InGe Levante MAGAZINE luglio 2014

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ANNO 1 - N° 4 - luglio 2014 - Magazine di cultura, informazione e tempo libero - Poste Italiane - Spedizione in abbon. postale - D.l. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 N°46) art.1 comma 1 D.C.B. - GENOVA - nr. 594 anno 2006

LUGLIO 2014

KRZYSZTOF ZANUSSI CINEMADAMARE

Chiavari e il turismo internazionale”.

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IN PRIMO PIANO:

GIUA,

CHITARRA E VOCE DI LIGURIA. Intervista esclusiva ad una delle cantanti liguri più apprezzate.


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Rivista realizzata con l a c o l l a b o r a z i o n e d i :

Sommario

numerodiluglio2014 cinemadamare,

La Liguria da guardare. ANTENNABLU

Sede legale Via Antonio Negro 13/10 16154 - Genova Tel. 0106045594 - Fax. 0106509024 Studio di registrazione Via Giardini Rodari 6a Tel. 0106509232 antennablutelevision@virgilio.it info@antennablu.it paolo.cavanna@alice.it Pubblicità e Marketing 0108592291

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la piscina piu’ profonda del mondo

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chitarra e voce di liguria

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della Onlus Lilium

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capitale dell’arte con il museo del Parco

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lla “Manuelina” ricordando Rebora

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evante Ligure “In-Let City Store”

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legame indissolubile

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esplosione di energia e colore in movimento

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di Zoagli alla XV edizione

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Si chiama Y-40 Giua,

Splende la Luna sul Ballo dei Gigli Portofino A L

Italia e Argentina, Giorgio Moiso:

I concorsi fotosub

LUGLIO 2014 ANNO 1 - N° 3 - Giugno 2014 - Magazine di cultura, informazione e tempo libero - Poste Italiane - Spedizione in abbon. postale - D.l. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 N°46) art.1 comma 1 D.C.B. - GENOVA - nr. 594 anno 2006

Antenna blu.

Antenna Blu Television s.c.r.l.

Chiavari e il turismo internazionale”.

KRZYSZTOF ZANUSSI CINEMADAMARE

IN PRIMO PIANO:

più apprezzate.

Chiavari e il turismo internazionale”.

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e Liguria magazine

“CHIAVARI: E IL TURISMO INTERNAZIONALE”. all’opera. Hanno rilasciato dichiarazioni di particolare attenzione verso un’area che noi, spesso, trascuriamo di valutare opportunamente. I loro lavori verranno proposti in tutte le aree del mondo da cui provengono e saranno offerte in visione a circuiti internazionali che, finalmente, riconosceranno l’esistenza di un territorio che troppo spesso e’ stato individuato in modo errato. Il territorio del levante genovese, la “vera” riviera (con le colline che “entrano nel mare”, potrà ora essere oggetto di attenzione per tutti coloro che vorranno comprendere che dietro all’apripista Chiavari, dovranno accodarsi tutti i comuni levantini (costa ed entroterra) per proporre ai possibili soggiornanti esteri i reali valori territoriali ed ambientali proponibili perché richiesti dai futuri soggiornanti. Il turismo deve darsi un modello aggressivo che consista nella diffusione su circuiti internazionali delle peculiarità tigulline; deve essere in grado di catturare l’attenzione e suscitare interesse al soggiorno all’interno di quelle

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hiavari dimostra la sua capacità di anticipare i tempi e la sua volontà, di operare come elemento trainante del Tigullio, una posizione che le spetta per infinite ragioni e della quale l’amministrazione chiavarese deve naturalmente farsi carico. La dimostrazione di questa capacità si ritrova all’interno del progetto “CINEMADAMARE” http://www.cinemadamare.com/ che ospita per un’intera settimana un numero rilevante di giovani filmmakers provenienti da tutto il mondo (161 giovani in rappresentanza di 56 nazioni). Tutti i partecipanti alla competizione, che vede ogni sera il risultato del loro lavoro proposto in visione al pubblico in piazza Gagliardo, si sono dichiarati affascinati dai luoghi e dalla “vita” mostrata dalla collettività del levante. Molti di loro non conoscevano affatto il “set” che oggi li vede

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La Copertina COS’ “È” CINEMADAMARE ? CinemadaMare è un festival itinerante, ogni anno da luglio a settembre, attraversa molte regioni italiane fermandosi in piccoli paesi o città più grandi per arrivare fino a Venezia in occasione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica. Il viaggio consente ai ragazzi di conoscere realtà diverse del territorio italiano e garantisce ai comuni che ospitano il festival eventi per tutta la durata del suo soggiorno. Ogni sera si proiettano nelle principali piazze film e lungometraggi gratuitamente per il pubblico presente. Ai ragazzi ospiti del festival è garantito un piccolo rimborso sulle spese di viaggio e l’alloggio gratuito, grazie al sostegno delle amministrazioni locali, infatti il festival può usufruire di una scuola per ogni tappa in cui si ferma che funge da “base logistica” alle numerose troupes partecipanti..

aree estere che, come molte analisi dimostrano, hanno bisogno di rileggere la storia del genovesato e delle regole esistenziali che hanno supportato, per secoli, il dominio mondiale della “Superba”. Si tratta, in sostanza, di proporre quei valori unici e non ripetibili altrove tipici del concetto di “riviera”. Il levante non è certamente un luogo di ampi spazi e dedito ad accogliere grandi masse di turisti e per tale ragione deve darsi il coraggio di selezionare gli ospiti da distribuire sul territorio nell’intero arco dell’anno. Con modelli di attrattività come CINEMADAMARE è certamente possibile fare risultato; questo è ciò che si aspetta il territorio; questo è ciò che merita il territorio.

STORIA CinemadaMare è stato ideato da Franco Rina, giornalista de LA7 e grande appassionato di cinema. L’idea che sta alla base del festival è quella di far lavorare insieme ragazzi che provengono da ogni parte del Mondo, di consentire loro di girare film in Italia e fare in modo che riescano a vederli proiettati pubblicamente, su grande schermo, nelle piazze che ospitano gli eventi del festival. Nel corso delle passate edizioni, grandi nomi della Cinematografia internazionale sono stati ospiti del festival e hanno potuto trasmettere la loro esperienza e le loro conoscenze ai ragazzi, durante ore di workshop e dibattiti: Theo Angelopoulos, Vincenzo Cerami, Bahman Ghobadi, Amos Gitai, Ken Loach, Mohsen Makhmalbaf, Margarethe von Trotta, Wim Wenders, Krzysztof Zanussi e molti altri. Nel 2011 la Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco ha concesso al festival il proprio patrocinio, in considerazione dell’alto valore dell’iniziativa, volta alla promozione della cultura cinematografica e alla formazione di giovani specialisti del settore. Da http://it.wikipedia.org/wiki/CinemadaMare

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CONCORSI

Il festival prevede due concorsi cinematografici. Main Competition La Main Competition è il concorso ufficiale, internazionale di cortometraggi. La durata massima di ogni film non deve superare i 25 minuti. Per questa competizione vengono proiettati circa 5 cortometraggi a serata ed è il pubblico a votare attraverso delle schede distribuite dallo staff. I corti così scelti accedono alla semifinale, che si tiene l’ultima settimana del festival e dopo alla finale che si svolge l’ultimo giorno del festival. Il vincitore viene scelto da una giuria popolare, selezionata dal direttore Franco Rina e si aggiudica l’Epeo d’oro per il miglior film. Weekly Competition Questo concorso ha luogo ogni settimana e costituisce l’anima delle attività di CinemadaMare. Per partecipare a questa competizione è necessario che: il film sia realizzato dai partecipanti registrati a CinemadaMare e che la durata del cortometraggio non superi i 10 minuti. La Weekly Competition si svolge l’ultimo giorno di permanenza in ogni tappa. Il direttore, Franco Rina, è unico giudice di questo concorso ed è lui a scegliere il vincitore.

PREMI

Main Competition: Assegnato dal pubblico Premio Epeo per il Miglior Film Assegnati dalla giuria Premio Miglior Regia Premio Miglior Sceneggiatura Premio Miglior Fotografia Premio Miglior Montaggio Premio Miglior Colonna Sonora Premio Miglior Attore/Attrice

Weekly Competition Tutti i premi sono assegnati dal Direttore Franco Rina, a partire da un minimo di 5 film presentati Da http://it.wikipedia.org/wiki/CinemadaMare

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Sotto il mare

UN PROGETTO VENETO CHE PARLA ANCHE UN PO’ DI GENOVESE: LO SPONSOR È LA TECHNISUB

Gianni Risso Foto Ilva Mazzocchi e Fabio Ferioli

SI CHIAMA Y-40

LA PISCINA PIU’ PROFONDA DEL MONDO 5 INGENOVA Magazine

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ll’inizio di giugno è entrata in piena attività a Montegrotto Terme (Padova) la piscina più profonda esistente al Mondo con un record certificato e misurato da Umberto Pelizzari della bellezza di 42 metri e 15 centimetri. L’inaugurazione, con il tradizionale taglio del nastro, si è svolta il 5 giugno presso la struttura Hotel Millepini alla presenza di molte autorità della regione e di tanti personaggi del mondo della subacquea. Dopo il taglio del nastro l’avveniristica struttura, vero vanto della tecnologia e dell’imprenditoria italiana, è stata benedetta da Monsignor Claudio Giuliadori vescovo di Macerata e grande appassionato d’immersioni subacquee. Gli invitati non subacquei hanno potuto seguire dal bellissimo tunnel Cousteau che attraversa la piscina una spettacolare esibizione dei subacquei aperta con le discese profonde di Umberto Pelizzari e della campionessa di apnea Ilaria Molinari…vestita da vera sirena. A seguire, figure ed evoluzioni mozzafiato per il piacere degli spettatori. In sostanza il complesso Y-40 ha subito dimostrato come sia possibile fare sub in condizioni veramente ottimali: acqua termale limpidissima, alla temperatura di

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Sotto il mare

32°-34°C, gradoni attrezzati per qualsiasi attività subacquea a partire da 3 e fino a 15 metri; zona con grottine artificiali per esercitazioni speleo sub, pozzo profondo 42 metri per apnea profonda e immersioni tecniche e assoluta certezza di potersi immergere in qualsiasi giorno dell’anno, giorni festivi compresi. Sabato 7 giugno c’è stata l’apertura ufficiale per il pubblico e per l’inizio delle immersioni con la partecipazione del mitico campione di apnea Enzo Maiorca e della campionessa Ilaria Molinari. Nella struttura Y-40 Hotel Millepini si fanno corsi subacquei PADI ad ogni livello fino all’istruttore e corsi di apnea con la didattica di Apnea Academy. Y-40 è stata pensata e voluta da Emanuele Boaretto e dalla sua famiglia di imprenditori del settore alberghiero, è stata realizzata nel tempo record di un anno ed è un nuovo sicuro volano per il turismo della zona e lo confermano già le molte prenotazioni giunte da gruppi di sub da tutta Italia e da molte nazioni europee. L’opera è stata finanziata da Veneto Banca. Anche se l’opera si trova nel Veneto, possiamo dire che «parla anche genovese» in quanto l’esclusivo sponsor tecnico per tutte le attrezzatura subacquee è la Technisub di Genova presente con l’ampia gamma di prodotti dei marchi del gruppo: Aqualung, Apeks, Suunto, Whites e Aqua Sphere. Durante la cerimonia di inaugurazione Marco Tallia, amministratore delegato di Technisub ,ha affermato

che Y-40 è una grande opportunità per la diffusione delle attività subacquee in assoluta sicurezza e comfort e ha annunciato che nella struttura di Montegrotto si terranno due grandi eventi aziendali: a quello di settembre interverranno un centinaio di distributori provenienti da tutto il Mondo.

