VITE (STRA)ORDINARIE
(Stra)ordinarie. Come sono tante storie, mete, firme e protagoniste di questa Freccia di ottobre. A iniziare da Paola Cortellesi che, da regista esordiente, inaugura con il suo film la 18esima Festa del cinema di Roma, della quale Ferrovie dello Stato Italiane è anche quest’anno sponsor. (Stra)ordinaria è anche la protagonista della sua pellicola, con il suo coraggio di rovesciare i piani prestabiliti e immaginare un futuro migliore, non solo per lei. Siamo in una Roma da poco uscita dalla guerra, lei è moglie e madre in una famiglia di stampo patriarcale. In quell’humus socioculturale vige nei confronti delle donne quell’idea di possesso che, come un fiume carsico mai prosciugato, ancora oggi riemerge subdolamente e alimenta derive violente, fino a tingere di san-
gue tante pareti domestiche. Troppe, fosse anche una sola. Senza scomodare la tragedia greca né il dramma di Pia de’ Tolomei, raccogliendo però di quest’ultima almeno la preghiera rivolta a Dante nel Purgatorio – «ricorditi di me» – basta la nostra storia recente a far comprendere la drammatica attualità del tema. Se gli anni nella seconda metà dei ‘40, quando è ambientata la pellicola di Cortellesi, sono quelli che vedranno concesso alle donne il diritto di votare, ne occorreranno poi ben 35 perché dal Codice penale si estirpino le malerbe del delitto d’onore e del matrimonio riparatore. E poi altri 15 perché lo stupro sia considerato un reato contro la persona. Era il 1996, appena 27 anni fa.
Straordinaria è Anna Magnani, ritratta sorridente e paparazzata nel manifesto di questa edizione della Festa del
cinema. Prima attrice non anglofona a vincere l’Oscar, con un cognome, quello della madre, passato poi al figlio, conservando così una linea genealogica matrilineare che sottende, insieme a travagli e abbandoni, un’estrema, inesausta resilienza, dote eminentemente femminile. Tale da trasformare l’ordinario in straordinario, come riesce a fare con il suo sorriso la protagonista dei versi di Alda Merini: «Sorridi donna, sorridi sempre alla vita, anche se lei non ti sorride. […] Il tuo sorriso sarà luce per il tuo cammino, faro per naviganti sperduti».
Ecco, la chiave forse è questa: la capacità di resistere e rendere l’ordinario straordinario. Si aggiunga il dare fondo a passione ed entusiasmo in tutto quel che si fa, con la capacità, la caparbietà e la curiosità di rompere gli sche -
mi. Così nella vita routinaria di ogni giorno come nell’intraprendere nuove attività imprenditoriali, di cui sfogliando La Freccia di questo mese troverete alcuni virtuosi esempi. Ma l’esercizio, o il tentativo, di trasformare l’ordinario in straordinario si può applicare, più banalmente, nella scelta dei nostri viaggi: cosa vedere e come e quando farlo. E anche in questo caso, La Freccia di ottobre non vi lesinerà i suoi tanti originali suggerimenti, dalla possibilità di scoprire il nuovo Cammino che attraversa le colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene fino all’idea di attraversare a suon di musica il territorio di Matera e di Potenza.
Vi siano di stimolo per preparare le valigie o soddisfino soltanto la vostra curiosità, in ogni caso buona lettura e, soprattutto, straordinario viaggio.
48
CIAK SU ROMA
Da Isabella Rossellini, che riceve il premio alla carriera, ad Anna Magnani, volto di questa edizione. Alla Festa del cinema 2023 sono protagoniste le donne
56
TRA I COLLI DEL PROSECCO
Un nuovo Cammino attraversa il territorio di Conegliano e Valdobbiadene: 51 chilometri a piedi, in quattro tappe, tra i famosi vigneti Patrimonio dell’umanità
86
IL CORAGGIO DI GERMOGLIARE
Reinserire nella società persone fragili attraverso la cura dei giardini urbani. Questo l’obiettivo della startup Ridaje, vincitrice della Challenge Open Innovation del Gruppo FS
Tra le firme del mese
13
le edizioni della campagna di prevenzione Frecciarosa
[pag. 12]
3
NICOLÒ BELLON
Nato a Biella nel 1998, scrive di cultura e società per diverse testate giornalistiche. I suoi racconti sono stati pubblicati nelle antologie Quasi di nascosto, di Accento Edizioni, e La pelle di Milano, di Mondadori. Collabora con la scuola di scrittura creativa Molly Bloom
i film di Liliana Cavani dedicati a San Francesco [pag. 83]
80
gli scatti della mostra torinese Mimmo Jodice. Senza tempo [pag. 99]
READ ALSO
GIULIANO COMPAGNO
Ha pubblicato 24 volumi tra saggistica, narrativa, aforismi e comica, oltre ad aver scritto quattro libretti di opera contemporanea per il maestro Vittorio Montalti. Vive a Roma, da dove in genere parte e ritorna
FSNews.it, la testata online del Gruppo FS Italiane, pubblica ogni giorno notizie, approfondimenti e interviste, accompagnati da podcast, video e immagini, per seguire l’attualità e raccontare al meglio il quotidiano. Con uno sguardo particolare ai temi della mobilità, della sostenibilità e dell’innovazione nel settore dei trasporti e del turismo quali linee guida nelle scelte strategiche di un grande Gruppo industriale
PER CHI AMA VIAGGIARE
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ANNO XV - NUMERO 10 - OTTOBRE 2023
REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI ROMA
N° 284/97 DEL 16/5/1997
CHIUSO IN REDAZIONE IL 26/09/2023
Foto e illustrazioni
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Copertina © Luisa Carcavale Trucco Ermanno Spera using Chanel, capelli Teresa Di Serio, abiti Armani
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In redazione
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SILVIA LANZANO
Giornalista e archeologa medievista. Attiva nel terzo settore con progetti di accoglienza per donne rifugiate e migranti. È impegnata nella comunicazione sul tema delle allergie alimentari in età pediatrica
Marco Mancini
Davide Falcetelli
Michela Gentili
Sandra Gesualdi, Cecilia Morrico, Francesca Ventre
Gaspare Baglio, Alex A. D’Orso, Irene Marrapodi Francesca Ventre Giovanna Di Napoli
Claudio Romussi
Nicolò Bellon, Osvaldo Bevilacqua, Cesare Biasini Selvaggi, Peppone Calabrese, Claudia Cichetti, Giuliano Compagno, Nerina Di Nunzio, Fondazione FS Italiane, Enzo Fortunato, Alessio Giobbi, Sandra Jacopucci, Silvia Lanzano, Valentina Lo Surdo, Michela Passarin, Enrico Procentese, Andrea Radic, Gabriele Romani, Davide Rondoni, Floriana Schiano Moriello, Mario Tozzi
REALIZZAZIONE E STAMPA
Via A. Gramsci, 19 | 81031 Aversa (CE) Tel. 081 8906734 | info@graficanappa.com
Coordinamento Tecnico Antonio Nappa
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VALENTINA LO SURDO
Conduttrice radiotelevisiva Rai, pianista classica con anima rock, presentatrice, speaker, attrice. Trainer di comunicazione, da 20 anni è reporter di viaggi all’ascolto del mondo. Le sue destinazioni preferite?
Ovunque ci sia da mettersi in cammino
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I numeri di questo numero
AVVENTURE PLASTICHE
Carrara e la scultura sono un con nubio perfetto da sempre. Già Mi chelangelo, per alcuni mesi all’an no, veniva ad abitare proprio nella città ai piedi delle Alpi Apuane per arrampicarsi fino alle cave di marmo e scegliere i migliori tagli da scolpi re. Per secoli i maestri del bel plastico, da Giambologna fino a Canova, hanno frequentato quei luoghi in cerca dell’o ro bianco da trasformare, plasmare e cesellare per dargli la forma dell’inge gno. Ancora oggi molti big dell’arte, da Anish Kapoor a Jeff Koons fino a Mauri zio Cattelan, sono rimasti ammaliati da queste pietre e hanno scelto di lavorare almeno una volta nella vita con gli arti giani e i moderni laboratori carraresi.
Proprio la città toscana, quale croce via per tanti creatori in cerca di materia le e ispirazione, è al centro della mostra
Novecento a Carrara. Avventure artistiche tra le due guerre, curata da Massimo Bertozzi. In esposizione 120 opere del secolo scorso di autori come Arturo Martini, Fausto Melotti, Carlo Carrà, Mario Sironi, Gino Severini e Libero Andreotti. Capolavori in marmo, ma anche in bronzo, gesso, terracotta, o dipinti dai colori pastello e disegni che hanno innovato il concetto di materia
Un racconto fatto di partenze, arrivi e passaggi da Carrara che dimostra quanto l’arte possa essere un volano di crescita e sviluppo per il territorio che la ospita. Tra i pezzi esposti anche due sculture in prestito dalle Gallerie degli Uffizi tra cui Donna con i sandali di Andreotti. Una figura femminile longilinea, modellata dal maestro negli anni parigini di inizio ‘900, che indossa vezzosi sandali a infradito col tacco alto, alla moda del tempo.
LE PERSONE, I LUOGHI, LE STORIE DELL’UNIVERSO FERROVIARIO IN UN CLICK. UN VIAGGIO DA FARE INSIEME
a cura di Enrico Procentese enry_pro
Utilizza l’hashtag #railwayheart oppure invia il tuo scatto a railwayheart@fsitaliane.it. L’immagine inviata, e classificata secondo una delle quattro categorie rappresentate (Luoghi, People, In viaggio, At Work), deve essere di proprietà del mittente e priva di watermark. Le foto più emozionanti tra quelle ricevute saranno selezionate per la pubblicazione nei numeri futuri della rubrica.
VIAGGIO
A TU PER TU
di Alessio Giobbi - a.giobbi@fsitaliane.itNicola Nisato lavora nella Direzione Business Alta Velocità di Trenitalia come capotreno Frecciarossa, riuscendo a conciliare il suo lavoro con la passione per il nuoto.
Cosa ti piace della tua professione?
Mi occupo di aiutare i passeggeri a bordo in caso di necessità, fornendo assistenza e assicurando a tutti un viaggio confortevole. Questo ruolo di custode è molto gratificante. Interagisco con diverse persone e alcuni incontri possono essere affascinanti. Ascoltare le esperienze degli altri e prestar loro supporto mi arricchisce in modo eccezionale e di questo faccio tesoro ogni giorno, dalla stazione di partenza a quella di arrivo.
Qual è stato il tuo percorso nel Gruppo FS?
Sono stato assunto da Trenitalia nel 2002 e da allora ho sempre lavorato sui treni, sia quelli notturni con cuccetta, facendo spesso viaggi all’estero, sia sugli Intercity, che oggi stanno vivendo una seconda giovinezza grazie al fascino turistico che esercitano su alcuni passeggeri. Oggi svolgo le mie mansioni sul nostro treno di punta, il Frecciarossa. Il mio percorso è stato segnato da una serie di incontri professionali che hanno influenzato la mia crescita almeno quanto gli insegnamenti ricevuti dal nuoto, la mia passione. Mi divido tra il tracciato dei binari e la corsia delle vasche olimpiche.
Nel nuoto hai ottenuto diversi record. Cosa ti hanno lasciato questi successi?
Ho vissuto momenti incredibili. Nel 2019, ai Campionati mondiali di Gwangju, in Corea del Sud, ho raggiunto il record del mondo nella categoria Master per la mia fascia d’età nei 1.500 metri e negli 800 metri stile libero e quello europeo nei 400 metri della stessa disciplina. Quest’anno, ai Campionati regionali della Toscana, ho ottenuto il record del mondo nei 1.500 metri stile libero anche per la fascia d’età successiva. Competere mi ha dato l’opportunità di visitare nuove città, conoscere altre culture e allacciare legami con amici che hanno condiviso con me la fatica in acqua.
Come riesci a conciliare tutto questo con il lavoro?
La mia professione e il nuoto, a prima vista, sembrano mondi opposti. Ma in realtà richiedono entrambi dedizione e attenzione. Lavorare a stretto contatto con i viaggiatori mi offre la possibilità di migliorare costantemente. Un percorso di crescita continua che mi accompagna anche nello sport, dove mi hanno sempre insegnato l’importanza del lavoro di squadra.
Come è nata la tua passione per il nuoto?
Lo sport ha un ruolo fondamentale nella mia vita fin dall’infanzia. Grazie ai miei genitori ho imparato a nuotare a tre anni e da allora non ho mai smesso. Dopo la carriera da agonista, ho proseguito nella categoria Master e oggi sono incredibilmente orgoglioso di rappresentare il Dopolavoro ferroviario di Livorno in questa veste. Siamo la squadra campione d’Italia: un risultato importantissimo che condivido con i miei compagni e colleghi.
LE STORIE E LE VOCI DI CHI, PER LAVORO, STUDIO O PIACERE, VIAGGIA SUI TRENI. E
DI CHI I TRENI LI FA VIAGGIARE
Lara Citarei lavora come marketing ed event manager ed è esperta in scrittura di testi pensati per la voce. Viaggia spesso e il treno svolge un ruolo fondamentale per sua professione. Raccontaci il tuo percorso professionale.
Ho mosso i primi passi nel mondo del marketing dopo aver coltivato la mia passione per il cinema. Terminati gli studi, ho lavorato nel campo della comunicazione, intrapreso collaborazioni con tante realtà internazionali e partecipato a importanti festival culturali. L’interesse per la formazione mi ha portato a creare il format Fuori dagli ScheRmi, dedicato a studenti di atenei e istituti superiori ai quali insegno tecniche di scrittura e interpretazione, con la collaborazione di doppiatori di fama internazionale. E poi sono anche ideatrice, autrice e sceneggiatrice della prima story voicing italiana, Mi Sdoppio Di cosa si tratta?
È uno spettacolo originale che unisce tecniche di podcasting e comunicazione visiva per divulgare tematiche d’attualità attraverso la voce di alcuni doppiatori italiani. Ho ideato questo format per eventi focalizzati su innovazione e cultura, con l’obiettivo di promuovere la conoscenza attraverso un nuovo approccio. L’idea è nata dal desiderio di trasmettere concetti di marketing e comunicazione d’impresa utilizzando il cinema come veicolo. Per questo ho scritto storie e contattato i migliori attori e doppiatori italiani. Mi hanno dato fiducia e così si è creata una collaborazione esclusiva che rende questa story voicing un’esperienza unica capace di coinvolgere il pubblico in modo emozionante.
Che rapporto hai con il treno?
Svolge un ruolo fondamentale nella mia professione. Sono originaria di Portogruaro, nella provincia veneziana, ma da un anno vivo a Roma. Il treno mi consente di spostarmi comodamente nei luoghi degli eventi a cui partecipo e in cui organizzo incontri. È successo, per esempio, in occasione del TEDxSpoleto, a cui ho preso parte come speaker nel 2022, e per alcuni eventi sull’innovazione digitale che si sono svolti a Rimini e a Genova.
Quanto è importante sapersi relazionare con le realtà territoriali che ospitano le iniziative di cui curi la progettazione?
Ogni evento è unico e segue un format preciso ma cerchiamo sempre di adattarlo al luogo che ci ospita. La flessibilità è un punto di forza nel mio lavoro perché consente di rispettare l’identità dei festival e di attivare collaborazioni efficaci proprio come è accaduto ultimamente per il Rome Future Week.
La tua prossima fermata?
Attualmente sto lavorando a diversi progetti, sia in Italia sia all’estero. E sto già pianificando alcuni eventi per la prossima estate, stagione in cui le iniziative all’aperto si moltiplicano. Il treno rimane il mio mezzo di trasporto preferito e continuerò a sceglierlo per portare il mio format ovunque sia richiesto.
LA PREVENZIONE VIAGGIA IN TRENO
TORNA A BORDO L’INIZIATIVA FRECCIAROSA CHE CONFERMA
L’IMPEGNO DI FS ITALIANE E DELLA FONDAZIONE INCONTRADONNA NELLA LOTTA AL TUMORE AL SENO
di Alex A. D’Orso - an.dorso@fsitaliane.itGiunta alla 13esima edizione, torna anche quest’anno l’iniziativa nata per promuovere la prevenzione del tumore al seno.
È il progetto Frecciarosa, promosso da FS Italiane insieme alla Fondazione IncontraDonna, con il patrocinio della presidenza del Consiglio dei ministri, del ministero della Salute e della Regione Lazio. Inoltre, l’edizione 2023 si arricchisce di un prestigioso riconoscimento: la medaglia del presidente della Repubblica per l’alto valore sociale dell’iniziativa.
A ottobre, come di consueto, su Frecce, Intercity e Regionali gli specialisti dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) e i volontari di IncontraDonna forniscono visite gratuite a chi ne fa richiesta e offrono informazioni sulla malattia, le possibilità di cura e i corretti stili di vita
utili a prevenirla.
La campagna di sensibilizzazione viaggia anche attraverso media e social network e grazie alla diffusione di un Vademecum della salute che propone articoli e nozioni importanti in un linguaggio accessibile a tutti. Le novità di quest’anno sono tante: oltre all’arricchimento della flotta di treni coinvolti, il progetto Frecciarosa sostiene il programma di prevenzione della Regione Lazio con un’unità mobile posizionata all’esterno della stazione Ostiense di Roma. Qui ci si può sottoporre a visite gratuite e a screening, rivolti soprattutto alle fasce d’età più a rischio. Parallelamente, sulla piattaforma frecciarosa.it sono previsti due appuntamenti settimanali per i teleconsulti e presto ci sarà la possibilità di consultare la versione web del Vademecum frecciarosa.it
SFIDA CIRCOLARE
LA STARTUP VENETA 9-TECH RECUPERA I METALLI DEI PANNELLI FOTOVOLTAICI DA SMALTIRE PER RICICLARE VETRO, RAME, SILICIO E ARGENTO
di Michela PassarinEnergie pulite che provengono da fonti rinnovabili: nell’immaginario comune non c’è nulla di più sostenibile. Ma cosa succede quando, per esempio, gli impianti fotovoltaici arrivano al termine del loro ciclo di vita? Il costo per la dismissione e lo smaltimento di questi rifiuti può avere un grosso impatto ambientale. Avviare un processo di economia circolare, recuperando e riciclando i materiali, può contribuire a prolungare il loro valore green. È da questi presupposti che nasce 9-Tech, startup fondata nel 2020 da un’idea di Pietrogiovanni Cerchier, founder e Ceo dell’azienda che ha sede a Eraclea, nella città metropolitana di Venezia.
Ingegnere dei materiali all’Università degli Studi di Padova, durante il dottorato ha portato avanti il progetto di ricerca ReSiELP: uno studio focalizzato sulla valorizzazione dei materiali contenuti nei pannelli fotovoltaici, in particolare l’argento, tramite trattamenti di tipo termico, meccanico e
chimico. La sfida era recuperare questi prodotti al termine del ciclo di vita degli impianti con un grado di purezza maggiore rispetto a quanto normalmente si riesce a fare con processi esclusivamente meccanici.
Come sei passato dai laboratori d’ateneo alla creazione di 9-Tech?
Avevo voglia di mettermi in gioco, di fondare un’impresa tutta mia. Il progetto con l’università purtroppo si era dovuto concludere, ma sentivo che si poteva fare molto di più. La ricerca aveva raccolto l’interesse di EIT RawMaterials, l’istituto europeo di innovazione e tecnologia, che mi ha offerto sin dall’inizio il suo supporto con un booster. Per una serie fortunata di coincidenze, nel 2020 il Green
Propulsion Lab del Gruppo Veritas, la multiutility veneta che fornisce servizi ambientali nell’area di Venezia e Treviso, mi ha messo a disposizione gli spazi e una preziosa collaborazione.
Grazie all’aiuto del responsabile tecnico di Veritas, Francesco Nisato, siamo riusciti a realizzare il primo prototipo di un impianto di trattamento termico e di separazione che garantisce un’elevata purezza nel recupero dei metalli presenti nei rifiuti elettronici.
In cosa consiste il vostro lavoro?
Studiamo gli impianti per recuperare
vetro, rame, silicio e argento, presente in particolare nei pannelli fotovoltaici. È un processo innovativo, in un settore fortemente in espansione come quello delle rinnovabili, che però produce inevitabilmente dei problemi di smaltimento di rifiuti complessi. L’economia circolare è il filo conduttore del nostro progetto: una volta recuperati i materiali, studiamo come poterli riciclare.
Una sfida non facile, ma che quest’anno ha ricevuto il premio Change the World di Fortune Italia per le startup innovative. Vi aspettavate questo riconoscimento?
Sinceramente, no. È stata una bellissima sorpresa. Un altro importante traguardo lo avevamo raggiunto lo scorso anno con la call In Action ESG Climate organizzata da Intesa Sanpaolo, che ci ha poi supportato dal punto di vista finanziario, consentendoci di aprire l’impianto sperimentale e offrendoci opportunità di business e di networking.
Fare rete è fondamentale per una giovane impresa che entra nel mercato. Con quali realtà italiane state collaborando?
Lavoriamo a stretto contatto con aziende ed enti del territorio. Il supporto del Gruppo Veritas è fonda-
mentale per tutta la parte tecnica e di ricerca, ma abbiamo relazioni anche con l’Università di Padova, l’Enea e numerosi fornitori.
E all’estero?
Coordiniamo il progetto Parsival dell’EIT RawMaterials, che vede coinvolti università, centri di ricerca e aziende da tutta Europa. Il silicio è un materiale dispendioso da produrre e critico da smaltire. Quello che riusciamo a recuperare potrebbe essere utilizzato negli anodi delle batterie al litio, per esempio, dove serve minor purezza di questo metallo rispetto al fotovoltaico.
Progetti per il futuro?
L’obiettivo è passare dall’impianto sperimentale a uno industriale. Un primo passo è stato fatto già con l’acquisizione di una quota del capitale di 9-Tech da parte di Depuracque, società controllata da Veritas e specializzata nella realizzazione e gestione di impianti. In partnership con l’azienda Haiki Mines, siamo riusciti a ottenere i fondi del Pnrr per cofinanziare l’industrializzazione dell’impianto nella zona di Porto Marghera, nel comune di Venezia. Una tappa importante per testare la tecnologia su larga scala.
9tech.it
SIAMO TUTTI CONNESSI
Voliamo verso più paesi di chiunque altro.
a cura di Alex A. D’Orso - an.dorso@fsitaliane.it - Irene Marrapodi - ir.marrapodi@fsitaliane.it - Francesca Ventre - f.ventre@fsitaliane.it
save the date OTTOBRE 2023
LA BORSA MEDITERRANEA DEL TURISMO ARCHEOLOGICO
PAESTUM (SALERNO) 2>5 NOVEMBRE
Appuntamento cardine per appassionati, docenti, esperti di viaggio e professionisti delle civiltà del passato, la Borsa mediterranea del turismo archeologico compie 25 anni. A confermare la crescente rilevanza dell’evento sono i numeri della scorsa edizione: 8.500 visitatori, 160 espositori (tra cui 18 Regioni e il ministero della Cultura), 18 nazioni, 100 tra conferenze e incontri, 30 buyer e 140 operatori dell’offerta turistica.
L’ingresso è gratuito, così come le visite al Parco archeologico di Paestum e Velia e alla certosa di Padula, in programma il 3 e il 4 novembre.
Anche per quest’anno la location scelta per la Borsa è Next, Nuova esposizione ex tabacchificio, imponente complesso di archeologia industriale nel Borgo Cafasso. Tra le varie iniziative in programma, l’assegnazione dell’International Archaeological Discovery Award Khaled al-Asaad. Il premio conferito a scoperte sensazionali, in collaborazione con la rivista Archeo, è intitolato all’archeologo che pagò con la vita la sua dedizione al sito siriano di Palmira, attaccato dall’Isis.
