grande diffusione del prodotto Igp e per l’interesse verso un turismo gastronomico diretto alle acetaie tradizionali, le cui visite consentono ai produttori il raggiungimento di una marginalità che altrimenti si perderebbe lungo la filiera distributiva: un elemento importante di marketing territoriale per il Consorzio produttori antiche acetaie. Tappa enogastronomica della food valley, fino a 25 anni fa Modena viveva un turismo legato solo alla Ferrari: oggi, invece, la promozione passa per le acetaie e il loro genius loci. Per trasferire queste abilità, normalmente ci si affida alla persona più esperta di famiglia, che in genere è la più anziana: è un’attività che si impara per affiancamento, pian piano, nel corso degli anni. Come fa presente Gambigliani Zoccoli, per l’aceto balsamico vengono usati vitigni modenesi gestiti per ottenere vini tipici: una cultura ampia e radicata che non va persa facilmente. Difficile è invece quando, anziché vinificare, si deve cuocere il mosto, 18
farlo fermentare, gestire la parte prettamente balsamica: «Dalla coltivazione della vite i produttori di vino e aceto condividono un percorso che si separa all’ottenimento del mosto: per chi produce vino l’acidificazione è una degenerazione della filiera produttiva mentre per noi ne è la summa». Infine, ulteriore dimostrazione dell’italico saper fare, se Modena può essere famosa per il Lambrusco lo è certamente meno per il Trebbiano, un vino quotidiano da pasto le cui uve fanno più fatica
a trovare mercato ma, essendo un po’ meno tanniche, con grado zuccherino leggermente superiore e più aromatiche, si sono rivelate fondamentali per l’aceto. A differenza del Lambrusco quindi, che trova un normale canale commerciale nella vinificazione, si è potuto sfruttare uve che in un’ottica di profitto avrebbero potuto essere sostituite e che invece ripagano il territorio con questo gioiello nero. balsamico.it
La fase di prelevamento dell’aceto dai barili per l’assaggio
INNOVATION
L’ITALIA IN ORBITA DAL CONVERTIPLANO DI LEONARDO AL RAZZO VEGA DI AVIO. IN MOSTRA A EXPO 2020 DUBAI IL MEGLIO DELLA TECNOLOGIA SPAZIALE E AEROSPAZIALE MADE IN ITALY di Gerardo Adinolfi Foto courtesy Leonardo e Avio
Rendering del lanciatore Vega C di Avio
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rologi atomici e lanciatori spaziali, trivelle robotiche in cerca di vita su Marte e motori criogenici. Meraviglie tecnologiche che sembrano uscite da un libro di fantascienza ma che, in realtà, di immaginario hanno ben poco. Perché l’innovazione, la tecnologia, il saper fare di aziende made in Italy come Leonardo e Avio, leader nel settore dello spazio e dell’aerospazio, hanno trasformato l’inimmaginabile in progresso, il futuro in presente, preparando la strada per il mondo che verrà. Un mondo sostenibile, digitale, innovativo che regala un assaggio di sé al Padiglione Italia durante Expo 2020 Dubai, dal primo ottobre e il 31 marzo 2022 negli Emirati Arabi Uniti. «Nel
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Padiglione del nostro Paese si parla di bellezza, di unire le menti, di preparare la strada verso il futuro», racconta Giorgio Saccoccia, presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana (Asi). «Vorremmo riuscire a unire gli strumenti e gli operatori del settore
Giulio Ran
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affinché possano trasmettere ai visitatori, durante l’evento, quello che l’innovazione italiana nel campo può offrire al mondo». Se è pur vero che la parola racchiude ancora in sé quel fascino di mistero e di lontananza, oggi lo spazio 19
© Indiana Productions/Gabriele Salvatores per ItalyExpo2020
INNOVATION
Il sito produttivo di Leonardo a Grottaglie (TA), in un frame tratto dal filmato girato da Gabriele Salvatores per Expo 2020 Dubai
non è un più un buco nero della conoscenza, ma una frontiera da esplorare. «La tecnologia è qualcosa che può migliorare la vita giorno per giorno ma anche la chiave per proiettare il Paese verso il futuro», spiega Alessandro Profumo, amministratore delegato di Leonardo, azienda tra i protagonisti globali nei settori dell’aerospazio, difesa e sicurezza. «Per questo Expo 2020 Dubai è anche l’occasione per coinvolgere giovani studentesse e studenti, ricercatrici e ricercatori, in attività di formazione e condivisione, per creare connessioni e sinergie volte a favorire lo scambio di idee ed esperienze, indispensabili per disegnare le tecnologie di domani». Lo spazio, insomma, è più vicino di quanto si possa pensare e le tecnologie del settore hanno già importanti applicazioni sulla Terra, che permettono un utilizzo più efficiente delle risorse naturali ed energetiche. «Il nostro razzo Vega ha messo in orbita i satelliti Sentinel 2A e 2B della costellazione europea Copernicus», spiega Giulio Ranzo, amministratore delegato di Avio, gruppo leader in Europa nel settore dei lanciatori spaziali, «contribuendo al monitoraggio dei cambiamenti 20
Rampa di lancio Vega
climatici, del consumo del suolo e della gestione delle emergenze derivanti da disastri naturali o provocati dall’uomo». A Dubai, Leonardo e Avio mettono in mostra il meglio della tecnologia spaziale e aerospaziale made in Italy. Leonardo racconta la sua visione di futuro con tre installazioni: l’orologio atomico, la trivella robotica e la gondola motore del rivoluzionario convertiplano AW609, tra le innovazioni più significative dell’attuale panorama aeronautico mondiale. Si tratta di un velivolo progettato e costruito per ottenere una sintesi efficace tra la versatilità operativa dell’elicottero, con decollo e atterraggio verticale, e i vantaggi e le prestazioni proprie dell’aeroplano. Ricco di fascino è anche l’orologio atomico, uno strumento dalla precisione unica al mondo che rappresenta anche il cuore del sistema europeo di navigazione e posizionamento satellitare Galileo. A bordo dei satelliti di navigazione è infatti uno degli elementi chiave per l’individuazione del posizionamento a terra, e quelli sviluppati da Leonardo a Nerviano (MI) sono i più precisi mai realizzati per applicazioni spaziali. Infine, la trivella robotica, che cer-
cherà tracce di vita nel sottosuolo di Marte nell’ambito della missione ExoMars2022 dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa) in collaborazione con la russa Roscomos. Realizzata a Nerviano con il supporto dell’Asi, sarà in grado di scavare, per la prima volta nella storia, il sottosuolo marziano fino a due metri di profondità, raccogliendo e analizzando campioni di terreno. Infatti, solo a questa profondità le eventuali attività biologiche non vengono distrutte dalle radiazioni cosmiche, aumentando quindi la probabilità di individuare tracce di vita presente o passata. All’Expo Avio si fa promotore, invece, del tema dell’innovazione e della sostenibilità «sia nello spazio che dallo spazio. L’orbita terrestre bassa è sempre più congestionata da satelliti funzionanti e non, oltre che da detriti», spiega Ranzo. L’obiettivo per i prossimi anni è quindi sviluppare sistemi per mitigare i rischi di collisione tramite la rimozione di detriti e satelliti danneggiati o per ripararli in orbita. Avio, che fa parte del programma europeo Space Rider, sta contribuendo alla realizzazione di uno spazioplano riutilizzabile che, tra le sue capacità, avrà anche quella di riparare o rimuovere i satelliti non funzionanti.
Nel Padiglione Italia c’è anche un modello in scala del Vega C, il nuovo lanciatore spaziale del gruppo di Colleferro. Il nostro Paese, infatti, è uno dei pochi al mondo in grado di realizzare un vettore completo di questo genere. La missione di Vega è collocare piccoli satelliti nell’orbita terrestre bassa. Dopo la prossima missione, la VV20 prevista a novembre, Avio è pronta a far esordire il Vega C, la versione più potente del lanciatore. Il razzo sarà in grado di sfruttare a pieno la capacità offerta dal nuovo adattatore del carico utile Small Spacecraft Mission Service, in grado di portare oltre 50 satelliti in un solo lancio. Ma in fase di sviluppo c’è anche il razzo Vega E, definito lo scuolabus per i piccoli satelliti. Sarà alimentato con motori spaziali green a propellente liquido di nuova generazione, testati nello stabilimento in Sardegna che Avio inaugurerà nelle prossime settimane. Vega E è stato oggetto di un recente contratto con l’Esa, che ha segnato l’inizio della nuova fase di sviluppo del razzo. L’ultimo stadio è un salto nel futuro: il nuovo motore M10, alimentato a ossigeno e metano liquidi. leonardocompany.com | avio.com
Il convertiplano di Leonardo
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AGENDA a cura di Luca Mattei
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lucamattei1- l.mattei@fsitaliane.it
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Sconti Trenitalia pag. 115
SALONE DEL LIBRO TORINO 14>18 OTTOBRE I grandi nomi della scena culturale mondiale tornano nella città piemontese in occasione della principale fiera dell’editoria italiana, che quest’anno prevede eventi dal vivo. La 33esima edizione del Salone, nei padiglioni 1, 2, 3 e Oval di Lingotto Fiere e negli spazi del Centro congressi Lingotto, è intitolata Vita Supernova, con un riferimento a Dante per i 700 anni dalla sua morte e uno alla supernova, un tipo di stella che resta un’incognita per la sua energia utile o distruttiva e la sua luce accecante o illuminante. Un mistero proprio come il futuro che attende il mondo intero, dopo un periodo di cambiamenti inattesi su cui la rassegna invita a riflettere. Tra gli ospiti stranieri André Aciman, Javier Cercas ed Edgar Morin in presenza, David Quammen e Paula Hawkins in collegamento. Tra gli italiani, Alberto Angela, Daria Bignardi, Maurizio De Giovanni, Alessia Gazzola, Paolo Rumiz. Da non perdere le voci dell’attualità come Riccardo Iacona, Lilian Thuram, Claudio Marchisio, Lilli Gruber, Pif, e le incursioni di Carlo Verdone, Cesare Cremonini, Alessandro Cattelan, Marco Montemagno, Benedetta Rossi e Zerocalcare. salonelibro.it
L’opera di Elisa Seitzinger utilizzata per il manifesto del Salone del Libro 2021
LE DONNE E LA FOTOGRAFIA MILANO 8 OTTOBRE>28 NOVEMBRE Lo sguardo peculiare e la propensione all’innovazione sono le capacità delle donne nell’ambito della fotografia a cui è dedicata la mostra allestita alla Fondazione Luciana Matalon. Esposti 90 scatti originali di altrettante maestre dell’obiettivo, tra cui Diane Arbus, Vanessa Beecroft, Margaret Bourke-White, Lisetta Carmi, Regina José Galindo, Letizia Battaglia, Marina Abramović, Tina Modotti e Inge Morath. Le opere sono state raccolte attorno a due temi: l’empatia e la ricerca dell’identità che, secondo i curatori Maria Francesca Frosi e Dionisio Gavagnin, sono tratti caratteristici della sensibilità femminile per ragioni di natura, cultura e ruolo sociale. I due macro-temi sono poi declinati in quattro capitoli: La ricerca del sé tra identità femminile e ruoli sociali, Simpatie, Donne, moda, costume e Sul pezzo. Dentro all’attualità. fondazionematalon.org Vanessa Beecroft, B52. 98. NT Castello di Rivoli, Torino (2003) 22
Gozzi esposti al Salone nautico internazionale
DIALOGHI A SPOLETO ROMA 20 OTTOBRE Il sottotitolo dell’incontro, che si svolge all’Accademia dei Lincei, è Donne, teologia e spiritualità: la novità della dimensione femminile. A un panel di confronto su temi religiosi partecipano esperte di islamismo, ebraismo, chiesa Valdese e Movimento dei Focolari. Si discute poi di gender gap, la mancanza di un pari riconoscimento economico, legale e di tutela per i due sessi, con la partecipazione di Elena Bonetti, ministro per le Pari opportunità e della famiglia. Interessanti le riflessioni su Donne e media nella tragedia di quella parte del mondo musulmano in conflitto con il genere femminile, ma anche, di altro tono, su L’immagine della donna nelle fiction italiane. Chiude Sabina Ciuffini con una lettura ispirazionale sulle sante siciliane Agata, Rosalia e Lucia, interpretate da Ilaria Ceccarelli, Iaia Forte e Mascia Musy. dialoghiaspoleto.it
SALONE NAUTICO INTERNAZIONALE BOLOGNA 30 OTTOBRE>7 NOVEMBRE La seconda edizione dell’evento prende il largo con due grandi novità: la presenza anche di esemplari a vela e l’aumento della superficie espositiva a BolognaFiere, per un totale di 70mila metri quadrati. Alle imbarcazioni tra i cinque e i 18 metri è riservato un nuovo padiglione, che risponde anche alla crescente richiesta di una produzione che rispetti l’ambiente. Le barche tra i sei e i 20 metri fanno registrare un numero quasi doppio di modelli esposti rispetto al 2020. Tra le iniziative, i Blu Award 2021, riconoscimenti destinati a personaggi, enti, istituzioni e aziende che difendono e promuovono il mare come ricchezza. Uno dei premi è destinato alla conduttrice tv Caterina Balivo, impegnata come madrina Unesco per il Decennio delle scienze oceaniche per lo sviluppo sostenibile. salonenauticobologna.it
I volti delle partecipanti ai Dialoghi a Spoleto
VIRTUAL REALITY EXPERIENCE ITALIA 14>16 OTTOBRE La terza edizione del festival internazionale dedicato alle tecnologie immersive sceglie location diverse, sparse in tutta Italia. A Roma è ospitato nella Galleria delle vasche della Pelanda, all’interno di Romaeuropa Festival, e a Villa Maraini. L’evento, prodotto dall’associazione culturale Iconialab, si svolge anche in cinque location satellite: il Museo nazionale del cinema di Torino, il Laboratorio aperto di Modena, il Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo Da Vinci e il Meet - Digital Culture Center, entrambi a Milano, e i Cantieri culturali alla Zisa di Palermo. Le 20 opere della selezione ufficiale sono disponibili anche sulle piattaforme digitali VeeR e Viveport. Virtual reality experience è anche alla Festa del cinema di Roma, per coinvolgere il pubblico in nuove esperienze fra interazione e immersione. vrefest.com 23
Giorgio Bartolomucci, Paolo Gentiloni, Aurelio Regina e Giampiero Massolo
PINO DANIELE ALIVE - LA MOSTRA NAPOLI FINO AL 31 DICEMBRE L’artista scomparso nel 2015 torna a regalare emozioni grazie a una mostra multimediale al Complesso di Santa Caterina a Formiello. Ai visitatori vengono presentati scatti iconici in grande formato del bluesman, realizzati dai fotografi che lo hanno seguito in carriera: dai ritratti giovanili di Lino Vairetti alle foto di Mimmo Jodice, Cesare Monti, Guido Harari, Luciano Viti, Giovanni Canitano, Adolfo Franzò, Roberto Panucci, Letizia Pepori. Esposti anche oggetti del cantautore, come il mandolino con cui ha registrato Napule è e i fogli su cui ha scritto le scalette dei concerti. Non poteva mancare un contributo audio nel percorso espositivo: i brani più noti sono eseguiti in chiave inedita con stralci di sola voce o chitarra, inframezzati dai suoi respiri. madeincloister.com
FESTIVAL DELLA DIPLOMAZIA ROMA 13>˃22 OTTOBRE Si discute delle sfide internazionali che coinvolgono anche l’Italia, come la crisi in Afghanistan. Ma anche di cambiamenti climatici, futuro delle nuove generazioni, rischi dei conflitti militari e commerciali e di come costruire una governance globale. Il Festival della diplomazia, dedicato alla geopolitica e alle relazioni internazionali, sarà aperto dal ministro degli Affari esteri, Luigi Di Maio. In presenza e online, molti esponenti del mondo politico e universitario affrontano una questione fondamentale, soprattutto in un periodo di pandemia: Ready for the unexpected? (Siamo pronti a scenari imprevisti?). festivaldelladiplomazia.eu
© Giovanni Canitano
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AGENDA
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Pino Daniele al Jolly Hotel Ambassador di Napoli nel set del video Anema e core (2008)
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KEVIN CUMMINS: JOY DIVISION AND BEYOND TARANTO FINO AL 23 GENNAIO 2022 Il Museo archeologico nazionale MarTa ospita le opere di Kevin Cummins, per oltre un decennio capo fotografo del settimanale britannico New Musical Express. Oltre 50 scatti ai sali d’argento per ripercorrere la straordinaria avventura della band post punk Joy Division, ma anche la storia musicale e sociale e i paesaggi di Manchester dalla fine degli anni ’70 in poi. Le immagini, che ritraggono gruppi storici come New Order, Smiths, Stone Roses e Happy Mondays, fino agli Oasis, sono ritratti veri e intimi, grazie al rapporto stretto che Cummins ha avuto con ciascuno degli artisti immortalati. Rendendosi, così, non solo testimone ma anche protagonista di un’epoca di fermento socio-culturale divenuta leggendaria. medimex.it/kevin-cummins-joy-division-and-beyond
GUSTA & DEGUSTA
di Andrea Radic
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A FIRENZE IL LUSSO IN PIAZZA OGNISSANTI
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ivere un evening ritual, speciale aperitivo dove il sommelier stappa la bottiglia di bollicine con la sciabola, oppure organizzare una romantica cena per due sulla terrazza più bella di Firenze con lo sguardo a 360 gradi sui monumenti della città. Tutto questo sulle rive dell’Arno, in piazza Ognissanti, dove il St. Regis Florence e il Westin Excelsior Florence, due iconici alberghi, pezzi di storia Hotel St. Regis Florence
dell’ospitalità italiana, si specchiano l’uno nell’altro. «La qualità del nostro servizio di lusso è fatta dalle persone, il capitale umano», afferma Domenico Colella, general manager di entrambe le strutture, «e da piccole e grandi attenzioni che anticipano i desideri degli ospiti per far vivere loro vere emozioni». Ci sono stanze in cui si respira la storia – all’Excelsior soggiornò Caterina Bonaparte – e dalle cui finestre si osserva l’eleganza della piazza e dei suoi palazzi. Materassi che rendono un sacrificio lasciare il letto, ma vale la pena farlo per godere della prima colazione sulla terrazza del Westin Excelsior o nel salone delle feste del St. Regis. La cucina è un capitolo importante nella grande hôtellerie e i due alberghi declinano proposte che, sulla scia della tradizione toscana, offrono menù contemporanei e di bella impronta creativa. Carte dei vini adeguate ad abbinamenti eleganti e di matrice territoriale. Emozione da non perdere, poi, un aperitivo o una cena al sesto piano del Westin Excelsior, dove il lounge e ristorante Se.Sto, aperto anche agli ospiti che non soggiornano in hotel, regala un’atmosfera incantevole. Lo sguardo spazia sulle cupole e sui palazzi fiorentini mentre il sole tramonta nell’Arno. Un lusso che vale la pena concedersi. st-regis-hotel-florence.at-hotels.com
SALVATORE BIANCO: CARATTERE INNOVATIVO ED ELEGANZA PARTENOPEA
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l decimo piano del Romeo Hotel di Napoli si sale per un preciso motivo: passare una splendida serata. Che il tavolo sia sulla terrazza con vista sul Vesuvio e sul mare di Napoli o nell’elegante sala con arredi di design e il calore del legno scuro, la magia inizia subito e non si interrompe. Grazie alla cucina dello chef Salvatore Bianco, talento stellato Michelin, alla grande preparazione del maître e sommelier Mario Vitiello e ai piatti buoni, concreti e contemporanei ispirati dalle materie prime locali, tesori del mare e della terra a seconda delle stagioni. «Non perdo mai il contatto con il mare», spiega Salvatore Bianco, nato a Torre del Greco, che nel mondo ha sempre portato la tradizione campana nella sua cucina: riconoscibile e sempre in evoluzione. Dal gambero crudo con le sue zampe fritte, minimalismo e sapore, all’uovo cotto a bassa temperatura e celato nel piatto dalla spuma di patate e provola, consistenza ed eleganza. Piatto del cuore la Pasta spezzata con sugo di pesce. Un concentrato di mare con pasta mista minestrata cotta in un’estrazione di cefalopodi e pesci fatta a pressione, servita con una salsa di proteina di pesce ricavata dalle lische ed emulsionata con olio, estrazione di prezzemolo e salsa di
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Salvatore Bianco
anemoni di mare. Emozionante il Piccione in duplice cottura, di cui vengono utilizzate tutte le parti: un sapore assoluto. Proposte di grande gusto e bellezza, come quella che si percepisce guardando le luci del porto di Napoli attraverso le stesse finestre da cui l’armatore Salvatore Lauro controllava il traffico delle sue navi. Una vista che fa sentire tutti comandanti. romeohotel.it
FASCINO LIBERTY SUL LAGO DI COMO
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e parole fascino e atmosfera non possono essere definite a priori, si giunge a utilizzarle per un insieme di sensazioni e percezioni. Come accade al Grand Hotel Tremezzo sulla sponda del Lago di Como, alle porte di uno dei Borghi più belli d’Italia. L’architettura, il design, l’arredamento e i dettagli di un servizio impeccabile si uniscono a un’offerta gastronomica di altissimo livello, dove spiccano la storia della cucina nostrana con i piatti del maestro Gualtiero Marchesi e la contemporanea classicità delle proposte di mare di Giacomo, iconico indirizzo milanese che ha al Grand Hotel Tremezzo la sua “dependance”, proprio di fronte alla piscina Water on Water che galleggia sul lago. L’atmosfera riconduce agli inizi del ’900 quando l’hotel era amato dai viaggiatori del Grand Tour e, oggi come allora, qui ci si sente come personaggi di un romanzo. Al Grand Hotel Tremezzo, di proprietà della famiglia De Santis, è Valentina ad occuparsi della linea stilistica, coerente in ogni aspetto e di grande eleganza. Da non perdere la possibilità di gustare i piatti iconici di Marchesi, come il Dripping di pesce ispirato dall’arte del pittore statunitense Jackson Pollock. L’eredità gastronomica del grande cuoco è curata dalla stessa Accademia Marchesi e la cucina è nelle mani di Osvaldo Presazzi. Mentre il Lago di Como è lì a offrire scorci e
Grand Hotel Tremezzo
panorami suggestivi: Bellagio sulla sponda opposta e, a pochi passi dall’hotel, la meravigliosa Villa Carlotta, che risale alla fine del ‘600, con i suoi giardini botanici e le sontuose architetture. grandhoteltremezzo.com
ANDREA BERTON: CUCINA RAFFINATA CHE CONQUISTA OCCHI E PALATO
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l periodo non facile per la ristorazione non ha fermato la volontà e la passione dello chef Andrea Berton, che la scorsa estate ha portato la sua cucina e la sua brigata all’Hotel de Paris di Montecarlo e, successivamente, al Forte Village in Sardegna. Senza dimenticare la sua firma sul ristorante H2O, l’unico locale sottomarino alle Maldive, e il Berton al lago all’interno del Sereno Hotel a Torno (CO).
© Marco Scarpa
Andrea Berton
Una determinazione che caratterizza da sempre lo chef: sarà il carattere, è friulano di origine, sarà la formazione con il maestro Gualtiero Marchesi, ma Berton ha spalle larghe e grande tenacia. La sua cucina è sempre in crescita, con alti standard di eleganza e cotture raffinate che, unite a una creatività rigorosa, propongono sapori intensi e perfettamente declinati. La successione dei piatti conquista e affascina, dalla meravigliosa Lasagna di piccione al Riccio prezzemolo, pistacchio e rafano, che rende il palato felice per sapore e contrasto di temperature. La Quaglia arrosto, mais, mole al sesamo e platano è uno spettacolo per gli occhi, ancor prima che per la bocca. Servizio di sala di alto livello, una danza guidata dal direttore Gianluca Laserra, carta dei vini ottimamente composta e di intelligenza enologica, grazie alle scelte del sommelier Luca Enzo Bertè. A capo della brigata, lo chef di cucina Simone Sangiorgi. Se l’alta cucina è un’esperienza che coinvolge tutti i sensi, al ristorante Berton è esattamente così. E per la stagione invernale sono in arrivo nuovi piatti e sorprese: Andrea salirà anche al Super G di Courmayeur per portare il suo stile ai piedi del Monte Bianco. ristoranteberton.com 27
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© Giulia Parmigiani
LA VOCE DEGLI INERMI
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VINCENZO SALEMME È PROTAGONISTA DEL FILM CON TUTTO IL CUORE, UNA COMMEDIA DEGLI EQUIVOCI CHE METTE ALLA BERLINA LA SOCIETÀ di Gaspare Baglio
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a il suo lavoro con passione e riesce a illuminare palcoscenico e grande schermo in maniera artigianalmente professionale. Vincenzo Salemme è un attore che dovrebbe avere ancora più spazio di quello che ha, capace con la sua ironia (e malinconia) di disegnare e dar vita a personaggi che sono lo specchio della società. Mai volgare, tra un sorriso e l’altro ha la rara capacità di muovere i meccanismi del pensiero. Perché oltre alla comicità c’è di più, e il regista e interprete partenopeo ne è un fulgido esempio. Lo dimostra in particolare il suo ultimo film, Con tutto il cuore, nelle sale dal 7 ottobre, ispirato all’omonima opera teatrale dello stesso Salemme. La storia è quella di Ottavio Camaldoli, professore di latino e greco, onesto galantuomo, vittima di piccoli soprusi quotidiani. Per un caso del destino si trova a ricevere il cuore di un malvivente e, di colpo, quando la cosa diventa di dominio pubblico, l’opinione della società nei suoi confronti comincia a cambiare. Un film sulla percezione che le persone hanno di noi, quindi? Siamo spesso come ci vedono gli altri o, a volte, diventiamo quello che gli altri temono. La paura può nascere da un equivoco, come in questo caso: a Ottavio, il personaggio che interpreto, viene trapiantato il cuore di un delinquente e, nonostante sia un uomo mite, inizia a incutere timore. Ed è proprio questo l’aspetto che vorrei sottolineare del film. Cioè? Mi piace l’idea di descrivere l’uomo comune, quello che non ha voce: la persona perbene che lavora, paga le tasse, non alza la testa e il più delle volte, con disprezzo, viene apostrofata come “maggioranza silenziosa”. Uno di quelli che lo scrittore Premio Strega Emanuele Trevi chiama “gli inermi”. Per cui, quando viene calpestato da mille prepotenze, il protagonista si trova a subire il fascino del potere ed esce fuori un
piccolo uomo pieno di rancori. Come mai? È la vita a riempirci di acredini. Il problema grande dell’umanità è la realizzazione di se stessi, avere a che fare con gente non realizzata è molto complicato, ci rende infelici. Ti senti realizzato? Se guardo indietro, da dove vengo, mi sento realizzato. Ma con questa espressione non intendo raggiungere obiettivi, bensì essere il più vicino possibile a me stesso. L’essere umano si forma nei primi sette anni di vita e poi si trasforma con le relazioni. Basta non dimenticarsi di ciò che si è veramente. Credo, quindi, di essere in sintonia con la mia natura. Rancori? A tutti capita di non sentirsi apprezzati, di fare dei gesti quando nessuno li vede. Anche il mondo dello showbiz non è più così perbene… Secondo me, nella società, sta svanendo la figura dell’artista. Che cos’è per te? Qualcuno che crea lo stupore, con un quadro, un’interpretazione, una scultura, una musica. Quando andiamo a vedere le opere di Van Gogh o Michelangelo vediamo una maestria ormai sconosciuta: non si fa più l’arte in questo senso, con quella luminosità. Perché non si riesce a fare la musica di Freddie Mercury e mancano attori e attrici che, se chiudiamo gli occhi, riconosceremmo solo dalla voce?