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magazine

di Leo Cotugno

GIUA,

CHITARRA E VOCE DI LIGURIA L

o sfondo di Rapallo, sua città natale, a fare da ispiratore a musiche e canzoni che raggruppano ricordi legati alla terra di Liguria. Un amore per la chitarra iniziato con la sua vita, da quando, ancora bambina, si misurava con coraggio con la composizione. Maria Pierantoni Giua, in arte semplicemente Giua, si racconta al nostro magazine con la semplicità e la forza interiore che da sempre la contraddistinguono, sin da quando, dieci anni or sono, vincendo il Premio Recanati, il Festival di Castrocaro ed il Premio Lunezia, iniziava la propria straordinaria evoluzione artistica, allieva del chitarrista Armando Corsi e dell’insegnante di canto Anna Sini, instancabile nell’opera di collaborazione con il musicista e produttore Beppe Quirici. In quest’intervista esclusiva, svolta a pochi giorni dalla pubblicazione del suo nuovo album musicale, la brava cantante tigullina si racconta a “cuore aperto”: i sogni, gli esordi, la Giua “inedita” made in Liguria. I suoi ricordi più belli legati agli esordi musicali? Tra i ricordi più belli c’è il momento in cui i miei genitori mi hanno regalato la prima “vera” chitarra, quella da grandi. Era il mio compleanno, compivo otto anni, e questa chitarra era troppo grande per me, ma ero veramente felicissima! La musica mi accompagna da sempre, col suo spirito allegro e facile, anche se l’idea di trasformarla in lavoro è stata frutto di alcuni incontri successivi: quello con Armando Corsi, che

UN RAPPORTO CON LA MUSICA INIZIATO DA BAMBINA, UNA PASSIONE ALIMENTATA CON IL CANTO E CON LA COMPOSIZIONE: INTERVISTA ESCLUSIVA AD UNA DELLE CANTANTI PIÙ APPREZZATE DELLA LIGURIA è stato per tanti anni il mio maestro e con cui recentemente ho pubblicato un nuovo disco, TrE (etichetta Egeamusic) e quello con Beppe Quirici, il produttore del mio primo lavoro, “Giua” (Sony-Bmg). Da qui ho mosso per lavorare seriamente, sono tanti gli incontri e le esperienze che mi hanno fatta crescere, i primi gruppi di amici con cui ci si vedeva a provare in salette piuttosto improbabili: i concerti con i “Fandangos”, musica flamenco e sudamericana, dapprima, e poi con gli “Endegu”, con cui ho cantato numerosissime volte le canzoni di Fabrizio De Andrè. La mia fortuna è stata quella di capire, fin da bambina, che la musica era la cosa che in assoluto mi piaceva di più. E quando i desideri sono così chiari si può fare anche molta

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In Genova Musica fatica per realizzarli ma parti con grande determinazione e coraggio. Liguria, terra di navigatori e cantautori. Quali nessi possono esserci? E’ la parola “porto” che rappresenta al meglio ciò che mette assieme i naviganti ed i cantautori, una terra come la Liguria e De Andrè, Lauzi o Umberto Bindi. Il porto è il luogo degli scambi, delle partenze e degli arrivi, dei viaggi, delle avventure, degli addii e dei nuovi inizi; è il luogo della conoscenza, dell’apertura, dell’artigianato, della competenza, della libertà, della terra e del mare insieme, del riparo, della strategia, dello straniero, del diverso. Ed è tante cose ancora, le stesse cose che sono materia delle canzoni. La Liguria è una terra particolare, compressa, allungata, di montagne, case affastellate, mare bellissimo, scogli e spiagge. Ed è una terra contraddittoria, verde ed acida come un limone, invitante come la panissa fritta appena fatta, con i vigneti abbarbicati sui monti e le belle e brutte sorprese agli angoli. E’ troppe cose la Liguria, per restare zitta e non diventare canzone o poesia. Da dove muove la sua evoluzione artistica? Il mio amore per la musica nasce dall’ascolto di alcune canzoni che mio padre mi suonava quando ero piccola: canzoni popolari sudamericane cui si univano le ballate di Faber e dei cantautori in generale. Restavo incantata e soprattutto volevo suonare, cantare, scrivere anch’io! Sono sempre stata vorace ed onnivora, affascinata da ritmi e dalle storie. Quando a diciotto anni ho lavorato nel negozio di dischi di Rapallo (La casa del Disco, ndr), ho potuto, oltre a spendere tutto quello che guadagnavo in dischi, ascoltare qualunque cosa, dalla musica classica al grande rock, al jazz ed al rythm’n blues passando per la musica celtica: credo che Giua risenta di tutti questi ascolti e che si muova artisticamente come un’onda, spostandosi come una corrente ed avvicinandosi a certi lidi, a certi Paesi. Ora sto lavorando al nuovo disco, vedremo cosa succederà!. Canzone e musica: i consigli di Giua ai giovani che vogliano intraprendere la carriera di cantante. Difficile farlo, è una faccenda troppo personale. Una cosa è certa, bisogna sapere distinguere bene tra quella che è una vocazione e quella che invece è la voglia di fare successo a tutti i costi; facendo il cantante, il personaggio, la comparsa. Su questa differenza si gioca tutto, si giocano anche il talento ed i desideri. E’ importante trovare anche le persone “giuste”, che non vogliono solo incantare o adulare. Oltre ad avere una buona e sana conoscenza di se stessi bisogna potersi fidare dei propri altri, sapere scegliere i propri referenti o riferimenti. Poi c’è lo studio, trovare dei maestri appassionati, degli amici con cui suonare, musicisti bravi che ti facciano crescere. Altro stadio importantissimo è il suonare dal vivo, ascoltare e scrivere: avere tenacia e perseveranza, essere solidi e aperti allo stesso tempo.

scritte per copioni davvero molto apprezzabili: sempre così è nata l’occasione di andare a Spoleto, grazie all’incontro con la giovane attrice e regista Eleonora D’Urso, con cui avevo lavorato precedentemente in un reading, “Volammo davvero”, voluto dalla Fondazione De Andrè. Eleonora mi aveva chiesto di scrivere le musiche e le canzoni per uno spettacolo molto divertente, “Un piccolo gioco senza le conseguenze”, alla fine mi hanno chiesto di stare in scena a fare la colonna sonora vivente! Il Festival di Sanremo è stato un altro passaggio fondamentale per il mio percorso, poco teatrale e molto televisivo, mi ha permesso di mettere meglio a fuoco cosa mi piace e cosa no dell’ambiente musicale: fare la cantautrice non è un lavoro che ha una sua strada, preconfezionata, da seguire, è un lavoro che si inventa giorno dopo giorno, frutto di occasioni e incontri presi al volo. Quando non è assorbita da impegni artistici cosa attrae maggiormente la sua attenzione? Ah, sono irrefrenabile! Adoro andare a teatro, al cinema, leggere, dipingere, nuotare, stare con gli amici, camminare, andare al mare. In pratica non mi fermo un solo istante, riesco a fare spesso ciò che mi piace, sia quando lavoro che quando ho tempo libero, qualunque spunto è buono per una canzone ed ogni concerto è buono per una mangiata con gli amici oppure una pausa. Mi piace anche godermi la casa, non avendo ritmi frenetici ed avere il tempo per fare accadere le cose. Le pubblicazioni più recenti: ce ne vuole rivelare contenuti ed ispirazioni? Le due più recenti pubblicazioni sono davvero diversissime tra loro: il mio ultimo disco “TrE” , composto e suonato a quattro mani con Armando Corsi; ed il libro per bambini “Girotondo di elefanti”, edito da Gallucci, nel quale appare una canzone illustrata da Sophie Fatus, scritta con Pier Mario Giovannone ed arrangiata con Armando Corsi e la Banda Osiris. TrE è nato dalla voglia di condividere la musica con quello che è stato dapprima il mio maestro e dopo il mio compagno di avventure musicali, appunto Armando Corsi. E’ un doppio CD che racchiude canzoni e brani strumentali inediti ed alcune cover scelte tra quelle che più amiamo: “Volver”, tango di Carlos Gardel, a “La casa nel parco”, di Bruno Lauzi. Un disco che è stato possibile realizzare grazie all’apporto di tantissimi amici che hanno creduto in questo lavoro ed hanno invesito tutta la loro professionalità e passione, un disco ricco di ospiti importanti, Jacques Morelembaum, Riccardo Tesi, Mario Arcari, Fausto Mesolella, Nohezan, Marco Fadda e per finire, non meno importante, mia nonna Anna Macchiavello. “Girotondo di elefanti” è invece un libro musicale coloratissimo e pieno di allegria. Tutto nasce da una filastrocca di Pier Mario Giovannone che mi ha fatto venire la voglia di inventare una musica, la collaborazione tra Armando Corsi, la mitica Banda Osiris, l’editore Gallucci e la disegnatrice Fatus hanno dato vita ad un prodotto che ha subito entusiasmato Raffaele Abbate della Orange Home Records, deciso immediatamente a produrlo. Così, tra un concerto e l’altro di TrE, mi sono anche ritrovata a cantare e ballare con un sacco di bambini! Cosa ci sarà nella programmazione a breve scadenza di Giua? Ad oggi mi divido tra la mia città, Genova, e Milano, dove sto lavorando al nuovo disco con Alberto Pugnetti, ex discografico e consulente musicale delle più importanti agenzie pubblicitarie. Ho conosciuto Alberto in occasione di “Ci vuole orecchio”, rassegna sulla canzone d’autore, da lui organizzata allo Zelig: sono stata fortunata perché, invitata a cantare due canzoni, ho trovato un produttore! Non so ancora dove mi porteranno i nuovi brani e questi nuovi percorsi artistici intrapresi: ma come amo sottolineare, di sicuro anche questa sarà una bella avventura!