Le cinque scoperte in concorso, che nel 2022 hanno occupato le prime pagine delle principali testate mondiali, sono: le 24 statue di bronzo etrusche e romane a San Casciano dei Bagni (Siena); la piramide della regina Neith a Giza, in Egitto; le tracce del più antico calendario Maya trovate nel sito di San Bartolo, in Guatemala; una città riemersa dal fiume Tigri in Iraq e, infine, un centro urbano sotterraneo a Midyat, in Turchia. Tra gli incontri previsti, il 3 novembre è in calendario la conferenza I Comuni archeologici Unesco per un turismo culturale esperienziale e sostenibile. Da segnare in agenda anche la Conferenza mediterranea sul turismo archeologico subacqueo e il Premio internazionale di archeologia subacquea Sebastiano Tusa, il 4 novembre. Per un tuffo nel passato e uno sguardo al futuro c’è anche la sezione Archeovirtual, che illustra le produzioni più significative nel panorama internazionale delle tecnologie digitali al servizio del patrimonio, dedicata nel 2023 alle nuove intelligenze. I più giovani possono vagliare anche le opportunità di orientamento dopo il diploma e la laurea con ArcheoLavoro e ArcheoStartup.
Frecciarossa è il treno ufficiale della manifestazione e per chi arriva in treno a Napoli o a Salerno è previsto uno sconto del 30% sul prezzo Base.
bmta.it
HAYEZ. L’OFFICINA DEL PITTORE ROMANTICO
TORINO 17 OTTOBRE>1° APRILE 2024
Testimone e protagonista di un secolo di profondi cambiamenti artistici, culturali e politici, Francesco
Hayez è oggi uno dei nomi più noti del Romanticismo italiano. Circa cento opere del pittore civile che accompagnò l’Italia verso il Rinascimento sono esposte nella Galleria civica di arte moderna e contemporanea di Torino. La mostra, suddivisa in dieci sezioni, ripercorre la biografia dell’artista e il suo percorso professionale dagli anni della formazione a Venezia e Roma fino alle prove della maturità. Si ricostruisce così la mentalità di un uomo che si considerava l’ultimo rappresentante della grande tradizione della pittura veneta, ma seppe anche farsi interprete dei valori e delle idee di chi vedeva nell’unità della nazione una porta verso la libertà e la crescita culturale. Lungo il percorso espositivo, curato da Fernando Mazzocca ed Elena Lissoni, è possibile ammirare grandi tele e disegni provenienti da varie sedi nazionali ed estere, tra cui l’Accademia di Belle arti di Brera, la Galleria d’arte moderna Achille Forti di Verona, il Castello Visconteo di Pavia e la collezione privata del principe del Liechtenstein a Vienna. gamtorino.it
GIRASOLI D’AUTUNNO
MILANO 18>24 OTTOBRE
Le diverse forme di cultura, arte, cucina, teatro e musica, come strumento di recupero e reinserimento sociale delle detenute e dei detenuti, negli istituti penitenziari milanesi, al centro delle giornate I girasoli d’autunno, inverno, primavera, estate, fino a giugno 2024, organizzate dalla Città metropolitana di Milano e promosse dal vicesindaco Francesco Vassallo.
Dal 18 al 24 ottobre 2023, Girasoli d’autunno: in mostra a Palazzo Isimbardi dipinti a olio, mosaici, finti affreschi, disegni ad acquerello, dei detenuti della Casa di reclusione di Opera e degli allievi dell’università della Terza età di Opera, che frequentano il corso di Arte figurativa della professoressa Chiara Mantovani. Prenotazione obbligatoria sul sito della Città metropolitana di Milano. cittametropolitana.mi.it
FOTOGRAFICA
BERGAMO 14 OTTOBRE>19 NOVEMBRE
Grazie a un’immagine ogni attimo può diventare eterno. Tanti sono i momenti immortalati nel festival della fotografia, giunto alla quarta edizione, che propone 12 mostre, allestite nel monastero del Carmine e negli Ex magazzini del sale, nella Città alta. L’appuntamento, inserito nel programma delle attività per celebrare la nomina di Bergamo e Brescia a Capitale italiana della cultura 2023, ha come tema Noi qui. Tra i partecipanti nelle esposizioni, Cooper & Gorfer, Patrizia Riviera, Fausto Podavini e Sebastian Gil Miranda. Comun denominatore delle opere è la necessità di mostrare la realtà, provocando emozioni e reazioni, stimolando prese di coscienza, rivelando limiti e fragilità. Sensazioni a cui attingere per ribaltare punti di vista e trovare possibili risorse per il riscatto del singolo e della comunità. Come hanno dimostrato di saper fare le due città lombarde che hanno affrontato con coraggio, nel 2020, l’emergenza Covid-19. fotograficafestival.it
OLTRE IL VENTAGLIO. HAIKU E HAIGA AL CASTELLO DI MONCALIERI MONCALIERI (TORINO) FINO AL 5 NOVEMBRE
Poesie e grafiche giapponesi entrano nelle stanze reali del castello di Moncalieri e si mescolano agli arredi storici dell’antica residenza sabauda. Le opere di cinque artisti contemporanei – Massimo De Orazi, Riccardo Duranti, Fabio Massimo Fioravanti, Virginia Lorenzetti e Anna Onesti – dialogano con gli haiku di Matsuo Bashō, Kobayashi Issa e Tan Taigi, poeti vissuti tra il XVII e XVIII secolo. Parole e arti figurative si rincorrono e rimandano le une alle altre in uno scambio di significati: il potere evocativo degli haiku, racchiuso in poche sillabe, è riproposto nella semplicità delle altre opere in mostra, che segue la sintassi estetica giapponese, composta per associazioni e non subordinata alla logica. castellodimoncalieri.it
FESTIVAL VERDI
PARMA E BUSSETO FINO AL 16 OTTOBRE
A 210 anni esatti dalla nascita del compositore Giuseppe Verdi, il 10 ottobre a Parma va in scena il Gala all’interno del festival a lui dedicato, tra ouverture, brani corali e arie dalle opere più note. Il concerto sostiene il progetto Viva Verdi promosso dal ministero della Cultura per l’acquisizione e la valorizzazione della casa-museo del compositore a Sant’Agata di Villanova sull’Arda (Piacenza). Inoltre, il 15 ottobre, al Teatro Regio, è in programma l’ultima replica dello spettacolo I Lombardi alla prima Crociata. L’8 e il 12, al Teatro Giuseppe Verdi di Busseto, viene eseguito, in una dimensione cameristica, Falstaff. Tutto nel mondo è burla. Infine, l’11 ottobre al WoPa di Parma è protagonista il pubblico in occasione di Delitto all’Opera, uno spettacolo interattivo tratto da Rigoletto. Su un’app gli spettatori avranno tutti gli indizi per scoprire chi ha ucciso Gilda e potranno decidere il finale. festivalverdi.it
LE AVANGUARDIE. CAPOLAVORI DAL PHILADELPHIA MUSEUM OF ART
PISA FINO AL 7 APRILE 2024
Il centro espositivo Palazzo Blu ospita le opere delle Avanguardie del ‘900 provenienti dal Philadelphia Museum of Art. La mostra, curata da Matthew Affron con la collaborazione dello storico dell’arte Stefano Zuffi, ripercorre i momenti salienti del secolo scorso, dalla fine della Belle Époque allo scoppio della Seconda guerra mondiale. Installazioni visive, sonore e multimediali aiutano a scandire il tempo mentre si susseguono le opere di Salvador Dalí, Marcel Duchamp, Vasilij Kandinsky, Joan Mirò, Pablo Picasso, Paul Klee e Piet Mondrian. Sviluppato in un crescendo di suggestioni, il percorso espositivo si chiude con la celebre Crocifissione bianca di Marc Chagall. avanguardiepisa.it
FESTIVAL DELLA SCIENZA
GENOVA 26 OTTOBRE>5 NOVEMBRE
Conferenze, mostre, laboratori per bambini e ragazzi, spettacoli e molti altri eventi dedicati alla scienza in tutte le sue forme animano oltre 50 spazi del capoluogo ligure. Tra questi Palazzo Ducale, Palazzo della Borsa, Palazzo Reale, il Museo del mare Galata e l’Acquario di Genova, oltre ai molti musei civici e nazionali della città. Impronte è la parola chiave dell’edizione: un concetto che si presta a numerose suggestioni e riflessioni. Dalla salvaguardia dell’ambiente alla robotica, dall’intelligenza artificiale alla divulgazione scientifica, sono molti i temi affrontati nel festival, con una metodologia lontana dall’approccio accademico e pensata per coinvolgere le persone comuni. Tra gli ospiti figurano il divulgatore scientifico Brian Cox e la neuroscienziata Michela Matteoli, ma anche l’archeologa Marcella Frangipane e l’artista Michelangelo Pistoletto. festivalscienza.it
DAL FUTURISMO ALL’ARTE VIRTUALE
ROMA FINO AL 14 GENNAIO
A un anno dalla sua inaugurazione nel cuore dell’Eur, La Vaccheria ospita un percorso espositivo che ripercorre le tappe dell’innovazione artistica dal ‘900 ai giorni nostri. In mostra, tra le altre, opere di Giacomo Balla, Amedeo Modigliani e Salvador Dalí. Artisti diversi tra loro ma accomunati dalla capacità di anticipare il futuro. A questo racconto si abbina una riflessione sul linguaggio contemporaneo. L’esposizione è composta da quattro set tematici, in cui produzioni digitali immersive dialogano con i capolavori selezionati. Si comincia con Infinity, dedicata al Futurismo, e si prosegue con Avantgard che raccoglie le correnti novecentesche. A seguire la capsula Pop, in cui il visitatore entra in contatto con il movimento reso celebre da Andy Warhol. In chiusura il set Metafisica, dove la riproduzione di un enigmatico studio di Giorgio de Chirico fa da scenario alle opere da lui realizzate. comune.roma.it
LOVE MUSEUM
NAPOLI FINO AL 7 GENNAIO 2024
L’amore universale è protagonista della mostra immersiva che, fino al prossimo gennaio, riempie le sale di Palazzo Fondi. Lungo i corridoi dell’edificio settecentesco si snoda il percorso espositivo, interrotto da sale tematiche in cui entrare per tuffarsi nelle varie forme dell’amore. Da quello romantico, rappresentato da un tunnel di fiori rosa, a quello sensuale ricreato nella stanza del mistero, passando per il tenero scenario dell’altalena circondata da farfalle e per la Sala delle coccole e dei vizi, tra cioccolato, caramelle e gelato. Non mancano gli spazi dedicati all’amore per se stessi, come la Sala degli specchi e la vasca da bagno circondata da nuvole rosa. Ogni ambiente è progettato per l’interazione con visitatori e visitatrici, che diventano così parte della mostra. lovemuseumexperience.com
YEAST PHOTO FESTIVAL
MATINO (LECCE) FINO AL 12 NOVEMBRE
Soulfood. And Beyond è il tema della seconda edizione dell’evento internazionale che unisce fotografia e arti visive indagando il tema del cibo come identità e ripensando il rapporto tra uomo e ambiente. Diffuso tra il borgo salentino di Matino e la città di Lecce, il festival prevede mostre, workshop e tavole rotonde. Tra i progetti in esposizione spicca Eat out of the box, della fotografa ceca Tereza Jobová, in cui i prodotti alimentari diventano mera decorazione. Mentre Breakfast, dello scozzese Niall McDiarmid, è un lavoro realizzato in quattro anni in cui l’artista osserva il rituale della colazione. Da segnalare anche l’open call Matino Family Album che invita i cittadini a condividere fotografie di momenti personali in cui il cibo è veicolo di amore, abitudini e tradizioni. yeastphotofestival.it
I LOVE LEGO
REGGIO CALABRIA FINO AL 6 GENNAIO 2024
I mattoncini multicolori più divertenti e famosi del mondo arrivano a Reggio Calabria. Un milione di piccoli elementi Lego, che hanno attirato altrettanti visitatori nelle tappe internazionali precedenti, sono esposti nella Pinacoteca civica e nel foyer del Teatro Francesco Cilea. Da ammirare decine di metri quadrati che compongono sei diorami, che sono vere e proprie opere di architettura e fantasia: dalla città contemporanea ideale alle avventure leggendarie dei pirati, dai paesaggi medievali agli splendori dell’antica Roma. A completare la mostra gli oli ispirati a famosi ritratti della storia dell’arte, con i soggetti trasformati negli iconici omini dall’artista contemporaneo Stefano Bolcato. reggiocal.it
A NOVEMBRE TORNA IL MERANO WINE FESTIVAL
Tutto pronto per la 32esima edizione dell’evento, fondato da Helmuth Köcher, che dal 3 al 7 novembre renderà Merano (Bolzano) capitale del vino. Cinque giornate all’insegna della qualità con le eccellenze wine & food italiane e internazionali. Ricco anche il programma di conferenze e talk sui temi dei cambiamenti climatici e della sostenibilità per la viticoltura e l’agricoltura.
Si parte venerdì con Bio & Dynamica, giornata dedicata ai vini biologici, biodinamici, organici e orange. Da sabato a lunedì nel Kurhaus, lo splendido edificio liberty sede del festival, saranno presenti i produttori vincitori del WineHunter Award. Sono
A VIESTE, IL CAPRICCIO DELLO CHEF LEONARDO VESCERA
protagoniste di assaggi e showcooking nella Gourmet Arena le migliori specialità dell’agroalimentare selezionate in tutta Italia. Inoltre, i winelover potranno seguire masterclass e degustazioni guidate per conoscere e approfondire le diverse tipologie di vini. Tra le iniziative, focus dedicati al green con la presenza della Regione Abruzzo. Mentre la Calabria porta a Merano le caratteristiche vinicole dei differenti territori e la Campania conferma la sua spiccata cultura enologica con numerosi eventi in programma. In totale è prevista la partecipazione di oltre 600 aziende, suddivise tra vino, champagne e food. meranowinefestival.com
Fin da bambino, il sogno di Leonardo Vescera era cucinare. E l’ha realizzato lavorando in prestigiosi ristoranti fino al 2009, quando il Capriccio dello chef è diventato realtà sulla baia di Vieste, perla del Gargano. L’atmosfera è quella di un porticciolo, con le barche dei pescatori, il via vai delle persone e i tavoli del locale sul molo che sembrano piccoli pescherecci all’attracco. La cucina di Vescera unisce passione, talento ed esperienza e riflette un profondo amore per ciò che il mare offre con le sue stagionalità e per la tradizione delle nonne portata nella contemporaneità. Nel menù si segnalano Dentice marinato alla pizzaiola, Calamari, pancotto e cime di rape, Polpo al finocchietto, crema di cicerchie e lupini di mare: piatti evocativi e di grande eleganza, con sapori precisi e in perfetto bilanciamento. Davvero golosi i Paccheri ripieni di rana pescatrice in guazzetto. Irrinunciabile La mia Puglia in chiave moderna, mentre è una specialità incantevole la Finta cozza ripiena alla Viestana. Da godere al tramonto il raffinato aperitivo dove la creatività dello chef arriva a piccoli bocconi. Cantina di alto livello sia nelle scelte locali sia in quelle nazionali. Il Capriccio è membro della Krug Ambassade, il network di ristoranti, enoteche e hotel che condividono la filosofia della prestigiosa maison. Qui, infatti, un calice di champagne è il modo migliore per iniziare un’esperienza che vorresti non finisse mai. ilcapricciovieste.it
HOTEL RAITO: RELAX E CUCINA GOURMET A VIETRI SUL MARE
Una vista incantevole sul Golfo di Salerno e sulla suggestiva Vietri sul Mare. L’Hotel Raito Amalfi Coast sembra sospeso tra l’azzurro del cielo e quello del mare, immerso tra gli agrumeti e il verde dei terrazzamenti tipici della Costiera amalfitana. In posizione ideale, proprio all’inizio della Costiera, si raggiunge facilmente da Salerno e offre tutti i servizi per trascorrere qualche giorno di vacanza all’insegna del benessere e del relax. Eccellente anche la proposta gastronomica del ristorante Il Golfo, grazie al talento dello chef Francesco Russo, che esalta con creatività le materie prime del territorio, e i tavoli che si affacciano sui faraglioni
BAGLIO DEL CRISTO DI CAMPOBELLO: VINI SICILIANI DI ELEGANTE CARATTERE
di Vietri.
È molto apprezzata dagli ospiti anche la pizzeria con forno a legna, aperta sia a pranzo sia a cena, dove si possono gustare specialità uniche con ingredienti sempre freschi. Le 76 camere e suite, con terrazze panoramiche e balconi sul mare, presentano un design contemporaneo ed elegante e sono impreziosite dalle bellissime ceramiche vietresi, esempio dell’artigianato artistico locale. Anche il benessere è al centro dell’offerta con due piscine esterne e l’ExPure Spa con bagno turco, idromassaggio e trattamenti personalizzati. hotelraito.it
In provincia di Agrigento, a Campobello di Licata, troviamo l’azienda vinicola Baglio del Cristo di Campobello. Guidata da Carmelo Bonetta, la cantina è integrata perfettamente nell’affascinate campagna siciliana, dove il sole si riflette sul bianco dei muri delle case. Il nome deriva dal crocifisso ligneo che si trova sui terreni dell’azienda, meta di pellegrinaggi e celebrato con l’annuale, affollata, processione.
I vini sono di carattere e formati sia sull’identità del territorio sia sull’eleganza. I bianchi come Lalùci, un Grillo in purezza, spiccano per la sapidità e la mineralità del suolo gessoso. Adènzia, che in dialetto significa “dare ascolto”, è un blend di Grillo e Insolia dalla matrice fine e dal sapore profondo e vivace al tempo stesso.
I rossi presentano grande profondità e regalano un sorso che avvolge con fascino. Ampiezza della sensazione speziata e ricchezza al palato per Lusirà, un Syrah 100% decisamente rappresentativo. Un altro simbolo della cantina è il Nero d’Avola Lu Patri, un vino che vuole presentare e conservare i valori della famiglia e la loro sublimazione, come ricompensa del lavoro. Di ottima fattura il metodo classico rosé extra brut, da uve Nero d’Avola. Due versioni da 36 e 50 mesi sui lieviti, entrambe capaci di emozionare per la fragranza dei profumi e la lunghezza delle sensazioni di un sorso armonioso e strutturato. cristodicampobello.it
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UN TIMIDO ISTRIONE
ATTORE, REGISTA E SCRITTORE, DAL 16 OTTOBRE MARCELLO
CESENA TORNA IN TV NEI PANNI
DI JEAN-CLAUDE, IL SUO
PERSONAGGIO PIÙ NOTO
di Gaspare Baglio gasparebaglio
La sua faccia la conoscono tutti, ma in realtà non la conosce nessuno. Il suo Jean-Claude è diventato un vero cult grazie al serial Sensualità a corte, di cui è protagonista. E che torna su Tv8, dal 16 ottobre, all’interno del programma GialappaShow. Ma Marcello Cesena è molto, molto di più: oltre a essere un attore, è regista di spot pubblicitari e di film come Il cosmo sul comò. Un universo tutto da scoprire.
Jean-Claude è il tuo personaggio più duraturo?
Sì, va avanti dal 2005. Prima avevo l’istinto di uccidere i personaggi dopo una stagione: mi obbligavo a cambiare per non adagiarmi sugli allori. Ma Jean-Claude è trasversale: mi guardavano i genitori e ora lo fanno anche i figli. A me trasmette grande gioia vedere le persone che ripetono le sue battute. Non ho intenzione di mettere in dispensa il mondo di Sensualità a corte
Da dove prendi spunto per le tue interpretazioni?
Da un lato è fiction pura, dall’altro mi ispiro ai reality e al trash televisivo. Guardo poco i canali nazionali, preferisco le piccole reti locali dove ho attinto per personaggi come la Maga Giuseppina, che trasforma problematiche
come l’aerofagia in opportunità.
Quanto ha contato Genova nella tua vita?
Tantissimo. Ho studiato al Teatro Stabile, esperienza fantastica di cui sono molto orgoglioso. Anche se sono stato insignito del premio Città di Genova a inizio carriera, è una metropoli severa, avara di soddisfazioni. A Genova non ci si monta la testa. Mia madre non è nemmeno andata al cinema quando ho debuttato con Pupi Avati nel film Una gita scolastica
Hai anche un lato dark, uscito fuori con il libro thriller Un luogo sicuro La risata e la paura hanno meccanismi identici, basati sulla sorpresa e sulla necessità di creare atmosfere nuove per essere efficaci. Il libro è stato scritto a Parigi nell’opprimente anno del Bataclan. È la storia tra una profuga araba e una regista in crisi creativa, tra segreti e un finale a sorpresa. Sogno di portarlo al cinema.
Hai fatto tantissime cose e interpretato molti ruoli. Chi è davvero Marcello Cesena?
Uno che al di fuori del lavoro è molto poco istrione. Mi manca quella dose di sano esibizionismo che appartiene a molti attori.
Il tuo lavoro è ecosostenibile?
Rispetto il pianeta e, dal punto di vista professionale, molti processi di produzione si sono ridimensionati pensando all’ambiente.
Sull’onda green viaggerai molto in treno...
È il mio compagno di viaggio preferito da tanti anni. Se chiudo gli occhi ricordo con piacere gli spostamenti da Genova a Roma, i finestrini aperti e l’aria calda sulla faccia. Poi ho scoperto anche il meraviglioso Milano-Parigi: sembra quasi l’Orient Express. Sogno nel cassetto?
La regia di un musical come West Side Story. Ho perfino provato a fare il ballerino ma, ahimè, con scarsi risultati.
marcellocesena
© Claudio ColomboMUSICA DA VIVERE
DOPO IL DOPPIO DISCO DI PLATINO CON CI PENSIAMO DOMANI, ANGELINA MANGO È PRONTA A GIRARE L’ITALIA CON IL TOUR CHE PARTE IL 12 OTTOBRE
La sua hit Ci pensiamo domani è stata uno dei tormentoni estivi con oltre 32 milioni di stream, più di dieci milioni di views e due dischi di platino. Con l’arrivo dell’autunno Angelina Mango, classe 2001, vincitrice nella categoria Canto del talent show Amici di Maria De Filippi, si prepara a portare in tour nei club l’album Voglia di vivere, che ha già ottenuto la certificazione d’oro. Si parte il 12 ottobre da Napoli, poi Bari (14), Roma (16), Firenze (18), Torino (19), Bologna (21) e Milano (23). Gran finale – salvo cambiamenti – a Roncade (Treviso) il 26. Niente male per la giovanissima e talentuosa cantautrice.
Come ti fa sentire tutto questo successo?
Grata e fiera, come se il mio lavoro avesse sempre più valore. È una responsabilità positiva.
Ci hai messo un po’ a importi. Le difficoltà maggiori che hai incontrato?
Quelle dentro la mia testa. Quando mi sono sbloccata è andato tutto meglio. Il lavoro coincide con lo stato mentale, probabilmente non ero pronta a vivere certe emozioni. La canzone più rappresentativa di
questo nuovo album?
A livello concettuale e affettivo la title track Voglia di vivere : vorrei che le persone, dopo i miei live, si portassero a casa proprio questo desiderio.
E poi Mani vuote : un salto nell’adolescenza, quando problemi e paranoie, che ora non ci sono più, sembravano giganti. Mi libera l’anima.
In famiglia hai sempre respirato musica. L’insegnamento più importante ricevuto?
Il rispetto nei confronti del talento. Si possono avere alcune doti ma bisogna lavorare e impegnarsi, altrimenti è uno spreco.
Come rappresentante della Generazione Z, quali messaggi vuoi trasmettere al pubblico?
Non avere paura dei pregiudizi e dire sempre la propria opinione. Sul palco bisogna essere veri: se non lo sei le persone lo capiscono.
La tutela dell’ambiente è rilevante per te?
Molto. La mia generazione si trova a vivere su un pianeta da salvare. Siamo al limite, il nostro primo dovere è rendere il mondo migliore.
Hai trascorso l’infanzia e l’adolescenza in provincia di Potenza, tra
Maratea e Lagonegro, e poi ti sei trasferita a Milano. Cosa ti hanno dato e cosa ti hanno tolto questi luoghi?
La Basilicata mi ha trasmesso i valori e l’etica morale. E mi ha donato un’infanzia libera. Però mi ha privato di alcune occasioni ed è un peccato che molti giovani siano costretti a lasciare questa terra stupenda per lo stesso motivo. Milano mi ha tolto il mare, ma mi ha offerto tante opportunità e incontri bellissimi. Stessa domanda, declinata sul talent Amici
Mi ha regalato divertimento, disciplina e il vantaggio di concentrarmi su me stessa. Ma mi ha sottratto gli affetti per sei mesi.
Ti aspetta un tour nei club che ha già segnato sold out in cinque date su otto. Pronta?