Che risposta ti sei dato? Credo che faccia parte della cultura di una comunità, è il segnale che sta diventando evanescente. Gli artisti sono il manifesto della società. Abbiamo bisogno dell’umanità dei personaggi. Bisogna liberare il talento in tutti i campi. Il cinema non può essere solo di regia, ci vogliono anche grandi interpreti, quelli che fanno sognare. Per questo hai deciso di tornare anche al teatro? Sì, sono protagonista di uno spettacolo dal titolo Napoletano? E famme ’na pizza!. Gioca sui cliché della cultura partenopea. Noi abbiamo il peso di essere napoletani, c’è tutto un immaginario: ci pensano simpatici, geniali, furbi, un po’ landruncoli, tifosi del Napoli, mangiatori di pizza e capitone. A volte, poi, sono proprio i miei concittadini a mettermi sotto esame: quando scoprono che vivo a Roma restano sbalorditi e allora, per giustificarmi, li rassicuro confermando che abito pure a Napoli (ride, ndr). Ti senti sottovalutato? Prima me la prendevo, ora non più. A teatro raggiungiamo numeri spaventosi e gli spettatori ci danno belle conferme. Quando alcuni giornalisti o colleghi pensano o affermano con disprezzo che non faccio spettacolo ma intrattenimento, penso che queste cose non facciano bene né a chi le dice né al pubblico, che invece mi riempie di complimenti meravigliosi. A volte ho come l’impressione che il mio lavoro venga considerato in qualche modo minore. Ma le cose minori non esistono, esistono solo cose fatte bene o fatte male. vincenzosalemmeofficial vincenzo_salemme_official
Vincenzo Salemme e Serena Autieri nel film Con tutto il cuore
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WHAT’S UP
SULL’ALTRA SPONDA NEL NUOVO ALBUM, NATURE, ERICA MOU CANTA LA VOGLIA DI ANDARE AVANTI ANCHE QUANDO FA PAURA di Gaspare Baglio
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© Luca Bellumore
a pandemia ha rallentato il lavoro, la possibilità di spostarsi, anche l’umore nel pubblicare un disco. La mia creatività è stata spalmata su altro: ho scritto il libro Nel mare c’è la sete, mi sono dedicata a scoprire l’universo dei podcast. E volevo far decantare questi pezzi. Avevo bisogno di prendere un altro respiro». Erica Mou spiega così l’assenza lunga quattro anni prima del nuovo disco Nature in cui, con la solita grazia compositiva, oltre che in italiano, si cimenta anche con l’inglese e il dialetto pugliese della sua Bisceglie (BT). Un lavoro nato a Londra che, grazie a contaminazioni estese, delinea i comportamenti degli esseri umani. Il disco si apre con Fuori dal letargo. Un risveglio post lockdown? In realtà ho raccontato il torpore dei miei sensi, della mia adolescenza e
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del modo di sentire la musica. È stata ed è la cosa più importante, ma mi ha fatto mettere i paraocchi sul resto della vita: sono stata sotterrata in una stagione sola, quando tutto intorno c’è altro da scoprire. Come nasce, invece, il brano Lo zaino sul treno? Sono affascinata dai depositi degli oggetti smarriti, vorrei passare una giornata in uno di quei luoghi per vedere cosa la gente dimentica sui treni. Una dimenticanza significa non dare valore a un oggetto. E infatti il simbolo di quello che scordiamo è l’ombrello: ne rifiutiamo l’esistenza perché vorremmo ci fosse sempre il sole. Mi sono chiesta, allora, cosa stavamo dimenticando sul treno, ma come generazione. E hai scoperto che cos’è? Il cuore, la capacità di empatizzare
con gli esseri umani. È un’attitudine solo nostra, come specie, e per questo una delle più trascurate. La nostra specificità è amare e la canzone è un invito a riappropriarci del nostro sentire. Hai inserito una cover del pezzo Sono una donna, non sono una santa di Rosanna Fratello. Come mai? Questo brano ha 50 anni e sull’immagine della donna c’è ancora tanto lavoro da fare. Nel suo piccolo, ha segnato un cambiamento nel modo di cantare la donna: è come l’uomo, di carne, è fragile nel corpo, oltre che nella mente. Ma la strada è lunga. La canzone che rappresenta l’album? Sono due, Sul ponte e Fuori dal letargo. Raccontano premesse e promesse di questo lavoro: la resistenza e la necessità di riabbracciare la natura e continuare ad andare verso l’altra sponda del percorso, anche quando fa paura. Sono i brani programmatici del disco. Autunno di live? Ci stiamo lavorando, guardando che cosa succede nel mondo. Seguiamo il flusso degli eventi, le cose devono stare nel loro tempo, perché tutto sia più nitido. Noi siamo pronti a partire. ericamou
A CENA CON CRACCO
di Gaspare Baglio
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gasparebaglio
iego Abatantuono, Fabio De Luigi, Pierfrancesco Favino, Sabrina Ferilli, Luciana Littizzetto e Valerio Mastandrea. Non è il cast di una commedia da grande schermo, ma quello del nuovo food travelogue targato Amazon Prime Video: Dinner Club. I sei attori accompagnati dallo chef stellato Carlo Cracco partono per un viaggio che ha un solo obiettivo: scoprire se siamo in grado di assaporare davvero il cibo e se è ancora possibile condividere la buona tavola in compagnia. Il format mixa la cultura culinaria italiana con la scoperta di luoghi e personaggi del Paese. Le sole caratteristiche richieste sono quelle di amare gli spostamenti, la convivialità e, ovviamente, il cibo. In ogni episodio si va a scovare una destinazione originale, attraversandola a bordo di un mezzo di trasporto sempre differente. Una volta tornato a casa, ogni viaggiatore deve mostrare quanto ha appreso preparando una cena per gli altri membri del Dinner Club con ingredienti e tecniche scoperti durante la visita. E qui parte la sfida in perfetto Cracco style. Ne parliamo proprio con la star del food, pronto a un ruolo inedito dopo il successo di MasterChef.
Cosa differenzia Dinner Club dagli altri programmi tv dedicati alla cucina? Innanzitutto, non è un programma di cucina. E come lo definiresti, allora? Un viaggio il cui filo conduttore è il food, ma che ha all’interno storie, paesaggi, territori. Da dove nasce l’idea del format? Dalla mia voglia di esplorare un lato del cibo che, spesso, non viene mostrato. Entriamo nelle case delle persone e quindi il racconto si fa più completo. È un programma che ha un’identità forte e, allo stesso tempo, mette al centro il viaggio. Con Dinner Club approfondiamo tutto quello che offre un territorio. Che Italia hai trovato? Un Paese stupendo che, forse, non abbiamo mai visto prima. Cerchiamo di mostrare le persone, i prodotti, chi li fa e come sono, senza un canovaccio da seguire, lasciandoci guidare da ciò che ogni luogo può rivelare e ispirare. I piatti che ti sono rimasti nel cuore?
I culurgiones sardi, le polpette assaggiate in Sicilia, una torta particolare scoperta in Basilicata. Ce ne sono tantissimi, non li ricordo tutti. Un aggettivo per ognuno dei tuoi compagni di avventura? Ferilli è dirompente, Mastandrea timoroso, De Luigi il più inaspettato. Abatantuono ha tirato fuori la sua dolcezza, mentre Littizzetto è stata, ovviamente, polemica, mettendo sempre in dubbio tutto. Poi c’è Favino, che ha davvero una fantastica capacità di adattamento. Quindi hai conosciuto un po’ meglio questi attori italiani… Sì, qualcuno lo avevo già incontrato, ma in questo caso ho avuto il privilegio di trascorrere tanti giorni insieme a loro. Lo spirito del viaggio è quello di lasciarsi un po’ andare, scoprire quello che succede e confrontare le proprie esperienze. ChefCarloCracco carlocracco
© Amazon Studios
LO CHEF STELLATO È PROTAGONISTA DI DINNER CLUB, IL NUOVO SHOW DI AMAZON PRIME VIDEO. CON LUI SEI STAR DEL CINEMA, DA FAVINO A FERILLI
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UN TRENO DI LIBRI
Invito alla lettura di Alberto Brandani [Presidente giuria letteraria Premio Internazionale Elba-Brignetti]
In viaggio con il Prof
L’ULTIMO LENZUOLO BIANCO L’EX CAPITANO DELL’ESERCITO, FARHAD BITANI, METTE NERO SU BIANCO IL VERO VOLTO DELL’AFGHANISTAN
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i rimane appesi al racconto del giovane Farhad, dalla prima all’ultima parola. Si respira un bieco fondamentalismo, assistendo alle infinite brutalità quotidiane come se ci trovassimo accanto a lui. Si vivono con trasporto le mille domande che si pone il protagonista nel corso della sua crescita, su cosa sia giusto e ingiusto, santo e infedele. Si percepisce che in lui è naturalmente presente il rispetto per la dignità e i diritti umani, nonostante la sua quotidianità sia colma di scempiaggini compiute dai suoi amici e parenti. Quest’abitudine alla cattiveria porta Farhad a non essere subito consapevole della sua “umana diversità”, anzi, ad averne inizialmente timore. La figura della madre e la sua saggezza sono fondamentali per la sua formazione. Ritrova in lei tutti i suoi valori: dignità, altruismo, gentilezza, forza. «“Chi è buono, e chi è cattivo?”. Mia madre si avvicinò, scostandomi i capelli dalla fronte: “Non esiste il buono e il cattivo, Farhad. Esiste il cuore dell’uomo. Se hai il cuore buono, non diventerai mai del tutto cattivo. E se anche il cuore più buono dovesse diventare nero a causa della violenza in cui ha vissuto, ricorda, c’è sempre un punto bianco in esso. Quel punto bianco che permette all’uomo di recuperare la sua bontà”. La mano di mia madre scese sino a posarsi sul mio petto, là dove batteva il mio cuore. “È a questo che devi pensare, quando sei in dubbio. Al punto bianco nel tuo cuore”». Imbottito di precetti dalla scuola coranica, il giovane trova estrema difficoltà a
comprendere la giusta via e solo dopo aver studiato in Italia e aver vissuto in una realtà in cui i diritti delle donne e la loro dignità vengono rispettati, dove non si vive nel terrore e si accettano rispettosamente le diversità, si rende conto che la religione è solo uno strumento usato dai talebani per imbavagliare le coscienze e ottenere il potere assoluto. Ignoranza, povertà e abuso di violenza sono il veleno che da anni paralizza l’Afghanistan e il suo popolo. Una volta di più comprendiamo quanto l’istruzione e la cultura siano l’unico baluardo contro il fondamentalismo e la dittatura e quanto sia necessario, indispensabile per ogni giovane, confrontarsi con il resto del mondo, per mantenere la pace e prosperare economicamente. L’Afghanistan è sempre sfuggito alla cattura dell’Occidente, che l’ha illuso con venti di democrazia, ma è rimasto stretto in una morsa tenace, quella dei mujaheddin, poi dei talebani, poi della nuova Al Qaeda: nomi diversi di uno stesso modo di agire e pensare. Sono 40 gli Stati che inviano miliardi di fondi umanitari nel Paese, intascati dai gruppi fondamentalisti al potere e sperperati, mentre la gente comune resta sopraffatta e impaurita, perché priva di mezzi. La ripetizione ossessiva, strumentale e distorta del Corano, la spettacolarizzazione delle esecuzioni pubbliche accoppiata alla convinzione che sia una pratica “giusta e santa”, l’assenza di fonti di informazione e di divertimento hanno impedito al popolo una capacità e una libertà di giudizio, fino a disumanizzarlo del tutto.
Farhad, in questa intervista autobiografica, ha raccontato l’Afghanistan per quello che è. Non ha ceduto a facili sentimentalismi, come tanti fanno nei loro romanzi; non ha raccontato nulla che non sia vero. Il suo è un Paese dove i giovani non hanno mai conosciuto la pace, dove i bambini parlano il linguaggio delle armi, della guerra, della morte. Un Paese in cui la democrazia, nei momenti migliori, è solo una facciata, e dopo le sei del pomeriggio non si può uscire da Kabul. A 20 chilometri dalla città comandano i talebani con la loro bandiera bianca.
Neri Pozza, pp. 208 € 17 Questo volume è stato scritto nel 2012 e pubblicato nel 2020. Una fotografia che aiuta a comprendere le vicende di oggi senza essere un instant book. 33
UN TRENO DI LIBRI
[...] Prima di essere catturato e imprigionato dai mujaheddin, mio padre era un generale dell’esercito del dottor Mohammad Najibullah Ahmadzai, il quarto e ultimo presidente della Repubblica Democratica dell’Afghanistan. Nel 1986, quando fu eletto, Najibullah avviò una riforma dello stato, con una nuova costituzione che prevedeva il pluralismo dei partiti, la libertà di espressione e un sistema giudiziario indipendente. Laureato in medicina – si diceva che il suo sogno giovanile fosse quello di diventare un chirurgo – non esercitò mai la professione medica, favorendovi la carriera politica. Non possedeva una casa, non viaggiava su auto blindate, aveva una scorta di pochi uomini. Sua figlia, Moska, frequentava la scuola pubblica. La moglie di Najib era un’insegnante. Tra le sue alunne, una delle mie sorelle. Una mattina, singhiozzando, mia sorella cercava di rifarsi le trecce che qualcuno, per scherzo, le aveva scompigliato. O forse era stato il vento di Kabul, che di punto in bianco si alza e si mette a soffiare con vigore, scuotendo, scomponendo, rivelando l’intima precarietà delle cose. Quando la maestra arrivò e si accorse delle sue lacrime, prese mia sorella sulle ginocchia, la pettinò e le intrecciò i capelli con la cura di una madre. «Quella era democrazia» avrebbe detto mia sorella, qualche anno dopo. «La moglie del presidente che aggiusta i capelli a una bambina che piange». [...] I proiettili, per noi ragazzini, erano giochi ambiti. Un giorno, mentre scorrazzavo con i miei amici davanti a casa, vidi arrivare una macchina militare. Accostò dall’altro lato della strada, le portiere si spalancarono e ne scesero quattro uomini armati assieme a una ragazzina di circa dodici anni. Le sue urla riempirono il silenzio e io interruppi il gioco, fermandomi a osservarli. Vidi i quattro uomini trascinarla, mentre lei si divincolava e invocava aiuto; quando inciampò e cadde, la 34
rimisero in piedi strattonandola per i capelli e la condussero dietro un angolo della strada. Vorrei poter dire di essere rimasto sconvolto, dinnanzi a una scena del genere. Vorrei poter dire di essere intervenuto in aiuto di quella povera ragazza. Ma la verità è che quelle urla, quella disperazione, mi lasciarono del tutto indifferente: ero abituato a scene del genere. Ero abituato agli uomini che violentavano le donne e le minorenni per la strada, davanti agli occhi di tutti. Ero abituato all’orrore, che non era nemmeno più orrore: era normalità. Tuttavia, ero curioso, così mi avvicinai. Svoltato l’angolo vidi i quattro uomini abusare a turno della ragazzina. Le avevano sollevato le vesti e la tenevano schiacciata contro il muro. Lei aveva smesso di dibattersi e dai suoi occhi sbarrati cadevano lacrime silenziose. Uno di loro, voltandosi, mi lanciò un’occhiata minacciosa. «Sparisci, moccioso». Fece un passo avanti e sollevò una mano, pronto a colpirmi. Venne fermato appena in tempo da uno dei suoi compagni, che gli bloccò il braccio. «Non toccarlo! Sei impazzito? È il figlio del generale!» L’uomo abbassò la mano, senza distogliere lo sguardo dal mio. Non poteva correre il rischio che denunciassi il suo gesto a mio padre, così prese il
suo kalashnikov e mi diede un proiettile. «Tieni, da bravo, vai a giocare». Mi allontanai di corsa, il proiettile stretto nel palmo sudato. In quel momento, quel proiettile valeva più di una donna violentata. [...] Seyar mi afferrò il braccio, strattonandomi: «Guarda quell’infedele!» gridò, in preda a una rabbiosa eccitazione. «Muori, infedele! Oggi avrai quello che meriti!» esclamò, esortandomi alla medesima esaltazione. Ma la mia gola era secca, e quando, con poca convinzione, gridai: «A morte gli infedeli», la voce era rauca, poco più di un sussurro. I due pick-up fecero lentamente il giro del campo, mentre sulle gradinate alcuni talebani armati di fruste aizzavano la gente a esultare, poi si fermarono al centro dello spiazzo. Due talebani fecero scendere la donna dal cassone, ma pareva avessero tra le mani un sacco vuoto. Ogni volta che, strattonandola, la rimettevano in piedi, lei si accasciava a terra. Sembrò animarsi solo quando nel campo entrò un uomo che teneva per mano due bambine di nemmeno dieci anni. Camminava con passo deciso, e sembrava stringere le due manine in una morsa. Qualcosa si bloccò nel mio respiro quando mi resi conto che do-
Due donne e una bambina in burqa camminano in un cimitero vicino a Kabul, in Afghanistan © timsimages.uk/Adobestock
BRANI TRATTI DA L’ULTIMO LENZUOLO BIANCO
veva trattarsi del marito della donna, e che quelle erano le sue figlie. Le aveva condotte ad assistere alla lapidazione della madre adultera. Indietreggiai di un passo, ma alle spalle avevo una folla dallo sguardo infervorato che invocava a gran voce la punizione per quella peccatrice. Le loro urla erano terribili, avrei voluto tapparmi le orecchie e chiudere gli occhi, ma Seyar di nuovo mi afferrò il braccio e mi costrinse a guardare. Eravamo lì per quello, del resto. Un talebano sciolse la donna e le diede una spinta nella schiena, la gettò verso le sue figlie per un ultimo saluto. La donna, inginocchiata a terra, allargò le braccia, e le bambine si gettarono in quell’abbraccio, i volti pallidi e rigati di lacrime. Le strinse a sé singhiozzando, baciando febbrilmente le loro guance, le piccole mani. Il padre, poco distante, aveva uno sguardo duro, inflessibile, senza la minima traccia di dolore. Le urla che si levarono dal campo quando le guardie separarono la madre dalle sue figlie non le potrò mai dimenticare, fu rumore di cose strappate, di bestie ferite a morte che lanciavano un ultimo lamento. Percorse le gradinate e, per qualche secondo, spense ogni rumore. Forse quell’urlo disperato, per pochi istanti, ricordò a chi era presente su quegli spalti che l’umanità era ormai cosa perduta. Ma non durò che un attimo, quello dopo i talebani stavano strascinando la donna verso una delle buche. La gettarono dentro mentre un terzo pick-up faceva il suo ingresso nello stadio: era colmo di pietre. Le bambine continuavano a gridare, a chiamare la loro mamma, ma ora le loro deboli voci erano coperte dalle ovazioni provenienti dagli spalti. Il primo a lanciare una pietra fu il marito della donna. Dopo averne soppesate alcune tra le mani, scelse la più grossa dal mucchio. Un silenzio improvviso e irreale invase lo stadio, mentre l’uomo, ad alta voce, augurava l’inferno a sua moglie e le scagliava la pietra contro. La colpì a una spalla e le ossa fecero un rumore secco. La poveretta emise un urlo straziante. Ottenuta la sua vendetta, il marito si ritirò a metà campo, dove riprese per mano le figlie e le costrinse a guardare. Al-
© Ali Magsi/Adobestock
Un assaggio di lettura
Un ragazzo senzatetto afghano
lora, e solo allora, il pubblico si fece avanti. Tutti erano ansiosi di scagliare una pietra e lavare, così, i propri peccati. Ma non si trattava solo di questo. Guardando le loro espressioni invasate, bestiali, disumane, in quel momento mi resi conto che in quello stadio si stava autorizzando, in nome di Allah, il più basso e bieco degli istinti: quello di privare un altro essere umano della vita. Eppure, tutti loro avevano una madre, forse una figlia, una sorella, una moglie. Come potevano, la sera, tornare nelle loro abitazioni e guardarle negli occhi? Pensai a mia madre, la immaginai nella nostra casa, intenta a rammendare vestiti, ignara di tutto. E se, al posto di quella donna, ci fosse stata lei in quella buca, bersagliata di pietre? Il solo pensiero fu sufficiente a farmi provare un brivido gelido, a farmi sentire le gambe molli. Mia madre mi aveva proibito di andare allo stadio perché sapeva a cosa avrei assistito, lei sapeva. Io, invece, avevo creduto di andare a divertirmi e ora avrei dovuto convivere con quelle immagini per il resto della mia vita; le urla di quella donna e delle sue bambine non me le sarei mai più tolte dalla mente, mi avrebbero perseguitato, come fantasmi, nell’ora più buia della notte, quella in cui non si può sfuggire ai propri pensieri.
Prima di allora non avevo mai provato sensi di colpa: mi avevano inculcato in testa che vi era una giustizia divina nelle punizioni, dunque trovavo giusto che i peccatori pagassero il prezzo dei loro misfatti e non vedevo l’ora di essere abbastanza grande per poter lanciare pietre contro donne adultere, poiché ai bambini della mia età non era consentito farlo, ma solo guardare. Quel giorno, per la prima volta, qualcosa cambiò. Provai un disagio tale da non poterlo sopportare, era come avere una coperta bagnata addosso e non riuscire a scrollarla via. Gettando rapide occhiate attorno a me, tuttavia, mi resi conto di essere l’unico. [...] Un giorno vennero a chiamarmi alcuni amici: «Vieni», mi dissero, «c’è una festa a casa di Haji Ahmad, ci divertiamo». Haji è il titolo che acquisisce un musulmano dopo aver fatto il pellegrinaggio alla Mecca. Alle sette arrivammo nella villa di Haji Ahmad, nel quartiere di Wazirak Bar Khan a Kabul, una zona residenziale per ricchi, dove hanno sede anche il palazzo del governo e diverse ambasciate. In giardino c’erano gli uomini della scorta, numerosi e armati fino ai denti. L’immenso salone era pieno di giovani, tutti figli di mujaheddin. Salu35
UN TRENO DI LIBRI
Un assaggio di lettura
tai quelli che conoscevo con un abbraccio, come si usa da noi. Ad animare la serata era stato chiamato un cantante famoso, Feroz Kondozi, spesso ingaggiato per feste private di quel genere. Il suo compenso era di duemila dollari. Gli invitati, circa duecento persone, sedevano per terra, illuminati da una luce cruda, violenta. Erano tutti armati, perché in Afghanistan, se non sfoggi una pistola, non sei degno di rispetto. Avevo anch’io una pistola russa Makarov, che tenevo in bella vista. Il padrone di casa, un ragazzo di ventiquattro anni, prese la parola per dare il benvenuto, annunciando di avere portato due ragazzini dalla città di Mazar per il divertimento dei suoi ospiti. Il musicista intonò un canto, accompagnandosi con una danbora, la chitarra tradizionale afghana. Dopo qualche istante, nel salone entrarono due bambini vestiti con abiti lunghi, di fattura femminile. Avevano i volti truccati, gli occhi bistrati di nero e le labbra rosso ciliegia. I vestiti erano a fiori, le gonne lunghe, i sonagli alle caviglie. Si muovevano al ritmo della musica, aggraziati, con sguardi persi. Uno dei due non arrivava a dieci anni, l’altro ne poteva avere al massimo dodici.
Mentre i ragazzini ballavano, gli invitati iniziarono a lanciare in aria banconote, eccitati, gridando volgarità. A disagio, provai a comportarmi nello stesso modo. Frugai nelle mie tasche alla ricerca di denaro da buttare ai piedi di quei poveri bambini, sentendomi morire. Avrei voluto fuggire, ma non potevo farlo: sarei stato giudicato una femminuccia, tutti mi avrebbero deriso. Così mi limitai a indietreggiare, fino ad avere le spalle addossate alla parete. Attorno a me gli amici sembravano trarre godimento da quella brutale crudeltà, tra sguardi lascivi e urla di piacere. «Muovete di più il culo!» ordinavano alcuni, dando sorsate alle bottiglie di vodka. Tutta la stanza era impregnata di fumo di hashish. Io ero impietrito. Pensavo ai loro padri, che predicavano gli insegnamenti dell’Islam, con le lunghe barbe simbolo di grande fedeltà a Dio. Era tutta una menzogna e in quel momento, più che mai, gli insegnamenti del nonno Molawi Tarakhel mi pesavano sul cuore. Ma non riuscivo a uscire da quella situazione. Stare al gioco mi garantiva troppi privilegi, e io faticavo a farne a meno. [...] Un giorno accompagnai mio padre
© AFP via Getty Images
Combattenti talebani su un veicolo lungo la strada di Kandahar, il 13 agosto 2021
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all’ambasciata venezuelana. All’entrata mi irrigidii e smisi di parlare: diventai pallido e cominciai a sudare. Mio padre mi guardò perplesso, senza capire cosa mi stesse accadendo. «Farhad, stai bene? Che cos’hai?» «Ma non le vedi le bandiere bianche?» balbettai, impietrito dall’orrore. «Sono dappertutto! I talebani sono arrivati anche qua!» Mi sentivo le gambe molli mentre un terrore sordo si faceva strada in me. Nel mio paese le bandiere bianche hanno un solo significato: morte. Sono il simbolo dei talebani, è il loro marchio, il modo in cui segnano il territorio come bestie feroci. Non potevo sapere che in Italia, e negli altri paesi del mondo, la bandiera bianca ha un significato completamente diverso. «Qua il bianco significa pace, non sono i talebani» disse mio padre, per tranquillizzarmi. «Sono bandiere di pace, per questo motivo sventolano fuori dai palazzi diplomatici». Le sue parole aprirono scenari nuovi tra i miei pensieri. Mi fecero riflettere sui simboli e il loro valore. Un banale colore poteva variare il suo significato a seconda della cultura, a seconda degli occhi che lo guardavano. Tutto ciò mi incuriosiva e mi confondeva allo stesso tempo.
Lo scaffale della Freccia
a cura di Alberto Brandani
RANDAGI Marco Amerighi Bollati Boringhieri, pp. 400 € 18 Pietro Benati aspetta di scomparire. A quanto dice sua madre, sulla loro famiglia grava una maledizione: prima o poi tutti i Benati maschi tagliano la corda. Un romanzo sulla giovinezza e su quei fragilissimi legami nati per caso che nascondono il potere di cambiare le nostre vite. L’affresco di una generazione ferita, delusa e sradicata dal mondo, ma non ancora disposta a darsi per vinta.
LA LADRA DI PAROLE Abi Daré Editrice Nord, pp. 368 € 18 A Ikati, villaggio nel cuore della Nigeria, il destino delle donne è segnato: passano l’infanzia a occuparsi della casa e dei fratelli più piccoli, vanno a scuola solo per imparare a leggere e scrivere e poi vengono date in moglie al miglior offerente. Ma la 14enne Adunni ama studiare, scoprire parole nuove per dar voce ai propri pensieri, per capire il mondo e immaginare un altro futuro.