Giua tra partecipazione a Sanremo ed il Festival dei Due Mondi di Spoleto… Musica e teatro si sono incontrati presto nella mia vita, sia perché sono due mie grandi passioni, sia perché ho avuto la fortuna di lavorare in teatro molto giovane con le mie canzoni. L’incontro decisivo è stato quello con il Teatro della Tosse di Genova, una realtà vivace e piena di fantasia con cui ho debuttato, era il 2007, nello spettacolo “Poeti vs Cantautori, per la regia di Tonino Conte. Da lì è iniziata una bellissima collaborazione che va avanti ancora oggi, tra spettacoli che mi vedono in scena e canzoni

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a bellezza salverà il mondo”, sostiene Tiziana Maschi, riprendendo le parole di F. Dostoevskij. La bellezza dell’arte e del paesaggio, se valorizzata, è una forma di accrescimento spirituale che può contribuire a migliorare il benessere di ciascuno di noi. Questo fa parte della missione Lilium Onlus, associazione presieduta da Tiziana Maschi, con la preziosa collaborazione di Gian Carlo Dal Molin. Quest’anno, a Villa Durazzo in Santa Margherita Ligure, si è svolta la settima edizione del “Ballo dei Gigli” della Onlus Lilium, che opera principalmente a favore della salvaguardia e del restauro delle opere d’arte “dimenticate” dagli enti preposti. L’importanza della manifestazione e delle sue finalità sono state recentemente riconosciute dal Presidente della Repubblica Italiana, che ha consegnato all’Evento ed al presidente Tiziana Maschi una medaglia al merito. I fondi raccolti quest’anno saranno destinati al restauro di alcuni dei preziosi arredi della Villa stessa. Un’incredibile luna piena, riflessa nel mare di fronte alla Villa, ha illuminato la serata, affollata di ospiti illustri, provenienti da tutto il mondo. S.A.I.R. il Principe Stephan di Montenegro, Namira Salim, console Pakistano nel Principato di Monaco,nonché astronauta, esploratrice dei due Poli, difensore dei diritti delle donne, numerosi esponenti giapponesi del Club Roll Royce e Bentley di Montecarlo col vicepresidente Monsieur Tamienne, Sir Linjie Chou, il duca Antonino d’Este d’Orioles, e, in rappresentanza della famiglia Grimaldi, la contessa Marion Von Leuchtemberg.

LA SETTIMA EDIZIONE DEL “BALLO DEI GIGLI” DELLA ONLUS LILIUM PER IL RESTAURO DEGLI ARREDI DI VILLA DURAZZO

SPLENDE LA LUNA S 24 10 INGENOVA INGENOVA Magazine Magazine

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Eventi

Nella pagina accanto, foto in alto: gruppo internazionale di invitati all’aperitivo in terrazza di Villa Durazzo In basso a destra: l’avv. Donadoni e l’avv. Ortona con la presidente della ONLUS LILIUM organizzatrice dell’Evento la contessa Tiziana Maschi.

In questa pagina, in alto a sinistra: il Duca Antonino d’Este d’Orioles, la Baronessa Donna Loredana Dell’Anno e altri aderenti giapponesi. Sotto a sinistra: il Principe Stephan di Montenegro con la presidente, la contessa Tiziana Maschi e il vicepresidente GianCarlo Dal Molin della Onlus LILIUM. In alto a destra:. il sindaco di Santa Margherita Ligure, l’avv. Paolo Donadoni e l’avv. Francesco Ortona . In basso a destra: S.A.I.R. il Principe Stephan di Montenegro e la marchesa Stefania Vola, con Sir Linjie Chou

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PORTOFINO,

CAPITALE DELL’ARTE

DA SEMPRE PORTOFINO È CAPITALE D’ARTE. LA STORIA DELL’INTUIZIONE DI DANIELE CRIPPA E DEL MUSEO DEL PARCO PARTE DA LONTANO E ARRIVA FINO ALLE NUOVE ESPOSIZIONI-EVENTO, CON LA CRACKING ART DI ANGI E VERONESE E WE=WALL DI DANIELE BASSO di Diana Bacchiaz

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a perla del mondo, come è chiamato il borgo più famoso in assoluto, deve la sua notorietà alla fine anni Cinquanta quando i grandi personaggi internazionali cominciarono a frequentare quel magico teatrino affacciato sul Tirreno. Chi voleva apparire e dare al mondo sue notizie doveva essere presente nella piazzetta di Portofino. Irrinunciabile scendere dai primi grandi velieri privati ed essere fotografati in quella che ormai era la più celebre delle mete; ecco che così i rotocalchi davano l’annuncio della presenza di Liz Taylor con il marito Richard Burton o della visita dei Principi di Monaco: qui la magica Grace Kelly fu consacrata icona di un mondo di sogni. Rex Harrison acquistò una villa sul monte (è il gergo con cui gli habituèes chiamano la collina retrostante il borgo, ove si raggiungono le abitazioni rigorosamente a piedi). Erano i primi passi di una ecologia allora all’attenzione di pochi e molto, molto snob. Il Cristina di Onassis sempre più spesso ancorava in rada, sottolineando che pure il personaggio maggiormente invidiato si inchinava al fascino ormai indiscusso di questa inimitabile perla. Il chiaccheiriccio notturno, discreto ed ovattato era lo status di chi apparteneva a quel mondo. Nacque la parola american bar, la cui regina incontrastata era La Gritta. In quei bassi e scomodi tavolini allungavano le loro flessuose gambe le prime mannequin (altra nuova parola di un vocabolario che si costruiva man mano esempre più internazionale ) ed apparvero, per esserci pure loro, i commendatori del nord. Grandi industriali quali Mondadori, Pirelli, Falck, Camerana, Zucchi ed i costruttori della grande Milano del dopoguerra - Crippa, Bonomi Bolchini, Recchi -. insieme ai Moratti ed ai primi politici che si affacciavano alle pagine dei rotocalchi come Amintore Fanfani, con casa in piazzetta, ne decretarono ed incoronarono definitivamente

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Liguria artistica Portofino nel mito. I luoghi dove si doveva essere erano in inverno Cortina d’Ampezzo o St. Moritz, d’estate Capri, St.Tropez e Portofino. Il Principato di Monaco era solo un luogo per giocatori d’azzardo. Il sole ed il mare di giorno, le cene in villa e poi due chiacchiere in piazzetta. Tutto cominciava ad essere perfetto, ma con il benessere la borghesia aveva scoperto pure che l’esigenza alla cultura non poteva essere solo per eletti. Nacque così, grazie ad un Sindaco imprenditore, Roberto D’Alessandro, la Galleria Civica d’Arte Contemporanea di Portofino con sede nel prestigioso Castello Brown. Un comitato promotore di maggior prestigio era impossibile: era composto da Giulio Carlo Argan, Filiberto Menna, Claudio Martelli, Giorgio Strehler e Pierre Restany, tutti già allora giganti di cultura. La rete era stata tessuta con caparbietà da un giovane imprenditore dell’arte che per questa sua nuova avventura era disposto ad abbandonare una delle prime catene di Gallerie d’Arte commerciali con sedi a Milano, Cortina e Santa Margherita Ligure: Daniele Crippa. Legato a questi magici luoghi fin da piccolo, si dedicò anima e corpo più per affetto e per il gusto alla sfida e nella figura di direttore della neonata istituzione contattò gli artisti più interessanti nel panorama italiano ed internazionale. La Galleria Civica di Portofino inaugurò con una personale di Concetto Pozzati. Ogni esposizione era un evento al quale l’intellighenzia dell’epoca partecipava insieme a quel curioso mondo delle avanguardie culturali, sempre così attento agli eventi di qualità. Oggi quei momenti, quelle scelte così coraggiose, quelle mostre di artisti sì interessanti e di qualità ma spesso non ancora consacrati sono nei libri di storia dell’arte contemporanea per mostrare come la sfida fu vinta. Il cartellone delle esposizioni non sbagliò un colpo. Emilio Vedova, Mimmo Rotella, Vincenzo Agnetti, Claudio Parmiggiani, Mario Schifano, Fernandez Arman, Bernard Venet, Piero Manzoni, Igor Mitoray e tanti altri oggi grandi maestri debbono le loro fortune pure alla attività della Galleria Civica di Portofino. Ogni mostra era un evento che da nazionale si trasformava ben presto in internazionale. Cominciò ad essere tappa obbligata per il mondo dell’arte questo luogo che prima era solo meta della jet society per il ludico. In verità, la Galleria Civica, pur avendo vinto la sfida, era diventata sì un importante fucina culturale, ma una delle tante: come trasformarsi nel numero uno? Impossibile combattere con i giganti storici dell’arte contemporanea, ma il gusto per la sfida continuava ad essere nel sangue di Daniele Crippa. Uno dei più affascinanti giardini al mondo, creato dal Barone Mumm, il quale oltre a dedicarsi allo champagne di famiglia rincorreva il mondo per arricchire di piante esotiche il suo magico mondo, era una collina affacciata sul porto di Portofino: un sogno. Daniele ama raggiungere i sogni: ed ecco nascere in quel luogo il Museo Del Parco - Centro Internazionale di Scultura All’Aperto di Portofino. Altra sfida, questa ben più ardua ma che avrebbe potuto portare ad un sogno ben più grande: essere tra i numeri uno. Forte del proprio prestigio ed ormai della propria storia: i laboratori di scultura, la polvere di marmo, le fonderie ed colore del bronzo incandescente cominciarono ad essere il suo quotidiano. Grandi camion, gru tecnologicamente d’avanguardia (parola per Crippa sempre carica di fascino) cominciarono, per gli habituèe di Portofino, a far parte non di una novità ma di un certo quotidiano. Sculture monumentali trovarono tra le piante esotiche il loro nuovo habitat, tra le grandi palme ed i pitosfori odorosi, flessuosi corpi in bronzo insieme a rigorosi segnali geometrici in acciaio: una moltitudine di importanti ed affascinanti sculture

divennero i nuovi personaggi che con la propria presenza arricchivano ulteriormente di cultura questa perla. Opere di Fontana, Man Ray, dei due fratelli Pomodoro, di Spagnulo, di Munari, Beuys, Kosice, Ferrari, Iommi, Cucchi ed altri centotrenta, fanno oggi del Museo Del Parco – Centro Internazionale di Scultura All’Aperto di Portofino uno dei più importanti spazi culturali di scultura contemporanea del mondo. Intellettuali del calibro di Arturo Schwarz, Lucrezia De Domizio Durini e Jorge Luis Borges - il Museo del Parco si fregia di esssere l’unico museo al mondo che può vantarsi