Non vedo l’ora! Col mio gruppo siamo molto uniti, suoniamo insieme da anni: condividere il palco è la cosa più bella che ci sia. Se ti dico Sanremo che mi rispondi? È una possibilità.
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UN TRENO DI LIBRI
UVASPINA
CON PAROLE SCHIETTE, CHE SMUOVONO IL MARE E
TEMPRANO LA TERRA, MONICA ACITO RACCONTA LA VITA DI UN FEMMINIELLO NELLE VISCERE DI NAPOLI
Ci sono scrittori e scrittrici che conoscono la lingua del mare. Altri che masticano una calata di terra. E poi c’è chi riesce nell’incanto. Sono gli autori e le autrici la cui voce è vento che agita il mare e rinvigorisce la terra.
Monica Acito parla un dialetto di fuoco che si spegne nell’acqua salata del golfo di Napoli. Conosce il rumore del cielo quando chiama tempesta e rannuvola l’orizzonte.
Raggranella ogni male, lo schianta a terra, tra chi blatera e chi prega, tra porci e benedette, per le strade sporche o nei salotti borghesi. Acito non conosce pietà perché sa che lo schifo del mondo deve vedersi per essere purgato. Poi, soffia il vento del perdono, una brezza capace di rinfrescare il viso soltanto agli stolti. Un segno della croce compiuto da mano distratta. Eppure, soffia, perché chi possiede la parlata del vento non smette di fischiare mai.
Ondeggia, scroscia, sbatacchia, frusta, si gonfia, si disperde, mulina, vortica, investe, schiaffeggia, fa lacrimare, rinfresca, asciuga, strozza, poi ulula, s’alza e ricade. Ma procediamo con ordine. Acito è nata nel 1993, ha la parlata schietta di chi tiene un mondo nella pancia che si agita per uscire, venir raccontato e farsi di tutti. È cresciuta in
Cilento, tra le gole del fiume Calore e i templi di Paestum, ha studiato a Napoli e poi a Torino, alla Scuola Holden, allieva dello scrittore Andrea Tarabbia. Dal 2020 ha lavorato per due anni al suo romanzo d’esordio, pubblicato da Bompiani: Uvaspina
L’uvaspina va spremuta, così vuole il mondo, perché dal suo succo si ricavi una cura per i malanni degli altri. E così la scrittrice spreme il suo uvaspina, femminiello, “criaturo” bellissimo e fragile: lo espone all’odio e all’amore, lo graffia, lo punge. Accanto a lui fa muovere, incessante, lo “strummolo”, una trottola capace di ferire: è sua sorella Minuccia, agitata dal vento e dal fuoco, forte come la terra, volubile come il mare. Come si può raccontare una storia che ha dentro un mondo? Presentare ogni suo comandamento, i suoi peccati e le sue torture, tutti i suoi santi, gli amori, i canti, i vizi? In questo romanzo Acito tiene tutto, come si fa dopo l’uccisione del maiale e con gli scarti del pesce. Racconta una storia d’amore e di famiglia, d’odio e di vendetta. Una storia di città, perché attorno a Uvaspina, Minuccia, il padre Pasquale, notaio d’occasione, e la Spaiata, la madre che vuol sempre morire, ribolle Napoli che si incen -
dia e trema. Come si fa a raccontare la storia di una vita?
L’autrice ci riesce, con la calata di terra e di fuoco che pare uscita dalle storie di Domenico Rea e dalle fiabe di Giambattista Basile. Con la parlata del mare, la stessa di Elsa Morante e Anna Maria Ortese. Ci riesce, Acito, perché sua è la lingua del vento.
Morta o viva
Tutti i mercoledì sera, Uvaspina e Minuccia aspettavano che la loro madre morisse.
Ogni volta che la mamma stava male, fratello e sorella si davano la mano e si dicevano: «Stavolta ti faccio vedere che muore».
Graziella la Spaiata se ne stava distesa sul letto di ottone e boccheggiava come una grossa rana pescatrice appena sputata sul bagnasciuga: respirava talmente piano che a volte Uvaspina e Minuccia dovevano passarle le dita sotto il naso per vedere se era ancora viva.
Poi la Spaiata riprendeva ad ansimare e sussurrava ai figli: «Ma se mammà vostra muore, glielo portate un fiore al cimitero?».
Mentre faceva questa domanda aveva gli stessi occhi terribili e compiaciuti di quando, a Natale, si fotteva lo struffolo più grosso dal centro della tavola e se lo mangiava succhiandosi le dita laccate di smalto rosso.
«No, mammà, tu al cimitero non ci vai, tu devi stare con noi!» pigolavano Uvaspina e Minuccia, mentre la Spaiata si faceva il segno della croce con la mano mancina e chiedeva ai figli di chiamare don Domenico per l’estrema unzione. Poi tornava a respirare piano: i suoi capelli color ruggine, frutto di un errore di Barbara la parrucchiera, sembravano già i capelli di una morta, e la ricrescita, sotto il lampadario a gocce, aveva lo stesso grigio che stava sulle lapidi al cimitero dei Colerosi.
La Spaiata portava ancora la riga in mezzo: quella riga le tagliava in due il cranio, con la stessa geometria con cui Spaccanapoli divideva la città antica tra nord e sud. A nord della testa della Spaiata ci stavano i malepensieri, le sigarette di contrabbando e le puntate di Feb -
bre d’amore ; a sud, tutti i funerali della sua vita, in cui l’avevano pagata per chiagnere e fottere, e che le avevano lasciato un talento naturale per la sceneggiata e l’arte di sapersi fingere morta o viva a seconda di come cambiava il colore della pummarola nel ragù. Quando la Spaiata respirava così piano, Uvaspina e Minuccia tornavano a stringersi la mano; poi Uvaspina, che era un po’ più grande, prendeva la testa di Minuccia e se la metteva in grembo, le tappava le orecchie e la teneva ferma, perché non voleva che la sorellina vedesse gli occhi della madre farsi bianchi e viscidi come le teste dei calamari alla Pignasecca. Non sia mai che Minuccia si impressionava: dopo bisognava stare anche appresso a lei.
Ma Minuccia non si faceva
mantenere, si liberava dalle dita di Uvaspina e andava di nuovo dalla Spaiata. Le poggiava l’orecchio sinistro sul cuore; le premeva così tanto l’orecchio sul seno da schiacciarglielo: sembrava volersi infilare con la bocca nella camicia aperta della madre, per bersi tutto il latte che da piccola aveva sputato nel cesso che affacciava sulla Marinella.
Dopo, Minuccia tornava a stringere la mano del fratello.
«Uvaspì, ti faccio vedere che stavolta muore», diceva adesso lui.
«Minù, secondo me tra poco si alza e va a pisciare!».
«Il cuore batteva piano! Non è come le altre volte, stasera muore veramente».
Di solito, a quel punto, la Spaiata guardava il lampadario di cristallo a gocce, quello che aveva sempre desiderato quando era una piccerella che mangiava pane raffermo e cipolle sulle scale di vico
Limoncello: sembrava che quelle gocce le cascassero sulla fronte scura.
Quelle gocce erano tanti sputi in faccia, che le ricordavano che lei era ancora una del vico Limoncello, anche se ora viveva a Chiaia e aveva la cameriera che le sistemava le mutande di pizzo nei cassetti, e le chiedeva se il venerdì santo voleva mangiare il totano ripieno o il baccalà. Avrebbe potuto mangiare tutti i totani che voleva, la Spaiata, ma l’alito le sarebbe puzzato sempre di cipolla. E sotto il culo, fin dentro le mutande di pizzo, avrebbe sempre sentito le pietruzze appuntite che stavano sulle scale di via dei Tribunali.
Sopportare
Lei glielo diceva a Uvaspina di sopportare, di sopportare, e sopporta, bell’e mammà, che Minuccia prima o poi si stanca, quella deve sfogare, non si sapeva perché ma Minuccia aveva i nervi fragili, però poi tornava la ragazzina più cara del mondo e dalla sua bocca uscivano solo parole di miele, doveva solo sfogare tutto ’o veleno che qualcuno le aveva messo in corpo, perché non era colpa di Minuccia, ma di chillo puorco r’o demonio.
E la sera prima Minuccia aveva tirato i capelli al fratello, lo aveva schiattato di calci in panza, pareva una cagnetta in calore, e Uvaspina non si era difeso, era stato fermo a prendersi quella grandine di calci e mazzate, che Minuccia non ci pareva, ma aveva la forza di un muratore. Uvaspina era stato immobile e non aveva detto niente, ci mancava solo che desse un coltello in mano alla sorella e le dicesse: «Accireme, ormai già sò morto»; ma invece se n’era andato a dormire, e pareva strano, non
aveva cacciato manco una lacrima, si era fatto la doccia e si era messo nel letto e si era coricato sul lato sinistro e s’era abbracciato a un orso di pezza lo stesso di quando era piccolo.
Le tre del pomeriggio
Uvaspina immaginò gli occhi dello strummolo sotto un velo trasparente dire “sì” nella chiesa dell’Ascensione, con la lingua ancora impastata dall’ostia che non bisognava masticare, ma lasciar sciogliere in bocca. La immaginò e gli venne l’impulso di abbracciare la sorella, in quella cucina che puzzava di uovo e impasto crudo. Uvaspina e Minuccia si strinsero contro il frigorifero.
Guancia contro guancia, ciato contro ciato. Minuccia, con le mani ancora sporche di uova e di burro e di impasto, accarezzò la schiena del fratello e lo tirò a sé. Gli premette la mano sporca sulla spina dorsale, contando vertebra per vertebra. In una nuvola di farina, Minuccia lo circondò con tutte le braccia. Uvaspina pensò a quando quella cosa la facevano nel vico Belledonne, stretti contro i portoni arrugginiti per non farsi trovare a nascondino, e dovevano respirare piano. Minuccia tirò il fratello a sé ancora di più, e gli posò una risata umida sul lobo dell’orecchio.
Le tre del pomeriggio di via Chiaia odoravano di confetti nuziali e frutto spremuto.
*ACCADEMIA MOLLY BLOOM
La nostra rubrica Un treno di libri è a cura di Molly Bloom, l’accademia fondata a Roma da Leonardo Colombati ed Emanuele Trevi, che riunisce alcuni dei migliori scrittori, registi, sceneggiatori, musicisti e giornalisti del Paese. Con un unico fine: insegnare la scrittura creativa per applicarla ai campi della letteratura, della musica, dello spettacolo, dei media e del business. mollybloom.it
Giulia Bignami
Giunti, pp. 272 € 16
Lo scaffale della Freccia a cura di Gaspare Baglio e Sandra Gesualdi
Le lumache si innamorano? E i piccioni sanno riconoscere la bellezza?
Quest’opera ironica ripercorre i risultati scientifici emersi negli ultimi anni in varie università del mondo, accompagnandoci in un viaggio esilarante quanto sorprendente tra i più curiosi esperimenti etologici. Sapremo così che le api distinguono le pennellate impressioniste di Claude Monet da quelle cubiste di Picasso. E le mantidi amano il cinema in 3D. Un racconto appassionante che parla moltissimo anche di noi.
SCARTI
Jonathan Miles
Minimum Fax, pp. 581 € 19
New York. Talmadge e Micah abitano abusivamente in un appartamento di Manhattan, vivendo degli avanzi che trovano nei cassonetti, ma il loro equilibrio subisce una scossa quando ospitano un vecchio compagno universitario. Elwin, un linguista lasciato dalla moglie, fa i conti con un padre malato e smemorato. Sara, rimasta vedova dopo l’11 settembre, vede sgretolare la sua famiglia. Romanzo corale in cui personaggi e storie si muovono verso una convergenza ineluttabile e sorprendente.
FUNICULÌ & FUNICOLARE
Filiberto Passananti, Matteo Minà Guida Editori, pp. 124 € 15 Storia di due miracoli napoletani a quasi 150 anni dalla loro nascita: la funicolare del Vesuvio e la canzone Funiculì, Funiculà. Il volume segue le vicende dei creatori di questa coppia di eccellenze, nate a cavallo tra ‘800 e ‘900. Lo fa sia con stralci della relazione progettuale della teleferica partenopea, firmata dall’ingegnoso architetto Nicola Pagliara, sia con documenti inediti della Royal Academy of Music di Londra sul compositore Luigi Denza, autore del classico napoletano.
GOTHAM CITY: ANNO UNO
Phil Hester, Tom King
Panini, pp. 192 € 25
Prima dell’avvento di Batman, Gotham City era una metropoli splendente, accogliente con le famiglie e simbolo di speranza. Questa storia racconta di come sia caduta in disgrazia diventando baluardo della criminalità. Quando un neonato scompare nella notte, il detective privato Slam Bradley resta invischiato nel rapimento del secolo. Iniziano così le vicende di un personaggio che vive al limite, tanto quanto la città in cui abita. Un piccolo cult della nona arte tutto da leggere.
LE STREGHE DI MANNINGTREE
A.K. Blakemore
Fazi, pp. 300 € 18
Inghilterra, 1963. Manningtree è un paesino privo di uomini dall’inizio della guerra civile, terrorizzato dall’ombra della dannazione, dove le donne sono lasciate a loro stesse. Rebecca West ha un’esistenza ravvivata solo dall’infatuazione per l’ecclesiastico John Edes. Tutto cambia quando un bambino viene colto da una misteriosa febbre e iniziano a girare strane farneticazioni su congreghe e patti. Il miglior esordio dell’anno in Inghilterra, vincitore del Desmond Elliott Prize.
IL GUSTO DI CAMBIARE
Gaël Giraud, Carlo Petrini
Slow Food Editore, pp. 208 € 18
Dialogo tra due intellettuali e attivisti con traiettorie differenti. Da una parte Gaël Giraud, colto economista gesuita, esperto di questioni ambientali e inventore della transizione ecologica ispiratrice dell’enciclica Laudato si’ di papa Francesco. Dall’altra Carlo Petrini, ex sessantottino agnostico, ideatore di Slow Food, brand planetario della sostenibilità. Entrambi personaggi chiave della nostra contemporaneità, capaci di disegnare un futuro nuovo ma possibile e alla portata di tutti.
Invito alla lettura ragazzi
di Alex A. D’Orso - an.dorso@fsitaliane.itAPI, SCIAMI, ALVEARI
NEL LIBRO DI BETI PIOTTO IL MONDO AFFASCINANTE
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UNA GUIDA UTILE PER ESPLORARE LA NATURA CHE CI
CIRCONDA E RICONOSCERNE I
MECCANISMI NASCOSTI
fiammatorie.
Le api sono insetti intelligentissimi. Lo sapevano bene gli antichi latini che con lo scioglilingua “Si sapis sis apis” ammonivano così: “Se sei saggio, fai come l’ape”. Le api hanno grandi responsabilità perché da loro, come dagli altri insetti impollinatori, dipende nientemeno che la disponibilità di cibo per tutti gli esseri viventi. È attraverso l’impollinazione, infatti, che è possibile la vita di piante e animali, cioè dell’intero Pianeta. In questo libro troverai descritta la loro organizzazione sociale, le loro abitudini, la straordinaria e antichissima relazione che hanno stabilito con fiori, i loro sistemi di comunicazione come le danze e ferormoni, il loro organismo capace di produrre sostanze preziose come miele, pappa reale, propoli, cera. Infine, troverai notizie sul rapporto che nel tempo si è stabilito fra le api e l’uomo a cui oggi tocca il compito fondamentale di proteggerle e difenderle perché la loro esistenza è minacciata da inquinamento e degrado. Un compito fondamentale che va di pari passo con il rispetto e la tutela della natura selvatica e dell’ambiente.
ovvero Piccoli Naturalisti Osservatori,
è una collana dedicata all’osservazione di quello che vive intorno a noi, per avvicinare al piacere della scoperta e alla bellezza della natura. Ma è anche una collana pratica che insegna a guardare, analizzare, sperimentare per comprendere e conoscere. E capire che la nostra vita dipende da un ambiente vasto, variegato e affascinante nel quale ogni momento accadono cose importanti, anche se non lo sappiamo o non ce ne accorgiamo. In questi libri potrai trovare fenomeni e creature straordinari, raccontati da scienziati, scrittori e artisti. Persone che amano osservare, riflettere e scoprire attraverso disegni e parole. Sotto la loro guida, potrai imparare a vedere, disegnare, descrivere per raccontare alle persone intorno a te come è fatto il mondo. Il libro che hai in mano è fatto per accompagnarti nelle tue scoperte. Oltre a leggerlo, consideralo una guida utile per le tue esplorazioni, uno strumento da portare con te per riconoscere quello che vedi.
Vivono in società perfettamente organizzate e comunicano tra loro per assicurarsi la divisione dei compiti. Usano la danza per passarsi informazioni e sono capaci di stabilire alleanze con gli apicoltori che le proteggono. Le api sono insetti estremamente intelligenti, connesse all’essere umano fin dalla preistoria e care agli antichi Latini che, attraverso il gioco di sillabe si sapis sis apis (se sei saggio fa’ come l’ape), gli riconoscevano un equilibrato portamento. Questo libro ne svela i segreti, dalla divisione in diverse specie al processo dell’impollinazione, di cui le api sono maestre, fondamentale per l’esistenza di piante, frutti e semi. E, ancora, le abitudini che ne contraddistinguono la routine, il ciclo di vita e la particolare relazione con i fiori. Fino alle caratteristiche del loro organismo, in grado di produrre sostanze preziose come il miele, la pappa reale, la cera e la propoli, con le sue proprietà disinfettanti e antin - Topipittori, pp. 48 € 16 (da 7 anni)
Accompagnano il testo le illustrazioni delicate di Gioia Marchegiani. Sono immagini dalle linee morbide e un po’ rétro, moderne tavole botaniche che guidano lettori e lettrici alla scoperta del mondo naturale. Il risultato è una sequenza di alveari, fiori e sciami, con focus dedicati ai comportamenti particolari di questi insetti e alle creature che da sempre interagiscono con loro.
Non mancano i consigli su come favorirne la sopravvivenza: si possono seminare, anche sul balcone, piante con fiori graditi agli impollinatori o preparare un abbeveratoio in cui farle dissetare. Azioni singole e mirate che dovrebbero sommarsi al rispetto e alla tutela dell’ambiente e della natura selvatica tutta. È qui che le colonie di api, superorganismi fondati sulla cooperazione, proliferano dimostrando all’animale umano che la vita in comunità non solo è possibile ma è anche la scelta più sostenibile.
BAT E FLAMINGO
Daniel Frost
Babalibri, pp. 52 € 18 (da 3 anni)
I pipistrelli di solito amano il buio e vivono in grotte e anfratti. Fa eccezione il piccolo Bat che, con l’arrivo della primavera, incuriosito dalla luce del sole che intravede tra le rocce, decide di stravolgere le sue abitudini e uscire dall’oscurità. Fuori casa incontra Flamingo, uno strano fenicottero che gira con gli occhiali da sole e la macchina fotografica al collo. Nonostante le loro differenze, i due costruiscono un’amicizia stramba ma di straordinaria ricchezza.
Lo scaffale ragazzi a cura di Claudia Cichetti
TARTARUGA VS LEPRE. LA RIVINCITA
David
PintorKalandraka, pp. 40 € 14 (da 4 anni) Stimolante, come spesso le riletture sanno essere, questo libro ripropone una favola attribuita a Esopo che racconta la gara tra una lepre e una tartaruga. I due animali si sfidano usando le loro abilità. La lepre è agile e veloce ma la tartaruga si dimostra furba e perseverante. Una storia ironica, dal finale sorprendente, con cui l’autore sembra sottoporre ai più piccoli una lezione che mamma e papà non avrebbero il coraggio di dare: quando si è in gioco vale (quasi) tutto.
NON SI FA! PERCHÉ BLA BLA
Lorenzo BadioliCorraini edizioni, pp. 96 € 20 (per tutti) Ghiottolino, un bambino molto goloso, vorrebbe mangiare sul letto ma la sua mamma non è d’accordo. Quando gli urla «non si fa!», lui comincia a fantasticare su piatti buffi: la pizza con sopra il gelato, i tagliolini allo sbaglio, il vitello borchiato, le linguacce all’arrabbiata. D’altronde, si sa, se due cibi da soli stanno bene, saranno buonissimi insieme. Una storia illustrata sul potere dell’immaginazione. Perché in cucina, ma non solo, disobbedire alle regole può portare novità deliziose.
OLIVE E L’ELEFANTE GRIGIO Peter Carnavas
De Agostini, pp. 192 € 15,90 (da 9 anni)
A casa di Olive un giorno appare un misterioso elefante grigio, grande e silenzioso. Si aggira per le stanze e segue il suo papà ovunque. Quando sono insieme l’uomo diventa triste: è difficile vederlo allegro da quando la mamma di Olive non c’è più. La bambina è pronta a tutto per far tornare il sorriso al suo papà, anche a convincere l’animale a fare i bagagli e ad andarsene via. Un libro per lettori piccoli e grandi che affronta con delicatezza il tema del dolore e della perdita. A.A.D.
PICCOLI ESPLORATORI A VENEZIA
Maria Cristina Ferrari, illustrazioni Giulia Nava
24Ore Cultura Kids, pp. 65 € 16,90 (da 7 anni)
Case sospese sull’acqua, palazzi decorati, chiese e musei. Venezia è una città magica, da visitare almeno una volta nella vita. Questa guida, con le sue mappe illustrate, i racconti e gli aneddoti interessanti è la compagna ideale per scoprire la Laguna stimolando creatività e fantasia. Un diario di viaggio composto da giochi, quiz e pagine da personalizzare con i ricordi raccolti lungo l’itinerario: dai biglietti d’ingresso ai musei ai ticket per spostarsi in vaporetto tra i canali. A.A.D.
L’ULTIMO BISONTE
Annalisa Camilli, illustrazioni Irene Penazzi
La Nuova Frontiera, pp. 128 € 15 (da 9 anni)
Nella fredda foresta di Białowieża, dove la Polonia confina con la Bielorussia, vivono gli ultimi esemplari di bisonte europeo. Dopo un lungo viaggio il piccolo Benin, insieme ai fratelli, alla mamma e al papà, scopre che per entrare in Europa dovranno prima riuscire a trovare il buco nella recinzione. Solo i racconti del papà sui leggendari bisonti dello zar faranno dimenticare al bambino la fame, il freddo e la paura prima dell’intervento dei volontari polacchi. I.M.
UNA (STRA)ORDINARIA DONNA
PAOLA CORTELLESI DEBUTTA ALLA REGIA
CON IL FILM C’È
ANCORA DOMANI
, CHE APRE LA 18ESIMA FESTA DEL CINEMA DI ROMA di Gaspare Baglio gasparebaglio
Potevi farmi un cenno: ti avrei fatto vedere da vicino la scena girata. Non è che stavamo sul set di Roland Emmerich, non c’erano bodyguard». Paola Cortellesi esordisce così quando la informo che, durante la scorsa primavera, mi ero trovato per caso vicino al set del film C’è ancora domani, opera prima come regista di un’attrice versatile e talentuosa, capace di passare da commedie agrodolci campioni di incassi, sceneggiate insieme a Giulia Calenda e Furio Andreotti (tra cui Come un gatto in tangenziale), a serial dall’anima dark come Petra su Sky.
Un debutto così convincente da portare l’organizzazione della Festa del cinema di Roma a scegliere la sua pellicola come film d’apertura della kermesse, che illumina l’Auditorium
Parco della musica dal 19 al 28 ottobre.
Da dove è partita la voglia di metterti in gioco dietro la macchina da presa?
Ci ho pensato dopo alcuni anni di lavoro come sceneggiatrice. Mario Gianani, della società di produzione Wildside, me lo chiese qualche tempo fa ma avevo qualche reticenza.
Un po’ come accade nel cult Ghost, quando il personaggio interpretato da Whoopi Goldberg non vuole lasciare l’assegno con i soldi alla suora (ride, ndr). In realtà, il lavoro di scrittura è
stato il punto di svolta perché mi ha permesso di raccontare quello che volevo. Così, dopo molti anni, quando mi è stato riproposto di fare un film mio ho accettato.
Cosa racconti al pubblico?