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I QUADERNI BOTANICI DI MADAME LUCIE Mélissa Da Costa Rizzoli, pp. 295 € 18 Amande ha solo voglia di stare nella sua nuova casa nella campagna francese di Auvergne. Sola, nella penombra, lasciando fuori l’estate piena di sole e il mondo che nelle ultime settimane le ha inferto un dolore senza fine. Finché, in uno di quei giorni spenti e tutti uguali, trova degli appunti di Madame Lucie, la vecchia proprietaria di casa, sulla cura del giardino. Per la giovane è un nuovo inizio. S.G.
CAPITAN AMERICA - I PRIMI 80 ANNI AA. VV. Panini Comics, pp. 224 € 26 Ideato dai maestri del fumetto Joe Simon e Jack Kirby, la Sentinella della Libertà, simbolo moderno di giustizia e coscienza critica, celebra i suoi primi 80 anni con un volume che ne ripercorre la storia: dalla sua creazione ai giorni nostri, con racconti approfonditi e illustrazioni incredibili tratte dagli archivi Marvel. Un viaggio imperdibile ricco di aneddoti, rarità e curiosità. G.B.
PROMETTO CHE TI DARÒ IL MONDO Giulia Lamarca De Agostini, pp. 336 € 16 Giulia ha 19 anni. Dopo un incidente, la sua compagna di viaggio diventa la carrozzina. E lei comincia a cambiare punto di vista sul mondo. Il giovane Andrea, tirocinante fisioterapista, con tenacia e dolcezza la convince a partire insieme per l’Australia. Il loro legame cresce viaggio dopo viaggio. E l’autrice racconta la sua storia di amore, perseveranza e libertà. G.B. 37
Lo scaffale ragazzi a cura di Claudia Cichetti
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MANCO PER SOGNO Beatrice Alemagna Topipittori, pp. 48 € 18 (da 5 anni) I genitori di Pasqualina, una piccola pipistrella, sono alle prese con una figlia che si rifiuta di andare in classe: «Manco per sogno», grida a squarciagola. Fino a quando, con un geniale cambio di prospettiva, l’autrice trasforma mamma e babbo nei piccoli che devono frequentare la scuola. Loro ci vogliono andare tutti i giorni e, quindi, il problema di Pasqualina diventa quello di dover lasciare i genitori a casa.
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OLLE Guus Kuijer, disegni Thé Tjong-Khing Camelozampa, pp. 128 € 12,90 (da 8 anni) Se hai un cane parlante devi fare attenzione, gli altri non ci crederanno e ti prenderanno per matto. La storia vera dell’amatissimo Olle, il quadrupede amico dell’autore, un animale speciale che sa parlare, come è normale credere da bambini o tra adulti che non hanno dimenticato la propria infanzia. Una volta entrati nel mondo di Olle non si può fare a meno di seguirlo nelle sue avventure.
L’INFERNO SPIEGATO MALE Francesco Muzzopappa, disegni Daw De Agostini, pp. 304 € 14,90 (da 11 anni) Il viaggio più famoso della storia, quello nella Selva oscura, lungo cerchi, gironi e bolge, diventa un’avventura appassionante e spassosa. L’Inferno e i suoi personaggi sono presentati con vignette spiritose e approfondite attraverso giochi interattivi da completare In occasione dei 700 anni dalla morte di Dante, un libro-game per familiarizzare, divertendosi, con la letteratura del Divin Poeta. S.G.
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andrearadic2019
Da sinistra, il giornalista Paolo Marchi con lo chef Carlo Cracco durante Identità golose
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io padre mi avrebbe voluto sportivo, un atleta, e mia mamma bello. Ma mi è sempre piaciuto mangiare, ero la soddisfazione di parenti e amici che mi invitavano a pranzo: mentre gli altri si fermavano, io assaggiavo tutto e curiosavo in cucina». Una curiosità che tutt’ora divora l’ani-
ma di Paolo Marchi, deus ex machina del giornalismo enogastronomico e fondatore, insieme all’imprenditore Claudio Ceroni, di Identità golose, congresso mondiale della gastronomia che ha chiuso da poco la 16esima edizione. Dal 2019 Marchi è anche un volto televisivo: è stato lui, e ne è molto felice, a mostrare gli chef al vastissimo pubblico di Striscia la notizia. «Ero certo che Antonio Ricci amasse la buona tavola, è stato naturale proporgli di raccontare nel suo programma i piatti dei grandi cuochi. Sono orgoglioso di aver portato la cucina stellata in una trasmissione popolare di altissima audience, per far capire il lavoro che c’è dietro e la fatica che si fa per raggiungere certi risultati. Bellissimo mondo quello di Striscia», sottolinea Paolo. Quando è scattata la passione per il tuo lavoro? Avevo tre passioni: il giornalismo, la fotografia e la cucina. Ma quando un padre, come era il mio, conosce tutti, scatta subito l’ansia da prestazione. Gli dissi che amavo la fotografia e mi fece incontrare Oliviero Toscani, che tra l’altro mi stroncò precisando che non avevo tecnica. Un giorno ho affermato che mi piaceva lo sci e mi sono ritrovato sullo Stelvio dove si allenava la Nazionale. Ma nel mondo della cucina, a parte le cene con Ottavio Missoni, le conoscenze di mio padre erano meno vaste, così ci provai per non sentirmi in gara. Alfredo Valli, grande cuoco, mi avrebbe preso per un anno, a pelar patate. Ma è un mestiere durissimo, si lavora sempre in piedi, senza contare l’ansia di riempire il ristorante e la gelosia di chi prende la stella Michelin senza che tu abbia riconoscimenti. Così iniziai la mia gavetta nel giornalismo sportivo, al Corriere della Sera, per tornare poi a scrivere di cucina. Quanto conta la curiosità per un giornalista? È la leva del mestiere. Lo è stata nei miei 30 anni al Giornale e lo è tutt’ora. Un aneddoto: era il 1981 quando l’avvocato Gianni Agnelli subì un grave incidente sciistico a St. Moritz che gettò i giornali nel panico. Scoprimmo solo la settimana successiva che una collega era stata testimone oculare
di quanto accaduto. Le chiedemmo perché non ne avesse scritto e rispose che era in ferie. Ecco, se manca lo spirito del giornalismo è tutto inutile. Serve curiosità anche per scoprire i migliori chef, per anticipare gli altri e capire se oltre il talento c’è la testa. Il giudizio dev’essere il tuo, non della guida Michelin che, a volte, sottovaluta le capacità, come nel caso di Riccardo Camanini o Antonia Klugmann. Cosa ti incuriosisce della cucina degli altri Paesi? Quando avevo 18 anni le scelte etniche erano la mozzarella di bufala o il pesto, e dovevi viaggiare per assaggiare questi prodotti. Oggi la globalizzazione consente di gustare tutte le specialità del mondo, anche se l’omologazione appiattisce. Tanti giovani cuochi non conoscono le cucine regionali italiane e copiano invece, per moda, celebri chef sudamericani o scandinavi. Se sei italiano devi conoscere la storia culinaria del Paese. La pasta non è nostra, come il riso, ma ne abbiamo inventato la cottura al dente. Poi con logica puoi anche inserire ingredienti del resto del mondo, per aggiungere forza e struttura. La cucina italiana è una questione culturale ed emotiva che prende forza dalle origini casalinghe e dalle trattorie. L’alta cucina è un fatto più recente, dove non sempre il prezzo più alto determina la migliore qualità, o viceversa. Da giornalista sportivo hai narrato le gesta di grandi campioni. Ti occupi ancora di questo settore? Qualche anno fa ho provato a seguire una gara di sci a Madonna di Campiglio, ma non mi sono riconosciuto, troppo show business. Negli anni ’80, allo stadio comunale di Torino, Giovanni Trapattoni accoglieva i giornalisti appoggiato alla porta dello spogliatoio, dove si entrava per parlare con i giocatori. Era tutto molto più umano. A Roma, Paulo Roberto Falcao ti spiegava le tattiche utilizzate in campo mentre si rilassava nella sua jacuzzi. Carl Lewis lo intervistai in un motel all’imbocco dell’autostrada Milano-Genova, dove alloggiava, dopo un meeting di atletica dove aveva raggiunto risultati pazzeschi. Insomma, se nasci in un’epoca ne sei figlio. Oggi c’è troppa omologazione, anche nel
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© onstagestudio.photo
IN VIAGGIO CON
Paolo Marchi e Claudio Ceroni
giornalismo enogastronomico: manca l’identità. Capita di veder uscire testate diverse con lo stesso articolo, che parla degli stessi piatti, persino con le stesse foto. Un minimo di fantasia, insieme a un reale spirito critico, non guasterebbe. Certo è difficile quando chi si occupa della comunicazione di un ristorante ne scrive anche la recensione. Com’è nato il congresso internazionale di chef Identità golose? Partecipando a Lo mejor de la gastronomia, organizzato in Spagna da Rafael García Santos, ho visto i nostri grandi cuochi in platea, quasi delle comparse rispetto all’evento. Stessa cosa a Madrid Fusion, altra celebrazione nazionale. Era necessario portare l’Italia al livello che merita in questo settore. Identità golose è nata così, con Ceroni abbiamo voluto reagire per dare ai cuochi italiani una casa dove esporre le proprie idee. A Milano vengono moltissimi chef stranieri a portare testimonianze importanti, ma la matrice è italiana. Oggi esiste anche Identità golose hub. Di che cosa si tratta? È uno spazio che propone la rotazione dei migliori chef del nostro Paese consentendo di degustare i loro piatti nel centro di Milano. Un vantaggio anche per la città. Un luogo che mi 42
consente di ritrovare la mia passione per i fornelli, anche se non so ancora preparare la maionese. Tuo figlio segue le orme del padre? Ama questo settore, ma senza favoritismi. È diventato cameriere a Identità golose hub dopo aver superato il colloquio con il responsabile del personale. Dobbiamo imparare dagli americani: nella famiglia Ochs, proprietaria del New York Times, hanno cominciato tutti pulendo le rotative. Il miglior cuoco di sempre? Nel corso del tempo Marie Antoine Carême, Auguste Escoffier e Gualtiero Marchesi. Oggi Ferran Adrià, Nadia Santini, che incarna la tradizione italiana portata avanti dalle donne, e
Massimo Bottura, che ha portato l’Italia nel mondo. Qual è il profumo della tua infanzia? Quello della cotoletta alla milanese chiamata Wiener Schnitzel, viste le origini austroungariche della mia famiglia. Con mia nonna comasca-milanese sento ancora il profumo del grande stracotto di carne che serviva con il purè di patate. Piatto preferito? Il pollo arrosto intero. È vario, una metafora della vita. Quando arrivi al petto capisci che, anche in una giornata perfetta, può arrivare una brutta notizia. identitagolose.it
Paolo Marchi e Andrea Radic alla stazione di Milano Centrale
© Mario/Adobestock
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VISTA SUL
MUGELLO
DALLA CITTÀ DELLE CERAMICHE FINO A FIRENZE, SULLA STORICA FERROVIA FAENTINA. TRA CRINALI SILVESTRI, TORRENTI SORNIONI E PIATTI DAI GUSTI SCHIETTI di Sandra Gesualdi
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alla Romagna al capoluogo toscano su un treno che attraversa paesi, lambisce colline dorate, si inoltra in boschi tinti d’autunno, addentrandosi nella pancia di montagne appenniniche. Da Faenza (RA) a Firenze, un viaggio diretto di nemmeno due ore, su un Regionale che durante la settimana è pieno di studenti e pendolari e nel weekend brulica di adolescenti in libera uscita, diretti sui Lungarni per il sabato del villaggio. Un pezzo di Toscana, più vicina all’Adriatico che al Tirreno, poco battuta dal turismo dei grandi numeri e capace ancora di trattenere la lentezza dei piccoli centri di montagna o l’atmosfera incontaminata di cittadine ricche di storia, natura ancora indomita,
crinali silvestri, torrenti che scivolano sornioni e piatti dai gusti schietti della terra e del sottobosco. È il paesaggio incontrato sulla centenaria ferrovia Faentina che collega Firenze con la città delle ceramiche, scavallando l’Appennino tosco-romagnolo, via Borgo San Lorenzo. Una delle tratte segnalate nella Guida che Giunti ha pubblicato per Trenitalia, I Regionali da vivere. Toscana in treno. IN BILICO TRA DUE REGIONI Partendo a ritroso dalla Romagna, il sole in faccia a riverberare filari di frutteti e vigne in pieno fermento, si incontra quasi subito Brisighella (RA), riconoscendo in alto, appollaiato sulla roccia, il fortilizio turrito con l’orologio. Poi è un susseguirsi di frazioncine, orti e trattori che corrono paralleli ai binari.
I campi coltivati, vestiti coi toni di stagione, lasciano il posto alla boscaglia, sempre più fitta via via che la Toscana si avvicina. L’andatura del viaggio è ovattata, quasi sonnacchiosa. I vagoni in questo tratto paiono arrampicarsi in salita, scivolare verso l’alto, stabilizzarsi sul crinale, procedono fuori e dentro a castagneti, faggeti e querceti, in una tavolozza di verdi, gialli e rossi d’autunno. Tra una galleria e l’altra scompaiono e ricompaiono dal finestrino rilievi sassosi, casali e fattorie incastonati nei panorami, mentre qualche campanile in pietra si fa spazio tra ulivi, vigne o alti prati. MISCELA DI SAPORI E TRADIZIONI In Toscana si incontra Marradi, il più distante tra i paesi fiorentini, oltre il passo della Colla, bagnato dalle
Passo del Giogo
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© Proloco di Marradi
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Marradi (FI)
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Marradi, e una tappa al Centro studi Campaniani dove sono custodite le copie autografe del poeta maledetto e alcuni suoi documenti biografici. DALLA MONTAGNA ALLA COLLINA Dopo Marradi la tratta ferroviaria continua a salire, lasciando in basso case, frazioni e mostrando i tetti rossi di Biforco e Crespino del Lamone. Il treno decolla e sembra correre su una rotaia sospesa nel vuoto, guadando letteralmente in mezzo alla radura in un susseguirsi di tunnel e sprazzi di vedute godute dall’alto:
© vpardi/Adobestock
acque del fiume Lamone e in bilico sull’Appennino tra due regioni. Di entrambe miscela piatti e sapori, tra cappelletti chiusi ancora a mano e salumi da tagliare, ravioli di ricotta e tagliatelle al fungo porcino e, in questa stagione, tutto ciò che è possibile cucinare a base di marrone (prodotto per eccellenza della zona). Inaspettate, per un paese dell’Alto Mugello, le residenze signorili che si stagliano intorno alla porticata piazza Scalelle, ricordando i palazzi nobili delle vie di Firenze. Vi abitarono i casati dei Fabroni da Pistoia e dei Torriani da Milano, quassù esiliati nel Rinascimento. Ottobre è il mese ideale per trascorrere qualche ora nel paese toscano che ha dato i natali al poeta Dino Campana, autore dei Canti orfici, e mischiare poesia a tradizioni. Nelle domeniche 10, 17, 24 e 31, la rinomata Sagra delle castagne anima il centro storico con il marrone di Marradi a insaporire ogni torta e declinazione di dolcetto: tortelli zuccherati, castagnaccio, marmellate, marron glacé e caldarroste bruciate in strada. Da Faenza, Rimini, Forlì e Cesena ripartono, in occasione di questa festa popolare, gli storici treni a vapore messi a disposizione da Fondazione FS per raggiungere Marradi. La passeggiata culturale, invece, prevede la visita al Teatro degli Animosi, tra i più piccoli d’Italia, una sosta nella chiesa di San Lorenzo davanti alle tavole policrome del maestro di
passerelle sui torrenti, chiesette in pietra, scene fugaci di vita quotidiana, vallate profonde. Da Ronta il Mugello si ammorbidisce e l’orizzonte si apre a campi coltivati e pianeggianti, spuntano cipressi e fattorie e i binari riscendono avvicinandosi alle case, con la strada che corre accanto. Dalla montagna si passa alla collina fino ad arrivare al principale centro abitato mugellano, Borgo San Lorenzo, allungato su un territorio vario, che dal fondovalle del fiume Sieve si alza oltre i mille
© Fabio/Adobestock
Panorama sulle colline del Mugello
metri. Nel centro storico molte sono le tracce e i monumenti che indicano un passato di stratificazioni e passaggi: fondamenta romane, mura medievali, edifici del Granducato. PORTE ANTICHE E CERAMICHE La pieve di San Lorenzo, imponente e vestita di laterizio, sfoggia un campanile esagonale e ospita all’interno una presunta Madonna giottesca, una di Agnolo Gaddi e un’abside affrescata, il secolo scorso, da Galileo Chini, tra i massimi esponenti del Liberty italiano. Attraverso la Torre dell’orologio in piazza Cavour o Porta Fiorentina in via Mazzini, i due unici accessi trecenteschi che hanno resistito all’usura del tempo e alle scosse di terremoto, ci si addentra nei
vicoletti incastrati tra le case e pieni di negozi. In queste zone è d’obbligo assaggiare, in ogni stagione, i tortelli di patate, conditi riccamente con ragù di carne – di selvaggina per palati audaci – abbinati a un calice di rosso robusto. Ceramiche colorate, vetrate e mosaici di Chini sono invece raccolte ed esposte a Villa Pecori Giraldi, in un percorso museale tra arredi deco e suppellettili d’antiquariato. Il viaggio prosegue in pianura verso Firenze, con fermate a San Piero a Sieve, Vaglia e Caldine dove, ordinate e tempestate di ville e cipressi, appaiono le colline di Fiesole, assaggio di una delle più rassicuranti vedute godibili dalla Città del Giglio.
Giunti, pp. 224 € 14
© Giacomo/Adobestock
Borgo San Lorenzo (FI)
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NEXT STOP
PRATO
DA PALAZZO PRETORIO AL CENTRO PECCI, LA CITTÀ DEL TESSILE È UNO SCRIGNO D’ARTE E CULTURA. TRA QUARTIERI MULTIETNICI E STRADE RICCHE DI STORIA di Sandra Gesualdi
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ultietnica, musicale e piena di storia, senza essere ripiegata solo sul passato. Prato è a una manciata di minuti da Firenze con un treno regionale, direzione nord. E si raggiunge attraversando su rotaia la cerchia metropolitana delle cittadine che la circondano, formando un’unica geo-
© gimsan/Adobestock
Piazza Duomo, Prato
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metria urbana tra le due province. Dalla fermata di Porta al Serraglio, il centro storico è a poche centinaia di metri, lungo via Magnolfi. Piazza Duomo è il cuore della Città del tessile, stretta da palazzi trecenteschi: in mezzo, la fontana con gli animali marini e il pescatore bambino tra gli zampilli. A strisce di marmo alberese e
verde serpentino domina lo spazio la cattedrale di Santo Stefano, con il pulpito a fungo – forgiato da Donatello e Michelozzo – sospeso su un angolo e, dietro, il campanile che fece da modello a quello di Giotto. All’interno una vertigine di colori, storie e folle di personaggi biblici stipati negli affreschi di Paolo Uccello e Filippo Lippi
© Fernando Guerra
Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci, Prato
all’interno delle Cappelle dell’Assunta e in quella Maggiore. I volumi e le vesti dei personaggi femminili di Lippi qui, nel ciclo delle Storie di Santo Stefano e Giovanni Battista, anticipano la delicata carnalità della figura femminile nella pittura rinascimentale. Sempre in Duomo è conservata la Sacra Cintola, ricamata d’oro e indossata (così vuole la tradizione) dalla Madonna in persona e ostentata cinque volte in occasioni di liturgie popolari. A pochi passi, tra slarghi e vicoli animati di vita quotidiana, si arriva in piazza del Comune, raccolta ma anch’essa ricca di slanci storici che accostano architetture del ‘500 col Medioevo di Palazzo Pretorio. Nell’omonimo museo civico, un’inaspettata abbuffata di capolavori distribuiti su tre piani: una collezione di quasi tremila opere tra dipinti, pale giganti, sculture, disegni, mobili e pezzi di Agnolo Gaddi, Alessandro Allori, Ardengo Soffici fino ai marmi ottocenteschi di Lorenzo Bartolini. Protagoniste le Madonne di Lippi e quelle del figlio Filippino, dal volto porcellanato ispirato a suor Marta, amore clandestino e madre dei due pittori. Si incontrano anche un tabernacolo in terracotta di
Donatello e, qualche scalino dopo, un nudo specchiante di Michelangelo Pistoletto, le sculture morbide di Jacques Lipchitz o il pantone blu di Yves Klein. Dalla terrazza del museo, Prato si mostra a 360 gradi, articolata e brulicante. Divisa dal fiume Bisenzio, stretta tra i monti della Calvana e il distretto industriale, costellata da tetti rossi a perdita d’occhio, percorsa da dedali di viuzze pieni di negozi e arterie che la segmentano in quartieri. Il grande Castello dell’Imperatore dei tempi di Federico II, robusto e merlato, si fa largo tra la chiesa di San Francesco e la basilica di Santa Maria delle Carceri con le vetrate di Domenico Ghirlandaio; più a ovest, vicino alle mura antiche, il Museo del Tessuto narra il suo territorio, le storie e la qualità della manifattura tessile con mostre temporanee e attività didattiche. Fino al 21 novembre, qui è allestita Turandot e l’Oriente fantastico di Puccini, Chini e Caramba con abiti e oggetti di scena, mentre con il progetto Le fabbriche raccontano vengono organizzate visite alle archeologie industriali. Poco oltre, imponente e luccicante come una navicella spaziale, si staglia
l’architettura avveniristica del Pecci, prima istituzione italiana dedicata al contemporaneo: mostre (quella in corso è Jacopo Miliani. La discoteca), collezioni e ricerche su arti visive e performative, cinema, musica, architettura, design. Dall’alto pare una città in continua sperimentazione e trasformazione culturale e urbana. Alla musica e al teatro – con i palchi di Metastasio, Magnolfi, Politeama e Fabbricone – Prato ha sempre dedicato un’attenzione particolare. La Camerata Strumentale, fondata da Riccardo Muti oltre 20 anni fa e diretta ora da Jonathan Webb, lavora in stretto contatto con le scuole cittadine e i giovani musicisti. Da novembre a maggio, si svolge la stagione concertistica, anticipata il 21 ottobre dal violino di Hugo Ticciati. E quest’anno ha un titolo evocativo: Lo sguardo avanti. E più avanti c’è il Tempio buddista cinese e le due lunghe vie, Filzi e Pistoiese, dove si è sviluppata la grande Chinatown cittadina piena di muri e lanterne rosse, ristoranti e negozi etnici. E terze generazioni di bambini e bambine con gli occhi a mandorla che parlano toscano, anzi pratese. 49
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WEEKEND D’AUTUNNO BORGHI DELL’ENTROTERRA, TESORI DEL FAI, COMUNI RURALI E CITTÀ FANTASMA. OTTOBRE È IL MESE GIUSTO PER SCOPRIRE LE BELLEZZE NASCOSTE DEL PAESE
© SirioCarnevalino/Adobestock
di Cecilia Morrico
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on le vacanze ormai terminate e gli impegni quotidiani a pieno regime, i weekend diventano un’occasione importante di svago e gite fuori porta. L’autunno, poi, con le sue temperature piacevoli e i suoi colori romantici è il periodo migliore per una pausa nella natura. Sono molte le proposte
possibili per una fuga di due giorni: taccuino alla mano, quindi, per appuntarsi le più interessanti e scegliere la meta adatta alle proprie esigenze. BORGHI DELL’ENTROTERRA Si parte con la prima domenica del mese, il 3 ottobre, giorno della Caccia ai tesori arancioni del Touring club italiano. L’iniziativa invita a scoprire
Monastero di San Benedetto o Sacro Speco, Subiaco (RM)
le piccole eccellenze dell’entroterra, premiate perché si distinguono per un'offerta di eccellenza e un'accoglienza di qualità, attraverso percorsi unici sulle tracce di storie, persone, monumenti e piccole curiosità. Un itinerario a sei tappe consente di conoscere l’identità più autentica delle comunità, le tradizioni senza tempo del territorio e i sapori tipici di questi borghi. La Caccia è gratuita e aperta a tutti, con obbligo di prenotazione sul sito tesori.bandierearancioni.it. Ma, al di là dell’evento specifico, vale la pena comunque visitare i piccoli patrimoni promossi dal Touring club: 256 realtà che quest’anno hanno visto l’ingresso di 11 località certificate. La regione più virtuosa è il Piemonte, che si aggiudica sei nuove Bandiere arancioni tra cui gemme come Rosignano Monferrato (AL), a un’ora da Torino, Milano e Genova. Un territorio che rientra nel Monferrato degli Infernot, parte del sito Unesco I paesaggi vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato. Il borgo è arroccato su un costone di roccia arenaria, con numerosi punti panoramici dai quali godere di splendide vedute sulle colline e il fondovalle. Tra le attrattive presenti il Museo contadino diffuso, unico esempio del genere nella zona e tra i pochissimi così articolati nel nord Italia, con circa 40 postazioni composte da piccole e grandi attrezzature agricole del passato. La lista dei nuovi vessilli arancioni comprende anche Liguria, Lombardia, Umbria e Lazio. Qui va segnalato Subiaco (RM), borgo medievale ricco di storia, arte e cultura a poco più di un’ora dalla Capitale. Immerso nel Parco naturale regionale dei Monti Simbruini, protetto dal Monte Livata, è il luogo ideale per gli sport outdoor e le escursioni in bici o a piedi. Ma è anche sede del Monastero di San Benedetto o Sacro Speco, sorto nel luogo dove il santo si ritirò in preghiera ancora adolescente e dettò la celebre regola dell’ordine, ora et labora. Il sito appare sospeso sulla vallata, nella curvatura di un’immensa parete rocciosa del Monte Taleo. Ma se è l’adrenalina ciò che si cerca, allora è bene prenotare un’esperienza di rafting sull’Aniene: ci sono proposte
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divise per livello di difficoltà e anche adatte alle famiglie. Ben accetti gli amanti della natura, astenersi se non si amano gli schizzi. VILLE, CASTELLI E GIARDINI Farsi sorprendere dalle incredibili bellezze che l’Italia sa offrire è la promessa che il Fondo ambiente italiano (Fai) mantiene ogni ottobre con le sue Giornate d’autunno, giunte alla decima edizione. Sabato 16 e domenica 17 è possibile immergersi nello splendore dei luoghi Fai per condividere con altri visitatori l’orgoglio di appartenere al Paese più bello del mondo. Palazzi, ville, chiese, castelli, esempi di archeologia industriale, musei e siti militari vengono aperti e raccontati attraverso lo sguardo curioso e originale dei volontari. Tra le proposte anche itinerari nei borghi, visite a parchi, giardini urbani, cortili e orti botanici, spesso sconosciuti agli stessi abitanti del luogo, sempre nel solco del crescente impegno della Fondazione per la diffusione di una più ampia cultura ambientale. Novità di quest’anno in Liguria è l’apertura, a Santa Margherita Ligure (GE), di Villa Durazzo, nota per il suo parco secolare di palme e camelie, un tempo Grand hotel dove soggiornò anche la regina Margherita di Savoia. Non mancano poi mete insolite come le Saline di Volterra (PI), sviluppate su un’area di 65mila metri quadrati, attive fin dai tempi degli etruschi e dove ancora si estrae il sale più puro del Belpaese. O la Giudecca di Bova (RC), cuore dell’area ellenofona dove tuttora si parla la lingua più antica d’I-
© Andrea Chiantore/FAI
Villa Durazzo, Santa Margherita Ligure (GE)
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Il Museo Contadino diffuso, Rosignano Monferrato (AL)
talia, il grecanico. Qui sorge il Museo della lingua greco-calabra che ospita documenti e installazioni dedicate ai grandi studiosi della materia. COMUNI RURALI GREEN Chi è alla ricerca di un fine settimana slow in campagna, tutto natura, buon cibo e accoglienza autentica, può andare a scoprire le Spighe verdi, ovvero i comuni rurali che si distinguono per il modo in cui tutelano e valorizzano le risorse ambientali. Sono 59 quelli attualmente certificati dalla Foundation for Environmental Education (Fee), suddivisi in 14 regioni italiane, che quest’anno hanno visto 18 new entry. Ad aggiudicarsi più riconoscimenti è ancora il Piemonte con Alba, Monforte d’Alba, Bra, Centallo, Cherasco, Guarene e Santo Stefano Belbo nel Cuneese, Canelli (AT), Pralormo (TO) e Volpedo (AL). Seguono le Marche con Esanatoglia, Matelica, Montecassiano e Montelupone (MC), Numana, Senigallia e Sirolo (AN), Grottammare
(AP) e Mondolfo (PU), da dove si può partire per una passeggiata nella Valle dei Tufi. Tra colline ricche di flora (roverelle, olmi, robinie, pioppi) e fauna, la valle collega Mondolfo ai due borghi medievali di Stacciola e San Costanzo tra boschi, pinete e panorami mozzafiato fino al mare. Il terzo posto va alla Toscana, mentre Calabria e Puglia si contendono a pari merito il quarto, con sei comuni. Da visitare, tra gli altri, Ostuni (BR), che incanta con le sue case immacolate e arroccate sulle propaggini a sud della Murgia, da ammirare perdendosi nei vicoli di calce bianca del delizioso centro storico, in un susseguirsi di piazzette e corti. Ma la lista delle Spighe verdi è ancora lunga, con il Lazio che ha cinque località green, la Campania, l’Umbria e l’Abruzzo con tre ciascuna, il Veneto con due e, a chiudere la classifica, l’Emilia-Romagna con Parma, la Liguria con Lavagna, la Lombardia (Sant’Alessio con Vialone) e la Sicilia (Ragusa).