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uno scheletro, simbolo di offesa al mondo e di morte: la terra non ha più i suoi colori ma solo il nero della morte… ecco cosa l’uomo ha fatto del suo pianeta: la terra fatta di bubboni di silicone è putrescente e pronta ad esplodere. La distruzione è in atto e l’uomo ha operato il suo estremo disastro. Questo è il tema di uno dei più interessanti autori della Cracking Art Group, Veronese, che in questa mostra itinerante si propone ed auspica un nuovo Rinascimento. Sa che ormai i tempi sono quelli delle scelte finali, sta ora all’uomo decidere come si realizzerà il futuro. Forse si è ancora in tempo ma occorre un Risveglio collettivo, un ritorno alla spiritualità; il mondo della materia ci ha solo portato sul baratro. L’opera di Veronese risveglia le coscienze a scelte che coinvolgono il futuro dell’Umanità. Questa estate Portofino ospita due eventi straordinari. Uno con due esponenti a livello internazionale della Cracking Art Group, Marco Veronese e Alex Angi, e l’altro con un giovane artista di Biella, Daniele Basso, giovane che ha già esposto alla Biennale di Venezia. Cristina Grasso Codirettice Marlborough Monaco, con Marco Veronese

di avere il proprio prologo scritto da questo grande- ne decretarono l’incoronazione. Oggi i nuovi protagonisti della movida del borgo - i russi, gli indiani ed i grandi magnati delle materie prime, o i protagonisti del nuovo mondo della tecnologia - quando arrivano a Portofino attraccando con il tender (ormai le grandi barche non possono materialmente entrare in porto a causa delle dimensioni) o scendendo dall’elicottero, prima visitano il Museo del Parco e poi si dedicano a tutto quello che il borgo offre. Portofino ci accoglie in radiose giornate di sole; tra i suoi grandi yacht e velieri ecco apparire a chi attracca il Museo delle Sculture. Padrone di casa il Direttore Daniele Crippa che ci accoglie ad ammirare le nuove opere e i giovani artisti della Cracking Art Group. Il primo incontro avviene con l’opera di Marco Veronese “F…the World”: una mano ridotta a scheletro regge in un gesto inconfondibile e provocatorio il mondo; ormai l’equilibrio si regge su un asse terrestre, un dito medio di

La Cracking Art Group furoreggia da Parigi a Miami a Tel Aviv ed è una corrente nata dal manifesto di giovani artisti nel 1993. La derivazione del termine “Cracking Art Group” è chiaramente inglese: crack = schioccare, scricchiolare, spaccarsi, spezzarsi, incrinarsi, cedere, crollare... “Cracking è il divario dell’uomo contemporaneo, dibattuto tra naturalità originaria e un futuro sempre più artificiale.” “Cracking è il processo che serve a trasformare il petrolio in virgin nafta, base per migliaia di prodotti di sintesi, quali la plastica.” Cracking Art Group è un movimento fondato da Omar Ronda nel 1993. Nel corso dello stesso anno la filosofia del Cracking Art Group Group (Renzo Nucara, Marco Veronese, Alex Angi, Carlo Rizzetti e Kicco) è teorizzata in un manifesto programmatico presentato ufficialmente dallo storico e critico d’arte Tommaso Trini. Per gli artisti appartenenti a questa corrente, “Cracking è quel processo che trasforma il naturale in artificiale, l’organico in sintentico. Un procedimento drammatico, se

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Liguria artistica non è controllato, una scissione che ci mette tutti di fronte a realtà nuove”. Si evidenzia l’intenzione del gruppo di cambiare radicalmente la storia dell’arte attraverso un forte impegno sociale ed ambientale e l’uso rivoluzionario ed innovativo di materie plastiche diverse ed evocative di un rapporto sempre più stretto tra vita naturale e realtà artificiale. Seguono centinaia di mostre Renzo Nucara, Marco Veronese, Alex Angi, Carlo Rizzetti e Kicco, ecco il gruppo. Uno dei simboli è la chiocciola. “Perché delle chiocciole di color fucsia, di grandi dimensioni, a spasso per la città? Perché abbiamo bisogno di giocare con la città per costruirla idealmente, mentalmente, per rompere l’ovvietà del nostro quotidiano urbano e per riscoprire l’esperienza dell’attraversamento urbano, del suo paesaggio. Abbiamo scelto le chiocciole perché rappresentano con il linguaggio dell’arte contemporanea tre metafore: la prima riguarda l’ascolto, per via della “forma” delle chiocciole che ricorda l’orecchio umano; la seconda l’abitare, perché questo simpatico animale si porta con sé la propria casa; il terzo concerne l’attualità tecnologica del segno grafico che rimanda alle comunicazioni in Rete. Infine, il progetto Re-generation di Cracking Art Group Group racchiude un ulteriore importante valore: le chiocciole sono fatte di plastica riciclabile. E questo vuol dire lasciare una traccia artistica sul territorio metropolitano in favore di un approccio all’ambiente eticamente responsabile”. La presidente di Amarte, Serena Mormino, che si occupa del progetto e del “Naturale Rinascimento” di Vercelli, racconta, a proposito di Angi e Veronese: “Due artisti, un unico filone per far soffermare a riflettere sulla profonda necessità di un nuovo Rinascimento. L’Arte e la Cultura assumono la responsabilità di trattare un tema tanto delicato quanto quotidiano: la natura e l’ambiente in cui viviamo. Con chiavi di lettura e concettualità in antitesi, Angi e Veronese obbligano lo spettatore a prendere coscienza ecologica. Secondo Veronese, l’equilibrio della Terra è estremamente precario e, purtroppo, gli avvenimenti e le catastrofi degli ultimi mesi lo dimostrano. L’asse terrestre sta subendo una variazione nella sua inclinazione; i mari sono bui, ricoperti di punti di silicone nero, quasi a sembrare una mina pronta ad esplodere. I continenti sono “anonimi”, tutti espressi con la stessa tonalità cromatica, perché ogni essere vivente sta condividendo la stessa natura. Angi, invece, fa della plastica materia di vita, dandole un nuovo significato, una nuova utilità, segnale di speranza. Le giungle di plastica di Angi si sviluppano nello spazio, esplodendo in esso come un virus; la contaminazione ambientale è fondamentale nella sua Arte. Dove cammina nascono i fiori, perché è rimasto uno dei pochi a difendere la natura e perché ha capito che deve utilizzare le nuove tecnologie per farlo. L’uomo deve e può tornare, anche grazie al progresso della scienza e della chimica, a essere protagonista assoluto della scena, utilizzando materiali e tecniche del suo tempo”. Materie plastiche industriali e scarti della lavorazione seriale compongono le strutture di Alex Angi: nuovi virus che irrompono nel panorama dell’arte contemporanea come un contagio al quale l’uomo non può porre rimedio. La materia è vita, la materia è forma e in Alex Angi è soprattutto speranza. Speranza che le tecnologie di oggi possano salvare l’esistenza umana. La sua materia è poesia, gemme di plastica che fuoriescono dalla crosta terrestre in un tripudio di colori e filamenti contaminando di ottimismo questo Mondo. Angi usa la materia per dare una seconda possibilità all’uomo; fargli capire che deve ritornare ad

A fianco: fondatori di Craking Art Group con al centro in alto MARCO VERONESE ed al centro in basso ALEX ANGI.

essere assoluto protagonista della scena utilizzando materiali Un’opera esposta di Alex Angi “TURBO e tecniche del suo tempo. JUNGLE”. Il Direttore All’uomo non è più permesso di specchiarsi nelle sue opere Daniele Crippa e la di distruzione, deve capire che la strada del baratro è già stata curatrice Serena intrapresa molto tempo fa. Le giungle di plastica di Angi si Mormino sviluppano nello spazio, esplodendo in esso come un virus,

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Sotto: Dalla Battigia.

la contaminazione ambientale è fondamentale in Angi. Dove cammina nascono i fiori, perché è rimasto uno dei pochi a difendere la natura e perché ha capito che deve utilizzare le nuove tecnologie per farlo. Angi è una sorta di scienziato pazzo che sperimenta la materia per un fine molto nobile: riportare l’uomo in sintonia con sé stesso, fargli capire che non può pretendere di prevaricare la natura, perché questa si ribella, si camuffa e si trasforma invadendo il mondo umano attraverso mutazioni genetiche. Diventa docile per entrare nelle case degli uomini per poi esplodere in mille forme e colori creano quindi un corto-circuito, determinante per la sua sopravvivenza. La settimana successiva ecco un altro evento proprio davanti al museo di Portofino. Sul molo appare uno specchio gigante. Daniele Basso approda a Portofino, e all’ingresso del Museo Internazionale del Parco, sul celebre molo, l’opera specchiante “We=Wall” riflette l’orizzonte e fa riflettere sui nuovi e vecchi confini dell’animo umano. In una soirèe speciale, il prestigioso Museo del Parco di Portofino si