Una storia personale su quello che mi sono immaginata ascoltando i racconti della mia bisnonna, di mia nonna e di mia mamma: è un film sull’infanzia e la crescita di alcune generazioni. Dentro convivono i miei ricordi e quello che sappiamo a livello storico su come si viveva nella seconda metà degli anni ‘40 e sul fatto che la donna era considerata pari a zero. Si racconta di quanto siano importanti alcuni diritti che prima non c’erano. Come definiresti Delia, il tuo personaggio?
In quel periodo ci sono state donne straordinarie, capaci di fare la storia, personalità coraggiose come Nilde Iotti. Io ho puntato il focus su quelle ordinarie, senza consapevolezza. Volevo raccontare le donne che non vengono ricordate ma hanno ugualmente costruito il Paese, ignare della forza che possedevano, cresciute con l’idea di non contare niente. Delia non ha coscienza di sé: è madre e moglie, sono i ruoli a definirla. Si muove in funzione di quello che la società si aspetta da lei. E accetta serenamente un marito violento e un’esistenza difficile.
Spera solo che la figlia, sposandosi, venga tirata fuori da quella famiglia imbarazzante. Poi succede qualcosa, le carte cambiano e portano la storia da un’altra parte.
Esistono ancora donne così?
È pieno. Ci sono persone che ancora si comportano secondo le richieste della società. Anche se con altre consapevolezze.
Hai realizzato il film per risvegliare le coscienze?
L’ho fatto per raccontare questa storia. Una sera mia figlia, mentre le leggevo un libro sulle donne controcorrente, si è chiesta perché le ragazze non potessero fare tante cose in passato. Sentendo questa domanda mi sono resa conto di quanto le nuove generazioni trovino incredibile il percorso che noi abbiamo compiuto perché loro potessero beneficiare dei diritti. Motivo per cui quella girata è una pellicola contemporanea, anche se ambientata nel passato.
Che cosa differenzia le generazioni di una volta da quelle di oggi?
La differenza sta nella consapevolezza della donna e in un pacchetto di diritti da preservare. I terribili fatti di cronaca successi quest’estate sottolineano un’emergenza culturale legata ai retaggi del patriarcato, che un tempo era dichiarato: c’era un padre padrone che ti passava a un marito e
quello ti dovevi tenere. Adesso il concetto del possesso non è più così manifesto, ma in certe situazioni resiste ed è legato a una mancata evoluzione culturale. Da una parte abbiamo avuto diritti, dall’altra siamo rimasti indietro con la mentalità. Nel film descrivo uno spaccato familiare dichiaratamente connesso con un periodo storico ma che, purtroppo, incontra affinità col presente.
Come ti senti ad aprire la Festa del cinema di Roma?
Onestamente, al primo film da regista non mi aspettavo nulla del genere. Invece la direttrice artistica Paola Malanga, dopo averlo visto, mi ha chiamata: sia lei sia la commissione selezionatrice lo hanno amato e apprezzato molto. Peraltro, è ambientato proprio nella Capitale. Immagino, quindi, che per te sia un
riconoscimento importante. Importantissimo. Anche se girato in bianco e nero, questo film è popolare come lo è la Festa del cinema. Spero arrivi a tante persone e, soprattutto, mi auguro che lo vedano tante ragazze e tanti ragazzi. Roma è la tua città: cosa rappresenta per te?
Una malattia. Nonostante sia una metropoli complessa, nonostante la sua
grandezza non renda le cose semplici, nonostante sia offesa ogni giorno dai propri abitanti, chi ci è nato sa che è la città più bella del mondo, la ama follemente e non se ne staccherebbe mai. Personalmente, il cordone ombelicale non è mai stato reciso: Roma è un modo di porsi, parlare, reagire alle cose che c’è solo qua e mi piace. Nel film quanto è protagonista la città? Non viene raccontato un quartiere
specifico, la storia vale in tutti i luoghi d’Italia, forse in tutto il mondo di quel periodo: sono le vicissitudini di una famiglia, un racconto universale di un determinato ceto sociale in un particolare periodo del passato. I personaggi, però, sono disegnati su caratteri romani che conosco profondamente. Sono i ricordi di mia nonna e della mia bisnonna, ma anche della famiglia abruzzese da cui proviene mia madre, che non differiscono da quelli capitolini. È un racconto italiano.
Dopo questo film è cambiato il modo di intendere il tuo lavoro da attrice? No, già da diversi anni come sceneggiatrice mi sono occupata d’altro. Forse questo mi ha aperto lo sguardo come interprete. Di base, quando ho potuto, ho sempre scelto un film per la storia piuttosto che per il ruolo. Il
personaggio deve muoversi all’interno di un plot che funziona, bisogna guardare l’insieme. Sulla recitazione di questa pellicola, però, ho fatto un lavoro meticoloso, a teatro, tre settimane prima di iniziare. L’esperienza mi ha aiutato a dirigere gli attori perché conosco l’importanza delle prove e dei tempi. Chi interpreta una parte deve stare a proprio agio, per questo ho messo a copione le proposte dei colleghi.
Nella vita e sul set cerchi di tutelare
l’ambiente?
Mi sto impegnando sempre di più per riuscirci. Sono consapevole dei danni che abbiamo procurato al Pianeta e cerco di comportarmi in maniera ecosostenibile. Ce la sto mettendo tutta, ho anche predisposto un set green con l’aiuto di un consulente che ci aiutava a evitare sprechi e plastica. È bene che si facciano campagne sull’ambiente. Mia figlia, a scuola, è sensibilizzata dai docenti su questo tema. Le nuove generazioni ci posso -
no insegnare comportamenti diversi. Tua figlia Laura ha visto il film? Ancora no, ma è dedicato a lei e alle ragazze della nuova generazione. Cosa vorresti pensassero le ragazze una volta uscite dal cinema?
Mi piacerebbe che fossero consapevoli della propria libertà. E di quanto sia importante combattere per rimanere libere.
paolacortellesireal
CIAK SU ROMA
DA ISABELLA ROSSELLINI, CHE RICEVE IL PREMIO ALLA CARRIERA, AD ANNA MAGNANI, VOLTO DI QUESTA EDIZIONE. ALLA FESTA DEL CINEMA 2023 SONO PROTAGONISTE LE DONNE
di Francesca Ventre – f.ventre@fsitaliane.it
La Festa del cinema di Roma compie 18 anni e porta sul red carpet la storia della settima arte, passata e presente, da Anna Magnani alla famiglia Rossellini, fino agli esordi alla regia di attori e attrici. Nel 2023 si aggiunge anche un giorno alla durata tradizionale della kermesse, che anima l’Auditorium Parco della musica Ennio Morricone dal 18 al 29 ottobre. Nella manifestazione, con la direzione artistica di Paola Malanga, sono in concorso ben 18 film a contendersi vari ricono-
scimenti: Miglior film, Gran premio della giuria, Miglior regia, Miglior sceneggiatura, Premio Monica Vitti alla miglior attrice, Premio Vittorio Gassman al miglior attore, Premio speciale della giuria. Il Gruppo FS Italiane, sponsor ufficiale dell’evento, è protagonista con il Premio del pubblico, assegnato alla migliore pellicola della selezione ufficiale votata dagli spettatori. Tanta è la curiosità e l’emozione degli appassionati del grande schermo nel partecipare a una festa che si diffonde anche in tutta la città, in molte sale, come anche al museo MAXXI e al Teatro Palladium, luoghi di proiezioni, incontri e spettacoli esclusivi. A sottolineare un legame osmotico tra cinema, teatro, letteratura e musica. I temi di quest’anno toccano il disagio sociale, richiamano atmosfere grottesche e diffondono malinconia e umorismo,
distopia e finzione contrapposte alla realtà, con storie ambientate in tanti luoghi del mondo, come Afghanistan, Iran, Bhutan o Brasile. Per approdare a Roma. In un’edizione in cui emerge spesso l’universo femminile.
A cominciare da Isabella Rossellini, che riceve il premio alla carriera. È un riconoscimento al suo talento, al suo anticonformismo e alla storia del ci-
nema che rappresenta, grazie anche a una famiglia simbolo della settima arte. Lei stessa dichiara: «È un onore ricevere il premio alla carriera dalla Festa del cinema di Roma. Sono contenta soprattutto perché la retrospettiva include non solo il mio lavoro da attrice, ma anche quello da regista, con i miei cortometraggi comici sugli animali».
All’Auditorium presenta infatti al pubbli-
co una serie di opere in cui ha giocato i ruoli di filmmaker, sceneggiatrice e attrice.
Marian Lacombe le rende omaggio con A Season with Isabella Rossellini, un documentario ambientato tra il set del film La chimera, di Alice Rohrwacher, in concorso a Cannes nel maggio scorso, e la Mama Farm, l’azienda di agricoltura rigenerativa che Isabella Rossellini ha
fondato nel 2013 a Brookhaven, nello Stato di New York, a pochi passi dalla casa dove aveva deciso di vivere con i figli, immersa nella natura.
Sono nella memoria dei cinefili le sue interpretazioni in Velluto blu (1986), l’iconico thriller di David Lynch, o La morte ti fa bella (1992) di Robert Zemeckis, intepretato con Meryl Streep, pellicole che il pubblico presente a Roma può scoprire o rivedere. Ma l’attrice richiama anche l’attenzione sulle serie da lei dirette dedicate al mondo degli animali (Green porno, Seduce me e Mammas), che uniscono rigore scientifico e una brillante ironia. Come in un flashback biografico, poi, si possono rivedere i suoi esordi in tv con L’altra domenica di Renzo Arbore. Al padre Roberto, Isabella dedica il documentario My dad is 100 years old di Guy Maddin, da lei scritto e interpretato per celebrare i cento anni dalla nascita di un regista fondamentale nella storia del cinema italiano.
Protagonista nell’immagine ufficiale della Festa del cinema 2023 è un’altra donna che ha fatto grande il film tricolore: Anna Magnani. Scomparsa 50 anni fa e indimenticabile simbolo del nostro
cinema nel mondo, visse con Roberto Rossellini una storia di amore e gelosia. Nell’immagine sorride, ed è un evento raro, circondata dai fotografi dopo la vittoria del Premio Oscar nel 1956. È stata la prima a riceverlo tra le attrici italiane, grazie a un’interpretazione magistrale nel film La rosa tatuata, di Daniel Mann. La cultura e la vita del Secondo dopoguerra sono stati trasmessi, di generazione in generazione, anche grazie a capolavori come Campo de' Fiori (1942), di Mario Bonnard, e Roma città aperta (1945), di Rossellini, che hanno consegnato un’interpretazione intensa e straziante, difficilmente raggiungibile, dell’attrice romana. Negli anni ‘40, la Capitale era il paradigma dell’Italia povera, ma dignitosa e piena di speranze. E in quel periodo è ambientato anche il film d’apertura della Festa del cinema, C’è ancora domani, esordio alla regia di Paola Cortellesi (vedi intervista a pag. 42), con protagonista una famiglia romana soggiogata da un padre padrone. Questa è una delle tre pellicole italiane in concorso a Roma, al fianco di Holiday un noir in cui eccezionalmente è protagonista la generazione Z, e Mi fanno
FS ITALIANE ALLA FESTA DEL CINEMA
male i capelli, diretto da Roberta Torre. E dietro la macchina da presa debuttano anche Margherita Buy, con la commedia d’ispirazione autobiografica Volare, e Kasia Smutniak che firma Mur, un documentario girato al confine tra Polonia e Bielorussia.
Si arriva velocemente alla fine degli anni ‘70 con la storia d’amore Nuovo Olimpo, di Ferzan Ozpetek, in anteprima a Roma, con il brano Povero amore interpretato da Mina nella colonna sonora. Protagonisti due giovani 25enni (Damiano Gavino e Andrea Di Luigi) che si incontrano per caso, si innamorano perdutamente e finiscono per perdersi per ben 30 anni. Scene di vita contemporanea, invece, in anteprima alla kermesse romana, nella sezione Alice nella città, per i primi due episodi della serie Rai Mare fuori, presentati in anteprima nella Capitale. Sul red carpet sono attesi i giovani protagonisti della serie coprodotta da Rai Fiction e Picomedia che racconta la vita dura dei detenuti, ora divenuti maggiorenni. Proprio come la Festa di Roma.
romacinemafest.it
Il Gruppo FS è sponsor ufficiale della Festa del cinema di Roma. Una partnership che conferma l’impegno di Ferrovie dello Stato Italiane a favore dell’arte e della cultura in ogni sua forma, con attenzione particolare al mondo del grande schermo. La collaborazione è rafforzata dalla presenza alla kermesse con un’area dedicata che accoglie le testate giornalistiche del Gruppo, uno spazio social e un corner per le interviste, oltre che dal Premio del pubblico FS che verrà assegnato al miglior film della selezione ufficiale votato dagli spettatori. Chi esprime la propria preferenza all’interno del concorso organizzato da Fondazione Cinema per Roma potrà aggiudicarsi una delle Carte regalo messe in palio da FS Italiane. Ognuna consente di ottenere biglietti di corsa semplice, abbonamenti e carnet dei treni regionali e nazionali di Trenitalia.
Inoltre, i titolari Carta FRECCIA e i possessori di un abbonamento regionale per Lazio, Campania e Toscana hanno diritto al 20% di sconto sull’acquisto dei biglietti per le proiezioni in sala.
fsitaliane.it | trenitalia.com
LA SIGNORA DEGLI ENIGMI
CRIMINOLOGA E PSICOLOGA FORENSE, MA ANCHE OPINIONISTA TV, ROBERTA BRUZZONE SI DIVIDE TRA L’ATTIVITÀ PROFESSIONALE, LA SUA ACCADEMIA DI
FORMAZIONE E LA PASSIONE PER LE MOTO di Andrea Radic Andrea_Radic
andrearadic2019Professionalità, determinazione, capacità di analisi e intuito. Sono questi gli strumenti con cui Roberta Bruzzone analizza l’animo umano nelle sue più oscure manifestazioni. Poi ci vogliono coraggio e fermezza, qualità che di certo non mancano alla criminologa e psicologa forense, esperta nel campo dell’investigazione. Dice di avere moltissimi conoscenti ma pochi amici fidati. E non si perde mai in chiacchiere («sono asciutta»). È anche un’appassionata motociclista: possiede due Harley-Davidson e una Buell, che guida in viaggi verso mete affascinanti in compagnia del marito, dirigente delle forze dell’ordine.
Da settembre è nuovamente opinionista sulle reti Rai all’interno dei programmi La vita in diretta e Ore 14. Al suo canale Youtube sono iscritte più di 68mila persone, tante altre la sostengono su Facebook.
Sui social hai un seguito enorme. Le persone vogliono approfondire gli argomenti che tratti?
Sono da sempre appassionata di tecnologia e social media e, con l’aiuto di due valenti collaboratori, mi sono ritagliata uno spazio per chi è interessato ad andare a fondo, interagendo e ponendo domande. Pubblico innanzitutto contenuti relativi al mio ambito professionale, quello criminologico, ma anche a quella parte del mio lavoro che riguarda la gestione della manipolazione e della dipendenza affettiva. Temi legati al narcisismo maligno, che pure riscuotono moltissimo interesse di pubblico.
Qual è il tuo target di riferimento?
Chi mi segue ha in media dai 35 anni in su, ma ho anche follower più giovani, persone che hanno spesso avuto esperienze complicate e dolorose. Alcune di loro trovano nei miei contenuti un aiuto per interpretare il proprio vissuto, elaborare il trauma subito e recuperare la forza per cominciare a ripararlo. Mi fa enormemente piacere contribuire a migliorare la loro vita. Come concili popolarità e professionalità?
Facendo scelte precise. Ho interrotto, per esempio, la mia collaborazione con il programma Ballando con le stelle perché sottraeva tempo al mio lavoro. Ma l’ho apprezzata molto come esperienza: è stato interessante osservare da vicino il mondo televisivo, mi sono divertita e mi è servita
anche da un punto di vista professionale. Oggi, in televisione, parlo solo della mia attività, cercando di aiutare i telespettatori a decodificare i percorsi psicologici che portano le persone a compiere atti terribili, in grado di sconvolgere l’opinione pubblica, oppure a comprendere i segnali per prevenire fatti tragici.
Hai una grande passione per gli animali e questa mattina ti ha svegliato il tuo gatto. Come si chiama?
Davil Blue, per gli amici Bibo, un Norvegese delle foreste di quasi dieci chili. Stamattina alle sette ha deciso che era tardi e dovevo svegliarmi. Mi ha morso il piede fuori dalle lenzuola perché aveva fame e io, da buona domestica, dovevo alzarmi per servirlo. Non sa ancora aprire il frigo da solo…ma spero che impari! (ride, ndr).
Hai a che fare con i lati più oscuri della mente umana, riesci ad avere ancora fiducia nelle persone?
In realtà, la mia fiducia arriva dopo un percorso di selezione abbastanza approfondito. Sono pochissime le persone con cui mi piace stare lasciando a casa l’armatura, si tratta di amici speciali, che per me ci saranno sempre, come io per loro.
Ti senti più affascinante o professionale ?
Penso che le curve che ho nella scatola cranica siano sicuramente le più interessanti. Mi infastidisce che qualcuno commenti il mio aspetto piuttosto che la mia competenza, lo trovo un minus, non mi fa piacere.
A chi vuole fare il tuo mestiere consigli un percorso di specializzazione?
Certo. La mia figura professionale sta sicuramente ispirando le nuove generazioni e anche per questo, nel 2009, ho fondato un’accademia che offre formazione nel campo criminologico e scientifico forense. Possono accedere sia studenti sia professionisti del settore, siamo sede di tirocinio per i più importanti atenei italiani con un programma davvero peculiare. Al termine del percorso, garantiamo ai nostri iscritti un anno di attività con noi e utilizziamo questo periodo di tempo per selezionare le figure migliori. Poi lavorare a tempo pieno in quest’ambito non è facile, in Italia saremo cinque in totale.
Nei casi che hai affrontato hai avuto un’immediata certez-
za non sconfessata o un dubbio che è rimasto tale?
Approfondisco le carte, leggo ogni dettaglio e lo inserisco in maniera sinergica nel contesto. Quando termino lo studio di un fascicolo, porto avanti l’idea che maggiormente mi convince e, di solito, è quella corretta. La parte più difficile, quando si tratta di suicidi, è far capire ai famigliari che davvero si è trattato di questo.
Sulla scena di un crimine cosa ti colpisce di più?
Il mio lavoro non è cercare indizi, a quello ci pensano le squadre di sopralluogo. Io vado sulla scena del crimine per contestualizzarli e risalire ai comportamenti dei soggetti che li hanno prodotti: vittime e carnefici. Mi sono specializzata nell’interpretare tracce di sangue, perché rappresentano un ottimo “interlocutore” scientifico: raccontano molto di quanto accaduto, della dinamica criminale. La mia è l'ottica del profiler, che analizza ogni dettaglio. Quando sei in mezzo alla gente ti capita di notare comportamenti sospetti?
Si, mi succede. Essendo specializzata in analisi comportamentale, alcuni fatti mi colpiscono rapidamente. Guardandomi intorno, capisco se qualcuno ha delle problematiche. Non è una capacità magica, si tratta di interpretare la postura, gli atteggiamenti, lo sguardo. Riesco a fare una sorta di radiografia.
Nel tuo lavoro ti è mai successo di avere una convinzione che si è rivelata errata?
No. Una volta maturata una posizione la porto avanti senza esitazione.
Rispetto alle competenze operative nel tuo settore, l’Italia è a un buon livello?
Mediamente parlando c’è un discreto livello di preparazione, poi è chiaro che il fattore umano influisce sempre: c’è il professionista
più attento e appassionato e quello che lavora meno bene. Ma nel panorama europeo siamo considerati affidabili. Che rapporto hai con il treno?
Adoro prenderlo. Mi piace viaggiare in Executive perché riesco a lavorare molto bene, posso concentrarmi sui fascicoli e ascoltare gli interrogatori. Le ore che passo a bordo quando mi sposto tra Roma e Milano sono veramente mie, le dedico a quel tipo di approfondimento che amo tantissimo. Mi piace pensare al treno come a una camera per pensare.
Quando vai a Finale Ligure, dove sei nata, cosa ritrovi?
Ci vado raramente, purtroppo, ma quando torno mi rilasso. Mi sento ligure, anche se le mie ambizioni professionali 30 anni fa mi hanno portata a Roma, una città che mi ha dato tanto.
Qual è il profumo che associ alla tua infanzia?
L’odore della pasta che cucinava mia nonna Angelina, del suo sugo che nessuno al mondo è mai riuscito a replicare. Una donna nata nel 1905, che ha superato due conflitti mondiali e riusciva a preparare con niente dei piatti davvero straordinari.
E tu in cucina ti diletti?
So cucinare, ho ottime conoscenze tecniche anche sotto quel profilo, ma pratico saltuariamente.
Cosa ti piace nelle persone e cosa non sopporti?
Apprezzo molto l’onestà intellettuale, detesto l’invidia, l’ipocrisia e l’incapacità di essere coerenti con se stessi.
Hai un luogo del cuore?
Più che un luogo del cuore, quando voglio rilassarmi prendo la moto. Con mio marito decidiamo una meta e si parte.
TRA I COLLI DEL PROSECCO
Dolci saliscendi cullano lo sguardo, l’aria limpida pizzica la pelle e il verde intenso della natura rinfranca lo spirito.
Tutto ciò mentre un sorso di Prosecco solletica le labbra e la gola. Tra le colline delle zone di Conegliano e Valdobbiadene, in provincia di Treviso, si produce infatti la famosa bollicina che accompagna aperitivi, cene e serate in compagnia.
Ovunque si giri lo sguardo, il paesaggio è unico e suggestivo. Caratterizzato da terrazzamenti erbosi chiamati
ciglioni, creati a partire dal ‘600 e nel corso dei secoli dai viticoltori, ha assunto un aspetto a mosaico capace di evidenziare ancor di più il motivo naturalmente ondeggiante del territorio. Proprio la particolare estetica è il motivo per cui, nel 2019, le Colline del Prosecco sono state dichiarate dall’Unesco Patrimonio dell’umanità.
Da pochi mesi è possibile attraversarle a piedi, passando tra vigneti e boschetti, grazie al nuovo Cammino delle colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene, un percorso
di 51 chilometri ideato dallo scrittore Giovanni Carraro. Segnato da alpini e volontari, è percorribile in quattro brevi tappe che consentono di godere in piena tranquillità delle bellezze e dell’ospitalità della zona.
Prendendo un treno fino a Conegliano nel fine settimana, si può raggiungere facilmente il punto di partenza con un autobus del servizio Prosecco Hills Link, nato dalla collaborazione tra Trenitalia e MOM, l’azienda di trasporto pubblico su gomma della provincia di Treviso. Pensato appositamente
per camminatori e camminatrici, il bus parte dalla stazione e attraversa il territorio del Valdobbiadene per arrivare nella cittadina di Vidor. Dal municipio del piccolo centro veneto ci si mette in marcia e, dopo una prima salita che ripercorre le tappe della Via Crucis, si giunge sulla dolce cima del colle del Castello, dove oggi sorgono un piccolo tempio e un monumento in ricordo dei caduti della Grande guerra. Si percorre poi l’armonioso Sentiero dei cipressi fino al Santuario della Madonna delle Grazie di Col Castellon, per proseguire, in un continuo saliscendi, verso il punto panoramico della Costa grande. Dopo essersi rifocillati, si riprende la discesa tra i vigneti in direzione di Col San Martino, frazione di Farra di Soligo, dove passare la notte e concludere la prima tappa.