© kite_rin/AdobeStock
Ostuni (BR)
CITTÀ FANTASMA PER HALLOWEEN Il mese di ottobre si chiude con il weekend di Halloween, in un tripudio di mete magiche, città fantasma e zucche intagliate. Si parte con la caccia alle streghe nel borgo di Triora, piccolo paese in provincia di Imperia. Qui, nel 1587, una ventina di donne del luogo furono accusate di stregoneria e ogni 31 ottobre si organizzano tour, mostre ed esibizioni a tema. Si va poi a Sud, in Basilicata, regione ricca di leggende misteriose. Si narra che Castelmezzano e Pietrapertosa (PZ), oggi famose per il temerario Volo dell’angelo, fossero note anche per le loro streghe che volavano da un paesino all’altro cavalcando enormi cani bianchi. Chi è più interessato alle lande desolate, invece, può visitare l’ormai famoso borgo di Craco (MT),
costruito a ridosso dei Calanchi di Pisticci e completamente disabitato dal 1963. Ma non è il solo: in Lombardia c’è il Parco abbandonato di Consonno (LC), vicino Como. Ex casinò, oggi è un luogo surreale dove le grandi installazioni alla Las Vegas sono rimaste inutilizzate, avvolte nella vegetazione. In Salento, invece, c’è il piccolo borgo rurale abbandonato di Monteruga (LE), nella campagna fra Avetrana e Taranto: qui il tempo si è fermato e tutto – case, scuole, frantoi, chiese, caserma e ogni altra struttura – è rimasto cristallizzato agli anni ‘80. Infine, si scende in Campania, vicino Caserta, perché a Pignataro Maggiore sorge il primo Giardino delle zucche in Italia, simile a quelli che abbondano negli Usa. Il parco ha lo scopo di far conoscere in prima persona una
tradizione radicata nella cultura statunitense, il Pumpkin Patch, la raccolta delle zucche, trascorrendo una giornata nei campi per scegliere fra 30mila esemplari quella da portare a casa e decorare per Halloween. Ogni visita è un viaggio in stile country: si entra in un ranch american style con tanto di fienile rosso, pannocchie di mais, spaventapasseri, trattori, animali e balle di fieno, gustando street food a base di zucca. L’azienda Turino, fondatrice del parco, offre persino una family farm con conigli giganti, piccoli cavalli Shetland, oche, maialini neri e alpaca. In più, laboratori creativi e momenti di svago per tutta la famiglia. bandierearancioni.it fondoambiente.it spigheverdi.net ilgiardinodellezucchepp.it
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Il Giardino delle Zucche, Pignataro Maggiore (CE)
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UNA ROCCA PER TUTTI
IL GIOIELLO MEDIEVALE DI ARIGNANO, IN PIEMONTE, TORNA A VIVERE DOPO 700 ANNI DI ABBANDONO GRAZIE AL LAVORO DEL MANAGER LUCA VERONELLI E DELLA CUOCA INSOLITA ELSA PANINI di Andrea Radic Andrea_Radic
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La Rocca di Arignano (TO)
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l sogno di Luca Veronelli e di Elsa Panini era trovare un luogo del cuore che potesse dare concretezza alla vita e al futuro dei loro figli. Entrambi torinesi, manager d’azienda lui e biologa con la passione per la cucina lei, sentivano forte la necessità di costruire qualcosa. Fino al giorno in cui, in un piccolo borgo piemontese alle porte di Torino, si sono trovati di fronte al luogo in cui
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concretizzare le loro aspettative: la Rocca di Arignano, disabitata da 700 anni e anticamente di proprietà della famiglia dei conti Costa di Carrù e Trinità. Era il 2016 e in quell’anno è cominciato un delicato e complesso lavoro di ristrutturazione per restituire la dimora al trascorrere dei giorni. «Questo posto, arrivato per miracolo, ha totalmente conquistato la nostra voglia di recuperarlo e resti-
tuirlo al pubblico», spiega Veronelli. «Abbiamo letto su un quotidiano l’annuncio della vendita della Rocca e, in un giorno d’estate, ce la siamo trovata davanti, innamorandoci della sua autenticità e personalità unica, diversa da qualsiasi altro posto. Non dimentichiamo che è stata in piedi mille anni per giungere fino a noi». Un luogo vero la Rocca di Arignano, oggi totalmente restituita alla frui-
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zione e alla quotidianità, diventando un relais con sei stanze di incredibile fascino e suggestione. Grazie al sapiente lavoro dello Studio Massimo Raschiatore architetto, in collaborazione con la Soprintendenza archeologica Belle arti e Paesaggio, che ha gestito la ricostruzione di mura storiche, camminamenti e torri. All’interno, la Locanda della Rocca, guidata dallo chef Fabio Sgrò, è ispirata alla concretezza medievale fatta di semplicità e ricerca del conforto della tavola, come momento di sosta e condivisione di materie pri-
me eccellenti e piatti di ottima definizione. Persino la Scuola di cucina, grande passione di Elsa, autrice del blog La cuoca insolita, ha trovato spazio in un ambiente che riprende atmosfere e stili di un passato quasi millenario. «La ricerca di cose belle, perché autentiche, è lo spirito che ci ha guidati in questo lavoro», prosegue Veronelli. «Prima dei due anni e mezzo di cantiere, abbiamo lavorato per 12 mesi al progetto e alla filosofia del restauro, ed è stato complicatissimo. Il timore era quello di intervenire, rovinandoli, su ambienti che la storia ci aveva consegnato. La Rocca versava in pessime condizioni, pareva una selva oscura, cresciuta dentro e fuori le mura, e a stento si riusciva ad
tiche. «Lo abbiamo fatto come atto di restituzione», afferma Veronelli, «per condividere con gli altri questo sito affascinante del quale ci sentiamo, senza dubbio, più custodi che proprietari: siamo qui per accompagnarlo e difenderlo. Il momento più bello è stato quando abbiamo finalmente spalancato le porte della Rocca agli abitanti di Arignano, che l’avevano sempre vista inaccessibile. Ricordo con grande emozione diverse persone, in particolare anziane, che, giunte in cima alla torre, si sono commosse per quanto potevano finalmente vedere». Un’emozione che si ripete ogni giorno e coinvolge tutti coloro che entrano nel fortilizio per soggiornare, sedersi alla Locanda, seguire un
aprire un varco per entrare». Le architetture di tre diverse epoche sono state unite con armonia, senza alterare il fascino del luogo, arricchito dalla campagna circostante e dal lago di Arignano. Un bacino artificiale che serviva a convogliare le acque e che oggi Veronelli vuole riportare a nuova vita, trasformandolo in attrattiva turistica attraverso un progetto di valorizzazione ambientale in collaborazione con i Comuni del territorio e la Città metropolitana di Torino, presentato alla Regione Piemonte. Così, lo scorso giugno, la Rocca di Arignano è stata riaperta alla comunità locale: sono possibili, infatti, visite guidate ed esperienze didat-
corso di cucina o un evento particolare, ammirare l’orto di erbe aromatiche ai piedi di un cedro secolare o semplicemente per visitarlo. «La bellezza crea altra bellezza, e così sarà per Arignano e la sua Rocca, per chi la raggiunge e per coloro che ci vivono», conclude orgoglioso Luca. E chissà se, come ogni castello che si rispetti, anche quello di Arignano ospita, come cita la leggenda, il fantasma di una fanciulla di nome Cristina. Da tempo non si palesa, ma il ritorno alla vita delle sale potrebbe farle cambiare idea. roccadiarignano.it roccadiarignano La cucina della Locanda
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UN CAMMINO
UNIVERSALE È QUELLO DI OROPA, NEL BIELLESE, CHE ABBRACCIA 62 CHILOMETRI E 14 COMUNI, TRA PANORAMI MOZZAFIATO E TAPPE SPIRITUALI di Valentina Lo Surdo ilmondodiabha.it
valentina.losurdo.3
ValuLoSurdo
ilmondodiabha
Foto Alberto Conte - Movimento lento
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uattro tappe di impegno progressivo, un tracciato perfettamente segnato, l’attraversamento di un territorio rappresentato dalla stupefacente Serra
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morenica d’Ivrea (TO), a un’ora soltanto di treno da Milano e a mezz’ora da Torino, con il brand del principale santuario mariano delle Alpi a benedirne il successo. Sono solo alcuni
degli elementi che caratterizzano la fortuna del Cammino di Oropa, senza dimenticare la presenza di altri luoghi di culto di grande importanza, come il Monastero di Bose e il Santuario di Graglia. E dunque, malgrado la sua giovane età, questo itinerario si è guadagnato una posizione di spicco nel panorama dei percorsi a piedi nel nostro Paese, tanto che nessun altro ha registrato un tale successo in così poco tempo. ALLA SCOPERTA DEL BIELLESE Tutto è iniziato una decina di anni fa, trovando compimento nell’omonima guida pubblicata da Terre di Mezzo Editore nel 2019 (pp. 96 € 15). Da allora, il Cammino di Oropa è passato da 300 passaggi ai 1.500 previsti entro fine 2021, malgrado l’inizio di stagione ritardato dal Covid-19. Le guide carta-
cee vendute sono state oltre duemila nel solo 2020, a cui si sommano circa 2.500 download delle tracce Gps dall’app Piemonte Ways. Sempre nel 2020 i viandanti hanno portato un indotto di quasi quattromila pernottamenti, vivacizzando un territorio di sorprendente bellezza, dominato dalla più ampia conformazione morenica d’Europa. Dal canto suo, la comunità locale sta rispondendo al meglio, aderendo a una scontistica speciale per i viaggiatori lungo tutto il percorso, proprio come avviene sui cammini verso Santiago: malgrado le difficoltà legate alla pandemia, i ristoratori hanno iniziato a proporre il menù del pellegrino agli stessi prezzi popolari (tra i 12 e i 15 euro) che hanno reso i cammini spagnoli alla portata di tutti. Grazie a
questo approccio, in tempo di coronavirus il solo ristorante del Santuario di Graglia ha incassato più di 12mila euro in un anno. Un grande risultato anche perché qui non siamo in Galizia ma nella provincia di Biella, tra le meno note da un punto di vista turistico in Italia. Il Cammino di Oropa, infatti, sfiora appena la provincia di Vercelli e Torino, sviluppandosi quasi interamente nel Biellese. TAPPE ACCESSIBILI E GRADUALI Tutto questo successo, va detto, non è frutto del caso: il creatore del percorso è Alberto Conte, uno dei costruttori di cammini più noti in Italia, uno dei pochi professionisti consacrati all’impresa di trasformare l’Italia in un territorio d’elezione per il turismo lento. Fondatore dell’associazione Movimento lento, che promuove ini-
ziative legate al concetto slow in tutte le sue declinazioni, Alberto ha dato vita anche all’azienda ItinerAria per valorizzare il patrimonio dei percorsi a piedi, dove hanno trovato impiego anche diversi giovani, tra ex pellegrini alla volta di Oropa, creativi e startupper al passo con i tempi. Milanese di nascita, biellese per scelta di vita, insieme alla moglie Susanna gestisce anche la Casa del Movimento lento a Roppolo (BI), nata dapprima come luogo d’accoglienza per i viandanti sulla Francigena, poi divenuta il cuore pulsante di questo cammino: un progetto che rappresenta un atto di amore nei confronti del territorio dove hanno scelto di vivere. E così, quello di Oropa oggi rappresenta non solo un esempio di cammino a cui ispirarsi per il successo
Santuario di Oropa (BI)
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Tramonto sul Lago di Viverone (BI)
di pubblico, ma anche un modello imprenditoriale che è già caso di studio da parte di istituzioni e privati impegnati nel mettere a sistema la rete viaria pedonale italiana, così ricca di opportunità e bellezza ma troppo spesso lasciata alla casualità della scoperta. Gli elementi primari messi in evidenza da Conte nella progettazione del Cammino sono stati l’accessibilità e la gradualità: trattandosi di un percorso breve è infatti il banco di prova ideale per coloro che vogliano misurarsi con un’esperienza nuova (oltre il 50% dei viandanti verso Oropa ha dichiarato di averlo scelto come prima esperienza in assoluto), senza dimenticare che sono state anche organizzate iniziative rivolte a persone con disabilità. DA SANTHIÀ A GRAGLIA L’itinerario è composto di quattro tappe, la prima da Santhià a Roppolo, la seconda fino a Torrazzo, la terza con arrivo al Santuario di Graglia e la quarta culminante a Oropa. Alle emozioni in crescendo da un punto di vista paesaggistico e spirituale corrisponde una perfetta progressione altimetrica: solo 200 metri di dislivello da affrontare il primo giorno, che diventano 400 al secondo e 600 al terzo, portando i camminatori in quarta tappa a misurarsi con il più impegnativo dislivello di 800 metri. Un percorso ottimale per scaldare le gambe con gradualità, dunque, che propone una non eccessiva percor58
renza orizzontale di 16 chilometri in media al giorno per raggiungere i 1.200 metri finali di altezza della meta: l’imponente Santuario stagliato sullo sfondo delle Alpi Biellesi. TRE CAPISALDI SPIRITUALI I camminatori più esperti potranno trovare pane per i loro denti cimentandosi nel Cammino in soli tre giorni, modulando i propri punti tappa in modo da tenere conto di alcuni luoghi cardine da non visitare frettolosamente, in particolare i tre capisaldi spirituali: il Monastero di Bose, il Santuario di Graglia e, naturalmente, Oropa. Nel mezzo di questa percorrenza che complessivamente abbraccia 62 chilometri, si attraversano ben 14 comuni, di cui numerosi meritano una sosta. Si parte da Santhià, con il suo ricco centro storico e un eccellente ostello dei pellegrini, gestito da Mario e da un gruppo di splendide volontarie. Si passa attraverso Cavaglià, dove non potrete omettere di incontrare Marcello e le sue storie di elfi nella Bottega del pellegrino e dove scoprirete che la chiesa di San Michele è una delle più importanti di tutto il barocco piemontese. A Roppolo è immancabile la vista panoramica sul Lago di Viverone dal suo maestoso castello, antico mille anni. Dopo aver salutato Zimone, si arriva al Monastero di Bose, centro straordinario della spiritualità ecumenica cristiana, fondato da Enzo Bianchi nel 1965. Sulla strada
per Magnano è incantevole la visione della chiesa romanica di San Secondo e l’arrivo in paese è preceduto dall’esplorazione del ricetto, l’area fortificata tipica delle cittadelle piemontesi, adibita a riparare la comunità agricola in caso di pericolo e a raccogliere le provviste fin dal Medioevo. A Torrazzo c’è il Mat, un Museo aperto con opere affisse sui muri cittadini a punteggiare case e palazzi. Quindi, dopo i passaggi a Sala Biellese e Donato, imperdibile è la tappa al Santuario di Graglia, premessa ideale alla visione finale del giorno successivo: la sua chiesa, impreziosita da un maestoso organo e da splendide opere, custodisce una Madonna di Loreto, nera anche lei come quella di Oropa. Adornato da magnifici saloni affrescati e da un idillico giardino, i suoi scenografici balconi regalano la più emozionante veduta della Serra morenica, protagonista assoluta di questo cammino. IL SANTUARIO DI OROPA Lunga circa 22 chilometri e larga tra i cinque e i dieci, come un immenso bastione naturale a dividere il Canavese dal Biellese, la Serra d’Ivrea è antica due milioni di anni. Originata dalla spinta di materiali di accumulo trascinati a valle dal flusso dei ghiacciai sfocianti nella Pianura Padana, si presenta alla vista come una sorta di miraggio: un muro verde infinito dalla sommità rettilinea, che già di suo merita una gita nel Biellese.
Dopo la visita a Sordevolo, famosa nel mondo per l’imponente rappresentazione della Passione di Cristo che coinvolge ben 400 cittadini, si arriva infine a Oropa. La sosta al suo Santuario merita un pomeriggio di visite e una notte nella solitudine silente dirimpetto alle maestose montagne, alloggiati in una delle numerose stanze che possono accogliere ben 500 pellegrini: una capacità ricettiva fuori dal comune che testimonia il fascino di Oropa nei secoli. Un percorso da record, dunque, anche in tempi di Covid-19, considerando che il 28 maggio 2020 è stato il primo cammino italiano a essere aperto e percorribile, interpretando il desiderio di vivere esperienze all’aria aperta così sentito in questo periodo. A PIEDI E IN MOUNTAIN BIKE Il successo è giunto quindi improvviso e inaspettato in tempi non facili per il turismo e i Comuni attraversati hanno dovuto gestire richieste spesso superiori alla disponibilità di posti letto, tanto che lo scorso anno le attività promozionali sono state addirittura sospese, per preparare il territorio a una maggiore capacità ricettiva. Così, nell’estate 2020, i Trail Angels, un gruppo di volontari guidati da Marcello Vallese, hanno iniziato a prendersi cura del tracciato, armati di cesoie, adesivi, pennello e sacchi neri. Sempre nel 2020, è stato messo a punto un anello ciclabile per moun-
Verso Roppolo (BI)
tain bike a pedalata assistita, partendo da Santhià per salire a Oropa lungo il percorso pedonale e tornando indietro sulla Ciclovia di Oropa, che viene così interamente segnata nelle due direzioni di percorrenza. Tenendo conto anche di questa variante in bici, nasce l’ultimo tassello della proposta attuale: una volta giunti in cima, i camminatori possono vivere un ultimo giorno di avventura ridiscendendo verso Santhià lungo lo spettacolare percorso del Traccioli-
no – in gran parte in discesa – permettendo di riavvolgere idealmente il nastro del film appena svolto tra scorci panoramici straordinari. Ma il successo del cammino continua a crescere e già sono previste nuove tappe per raggiungere il Santuario da ulteriori direzioni, confermando il suo ruolo di crocevia ineludibile, similmente a quanto accade per Santiago. Capace di ispirare la storia con i racconti vissuti nei secoli lungo i percorsi.
Verso Donato (BI)
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PADOVA CITTÀ DIPINTA DALLA CAPPELLA DEGLI SCROVEGNI ALLA BASILICA DEL SANTO, L’UNESCO INSERISCE NELLA WORLD HERITAGE LIST OTTO SITI CHE OSPITANO GRANDI CICLI AFFRESCATI DEL ‘300. A PARTIRE DA QUELLI DI GIOTTO di Francesca Ventre - f.ventre@fsitaliane.it
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a Cappella degli Scrovegni è un capolavoro e la Basilica del Santo è meta di devozione da secoli. Ma a Padova ci sono altri sei siti capaci di stupire i visitatori e convincerli a prolungare il soggiorno in città. A premiarne l’unicità è l’Unesco, che ha inserito nella World Heritage List anche I cicli affrescati del XIV secolo di Padova: otto complessi
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architettonici, religiosi e secolari, che ospitano una selezione di dipinti del ‘300. A partire da quelli di Giotto, che qui sperimenta per la prima volta la prospettiva. Una delle peculiarità che hanno fatto raggiungere alla città l’ambito risultato, dopo anni di impegno e condivisione con i cittadini. IL CENTRO STORICO AFFRESCATO «Padova è l’unica città al mondo ad
avere cicli affrescati tutti nel centro storico, che coprono un’evoluzione artistica lunga un secolo. Si va dal 1302, con quelli attribuiti a Giotto nella Basilica del Santo, fino al 1397, l’anno in cui fu decorato l’Oratorio di San Michele. Inoltre, una caratteristica tutta italiana è la presenza di una narrazione continua lungo le pareti», spiega Federica Millozzi, storica dell’arte, funzionario
dell'Ufficio patrimonio mondiale del Comune, che ha seguito l'iter di candidatura e ha partecipato alla stesura del dossier, dal nome Padova Urbs picta. Ma l’eccezionalità di questo itinerario è data anche da un felice connubio tra gli artisti e chi ne volle la realizzazione, a testimonianza di un periodo molto florido per la città. Gli autori furono tutti chiamati da fuori, dai religiosi della Basilica del Santo o dalle più importanti famiglie patavine. Una committenza di tipo borghese è quella della Cappella, voluta dal facoltoso banchiere Enrico Scrovegni. Mentre la Cappella della Reggia Carrarese, voluta dai signori di Padova, è stata affrescata da un pittore di corte, Guariento. «E ci sono anche due committenze femminili: Fina Buzzaccarini, moglie di Francesco il Vecchio da Carrara, per il Battistero della Cattedrale, la nobile Traversina Cor-
© Danita Delimont/Adobestock
L'interno della Cappella degli Scrovegni, Padova
tellieri per la Cappella omonima nella Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo agli Eremitani». CAPPELLA DEGLI SCROVEGNI Il primo sito della lista Unesco è la Cappella degli Scrovegni, decorata con il ciclo di affreschi meglio conservato del Maestro toscano, considerato il suo capolavoro. «Due sono le grandi novità di Giotto che “rende moderna la pittura antica”, come scriveva il pittore e trattatista Cennino Cennini. Una è l’uso della prospettiva, a cui arriva con l’aiuto di studi universitari di ottica. Nella Cappella, infatti, sono inserite figure volumetriche riprodotte come se fossero scatole. La seconda è una sorta di preumanesimo rappresentato, per esempio, dal bacio di Anna e Gioacchino, il primo nella storia dell’arte, reso in modo realistico attraverso due labbra che si toccano. Come sembrano vere le lacrime sui volti delle madri della Strage degli innocenti, un particolare scoperto con il restauro del 2000», continua l’esperta. DAGLI EREMITANI ALLA RAGIONE Proprio a fianco degli Scrovegni c’è la chiesa dei Santi Filippo e Giacomo agli Eremitani, il secondo sito della serie inserita nella World Heritage List. Oltre alla Cappella Cortellieri (1370 circa), in cui si trovano testimonianze di Giusto de’ Menabuoi, conserva, ma solo in parte a causa dei danni della Seconda guerra mondiale, un ciclo con la storia dei due discepoli affrescato tra il 1361 e il 1365 dal pittore Guariento di Arpo. Non manca, poi, una committenza civica, nel Palazzo della Ragione, che campeggia tra le vivaci piazze delle Erbe e della Frutta, occupate da banchi che ormai non vendono solo i prodotti da cui prendono il nome. Il terzo luogo diventato Patrimonio Unesco, commissionato dall'amministrazione cittadina, è lo scenografico salone all’interno della struttura. In origine aveva una copertura a carena di nave, decorata con stelle e pianeti. Purtroppo, il soffitto fu distrutto da un incendio nel 1420 e il salone subì vari danni nei secoli. Rimangono le pitture sulle pareti che hanno come soggetti degli animali, ognuno a contrassegnare i tribunali che lì avevano sede, e i segni zodiacali, affiancati da riquadri con i mestieri e le attività stagionali.
BATTISTERO E REGGIA CARRARESE Altro stupore suscita la visita del Battistero, a fianco della Cattedrale, quarta tappa da non perdere in città. «Fina Buzzaccarini ne fece il mausoleo per sé e il marito Francesco I da Carrara, detto il Vecchio, che dà il nome alla Reggia Carrarese a pochi passi da qui, il quinto luogo Unesco», spiega il direttore del Museo diocesano, Andrea Nante. «Il Battistero è affrescato da Giusto de’ Menabuoi: si parte dalla creazione del mondo e si chiude con l’Apocalisse. Nella cupola, campeggia Cristo pantocratore tra angeli e profeti. Da osservare anche la scena dell’Annunciazione per lo sfondamento prospettico, reso da un chiostro con un’esile colonnina sul fondo. Tra la folla che assiste ai miracoli di Gesù c’è anche Francesco Petrarca, poeta di fama che contribuì all’arricchimento culturale della città. Le sette chiese del sogno apocalittico sono le chiese padovane». L’episodio di Noè e il Diluvio offre l’occasione per porre l’attenzione sui mestieri medievali, come il carpentiere che batte le assi dell’Arca. Gesù, raffigurato nel momento del Battesimo, è illuminato dalla luce reale di due finestre. Per Nante «entrare qui è un’esperienza di immersione per il fedele di allora e per il visitatore di oggi». LA BASILICA E I DUE ORATORI Per proseguire nella visita ci si sposta in piazza del Santo, per ammirare la Basilica e, a fianco, l'Oratorio di San Giorgio, sesto sito protetto dall’Unesco. Anche qui il colpo d’occhio è notevole, ricco di scene, personaggi e colori. «Il monumento nasce come tomba per Raimondino Lupi di Soragna, condottiero della corte Carrarese, tra il 1370 e il 1380», spiega la studiosa Giovanna Baldissin. «Il ciclo pittorico è opera di Altichiero e racconta le storie di San Giorgio, santo guerriero per eccellenza, e la vita di Gesù. Ad assistere alla Crocifissione ci sono i padovani, ma anche mongoli, ebrei e saraceni». Si entra poi, nella Basilica di Sant’Antonio, la settima meraviglia. «Qui, del ‘300 rimane la grandiosa Cappella di Bonifacio, cugino di Raimondino, personaggio tanto potente da ottenere una cappella di fronte a quella del Santo. Le scene raccontano i miracoli di San Giacomo
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© Mauro Magliani & Barbara Piovan
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La cupola del Battistero della Cattedrale, Padova
il Maggiore, grazie all’estro di Altichiero e Jacopo Avanzi. La scena più straordinaria è la Crocifissione. Con l’uso di colonne reali Altichiero anticipa la realizzazione di uno spazio prospettico, nel modo in cui, nel secolo successivo, diventerà normativo per gli artisti rinascimentali». Si arriva, infine, alla Cappella
della Madonna Mora, parte dell'antica chiesetta di Santa Maria Mater Domini, inglobata nell'attuale Basilica. Dietro la statua di Maria, si intravede un affresco con Dio padre, gli angeli e i profeti. È nascosto, ma prezioso, perché potrebbe essere uno dei primi realizzati da Giotto. Una volta usciti, si completa il
La Crocifissione nella Cappella di San Giacomo, all'interno della Basilica del Santo, Padova
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giro tematico. A poca distanza, vicino al Castello carrarese, si trova l'ottavo sito del Patrimonio, l'Oratorio di San Michele, dipinto da Jacopo da Verona con episodi evangelici e, ancora una volta, di vita quotidiana. padovaurbspicta.org
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L’ORO ROSSO DELLA LUCANIA DOLCE E CROCCANTE, IL PEPERONE CRUSCO È PROTAGONISTA DI PIATTI TIPICI E RICETTE INSOLITE. E LA SUA TRADIZIONE SECOLARE VIENE RACCONTATA ANCHE A EXPO 2020 DUBAI di Filippo Teramo - a cura di vdgmagazine.it
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roccante, buono e fa bene alla salute. È il peperone crusco, dalla forma conica e il color rosso intenso, soprannominato l’oro rosso della Lucania. Dal sapore dolce e la consistenza unica e inconfondibile, viene detto così perché nella fase finale di preparazione diventa croccante. La sua storia viene celebrata a Expo 2020 Dubai dal regi-
sta Gabriele Salvatores, che attraverso una serie di monografie in bianco e nero racconta le eccellenze artigianali del Paese all’interno del Padiglione Italia, dal 1º ottobre al 31 mar 2022. Conosciuto in Basilicata come źafaranë crušchë, questo prodotto ha origini antiche e la sua preparazione vanta una tradizione secolare. Dapprima essiccato grazie all’effetto di aria e
sole, viene poi sottoposto a uno shock termico. Lo si frigge in olio extravergine di oliva – bastano pochi secondi e un po’ d’attenzione per non bruciarlo – e lo si passa in freezer. Ma in Basilicata, durante la stagione invernale, lo stesso sbalzo termico si può ottenere dopo la cottura lasciando freddare i peperoni sulla finestra aperta. Una volta diventati cruschi possono essere trasformati in polvere, così che nell’idioma lucano vengono anche chiamati zafaran pisat, per la curiosa assonanza con la parola zafferano, che ne ricorda pure il colore. Le origini di questo particolare peperone dolce, oggi riconosciuto tipico della Basilicata ma importato in realtà dalle lontane Antille grazie agli spagnoli, vanno ricercate intorno al 1600 nella zona del Parco del Pollino, in particolare nel territorio di Senise, in provincia di Potenza, dove cresceva e cresce ancor oggi. Qui, dal 1996, il peperone è riconosciuto come prodotto ortofrutticolo a Indicazione geografica protetta.