è arricchito di una nuova opera d’arte realizzata dal giovane artista/designer Daniele Basso. Nato nella moda con Gianni Versace, laureato in economia in Italia e in USA, tra marketing e comunicazione, nel 2006 fonda lo studio GlocalDesign (think Global, act Local) e dopo aver collaborato con alcuni tra migliori marchi di design del Made in Italy (Versace, Krizia, Zegna, Molteni&C, Lumen Center Italia, Swarovski, Gruppo Fiat…), oggi si avvicina all’Arte quale linguaggio universale per condividere al meglio le proprie riflessioni e stimolarne delle nuove, nell’imprevedibile e ipertrofico villaggio globale che è diventato il mondo. Serena Mormino, curatrice ed artefice della serata, tra i primi a credere nelle potenzialità del lavoro di Basso, lo ritiene “un designer eclettico, dalla profonda concettualità che lo distingue dalla maggior parte dei colleghi. Il suo progetto di tesi è stato esposto al Carrousel du Louvre di Parigi nel 2001 e quest’anno è stato invitato alla 54° Biennale di Venezia. Alla base dei suoi lavori è visibile un percorso logico emozionale proprio dell’Arte. Con l’opera WE=WALL (Acciao Ni/ Cr a specchio e CorTen, 120x80 – h320) entra a far parte della collezione permanente di uno dei Musei di Scultura più prestigiosi al mondo - accanto a grandi nomi quali Pomodoro, Arman, Rotella, Fontana, Mondino, Atchugarry, De Pero, Fiume, per citarne alcuni – esprimendo a pieno la sua vocazione all’Arte, nata tra gli oggetti di design, ma per trovare maggiore consapevolezza del suo cammino artistico di altissimo livello”. “Le storie – ci spiega Basso – hanno un grande potere. Ci aiutano a conquistare simpatia e fiducia, a conoscere il passato e le società, ma soprattutto a riflettere e comprendere il mondo che ci circonda. WE=WALL è una storia che ha inizio con un viaggio a Berlino, virtuale nel 1989, reale nel 2004 ma non ancora concluso. E’ la storia di tutti noi che sappiamo stupirci, commuoverci e indignarci. Un viaggio attraverso i nostri limiti e le nostre paure, nel continuo cambiamento attraverso i nostri limiti e le nostre paure, nel continuo cambiamento che la vita ci impone, tra sogno e realtà, bene e male, giusto e sbagliato”. “Da piccolo - prosegue Basso – immaginavo il mondo attraverso informazioni semplici, come: “a Berlino c’è il Muro!”. Ma

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Daniele Basso alla biennale di VeneziA 2011

Due opere di Daniele Basso : “L’italia Splendente di Swaroswky Ma In Croce”. nel 2004 sono rimasto attonito dalla velocità, determinazione e meticolosità con cui è stato cancellato il passato recente. Nuove architetture ottimiste hanno sgretolato anni di dolore. Allora mi chiedo se dimenticare significhi superare? Come possiamo migliorare, se cancelliamo la memoria? In quest’opera ho fatto mio il profilo del muro, metafora di ogni confine, trasformandolo in specchio che ci cattura fino a diventare attori protagonisti costretti a dialogare con la propria coscienza. Un confine invisibile ma concreto, in cui noi diventiamo il limite di noi stessi, riflettendo su pregiudizi, regole e convinzioni che erigono continui muri attorno a noi: appunto muri di specchi! Confini oltre i quali ci sono i nostri sogni e la libertà! Perché l’umanità siamo noi: il muro siamo noi. Poi mi giro e vedo un altro muro nascere…”

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Per ricordarlo al meglio, Gianni Carbone, patron dello storico ristorante Manuelina di Recco, ha istituito nel 2012 un premio annuale dedicato a U Professu Giovanni Rebora, ideato nell’occasione di un pranzo nel suo ristorante, con l’incontro di Federico Rebora (figlio del compianto Giovanni) con gli amici Gloria (figlia di Gianni) e Paolo suo marito. Un riconoscimento di un testo sulla civiltà della tavola che si avvicini alla “maniera di pensare” di Rebora, in linea con il “pensiero storico-gastronomico” della famiglia Carbone. Archiviate le prime due edizioni, questa del 2014, ha un motivo internazionale. Come da regolamento, il Premio Rebora è composto da tre Sezioni: Autori, Giovani ricercatori e Alla Carriera. Per la sezione Autori il premio è andato all’inglese John Dickie con l’opera “Con gusto. Storia degli italiani a tavola” (Laterza Editori). Uno studio sulla gastronomia e sugli italiani a tavola, toccando regione per regione. Una fedele realtà vista da un cronista del gusto. «Dagli studi di Giovanni Rebora - dice Dickie - ho ricavato l’essenza del mio libro. Da li la scoperta dell’origini dei “mangiari”. La cucina italiana nasce nelle città e non nelle campagne. Quella raffinata è nata nelle classi dominanti e consumata

ALLA “MANUELINA” RICORDANDO REBORA PROFESSU GIOVANNI REBORA. FRA I VINCITORI JOHN DICKIE CON IL SUO «CON GUSTO. STORIA DEGLI ITALIANI A TAVOLA» di Virgilio Pronzati

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hi ha conosciuto u Professu Giovanni Rebora ne ricorda l’enorme conoscenza, la schiettezza, la simpatia e la semplicità. Per anni fu professore di Storia economica e di Storia agraria medievale e direttore del dipartimento di Storia moderna e contemporanea dell’Università di Genova. Per i suoi allievi è stato quasi un padre. Brillante relatore sulla storia dell’alimentazione in numerosi convegni, seminari e manifestazioni tenutisi in tutta Europa, nonché autore di numerose e fondamentali opere - saggi e libri - di storia della gastronomia. Benché fosse considerato nel settore tra i maggiori esperti di livello internazionale, spesso si rendeva disponibile anche per eventi minori o più modesti. Mancò all’affetto dei suoi cari e degli amici il 22 ottobre 2007.

nelle famiglie abbienti. Senza la conoscenza del cuoco e degli attrezzi, la quasi totalità dei piatti non sarebbero nati. Ma ancor più interessanti sono i personaggi che hanno creato i piatti, chi li ha mangiati e chi ne ha parlato e scritto». Il premio dedicato ai Giovani ricercatori (da sempre nelle attenzioni e nel cuore di Rebora), è stato assegnato ad Alice Montarotti con l’opera “Analisi dell’alimentazione tradizionale contadina e delle pratiche della medicina popolare della metà del secolo scorso a San Salvatore Monferrato, in raffronto alla letteratura scientifica medica e nutrizionale contemporanea” (Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo). Per il premio alla Carriera, l’ambito riconoscimento è stato assegnato al professor Giovanni Ballarini: attuale presidente dell’Accademia Italiana della

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Cucina, già professore dell’Università di Parma, nonché illustre membro di commissioni scientifiche italiane ed europee. Tra le sue importanti ricerche, quelle sulla sicurezza e della qualità alimentare, sugli aspetti antropologici dell’alimentazione umana, in particolare nella società, nell’economia e nella salute. Temi di cui ha realizzato quasi trecento pubblicazioni e oltre trenta libri. Per la cerimonia di proclamazione e premiazione dei vincitori, tenutasi lo scorso 12 maggio, la sede non poteva che essere il Ristorante “Manuelina”. Per l’occasione Gianni Carbone ha fatto come sempre le cose al meglio, nel corso di un’esclusiva e golosa serata con circa 200 eletti invitati e golosità ispirate al premio e preparati da tre grandi chef: lo stellato Filippo Chiappini Dattilo dell’Antica Osteria del Teatro di Piacenza, Luisa e Franco Casella della Locanda dei Beccaria di Montù Beccaria e Marco Pernati del “Manuelina” con tutta la sua brigata. Ecco il menu: Benvenuto col Franciacorta Brut Villa Crespia Numero Zero sposato a irrinunciabili leccornie (ricciola marinata, salumi pregiati e tante altre) preparate e servite dai selezionati fornitori del Manuelina. la Trota della Val d’Aveto con asparagi piacentini all’orientale, la Focaccia di Recco col formaggio. Di seguito: Hamburgher mediterraneo di ricciola con melanzane e finto ketchup abbinato al Lumassina Acerbina 2013 di Terre Rosse, Risotto con pasta di salame, fagioli e Barbera del Professore accompagnato col Barbera d’Asti Il Professore 2012 di Franco Roero. Dulcis in fundo con Budino cacao e prescinseua con composta allo Sciacchetrà e biscotto alle arachidi. La serata, dopo gli applauditi interventi di Federico Rebora, Paolo Povero e Paolo Lingua, è stata siglata dalla premiazione del patron del Manuelina: Giovanni Ballarini ha consegnato a Gianni Carbone la medaglia dell’Accademia Italiana della Cucina, per l’appassionata e professionale valorizzazione della cucina italiana e delle sue tradizioni. Significativo il patrocinio all’evento di Regione Liguria, Comune di Recco e della Camera di Commercio di Genova. Mentre per la collaborazione: Selecta, Villa Crespia, Franco Roero e Vladimiro Galluzzo.

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ITALIA E ARGENTINA, LEGAME INDISSOLUBILE

Ing. Giovanni Buschiazzo: Palazzo di Antonio Devoto all’angolo di via Cujo a San Martin in Buenos Ayres

TANTI ITALIANI HANNO CONTRIBUITO A RENDERE GRANDE LA REPUBBLICA SUDAMERICANA CHE QUEST’ANNO FESTEGGIA IL SUO BICENTENARIO

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uanto di Bianco, Rosso e Verde vi è nella Bandiera Argentina? Ricorre quest’anno il bicentenario della nascita della Repubblica Argentina e subito vengono alla mente le numerose manifestazioni che le varie comunità italiane tennero cento anni fa in tutta la nazione sia per ringraziare il paese ospite, sia per sottolineare l’indispensabile contributo che il lavoro italiano ha portato alla creazione della nazione stessa. “La folla muta, indistinta dei contadini analfabeti, dei braccianti rozzi e dei saltimbanchi, ludibrio del nome italiano all’estero, sta trasformandosi in un esercito disciplinato, il quale muove compatto sotto la guida di capitani e di generali alla conquista di un continente”. Così scriveva Luigi Einaudi dei propri connazionali che, costretti dalla fame e da un futuro senza storia, avevano con immenso coraggio affrontato dall’altra parte del mondo l’ignoto, in cerca di sicurezza per sé stessi e per propri figli.