La mattina seguente ci si rimette in movimento verso Soligo, tra chiesette e abbazie, boschi floridi e torrenti, per raggiungere infine Follina, dove dormire prima dell’inizio della terza tappa. Il cammino ricomincia poi in direzione Marcita, frazione di Follina, da cui si prende la ciclopedonale e la strada comunale del Caldarment fino ad Ar-
fanta, facendo una piccola pausa prima di cercare il tracciato le Rive di San Pietro. Da lì si oltrepassa l’antica chiesa di San Bartolomeo apostolo, non senza essere entrati per ammirare la pala di Francesco da Milano, si prosegue verso il borgo di Reseretta e la località Rive di San Pietro con la sua piccola chiesa campestre fino ad arrivare al centro di Tarzo per trascorrere la notte. Giunti all’ultimo giorno di cammino zaino in spalla, si può scegliere su quale percorso continuare in base al grado di difficoltà. Chi è più stanco o meno abituato a uno sforzo fisico intenso può infatti intraprendere una strada più dolce sul tragitto escursionistico che passa per la colorata Via dei murales, tra Fratta e Colmaggiore, e gli antichi borghi di Con Alti e Con Bassi, nel comune di Vittorio Veneto. I camminatori esperti, invece, dopo aver ricaricato le batterie con una tappa al Giardino museo bonsai della serenità di Tarzo, un paradiso botanico di mille metri quadrati, possono attraversare Monte Baldo, la collina più alta del cammino, e i ruderi del trecentesco castello di Montesel. Ci si ritrova poi a Serravalle per raggiungere il municipio di Vittorio
Veneto, la meta finale – e ultimo timbro – del Cammino delle Colline del Prosecco.
L’ideatore Carraro vede il percorso come una metafora del viaggio e della vita stessa: non a caso, vi si intersecano molti altri itinerari, che consentono di visitare ulteriori borghi e luoghi di
interesse. Tra questi, la piazza della borgata Follo in cui campeggiano un’antica meridiana e un mascherone in pietra del Barba Zucon, il protagonista di alcune antiche novelle popolari contadine, o i castelli di Collalto e di San Salvatore. Una volta concluso il cammino, quindi, ci si può lasciare
guidare dalla curiosità, intraprendere nuovi percorsi e aprirsi a esperienze inedite. Per restare immersi qualche ora o qualche giorno in più nel verde smeraldino dell’area prealpina trevigiana. E gustarsi le tanto meritate bollicine. collineconeglianovaldobbiadene.it
IL SUONO DEL CAMMINO
Remota e isolata, d’una bellezza antica non corrotta dal trascorrere del tempo, la Basilicata negli ultimi anni è riuscita a trasformare un punto di debolezza in un tratto di unicità. Nell’era precedente al 2019, anno in cui Matera è stata nominata Capitale europea della cultura, quella geografia fatta di paesaggi dal fascino ancestrale apparentemente disconnessi dalla civiltà e di infrastrutture mancanti ne aveva decretato la sparizione dalla mappa delle destinazioni turistiche italiane. Ora che abbiamo invece imparato a stupirci alla vista dei calanchi e delle murge lucane, ecco che il desiderio di esplorarla è divenuto sempre più un trend. Ma, attenzione: se vogliamo entrare in contatto con la sua dimensione più autentica, con quella riservata meraviglia che coglie di sorpresa, la Basilicata va scoperta con delicatezza e in quieto silenzio.
Così, oggi, questa terra è capace di offrirci innumerevoli traiettorie, lungo la sua superficie nemmeno tanto piccola, in cui i paesaggi naturali prevalgono su quelli artificiali. Non a caso, con i suoi 57,8 abitanti per km², è la regione meno densamente popolata dopo la Valle d’Aosta.
Chi vuole conoscere questo territorio, predisponendosi all’ascolto lento, può sperimentare due itinerari a piedi percorribili in giornata, il primo in provincia di Matera, l’altro nei dintorni di Potenza, a cui abbinare altrettanti eventi musicali. Sì, perché in questo luogo così peculiare fioriscono iniziative che uniscono la cultura a itinerari da percorrere a ritmo slow. Una tendenza analizzata nell’ambito del convegno dedicato al turismo musicale e sostenibile, in calendario a Matera il 28 ottobre presso la Fondazione Le Monacelle.
Lo stesso giorno alla Casa Cava, con ospite il Cinemascope Trio, è prevista la proiezione del film-concerto
Basilicata dreaming, in collaborazione con l’Onyx Jazz Club, organizzatore del celebre festival Gezziamoci. Il progetto di Nils Berg, uno degli interpreti più influenti del jazz svedese, raccoglie le voci, i volti e il canto di un’intera comunità, sullo sfondo di un paesaggio che comprende cinque aree protette della regione. L’evento chiude i lavori dell’assemblea annuale dell’associazione I-Jazz, in programma il 27 a Palazzo Malvinni Malvezzi, che rappresenta oltre 80 soggetti attivi in tutte le regioni italiane nell’organizza-
zione di festival e rassegne. Per conoscere più in profondità i territori raccontati nel documentario l’ideale è attraversare a piedi il Parco della Murgia materana. Raffaele Lamacchia, guida turistica ed escursionistica, ne sottolinea la straordinaria ricchezza evidenziandone le peculiarità: «È abitato sin dal Paleolitico e quest’anno compie 30 anni di vita come Patrimonio Unesco». Circa ottomila ettari di territorio tra Matera e Montescaglioso, con paesaggi incontaminati che testimonia-
no il matrimonio, qui strettissimo, tra uomo e natura, e sentieri costellati da chiese rupestri intagliate nella roccia arenaria come sculture. «I percorsi emblematici per scoprire questo territorio», prosegue Lamacchia, «sono due: il primo è il Rupestre, di circa 12 chilometri, con vista Sassi, tra Murgecchia e Murgia Timone, poi c’è il Matera-Montescaglioso, un trekking di potente suggestione lungo 20 chilometri. Ciascuno è percorribile in un solo giorno di cammino». Il Rupestre regala scorci affascinanti
su vallate di tufo scavate dalle mani dell’uomo, con giganteschi pinnacoli che sono stati ritratti nei quadri dipinti dall’artista locale Luigi Guerricchio e immortalati negli scatti in bianco e nero del fotografo ligure Mario Cresci. «Una volta raggiunta Cava Paradiso», spiega Lamacchia, «si arriva al Parco scultura La palomba, dove è presente l’installazione Global Last Supper, realizzata da Antonio Paradiso con l’acciaio estratto dalle macerie delle Torri Gemelle di New York». Il percorso, racconta la guida, incrocia una gravina e un torrente, chiese rupestri e numerose cave. Risalendo Murgia Timone, si raggiunge infine un belvedere, da cui si possono ammirare i Sassi di Matera. Il secondo cammino suggerito da Lamacchia è uno dei più suggestivi che si possano compiere in terra lucana: il trekking Matera-Montescaglioso. Il sentiero conduce alla grandiosa Abbazia benedettina di San
Michele Arcangelo seguendo un percorso che si snoda lungo il torrente Gravina. Costeggiano la strada casali rupestri e tesori unici al mondo, come l’imperdibile Chiesa di Cristo la Selva. La seconda esplorazione ci porta invece in provincia di Potenza, per scoprire un percorso che è un’autentica chicca, anch’esso fortemente innestato in un contesto musicale. Si parte da Pietragalla per arrivare alla Cattedrale di Acerenza, passando per il
Castello di Monteserico. Si tratta di un breve viaggio a piedi, attraverso sentieri di lunghezza variabile, da cinque a 12 chilometri, da scegliere a seconda delle proprie capacità. Il cammino inizia da una collinetta con 200 piccole costruzioni in pietra, i tipici palmenti di Pietragalla, forme di architettura rupestre adibite alla fermentazione dell’uva. Il mosto ottenuto veniva conservato in grandi botti situate nelle grotte del centro storico del paese, alle quali si arrivava percorrendo la cosiddetta via del vino. Da qui è già visibile Acerenza, la città-cattedrale e nostra meta finale, così definita per l’imponente edificio sacro che la domina. Consacrata nel 1080, custodisce il bastone pastorale di San Canio, reliquia capace di muoversi sfidando le leggi della fisica. Per raggiungerla a piedi si cammina su antichi tratturi e si attraversano ruscelli, ci si immerge in prati immensi e si fiancheggiano i famosi calanchi che donano all’escursione un fascino indimenticabile. Imperdibile è anche il castello di Monteserico, a circa 15 chilometri da Genzano di Lucania. Edificato nell’XI secolo, il suo severo profilo rappresenta un interessante esempio di architettura medievale lucana.
E veniamo alla musica, in questo caso classica. Sì, perché è proprio in questi due borghi che si svolge l’attività della Fondazione Accademia Ducale,
nata nel Palazzo Ducale di Pietragalla, con sede anche nel centro storico di Acerenza. L’istituto, così come accade in provincia di Matera, rappresenta un virtuoso esempio di quanto sia importante investire nel turismo culturale: i due paesi accolgono musicisti, musicologi, compositori e artisti che ravvivano questi luoghi rendendoli attrattivi tutto l’anno. La Fondazione, dunque, si pone l’obiettivo di portare la grande musica nei piccoli centri, «con l’intento di creare un polo culturale che accolga ospiti internazionali e che al tempo stesso studi e ricerchi partiture inedite, eseguite poi in concerto dall’ensemble di musicisti in residenza», spiega il direttore artistico Giuseppe D’Amico. Stupisce che in un piccolo centro vengano realizzate grandi scoperte musicali e si attivino collaborazioni prestigiose, come quella con il violinista e direttore d’orchestra israeliano Shlomo Mintz, che il 14 ottobre torna per la seconda volta a Pietragalla, dirigendo un concerto con brani inediti di Ludwig van Beethoven. La scaletta comprende, infatti, una serie di valzer e il Piano concerto numero 6 rimasto incompiuto che vede Luca Ciammarughi come solista. Un gigante in un piccolo borgo: è uno di quei contrasti che rendono speciale la Basilicata. infoguidamatera.it acc.ducale@gmail.com
SALENTO FRANCESE
UN ITINERARIO NEI BORGHI DELL’ENTROTERRA PUGLIESE, DOVE CULTURE E TRADIZIONI LONTANE
SI FONDONO ATTRAVERSO I SECOLI
In una terra riarsa dal sole, da sempre esposta ai venti culturali del Levante, tra muretti a secco e piante ritorte di ulivo, vive da secoli una discreta ma tenace presenza d’Oltralpe. È la «torre di Babele del Salento francese», come l’ha definita il critico d’arte e geniale divulgatore Philippe Daverio nella sua opera Grand tour d’Italia a piccoli passi (Rizzoli, 2018). L’eredità di un’epoca antica in cui la piccola nobiltà di Francia attraversava il Mediterraneo in cerca di fortuna. E la trovava, anche tra le stradine dorate di una delle terre più affascinanti d’Italia, intessuta di tradi -
zioni e cultura greco-bizantine.
A Brindisi, frontiera settentrionale della penisola salentina, stupisce la chiesa romanico-gotica di Santa Maria del Casale, costruita alla fine del 1200 per volere di Filippo I, principe di Taranto e figlio di Carlo I d’Angiò, nato a Parigi e primo sovrano francese sul trono del Regno di Napoli. L’elegante facciata con decorazioni bicrome immette in uno straordinario interno, dove il ciclo di affreschi rivela una coesistenza di linguaggi diversi, con stilemi bizantini misti a forme espressive nordeuropee. Così, sulla parete sinistra della navata, una Ma -
donna in trono, datata al 1388, siede tra cavalieri dalle sorprendenti, per queste latitudini, capigliature bionde. A Soleto, 20 chilometri a sud di Lecce, ci si imbatte nella piccola chiesa di Santo Stefano. Qui la presenza francese è ancora più evidente. L’edificio della fine del XIV secolo è interamente affrescato con un ciclo pittorico che, ancora una volta, guarda a Oriente ma parla anche la lingua della cultura cortese diffusa dalla nobiltà angioina. Così, se nell’abside è raffigurata l’icona bizantina della Sapienza di Dio, le figure femminili lungo la parete settentrionale sono
© Kirk Fisher/AdobeStockinvece inserite in un’architettura gotico fiammeggiante e sfoggiano eleganti pettinature parigine. I loro capelli dorati sono intrecciati e ornati, come quelli della santa con il manto rosso e la palma del martirio, dalla corona con i gigli, emblema della
regalità in Francia. Anche i cavalieri sulla parete opposta non sono da meno e vestono precisissime e dettagliate armature francesi. Tornando lungo le strade che solcano il paesaggio ancora indomito del Salento, punteggiato di pagliare nel verde
argenteo dell’ulivo a due passi dal mare, si resta abbacinati da questa antica, armoniosa sovrapposizione e convivenza tra culture così diverse. Il culmine della potenza visiva della Babele franco-salentina si raggiunge però nella basilica francescana
di Santa Caterina d’Alessandria a Galatina (Lecce). Fu costruita a partire dal 1385 circa per volere di Raimondello Orsini del Balzo, principe di Taranto, erede della casata nobiliare in origine nominata de Baux e proveniente dalla Provenza. Fu successivamente resa splendida nella decorazione pittorica dalla consorte Maria d’Enghien, contessa di Lecce, e dal 1407, in seconde nozze, sovrana del Regno di Napoli. La chiesa con le sue navate gotiche è un capolavoro di decorazione integrale e gli affreschi, anche qui poliglotti, parlano francese. Le acconciature degli angeli raffigurati nel presbiterio sono sofisticate e in stile parigino così come, nella scena della croce -
fissione, l’iconografia delle croci dei ladroni è tipicamente nord-europea. Nel ciclo con le storie della Genesi i protagonisti non possono che essere biondi e la Vergine è incoronata dal Figlio con i gigli di Francia. «È una singolarità della Terra d’Otranto la bellezza dei villaggi che si incontrano per strada», scriveva nel 1778 Jean Baptiste Claude Richard, abate di Saint-Non, pittore, letterato e autore, insieme a un’équipe di architetti e borsisti dell’Accademia di Francia, di Voyage pittoresque ou description des royaumes de Naples et de Sicilie, appunti di viaggio raccolti in vari libri e corredati da tavole all’acquaforte.
Anche il Grand Tour, itinerario di formazione artistica e sentimentale degli intellettuali del Nord Europa tra il ‘600 e ‘700, approda in questo lembo estremo d’Italia e si lascia ammaliare dal suo fascino.
Il Salento dei francesi, insomma, è una realtà duratura. Lo testimonia
anche un piccolo gioiello di archeologia industriale: la conceria dei fratelli Jean e Pierre Lamarque che, alla fine dell’800, stabilirono la loro attività di artigiani esperti nella lavorazione delle pelli, secondo la tecnica della concia vegetale in fossa, in un’antica casa a corte del XVI secolo, a Maglie. È la Corte dei francesi, oggi hotel e dimora storica con un elegante spazio museale che ospita eventi e mostre. Il dialogo tra culture non si è perso neppure a tavola, se si pensa che l’ingrediente utilizzato nelle ricette salentine per la preparazione di uno dei piatti più tradizionali, le polpette di carne macinata, è il Rodez. Questo formaggio ha acquisito dal sud della Puglia solo la pronuncia (con l’accento arretrato sulla “o”), mentre è in tutto originario dell’Occitania, regione francese da dove, poco meno di 50 anni fa, è partito per arrivare nelle cucine pugliesi. Un testimonial “francese salentino” per ricordare come l’identità europea nasca nell’incontro e dall’accordo di una pluralità di voci.
SAPORI DI BOLOGNA
DALLE TAGLIATELLE AI TORTELLINI, DAL RAGÙ ALLA MORTADELLA.
A SPASSO TRA PORTICI E TORRI, PER SCOPRIRE I MONUMENTI GASTRONOMICI DELLA CITTÀ EMILIANA
C«onti corti e tagliatelle lunghe». Così scriveva il gastronomo Pellegrino Artusi nel testo La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, pubblicato nel 1891 e ancora oggi manifesto della cucina italiana. «I conti lunghi spaventano i poveri mariti e le tagliatelle corte attestano l’imperizia di chi le fece e, servite in tal modo, sembrano un avanzo di cucina», si legge tra le pagine del libro. Un parallelismo acuto che invitava a tener cura dei conti quanto delle dimensioni della pasta lunga a base di farina e uova da sempre oggetto di studio e di trattati. Nell’aprile del 1972, con atto notarile,
si decretò la larghezza ufficiale della tagliatella in otto millimetri dopo la cottura. A far da scala all’antico formato era la Torre degli Asinelli, il più simbolico monumento cittadino insieme alla Garisenda: la misura registrata ne rappresenta la 12.270esima parte. Un campione aureo della celebre pasta, racchiuso in uno scrigno di legno proprio come un gioiello, è conservato all’interno del Palazzo della mercanzia, sede della Camera di commercio bolognese dal 1797. Nell’edificio 300esco in laterizio e pietra d’Istria, dalle caratteristiche che rimandano allo stile gotico, sono conservate anche 34 ricette della tradizione tra cui il pane di San Petronio, la ricca cotoletta alla bolognese, la torta di riso e tagliatelle e, soprattutto, l’immancabile ragù che ha reso famoso il capoluogo emiliano. Il disciplinare del nobile sugo è stato depositato nel 1982 e modificato nell’aprile scorso, con un nuovo atto notarile che riporta alcuni aggiornamenti da parte dell’Accademia italiana della cucina a seguito di valutazioni sulle esigenze odierne e sui consumi. Nella nuova ricetta sparisce l'indicazione della cosiddetta “cartella” come pezzo di carne da utilizzare, ormai introvabile nei supermercati, e viene ammesso il brodo di dado, purché di buona qualità. Che Bologna sia per antonomasia la grassa, la dotta e la rossa, nonché turrita per la presenza delle numerose torri, è noto alla storia e ai suoi visitatori. E se il colore dei mattoncini carminio contraddistingue buona parte della sua architettura, è facile anche il rimando al rosso del ragù, altro monumento sacro della città felsinea. Il ricco sugo a base di carne di manzo con sedano, carote e cipolle ha trovato la massima celebrazione nella cucina dell’800 e, ancora oggi, resta il re della tavola agghindando lasagne e tagliatelle tirate a mano. Da assaggiare quelle proposte dall’Osteria del cappello, a pochi passi dalla panoramica Torre dell’orologio di Palazzo d’Accursio, in piazza Maggiore, e dalla
casa in cui ha vissuto Lucio Dalla su via Massimo D’Azeglio. Ma il succulento intingolo non smette di stupire: da qualche anno è finito anche nel panino con la proposta pop del take away Ragū. In questa comoda versione, si può consumare passeggiando o seduti agli storici tavolacci di legno dell’Osteria del sole, ritrovo per scrittori, artisti, turisti e studenti nel bel mezzo del Quadrilatero cittadino. Dal 1465, questo locale in vicolo Ranocchi, alle spalle della Basilica di San Petronio, è tra i simboli della convivialità bolognese. Un’osteria non convenzionale che propone da sempre solo vino alla spina o imbottigliato e consente di gustare prodotti acquistati qua e là tra i banchi e le botteghe tipiche dei dintorni. La zona accoglie anche negozi di lusso, antiche botteghe di artigianato e luoghi della spiritualità come il suggestivo Santuario di Santa Maria della Vita che ospita il Compianto del Cristo morto, un gruppo di sette figure in terracotta scolpito dall’artista quattrocentesco Niccolò Dell’Arca.
Tra le stradine piene di vita spicca il Pavaglione, il portico senza interruzioni più lungo della città, parte dei 60 chilometri di colonnati che caratterizzano il tessuto urbano, dal 2021 inseriti nella lista del Patrimonio dell’Umanità. Il Pavaglione conduce all’imperdibile Archiginnasio, palazzo cinquecentesco commissionato da Papa Pio IV per riunire in un unico spazio tutte
le attività dell’università bolognese, la più antica del mondo occidentale. Sulle pareti dei corridoi si susseguono circa seimila stemmi decorati rappresentanti i gruppi di studenti che da ogni angolo del mondo hanno frequentato le aule dell’ateneo.
Un altro monumento gastronomico della città è la mortadella, rigorosamente senza pistacchio. Di botteghe dove far assaggi di ogni tipo ce ne sono in ogni angolo, dall’antica salsamenteria Tamburini attiva dal 1932 ai nuovi spacci più modaioli. Ma lo spettacolo davvero imperdibile è la realizzazione del salume a cui si può assistere direttamente da Fico, parco tematico dedicato alla gastronomia italiana, negli ex spazi del Centro agroalimentare di Bologna. Dall’insacco alla legatura, dalla lenta cottura nelle apposite stufe ad aria secca fino alla docciatura e raffreddamento, è qui che il Consorzio della Mortadella Bologna Igp apre le porte agli amatori per un’esperienza di conoscenza del prodotto che ha sedotto intere generazioni. In questo luogo, che si appresta a subire una metamorfosi nel nome e nel format, sono previste anche lezioni a tu per tu con esperte “sfogline” per imparare a realizzare cappelletti, cappellacci, taglierini, tagliatelle, lasagne e tortellini a colpi di mattarello. A proposito di tortellini, non può mancare un tour dedicato a quest’altro
simbolo della gastronomia locale. La sottile sfoglia racchiude il ripieno che, secondo la ricetta ufficiale, viene preparato con lombo di maiale rosolato al burro, prosciutto crudo, Mortadella di Bologna, Parmigiano Reggiano, uova, pepe e noce moscata. Da provare quelli in brodo di cappone, oppure ripassati in burro e Parmigiano Reggiano, che vengono serviti all’Osteria bottega vicino Porta Saragozza, imponente struttura affacciata sull’omonima piazza da cui partono le arcate che giungono fino al colle della Guardia, su cui svetta il Santuario della Madonna di San Luca.
Ma una tappa originale può essere anche in zona Fiera, in prossimità del Museo della memoria di Ustica, per gustare la versione proposta dallo
chef Pasquale D’Aniello al ristorante La Porta: sfoglia sottile che lascia riflettere la luce, ripieno delicato in perfetto equilibrio con il suo involucro, brodo limpido, saporito e appena stellato eseguito secondo le antiche ricette. Una mano che sembra fuori dal comune per un giovane campano che i tortellini li prepara solo da dieci anni, da quando è arrivato nella città delle torri. Lo chef si è immerso appieno nella gastronomia locale grazie all’incontro con una sfoglina che gli ha trasmesso tutta l’arte e il sapere della tradizione. Quel motore che rende riconoscibile questa città nel mondo.
Come sosteneva Artusi: «Quando sentite parlare della cucina bolognese fate una riverenza, ché se la merita». Nulla da eccepire.
ARMONICA VICENZA
PASSEGGIATA NELLA CITTÀ VENETA, TRA ARCHITETTURE
SEICENTESCHE, PORTICI E CAPOLAVORI DEL PALLADIO di
Domani dovrei essere a Venezia ma decido di dedicare la giornata a una cittadina di cui ho sempre sentito parlare con ammirazione. Vicenza mi appare come la meta nascosta di una regione stupenda. Così, scendo dal treno e imbocco via Roma. Sulla sinistra si estende un giardino alberato, una vista che poche stazioni italiane regalano ai viaggiatori. I ciclisti vanno e vengono in ogni direzione e molte sono le bici con il seggiolino, su cui i bambini si adagiano con l’abitudine di chi si sente a casa. Dopo qualche metro, corso Palladio mi si apre dinanzi con i suoi palazzetti dai balconi curati. La strada annuncia il nome prestigioso di Vicenza, mentre caffè e negozi riportano il viandante a commerci d’altri tempi. Arrivo davanti a Palazzo Pojana, realizzato tra il 1563 e il 1566: l’estro architettonico, i capitelli e ogni altro elemento sono firmati dal medesimo genio, Andrea Palladio. Passeggiare sul rettilineo del portico adiacente trasmette l’idea di esse -
re nel ‘600, come se non fosse trascorso un minuto. Pochi passi e mi trovo di fronte Palazzo Trissino Baston: leggo che da oltre un secolo è sede del Comune e così mi addentro per visitarlo. Nel cortile trovo una bella riproduzione della rua, colossale giostra verticale quattrocentesca che veniva portata a spalla per le vie di Vicenza nei giorni di festa. Distrutta durante un bombardamento nel 1944, fu ricostruita a distanza di anni, in versioni più stabili e moderne. Simbolo della città e del suo palio, rimane esposta in questo spazio solo per alcuni giorni.