© valfrutta.it
Peperone crusco di Senise
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© Indiana Productions/Gabriele Salvatores per ItalyExpo2020
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Pianta di peperone crusco in un frame tratto dal filmato di Gabriele Salvatores per Expo 2020 Dubai
La sua polpa povera di acqua e il picciolo caparbio, che non si stacca più una volta indurito, permettono una facile conservazione. Per meglio essiccarlo all’aria aperta si procede a comporre le serte, tipiche collane intrecciate lunghe un paio di metri, confezionate con ago e filo dalle operose e pazienti donne lucane che con le loro mani comunicano tradizione, passione e sacrificio. Ogni serta racchiude anni di esperienza, giornate intere trascorse a infilare aghi, così da affidare le collane all’aria e al sole lucano per la necessaria essicazione dei peperoni prima che si trasformino in cruschi. Una volta fritti vengono utilizzati in pezzi piccoli oppure interi
per regalare note particolari ai piatti. Ma possono anche diventare un condimento saporito o essere usati come conservante naturale per i salumi tipici del territorio. La polvere rossa è perfetta per guarnire un risotto gourmet o arricchire di sapore un semplice spaghetto aglio, olio e peperoncino, per accompagnare i tipici rasccatell cu zifft, le carni rosse e il baccalà ma anche formaggi e verdure fresche, come fave e insalate. E poiché in cucina non bisogna sprecare niente, con l’olio di frittura vengono preparati lo stoccafisso locale e le uova fritte (all’occhio di bue o strapazzate) a cui si può aggiungere la sausizz (salsiccia) lucana. Ma si può
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© sfizioso.it
Cervello con peperone crusco di Nicola Batavia
usare il peperone crusco in polvere anche per preparare una maionese aromatizzata o una salsa per farcire panini gourmet e accompagnare deliziose tartare di vitello. Inoltre, nulla vieta ai cultori di sgranocchiarli come patatine. Negli ultimi anni il peperone crusco ha conquistato il palato di numerosi chef, che l’hanno inserito in diverse preparazioni gourmet, lasciando la sua dimensione regionale per entrare prepotentemente nella gastronomia nazionale. Tra i primi a renderlo protagonista c’è Nicola Batavia, chef di fama internazionale, lucano di nascita e piemontese di adozione, che lo ha impiegato in una delle sue ricette più
© masseriagricolabuongiorno.it
Preparazione di una serta di peperone crusco
particolari: il cervello con peperone e piselli. Il cervello di vitello viene prima sbianchito, poi cotto velocemente con il burro e accompagnato da piselli sbollentati e riso basmati al curry, mentre i peperoni cruschi vengono aggiunti alla fine per regalare una croccantezza dal particolare sentore. Davvero sublime. Un profumo di crusco che ritroviamo anche nel panino gourmet a base di pancia di vitello, preparato e farcito sempre da Batavia. In quello chiamato 11/06/2014 c’è del delizioso pastrami di vitello con pepe-
roni cruschi, olio extravergine, acciughe e uovo di quaglia. Una lavorazione attenta, perché la pancia di vitello viene massaggiata con il curry per poi riposare in frigorifero almeno un giorno. A marinatura ultimata, il pastrami è cotto a bassa temperatura e poi affettato sottile per diventare protagonista di un panino dal gusto incredibile, accompagnato da senape, barbabietola essiccata, acciughe, cipolline, uovo di quaglia, tonno e, naturalmente, peperone crusco. Si può chiedere il bis, senza vergogna.
Per gli amanti della pasta, invece, ci sono gli ziti con peperone crusco, animella d’agnello e pecorino nella ricetta dello chef stellato Alessandro Mecca, sardo di origini ogliastrine. Dopo aver passato in centrifuga i cruschi e ricavato un’acqua concentrata condita con un trito di aglio, limone grattugiato e prezzemolo, si procede a mantecare gli ziti cotti al dente con l’acqua di crusco concentrata. Si dispone poi la pasta sul piatto, adagiando sopra le animelle d’agnello e facendo gocciolare la fonduta di pecorino lucano. Bontà pura. Immancabile infine il risotto di Massimo Carleo, che a Potenza propone il suo piatto con peperoni cruschi e vincotto. Qui la particolarità è la guarnizione con il ketchup di peperoni di Senise Igp ottenuto emulsionando i cruschi in un minipimer con sale, zucchero e aceto, fino a ottenere una pasta liscia e omogenea. Il viaggio gourmet alla scoperta delle ricette insolite che utilizzano questo prodotto non può che concludersi in una cucina di buongustai dove assaggiare una ricetta semplice della tradizione contadina: la pasta con peperoni secchi fritti e mollica di pane. È buon uso friggere pure la mollica, per esaltare ancor di più il morso scrocchiante, rumoroso, intenso e prolungato. In una parola, crusco. peperonediseniseigp.it masseriagricolabuongiorno.it nicolabatavia.it ristorantespazio7.it massimocarleo.com
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Risotto con peperoni cruschi e vincotto di Massimo Carleo
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GENIUS LOCI di Peppone Calabrese PepponeCalabrese [Conduttore Rai1, oste e gastronomo]
peppone_calabrese
IL RICHIAMO DEL LAGO VISO A PRUA E MANO FERMA SUL TIMONE. A BELLAGIO, SULLA BARCA DI CRISTIAN, PER SCOPRIRE RITI E TRADIZIONI DELLA PESCA IN ACQUA DOLCE
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© Nikokvfrmoto/Adobestock
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Lago di Como
uesto è “quel ramo del Lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi"». Esordisce così Cristian, mentre tira a mano la rete messa la sera prima. Sono le sei del mattino, l’appuntamento è categorico, altrimenti il pesce, impigliato per troppo tempo, cambia colore. Bellagio all’alba mi regala una passeggiata indimenticabile a piedi sul lungolago. Un imponente abbraccio delle Alpi e delle Prealpi mi dona una sensazione di protezione, mente l’aria frizzante che spira dal Lago di Como si attacca al viso. Neanche il tempo di fare colazione e vedo quest’uomo dalla faccia buona e simpatica già pronto sulla sua barchetta blu, consumato dal tempo. Poche parole mentre inizia la nostra navigazione, viso rivolto a prua e mano ferma sul timone. Nel silenzio mi godo i colori del lago che cambiano, la montagna che ci si specchia dentro e le meravigliose ville rinascimentali. Potrei stare per ore in silenzio a godermi tanta bellezza. Il respiro è quieto, il battito del cuore si calma e qui io non sono più io, sono tutto anima in stretta connessione con la bellezza del creato. «Ci siamo», esclama Cristian, che di cognome fa Ponzini, pescatore custode nonché oste e titolare di un ristorante. All'improvviso smette di essere silenzioso e pacato. Si alza in piedi, è altissimo, mani e piedi grandi, parlata accelerata e movimenti veloci di chi il mestiere lo conosce davvero. Da quel momento in poi, un ciclone si abbatte sulla mia giornata: Cristian è un vulcano di idee e racconti. Inizia a parlarmi del padre Silvio, anche lui pescatore, e di quando lo accompagnò per la prima volta in barca, all’età di tre anni. Prosegue con il racconto di quando posò la prima rete, un mix di nostalgia e consapevolezza della sua esistenza in questo mondo come abitante del lago. Un pescatore potrebbe raccontarne una al giorno, tra di noi circola una bella energia e io sono affascinato dalla sua maestria nell’eseguire azioni che sembrerebbero facili ma che possono esserlo davvero solo se c’è
esperienza. Mentre è intento a fare mille cose contemporaneamente, Cristian ricorda anche la prima delle tante avventure che ha vissuto. «Quando avevo sette anni ho accompagnato mio padre nella posa delle reti al centro del lago, ma un vento improvviso ci ha sorpresi al largo. Non riuscivamo a tornare a Bellagio, il vento ci portava via, e la sensazione di impotenza di quel momento non la dimenticherò mai. Ma, come per tutte le cose che per fortuna si possono raccontare, siamo stati salvati da amici pescatori, finiti a Varenna e rincasati sani e salvi parecchie ore dopo». Cristian inizia a tirare la rete. Mentre lavora mi racconta di come a 16 anni ottenne un permesso scolastico speciale per poter seguire le lezioni dalla tarda mattinata, essendo impegnato nel ritiro delle reti sin dalle prime ore dell'alba. È orgoglioso e fiero del suo lavoro, lo fa con passione e si evince da ogni sua parola detta e non detta. «Questo lavoro lo fai se hai passione. Impegno e dedizione sono sempre stati i punti fermi nella mia educazione e ho dovuto spesso sacrificare i momenti di svago e divertimento per il lavoro che sin da piccolo ho sentito il dovere di portare avanti. Sai quante volte non sono andato a giocare con i miei amici per venire a lavorare?». Non c’è tanto pesce secondo Cristian, si lamenta un po’ come tutti i pescatori del mondo ma è ottimista e sempre sorridente. «Non è stato facile seguire mio padre nella pesca poiché entrambi avevamo due caratteri forti e la differenza generazionale, dopo un po’, cominciò a essere evidente. Così a un certo punto ho ideato un metodo per meccanizzare la pesca professionale nelle acque lacustri e far sì che una singola persona fosse sufficiente per il ritiro delle reti. La loro finezza, infatti, rende indispensabili due persone a bordo: una che salpa le reti e l'altra che accompagna la barca per evitare che il suo peso rompa il filato. Ma io, grazie a un motorino elettrico, ero libero di andare a lavorare da solo». La prima rete è stata tirata: poco pesce, in effetti. Accende il motore e andiamo. Mi invita a invocare la fortuna altrimenti sarà difficile dar da mangiare agli ospiti del ristorante, un’osteria 67
© Freesurf/Adobestock
GENIUS LOCI
Bellagio (CO)
evoluta dove non sono i clienti a decidere cosa mangiare, ma il lago. La pesca stabilisce l’offerta culinaria da proporre agli ospiti: si mangia ciò che si riporta a riva. Ci dirigiamo verso la prossima rete, il lago è calmo e pulitissimo. «Il dogma fondamentale è servire solo ed esclusivamente pesce del Lago di Como, è per questo che ho realizzato un progetto di tracciabilità del pescato, ossia isolare il genotipo del lavarello e del pesce persico locale per evidenziarne le caratteristiche e garantire la provenienza del pescato. Lo scopo è creare dei reagenti che, a contatto con queste peculiarità uniche a livello di Dna, cambiano colore su una cartina di tornasole. Sono quasi 15 anni che ci battiamo per ottenere questa tracciabilità». La barchetta si ferma per la nuova pesca, guardo le operazioni probabilmente ripetute per anni allo stesso modo e penso all’obbligo che abbiamo di prestare attenzione a questi comportamenti virtuosi, quasi un dovere nei confronti delle generazioni future. Si ricomincia a tirare la rete, in questa zona va un po’ meglio. Cristian prende un pesce e me lo mostra dicendomi: «È un misultìn, un missoltino, del Lago di Como, cioè l’agone essiccato e salato al sole. Oggi a pescarlo siamo rimasti davvero in pochi, questo mestiere non è remunerativo e il pescato arriva da altre zone a un prezzo sicuramente più competitivo. Ancora meno sono rimasti coloro che tramandano l’arte dei missoltini essiccati naturalmente, come prevede la tradizione». Anche questa rete è stata tirata e mi 68
sembra che non sia andata proprio male. Sono stanco, non sono abituato e ora ho anche un po’ di appetito visto che non ho avuto tempo per la colazione. Torniamo a riva, aiuto per quel che posso a sistemare la barca, mi affanno nel tirarla su e sistemarla al meglio anche per “guadagnarmi” la merenda. Ma, proprio mentre pregustavo di assaggiare il pescato, Cristian mi ordina di aiutarlo a togliere dalla rete tutti i pesci e davvero non è un’operazione facile. Manca un ultimo passaggio, poi finalmente a tavola: dobbiamo sfilettare il pesce non senza avergli prima tolto le squame e qui Cristian si illumina orgoglioso, sorridendo sornione. Si aspetta la domanda che non gli faccio, mi guarda, sorride ancora, capisco che ha voglia di dirmi qualcosa e gli faccio un gesto con il capo invitandolo a raccontare. Il pescatore Cristian Ponzini
Non se lo fa ripetere due volte e mi dice con grande orgoglio: «Grazie a una vecchia macchina per fare la pasta, un po' rivisitata, sfilettiamo il pesce in parti micro, per rendere le lische impercettibili alla lingua umana. La famiglia dei cavedani, per esempio, ha delle piccole lische che non possono essere eliminate tramite una sfilettatura normale. La lingua umana percepisce la lisca a 40 micron, ma noi lo sfilettiamo a 35 così che il cliente non possa accorgersi della sua presenza». Lo guardo, gli sorrido, sono felice di averlo incontrato, è energia pura, Se ce ne fossero di più come lui, i nostri borghi sarebbero migliori. Sta aspettando che gli dica qualcosa, è fiero, lo accontento ed esclamo ridendo: «Sei stato bravo, ora però andiamo a mangiare».
INCLUSION
© everythingpossible/Adobestock
RINASCERE SOSTENIBILI
IL 12 E 13 OTTOBRE, A MILANO, LA NONA EDIZIONE DEL SALONE DELLA CSR E DELL’INNOVAZIONE SOCIALE di Elisabetta Reale
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n’occasione d’incontro, confronto e networking tra organizzazioni per mettere al centro i principali temi legati alla sostenibilità. Un’importante piattafor-
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ma, reale e virtuale, dove raccontare e condividere la propria esperienza e restare aggiornati sui trend più importanti, per attivare, insieme, comportamenti positivi e generare nuove idee.
Il 12 e 13 ottobre Milano ospita la nona edizione del Salone della CSR e dell’innovazione sociale. Rinascere sostenibili è il titolo di quest’anno: un invito a tracciare un percorso verso il futuro con iniziative che mettono al centro organizzazioni, giovani e territori per comprendere fino in fondo la trasformazione in atto e coinvolgere tutti gli attori del cambiamento. Un impegno, una sfida, una speranza: per rinascere sostenibili servono corag-
gio, innovazione, capacità di visione. Dal 2013 il Salone della CSR e dell’innovazione sociale – promosso da Università Bocconi, CSR Manager Network, Global Compact Network Italia, ASviS, Fondazione Sodalitas, Unioncamere, Koinètica e sostenuto dai partner istituzionali Enel, FS Italiane, Poste Italiane, Rai e Terna. – ha l’obiettivo di tenere alta l’attenzione alla sostenibilità, di raccogliere e condividere esperienze positive, di proporre occasioni di confronto tra i diversi attori sociali, con uno sguardo ampio e inclusivo. Appuntamento tra i più attesi del settore, il Salone è riconosciuto come uno tra i principali eventi in Italia dedicato a questi temi e, negli anni, ha contribuito alla diffusione della cultura della responsabilità sociale offrendo occasioni di aggiornamento e confronto tra i diversi attori. Dal 2015, ha ottenuto la certificazione ISO 20121 come Evento sostenibile sia nella fase di progettazione che di realizzazione. L’edizione nazionale 2020 è stata gestita con formula ibrida, con i relatori in presenza alla Bocconi e il pubblico collegato in streaming, raggiungendo ugualmente risultati importanti:
206 organizzazioni protagoniste, oltre 12mila connessioni, 80 eventi, 375 relatori, 14 tappe, un volume edito da Egea e una mostra digitale. Adesso si torna in presenza e sono ben 230 le organizzazioni partecipanti che animano un programma denso, con oltre 100 eventi in due giorni durante i quali si alternano circa 400 relatori. Previsti sei focus tematici su ambiente, persone, filiera, governance, finanza, territorio, perché la sostenibilità può avere volti diversi ma un unico obiettivo: migliorare la vita delle persone e del pianeta. A caratterizzare il Salone sono tre C: concretezza, per pianificare azioni tangibili inserite in strategie di medio-lungo termine; coerenza, condizione necessaria alle imprese per mantenere il rapporto di fiducia con gli stakeholder; collaborazione tra i diversi attori coinvolti nelle trasformazioni in atto. Tutte le iniziative si svolgono all’Università Bocconi, con accesso del pubblico a numero limitato, e vengono trasmesse in diretta streaming sulla piattaforma dedicata. È possibile iscriversi al link salonecsr.it/registration e scegliere se seguire l’evento online
o partecipare in presenza (ingresso consentito esclusivamente con green pass). Tutti gli appuntamenti saranno registrati e visibili anche dopo la manifestazione sul canale YouTube del Salone. E c’è di più: fino al 31 ottobre si può partecipare alla sfida Facciamo crescere il bosco della CSR e contribuire a risparmiare 50mila chilogrammi di CO2, grazie alla partnership con Aworld, l’app ufficiale a supporto della campagna ActNow delle Nazioni Unite contro il climate change, che premia il risparmio generato dalle azioni personali. Se l'obiettivo sarà raggiunto, il Salone, che dal 2018 in collaborazione con Rete Clima compensa le emissioni del sito piantando 100 aberi al Parco Nord di Milano, raddoppierà gli alberi nel Bosco della CSR. Infine, grazie al Giro d’Italia della CSR – 15 tappe da Udine a Bari concluse a giugno 2021 – e agli appuntamenti del Salone Extra previsti fino a dicembre, il Salone tiene alta l’attenzione alla sostenibilità per tutto l’anno. csreinnovazionesociale.it aworld.org SaloneCSReInnovazioneSociale CSRIS_it salone_csr_is
Una delle precedenti edizioni del Salone della CSR e dell’innovazione sociale
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INCLUSION
L’ECOLOGIA DELLA CULTURA
EDUCARE ALLA SOSTENIBILITÀ E ALL’INCLUSIONE SOCIALE PER MIGLIORARE LA QUALITÀ DELLA VITA URBANA. QUESTO L’OBIETTIVO DELLA FONDAZIONE RICCARDO CATELLA E DELLA BIBLIOTECA DEGLI ALBERI DI MILANO di Silvia Del Vecchio - s.delvecchio@fsitaliane.it
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a qualità della vita urbana è importante. Lo sa bene la Fondazione Riccardo Catella, impegnata da 16 anni in progetti civico-culturali incentrati sull’ambiente e l’inclusione sociale nella città di Milano. L’idea nasce nel 2005 per onorare la memoria di Riccardo Catella, anti-
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cipatore di riflessioni sull’ecologia urbana poi diventate realtà nella zona di Porta Nuova, con architetture e spazi pubblici da metropoli contemporanea completati dal figlio Manfredi. La Fondazione ha promosso fin da subito la cultura della sostenibilità attraverso numerosi progetti portati avanti
dell’Onu. Sempre più persone credono nel nostro progetto e hanno scelto di dare il loro contributo diventando Bam Friends: la nostra green community ha superato le mille adesioni. Un gesto di cittadinanza responsabile che speriamo possa essere d’ispirazione. Quali sono i prossimi Bamoment? FC La salvaguardia dell’ambiente e il cambiamento climatico sono elementi cardine del nostro programma culturale. Sta riscuotendo molto successo il Bam Forum, un ciclo di incontri inaugurato dal ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, che in streaming ha ottenuto più di 450mila visualizzazioni. Termina il 12 ottobre con una lectio magistralis di Noam Chomsky, in esclusiva per Bam. Poi, domenica 24, c’è Il parco si fa isola, un mercatino di prodotti artigianali e agroalimentari a chilometro zero. La collaborazione tra voi due è una marcia in più? KRC Credo che noi donne dobbiamo sostenere in primis le altre donne e dare il buon esempio alle generazioni future. La collaborazione femminile è una grande forza che genera un’energia speciale.
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© Elisabetta Brian
bam.milano.it BAMBibliotecaAlberiMilano bam.milano
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Biblioteca degli Alberi e renderla un player culturale di Milano. L’abbiamo inaugurata a settembre 2019 con la Filarmonica della Scala: Back to the City Concert è piaciuto molto al pubblico e, nonostante la pandemia, abbiamo salutato l’estate 2020 con la Nona di Beethoven e, quest’anno, abbiamo avuto Stefano Bollani e l’orchestra laVerdi. Il quartiere di Porta Nuova è rinato grazie al vostro impegno? KRC Bam è stato l’ultimo tassello per la riqualificazione del quartiere, un polo in grado di connettere l’intera comunità offrendo ai cittadini non solo uno spazio verde ma anche un palinsesto culturale gratuito e aperto a tutti. Il parco è diventato il vero elemento di aggregazione della zona, un modello che può essere replicato a livello nazionale, soprattutto per la sua funzione di rigenerazione del territorio. Come ideate e costruite la proposta culturale? FC L’ascolto della comunità è un ingrediente fondamentale, insieme alla nostra creatività, per dar vita a un programma ricco e gratuito, composto da oltre 200 eventi all’anno (i Bamoment) per tutte le età. Il parco diventa così un luogo aperto al dialogo intorno a quattro temi – #nature, #education, #openairculture, #wellness – ispirati ai 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile
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negli anni, come gli orti didattici e i campi estivi. Più recente è la creazione di un giardino botanico contemporaneo, la Biblioteca degli Alberi Milano (Bam), unica esperienza in Italia. Ce ne parlano due donne che, con grande professionalità e passione, lavorano insieme per il bene della comunità: Kelly Russell Catella, direttrice generale della Fondazione, e Francesca Colombo, direttrice culturale di Bam. In che modo favorite l’inclusione sociale? KRC Per esempio con MiColtivo - Orto a Scuola, un’esperienza avviata in alcune scuole pubbliche periferiche di Milano per incoraggiare l’integrazione multiculturale tra bambini e famiglie con tradizioni alimentari differenti. Dal 2012 a oggi abbiamo coinvolto otto istituti, 11mila studenti, 31mila familiari e oltre 165 docenti, con ottimi riscontri. E poi con Porta Nuova Smart Camp, in collaborazione con Dynamo Camp e L’abilità onlus: una settimana di attività educative e ricreative gratuite che a luglio di ogni anno, prima della pandemia, riuniva in un’esperienza comune bambini con e senza bisogni particolari o patologie gravi. Un progetto che ci auguriamo di poter far ripartire presto. Con la creazione della Biblioteca degli Alberi avete inaugurato una virtuosa collaborazione tra pubblico e privato per la gestione del parco e il programma culturale offerto. Come funziona? KRC Bam è un progetto importante per la Fondazione Riccardo Catella e sperimentale per tutti i soggetti coinvolti. Il primo lotto è stato inaugurato nel 2017, due anni dopo è stata firmata la convenzione tra il Comune di Milano e Coima per la gestione tecnica e culturale da parte della Fondazione. Oltre a testimoniare un’alleanza virtuosa tra pubblico e privato, Bam investe nella natura, nella cultura e nell’educazione sociale e ambientale: una formula che è riuscita a creare una vera e propria comunità e a portare bellezza e benessere in città. FC Abbiamo la sensazione di essere sulla strada giusta grazie agli oltre 50mila cittadini che in questi due anni hanno partecipato alle attività del parco. È stato sfidante lanciare la
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COME BACK È ARRIVATO FINALMENTE IN SALA NO TIME TO DIE, IL NUOVO FILM DI JAMES BOND, GIRATO ANCHE IN ITALIA. A VESTIRE I PANNI DELL’AGENTE SEGRETO È ANCORA DANIEL CRAIG di Will Lawrence
Daniel Craig in un’immagine del film No Time To Die 75
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Daniel Craig in un’immagine del film No Time To Die
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«Fare un film in una stazione è sempre difficile, ovunque ci si trovi nel mondo», commenta il location manager di No Time To Die Charlie Hayes, «ma Trenitalia si è rivelata sempre di grande supporto e non ha mai perso l’entusiasmo». E cosa ne pensa il protagonista delle nuove avventure di Bond? Lo abbiamo chiesto direttamente a lui, l'attore Daniel Craig, che veste ancora i panni dell’agente segreto. Dopo le scene italiane troviamo Bond
in pausa dal servizio, che si gode in tutta tranquillità la Giamaica… Sì, è tornato nella sua casa spirituale e non è in servizio. Ma Bond non è un tipo che sta con le mani in mano: si è tenuto occupato, allenato, sempre in guardia. Si verificano una serie di coincidenze, che sono sempre un buon modo per far partire un film. Poi l’azione si muove velocemente. Quando il suo vecchio amico Felix Leiter gli chiede di fare un lavoretto lui accetta, anche se non lavora ufficialmente per
Le riprese di No Time To Die nella stazione di Sapri (SA)
© Nicola Dove
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a moltissimo tempo i film di James Bond hanno uno stretto legame con l’Italia, destinazione abituale da quando l’attore britannico Daniel Craig veste i panni dell’agente 007. In Casino Royale, Quantum of Solace e Spectre si sono viste, infatti, scene girate nel nostro Paese. E anche per il 25esimo episodio della saga, No Time To Die, arrivato nelle sale il 30 settembre dopo molti rinvii a causa della pandemia, la produzione non ha esitato a sceglierlo di nuovo. «Era l’ambientazione perfetta», commenta il regista e co-sceneggiatore Cary Fukunaga, «perché Bond e Madeleine (interpretata da Léa Seydoux, ndr), alla fine di Spectre, scivolano in auto verso il tramonto. E quale Paese ha luoghi più romantici dell’Italia? La città antica di Matera e i suoi paesaggi sono incredibili, dovevamo assolutamente girare lì». Dopo il ciak nella cornice lucana, con tanto di inseguimento automobilistico, i due protagonisti sono al centro di una scena importante in una stazione ferroviaria che è stata girata a Sapri, nel Salernitano, dove la collaborazione con Trenitalia e il Gruppo FS ha permesso alla troupe di portare a termine la sequenza.