Fu Giovanni Caboto, un cittadino veneziano, nel 1526 a scoprire il Rio della Plata e sul fiume Paranà fondò il primo nucleo fortificato della regione, lo “Spirito Santo”; poi scoprì il Paraguay e le immense acque del fiume Uruguay. Di fatto, con lui, iniziò il periodo della migrazione italiana in Argentina. La maggior parte dei marinai che per primi toccarono queste terre erano genovesi o veneziani. Dopo il saccheggio di Roma la corona di Spagna inviò Pietro di Mendoza nel 1534 alla conquista di quei territori che diventeranno di poi l’Argentina, con il denaro tolto agli italiani e con al seguito molti nostri marinai; un augurio? Secoli dopo, queste ricchezze torneranno moltiplicate in Italia. Da quel momento si intensificò in maniera impressionante il numero di spedizioni, di navi e di uomini verso il Nuovo Mondo. Tra le persone che parteciparono alla seconda fondazione di Buenos Aires (la prima terminò tragicamente) ci furono molti italiani tra i quali Domenico Gribeo, Geronimo Miranda, Bernabeo Veneziano, Edoardo Mader, Luigi Venezia, Pietro Franco e Sebastiano Bello. Nel 1601 un nostro connazionale, Francesco de Vitoria, chiese alle autorità preposte il permesso di aprire una scuola che mancava in città per insegnare a scrivere e leggere. L’elenco si fa fitto di cognomi italiani, uomini pronti all’avventura, alla sfida con un mondo sconosciuto per migliorare se stessi e gli altri: non dobbiamo dimenticare il lavoro fatto dai Gesuiti in queste terre ed i cui appartenenti italiani nella Compagnia di Gesù erano spesso i più numerosi. Nel censimento del 1744 degli abitanti presenti ed inscritti ufficialmente nel Municipio di Buenos Aires vi erano 105 Spagnoli, 4 Francesi e 10 Italiani. Nel 1759 arrivò a Buenos Aires dalla Liguria Domenico Belgrano Peri, nativo di Oneglia; ebbe fortuna ed oltre ad accumulare grandi ricchezze fece sì che il cognome Belgrano fosse legato indissolubilmente alla creazione della nazione argentina. Nel 1805 il Vicerè del Rio della Plata, il marchese di Sobremonte, incaricò l’ingegnere italiano Eustachio Giannini di progettare la costruzione del porto di Buenos Aires. Il numero dei nostri connazionali medici, uomini di scienza, ingegneri, giornalisti, intellettuali

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Liguria artistica e contadini presenti sul territorio aumenterà sempre più. La rivoluzione del maggio 1810, che portò all’indipendenza argentina contro la corona di Spagna, ebbe tra i maggiori protagonisti Emanuele Alberti, Agostino Donato, Antonio Luigi Berruti, Emanuele Belgrano e Giovan Giuseppe Castelli; di quest’ultimo il generale Mitre (altro padre della nazione) disse che “condensò con la sua parola decisiva il grande dibattito, definendo la situazione, stabilendo la formula della rivoluzione di maggio della quale Castelli fu l’eloquente ispiratore”. Nata la nuova nazione, l’Argentina, un fiume in piena inondò quelle terre, immense distese pronte per essere lavorate dal sudore della fronte di immigrati disposti a qualsiasi sacrificio pur di migliorare ed avere un futuro: tra il 1875 ed il 1908 le maggiori migrazioni furono la francese, l’italiana, l’austriaca, la russa, l’inglese e la siriaca. Gli italiani erano il sessantacinque percento di questa moltitudine di uomini che si accingeva ad affrontare una nuova vita. Il nuovo governo, in maniera illuminata, fece di tutto perfino pagare i comandanti dei vascelli sui quali vi era una migrazione “colta” per deviare in Argentina medici, ingegneri, avvocati e scienziati che partivano dall’Italia per andare in America. Cent’anni dopo il governo americano studiò il metodo che gli argentini avevano adottato nei confronti di quella indispensabile forza lavoro che giungeva nelle loro terre. L’Hotel des Emigrantes era il centro di accoglienza, situato all’imboccatura del porto di Buenos Aires, ove i nuovi arrivati venivano ospitati per tre giorni, visitati e vestiti se necessario e, dopo aver scoperto le capacità lavorative di ciascun individuo, gli si trovava un lavoro ed il viaggio era pagato fino al luogo di destinazione. I padri chiamarono i figli, i fratelli i fratelli e gli amici per venire a dedicarsi a lavorare una terra che più generosa sarebbe impossibile. Ecco che i poveri di un continente diventano i ricchi di un altro continente. Interessante è lo scoprire che mentre nazioni allora più opulente della nostra quali l’Inghilterra, la Francia, il Belgio e la Germania esportarono capitali: sterline, marenghi e marchi. Noi inviammo mano d’opera. Nel tempo i capitali rientrano in patria mentre gli italiani producono denaro che per la maggior parte si trasformano in maggiore benessere per tutta la giovane nazione; questi emigranti hanno saputo convertire in attiva una ricchezza passiva che l’Argentina possedeva. Le compagnie arricchiscono i loro azionisti e la fortuna individuale dei capitalisti e delle nazioni ai quali appartengono, mentre la fortuna italiana non emigra, nel maggiore dei casi essa serve ad aumentare il benessere nazionale: è capitale che lasciano in quella terra che in maniera tanto ospitale li ha accolti. L’abnegazione del colono italiano ha dissodato milioni di ettari e reso fruttifera una terra abbandonata a sé stessa da sempre, l’ha popolata e resa sicura. A Mendoza e Cordoba ecco i vigneti dei piemontesi, mentre a Santa Fè, Entre Rios e nella Pampa da immense distese infruttifere il lavoro dei lombardi e dei genovesi ha portato in quarant’anni da una produzione quasi nulla a 1.770.000 tonnellate di cereali che via ferrovia e di poi in nave resero agli inizi del secolo scorso l’Argentina uno dei paesi economicamente più forti internazionalmente. La grande capacità latina di adattarsi ai luoghi in cui si vive ha portato l’emigrante italiano ad essere il più stimato e rispettato ed ad influenzare maggiormente la cucina autoctona ed ad far amare la propria cultura: la letteratura, la musica e le arti divennero le più richieste tra le straniere. Il Tango, ora dichiarata musica patrimonio dell’umanità, è nato nel quartiere genovese della Boca a Buenos Aires ove i nostri lavoratori, costretti dalla mancanza femminile, ballavano tra

uomini. L’abnegazione e lo spirito di sacrificio premiarono questi coraggiosi. Il presidente Sarmiento ammise che “Tra gli stranieri residenti, sono gli italiani quelli che si assimilano alla popolazione nativa, hanno somministrato alla Repubblica ammiragli, commodori, capitani di navi, capi ed ufficiali di terra”. Una società ibrida che indossava la giacca da sartoria e contemporaneamente gli stivaloni di cuoio. La Nacion, il maggiore quotidiano argentino, scriveva “Chi risale il Paranà se vede lontano fumare una casupola di colono e sente il rumore dell’ascia che interrompe gli echi silenziosi dei boschi può essere sicuro con la certezza di non sbagliare, otto volte su dieci, che colà vive un italiano”. 28 gennaio 1905. La collettività italiana, che non si sente colonia, partecipa in tutte le branche della società, la difende attivamente dai nemici sia naturali che politici, ne rispetta le leggi e ne diventa parte integrante, pur mantenendo la propria identità culturale. Nel 1860 possedeva già diciassette comunità filantropiche, scuole, teatri ed un ottimo ospedale. Negli anni migliaia in tutta la nazione furono le società di mutua assistenza, di cultura e centri di aggregazione e sportivi create dai nostri connazionali. La squadra di calcio con più tifosi al mondo, il Boca di Buenos Aires, qui viene chiamata il Club de los Xeineses e cioè dei genovesi. Nascono i ristoranti italiani, le farmacie italiane, i teatri italiani, gli hotel (dai nomi a noi familiari: il Ligure, il Lombardo, la Venezia, da Firenze), gli ospedali italiani, ma la legge dice: sono argentini tutti i nati nel territorio argentino. Gli italiani si abituano a mangiare il ghiso e l’asado e a bere il mate ( un tè di erbe della pampa ), gli argentini scoprirono i maccheroni, il pesto, il risotto, la polenta ed impararono a bere il barbera, il chianti ed il marsala. Ecco una nuova e vitale linfa per la giovane nazione. I censimenti scoprono che le donne italiane sono le più prolifiche e l’Argentina si popola di sangue latino. Le Società sorgono a centinaia in questo immenso territorio grande come l’Europa diventando centri di aggregazione, forza economica e culturale insieme. Le Legioni Italiane, una organizzazione militare, supportarono la nascita, la creazione e la difesa della neonata nazione. Tra i molti eroi ricordiamo Silvino Olivieri, Giseppe Pagliani, Carlo Landini ed Edoardo Clerici, di poi molti di questi cognomi fondarono quelle che divennero città: Nuova Roma, Nuova Torino, Rafaela, Rosario, Esperanza e molte, molte altre. La nostra collettività insistette per la suddivisione della proprietà, allora enormi estensioni in mano allo Stato,

Ing. Francersco Tamburini: corpo centrale della casa del Governo sulla piazza Vittoria

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Mimmo Palladini Roma Buenos Ayres 2007

Corto Maltese

progetto che divenne la fortuna di questa nazione, in quanto creò migliaia di piccoli proprietari terrieri che diedero un impulso straordinario all’agricoltura ed all’allevamento: motori storici dell’economia argentina. Le Cantine Tomba e Giol divennero ben presto le più grandi ed importanti ed i loro vini famosi anche in Europa. Sono italiani i proprietari di segherie, distillerie, fabbriche di acciaio, miniere e cementifici: sono protagonisti benvoluti ed amati. I fratelli Dufour di Sampierdarena esportano in Italia 24.000 tonnellate annue di legno per le traversine delle nostre ferrovie ed i prodotti di questa fantastica terra varcano gli oceani su navi costruite da liguri nell’altro capo del mondo. Sempre più frequenti sono i nostri cognomi sul territorio: i Canessa, i Podestà, i Grondona, i Coda: nascono le famiglie dei milioni. I grandi ricchi si incarnano in quel Antonino Devoto che nel 1854 da Lavagna giunge a Buenos Aires per diventare l’uomo più ricco del Sud America, creano un grande mercato interno ed un utilissimo mercato per la nostra economia. I Florio, i Gancia, l’Ansaldo e moltissime nostre aziende scoprono un nuovo ed ricchissimo mercato per i loro prodotti. Ancor oggi il liquore più bevuto sul