Nel frattempo, noto che molti ragazzi suonano per strada, liberi di farlo, e questo mi trasmette gioia. Più avanti si apre Contra’ San Gaetano Thiene, dove si trova la libreria Athena. Entro e incontro Abel, che accoglie i visitatori. Nel 2002 sua madre, Anna Montesello, volle provare a far convivere testi
antiquari e novità, presto accorgendosi che i primi attraevano di più i lettori. Chiedo ad Abel di consigliarmi qualche lettura vicentina e lui mi mette in mano i Discorsi di Antonio Fogazzaro, scrittore e anima della città, e un bel volume di Walter Stefani, autore di storie e aneddoti che raccontano bene il territorio: «Un tempo Vicenza cantava. Aprivano le loro botteghe di artigiani, passavano gli spazzini suonando una trombetta. Si aprivano austeri portoni patrizi. Oggi a Vicenza tutti corrono e corrono». Il quadro rimanda a un’operosità semplice, tradizionale come un vecchio proverbio: «Vita più bèla non si può far: bere e mangiare e travagliar». Tornando sul corso principale, si incontra la sede dell’associazione culturale Pigafetta 500. A Stefano Soprana si deve la prestigiosa iniziativa dedicata all’esploratore vicentino che partecipò alla circumnavigazione del globo avviata da Ferdinando Magellano, e continuata dopo la sua morte, su cui scrisse un dettagliato resoconto. Soprana ha ben compreso quella complessa attitudine vicentina e un po’ pigafettiana in cui convivono la voglia di vincere, il desiderio di aprirsi al mondo e la nostalgia di ritornare a casa. Per placare il mio appetito scelgo Il Ceppo, un bistrot con gastronomia di alta qualità dove, in una cantina sita tra reliquie romane e mura rinascimentali, degusto il miglior baccalà mantecato
della mia vita. Del luogo mi narrano Ivana e Maria Giovanna Boscolo, le proprietarie. È stato il papà Osvaldo, 52 anni prima, a ideare quel fantastico spazio.
Di lì a poco, in piazza Matteotti, mi aspettano Ilaria Fantin, assessore alla Cultura e al Turismo del Comune di Vicenza, e Marianna Pasin, funzionaria del Servizio progettazione e organizzazione delle attività culturali. Basta poco per capire che la cultura e le arti sono in buone mani, tali sono la competenza e l’amore per la città che animano le due amministratrici. Entrambe, infatti, fanno parte di una generazione che sente forte il desiderio di mostrare i tesori urbani a visitatori e turisti.
E allora, grazie a Fantin e a Pasin, accedo a un mondo che da cinque secoli, nonostante i conflitti e i pericoli della storia, resiste nel suo intatto splendore. Dalla piazza entro nel Teatro Olimpico, costruito in una vecchia fortezza medievale che era stata una polveriera, poi una prigione e infine un luogo abbandonato, sede di ricordi smarriti.
Proprio qui, nel 1580, Palladio diede il via ai lavori di un teatro commissionatogli qualche anno prima dall’Accademia Olimpica di Vicenza. Ispirato dal trattato De architectura di Vitruvio, grazie al suo genio incontenibile sviluppò le linee del teatro classico. Purtroppo, la sua salute venne meno e l’artista
morì alcuni mesi dopo. Al figlio Silla e a Vincenzo Scamozzi, suo allievo prediletto, lasciò l’onere di terminare il lavoro.
Mi trovo nell’edificio, ennesimo tra i tanti visitatori che hanno provato la stessa emozione. Non si tratta di contemplare un’opera ma di esservi completamente immerso, come se l’anfiteatro, il palco e le sue scene, le statue celebrative di accademici e artisti e tutta la sconvolgente armonia di simboli e di immagini, invadessero il mio sguardo. Seduto nella platea di quell’arena romana coperta, tra i legni stuccati, il palco e le prospettive delle tre uscite, mi vengono in mente le magistrali pagine del giornalista e scrittore Nicola Fano che, in Andare per teatri racconta l’Olimpico come una squisita finzione, «in esemplare sintonia con ciò che il teatro è nel suo intimo: una bugia magistralmente confezionata». L’autore ha ragione: l’Olimpico «più che un teatro, è un monumento al teatro che trae vita dall’assenza di rappresentazione», giacché è superfluo recitare e giocare laddove ogni armonia estetica sia giunta al culmine e a compimento. Mezz’ora più tardi, affacciato alla terrazza della Basilica Palladiana, gli occhi che alternano lo sguardo tra piazza delle Erbe e i monti Berici, mi viene soltanto da consigliare a tutti di scendere dal treno e visitare Vicenza. Per poi ripartire increduli, quasi commossi.
di Osvaldo Bevilacqua [Direttore editoriale Vdgmagazine.it e ambasciatore dei Borghi più belli d’Italia]
GIOIELLI MARCHIGIANI
ALLA SCOPERTA DI ASCOLI PICENO E OFFIDA, TRA PALAZZI ANTICHI, TRADIZIONI STORICHE E SECOLARI PROFESSIONI ARTIGIANE
Per capire immediatamente
Ascoli Piceno è sufficiente mettersi al centro della spettacolare e celebre piazza del Popolo, conosciuta come il salotto d’Italia, e lasciarsi coinvolgere dall’incanto
del Palazzo dei capitani, l’antico Caffè Meletti, la chiesa di San Francesco e le eleganti residenze rinascimentali arricchite da portici e logge. Basta un solo colpo d’occhio per comprendere la magnificenza della città: una sinfo -
nia di stili rappresentativi del potere civile e religioso.
Una metropoli in miniatura, disseminata di scritte, proverbi e motti che gli abitanti hanno deciso di lasciare su porte e arcate degli edifici. Una
tradizione che affonda le sue radici tra la fine del ‘400 e l’inizio del ‘500 e potrebbe essere un interessante itinerario nell’itinerario. A partire dalla finestra a destra della facciata del Palazzo dei capitani del popolo dove campeggia la frase in latino difficile placere multis (è difficile piacere a molti), fino a quel disce pati si magna queris (impara a soffrire se vuoi ottenere grandi cose) che si legge su un infisso al civico 17 di corso Mazzini.
L’elenco potrebbe continuare e, sicuramente, sbirciando con attenzione o chiedendo ai gentilissimi ascolani, si possono scoprire altre scritte, in una specie di caccia al tesoro.
Tra le altre curiosità, si possono notare strane fenditure ai lati di alcune costruzioni che un tempo i nobili ascolani utilizzavano per limare pugnali e spade. Da non perdere anche le famose colonnine sonanti, all’ingresso principale della chiesa di San Francesco, sulla centralissima via del Trivio: passando la mano sulle colonne in travertino, si producono suoni caratteristici simili a quelli delle canne d’organo.
In piazza Arringo si trova invece il duomo, cioè la cattedrale di Sant’Emidio, che unisce gli stili romanico e rinascimentale e al suo interno conserva una cripta (risalente con ogni
probabilità al V secolo) dedicata al santo patrono della città, decapitato per aver predicato il cristianesimo.
A due passi dal Forte Malatesta, prima rocca, poi carcere e ora sede del Museo dell’Alto Medioevo, si trova il famoso ponte di Cecco o ponte del diavolo. La leggenda vuole che Francesco Stabili, noto appunto come Cecco d’Ascoli, lo avesse costruito in una sola notte con l’aiuto di Satana, motivo per cui venne giudicato eretico e condannato al rogo dall’Inquisizione. Un’altra teoria sostiene che l’appellativo sia il risultato del lavoro di un altro Cecco, il cui cognome era Aprutino, che nel 1349 avrebbe ristrutturato il collegamento.
Ascoli Piceno merita una visita soprattutto durante la festa più importante e sentita, il Palio della Quintana, che si svolge due volte l’anno a giugno e a settembre. Oltre all’emozionante Giostra, disputata tra i sei sestieri, è imperdibile il magnifico corteo storico con i figuranti in sfarzosi abiti rinascimentali. Del resto, come afferma il sindaco Marco Fioravanti, la città è storia, arte e cultura, «il bianco travertino che splende al sole ma anche natura, mare e montagna, a pochi chilometri. Un territorio senza tempo, uno scrigno che, con forza dirompente, entra nel cuore di chiunque. Chi
vede Ascoli Piceno se ne innamora per sempre».
Lasciando la città, a soli 11 chilometri di distanza spunta Offida, un centro longobardo, annoverato tra i borghi più belli d’Italia. Un luogo perfetto per staccare la spina, tra architetture preziose, palazzi d’epoca e gente ospitale. Anche in questo caso, piazza del Popolo è il punto migliore da cui iniziare la visita. Lo slargo ha un’insolita forma triangolare della seconda metà del ‘700 e accoglie la chiesa della Collegiata e il palazzo del Comune con merli medievali, simbolo del paese, che ricordano pizzi e ricami delle
merlettaie che qui hanno una lunga e antica tradizione. È infatti ancora visibile in tutto il suo splendore la stretta via dei Merletti dove, chine sul tombolo, sedute su una semplice seggiola, si possono incontrare abili artigiane occupate nell’arte del ricamo. Rosa, quasi 90 anni e un aspetto da ragazzina, sottolinea quanto l’aria di Offida renda giovani tenendo in mano un pizzo di dieci metri che ha richiesto sette mesi di lavoro. Un’attività faticosa che diventa leggera da sopportare grazie all’amore per una tradizione antica di almeno cinque secoli. Non manca un museo dedicato a questo
OLIVE ASCOLANE
di Sandra Jacopucci
mestiere gestito con entusiasmo e passione dall’Associazione merlettaie di Offida, dove si possono anche acquistare fantastiche creazioni. E non finisce qui: per celebrare le professioniste di quest’arte, nel 1983 è stato eretto un grande monumento in bronzo all’ingresso del paese. Subito dopo, una breve salita porta alla splendida chiesa di Santa Maria della rocca, che si affaccia su tre parchi nazionali dell’Appennino centrale: il Nazionale dei Monti Sibillini, quello della Maiella e quello del Gran Sasso. Uno dei tanti tesori di Offida da scoprire a ritmo lento.
Un gustoso snack o uno strepitoso antipasto. Le olive ascolane del Piceno Dop sono l’elemento chiave della gastronomia marchigiana. La tradizionale farcitura risale al 1800 circa: era una pietanza di recupero delle carni avanzate alla fine dei banchetti dell’aristocrazia. Secondo la ricetta elaborata da Maria Grazia Clerici nel suo laboratorio di Ascoli Piceno, dopo aver fatto rosolare lentamente, in olio evo, sedano, carota e cipolla tritati, si aggiunge carne di manzo e maiale (in quantità più abbondante la prima) aromatizzata con noce moscata e pepe. Una sfumata di vino bianco secco e, a cottura ultimata, l’aggiunta del parmigiano con stagionatura di 36 mesi. Poi si macina finemente il composto che, una volta raffreddato, è pronto per farcire le olive, verdi e polpose, precedentemente denocciolate. Prima di essere fritte, vanno passate nella farina, nell’uovo battuto e nel pangrattato. Irresistibili.
di Peppone Calabrese PepponeCalabrese peppone_calabrese [Conduttore Rai1, oste e gastronomo] foto di Giuseppe Bruno - Vazapp
TUTTI IN CAMPO
IL NETWORK VAZAPP RIUNISCE I CONTADINI DEL FOGGIANO CHE, OLTRE ALLA TERRA, VOGLIONO COLTIVARE LE RELAZIONI. PER FAR CRESCERE L’AGRICOLTURA DEL FUTURO
Devo partecipare a un evento in provincia di Foggia e così, dalla stazione di Potenza, prendo un Regionale verso la città pugliese. Da qui proseguo in autobus verso Orsara di Puglia, la mia destinazione finale. Viaggiare in treno mi ha sempre affascinato: è un grande valore poter conoscere gente nuova,
magari con una cultura diversa dalla mia, e condividere con loro il paesaggio dal finestrino.
Arrivo a Orsara di Puglia intorno alle 17 e con tutta calma mi avvio a piedi verso il luogo dell’evento. Il navigatore mi indica un percorso di quattro chilometri e non in direzione del centro del paese. Comincio a pensare che
a ospitarmi non sarà un palazzo per congressi e, in effetti, mi ritrovo davanti a una masseria.
Ad accogliermi c’è un ragazzo sorridente, gli stringo la mano e capisco immediatamente dai calli che sento sotto le mie dita di avere di fronte una persona che lavora la terra. Mi dice di chiamarsi Giuseppe Savino, mi invita a entrare e iniziamo a chiacchierare. È di Foggia e mi rendo conto di aver provato in passato a intervistarlo, ma senza successo, per il mio programma Linea verde. Mi racconta di essersi licenziato da un posto fisso per dedicarsi alla vita nei campi e inseguire la felicità.
Frequentando il settore ha intercettato l’esigenza dei contadini di migliorare le proprie condizioni lavorative e ha ideato il progetto Vazapp, mettendo insieme giovani di diversa provenienza e professionalità che puntano a cambiare il mondo dell'agricoltura.
«Nasciamo per rispondere a un bisogno. Le assemblee sono poco seguite, perché vengono organizzate in orari scomodi per gli agricoltori che non sempre rispondono all’invito. Chi parla dal palco, poi, spesso rinuncia a farsi comprendere dal pubblico perché utilizza termini aulici e astru-
si, di difficile comprensione per chi ha una formazione pratica. Il problema è che a prendere la parola sono spesso persone che non hanno le mani sporche di terra, probabilmente hanno studiato la teoria ma non hanno mai coltivato nulla. Su quel palco, invece, dovrebbero salire gli agricoltori e raccontare i propri bisogni, le proprie difficoltà».
Contadinner, l’evento a cui sono stato invitato, è il format più famoso di Vazapp, mi spiega Giuseppe. Si tratta di cene organizzate a casa di un contadino a cui viene chiesto di invitare i propri vicini. Ognuno porta qualcosa da cucinare e, grazie a uno chef presente durante la serata, la materia prima diventa il piatto servito in tavola.
«Un format che ci aiuta a entrare nelle case degli agricoltori per ascoltarli, farli conoscere tra loro e aiutarli a parlarsi», aggiunge. «Noi scegliamo una data, di solito un venerdì, la comunichiamo attraverso i social e i giornali, prepariamo tutto nei minimi particolari e annunciamo che ci sarà una cena speciale. Ogni contadino può invitare al massimo 20 confinanti, noi chiamiamo persone interessate al cibo e alle storie, ed ecco che si realizza qualcosa di unico: una serata per scoprire il
gusto di conoscere l’altro». Sono affascinato dalle sue parole e faccio mille domande a cui Savino risponde prontamente: «Durante la cena i contadini siedono in cerchio e, con l’aiuto di un facilitatore, creano delle coppie. I due hanno dieci minuti di tempo per parlarsi e, quando rientrano nel cerchio, ognuno deve raccontare la storia dell’altro. Non si parla di se stessi, quindi, ma del vicino di casa, che spesso non conosciamo o ignoriamo anche se lo incontriamo tutti i giorni. La serata prevede, poi, la compilazione di un questionario che viene analizzato dai docenti dell’Università di Foggia per conoscere i sogni e i bisogni dei nostri agricoltori». Mi dice che in un anno e mezzo sono state organizzate 20 cene, da cui sono nate cooperative, collaborazioni, relazioni di amicizia e nuovi percorsi. È cresciuta la fiducia tra i confinanti, che finalmente non si considerano più degli estranei, e molti degli ospiti invitati alle serate hanno cominciato a fare acquisti direttamente dagli agricoltori. «Conosci la storia, assaggi i prodotti e instauri fiducia: crediamo che questa sia una formula vincente», continua Giuseppe.
Supero l’uscio ed entro in masseria, dove mi accoglie il padrone di casa. Si chiama Vito, è sorridente e immediatamente mi offre un piatto di peperoni al forno imbottiti con mollica di pane e alici. Per l’occasione, il salone di casa si è trasformato in un set cinematografico e gli ospiti sono felici. Partecipando alle conversazioni mi imbatto in un gruppo di persone: tre contadini vicini di campo che, scopro con grande sorpresa, non si conoscevano fino a quel momento. Giuseppe mi racconta che neppure suo padre conosceva i vicini di casa: «Anche da qui è nata l’idea di coltivare la terra seguendo un principio di relazione e non solo di produzione. In questo modo, un campo diventa l’occasione per fare cultura e non solo agricoltura. Tutto questo abbiamo cominciato a declinarlo nell’azienda agricola di famiglia, la Cascina Savino tra Foggia e Manfredonia, organizzando diverse iniziative: le persone posso -
no venire in campagna a raccogliere personalmente fiori, frutti e ortaggi oppure a camminare non in un semplice campo di girasoli ma in un’opera d’arte contemporanea. Abbiamo infatti riprodotto nel verde il rosone della Cattedrale di Troia in provincia Foggia, un omaggio al motivo decorativo pugliese che la Regione ha candidato a Patrimonio Unesco. Il tutto condito da musica, installazioni, intrattenimento». Sono ammaliato da questo racconto, Giuseppe è un fiume in piena e desidera trasferirmi la sua visione del domani. Mi dice che le parole chiave del suo progetto sono cura e relazione: «Il mantra dell’agricoltura che ci attende è proprio prendersi cura della relazione, quella con la terra, con i confinanti, con chi mangerà i prodotti coltivati. Tutto questo è alla base del futuro dell’agricoltura. Ciò che sapremo amare ci restituirà abbondanza». Intravedo una sorta di inversione di
paradigma, un nuovo umanesimo per il settore e Savino è d’accordo con me: «Una volta l’agricoltura era considerata qualcosa di disumano e faticoso, si mandava un figlio a zappare la terra quando non voleva studiare. Invece, sempre di più, in futuro si manderanno i giovani a vivere un’esperienza nei campi come premio per un buon risultato scolastico».
Perché la terra non è solo mani e tecnologia ma è fatta anche di menti che collaborano con le macchine interagendo con la natura. «Allora assisteremo a una nuova agricoltura dell’esperienza e, oltre alla manodopera, avremo sempre più bisogno di menti all’opera, persone capaci di leggere il tempo in cui vivono e di dare risposte non solo per se stessi ma per l’intera comunità». Da sempre sostengo che l’atto di mangiare trasforma il cibo in relazione e, dopo l’incontro con Giuseppe, ne sono ancora più convinto.
SUL SET CON FRANCESCO
ALLA SCOPERTA DEI LUOGHI DOVE SONO STATI GIRATI I FILM
ITALIANI SULLA VITA DEL SANTO DI ASSISI, CHE HA ISPIRATO
REGISTI E SCENEGGIATORI
Secondo Federico Fellini il cinema consentiva di entrare in competizione col divino. Mentre Pier Paolo Pasolini, che pure sperimentò diverse forme di scrittura, considerava il linguaggio cinematografico valido quanto quello letterario.
Nelle loro esperienze, infatti, la macchina da presa e la pellicola furono strumenti perfetti per ricostruire e raccontare le vite degli altri.
Tra i soggetti indagati dalla cinematografia non poteva mancare Francesco, il santo di Assisi che dai tempi del muto ispira registi e sceneggiatori. Per narrare la sua storia sono state scelte location suggestive e luoghi carichi di spiritualità.
La regista novantenne Liliana Cavani, che quest’anno a Venezia ha ricevuto il Leone d’oro alla carriera, ha dedicato ben tre film al santo. Uno dei più noti è Francesco, del 1989, dove a vestire i panni del Poverello è Mickey Rourke, forse eccessivamente belloccio ma perfettamente calato nella parte.
Cavani ha girato la sequenza del processo intentato da Pietro di Bernardone (interpretato da Paolo Bonacelli) contro il figlio Francesco nella chiesa di San Pietro a Tuscania, in provincia di Viterbo. Si tratta di un gioiello di architettura romanica che, affacciandosi dall’omonimo colle, mostra per intero
la sua bellezza, con il bianco rosone e le possenti torri di avvistamento che la proteggono. A far da palcoscenico agli attori è stato il pavimento cosmatesco della navata, con perfette decorazioni geometriche. Avvicinandoci idealmente ad Assisi, ci spostiamo a Perugia e vediamo San Francesco che attraversa la Rocca Paolina per andare a far visita all’amico Rufino (Paco Reconti). Camminiamo anche noi nelle viscere del capoluogo umbro, assieme agli attori, tra ciò che resta dell’antica fortezza papale. Alcuni momenti della vita del santo sono particolarmente noti per il loro valore emblematico. Uno di questi è l’incontro in Laterano del 1209 con papa Innocenzo III, durante il quale il giovane, insieme a un manipolo di frati compagni, chiese di poter vivere secondo il Vangelo. Lo sfarzo della Chiesa di allora, ricca e opulenta, i broccati e gli ori dei cardinali, in evidente contrasto coi piedi nudi e sporchi dei frati rivestiti solo da un saio lacero, sono magistralmente resi da Franco Zeffirelli nel film del 1972 Fratello sole, sorella luna Francesco, interpretato dall’inglese Graham Faulkner, si inginocchia davanti al papa mentre attorno a lui scintillano le ricchezze e le decorazioni degli arredi. Siamo nel duomo
di Monreale, poco distante da Palermo, che in funzione della trama della pellicola diventa il Laterano. Qui i ricchi mosaici bizantini dell’interno contribuiscono a creare nello spettatore una sensazione simile a quella di disagio vissuta dal protagonista. La scena è quasi soffocante: Innocenzo III, vestito di bianco e d’oro, sta in piedi davanti al trono papale, in cima a una lunga scalinata. Gli fanno da cornice, a destra e a sinistra, ricchissime e coloratissime figure ecclesiali mentre, attorno e sulle scale, altre persone sorreggono alcune candele. Ai lati della navata si vedono cardinali vestiti di rosso e molti altri prelati. Tutto si fonde, e si confonde, col mosaico
absidale dove campeggia il Cristo Pantocratore. A rompere l’armonia i poveri frati ai piedi del papa. Per gli esterni, invece, Zeffirelli ha scelto la piana di Castelluccio di Norcia, in provincia di Perugia. A primavera, nei giorni della fioritura, una magia di colori incanta i visitatori che ogni anno affollano questi campi dove si coltivano lenticchie. È proprio qui che il pluripremiato regista ha scelto di ritrarre Francesco nella sua quotidianità, con i discepoli nella chiesa diroccata.
Prima di chiudere, è obbligatorio un salto ad Assisi, dove nel 1911 il regista romano Enrico Guazzoni girò Il Poverello di Assisi. Oltre a raccon -
tare la vita del santo, il film muto è un documento storico che mostra la cittadina così come appariva più di un secolo fa. Attorno alla pellicola e all’attore protagonista Emilio Ghione ruotano diversi aneddoti divertenti, riportati dallo stesso cineasta: «Dopo qualche giorno di permanenza ad Assisi, tutto il suo fervore religioso (di Emilio Ghione nei panni di Francesco, ndr ) svanì come per incanto, perché fu sopraffatto dal demone del gioco. Gli abitanti della piccola cittadina ebbero così il curioso privilegio di vedere molto spesso il loro prediletto San Francesco accapigliarsi in furibonde partite di poker con gli altri interpreti del film».
IL CORAGGIO DI GERMOGLIARE
REINSERIRE NELLA SOCIETÀ PERSONE FRAGILI ATTRAVERSO LA CURA DEI GIARDINI URBANI. QUESTO L’OBIETTIVO DELLA STARTUP RIDAJE, VINCITRICE DELLA CHALLENGE OPEN INNOVATION DEL GRUPPO FS ITALIANE
di Alex A. D’Orso - an.dorso@fsitaliane.itIl suo nome, che riprende l’esortazione tipica romana con cui si esprime supporto a qualcuno, incarna bene la mission di cui si fa carico: dare una seconda chance a chi nella vita ha incontrato delle difficoltà. Ridaje, vincitrice nel 2022 della Challenge Open Innovation di FS Italiane Tutte le strade partono da Roma, realizzata in collaborazione con LVenture Group, la scuola di Eni per l'impresa Joule, Binario 95 e Consorzio Elis, si rivolge in particolare a persone senza fissa dimora, ex detenuti, migranti e richiedenti asilo con l’obiettivo di formarli come giardinieri urbani. Dopo un percorso di accelerazione, la sintonia d’intenti tra Ridaje e FS Italiane si è tradotta in un accordo funzionale alla manutenzione delle aree verdi della Capitale di pertinenza del Gruppo. «La cura del verde è lo strumento attraverso il quale i soggetti coinvolti cominciano a sentirsi responsabili di qualcosa, per poi imparare ad accudire se stessi», dice Lorenzo Di Ciaccio, ingegnere informatico e creatore del progetto.
Come è nata l’idea di Ridaje?