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la CIA. Così parte per Cuba. Il film riflette ciò che sta succedendo nel mondo? Quello che accade influenza sempre le pellicole di James Bond, ma non penso fosse nostra intenzione farlo esplicitamente. Sono dell’idea che si parte col piede sbagliato se si cerca di calare a tutti i costi una pellicola nell’attualità, esagerando con i riferimenti. Le avventure di 007 parlano di paure differenti, di quello che vogliono i cattivi: distruggere il mondo? Dominarlo? Spartirselo tra di loro? Sono tutte domande che solleviamo e che, inevitabilmente, si mettono in relazione con ciò che sta accadendo nel nostro pianeta. Quando i produttori lavoravano a GoldenEye la gente chiedeva se avrebbero trattato la Guerra Fredda appena terminata. Si sbagliavano. Il mondo è sempre più complicato, ma noi dobbiamo chiederci cosa vogliono i cattivi. Dopotutto, è sempre un film per famiglie. Cosa ha portato di nuovo alla saga il regista Cary Fukunaga? È un visionario, ha uno stile molto netto. E c’è bisogno di qualcuno particolarmente deciso per fare un film su James Bond, che non è cosa da poco. È importantissimo che ci sia un regista con un linguaggio cinematografico così forte e una profonda conoscenza di come si realizza una pellicola: la coerenza è fondamentale, non solamente nel racconto ma in ciò che trasmette. Così che gli spettatori non dicano: «Aspetta, cosa sta succeden-
Rami Malek in un’immagine di No Time To Die
do?». Fukunaga è anche giovane e ha una grande capacità di resistenza. Elemento di vitale importanza, visto che le riprese sono durate ben sette mesi. La scelta dell'antagonista, Safin, è ricaduta su Rami Malek. Come è andata con lui? È un attore fantastico e siamo stati fortunati ad averlo, visto che era impegnatissimo. Il suo nome è iniziato a circolare molto presto, non eravamo sicuri che avrebbe accettato perché la parte non era ancora ben definita. Per quanto fosse una bella idea, bisognava almeno poter dire: «Non abbiamo ancora tutte le battute, ma questo è il personaggio». E invece all’epoca non eravamo nemmeno in queste condizioni, tutto era approssimativo. Con uno come Rami non si può promet-
tere qualcosa e poi non rispettarlo. È stato un rischio, ma è andata bene. Come si è evoluto il tuo James Bond nel corso dei cinque film? Ci abbiamo pensato fin dall’inizio, con Casino Royale. Volevo che Bond assomigliasse e si comportasse da killer, perché è quello che è: un assassino, come descritto nei libri. Ma era mia intenzione dargli anche un’interpretazione moderna. Per questo le pellicole hanno parlato molto delle sue relazioni, di come queste lo influenzino cambiando e indirizzando la sua vita. Non importa se con un villain o con le persone con cui lavora. Quali sono i temi principali di No Time To Die? La famiglia e l’amore. Sono campi che non hanno limiti, non si può puntare più in alto di così. D’altronde, siamo in
© Nicola Dove
Léa Seydoux e Daniel Craig in una sequenza di No Time To Die girata nella stazione di Sapri (SA)
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© Epa/Susie Allnutt/Sony/Ho
CINEMA
Daniel Craig sui tetti di Siena, durante il Palio, in un’immagine del film Quantum of Solace
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ogni cosa, il processo è lunghissimo. Come ti senti a ripensare al tuo periodo nei panni di James Bond? È davvero un’emozione, sono quasi 15 anni della mia vita. E con l’episodio numero 25 mi è sembrato ci fosse una storia da chiudere e tante questioni aperte da risolvere. Penso che lo ab-
biamo fatto, ne sono enormemente orgoglioso e sono incredibilmente fiero dell’enorme sforzo collettivo che serve a realizzare un film del genere. Esserne stato una piccola parte è per me un grande onore. 007.com
Monica Bellucci e Daniel Craig al Foro Romano, sul set del film Spectre
© Ansa/Caludio Onorati
un film di James Bond ed è il contesto giusto per usare l’espressione: «Fai le cose in grande o non farle affatto». Ma il pubblico da 007 si aspetta anche azioni spettacolari e, soprattutto, gadget fantastici… Questo aspetto della promozione mi appassiona molto. Anche se il film Austin Powers, la parodia delle prime pellicole incentrate sulla figura di 007, non ha fatto un grande favore a Bond, demolendone il mito proprio quando io ho iniziato a vestire i panni dell’agente segreto. Così abbiamo dovuto reinventare i gadget e riscoprirli. Li stiamo reinserendo ora. È la tua quinta interpretazione di Bond. È un uomo facile da capire per un attore? Quando ho iniziato a interpretarlo mi ci volevano circa tre mesi per prepararmi ai film. Ora mi serve un anno: nella mia testa inizio il processo già prima che arrivi il copione, perché comincio a mettermi in forma e prepararmi alle scene più pericolose. La nostra bravissima costumista, Suttirat Anne Larlarb, è venuta a New York per discutere di abiti molto prima che iniziassimo a girare. Diciamo che, per
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FA FESTA di Gaspare Baglio
© Tullio M. Puglia/Getty Images
DAL 14 AL 24 OTTOBRE, NELLA CAPITALE, LA 16ESIMA EDIZIONE DELL’EVENTO DEDICATO ALLA SETTIMA ARTE. DUE I PREMI ALLA CARRIERA, A QUENTIN TARANTINO E TIM BURTON gasparebaglio
Auditorium Parco della Musica di Roma
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© courtesy of Searchlight Pictures © 2021 20th Century Studios All Rights Reserved
CINEMA
Una scena del film di apertura, The eyes of Tammy Faye, diretto da Michael Showalter
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l'Auditorium del carcere di Rebibbia e le sale cinematografiche cittadine. Insomma, non si sfugge dall’onnipresente occhio della cinepresa. Quest’anno, poi, ci saranno parecchi dei dell’olimpo di celluloide, come
sottolinea lo stesso Monda: «Abbiamo lungometraggi legati al mondo dello sport e della musica, un omaggio a Monica Vitti presentato da Paola Cortellesi, la scrittrice cult Zadie Smith che viene a parlare di cinema e due
Il red carpet della Festa del cinema di Roma durante una delle scorse edizioni
© Luca Dammicco/Fondazione Cinema per Roma
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isogna ricordarsi di celebrare le ricorrenze. E tra quelle di ottobre la Festa del cinema di Roma, dal 14 al 24, è imprescindibile. Uno degli obiettivi della 16esima edizione è onorare la settima arte in presenza. «Se riuscissimo a farlo al 100%, e non all’80 come lo scorso anno, sarebbe una gran cosa», afferma il direttore artistico della manifestazione, Antonio Monda. «Anche perché il format e l’architettura della kermesse restano invariati: una selezione ufficiale di 35 titoli, la sezione Riflessi con circa 20 film, la retrospettiva sull’opera del cineasta Arthur Penn curata da Mario Sesti, gli incontri ravvicinati con le grandi star, la sezione Alice nella città, indipendente e parallela, che prevede tre co-produzioni. Senza dimenticare gli omaggi, i confronti tra personalità legate al mondo della cultura e gli adattamenti che raccontano le pellicole nate dai romanzi». I templi dove votarsi al grande schermo sono, come sempre, l’Auditorium Parco della Musica (con tanto di red carpet e sale di proiezione), ma anche il MAXXI - Museo nazionale delle arti del XXI secolo, la Casa del cinema, il circuito delle Librerie indipendenti,
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premi alla carriera da consegnare, a Quentin Tarantino il 19 ottobre e a Tim Burton il 23. Entrambi racconteranno al pubblico il loro amore per le pellicole italiane». Il creatore della saga Kill Bill e di blockbuster come Pulp fiction e Django unchained ha subito dichiarato: «C’è stato un momento della vita in cui guardavo tutti i film italiani, poi ho dedicato gli anni migliori della mia carriera a realizzare la mia versione di queste pellicole. Quindi, ricevere questo riconoscimento è fantastico». Anche Burton, celebre per lo stile gotico di super movie come Batman, Edward mani di forbice eLa sposa cadavere non si è risparmiato: «Registi come Federico Fellini, Mario Bava e Dario Argento sono stati importanti fonti di ispirazione nella mia vita. È davvero speciale, per me, ricevere questo premio. E ritirarlo a Roma, una città che amo e che ti fa sentire protagonista del tuo stesso film, è molto emozionante». L’icona dell'immagine ufficiale della Festa di Roma, quest’anno, è la meravigliosa Uma Thurman, una divinità del cinema, ma soprattutto «una donna forte, sensibile, intelligente, indipendente. Una presenza imprescindibile come la bellezza e la libertà»,
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aggiunge il direttore artistico. E per quanto riguarda la sua idea circa i titoli nostrani presenti all’evento capitolino precisa: «Cerco sempre di selezionare anziché allargare, sarebbe un errore colossale prendere un film solo perché italiano. Le pellicole si scelgono se sono belle». Per quel che riguarda l’opera che ha l’onore e l’onere di aprire questa edizione della Festa, si è orientato verso il biopic The eyes of Tammy Faye. «Una vicenda avvenuta realmente in America, che rivela una verità valida in ogni parte del mondo: dietro ogni moralista si celano sempre personalità e circostanze complesse. Diretto in modo brillante da Michael Showalter, è interpretato meravigliosamente da tutti gli attori, sui quali svetta una straordinaria e indimenticabile Jessica Chastain». Al centro della storia la straordinaria ascesa, caduta e redenzione della telepredicatrice Tammy Faye Bakker che, fra gli anni ‘70 e ‘80, insieme al
marito Jim, fondò il più importante network televisivo religioso statunitense, realizzando un grande parco divertimenti. Raggiunse il successo grazie a messaggi di amore, benevolenza e prosperità ed entrò nel mito per le sue ciglia, il modo di cantare e l’entusiasmo nell’accogliere persone di ogni estrazione sociale. Nel corso degli anni, però, irregolarità finanziarie, rivalità e scandali ne rovesciarono l’impero multimilionario. Tutto è pronto per partire, dunque, ma quale futuro si prevede per la manifestazione? «Sono in scadenza di mandato», confessa Monda, «ma credo di poter dire che abbiamo dato un’identità all’evento: è un festival dove si valorizzano i film senza metterli in competizione. Il mio obiettivo non è una Venezia di serie B, ma una Roma di serie A» Amen. romacinemafest.it romacinemafest
AL CINEMA CON TRENITALIA I titolari CartaFRECCIA e i possessori di un abbonamento regionale per Lazio, Campania e Toscana hanno il 20% di sconto sull’acquisto dei biglietti per le proiezioni all’Auditorium Parco della Musica di Roma. Maggiori dettagli su trenitalia.com. 81
ARTE
DENTRO IL PRESENTE A FIRENZE LA PIÙ GRANDE MONOGRAFICA DEDICATA A JEFF KOONS. CHE CON LE SUE OPERE GIOCOSE CRITICA LA SOCIETÀ CONTEMPORANEA E IL CONSUMISMO di Sandra Gesualdi 82
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Tulips (1995-1998) Collezione privata © Jeff Koons Photo Tom Powel Imaging
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ARTE
«Inflatable Flowers, del 1978, è tra le prime creazioni tridimensionali, dopo l’esperienza pittorica. Sono dei ready-made ispirati a Warhol e Duchamp. L’artista ripropone un oggetto vero ma inserisce tra i petali degli specchi per estraniare l’immagine e creare, così, giochi di riflessi e vari punti di vista. Lo spettatore, quindi, si trova dentro i fiori» [Arturo Galansino] Collezione dell’artista © Jeff Koons Serie Inflatables
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Ironico, controverso e discusso. Jeff Koons è un nome che nel mondo dell’arte significa fama, sperimentazione e linguaggi in continua evoluzione. «Un artista per cui si usano molto i superlativi», spiega Arturo Galansino, curatore insieme a Joachim Pissarro della grande mostra a Firenze dedicata allo scultore americano. «In effetti, ha incarnato le trasformazioni del contemporaneo negli ultimi 40 anni». Jeff Koons. Shine, a Palazzo Strozzi fino al 30 gennaio 2022, promette di essere una delle più complete monografiche che gli siano mai state dedicate, con una selezione delle opere più celebri che coprono tutta la sua carriera. Dai primi lavori degli anni ’70 alle più recenti rimodulazioni della classicità, dai piccoli oggetti alle grandi installazioni. Con una lettura critica più approfondita, capace di far emergere simboli, denunce e biografie personali, intrecciandole a certi riti della società occidentale. «Spesso lo si associa a un’arte sempre più globale e costosissima, legata a un mercato in costante crescita», prosegue Galansino, che della Fondazione Strozzi è il direttore generale, spiegando i pas-
«One Ball Total Equilibrium Tank (1985) cita il minimal. Il pallone in una teca è tenuto sospeso in perfetto equilibrio, tanto da sembrare un’idea nell’iperuranio prima che prenda forma, un archetipo quasi platonico. E sottintende una denuncia sociale: in America le persone di colore possono accedere al successo solo attraverso lo sport, ma non con lo studio» Collezione privata © Jeff Koons Serie Equilibrium
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«Jim Beam - J.B. Turner Train è la riproduzione di un trenino in acciaio, il materiale dell’industria delle auto, del boom economico, dell’epopea americana di cui il treno, che attraversa il Paese, è uno dei simboli. L’acciaio è anche il metallo della classe operaia. Un oggetto kitsch che rimanda a stratificazioni di fenomeni sociali, economici e politici americani» Collezione privata © Jeff Koons Photo © 2014 Christie’s Images Limited Serie Luxury and Degradation
saggi salienti della mostra. «Questo è un dato incontrovertibile, le sue opere sono state battute all’asta come le più care al mondo per un artista vivente». Nell’immaginario collettivo, Koons è l’artista delle grandi sculture a forma di palloncino, tra cui Rabbit, venduto a quasi 100 milioni di dollari, il record di sempre. Cosa vuole far emergere questa rassegna? Vorrei che uscissero anche le caratteristiche più profonde del lavoro di Jeff, che con le sue creazioni parla di
inclusione, di critica sociale e al consumismo, di spiritualità. Ha come precedenti Andy Warhol e i ready-made di Marcel Duchamp, Salvador Dalí e il Concettuale. I suoi sono lavori ironici, ludici, citano e reinterpretano, ma rappresentano molto di più, rimandando
© Nicolas Tucat/Afp via Getty Images
Jeff Koons davanti alla scultura Bluebird Planter (2010-2016)
a temi profondi. Il critico Francesco Bonami, in un suo saggio, ha scritto che Koons trasforma la banalità in qualcosa di prezioso. È vero. Ha elevato la convenzionalità del quotidiano e, soprattutto, ha svelato molto della nostra società, quella dei consumi, sbattendoci in faccia il kitsch e il gusto delle masse sublimandolo in oggetti del desiderio per le élite, in capolavori per grandi collezionisti. Come ci è riuscito? Con un’operazione condotta con grande generosità e rimettendo in gioco i punti di vista di tutti i visitatori, quelli addetti ai lavori e quelli che hanno gli occhi meno allenati. Jeff considera l’arte, che sia nota o meno, alla portata di tutti e vuole considerare qualsiasi percezione, approccio, sguardo e riflessione che ne deriva. In mostra ci sono anche i suoi ultimi progetti. Sì, quelli della serie Gazing Ball, forse ancora poco capiti, in cui propone una rilettura delle sculture e dei dipinti classici. Che sia un calco da accademia o una copia concepita per abbellire i giardini, realizza riproduzioni che diventano memoria delle opere d’arte stesse, caratterizzandole con una palla di vetro blu. Ogni pezzo ha una sua lettura più concettuale e profonda. Le palle di vetro soffiato blu, per esempio, sono create dal respiro umano e rappresentano la nostra biologia ma sono anche un ricordo della periferia americana dove le case si abbelliscono con sfere specchianti. 85
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«Rabbit è la prima opera in metallo che imita in maniera realistica un gonfiabile tanto da sembrare un vero palloncino. Una svolta per l’attività di Koons: trasformare una cianfrusaglia labile, un gioco infantile, in monumento perenne. Oltre l’oggetto di uso comune, lo sguardo più colto ritrova le grandi sculture di Costantin Brancusi trasformate quasi in idolo» Collezione dell’artista © Jeff Koons Photo 2019 Christie’s Images Limited Serie Statuary
«Bluebird Planter è ispirato al mondo delle porcellane, i soprammobili della nonna considerati di cattivo gusto ma, di fatto, parte dell’immaginario di molti. Koons rende cultura anche gli interni delle abitazioni e delle famiglie più semplici. Democraticizzare il gusto e l’arte è tra le sue maggiori finalità» Collezione dell’artista © Jeff Koons Photo Tom Powel Imaging, Courtesy Gagosian Serie Gazing Ball
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«Dolphin è tra gli oggetti cheap dal significato ambiguo, riferibile sia alla sessualità fetish sia agli strumenti appesi nella cucina di case popolari» Collezione dell’artista © Jeff Koons Photo Tom Powel Imaging, Courtesy Sonnabend Gallery Serie Popeye
«Ballon Dog fa parte della serie più celebre e riconoscibile legata all’immaginario ludico e colorato dei bambini. Tuttavia, è una serie intrisa di nostalgia e autobiografia, perché legata alla paternità dell’artista e al travagliato rapporto con la moglie, Ilona Staller, che dopo il divorzio gli permette di vedere poco il figlio. Queste opere ricordano le feste di compleanno dei piccoli e i pranzi familiari, sono legate ai riti della società borgese occidentale riportata, qui, con punte di critica mista a malinconia e senso di incompiuto. Shine, da cui il titolo, vuol dire splendore o lucentezza della forma, ma anche apparenza e inganno della sostanza» Collezione privata © Jeff Koons Photo Mike Bruce, Gate Studios, London. Courtesy the Royal Academy of Arts, London Serie Celebration
SCONTI TRENITALIA
© Alessandro Moggi
Ingresso 2x1 riservato ai soci CartaFRECCIA muniti di biglietto per Frecce o Intercity con destinazione Firenze, in una data antecedente al massimo di cinque giorni da quello in cui si intende visitare la mostra. Tariffa ridotta sul biglietto singolo per chi è in possesso di un ticket Frecce, sempre destinazione Firenze, per i titolari CartaFRECCIA, i clienti Intercity e gli abbonati regionali Toscana. trenitalia.com
Ar turo Gal ansino
SCRIPTA FESTIVAL. L’ARTE A PAROLE Dal 7 al 23 ottobre torna a Firenze la rassegna Scripta Festival. L’arte a parole. Il sottotitolo Forte movimento evoca la potenza dell’arte che si muove per raggiungere tutti, anche pubblici lontani dagli epicentri della cultura. In programma presentazioni di libri, incontri con gli autori, esposizioni, recital, concerti e attività pedagogiche. Diffuso in vari luoghi della città, tra cui la Libreria Brac e la Palazzina Reale di Santa Maria Novella. scriptafestival.it
Riflettendo l’immagine dei visitatori e dell’opera stessa, includono tutto, anche il qui e ora, in un’unica continua storia culturale. I pezzi della serie Celebration, conosciutissimi come Balloon Dog, traggono invece ispirazione da giocattoli e feste familiari. A livello tecnico sono miracoli barocchi, perché per quanto sembrino leggeri sono di acciaio pesantissimo. Indagano le modalità con cui la cultura si trasmette, viene tramandata e percepita dai vari strati della società. Koons non è solo il creativo giocoso e provocatore da 100 milioni di dollari ma anche e soprattutto l’artista che scandaglia l’animo umano e il contemporaneo, rendendolo accessibile e comprensibile al grande pubblico. C’è, in questo, l’accettazione del punto di vista di ognuno. Costruisce palloncini in acciaio, ma allude al respiro e all’effimero del nostro stare al mondo. Domanda di rito. A cosa serve l’arte contemporanea? A formare e far conoscere, perché parla del presente, dell’oggi. Dovrebbe essere l’arte meglio compresa. palazzostrozzi.org 87
ARTE
QUIRINALE Arnaldo Pomodoro, Disco in forma di rosa del deserto (1993-94)
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CONTEMPORANEO DA MARIA LAI A LUCIO FONTANA, PASSANDO PER MICHELANGELO PISTOLETTO. OLTRE 200 CAPOLAVORI DI AUTORI ECCELLENTI ABITANO IL PALAZZO DEGLI ITALIANI. CHE RIAPRE AL PUBBLICO DA OTTOBRE di Cesare Biasini Selvaggi cesarebiasini@gmail.com
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arte tutto dallo sguardo per Maria Lai. Occhi che attingono alla tradizione della propria terra sarda, comprendono antiche leggende, riflettono la natura primordiale delle stupende montagne che minacciano ed esaltano la natia Ulassai, nell'Ogliastra. E prosegue con quella creatività che si rivela quotidianamente al femminile nel gioco di intrecci di fili e ricordi, tra telai e tele cucite, fate (le janas dei racconti popolari) e caprette applicate su libri di stoffa con spartiti musicali e fiabe magiche. Questi pensieri mi fanno compagnia mentre osservo il suo Senza titolo (serie telai) del 2010, ospitato nella Sala delle Logge. Nella prima Sala di rappresentanza, invece, i miei occhi vengono subito abbagliati dai riflessi argentei dell’imponente Concetto spaziale: la Luna a Venezia (1961) di Lucio Fontana. La superficie è il campo privilegiato d’azione dei suoi gesti, che lasciano il segno e contestualmente esprimono il concetto stesso di spazio: “di qua” dove siamo noi, “di là” dove diviene indeterminato e, per questo, infinito. Nel 1958 esegue i Tagli, netti, primi di una lunga serie intitolata Attese (di un accadimento necessariamente da compiersi) che, come un colpo di rasoio, lacerano l’opera singolarmente o in modalità reiterata, nel caso che ho davanti agli occhi. Poi si passa alla Galleria dei Busti. «L’arte è stato d’animo angelico, geometrico. Essa si rivolge all’intelletto e non ai sensi. Non la modellazione ha importanza, ma la modulazione». Mi vengono in mente queste parole di Fausto Melotti quando mi imbatto nel suo Contrappunto XII del 1975, dalle forme tridimensionali e, anche in questo caso, anti-scultoree e anti-monu89
ARTE
Luciano Ventrone, Coerenza geometrica (2017)
mentali, tra elementi come asticelle d’ottone e garze che rivelano il suo atteggiamento anaffettivo verso la materia. Materia a cui Melotti ricorre lo stretto indispensabile per modulare le sue opere con note musicali visive, secondo i principi dell’armonia e del contrappunto di Johann Sebastian Bach. La formazione e la passione musicale, infatti, si affianca a quella artistica e tecnico-scientifica (nel 1924 si era laureato in ingegneria elettrotecnica al Politecnico di Milano), contribuendo a restituire strutture geometriche quanto fantasiosamente ritmiche in un valzer di contrapposizioni tra pieni e vuoti, luci e ombre, epifanie e sparizioni che ora danza di fronte a me. Il Cielo giallo (2011-2014) di Piero Guccione, invece, con la sua proverbiale luce dorata e azzurra illumina d’immenso – è proprio il caso di dirlo – il belvedere inferiore del Torrino. «Sono un uomo che ha bisogno di guardare il mare, con la memoria, guardarlo avendolo lì a un passo, come lo avevo certamente guardato da bambino», confidava nel 1983 il grande artista siciliano a Giorgio Soavi. Pochi autori hanno saputo restituire come lui la dimensione pittorica della luce e l’interazione tra il cielo e il mare. Che poi è niente di più di quel tratto di costa lungo la spiaggia inarcata di Sampieri, nel ragusano, davanti al Medi-
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terraneo. È questa la grande impresa che quotidianamente Guccione ha affrontato: catturare anche solo per un istante, nel tentativo di renderla eterna, quell’impercettibile linea di confine che divide il cielo e il mare, il noto e l’ignoto, l’intellegibile e l’imperscrutabile. Nella Sala della Pendola, un nuovo, sorprendente dipinto: Coerenza geometrica, del 2017. Si tratta di un cesto colmo di ciliegie, più vere del vero, di cui sarei tentato di afferrarne almeno una. E il mio ricordo corre al suo autore, Luciano Ventrone, che ci ha lasciati lo scorso aprile. Mi sembra di vederlo nel suo studio di Collelongo, in provincia dell’Aquila, con gli occhiali arroccati sul naso, la luce puntata sulla tela di lino mentre Piero Guccione, Cielo giallo (2011-2014)
le mani si muovono sicure e veloci impugnando il pennello usato come un bisturi. E, fino a pochi anni orsono, sotto lo sguardo sonnacchioso della sua Micia. È stata la passione per il suo lavoro a riempirgli la vita. La consapevolezza di saperci davvero fare con pennello e colori per andare oltre la realtà e le sue apparenze. Tanto da definirsi un “pittore astratto”. Nella Sala degli Arazzi di Lille, incontro un’altra opera di un artista-amico: conTatto (2017) di Michelangelo Pistoletto che, dall’alto dei suoi 87 anni, è riuscito anche a battere il Covid-19 dopo un lungo ricovero. In questo lavoro ritrovo, attraverso l’impiego dello specchio, la dimensione del tempo, non soltanto rappresentato ma realmente presente; l’inclusione nell’opera di me spettatore e dell’ambiente circostante che ne fanno l’autoritratto del mondo; la congiunzione di coppie di opposte polarità (statico/ dinamico, superficie/profondità). Ma c’è qualcosa di più. Adagiato su un’antica consolle, con il suo gioco di quadri specchianti conTatto riproduce gli indici di due mani diverse che si toccano, con esplicito riferimento alla Creazione di Adamo di Michelangelo, tra tutti i capolavori della Cappella Sistina senz’altro uno dei più famosi. Il grande artista di Biella sembra volerci ricordare che l’altro, il nostro prossimo, è lì, ma la decisione di cercarlo dipende da noi. Se vogliamo stendere il dito lo toccheremo, ma se non vogliamo possiamo passare anche tutta la vita senza cercarlo. È interessante e, aggiungo, significativo che proprio quest’opera di Pistoletto, questa sua
esortazione alla dimensione comunitaria dell’esistenza, occupi la sala che ospita le riunioni del Consiglio supremo di difesa. Sì, perché ancora non vi ho svelato il luogo di questa mia visita. Non è un museo né una mostra d’arte o una collezione privata. Siamo sul Colle più alto delle istituzioni italiane, nella casa di noi tutti ovvero al Quirinale o, meglio, al Quirinale contemporaneo. Il suo significato viene spiegato dallo stesso presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nella prefazione del catalogo edito da Treccani: «Per dirsi a pieno titolo Casa degli italiani, il Palazzo necessitava, dunque, di un adeguamento, quale quello realizzato con il progetto Quirinale contemporaneo nelle sue tre edizioni del 2019, 2020, 2021. Un progetto volto ad aggiornare l’immagine delle sedi istituzionali tramite l’inserimento di rilevanti espressioni del genio e dell’estro degli artisti ita-