territorio è il Fernet Branca. Non vi è ramo di attività argentine in cui non vi fosse una presenza di italianità. Nasce il Banco de Italia e del Rio de La Plata che in breve tempo divenne il maggiore istituto bancario. A Chiavari il Banco Ghio mosse capitali enormi per più di un secolo dall’Argentina in Italia, distribuendo benessere. Sorgono in Chiavari ed a Rapallo ville uguali a quelle possedute dalle stesse famiglie in Argentina ed a Santa Margherita Ligure troneggia Villa Argentina di proprietà di quei Roccatagliata che vivono al di là del mare. Nel 1877 si inaugurò l’Ospedale Italiano, ancor oggi uno dei più prestigiosi del paese: tra i nomi dei generosi donatori spiccano cognomi ben italiani, Boschi, Bossi, Canale, Corti, De Marchi, Galli, Lavarello, Molfino, Oneto, Piaggio, Rocca, Roccatagliata, fino a Sivori. Nel 1884 un nuovo importante passo: la Camera Italiana di Commercio ed Arti, un nuovo grande motore sia per il mercato interno che internazionale, mentre il 17 marzo 1870 si inaugurò il monumento a Giuseppe Mazzini. Lo sviluppo economico e la richiesta di mano d’opera divennero così forti che nacquero le “golondrinas”, agricoltori che a migliaia partivano in inverno dall’Italia per raggiungere le pampas argentine, ove era primavera, raccogliere il grano. Così, grazie a tre mesi di dure fatiche, si potevano permettere una vita dignitosa nel proprio paese. Un grande aiuto per una nazione che in quel momento soffriva di un enorme mancanza di lavoro. Grazie a questa enorme movimento di uomini la nostra cultura divenne sempre più protagonista al di là del mare. Il Congresso Argentino ha dichiarato un grazie: il 3 Giugno sarà per sempre “il Giorno dell’Italia”.Buenos Aires è la nona città d’Italia per numero di residenti italiani. La cultura italiana divenne talmente presente per la formazione di questa nuova nazione da esserne alla fine una parte indispensabile.Spesso si sente ripetere un vecchio proverbio che dice: dove vi è un uccello in cielo vi è un italiano in terra. La casa editrice Vallardi aprì ai primi del novecento a Buenos Aires una succursale. La massima espressione teatrale allora era una fusione di festa e di tragicomico misto ad una tristezza che sfociava nel grottesco. I drammaturghi si ispiravano ad una realtà di un paese in divenire guardano al di là del mare; erano tutti figli di europei, cioè argentini di prima generazione. I loro cognomi erano Discepolo, Guglielmini. Defilipis: tutti autori che di poi intrecciarono rapporti di amicizia con Pirandello, il quale venne a Buenos Aires nel 1927 e nel 1933. Il giornale La Prensa dedicò ampio spazio nel 1938 alla morte di Gabriele D’Annunzio. Dal dopoguerra le librerie argentine cominciarono a riempire i propri scaffali di libri di autori italiani fino ad allora praticamente sconosciuti come Pratolini, Moravia, Malaparte, Pavese, Ungaretti, Pasolini, Silone, Levi, Calvino e Guareschi, tradotti in spagnolo conquistando così una grande parte di affezionati lettori, mentre i giovani sognavano con De Amicis e Salgari. La Dante Alighieri, una scuola di italiano e di italianità, ha formato e forma ancora oggi intere generazioni di argentini. I primi pittori che descrissero le immensità della pampa o le fatiche od il modo di vivere nel nuovo mondo furono emigranti: Pellegrini, Giudici, Sivori, Farina. Il loro bagaglio culturale, la formazioni ed il loro modo di leggere gli avvenimenti visti era totalmente europeo. Alfredo Lazzari fondò il movimento pittorico argentino i cui discepoli, che divennero poi i grandi maestri del loro paese, si chiamavano Castagnino, Splimbergo, Berni, Pettoruti, Soldi, Cogorno. L’arte astratta, a dimostrazione di un filo indissolubile che lega ancora i due mondi, ha espresso artisti come Del Prete, Iommi, Ferrari e Fontana.

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Liguria artistica Fin dai primordi la lirica è tutta italiana: padre Antonio Picasarri fondò nel 1822 la scuola di musica e canto e la prima opera fu nel 1827 il “Barbiere di Siviglia” di Rossini che solo nove anni prima aveva debuttato a Roma. E di poi a valanga “l’Otello”, “Cenerentola”,”L’Italiana in Algeri”,”Tancredi”. Le opere poco dopo la loro presentazione in Europa venivano subito offerte al pubblico argentino. Il più grande teatro lirico al mondo, il Colon, fu progettato da due architetti italiani, Francesco Tamburini e Vittorio Meano, e costruito dal veneziano Francesco Saverio Pellizzari, e qui nel “Mefistofele” la voce di Enrico Caruso risuonò magnifica. La nostra musica di allora è tuttora imperante, il neorealismo italiano al cinema era il più amato tra le pellicole internazionali non solo tra gli intellettuali ma, più importante, da tutta la borghesia argentina. Uno dei maggiori scrittori del secolo appena trascorso, l’argentino Jorge Luis Borges ha sempre dichiarato la propria formazione ed il suo amore per la cultura italiana, in un suo mirabile scritto nell’omaggiare l’Italia afferma essere Dante Alighieri “il primo poeta del mondo”. Hugo Pratt il creatore di “Corto Maltese” nel 1950 si trasferì in Argentina influenzando tutto il mondo dei comics locali dirigendo la rivista”Misterix”. Anche oggi molti italiani che visitano l’Argentina ne rimangono affascinati. Per Vittorio Gassman “Sono personaggi di Dostoievskij. Qui ognuno vive pienamente la propria follia. Borges sarebbe potuto esistere solo in questo luogo. Passano dall’euforia alla depressione in un secondo. Oggi si sentono i re del mondo e domani, gli insetti peggiori, Sono personaggi di Dosoievskij: folli, per essere chiari. Ogni tanto devo viaggiare in Argentina e fermarmi per alcuni giorni. E’ un bagno di follia e di anormalità che mi è indispensabile per sentirmi vivo”. Il riconoscimento culturale della nostra historia fu l’importante decisione partita nel 1965 e poco dopo ratificata nella XX assemblea delle Nazioni Unite in cui si dichiarò la nascita dell’Istituto Italo Latino Americano, una specie di piccola Nazione Unita delle repubbliche latinoamericane e l’Italia. Un riconoscimento maggiore sulla provenienza di queste nazioni sarebbe impossibile. Il nostro consolato svolge un lavoro cardine per i nostri connazionali, in realtà un supporto veramente indispensabile. Negli ultimi anni si sono fatti passi, numeri alla mano, da gigante. Il Console Giancarlo Curcio al suo arrivo nel dicembre 2006 accelera, inserendo importanti innovazioni, un consistente miglioramento alla macchina burocratica. Molto importante è stato in questi ultimi anni il grande impegno svolto a risolvere l’annoso problema della richiesta della cittadinanza italiana grazie ad un avo italiano. La maggiore soddisfazione della sua gestione il Console la avrà il 17 aprile quando in occasione di uno spettacolo che si terrà al Coliseum,il grande ed affascinante teatro degli italiani a Buenos Aires, presentato da Luca Barbareschi, si festeggerà il fatto di aver raggiunto lo scopo prefissato; sono state esaurite tutte le convocazioni atte alla richiesta della cittadinanza italiana pervenute. Un grande lavoro di immagine e con una più che importante realtà: oggi Buenos Aires è tra le prime dieci città d’Italia per numero di residenti,è una delle grandi nostre città. Poiché si è dimostrato, nelle ultime due legislazioni quanto sia stato importante il voto degli italiani all’estero ed in un caso, proprio il candidato eletto argentino, decisivo per la sopravvivenza di una coalizione del nostro parlamento, ci si rende conto quanto sia importante il voto dei residenti italiani in Argentina. Sono un grande ago di bilancia con ben più di trecentomila potenziali preferenze. Purtroppo questo potenziale e questo affetto incondizionato per l’Italia, è necessario dirlo, è

Borges riceve la Laurea Honoris Causa all’Università di Roma

trascurato da una parte politica italiana. Poche sono le vere ottime manifestazioni culturali che si propongono in Argentina, spesso sono pacchetti preconfezionati che sanno più di un marketing politico che di obbiettiva e sana cultura. Anni fa all’aeroporto mi è capitato di assistere all’imbarco di un incaricato della Regione Lombardia che aveva ricevuto in affidamento, per un evento organizzato a Milano, la Bandiera di Luciano Manara, emblema delle cinque giornate milanesi di rivolta contro il giogo austriaco, che viaggiava prestata dai discendenti proprietari e nostri connazionali di Buenos Aires. Un folto gruppo di persone vociava, salutava, aveva al collo la bandiera bianco, rosso e verde, piangeva e si raccomandava “Riportateci presto la nostra Bandiera: è per noi il simbolo,il vero rapporto con la nostra italianità”. Buenos Aires, 1 Marzo 2010

Sepolcro della famiglia Coda. Costruttori Montanari e Giuducu

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GIORGIO MOISO:

ESPLOSIONE DI ENERGIA E COLORE IN MOVIMENTO UNO DEI MAGGIORI ARTISTI ITALIANI CONQUISTA LA CINA E LA COREA CON UN’ESPLOSIONE E FANTASMAGORIA DI COLORI

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iorgio Moiso, piemontese trapiantato a Savona, conquista anche l’estremo Oriente con la sua esplosione di colori e con un informale estremamente dinamico: non sono opere ferme ma vere forme in movimento. È bravissimo nelle sue performance, in cui l’artista è in contatto con l’opera attraverso il corpo, in una sorta di lotta amorevole con l’opera stessa. Lui stesso afferma che Pollock è sempre di lato all’opera, mentre lui

entra col corpo dentro l’opera. Oltre ai cimenti pittorici in parallelo ha studiato musica: è infatti un valido jazzista e con la sua band si esibisce, come batterista, durante molte sue performance. La sua pittura è quella di un giovanissimo che trasmette energia all’ambiente, un folletto che dalla natura di un bosco entra sulla scena dell’arte con pennellate vigorose ed intense, gioiosamente materiche. Con uno scatenato e scanzonato senso dell’umorismo, gioca e si

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In questa pagina, diverte con l’arte, in una continua performance che è la sua nella foto vita. Artista completo, vola dalla musica alla pittura, alla al centro, Giorgio ceramica, all’ideazione creativa e senza fine. La sua pratica Moiso immerso nel operativa nasce da un originale mix fra musica e pittura: colore. questa capacità di trasformare una jam session jazzistica in Nelle altre foto una “jam session pittorica” denota in modo singolarmente possiamo ammirare i originale la sua affermazione d’artista. meravigliosi “Tuffi di Colore” .