Per 12 anni ho lavorato come volontario in un dormitorio di Roma che accoglieva le persone in difficoltà per l’emergenza freddo. Ho ascoltato moltissime storie, ma a colpirmi è stato soprattutto un dato: anno dopo anno si presentavano sempre le stesse facce, nessuno riusciva a reinserirsi nella società. Da qui lo stimolo a cercare una soluzione. Avevo già creato Pedius, un software che consente alle persone sorde di usare il cellulare senza limitazioni, e ho deciso di utilizzare le mie competenze tecniche per realizzare un progetto che avesse come obiettivo l’emancipazione di soggetti emarginati.
Da chi è composto il team?
Ridaje è stata fondata da 19 soci molto diversi tra loro, ognuno dei quali ha contribuito all’impresa secondo le proprie capacità e inclinazioni. La società è amministrata da Sara Del Vecchio, Antonia Pio coordina la squadra dei giardinieri mentre Mateja Lara Schmidt è la progettista del verde. Diamo molta importanza alla ricerca,
per avere indicazioni su come rendere le nostre azioni efficaci. Di questa parte si occupa Luca Mongelli, che ha all’attivo diverse pubblicazioni sui modelli di empowerment sociale. La sua indagine analizza le dinamiche che consentono a una persona in difficoltà di migliorare le proprie condizioni di vita.
Quali risultati avete raggiunto?
Finora abbiamo formato 50 giardinieri. Sedici persone hanno già collaborato con Ridaje e otto di loro hanno trovato lavoro in altre aziende raggiungendo l’indipendenza economica. Abbiamo riqualificato oltre 50mila m2 di verde pubblico e avviato collaborazioni con grandi imprese attente come noi al sociale.
E poi avete vinto la Challenge Open Innovation di FS Italiane. Che valore ha avuto per voi?
È stata una tappa importante per la nostra crescita: il fatto che il Gruppo FS abbia deciso di interfacciarsi con una piccola azienda come la nostra ci rende consapevoli del valore del progetto e della maturità raggiunta.
Spesso in ambito innovazione il primo cliente è il più importante in assoluto perché convalida l’idea direttamente sul mercato. Questa collaborazione, inoltre, conferma la scalabilità dell’iniziativa, che può essere replicata in altri luoghi e contesti. È importante ribadire che Ridaje non è un’iniziativa di volontariato ma un’impresa che proprio grazie alla capacità di produrre contratti di lavoro ha un impatto sulla comunità e sulla sua organizzazione. Contribuite anche alla rigenerazione urbana e ambientale. La tutela del Pianeta e quella delle persone più deboli vanno di pari passo? Ambiente naturale e sociale sono strettamente legati e il benessere
dell’umanità dipende da quello della Terra, non dobbiamo dimenticarlo.
Nel nostro modello al primo posto ci sono le persone. Da fuori possono sembrare nient’altro che giardinieri, ma in realtà chi fa parte della nostra squadra sta facendo un lavoro su di sé molto importante.
C’è una storia che vi sta particolarmente a cuore?
Sicuramente quella della prima persona che dopo 18 mesi con noi è riuscita a trovare un altro lavoro e a prendere una casa da solo. Studiare modelli teorici sulle dinamiche che consentono di uscire dalla marginalizzazione è affascinante, ma quando la teoria viene confermata dalla pra-
tica è difficile trattenere l’emozione, soprattutto se si parla di persone che hanno avuto un passato difficile. Progetti per il futuro?
Ne abbiamo molti. Questo mese si conclude la nostra campagna di equity crowdfunding e con il denaro raccolto faremo investimenti in attrezzature che ci consentiranno di gestire appalti sempre più grandi. Abbiamo preso contatti per esportare il modello in altre città, in particolare a Torino, dove diverse realtà imprenditoriali hanno manifestato un bisogno ma, soprattutto, la volontà di fare la differenza.
ridaje.com
IL GRUPPO FS E OFFICINE MEZZOGIORNO PER LA MOBILITÀ SOSTENIBILE
Sono tante le iniziative del Gruppo FS a sostegno dei progetti che promuovono la sostenibilità ambientale e sociale in Italia. A maggio scorso è stata lanciata la call for innovation Mobility Solutions, realizzata insieme al Comune di Lecce, Italiacamp e The Qube. La challenge, parte di un più ampio progetto denominato Officine Mezzogiorno, è dedicata a imprese e startup. Dieci realtà innovative, impegnate nello sviluppo di soluzioni di mobilità sostenibile, intermodale e sicura, hanno potuto partecipare a un percorso di accelerazione e formazione su temi di business modelling, fundraising, comunicazione e mercato. Tra queste le cinque giudicate più meritevoli hanno preso parte al Demo Day finale del 21 settembre a Palazzo Carafa di Lecce, presentando la propria idea di fronte a stakeholder del settore ed esperti. Il progetto rispecchia in pieno la nuova strategia per l’open innovation di FS Italiane, che ha il fine di contribuire al raggiungimento degli obiettivi contenuti nel piano industriale. Il Gruppo è una realtà ricca di preziose competenze che vengono messe a servizio in modo sistemico attraverso centri di alta specializzazione. Officine Mezzogiorno prevede anche la realizzazione di un nuovo hub, che sorgerà dalla riqualificazione di un’officina degli autobus davanti alla stazione di Lecce. L’iniziativa
è finanziata dal Fondo di innovazione sociale e sviluppata dal Comune di Lecce insieme a Italiacamp, organizzazione impegnata nello sviluppo di progettualità ad alto impatto sociale, che vede tra i suoi soci anche FS Italiane. officinemezzogiorno.com
CAPOLAVORI DA VIVERE
INAUGURATO A MESTRE IL PARCO DELLE SCULTURE DI BANCA
IFIS. UNO SPAZIO IN CUI OPERE D’ARTE, UOMO E NATURA
COABITANO TRA VISIONI E MEMORIE
Non è un’attività qualsiasi entrare in un parco di scultura contemporanea come quello di Banca Ifis a Mestre, nell’area verde che circonda la storica Villa Fürstenberg, sede direzionale dell’istituto. Qui, nell’agosto 1849, il generale dell’esercito austriaco Josef Radetzky firmò il trattato della dolorosa resa di Venezia «non per armi ma per fame e pestilenza domata». Entrarci vuol dire mettersi in contatto con la propria dimensione spirituale e di crescita interiore, relazionarsi con l’altro e dargli (o darle) ospitalità dentro di noi. Vuol dire saper ascoltare i fruscii della natura e le melodie della fauna indigena, specchiarsi in una scultura, in un intreccio di relazioni tra esseri viventi, ambiente naturale e artificiale. Questo parco, voluto e inaugurato il 28 settembre dal presidente di Banca
Ifis Ernesto Fürstenberg Fassio, avvicina i confini tra il mondo della natura e quello dell’arte. Qui ordine e pace si ricompongono su un variopinto palcoscenico di alberi, arbusti e fiori scritturati come attori inconsapevoli. Mentre le sculture si rivelano dispen-
satrici di narrazioni imprevedibili, insegnamenti e riflessioni inaspettate che ambiscono a lasciare una traccia, a installarsi nel teatro della mente e della memoria, nei fragili legami con l’infanzia e con le proprie lontane radici, nel nostro immaginario di miti e leggende, plasmando emozioni. Quella del giardino è una tradizionale allegoria di un desiderio utopico, presente fin dall’antichità, che è riflesso e traduzione dell’Eden, dell’aspirazione originaria dell’umanità a una vita naturale, nostalgico rimpianto della mitica Età dell’oro, del Paradiso perduto. Oggi, invece, non può che essere espressione di una coscienza etica ed estetica diversa, di un’utopia che vuole divenire reale. Nel parco di Villa Fürstenberg le sculture non sono solo da ammirare ma da vivere, collocate in uno spazio-tempo in cui gli artisti danno forma concreta, nella pietra o nel metallo, alla riscrittura dell’immaginario, alla dilatazione della prospettiva della visione.
Appena entrato vengo colpito da due opere in bronzo di Igor Mitoraj, Ikaria (1996) e Ikaro alato (2000). La
lettura del mito – Icaro, figlio dell’inventore Dedalo, ignora i moniti paterni e quando si alza in volo con le ali di piume e cera fabbricate dal genitore, ebbro dell’ascesa, si avvicina troppo al sole, fa sciogliere le ali, precipita e muore – ha ispirato lo scultore polacco che ha scelto di raffigurare il giovane prima del suo leggendario quanto fatale volo, per farne leggere l’eroismo piuttosto che la superbia. Una metafora senza tempo dell’umanità che vuole sfidare i limiti della natura ma viene punita per la sua arroganza. Inconfondibile la firma del pistoiese Roberto Barni nell’opera Continuo, del 1999: due figure in bronzo che si fronteggiano mentre sembrano scendere e salire, allo stesso tempo, da una scala a pioli ricurva. È la sua umanità viandante riassunta nel passo di marcia di due uomini in abito cittadino con il volto senza emozioni visibili, che assomigliano a tutti e a nessuno, come se avessero perso il privilegio di possedere un’individualità. Lo scultore toscano riesce così a dare forma e senso plastico alla deriva dell’umano nell’era della globalizzazione, in dife -
sa del libero arbitrio, questione ancora più centrale oggi di fronte a un mondo predittivo e algoritmico. Nel prato punteggiato da vari esemplari arborei di pregio, a volte riuniti in gradevoli composizioni di diverse essenze, altre isolati come nel caso della giovane quercia da sughero, quasi in posizione centrale accanto a una folta macchia di bassi ginepri, rimango abbagliato dalla Clio Dorada (2017) di Manolo Valdés. I suoi riflessi preziosi di ottone e acciaio inossidabile brillano generando una nube di luce sia di giorno, con la complicità del sole, sia di notte grazie all’innovativa illuminazione progettata dal lighting designer Alberto Pasetti. È un ritratto femminile concepito dall’artista spagnolo non per fornire l’ennesima immagine della bellezza naturale, ma per offrire un’interpretazione del mondo e invogliare chi guarda a comporre ipotesi alternative.
Valdés riesce a dimostrare come la bellezza sia qualcosa che risiede oltre i canoni estetici. Un’essenza originaria che nasce dal profondo e si può rinvenire anche nella cosa più piccola
e insignificante sotto gli occhi di tutti. In questo senso è un’esperienza totalizzante così forte da influenzare scelte e percorsi di vita. Più avanti l’artista sudcoreano Park Eun Sun mi accoglie, invece, con una sua tipica struttura nodulare e corpuscolare, atomico-cellulare: Continuazione-Duplicazione, del 2021. Lo scultore esprime così, nel granito rosso e giallo, un desiderio di verticalità ascensionale rivelando la sua aspirazione ad alzarsi verso la luce.
Come gli alberi del parco, le sue sculture rappresentano l’elemento di congiunzione tra il mondo sotterraneo (le radici), quello emerso (il tronco) e la dimensione celeste (la chioma che si apre verso l’alto), in un amalgama originale di allegorie che fa da ponte tra Oriente e Occidente. Rappresentazione dell’eterno ritorno e del continuo rigenerarsi della vita è anche la
coloratissima Bronze Stack 9, Viridian Green (2022) di Annie Morris che rappresenta un viaggio tra suggestioni metaforiche, sacre e profane. La sua scultura in bronzo patinato e acciaio raffigura sfere colorate impilate e allude alla partecipazione di tutti i livelli del cosmo e della creazione a un’unica vita, alla struttura ordinata della natura che coincide con l’intero universo, archetipo di ogni azione creativa e del ciclo dell’esistenza: nascita, morte, rinascita. In questo senso, l’artista inglese concepisce l’opera come una manifestazione della grandezza dell’animo umano, dell’elevazione spirituale verso Dio. Sono tante le sculture che abitano il parco di Banca Ifis a Mestre e ognuna porta con sé storie, memorie e visioni pronte a raccontarsi e rivelarsi. Un’esperienza da provare e consigliare. bancaifis.it
ICONE COSMOPOLITE
UNA MOSTRA A PALAZZO REALE DI MILANO
ESPLORA L’OPERA DEL PITTORE CRETESE EL GRECO ATTRAVERSO I SUOI VIAGGI LUNGO
LE CITTÀ DEL MEDITERRANEO, DA CANDIA A VENEZIA, DA ROMA A TOLEDO
Nel labirinto non ci si perde. Nel labirinto ci si trova. Nel labirinto non si incontra il Minotauro. Nel labirinto si incontra se stessi», scriveva il pittore Hermann Kern. E proprio la metafora del labirinto, insieme al mito di Arianna, è il filo conduttore del progetto espositivo dedicato all’artista Doménikos Theotokópoulos, universalmente noto come El Greco. Dall’11 ottobre all’11 febbraio, Palazzo Reale di Milano, insieme a MondoMostre, riserva gli spazi del piano nobile all’opera del maestro cretese, per consentire a tutti di riscoprirlo alla luce delle ultime ricerche sul suo lavoro. La mostra El Greco, infatti, è il frutto di un’innovativa riflessione critica sull’evoluzione tecnica del pittore attraverso il suo viaggio lungo le città del Mediterraneo, da Candia a Venezia, da Roma a Toledo. Il percorso espositivo è articolato in sezioni pensate in modo da tenere costantemente a fuoco il rapporto del pittore con i luoghi in cui ha vissuto e, al contempo, offrire ai visitatori una precisa ricostruzione della sua vita.
La mostra è inaugurata dalla sezione Un bivio, in cui viene affrontato l’esordio di El Greco nel circolo della produzione cretese di icone e il suo successivo apprendistato a Venezia e poi a Roma. La seconda, Dialoghi con l’Italia, espone una serie di opere realizzate sotto il diretto influsso dei pittori nostrani da lui ammirati per l’uso del colore e della luce come Michelangelo, Parmigianino, Correggio, Tiziano e Tintoretto. Nella terza, Dipingendo la santità, si approfondisce la fase lavorativa a Toledo in cui l’artista
si confronta con il mercato dell’arte vigente all’epoca e con il contesto della Controriforma. In queste circostanze, realizza un’enorme mole di scene religiose e dipinti devozionali, attraverso i quali trasmette un’empatia fino ad allora sconosciuta, rivolgendosi a una clientela eterogenea e unendo grandi commissioni a incarichi di natura anonima.
La quarta sezione, Di nuovo l’icona, illustra l’ultima fase della sua esistenza, in cui l’artista torna a richiamarsi al sistema compositivo delle icone cretesi. Si tratta di lavori di profonda introspezione, in cui si indaga a fondo la potenzialità espressiva dei gesti. Conclude la mostra una sezione in cui si rende omaggio all’unica opera mitologica realizzata da El Greco, il
ARTE&CULTURA
Laocoonte: capolavoro tardivo e geniale, ricco di messaggi che ancora oggi rimangono non completamente interpretati. Per la realizzazione di questo progetto espositivo, che conta oltre 40 opere, sono stati concessi in prestito autentici capolavori: oltre al Laocoonte, che arriva dalla National Gallery di Washington, ci sono i celebri San Martino e il mendicante e Ritratto di Jeronimo de Cevallos, normalmente conservati al Prado di Madrid, le tre Annunciazioni, due dal Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid e una dalla Fundación Julio Muñoz Ramonet di Barcellona, e il San Giovanni Evangelista e San Francesco d’Assisi delle Gallerie degli Uffizi, a Firenze. palazzorealemilano.it mostraelgreco.it
AL DI LÀ DEL TEMPO
DAI RITRATTI SOCIALI DEGLI ANNI ‘70 AI PIÙ RECENTI PAESAGGI
EVANESCENTI. OLTRE 80 FOTOGRAFIE IN MOSTRA A TORINO
RIPERCORRONO LA CARRIERA DI MIMMO JODICE
Una distesa di scogli dalle linee morbide si allunga sulla spiaggia di Punta Pedrosa, in Sardegna. Mentre, nel cielo, un manto di nuvole sembra muoversi velocemente. I due elementi obbediscono a ritmi opposti: apparentemente inerte e immutabile il primo, variabile e mobile il secondo. Un fermoimmagine della natura che stimola una riflessione intorno al tempo e la sua incidenza sulle cose.
Lo scatto in bianco e nero fa parte della mostra dedicata al fotografo napoletano Mimmo Jodice, allestita fino al 7 gennaio 2024 alle Gallerie d’Italia, a Torino. Attraverso 80 fotografie realizzate tra il 1964 e il 2011 e alcune opere esposte per la prima volta, Mimmo Jodice. Senza tempo propone un viaggio nella poetica dell’artista e consente di ripercorrerne l’intera carriera.
Davanti al suo obiettivo il paesaggio naturale, in cui il mare è spesso protagonista, assume una consistenza eterea e sembra rimandare a un altrove non collocabile in maniera definitiva. Allo stesso modo statue e mosaici, vestigia delle antiche civiltà del Mediterraneo, ma anche architetture e arredi urbani acquisiscono significati inconsueti e diventano visioni oniriche in grado di superare la contingenza delle epoche storiche.
Per la sua originalità e la capacità di condensare suggestioni estetiche, il lavoro di Jodice occupa un posto di rilievo nel panorama artistico internazionale. Non a caso la retrospettiva corrisponde al secondo capitolo del progetto La grande fotografia italiana, a cura di Roberto Koch. L’iniziativa, avviata con l’intento di omaggiare i grandi maestri dell’ottava arte nell’Italia del ‘900, è stata inaugurata nel 2022 da una mostra dedicata alla genovese Lisetta Carmi. Il percorso espositivo, inoltre, accoglie un documentario inedito sulla vita del fotografo firmato dal regista Mario Martone, suo amico e concittadino. Per raccontare a tutto tondo un artista che fu fin da subito sperimentatore, famoso per il tocco intenso e perturbante che attraversa ogni sua prova. gallerieditalia.com gallerieditalia
STUPIRSI DEL MONDO
LUOGHI LONTANI, VOLTI MAI VISTI, EMERGENZE CLIMATICHE. A LODI IL
FESTIVAL DELLA FOTOGRAFIA ETICA
OSPITA, FINO AL 29 OTTOBRE, IMMAGINI
DAI CINQUE CONTINENTI
di Sandra Gesualdi sandragesu
Un abbraccio che sorride, adatta le altezze, offre spalle su cui poggiarsi. L’incontro delicato tra una donna e un cucciolo di elefante che la cinge con la proboscide è uno degli scatti presenti alla 14esima edizione del Festival della fotografia etica di Lodi.
Oltre 700 immagini, 20 mostre diffuse in città, quasi 100 nomi provenienti da 40 Paesi che comprendono tutti i cinque continenti. Sono i numeri di questo appuntamento immaginifico capace di offrire, attraverso la fotografia d’autore e giornalistica, un sunto di storie che narrano il mondo intero, «uniche, emozionanti ma necessarie», come dichiara il direttore della manifestazione Alberto Prina. Fino al 29 ottobre la città lombarda, con immagini poetiche e dirompenti, punta il faro su volti mai visti, tragedie attuali che mangiano il Pianeta, guerre e disastri ambientali, ma anche paesi lontani che resistono per salvaguardare tradizioni e identità secolari.
Tra le tante esposizioni allestite in vari spazi della città spicca quella che raccoglie gli scatti vincitori del World Report Award - Documenting Humanity, il concorso internazionale organizzato dal festival per condividere una nuova Lions di Anthony
forma di impegno sociale attraverso la fotografia. Tra i reportage premiati colpisce L’assedio di Mariupol di Evgeniy Maloletka, con le macerie della città ucraina devastata dalla guerra, primo classificato della sezione Master Award. Mentre la mostra ufficiale del World Press Photo, composta da oltre 140 scatti, porta a Lodi il meglio del fotogiornalismo dell’ultimo anno. Infine, lo spazio Uno sguardo nel mondo ospita il lavoro degli autori di Agence France Presse in cui è protagonista la Terra sof-
ferente, mostrata senza filtri.
Gli scatti su siccità, incendi, alluvioni, surriscaldamento, scioglimento dei ghiacciai e ondate di temperature roventi raccontano di un costante e irrefrenabile cambiamento climatico che provoca disastri naturali e migrazioni di massa.
Le immagini sono chiare: le scelte dell’uomo stanno minacciando non solo la flora e la fauna selvatica, ma anche e soprattutto le sue generazioni prossime.
Eppure, gli occhi attenti degli autori sembrano esprimere, ogni volta, anche la capacità di stupirsi del mondo: bruttezza e poesia, devastazione e cura, rovina e premura.
Quasi a far capire che l’essenza dell’abitare questo unico e minuscolo Pianeta possa essere semplice e potente come tre leonesse che si stringono, una famiglia allargata e appassionata di musica o un bambino africano che gioca e si diverte in un fiume di povertà. festivaldellafotografiaetica.it
IL VOLTO DEI TAROCCHI
Si mette da parte la razionalità, si libera la mente dal pregiudizio, ci si apre all’inaspettato e, come per schiudere una finestra sull’inconscio, si volta una carta in attesa di risposte. Questo è lo scopo dei tarocchi, le carte da gioco che dal ‘600, nella cultura
occidentale, hanno assunto una funzione divinatoria. E che nel 1994 hanno ispirato il fotografo Pino Settanni per la serie di immagini oggi riproposta nella mostra allestita nelle Stanze della fotografia, sull’isola di San Giorgio Maggiore a Venezia, fino al 26 novembre.
Organizzata dall’Archivio Luce Cinecittà in collaborazione con Stanze della fotografia, Fondazione Giorgio Cini e Marsilio Arte, l’esposizione Pino Settanni. I tarocchi presenta 61 immagini di tarot vivant . Tra queste, 22 riproducono gli Arcani maggiori, 16 gli Arcani minori, mentre le restanti sono scatti inediti di backstage nelle quali lo stesso autore appare sulla scena, umano tra i simboli.
Da figure bidimensionali e astratte, le rappresentazioni delle carte si fanno persona e diventano esseri viventi in cui specchiarsi e riconoscersi. Le loro inquiete sfumature caravaggesche attraggono lo sguardo. Ne è un esempio la Luna, interpretata dall’attrice Laura Marconi, che nel linguaggio mutevole dei tarocchi indica la paura, la malinconia e l’incontrollabile. Appare qui
come una donna incinta, placida e fiera, con uno scorpione blu sul braccio sinistro, mentre nella mano destra regge una città, quasi ne detenesse le sorti. E se il Matto, nelle vesti dell’attore teatrale Mario Scaccia, con gli occhi sgranati sul mondo e i piedi in movimento sprona ad abbandonare la logica e ad abbracciare le novità, la Temperanza riprodotta da Marina Giulia Cavalli invita a cercare un equilibrio e a riflettere attentamente sulle proprie scelte. Come le lettere dell’alfabeto sono chiamate a comporre un numero infinito di parole, le carte marsigliesi, associate tra loro in varie combinazioni, possono acquisire nuovi valori. Plasmano e amplificano il proprio significato, fornendo accesso a infinite interpretazioni.
lestanzedellafotografia.it
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Che sia per una gita fuori porta, un weekend romantico o una visita a parenti e amici, con Frecciarossa si possono raggiungere rapidamente le più belle città italiane.
Oltre 250 collegamenti Frecce al giorno*, di cui circa 230 Frecciarossa, consentono di viaggiare da Nord a Sud in modo veloce e confortevole e con un’ampia disponibilità di orari tra cui scegliere. Sono tante le novità introdotte negli ultimi mesi per andare incontro a tutte le esigenze. Cresce l’offerta AV tra Milano e Venezia con quattro nuovi collegamenti quotidiani, per un totale di oltre 40 Frecciarossa in servizio tra le due città. Sono disponibili anche due ulteriori collegamenti tra Milano e Trieste (per un totale di otto al giorno) e due tra Milano e Udine che si aggiungono ai due preesistenti.
La nuova partenza Frecciarossa da Trieste per raggiungere direttamente Milano Centrale senza cambi è alle 9:39, mentre il ritorno dalla principale stazione del capoluogo lombardo è fissato alle 15:15. Per arrivare a Udine si parte invece da Milano Centrale alle 6:45, mentre in direzione opposta si può prendere il nuovo Frecciarossa alle 11:43.
Entrano in servizio anche due nuovi Frecciarossa tra Roma e Verona, grazie ai quali diventano 16 i collegamenti giornalieri tra la Capitale e la città scaligera, con fermate intermedie a Firenze e Bologna.
Infine, novità anche per il Sud: sono due i collegamenti in più tra Benevento, Caserta e Milano, con fermata intermedia a Roma. Si parte da Benevento alle 7:13 e da Caserta alle 8:03 per raggiungere il capoluogo lombardo alle 12:24. Il ritorno è fissato alle 16:30 da Milano Centrale con arrivo a Caserta alle 21:06 e a Benevento alle 21:52.