Michelangelo Pistoletto, conTatto (2017)
liani, dalla nascita della Repubblica ai nostri giorni: opere d’arte e oggetti di design che aggiungono un’importante testimonianza pubblica dell’eccellenza italiana in questo settore, mai affievolita». Quell’eccellenza contemporanea, quell’italian factor, cioè quel misto di intelligenza, creatività, gusto, Emilio Vedova, Per la Spagna I e II (1962)
capacità tecniche e artigiane stratificate in secoli e millenni, attraverso le opere di grandi artisti e designer tra il XX e XXI secolo, sono entrati in maniera armoniosa (operazione non semplice) tra arredi, decori del periodo papale e sabaudi. Da Carla Accardi a Gae Aulenti e Piero Castiglioni, da Marino Marini a Gio Ponti, da Alberto Burri a Enzo Mari, da Grazia Varisco a Roberto Lazzeroni, oltre 200 lavori e capolavori del contemporaneo tra arti visive e design abitano oggi il Palazzo del Quirinale e, in misura minore, la Tenuta presidenziale di Castelporziano (RM) e, simbolicamente, Villa Rosebery a Napoli. Grazie al lavoro degli uffici della Presidenza della Repubblica, sotto l’attenta guida del segretario generale Ugo Zampetti e con la curatela dell’architetto Renata Cristina Mazzantini, è stata realizzata questa straordinaria quanto innovativa operazione culturale che produce ben-essere per tutti i dipendenti e gli ospiti del Palazzo, ma anche conoscenza, valorizzando la vera vocazione italiana: l’innovazione permanente attraverso la formalizzazione dell’intangibile, l’evoluzione dell’immaginario intelligente, il potere della fantasia colta, che affondano le loro radici nell’unità rinascimentale delle arti e nella conciliazione tra cultura tecnica e umanistica. Viene, allora, da concludere con le parole del drammaturgo tedesco Bertolt Brecht: «Le arti servono a quella più grande, la vita». Compresa quella delle istituzioni, aggiungo io. palazzo.quirinale.it
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ARTE
CILENTO MUSEO DIFFUSO OPERE IN FERRO E ACCIAIO IMMERSE NEL PAESAGGIO, DA CAPACCIO A SAPRI. UN INEDITO PERCORSO D’ARTE CONTEMPORANEA ATTRAVERSA I BORGHI IN PROVINCIA DI SALERNO
© Cristina Santonicola
di Peppe Iannicelli
Pier Tancredi de-Coll' Mira alla luna Ogliastro Cilento (SA) 92
en plein air. Centinaia di chilometri, 11 comunità coinvolte, grandi artisti conquistati dalla magia del territorio che restituiscono le loro emozioni con opere in ferro e acciaio esposte in piazze e luoghi iconici di ciascun paese. Il Percorso è già a buon punto, sono oltre 40 le opere già installate nei primi sette comuni. UN’ESPOSIZIONE DIFFUSA Il Pacc ha ottenuto fin dal principio grande successo, e non soltanto nel novero degli appassionati d’arte contemporanea. L’ambiziosa grandiosità del progetto ha incuriosito anche i viaggiatori più consapevoli che ben volentieri hanno cominciato a inse-
rire nei loro tragitti la visita a questa magnifica esposizione diffusa sul territorio. Hanno unito il desiderio d’incontrare grandi protagonisti dell’arte contemporanea con la scoperta di borghi che custodiscono bellezza e tradizioni. La curatela artistica del Percorso è affidata a Elio Rumma. Le opere sono realizzate dalla Tesi - Tecnologie e servizi innovativi, un’azienda aeronautica di valore internazionale che ha sede nel minuscolo paese di Cicerale. E anche questa è una storia davvero incredibile: la Tesi, infatti, lavora per Leonardo, per Boeing e per la Nasa. Come se, in qualche misura, un frammento di stelle si fosse de-
Tommaso Cascella, Maestrale, Capaccio Paestum (SA)
© Cristina Santonicola
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l Cilento è una terra di grandi evocazioni millenarie. Una terra di ninfe ed eroi mitologici come Palinuro, il nocchiero di Enea conquistato dal dio Sonno e caduto in mare mentre conduceva la flotta degli esuli troiani verso l’appuntamento fatale con la fondazione di Roma. Alla sua tragica fine è dedicato l’omonimo promontorio di una delle mete turistiche più glam della Campania. Il Cilento è terra di grandi filosofi, come Parmenide e Zenone, il cui genius loci abita ancora tra le rovine di Velia e l’arco di Porta Rosa. È terra di imprese surreali come quella dei trecento giovani e forti di Carlo Pisacane, il cui urlo di libertà ancora risuona per queste contrade. Ed è la terra della dieta mediterranea, vero e proprio elisir di lunga vita. Una storia millenaria a tinte forti permea luoghi ispiranti, ideali per far germinare un’idea di contaminazione creativa fenomenale. ARTE EN PLEIN AIR Il Percorso d’arte contemporanea in Cilento (Pacc) congiunge idealmente i comuni di Cicerale, Capaccio, Ogliastro Cilento, Prignano, Torchiara, Rutino, Laureana Cilento, Perito, Omignano, Stella Cilento e Cuccaro Vetere. Questi borghi sono collegati da strade provinciali che s’inerpicano lungo colline colorate dalla macchia mediterranea, da vigneti, uliveti e canne al vento. Paesi che sono lontani dalla pazza folla delle vacanze balneari, dove il tempo scorre lento a misura d’uomo tra lunghi silenzi di assolati pomeriggi estivi e i brividi delle notti invernali. Paesi che il mare, per lo più, lo intravedono in lontananza e sono capaci di avvolgere il viaggiatore in una carezza senza tempo. Paesi abitati da donne e uomini capaci di contemplazioni assorte, sguardi penetranti, evocazioni oniriche. Nei loro volti, solcati dal sole e dalla pioggia, sembra di scorgere l’antica memoria degli eroi omerici e dei discepoli prediletti di Parmenide e Zenone. In questo contesto urbano straordinario, naturale e antropologico, l’ideatrice Angela Riccio De Braud, vicepresidente della Fondazione Matteo e Claudina de Stefano che promuove l'iniziativa, sta dando vita a un grande museo diffuso d’arte contemporanea
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© Mekanè Produzioni e Alta Prospettiva
ARTE
positato sulle composizioni in ferro e acciaio finora realizzate e su quelle in corso d’opera. TRIBUTI A SOLE, VENTO E LUNA Il tragitto del Pacc, realizzato dalla Fondazione Matteo e Claudina De Stefano, comincia a Capaccio dove Tommaso Cascella ha creato Ostro, Maestrale, Levante e Tramontana, i venti che attraversano le vallate e carezzano le colline. La potenza della natura interagisce con l’abilità umana nel governo degli elementi, piegati alla propria volontà per gonfiare le vele o sollevare dal giogo dei lavori più pesanti. A valle, in riva al mare, lo spettacolo eterno dei templi di Paestum, solenne omaggio alla creatività umana e alla tensione verso la perfezione divina. Cicerale svetta nell’alta valle del fiume Alento. Poco più di mille abitanti che coltivano ceci – il toponimo del paese è ispirato a questi deliziosi legumi – dal sapore inimitabile specialmente se consumati con la lagana, una striscia di pasta a mano lavorata in casa. È Sole di Giorgio Galli, tributo alla natura primordiale, l’opera che impreziosisce l’abitato, dove vale la pena visitare la chiesa di Santa Lucia. Ogliastro Cilento deve il suo nome all’olivo selvatico. La collina è dominata da alberi secolari, mentre in pae-
Gabriele Rothemann, La cruna, Torchiara (SA) 94
© Cristina Pezzotta
Elio Rumma, Le canne (particolare), Prignano (SA)
© Cristina Santonicola
Giorgio Galli, Arco, Laureana Cilento (SA)
zato La cruna. Un oggetto misterioso con chiari riferimenti alla fatica delle donne e al percorso evangelico della salvezza. A Rutino, Giorgio Galli si è lasciato
© Angela Riccio
se l’attrazione principale è la chiesa Madre di Santa Croce. Mira alla luna è la creazione onirica di Pier Tancredi De-Coll’, una sorta di metafora del desiderio inesausto di raggiungere l’altrove. Il borgo ospita anche la sede della Fondazione Matteo e Claudina de Stefano, che coniuga l’assistenza ai bisognosi con grandi progetti artistici e culturali, come appunto il Pacc. TRA NATURA E TRADIZIONE Le canne di Elio Rumma abitano invece a Prignano Cilento, accanto al nobile Palazzo Marchesale Cardone e alla chiesa di San Nicola di Bari. La scena naturale è dominata dai vigneti dei vini De Conciliis, apprezzati in tutto il mondo. L’atmosfera attorno all’opera genera leggerezza, un dolce abbandono alla carezza della natura e a una ruralità genetica. L’imponenza di ben 14 palazzi nobiliari, tra i quali l’antica dimora Borgo Riccio, uniti da una greenway progettata dalla facoltà di Agraria dell’Università di Milano, dimostra l’importanza storica di Torchiara, dove Gabriele Rothemann ha realiz-
ispirare da San Michele, molto venerato in paese. In primavera, durante la festa dedicata alla creatura celeste, si ripete il rito del Volo dell’angelo, al quale sono collegati anche segnali di buon auspicio per gli imminenti raccolti. La spada fiammeggiante del santo indica il desiderio di giustizia terrena e spirituale. Laureana Cilento espone L’arco: con questo strumento di guerra e caccia dedicato alla dea Diana, l’artista Giorgio Galli ha voluto ricordare gli antichi abitanti della vallata. La visita del borgo si arricchisce con una sosta nella chiesa di Santa Maria del Paradiso e a Palazzo Cagnano. Molto suggestiva la fonte del Santuario di Acquaviva, alla quale si attribuiscono persino doti miracolose. Il lavoro degli artisti prosegue e presto le altre opere saranno installate nei comuni di Perito, Omignano, Stella Cilento e Cuccaro Vetere, fino ad arrivare a Sapri, completando così il progetto Pacc, amato e sostenuto dalla Regione Campania, dal Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, dalla Bcc di Buccino e dei Comuni Cilentani. Perché viaggiare è un’arte. paccilento.it | fondazionedestefano.it
Giorgio Galli, Sole, Cicerale (SA) 95
MODA
DIETRO IL MADE IN ITALY IL 23 E 24 OTTOBRE, I BRAND DEL FASHION APRONO LE PORTE DI AZIENDE E ATELIER PER MOSTRARE AI VISITATORI DOVE NASCONO LE LORO CREAZIONI di Cecilia Morrico
MorriCecili
morricocecili
ApritiModa 2020, visita alla Tessitura Luigi Bevilacqua di Venezia
P
er due giorni, sabato 23 e domenica 24 ottobre, brand famosi, aziende familiari, atelier, laboratori e musei aprono le porte per svelare il dietro le quinte del fashion. L’appuntamento con ApritiModa, infatti, consente di scoprire dove nascono le creazioni simbolo del made in Italy. Alla quinta edizione dalla nascita, nel 2017, e alla seconda su scala nazionale, l’iniziativa punta ora a superare le 85 location partecipanti, dopo le 70 confermate lo scorso anno. Una vera e propria mappa di tesori non conosciuti che si svela al pubblico, con prenotazione obbligatoria sul sito apritimoda.it, con l’obiettivo di raccontare una delle più importanti realtà economiche del nostro Paese. Un settore forte che oggi vanta anche tantissime aziende virtuose dal punto di vista sociale e ambientale. L’edizione 2021, infatti, ha scelto di coinvolgere chi ha fatto dell’inclusione, della solidarietà e della sostenibilità la cifra del proprio
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progetto. Storie inedite di riscatto che meritano attenzione e sostegno, come quella di Quid, impresa sociale con base ad Avesa (VR) che offre un’opportunità sicura di formazione e inserimento professionale a persone vulnerabili, soprattutto donne, che hanno combattuto e superato situazioni difficili a livello personale o sociale. Secondo Anna Fiscale, fondatrice e presidente della società, «il progetto ridisegna al femminile il mercato del lavoro, reinventando la moda etica e sostenibile». Dal 2013, continua, «le nostre collezioni promuovono l’emancipazione a livello professionale: a oggi le donne rappresentano l’84% della nostra forza lavoro, il 78% del team di gestione e il 68% del consiglio di amministrazione, e ogni giorno portiamo avanti iniziative per formare e sviluppare il loro talento e farlo rifiorire». Altra presenza virtuosa è Rifò, con sede a Prato, che produce capi e accessori di alta qualità realizzati con fibre tessili 100% rigenerate. L’impre-
sa trasforma scarti di tessuto e capi vecchi in abiti nuovi, mantenendo la qualità dei prodotti originali. «Partecipiamo con entusiasmo ad ApritiModa perché pensiamo sia giunto il momento di aumentare la trasparenza in questo settore. Le aziende dovrebbero essere sempre disposte a spalancare le porte ai clienti», dice Niccolò Cipriani, founder del progetto. Non mancano poi i big del fashion, le eccellenze artigianali e le realtà a conduzione familiare che hanno raggiunto una straordinaria qualità realizzativa e una reputazione riconosciuta a livello internazionale. Come l’atelier Martina Vidal a Burano (VE), dove da quattro generazioni si tramanda l’arte del merletto veneziano. Nato come laboratorio di piccole dimensioni, oggi è un palazzo a tre piani, scrigno di un patrimonio artigianale dalle radici lontane. Ogni singolo merletto realizzato in queste stanze racconta una storia e trasmette un messaggio.
Una dipendente del progetto Quid
Sempre a Venezia ha sede la Tessitura Luigi Bevilacqua, nel cuore del sestiere Santa Croce, a due passi dal Canal Grande. Qui, dal ‘500, la famiglia mantiene viva una delle tradizioni più antiche della città. All’interno dell’edificio si ammirano i telai settecenteschi, recuperati da Luigi Bevilacqua nel 1875 con la Scuola della seta della Serenissima, gli stessi raffigurati nell’Enciclopedia di Denis Diderot e Jean-Baptiste Le Rond d'Alembert. Si possono ammirare
non solo velluti fatti a mano, ma anche broccati, damaschi, lampassi e rasi per teatri e residenze prestigiose come la Casa Bianca, il Cremlino e il Municipio di Stoccolma. Scendendo a Sud, al numero 12 di via Stella, nel Rione Sanità a Napoli, si trova il Guantificio Omega. Per entrare nel mondo della famiglia Squillace si salgono quattro piani di scale seguendo il profumo di caffè: qui l’accoglienza è quella di casa. Le porte del laboratorio si aprono mentre il ritmo
è scandito dal rumore delle Singer, le vecchie macchine da cucire ancora all’opera davanti alle enormi finestre. Ma è ancora lunga la lista degli indirizzi, dei mestieri e dei saperi tramandati che fanno della moda parte integrante della cultura e dell’arte contemporanea. Meglio non perdere tempo e immergersi in questo prolifico settore, eccellenza del Paese, fucina di giovani talenti. apritimoda.it apritimoda
Maglioni realizzati con fibre tessili 100% rigenerate di Rifò
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CLICK SI GIRA UNA MOSTRA A TORINO RIPERCORRE A RITROSO OLTRE UN SECOLO DI CINEMA ITALIANO, DAI SET CONTEMPORANEI ALLE ICONE DEI FILM MUTI di Cecilia Morrico
Brescia (2009) 98
MorriCecili
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Jasmine Trinca (2017) Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia Dal progetto Three Minutes © Riccardo Ghilardi Contour by Getty Images
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Claudia Cardinale e Sergio Leone C’era una volta il West, di Sergio Leone (1968) © Angelo Frontoni/Cineteca nazionale - Museo nazionale del cinema
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n viaggio nella memoria filtrato dall’obiettivo della macchina fotografica, tra ritratti in studio, scatti rubati, foto di
scena, servizi giornalistici e di moda. Questa la mostra Photocall. Attrici e attori del cinema italiano, fino al 7 marzo 2022 al Museo nazionale del cinema
di Torino, che racconta oltre un secolo del grande schermo made in Italy attraverso i volti dei protagonisti che l’hanno reso famoso in tutto il mondo.
Luca Marinelli, Valerio Mastrandrea e Alessandro Borghi Cinema Italian Style Los Angeles - Istituto Luce Cinecittà (2015) Per il film: Non essere cattivo, di Claudio Caligari (2015) Dal progetto Three Minutes © Riccardo Ghilardi Contour by Getty Images
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Qui il fotografo assume il ruolo di paparazzo e artista e, grazie al suo rapporto con l’attore, diventa il tramite per lo spettatore. Come nel ritratto di Jasmine Trinca firmato da Riccardo Ghilardi per il progetto Three Minutes. Tre minuti è normalmente il tempo concesso ai fotografi ritrattisti durante i festival per immortalare le celebrity. Pochi istanti, prima dell’entrata in scena sul red carpet, in cui i personaggi si spogliano della propria immagine riacquistando un’intima umanità. Nella rassegna torinese sono esposte oltre 250 riproduzioni fotografiche fine art, 71 stampe originali e più di 150 scatti presenti nelle videogallery. Il materiale è distribuito in quattro sezioni, in un cammino a ritroso che parte dall’attualità per terminare con le icone dei film muti. Si comincia con Attrici e attori contemporanei, che racconta il cinema degli ultimi decenni. Poi si passa poi alle coloratissime Dive pop e ai ritratti, rigorosamente in bianco e nero, di Italian men, che descrive l’epoca d’oro del cinema italiano anni ‘50 e ‘60. La terza parte, Icone della rinascita e Ritratto d’autore, illustra i protagonisti del Secondo dopoguerra e i grandi interpreti di Cinecittà, mentre la quarta sezione, Nascita del divismo, è riservata al cinema muto del 1910 e 1920.
Catherine Spaak (1968 circa) © Angelo Frontoni/Cineteca nazionale - Museo nazionale del cinema
In più, un intero piano è dedicato a sei approfondimenti tematici, con progetti artistici, concorsi fotografici, un focus sui fotografi torinesi e una sezione Backstage!, con scatti scelti dalla Film Commission Torino Piemonte: una se-
lezione d’autore per raccontare la magia e la complessità dei set cinematografici grazie alle tante professionalità che li compongono. museocinema.it museocinema Stefano Accorsi A casa tutti bene, di Gabriele Muccino (2018) Foto © Andrea Miconi per il concorso CliCiack Archivio Centro Cinema città di Cesena
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ITALY IS THE STAR L'attrice statunitense Raquel Welch sul set del film Colpo grosso alla napoletana (Roma, 1966)
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Scatti che hanno il potere di trasformarsi in poli d’attrazione immediata grazie ai luoghi iconici che appaiono sullo sfondo, spesso sognati dai divi americani e goduti da chi visita il Belpaese. Sono solo pochissimi esempi delle fotografie ritrovate e portate alla luce dall’Enit - Agenzia nazionale del turismo italiano, che da qualche mese ha messo online il suo ricchissimo archivio storico. Oltre 100mila tra manifesti, diapositive e foto digitalizzate, datate tra gli anni ‘20 e ‘70, testimonianze di un secolo che ha visto il turismo balzare dai 900mila visitatori nel 1911 ai quasi 64 milioni degli anni recenti. L’archivio è solo uno degli impegni dell’Enit che, in occasione della Festa del cinema di Roma (approfondimento a p. 79), si occupa anche di contrassegnare e premiare i film che promuovono l’immagine dell’Italia nel mondo e il turismo sostenibile. mostrevirtuali.enit.it/archivio Turiste a Taormina (anni ‘60)
Turisti davanti a una vetrina a Torino (anni ‘50)
OLTRE 100MILA IMMAGINI DELL’ARCHIVIO ENIT RACCONTANO LE BELLEZZE DEL PAESE, VISSUTE DA DIVI E DA GENTE COMUNE di Francesca Ventre - f.ventre@fsitaliane.it
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aquel Welch, sul set di Colpo grosso alla napoletana (1966), si mette in posa davanti al Colosseo. Una coppia di turisti osserva un’elegante vetrina degli anni ‘50, a Torino. Tre ragazze sono ritratte in una foto ricordo davanti al teatro antico di Taormina, in provincia di Messina. Ma c’è anche lo scorcio dell’arco di Costantino, nella Capitale, che fa da quinta al bacio sfuggente di una coppia durante la processione del Corpus Domini. 103
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Un bacio davanti all’arco di Costantino, a Roma, durante la festività del Corpus Domini (1961)
L’attrice statunitense Angie Dickinson (anni ‘60) 104
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SGUARDI SULLA CITTÀ L’IMPATTO DELLE METROPOLI SULLA NATURA E IL PROCESSO DI RIGENERAZIONE URBANA FUORI DAL CENTRO. A MILANO CON PHOTOFESTIVAL, FINO AL 31 OTTOBRE, E A BERGAMO CON FOTOGRAFICA, FINO AL 1° NOVEMBRE di Flavio Scheggi
L
e geometrie del Parco del Portello, a Milano, fotografato dall’alto da Andrea Ferrario. Un albero abbarbicato su un muro blu colto dall’obiettivo
Photofestival di Milano Romana Zambon, Blue effect 106
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di Romana Zambon. O l’attesa dei viaggiatori nella metropolitana di Tokyo immortalata da Domenico Moretti. Sono tra le immagini che raccontano la città, al centro della
16esima edizione di Photofestival, la kermesse meneghina dedicata alla fotografia. La natura e la città. Segni di un tempo nuovo è il fil rouge che lega ben
Photofestival di Milano Andrea Ferrario, Parco del Portello, Milano
150 mostre, aperte al pubblico fino al 31 ottobre e diffuse su tutto il territorio milanese, fino a toccare le province di Lecco, Monza, Pavia e Varese. Una sfida che riguarda da vicino molte metropoli, inclusa la Città ambrosiana, dove il forte impatto urbanistico non può ignorare il fatto che anche un solo ripensamento del rapporto tra l’ambiente naturale e quello costruito possa salvare il nostro futuro. I lavori dei fotografi, autori affermati e nuovi talenti, sono esposti a Palazzo Castiglioni, sede di Confcommercio Milano, e in gallerie, musei e biblioteche cittadine. E per chi non può partecipare di persona c’è la galleria virtuale sul sito milanophotofestival.it, dove ammirare alcune opere. Dalla città si passa alla periferia con Fotografica, il festival che a Bergamo, con il tema Fuori dal centro, racconta come questo apparente non luogo stia diventando sempre più una fucina creativa. Un tempo metafora di malessere e degrado, oggi le aree marginali delle città possono essere fonte di innovazione e punto di riferimento per la condivisione di esperienze. Fino al 1° novembre il Monastero del Carmine e l’ex centrale elettrica Daste e Spalenga, due
luoghi simbolo della rigenerazione urbana bergamasca, accolgono dieci mostre, workshop ed eventi. Bergamo è l’esposizione di punta del festival grazie alle opere di Gabriele Basilico, in cui il grande fotografo scomparso nel 2013 mette in relazione architetture e spazi aperti. Dalla città lombarda si arriva a Palermo con il progetto Malacarne. Kids come first di Francesco Faraci. Il suo obiettivo si posa sui bambini
che, soprattutto nelle realtà ai margini della società, vengono prima di ogni altra cosa. Esistono poi periferie del mondo a tre, quattromila metri di altezza: Il piccolo Pamir afghano è una raccolta di scatti firmati da Silvia Alessi che immortalano il corridoio del Wakhan, una lunga striscia di terra larga pochi chilometri nell’Afghanistan nord orientale. milanophotofestival.it fotograficafestival.it
Photofestival di Milano Domenico Moretti, Metropolitana di Tokyo 107
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Fotografica di Bergamo Francesco Faraci, Malacarne
Fotografica di Bergamo Gabriele Basilico, Attraversare Bergamo - courtesy Archivio Gabriele Basilico 108
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LIBERA IMMAGINAZIONE Foto dell’anno: Masoud Mirzaei The Lake (Iran)
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DALLE IMMAGINI AEREE AI RITRATTI DEGLI ANIMALI NEL LORO HABITAT. IL FESTIVAL SIENA AWARDS PORTA NELLA CITTÀ TOSCANA, DAL 23 OTTOBRE AL 5 DICEMBRE, IL MEGLIO DELLA FOTOGRAFIA INTERNAZIONALE di Flavio Scheggi
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mescoupsdecoeur
mmaginate di aprire un grande raccoglitore pieno di immagini scattate da grandi fotografi internazionali e da giovani autori. Dentro ci sono foto di leopardi delle nevi, tigri, puma e giaguari ritratti sulle montagne dell’Himalaya o nella giungla. Visioni incredibili catturate dal cielo, come quelle di uno stormo di oche dirette alle isole Svalbard di Terje Kola-
Steve Winter, Big Cats (Usa)
as, vincitore del Drone Photo Awards, o di un surfista alle prese con un’onda spaventosa ripreso dall’alto da Phil de Glanville, primo classificato nella categoria Sport. Il premio per la Foto dell’anno in assoluto va a The Lake di Masoud Mirzaei, per la sua poetica interpretazione del lago Urmia in Azerbaijan, il più grande del Medio Oriente. Questo raccoglitore, che continuerete a guardare e riguardare alla scoperta di nuove suggestioni, è il Siena Awards, il festival di fotografia e delle arti visive che dal 23 ottobre al 5 di-
cembre porta nella città toscana (e online) un ricco programma di mostre, workshop, conferenze e proiezioni. Ospite d’eccezione è Steve Winter, fotoreporter americano del National Geographic, con Big Cats, una personale allestita negli spazi del Museo di storia naturale di Siena. Immagini che accompagnano i visitatori alla scoperta di alcuni dei gatti selvatici più sfuggenti al mondo, inquadrati nel loro habitat naturale. Dai grandi felini si passa alle barbarie inflitte dai bracconieri in Africa, Asia e Sud America. Le immagini del su-
Brent Stirton, The illegal rhino horn trade (Sudafrica)
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PHOTO
Drone Photo Awards - Foto dell’anno: Terje Kolaas, Pink-Footed Geese Meeting the Winter
dafricano Brent Stirton, esposte nel centro culturale La Tinaia a Sovicille (SI), accendono i riflettori sui traffici dei corni dei rinoceronti, sulla strage dei gorilla nel Parco nazionale di Virunga e sugli insegnamenti rivolti ai ranger per sopravvivere ai gruppi paramilitari in Congo. Gli spazi dell’ex distilleria dello Stellino, sempre alle porte di Siena, ospitano invece gli scatti vincitori delle 12 categorie del Sipa - Siena International Photo Awards, con la collettiva dal titolo Imagine all the people sharing all the world. Mentre I wonder if you can è la mostra che raccoglie le 19 categorie del Creative Photo Awards, il concorso internazionale dedicato alla fotografia artistica e creativa. Nove, infine, le categorie del Drone Photo Awards, i cui vincitori per le più belle immagini aeree sono protagonisti della rassegna Above us only sky allestita nel chiostro della Basilica di San Domenico, sempre nella città toscana. festival.sienawards.com droneawards.photo creative.sienawards.com sienawards Siena Awards 112
Drone Photo Awards - Primo classificato Sport: Phil De Glanville, Gold at the End of the Rainbow (Australia)
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OFFERTE E SERVIZI
TRENITALIA E WETAXI: L’INTEGRAZIONE CHE SEMPLIFICA IL VIAGGIO
W
etaxi è l’app 100% italiana che consente di chiamare un taxi e conoscere in anticipo il costo massimo della corsa. Grazie alla collaborazione con Wetaxi, Trenitalia unisce alla capillarità del suo servizio la velocità e la comodità dei treni per realizzare un’esperienza di viaggio door-to-door.