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Nella foto accanto un articolare de “L’Appeso dei Tarocchi”.

Qui sotto lo studio dell’artista.

Qui sopra: L’Imperatore

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Dei grandi pannelli di ceramica, di suggestiva bellezza, iniziano il suo percorso negli arcani maggiori dei Tarocchi, che svuotati dal loro ancestrale significato simbolico acquistano in Moiso la dimensione da lui voluta di superba opera d’arte, specie nei pannelli dell’”Appeso”. Queste violente esplosioni materiche sono però dense di un importante cromatismo estetico. Ad Ellera, villaggio d’arte nei pressi di Albisola, troneggia su un muro uno stupenda ceramica di Moiso di grande dimensione,150x260, che rivela in pieno la sua grande capacità artistica, documentando la carriera di questo che è stato definito“pittore in preda al colore”.

L’artista con la tavola “Spazialità in Viola”

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CHI È GIORGIO MOISO Giorgio Moiso nasce a Cairo Montenotte (Savona) il 13 febbraio 1942. Muove i primi passi nel mondo dell’arte grazie al pittore Carlo Leone Gallo (1875-1960) dal quale apprende le tecniche della pittura. Parallelamente, sotto la guida di Gino Bocchino, jazzman savonese, inizia lo studio della musica come batterista. Nel 1968 si diploma presso il Liceo Artistico “Arturo Martini” di Savona. In quegli anni ha avuto modo di conoscere e di far proprio lo straordinario clima di apertura avanguardista degli artisti internazionali che frequentavano negli anni ‘60 Albissola Marina (Wilfred Lam, Asger Jorn, Lucio Fontana, Giuseppe Capogrossi, Piero Manzoni, Sergio Dangelo, Agenore Fabbri, Mario Rossello). Nel 1972 viene invitato da Mario De Micheli alla mostra “Il tema dell’uomo” nel Museo della Ceramica di Albissola Marina. Sempre nello stesso anno ad Albissola apre lo studio situato nella celebre piazzetta di Pozzo Garitta accanto all’atelier che fu di Lucio Fontana. Nel 1975 è invitato alla X Quadriennale di Roma, dove presenta due opere di grandi dimensioni dedicate al tema che gli è più caro in quegli anni: l’albero. Nel 1976 prende studio a Milano dove lavora per alcuni anni. Nel 1988 incontra a Venezia Mimmo Rotella, Pierre Restany e Arnaldo Pomodoro. Nel 1998 la passione per il jazz lo porta ad una svolta decisiva nel suo lavoro: far dialogare la musica con il gesto, il segno, il colore. Il richiamo alle geniali sperimentazioni degli anni Cinquanta e dei primi anni Sessanta - il gruppo giapponese Gutai, Mathieu, Fluxus - con l’aggiunta della matrice jazz danno vita a una miscela del tutto personale: la Live Performance Painting. Negli ultimi anni Moiso tende a privilegiare l’aspetto spettacolare della sua opera dando vita a delle live performance di successo, tra le quali ricordiamo quelle al Castello di Rivara, allo Spazio Mazzotta a Milano e alla Pinacoteca di Savona. La sua pratica operativa nasce da un originale mix fra musica e pittura e si ispira a una stagione creativa ormai quasi mitica, ma si precisa e cresce in termini di notevole attualità. È proprio questo felice connubio fra musica e pittura, questa capacità di trasformare una jam session jazzistica in una “jam session pittorica”, a caratterizzare in modo singolarmente originale la sua affermazione come artista. Nel 2009 realizza lo splendido “album” ‘Round midnight’, nel quale, attraverso 43 opere, mette in relazione i coevi movimenti artistici, bebop-pittura d’azione, cool jazz-minimalismo o cool art, free jazz-arte concettuale. Nel 2010 il più ambito riconoscimento per Moiso, l’Asian Museum of Art di Daejeon (Korea ) gli allestisce una grande mostra personale comprensiva di 11 sale espositive, “ Cosmography” sarà il titolo della mostra, della performance e del catalogo . Nel 2011, la RADO lo invita a Instanbul all’Esma Sultan Palace, dove realizza in performance un grande dipinto di 2 per 3m., su una superficie in plexiglass. Viene invitato inoltre alla 54° Biennale di Venezia Padiglione Italia-Torino. Nel 2012, la sua personale al Palazzo Ducale di Genova all’interno della rassegna “Come Quando Fuori Piove”.

Nella foto in alto a sinistra: spazialità in grigio. Al centro pagina: Moiso col grande pannello dei Tarocchi: L’Appeso

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Sotto il mare

Dall’archivio storico di “In Genova Magazine”

Foto di Renato Bertoldo, 1° classificato nel Trofeo Madonna del Mare. Nella pagina accanto foto di Massimo Bordino, 2° classificato.

I CONCORSI FOTOSUB DI ZOAGLI ALLA XV EDIZIONE

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a prima edizione dei Trofei Fotosub promossi dal Comitato Madonnina del Mare si svolse nel 1997 con il supporto organizzativo di Gianni Risso e dal 2004 anche di www.apneaworld. In quindici anni hanno partecipato ai concorsi centinaia di fotografi di oltre dieci nazioni con oltre 5000 foto. Molti nomi illustri, compresi diversi campioni italiani, hanno presentato delle loro opere e le foto più premiate a Zoagli sono state ingrandite ed esposte in varie sedi di prestigio in Italia e all’estero. Quest’anno al Trofeo Comune di Zoagli hanno partecipato 50 fotografi e al Trofeo Madonnina del Mare, alla XV edi-

zione, dodici concorrenti, ciascuno con tre ottime immagini che sono state valutate e apprezzate dalla giuria: Rita Nichel (Sindaco di Zoagli), Sandro Galli (Presidente Comitato Madonnina del Mare Zoagli), Antono Pizzo (The European Dive In Center) e Gianni Risso (Fotografo sub e giornalista). Le foto premiate sono state esposte per tre giornate nella splendida Torretta Saracena e nella palestra, assieme alla bellissima mostra personale di Marianne Hastianatte, la nota scultrice e pittrice che aveva nel realizzato nel 1985 la statua della Madonna del Mare di Zoagli. Ecco un breve commento dell’artista di fronte alle foto più belle di Renato Bertoldo

I CONCORSI DI FOTOGRAFIA SUBACQUEA DI QUEST’ANNO HANNO CONFERMATO CHE ZOAGLI È DIVENTATA CON PIENO MERITO LA CAPITALE DELLA SPECIALITÀ PIÙ NOBILE FRA QUELLE PRATICATE DAI SUBACQUEI 37 INGENOVA Magazine

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acclamate da giuria e pubblico quelle di Pierluigi Scalfo di Marina di Massa, la rara immagine di gorgonie, spirografi e uova di gattuccio di Michele Calabrese, lo splendido Anthias (Castagnola rossa) di Linda Bonini, la rarissima istantanea di un Pesce San Pietro vicino a uno spirografo catturata da Massimo Corradi del Club Sub Bogliasco - Seatram e un sub a tu per tu con una grande aragosta scattata da Rino Sgorbani. Fra i tanti motivi di soddisfazione per Zoagli quest’anno si è aggiunto il prestigioso riconoscimento del Forum Italiano dei Giovani di “Meraviglia Italiana” alla Festa della Madonna del Mare prima per la Liguria. La validità dei concorsi di Zoagli è stata sancita anche dall’autorevole rivista Subaqva che ha pubblicato una copertina e un portfolio di ben dieci pagine a colori per l’edizione 2010 aggiudicandosi così il premio per il “Miglior servizio giornalistico” per il 2010. Merita ricordare anche chi ha signorilmente contribuito al monte premi: Comune di Zoagli, Consigliere Regionale

(Club Sub Bogliasco Seatram) e Massimo Bordino (Club I migliori Sub Sestri Levante), rispettivamente primo e secondo classifotosub del 2011 ficato. “Dovete rammentare sempre che l’arte rivela ai cuori quello che nessuna scienza può rivelare alle menti. Sono grata a voi, agli organizzatori e a Gianni Risso per quello che viene fatto ogni anno a Zoagli in onore della mia Madonna, grazie per le vostre foto bellissime!” Quest’anno, in particolare la premiazione ricchissima di attrezzature e gadget è stata nobilitata dalla presenza sul palco del Ministro della Difesa Ignazio La Russa e del Senatore Luigi Grillo che hanno premiato i due vincitori e sono stati premiati a loro volta dagli organizzatori. Fra gli altri illustri intervenuti: Franco Rocca Consigliere regionale, il Sindaco di Zoagli Rita Nichel, il Presidente del Comitato Madonnina del mare Sandro Galli, il Direttore dell’AMP di Portofino Giorgio Fanciulli, Gianluca Genoni primatista mondiale di apnea profonda. Sorprendente e assai gradevole anche la conduzione delle cerimonia della premiazione da parte del noto presentatore Marco Gotelli. Ma i concorrenti di Zoagli sono gratificati anche dall’importanza che viene data alla fotografia subacquea dalla locale amministrazione comunale guidata da Rita Nichel e dall’accoglienza loro riservata dalla Il gruppo del popolazione che collabora pienamente alla manifestazione Club Sub Bogliasco seatram alla fiaccolata, che è veramente unica nel suo genere in quanto si inserisce il prima fila Renato perfettamente nei festeggiamenti che comprendono: Santa Bertoldo Messa, processione, fiaccolata e spettacolo pirotecnico. Fra le foto a tema ambiente del Mar Tirreno sono state più

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Sotto il mare Franco Rocca, Cressisub, Mares, Sun Line, Sitohd, Editrice La Mandragora, Banco di Chiavari, EV Laser, Nautica Discount, Italsub, Corderia Nazionale di Genova, Aquasub, Grand Hotel Bristol, Hotel Zoagli, Cenobio dei Dogi, Seterie Cordani, Bagni Silvano, Pietra di Luna, Maresport Rapallo, Marianne Hastianatte, FA & MI, www.apneaworld.com. FIPSAS, European Dive In Center.

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Antenna blu. La Liguria da guardare.

Antenna Blu Television s.c.r.l. Sede legale Via Antonio Negro 13/10 16154 - Genova Tel. 0106045594 - Fax. 0106509024 Studio di registrazione Via Giardini Rodari 6a Tel. 0106509232 antennablutelevision@virgilio.it info@antennablu.it paolo.cavanna@alice.it PubblicitĂ e Marketing 0108592291

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