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*Sono previste riduzioni dell’offerta nel fine settimana e in alcuni periodi dell’anno
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In più, per i nuovi iscritti al programma Trenitalia for Business, uno sconto aggiuntivo del 10% sulla tariffa Corporate per acquisti fino al 15 novembre 2023*. Tutti i vantaggi del programma nella pagina Trenitalia for Business sul sito trenitalia.com
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BASE LIBERTÀ DI VIAGGIO E CAMBI ILLIMITATI
Biglietto acquistabile fino alla partenza del treno. Entro tale limite sono ammessi il rimborso, il cambio del biglietto e il cambio della prenotazione un numero illimitato di volte. Dopo la partenza, il cambio della prenotazione e del biglietto sono consentiti una sola volta fino a un’ora successiva.
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Offerta a posti limitati e soggetta a restrizioni. Il biglietto può essere acquistato entro la mezzanotte del terzo giorno precedente al viaggio per le Frecce ed entro la mezzanotte del secondo giorno precedente al viaggio per i treni Intercity e Intercity Notte. Il cambio prenotazione, l’accesso ad altro treno e il rimborso non sono consentiti, livello Executive escluso. È possibile, fino alla partenza del treno, esclusivamente il cambio della data e dell’ora per lo stesso tipo di treno, livello o classe, effettuando il cambio rispetto al corrispondente biglietto Base e pagando la relativa differenza di prezzo. Il nuovo ticket segue le regole del biglietto Base.
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Offerta a posti limitati e soggetta a restrizioni. Il biglietto può essere acquistato entro la mezzanotte del settimo giorno precedente al viaggio per le Frecce ed entro la mezzanotte del sesto giorno precedente al viaggio per i treni Intercity e Intercity Notte. Il cambio, il rimborso e l’accesso ad altro treno non sono consentiti, livello Executive escluso.
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I Carnet Trenitalia sono sempre più adatti a tutte le esigenze. Si può scegliere quello da 15 viaggi con la riduzione del 30% sul prezzo Base, da 10 viaggi (-20% sul prezzo Base) oppure il Carnet 5 viaggi (-10% sul prezzo Base). Riservato ai titolari di una carta di fidelizzazione Trenitalia, il Carnet è nominativo e personale. L’offerta è disponibile per i treni Frecciarossa, Frecciargento, Frecciabianca e Intercity 3
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Promozione per chi parte e torna nello stesso giorno con le Frecce a prezzi fissi, differenziati in base alle relazioni e alla classe o al livello di servizio. Il livello Executive e Salottino sono esclusi. Un modo comodo e conveniente per gli spostamenti di lavoro oppure per visitare le città d’arte senza stress 4
NOTE LEGALI
1. Offerta valida sui treni Frecciarossa e Frecciargento, in 2^ classe e nel livello di servizio Standard. Prevede l’acquisto a prezzi fissi di 19€ e 29€, a seconda della relazione di viaggio. Tali prezzi non si applicano alle relazioni per le quali è previsto un prezzo Base inferiore ai 38€. Acquistabile fino alle ore 24 del secondo giorno precedente la partenza del treno. L’offerta è a posti limitati che variano in base al treno e al giorno della settimana e non si cumula con altre riduzioni a qualsiasi titolo spettanti, compresa quella prevista per i ragazzi. Cambio biglietto/prenotazione e rimborso non sono consentiti.
2. Offerta a posti limitati e variabili rispetto al giorno, al treno e alla classe/livello di servizio. Cambio prenotazione/biglietto e rimborso soggetti a restrizioni. Acquistabile entro le ore 24 del secondo giorno precedente la partenza del treno. L’offerta non è cumulabile ad altre riduzioni a qualsiasi titolo spettanti.
SENIOR
Riservata agli over 60 titolari di una carta di fidelizzazione Trenitalia, l’offerta consente di risparmiare fino al 50% su tutti i treni nazionali e in tutti i livelli di servizio, ad eccezione dell’Executive, del Salottino e delle vetture Excelsior 5
ME&YOU
La promozione consente di viaggiare in due tutti i giorni con sconti fino al 50% sul prezzo Base su Frecce, Intercity e Intercity Notte. L’offerta è valida in 1^ e 2^ classe e in tutti i livelli di servizio ad eccezione dell’Executive, del Salottino e i servizi cuccette, VL ed Excelsior 6
3. Il Carnet consente di effettuare 15, 10 o 5 viaggi in entrambi i sensi di marcia di una specifica tratta, scelta al momento dell’acquisto e non modificabile per i viaggi successivi. Le prenotazioni dei biglietti devono essere effettuate entro 180 giorni dalla data di emissione del Carnet entro i limiti di prenotabilità dei treni. L’offerta non è cumulabile con altre promozioni. Il cambio della singola prenotazione ha tempi e condizioni uguali a quelli del biglietto Base. Cambio biglietto non consentito e rimborso soggetto a restrizioni.
4. Il numero dei posti è limitato e variabile, in base al giorno, al treno e alla classe/livello di servizio. Acquistabile fino alle ore 24 del secondo giorno precedente la partenza del treno. Il cambio prenotazione/biglietto è soggetto a restrizioni. Si può scegliere di effettuare il viaggio di andata in una classe o livello di servizio differente rispetto a quella del viaggio di ritorno. Il rimborso non è consentito, livello Executive e Salottino sono esclusi. Offerta non cumulabile con altre riduzioni, compresa quella prevista a favore dei ragazzi.
5. L’offerta è acquistabile entro le ore 24 del settimo giorno precedente la partenza per le Frecce e fino alle ore 24 del secondo giorno precedente la partenza del treno per i treni Intercity e Intercity Notte. La percentuale di sconto varia rispetto al prezzo Base dal 40% al 50% per le Frecce e dal 20% al 50% per gli Intercity e Intercity Notte. Il numero dei posti disponibili è limitato e varia in base al giorno, al treno e alla classe/livello di servizio. È possibile cambiare esclusivamente la data o l’ora di partenza, una sola volta e fino alla partenza del treno, scegliendo un viaggio con la stessa categoria di treno o tipologia di servizio e pagando la differenza rispetto al corrispondente prezzo Base intero. Il Rimborso e accesso ad altro treno non sono ammessi. Al momento dell’acquisto il sistema propone sempre il prezzo più vantaggioso. A bordo è necessario esibire la carta di fidelizzazione insieme a un documento d’identità.
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6. Offerta a posti limitati e variabili in base al giorno, al treno e alla classe/livello di servizio scelto ed è acquistabile entro le ore 24 del settimo giorno precedente la partenza per le Frecce e fino alle ore 24 del secondo giorno precedente la partenza per i treni Intercity e Intercity Notte. La percentuale di sconto varia dal 40% al 50% per le Frecce e dal 20% al 50% per gli Intercity e Intercity Notte. Cambio biglietto/prenotazione e rimborso non sono consentiti.
7. Offerta a posti limitati e variabili rispetto al giorno, al treno e alla classe/livello di servizio. La percentuale di sconto varia rispetto al prezzo Base dal 40% al 60% per le Frecce e dal 20% al 60% per gli Intercity e Intercity Notte. Lo sconto non è cumulabile con altre riduzioni fatta eccezione per quella prevista in favore dei ragazzi fino a 15 anni. La promozione è acquistabile entro le ore 24 del settimo giorno precedente la partenza per le Frecce e fino alle ore 24 del secondo giorno precedente la partenza del treno per i treni Intercity e Intercity Notte. Il cambio e il rimborso non sono consentiti.
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Il FRECCIABistrò ti aspetta per una pausa di gusto. Nel servizio bar, presente su tutti i Frecciarossa, Frecciargento e Frecciabianca, si possono acquistare deliziosi prodotti e menù pensati per ogni momento della giornata. Un’ampia selezione che comprende snack dolci e salati, panini e tramezzini, primi piatti caldi e freddi, insalate e taglieri, bevande alcoliche e analcoliche. L’offerta prevede anche opzioni vegetariane e gluten free ed è arricchita dalle note di gusto del caffè espresso Illy. Il servizio è previsto anche per i clienti dei treni Eurocity.
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Con il Cashback Trenitalia è possibile utilizzare i punti Carta FRECCIA per ottenere sconti immediati sull’acquisto di biglietti e carnet per le Frecce.
Con 300 punti si ha diritto a una riduzione di 10 euro su un ticket, per se stessi o per un’altra persona, che ne costi almeno 20. Con 600 punti, invece, si risparmiano 20 euro sull’acquisto di un biglietto che abbia un importo minimo di 40 euro.
Convertire i punti è semplicissimo: basta selezionare la voce Cashback Carta FRECCIA nella fase di acquisto del biglietto su trenitalia.com o sull’App Trenitalia. È possibile utilizzare il cashback anche nelle biglietterie delle stazioni, nei FRECCIAClub e nei FRECCIALounge.
Il servizio CashBack Carta FRECCIA è soggetto a condizioni. Il regolamento completo del Programma Carta FRECCIA, che ha validità fino al 31 dicembre 2023, è disponibile sul sito Trenitalia o alle emettitrici self-service della rete nazionale o le biglietterie Trenitalia. I premi potranno essere richiesti fino al 29 febbraio 2024.
MOSTRE IN TRENO E PAGO MENO
VIVI LA CULTURA CON LE FRECCE.
SCONTI E AGEVOLAZIONI NELLE PRINCIPALI SEDI MUSEALI E DI
EVENTI IN ITALIA
Attraverso 250 fotografie, riviste, documenti e video, si ripercorre l’intera carriera di uno dei fotografi più amati e discussi di tutti i tempi. Al Museo dell’Ara Pacis, dal 18 ottobre al 10 marzo 2024, è in programma la mostra Helmut Newton. Legacy Accanto agli scatti che hanno fatto la storia, apparsi sulle copertine dei principali fashion magazine del mondo, un corpus di inediti svela aspetti meno noti dell’opera di Newton. Un focus specifico è dedicato ai servizi di moda considerati all’epoca rivoluzionari, come la serie ispirata ai film di Alfred Hitchcock, François Truffaut e Federico Fellini. Stampe a contatto, pubblicazioni speciali e materiali d’archivio consentono al visitatore di entrare nel cuore del processo creativo dell’artista. L’esposizione si snoda a partire dai lavori degli anni ‘40 in Australia per poi proseguire con quelli degli anni ‘50 in Europa, dei ‘60 in Francia, dei ‘70 negli Stati Uniti e negli ‘80 tra Monte Carlo e Los Angeles, fino ai numerosi servizi in giro per il mondo degli anni ‘90 e all’ultimo periodo della sua carriera.
IN CONVENZIONE ANCHE
JIMMY NELSON
Fino al 21 gennaio 2024 a Palazzo Reale, Milano palazzorealemilano.it
EL GRECO
Dall’11 ottobre all’11 febbraio 2024 a Palazzo Reale, Milano mostraelgreco.it | palazzorealemilano.it
CALVINO CANTAFAVOLE
Dal 15 ottobre al 7 aprile 2024 a Palazzo Ducale, Genova palazzoducale.genova.it
ANISH KAPOOR. UNTRUE UNREAL
Dal 7 ottobre al 4 febbraio 2024 la Fondazione Palazzo Strozzi di Firenze presenta una nuova grande esposizione ideata e realizzata insieme al celebre maestro che ha rivoluzionato l’idea di scultura nell’arte contemporanea. Ingresso 2x1 riservato ai soci Carta FRECCIA muniti di biglietto per le Frecce con destinazione
Firenze, in una data antecedente al massimo di cinque giorni da quella in cui si intende visitare la mostra. Tariffa ridotta sul biglietto singolo per chi è in possesso di un ticket Frecce, Intercity o corsa semplice per i Regionali, sempre per Firenze, e per gli abbonati regionali. In più, per i clienti delle Frecce è previsto uno sconto al bookshop di Palazzo Strozzi: 10% sull’oggettistica e 5% sui prodotti editoriali, compreso il catalogo. palazzostrozzi.org
Amica, Milano (1982)
Due biglietti d’ingresso ridotti per ogni socio Carta FRECCIA munito di biglietto per Frecce o Intercity con destinazione Roma, in una data antecedente al massimo di tre giorni da quella in cui si intende visitare la mostra. Tariffa ridotta sull’ingresso singolo per gli iscritti a X-GO in possesso di biglietto Intercity, per chi compra un ticket regionale di corsa semplice sempre con destinazione Roma e per i titolari di abbonamento regionale. In più, per tutti è previsto il 10% di sconto al bookshop dell’Ara Pacis su tutti gli articoli a esclusione di quelli riguardanti la mostra. arapacis.it Maggiori
Anish Kapoor Newborn (2019) Foto di Mark Waldhauser
© Anish Kapoor. All Rights Reserved Siae, 2023 - Photograph Mark Waldhauser
FAVOLOSO CALVINO
Dal 13 ottobre al 4 febbraio 2024 alle Scuderie del Quirinale, Roma scuderiequirinale.it
MUSEO CIVICO GAETANO FILANGIERI DI NAPOLI filangierimuseo.it
JACOVITTISSIMEVOLMENTE. I MONDI UMORISTICI DI JACOVITTI
Dal 25 ottobre al 18 febbraio 2024 al MAXXI di Roma maxxi.art
Per schematicità e facilità di lettura la cartina riporta soltanto alcune città esemplificative dei percorsi delle diverse tipologie di Frecce. Maggiori dettagli per tutte le soluzioni di viaggio su trenitalia.com Alcuni collegamenti qui rappresentati sono disponibili solo in alcuni periodi dell’anno e/o in alcuni giorni della settimana. Verifica le disponibilità della tratta di tuo interesse su trenitalia.com.
Cartina aggiornata al 26 settembre 2023
Velocità max 400 km/h | Velocità comm.le 300 km/h | Composizione 8 carrozze Livelli di servizio Executive, Business, Premium, Standard Posti 457 | WiFi Fast | Presa elettrica e USB al posto Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIAROSSA ETR 500
Velocità max 360 km/h | Velocità comm.le 300 km/h | Composizione 11 carrozze 4 livelli di servizio Executive, Business, Premium, Standard | Posti 589 WiFi | Presa elettrica al posto Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIAROSSA ETR 700
Velocità max 250km/h | Velocità comm.le 250km/h | Composizione 8 carrozze
3 livelli di Servizio Business, Premium, Standard | Posti 497 WiFi Fast | Presa elettrica e USB al posto Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIAROSSA ETR 600
Velocità max 280 km/h | Velocità comm.le 250 km/h | Composizione 7 carrozze
3 livelli di Servizio Business, Premium, Standard | Posti 432 WiFi | Presa elettrica al posto Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIARGENTO ETR 485
Velocità max 280 km/h | Velocità comm.le 250 km/h
Composizione 9 carrozze | Classi 1^ e 2^ | Posti 489 WiFi | Presa elettrica al posto Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIABIANCA ETR 460
Velocità max 250 km/h | Velocità comm.le 250 km/h
Composizione 9 carrozze
Classi 1^ e 2^ | Posti 479 | Presa elettrica al posto Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio
FRECCIAROSSA
ETR 1000
DOVE RINASCONO I TRENI
IL 28 E 29 OTTOBRE È POSSIBILE VISITARE LA STORICA OFFICINA DI MILANO CHE ORA VIENE UTILIZZATA PER MANTENERE EFFICIENTI I ROTABILI STORICI
Proseguono le iniziative per il decennale della Fondazione
FS Italiane con un grande evento al Deposito officina rotabili storici di Milano, il 28 e 29 ottobre. Dopo quattro anni, i cancelli dello stabilimento in cui un tempo venivano riparati treni e locomotive – oggi hub manutentivo della Fondazione
FS – riaprono le porte a visitatori, appassionati, cultori e semplici curiosi. In questi spazi, situati su viale Monza, si può comprendere al meglio il lavoro delle maestranze che si occupano di mantenere efficienti e operativi i rotabili storici.
Le officine vennero inaugurate nel 1931 vicino alla Stazione Centrale e dotate di strumenti e macchinari di assoluta avanguardia per l’epoca. Ancora oggi vengono chiamate “rialzo”: così, in gergo ferroviario, si indicava il sollevamento delle carrozze necessario per le lavorazioni sui carrelli e sui dispositivi posti nella parte inferiore dei treni.
Durante i due giorni di apertura al pubblico, negli scali di Centrale e Lambrate vengono messi a disposizione alcuni transfer con bus storici per raggiungere le officine. La visita allo
stabilimento e ai circa 40 rotabili presenti, tra locomotive a vapore, diesel, elettriche e carrozze, è accompagnata da numerosi eventi collaterali. Tra questi l’atteso spettacolo del Gruppo 835, associazione di cultori del modellismo ferroviario a vapore vivo, con lo show delle locomotive realmente funzionanti. Ma anche la proiezione di filmati di repertorio, grazie
SAVE THE DATE//TRENI STORICI
Irpinia express
Treno dell’olio e della Magna Grecia
Canelli e le Cattedrali sotterranee
Sebino express; Treno Barcolana express
Sannio express
Treno del pistacchio
Ferrovia dei Parchi
La Ferrovia Subappennina italica
Besanino express; Treno del Sacro Monte
Treno dell’arte
alla collaborazione con l’associazione Cineteca Milano, e un’esposizione di cimeli. Infine, nello stesso fine settimana, nella Sala reale della Stazione Centrale sarà inaugurata la mostra Una bella storia italiana, che ripercorre il primo decennio di attività della Fondazione FS. fondazionefs.it fondazionefsitaliane
Il treno delle Capitali della cultura; Treno storico da Chivasso ad Aosta; Treno alla scoperta di Venzone; Treno storico da Napoli Centrale a Benevento; Treno dell’olio e della Magna Grecia
Reggia express
Treno autunno in Pedemontana del Friuli; Treno storico da Milano a Como
COLORI DI CAMOGLI
Avete presente un caratteristico borgo marinaro della Liguria, con le case tutte colorate e i palazzi affrescati all’esterno? Quelli con il piccolo porto, le barche, le taverne sul mare, i caruggi e un corso d’acqua che scende fino alla spiaggia? Se sì, avete in mente proprio Camogli, che fa parte della città metropolitana di Genova, ma che ha una sua precisa identità, oggi elemento di
attrazione anche per tanti milanesi o torinesi che hanno deciso di trasferirsi qui e non passarci solo le vacanze. Sembra che l’idea di dipingere le case con evidenti cornici marcapiano orizzontali fosse dovuta alla necessità, per chi tornava dalla pesca, di riconoscere la propria abitazione fra tante. Un bisogno cresciuto con l’impetuoso sviluppo costruttivo del paese: non solo nuove case, ma anche ulteriori
stanze attaccate alle case e innalzamenti per godere meglio della vista. Uno spettacolo incantevole che venne scelto da Umberto Eco per il festival della Comunicazione che si tiene ogni anno a settembre. A Camogli, poi, si possono mangiare direttamente sul mare le famose acciughe, magari accompagnate dalla formidabile focaccia bianca intrisa di olio di oliva e croccante il giusto.
IL MISTERO DI APPARTENERE
La luce si alza verso il cielo sopra le luci e il buio dolce degli edifici abbraccia a lungo lo sguardo. La luce si alza con un respiro e promette a tutti un segreto, quiete profonda, pianto.
Passano una sull’altra facce nelle auto che incroci, le guardi, a cosa appartieni questa sera, a chi parli?
La lingua perduta degli stormi che alti si adunano nella luce. La lingua dei perduti per una parola non detta, per una parola distorta pervenuta all’orecchio.
Per una volta non sia la ragione o la colpa, chiama tu, pronuncia le parole che più non hai detto. Non c’è vergogna se trovi nel cielo di questa sera fiducia in qualcosa che non conosci, e non la vita che si sogna, ma qualcosa di tuo nella vita che vedi. Adesso componi il numero, adesso chiedi.
La quieta, potente poesia di Gian Mario Villalta, uno dei poeti italiani più autorevoli, ci racconta una situazione in cui ci troviamo spesso. Dice: «A cosa appartieni questa sera, a chi parli?». La vita, infatti, o appartiene o non è. Lo sanno tutte le grandi sapienze profonde. Vivere è sentirsi appartenenti. Non posseduti, ma appartenenti. Parte di un essere più grande. Spesso questo senso della vita è confuso con l’appartenenza al
mistero che la genera. Per questo in molti ricorrono ad appartenenze per così dire drogate: tribù chiuse, legami tossici, salotti ridicoli, mafie di vario segno. Cose orrende, pur di sentirsi porzione di qualcosa. Occorre, invece, «fiducia in qualcosa che non conosci», dice il poeta, sentire di aderire a una realtà più grande di ogni conoscenza o possesso mentale. All’essere, direbbero i filosofi, a Dio direbbero i credenti. A qualsiasi idolo disponibile, dicono
invece, e patiscono, gli idolatri. Nella situazione che il poeta con precisione e profondità sorprende – forse un litigio, una discussione grave, «per una volta non sia la ragione o la colpa» – si fa largo una chance, uno sguardo nuovo. E un gesto semplice: chiedere qualcosa di visibile e presente non in un sogno. Una presenza, un segno. Si può fare il numero di telefono, chiedere. L’umiltà di chiedere è il primo segno di sana appartenenza.
IMPARARE A GODERSI IL PAESAGGIO D
i cosa ho veramente bisogno ora? Da quanto non prendo tempo per me, per assecondare i miei desideri? La nostra mente segue schemi ripetitivi e si perde spesso a rimuginare con nostalgia o tristezza sui ricordi del passato e con ansia su ciò che riserverà il futuro. A volte ci impedisce di gustare il presente, spingendoci in un circolo vizioso di attaccamento verso ciò che ci piace e avversione nei confronti di quello che non ci piace. Proprio nel tentativo di ripetere le esperienze positive ed evitare quelle negative ingaggiamo una lotta senza fine che genera ulteriore stress. La cosa migliore da fare, invece, è godersi il viaggio. Provare a
disinnescare il pilota automatico che ogni giorno spinge a ripetere gli stessi errori e scegliere finalmente di vivere momento per momento. Siete in treno: spegnete il cellulare e provate a guardare fuori dal finestrino. Lasciate scorrere le immagini davanti a voi e osservate i colori del paesaggio. La mindfulness è ascolto di se stessi, del mondo interiore che reclama attenzione, dei propri pensieri ed emozioni solo per quello che sono e rappresentano, senza identificazione. Noi non siamo le nostre preoccupazioni e i nostri desideri, siamo molto di più. Mindfulness è consapevolezza e attenzione – senza giudizio – verso il presente. Con lo scopo di accettarlo
senza trattenerlo, attivando una grande abilità che può renderci liberi: il lasciar andare. In questo spazio vi proporrò riflessioni ed esercizi per allenare l’attenzione, ridurre lo stress e vivere felici. Buon viaggio.
Ascolta su Spotify la meditazione Consapevolezza del respiro
PRIMA DI SCENDERE
Dettagli dorati splendono come fessure luminose, minuscole e illusorie porte di accesso a un mondo inavvicinabile: una bellezza ammaliante che avvolge e sprigiona energia. Lontana dall’estetica eurocentrica che il pubblico internazionale è abituato a vedere e ad apprezzare. Dimostra di essere straordinariamente potente la bellezza di Sonia Barbie Tucker, modella e influencer statunitense originaria del Ghana. Sono suoi il volto e il corpo che emergono nel ritratto dell’autore cinese Frank Zhang Aesthetics from Africa. Vincitore assoluto del Creative Photo Awards, sezione dedicata alla fotografia artistica del contest indetto dal Siena Awards Photo Festival, è esposto insieme alle immagini vincitrici delle nove sottocategorie all’interno della mostra I Wonder If You Can, nei Magazzini del sale di Palazzo Pubblico fino al 19 novembre. Al contest hanno partecipato fotografi e fotografe provenienti da 133 Paesi del mondo. Concept dello scatto è la bellezza come espressione di diversità e di unicità. Il suo scopo è puntare un faro sull’assenza di varietà etnica, ma non solo, nell’industria della moda e sulla necessità di volgere lo sguardo anche verso bellezze non convenzionali, perché chiunque, con le proprie particolarità, abbia un modello, un volto, un corpo che gli somigli a cui ispirarsi e in cui rivedersi. creative.sienawards.com