Da oggi puoi richiedere il tuo taxi direttamente dal sito, dall’app Trenitalia o dal Portale FRECCE, saltando la fila in stazione. Wetaxi ha infatti sviluppato per Trenitalia un sito ad hoc, dove prenotare una corsa in maniera più agile, veloce e integrata. Al momento è disponibile per le città di Roma, Milano, Torino, Napoli e Alessandria. Scopri il sito e tutte le funzionalità su www.wetaxi.it/trenitalia Tutti coloro che utilizzeranno il sito wetaxi.it/trenitalia avranno a disposizione 5 € di credito per la loro prima corsa! Inoltre, se viaggi con Trenitalia da/per Roma, Milano, Torino, Napoli e Alessandria puoi acquistare contestualmente al biglietto del treno un voucher Wetaxi scontato del 20%. Sono disponibili voucher da 8 € e da 20 € che danno diritto rispettivamente a 10 € e 25 € di credito. I voucher possono essere utilizzati sull’app Wetaxi o sul sito wetaxi.it/trenitalia. Per i clienti Trenitalia nuovi iscritti all’app Wetaxi, inoltre, possono usufruire di un welcome bonus che dà diritto a 5 € di credito. Per riceverlo, basta inserire in fase di registrazione il codice WETAXI4TRENITALIA nel campo Codice di affiliazione. Una volta inserito, riceveranno l’accredito di 5 € che sarà scalato automaticamente dalla successiva corsa con pagamento tramite app. Infine, i soci CartaFRECCIA guadagnano un punto ogni 5 € spesi per ogni corsa prenotata e pagata tramite app Wetaxi. Basta collegare la propria CartaFRECCIA, in fase di registrazione all’app oppure nella sezione del proprio profilo. Maggiori informazioni su trenitalia.com
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© Alena/Adobestock
CON TRENITALIA AL SALONE INTERNAZIONALE DEL LIBRO DI TORINO
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orna uno degli appuntamenti più attesi dagli appassionati di lettura. Dal 14 al 18 ottobre è di scena a Torino il Salone Internazionale del Libro. Per chi raggiunge il capoluogo piemontese con Trenitalia sono previsti sconti sul ticket d’ingresso alla fiera. La promozione 2x1 è valida per i soci CartaFRECCIA muniti di biglietto per Frecce o Intercity, con destinazione Torino, in data antecedente al massimo di tre giorni da quella in cui si intende visitare il Salone e i titolari di Trenitalia Pass. Tariffa ridotta del 30% sull’ingresso singolo, invece, per i clienti dei treni regionali Piemonte: basta esibire il biglietto o l’abbonamento regionale (anche con applicazione sovraregionale o integrati Formula) valido per raggiungere Torino nei giorni dell’evento.
Promozione valida sui titoli acquistati presso le biglietterie del Lingotto (non applicabile ai biglietti in vendita online) 115
OFFERTE E SERVIZI
©Good Studio/Adobestock
ALLE TERME IN TRENO
U
na pausa dalla routine quotidiana? Niente di meglio di un riposante soggiorno alle terme, tra un massaggio rigenerante e un bagno salutare nelle piscine. Grazie alla collaborazione tra Trenitalia e Federterme, chi raggiunge in treno le località in convenzione può ottenere il rimborso del biglietto ferroviario fino a un massimo di 50 € a persona. Per usufruire dell’agevolazione bisogna presentare alla struttura i biglietti di andata e ritorno per viaggi a bordo di Frecciarossa, Frecciargento, Frecciabianca, Intercity, Intercity Notte e treni regionali. Basta vedere l’elenco delle strutture aderenti sul portale federterme.it/convenzione-trenitalia/ e scegliere la destinazione che si preferisce tra le 50 dislocate tra Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Toscana e Veneto. Due le diverse tipologie di soggiorno: la Formula Weekend e la Formula Settimanale. Con la prima opzione si ottiene uno sconto sul biglietto del treno, fino a massimo di 25 €, pernottando minimo due notti o acquistando almeno due ingressi alle terme nei giorni compresi tra venerdì e lunedì. Scegliendo la seconda invece, lo sconto sale fino a un massimo di 50 € se si prenota un soggiorno di minimo cinque notti o si acquistano almeno cinque ingressi termali nell’arco di una settimana. Un’occasione in più per approfittare di un percorso curativo di remise en forme, ma anche per ricaricarsi di nuova energia.
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CARTAFRECCIA
UN VIAGGIO DA CAMPIONI PARALIMPICI
DONA I PUNTI CARTAFRECCIA AD ART4SPORT LA ONLUS CHE ABBATTE LE BARRIERE NELLO SPORT CartaFRECCIA sostiene art4sport, onlus nata dall’esperienza di Bebe Vio che si batte per rendere lo sport accessibile a tutti e per eliminare le barriere. L’associazione ha supportato, tra gli altri, sette ragazzi con disabilità che sono tornati dalle Paralimpiadi di Tokyo 2020 con un bottino di cinque medaglie. Con CartaFRECCIA è possibile donare i propri punti a sostegno dell’associazione contribuendo all’acquisto di protesi e attrezzature per consentire ai giovani con disabilità di avvicinarsi alla pratica dello sport paralimpico. Dona su www.cartafrecciacollection.it
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BASE
ECONOMY
LIBERTÀ DI VIAGGIO E CAMBI ILLIMITATI Biglietto acquistabile fino alla partenza del treno. Entro tale limite sono ammessi il rimborso, il cambio del biglietto e il cambio della prenotazione, gratuitamente, un numero illimitato di volte. Dopo la partenza, il cambio della prenotazione e del biglietto sono consentiti una sola volta fino a un’ora successiva.
CONVENIENZA E FLESSIBILITÀ Offerta a posti limitati e soggetta a restrizioni. Il biglietto può essere acquistato entro la mezzanotte del secondo giorno precedente il viaggio. Il cambio prenotazione, l’accesso ad altro treno e il rimborso non sono consentiti. È possibile, fino alla partenza del treno, esclusivamente il cambio della data e dell’ora per lo stesso tipo di treno, livello o classe, effettuando il cambio rispetto al corrispondente biglietto Base e pagando la relativa differenza di prezzo. Il nuovo ticket segue le regole del biglietto Base.
SUPER ECONOMY MASSIMO RISPARMIO Offerta a posti limitati e soggetta a restrizioni. Il biglietto può essere acquistato entro la mezzanotte del decimo giorno precedente il viaggio. Il rimborso e l’accesso ad altro treno non sono consentiti.
A/R IN GIORNATA
BIMBI GRATIS
Promozione per chi parte e torna nello stesso giorno con le Frecce a prezzi fissi, differenziati in base alle relazioni e alla classe o al livello di servizio. Un modo comodo e conveniente per gli spostamenti di lavoro oppure per visitare le città d’arte senza stress e lasciando l’auto a casa 1.
Con Trenitalia i bambini viaggiano gratis in Frecciarossa, Frecciargento, Frecciabianca e Intercity nei livelli Business, Premium e Standard e in 1^ e 2^ classe. Gratuità prevista per i minori di 15 anni accompagnati da almeno un maggiorenne, in gruppi composti da 2 a 5 persone 2.
CARNET 15, 10 E 5 VIAGGI
NOTTE & AV
I Carnet Trenitalia sono sempre più adatti a tutte le esigenze. Si può scegliere quello da 15 viaggi con la riduzione del 30% sul prezzo Base, da 10 viaggi (-20% sul prezzo Base) oppure il Carnet 5 viaggi (-10% sul prezzo Base). Riservato ai titolari CartaFRECCIA, il Carnet è nominativo e personale. L’offerta è disponibile per i treni Frecciarossa, Frecciargento, Frecciabianca e Intercity 3.
L’offerta consente di usufruire di prezzi ridotti per chi utilizza, in un unico viaggio, un treno Notte e un treno Frecciarossa o Frecciargento. La promozione è valida per i viaggiatori provenienti con un treno notte dalla Sicilia, dalla Calabria o dalla Puglia che proseguono sulle Frecce in partenza da Napoli, Roma o Bologna per Torino, Milano, Venezia e tante altre destinazioni, e viceversa 4 .
PROMOZIONI LE NUOVE OFFERTE PENSATE PER TUTTI
A/R WEEKEND
YOUNG & SENIOR
Sconto del 40% sia sull’andata che per il ritorno sul prezzo Base per chi parte il sabato e torna la domenica con le Frecce, su tutti i livelli di servizio, escluso il Salottino. La giusta soluzione per visitare le città d’arte nel fine settimana senza stress e lasciando l’auto a casa 5 .
Riservate agli under 30 e agli over 60 titolari di CartaFRECCIA, le offerte Young e Senior permettono di risparmiare fino al 50% sul prezzo Base dei biglietti per tutti i treni nazionali e in tutti i livelli di servizio, ad eccezione dell’Executive, del Salottino e delle vetture Excelsior 6.
ME&YOU
INSIEME
Promozione riservata ai titolari CartaFRECCIA consente di viaggiare in due tutti i giorni con sconti fino al 50% sul prezzo Base su tutti i treni nazionali. L’offerta è valida in 1^ e 2^ classe e in tutti i livelli di servizio ad eccezione dell’Executive, del Salottino e i servizi cuccette, VL ed Excelsior 7.
Offerta dedicata ai gruppi da 3 a 5 persone per viaggiare con uno sconto fino al 50% sul prezzo Base di Frecce, Intercity e Intercity Notte. La promozione è valida in 1^ e 2^ classe e in tutti i livelli di servizio ad eccezione dell’Executive, del Salottino e delle vetture Excelsior 8.
NOTE LEGALI 1. Il numero dei posti è limitato e variabile, a seconda del treno e della classe/livello di servizio. Acquistabile entro le ore 24 del terzo giorno precedente la partenza del treno. Il cambio prenotazione/biglietto è soggetto a restrizioni. Il rimborso non è consentito. Offerta non cumulabile con altre riduzioni, compresa quella prevista a favore dei ragazzi. 2. I componenti del gruppo che non siano bambini/ragazzi pagano il biglietto al prezzo Base. Offerta a posti limitati e variabili rispetto al giorno, al treno e alla classe/livello di servizio. Cambio prenotazione/biglietto e rimborso soggetti a restrizioni. Acquistabile entro le ore 24 del secondo giorno precedente la partenza. 3. Il Carnet consente di effettuare 15, 10 o 5 viaggi in entrambi i sensi di marcia di una specifica tratta, scelta al momento dell’acquisto e non modificabile per i viaggi successivi. Le prenotazioni dei biglietti devono essere effettuate entro 180 giorni dalla data di emissione del Carnet entro i limiti di prenotabilità dei treni. L’offerta non è cumulabile con altre promozioni. Il cambio della singola prenotazione ha tempi e condizioni uguali a quelli del biglietto Base. Cambio biglietto non consentito e rimborso soggetto a restrizioni. 4. L’offerta Notte&AV è disponibile per i posti a sedere e le sistemazioni in cuccetta e vagoni letto (ad eccezione delle vetture Excelsior) sui treni Notte e per la seconda classe, o livello di servizio Standard, sui treni Frecciarossa o Frecciargento. L’offerta non è soggetta a limitazione dei posti. Il biglietto è nominativo e personale. 5. L’offerta è a posti limitati, acquistabile fino alle ore 24 del decimo giorno precedente la partenza del treno e non è cumulabile con altre riduzioni, compresa quella per i ragazzi. È valida per viaggi A/R con partenza il sabato e ritorno la domenica, sulla medesima relazione, categoria di treno e classe (o livello di servizio), effettuati durante lo stesso weekend. Il cambio dell’ora di partenza è consentito una sola volta per ciascun biglietto (di andata e di ritorno), fino alla partenza del treno. Il cambio delle date dei viaggi e del biglietto, il rimborso e l’accesso ad altro treno non sono consentiti. 6. Acquistabile entro le ore 24 del decimo giorno precedente la partenza. Il numero dei posti disponibili è limitato e varia in base al giorno, al treno e alla classe/livello di servizio. La percentuale di sconto varia dal 20% al 50% e si applica al prezzo Base. È possibile cambiare esclusivamente la data o l’ora di partenza, una sola volta e fino alla partenza del treno, scegliendo un viaggio con la stessa categoria di treno o tipologia di servizio e pagando la differenza rispetto al corrispondente prezzo Base intero. Il Rimborso e accesso ad altro treno non sono ammessi. Al momento dell’acquisto il sistema propone sempre il prezzo più vantaggioso. A bordo è necessario esibire la CartaFRECCIA insieme a un documento d’identità. 7. Riservata ai titolari di CartaFRECCIA, a posti limitati e variabili in base al treno e alla classe/livello di servizio scelto ed è acquistabile fino alle ore 24 del decimo giorno precedente la partenza del treno. La percentuale di sconto varia dal 20% al 50%. Cambio biglietto/prenotazione e rimborso non sono consentite. 8. Offerta a posti limitati e variabili rispetto al giorno, al treno e alla classe/livello di servizio. La percentuale di sconto varia dal 35% al 50% e si applica al prezzo Base. Lo sconto non è cumulabile con altre riduzioni fatta eccezione per quella prevista in favore dei ragazzi fino a 15 anni. La promozione è acquistabile fino alle ore 24 del decimo giorno precedente la partenza del treno. Il cambio e il rimborso non sono consentiti.
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FOOD ON BOARD
Grazie al nuovo servizio Easy Bistrò è possibile ordinare comodamente dal proprio posto gustosi prodotti e menù pensati per ogni momento della giornata. Un’ampia selezione di specialità del Bar/Bistrò tra cui snack dolci e salati, panini e tramezzini, primi piatti caldi e freddi, bevande analcoliche e alcoliche. Menù e prodotti possono essere acquistati direttamente al passaggio del personale dedicato oppure è possibile ordinarli dal Portale FRECCE* pagandoli alla consegna nella fascia oraria desiderata. Il servizio è presente sui principali collegamenti Frecciarossa e Frecciargento, prevalentemente nelle fasce orarie del pranzo e della cena.
Il viaggio nel viaggio
*Al momento, l’ordine tramite Portale FRECCE è attivo solo su Frecciarossa a fronte di una spesa minima di 5 euro
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PORTALE FRECCE
WWW.PORTALEFRECCE.IT INTRATTENIMENTO GRATUITO, FACILE E VELOCE Il portale FRECCE rende più piacevole il viaggio grazie ai numerosi servizi gratuiti disponibili a bordo dei treni Frecciarossa e Frecciargento e nelle sale FRECCIAClub e FRECCIALounge. Per accedere basta collegarsi alla rete WiFi, digitare www.portalefrecce.it o scaricare l’app Portale FRECCE da App Store e Google Play. Ulteriori dettagli, info e condizioni su trenitalia.com
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Bloodshot
Miracles from Heaven
CINEMA
Ready Player One
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GLI ALTRI SERVIZI DISPONIBILI
GIOCHI
Azione, sport, logica e tanto altro a disposizione di grandi e piccoli viaggiatori
EffettoVIOLATM
Innovativa tecnologia audio che aiuta a ridurre lo stress e ritrovare il buonumore
EDICOLA DIGITALE
Quotidiani e riviste nazionali e internazionali
NEWS
Notizie Ansa sui principali fatti quotidiani aggiornate ogni ora
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SERIE E PROGRAMMI TV
Una selezione di serie e programmi tv
MUSICA
Il meglio della musica contemporanea italiana e straniera
Connessione a Internet tramite WiFi di bordo
BAMBINI
AUDIOLIBRI
Cartoni e programmi per i piccoli viaggiatori
Audiolibri di vario genere anche per bambini
CORSI
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Cura la tua formazione con i corsi audio e video
Circa 200 contenuti tra libri ed estratti di guide turistiche
INFO DI VIAGGIO
Informazioni in tempo reale su puntualità, fermate, coincidenze
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NETWORK // ROUTES // FLOTTA
Bolzano
Bergamo Milano
Reggio Emilia AV
Venezia
Verona
Padova
Mantova
Modena Bologna
Genova
Ventimiglia
Trieste
Vicenza Brescia
Torino
Udine
Trento Treviso
La Spezia Pisa
NO STOP
Ravenna Firenze
Rimini Assisi
Perugia
Ancona
Pescara Roma Fiumicino Aeroporto
Foggia Caserta
Bari
Napoli
Matera
Potenza
Salerno Sapri
Lecce Taranto
Sibari
Paola Lamezia Terme
LEGENDA:
Reggio di Calabria Per schematicità e facilità di lettura la cartina riporta soltanto alcune città esemplificative dei percorsi delle diverse tipologie di Frecce. Maggiori dettagli per tutte le soluzioni di viaggio su trenitalia.com Alcuni collegamenti qui rappresentati sono disponibili solo in alcuni periodi dell’anno e/o in alcuni giorni della settimana. Verifica le disponibilità della tratta di tuo interesse su trenitalia.com.
FRECCIAROSSA ETR 1000 Velocità max 400 km/h Velocità comm.le 300 km/h Composizione 8 carrozze 122
Livelli di servizio Executive, Business, Premium, Standard Posti 457 WiFi
Presa elettrica al posto Servizi per persone con disabilità Fasciatoio
FRECCIAROSSA
FRECCIAROSSA ETR 500
Velocità max 360 km/h | Velocità comm.le 300 km/h | Composizione 11 carrozze 4 livelli di servizio Executive, Business, Premium, Standard | Posti 574 WiFi | Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIARGENTO ETR 700
Velocità max 250km/h | Velocità comm.le 250km/h | Composizione 8 carrozze 3 livelli di Servizio Business, Premium, Standard | Posti 500 WiFi | Presa elettrica e USB al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
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FRECCIARGENTO ETR 600
Velocità max 280 km/h | Velocità comm.le 250 km/h | Composizione 7 carrozze Classi 1^ e 2^ | Posti 432 WiFi | Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIARGENTO ETR 485
Velocità max 280 km/h | Velocità comm.le 250 km/h | Composizione 9 carrozze Classi 1^ e 2^ | Posti 489 WiFi | Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIABIANCA
Velocità max 200 km/h | Velocità comm.le 200 km/h | Composizione 9 carrozze Classi 1^ e 2^ | Posti 603 Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIABIANCA ETR 460
Velocità max 250 km/h | Velocità comm.le 250 km/h | Composizione 9 carrozze Classi 1^ e 2^ | Posti 479 Presa elettrica al posto | Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio 123
PRIMA DI SCENDERE FONDAZIONE FS
LA FERROVIA SUBAPPENNINA
© Archivio Fondazione FS Italiane
DA ANCONA A PERGOLA, UN VIAGGIO ATTRAVERSO LE COLLINE MARCHIGIANE SULLA NUOVA LINEA DI BINARI SENZA TEMPO
Le pinete del Monte Doglio lungo il rettilineo della ferrovia prima della stazione di Bellisio Solfare (PU)
U
na nuova tratta ferroviaria si aggiunge al progetto di Fondazione FS Binari senza tempo, grazie al quale dal 2014 sono stati riaperti 650 chilometri di percorsi. Oltre alle dieci linee turistiche già attive, ora è disponibile anche la Ferrovia subappennina italica, che attraversa la Valle del Cesano, tra le verdi colline marchigiane. È possibile prenotare un viaggio per domenica 3 o 24 ottobre. Si parte da Ancona per arrivare alla prima tappa, Fabriano (AN). Il centro, importante fin dall’anno Mille, conobbe il suo massimo sviluppo nel XIV secolo, anche grazie a una famosa scuola pittorica. Un’eredità che ancora si può apprezzare nelle opere della cattedrale di San Venanzio. L’itinerario prosegue lungo la ferrovia turistica, riaperta dopo quasi dieci anni. La tappa successiva è Sassoferrato (AN), un borgo posto tra alte vette montane e natura incontaminata. Poi si arriva alla stazione di Bellisio Solfare (PU), nel Parco dello zolfo delle Marche, nota
agli appassionati della bicicletta per il microclima ideale e la disponibilità di percorsi per ogni livello. Ai passeggeri del treno storico viene anche offerta la possibilità di cimentarsi con le due ruote, in percorsi di diversa intensità, verso il vicino borgo di Doglio . La destinazione finale del viaggio è Pergola (PU), al centro della Valle del Cesano. Un antico borgo conosciuto anche come la città delle cento chiese, perché costellata da moltissimi edifici
di culto che conservano importanti testimonianze artistiche. Passeggiando tra le vie è possibile apprezzare le antiche porte del morto: usci molto stretti e rialzati dal piano stradale che in origine avevano una funzione difensiva, perché le ripide scale creavano una protezione per chi era all’interno dell’edificio. Persa questa funzione, le porte vennero murate per essere riaperte soltanto nel caso in cui dalla casa dovesse uscire la cassa di un defunto.
SAVE THE DATE//TRENI STORICI 2, 3, 9, 10 2, 3, 9, 10 3, 24 3, 17, 31 3, 31 10 10 10 10, 17, 24 16, 17, 23, 24, 30, 31 17 17 24 31
OTTOBRE Ferrovia dei Parchi. L’alto Molise Treno di Dante Ferrovia subappennina italica Porrettana express Treno natura. Dagli Etruschi al Brunello Treno del Sacro Monte Treno natura. Sapori e profumi dei boschi amiatini Sebino express Treno della Sagra delle castagne di Marradi Ferrovia dei parchi. L’alto Sangro Treno natura. Festa d’autunno Laveno express Treno natura. Festa dell’olio novo Treno natura. Nella terra del Brunello 125
PRIMA DI SCENDERE FUORI LUOGO
di Mario Tozzi mariotozziofficial
mariotozziofficial
OfficialTozzi
[Geologo Cnr, conduttore tv e saggista]
FOSSILI VIVENTI A
rrampicatevi fino al piccolo borgo in pietra di Civita (CS), nel cuore del Parco nazionale del Pollino, e da lì provate la risalita, rigorosamente a piedi, della Serra Dolcedorme. Già dalla base scorgerete, in quota fino al crinale, alcuni scheletri ramificati grigi, come di alberi colpiti da fulmini, ma talmente imponenti da far sospettare che non si tratti di alberi comuni, ma di veri e propri giganti, i principi di queste montagne.
© Dea/V. Giannella / GettyImages
Pini loricati, Parco nazionale del Pollino (CS)
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Arrivati sul crinale sarete infatti al cospetto dei pini loricati (Pinus leucodermis), così chiamati per via della loro corazza di corteccia chiara a placche esagonali che ne costituisce la naturale difesa contro le intemperie così frequenti in quota. Sono alberi magici e monumentali: possono raggiungere i 40 metri di altezza per quasi due metri di diametro e sono estremamente longevi. Vengono definiti fossili viventi per
la loro origine, che risale a circa 30 milioni di anni fa. La chioma è verde scuro e piuttosto rada, ma non ne intacca il portamento maestoso, le radici sono contorte e massicce. Avvicinatevi con rispetto e abbracciatene il tronco con dolcezza, comunicando all’albero il vostro amore per il mondo naturale. Questo è il valore del paesaggio, accresce la qualità della convivenza civile e ben dispone l’uomo verso la natura.
PRIMA DI SCENDERE STAZIONE POESIA
di Davide Rondoni DavideRondoniAutore daviderondoni
Daviderond
[Poeta e scrittore]
© Massimo/Adobestock
LA FATICA DEI PASTORI
Settembre, andiamo. È tempo di migrare. Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare: scendono all’Adriatico selvaggio che verde è come i pascoli dei monti. Han bevuto profondamente ai fonti alpestri, che sapor d’acqua natia rimanga ne’ cuori esuli a conforto, che lungo illuda la lor sete in via. Rinnovato hanno verga d’avellano. E vanno pel tratturo antico al piano, quasi per un erbal fiume silente, su le vestigia degli antichi padri. O voce di colui che primamente conosce il tremolar della marina!
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[Gabriele D’Annunzio, I pastori, da Alcyone (Fratelli Treves, Milano, 1903)]
na nota poesia ci ricorda che oggi consideriamo l’autunno un tempo di ripresa, così come i nostri antenati vedevano in questa stagione il momento degli spostamenti. La transumanza, epica migrazione di milioni di capi di pecore e bestiame, che l’abruzzese d’Annunzio canta con trasporto ed esattezza, era il grande trasloco, l’avventura, la fatica, la solitudine. Settimane di nostalgia di casa, dove gli uomini lasciavano le loro
donne. Non a caso, i poeti di sempre si sono paragonati ai pastori e questa figura torna nei versi di tutti i tempi: dal Re Davide, pastore e poeta dei Salmi, a Virgilio e su fino a Leopardi con i suoi Canti e ai giorni nostri. Il pastore, come il poeta, vive momenti di fatica e di contemplazione, di convivio con i compagni immersi nella natura e di solitudine sotto le stelle. I poeti, come quei pastori, ascoltano il cuore. Forse anche oggi il pastore, con questa alternanza di
fatica e contemplazione, di lavoro e di canto, di compagnia e solitudine, ci indica qualcosa da riconquistare. Oggi le nostre contemplazioni, quando ci sono, sono contratte, le solitudini nervose e mal sopportate come le compagnie, e le fatiche spesso sono solo mentali. Mormoriamo ancora questi versi di D’Annunzio per imparare un nuovo modo di stare al mondo. I pastori-poeti ci dicono: siete sicuri di vivere bene così? Non state perdendo le stelle? 127
PRIMA DI SCENDERE FOTO DEL MESE
di Silvia Del Vecchio - s.delvecchio@fsitaliane.it
Una lingua di fuoco scende dal monte Etna, in Sicilia. La lava scorre da una grande apertura sul lato del vulcano, lungo un enorme tunnel, e riemerge più in basso come un fiume rosso incandescente. Per assistere alla scena, il fotografo friulano Luciano Gaudenzio ha camminato diverse ore sulla parete nord per riuscire a inquadrare il flusso caldo in contrasto con la nebbia gassosa blu, catturando quello che lui definisce «il momento perfetto». Il suo scatto si è aggiudicato il primo posto nella categoria Ambienti della Terra del concorso Wildlife Photographer of the Year, indetto dal Natural History Museum di Londra, che quest’anno ha visto competere 45mila immagini provenienti da 95 Paesi. Il vincitore assoluto della 56esima edizione è il russo Sergey Gorshkov con The embrace: una tigre siberiana, specie in via d’estinzione, che abbraccia un antico abete della Manciuria per marcare il territorio. La foto è stata ottenuta dopo 11 mesi di attesa, grazie a fotocamere con sensori di movimento. Mentre alla giovane finlandese Liina Heikkinen va il Young Wildlife Photographer of the Year 2020 per The fox that got the goose, ritratto di una volpe rossa che difende i resti di un’oca dai suoi fratelli rivali. Queste e altre 100 immagini selezionate per il concorso sono in mostra a Palazzo Turati di Milano fino al 31 dicembre. La rassegna è curata dall’associazione Radicediunopercento, che organizza anche serate di approfondimento, corsi di fotografia e seminari di scienze naturali. radicediunopercento.it
Wildlife Photographer of the Year 2020 Vincitore Ambienti della Terra Etna’s river of fire © Luciano Gaudenzio (Italy)
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