Ottobre-Novembre 2014 ANNO 12 - N° 4 - Ottobre/Novembre 2014 - Magazine di cultura, informazione e tempo libero - Poste Italiane - Spedizione in abbon. postale - D.l. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 N°46) art.1 comma 1 D.C.B. - GENOVA - nr. 594 anno 2006
INGENOVA Magazine
OTTOBRE-NOVEMBRE 2014 - E 3,00
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SALONE NAUTICO
Da Eataly al giorno in più, tutte le novità del Salone
GENOVA
Shopping in centro storico tra modernità e tradizione
RUFFO CASELLI Dal microchip alla spiritualità
CASALEAT
Tutto pronto per l’evento enogastronomico a Casale Monferrato
GIOVANNI ORIGONE
MONICA GUERRITORE «Canto le passioni e i sogni di tutte le donne»
Sulla tela le colline del Gavi tra Morandi e Cezanne
MOSTRA DI VENEZIA Le forti emozioni del cinema d’autore
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tel. 010 3773514 info@capurroricevimenti.it simona.chiavaccini@capurroricevimenti.it
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La copertina
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Esclusiva, per tutti. A GENOVA, RICEVIMENTI SI DICE CAPURRO.
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Sommario Ottobre/novembre 2014
Direttore Responsabile Gabriele Lepri Direttore Editoriale Giordano Rodda Editore RR Editori - Via Caffaro 7/2 16124 Genova - Tel. 0108592291 Marketing Giulio Conchin lupo_190@libero.it - +393486523094 Anna Maria Solari amsori@libero.it - +393486502550 Progetto Grafico RR Editori
4/ Monica Guerritore: «Canto le passioni ed i sogni di tutte le donne»
Il 4 novembre al Politeama Genovese “Mentre rubavo la vita” assieme a Giovanni Nuti: commosso omaggio alla poetessa Alda Merini
8/ Ruffo Caselli
dal microchip alla spiritualità
L’esistenzialismo cibernetico dell’artista ovadese, precursore dei grandi temi, dall’uomo robot al ritorno alla ricerca interiore
12/ Portofino impazzita per Claudio
Servizi Fotografici Giulio Bardelli, Marcello Rapallino, Gianni Risso Hanno collaborato: Diego Anelli, Diana Bacchiaz, Silvia Barbagelata, Matteo Ceschina, Leo Cotugno, Gaby De Martini, Pamela Guarna, Dario G. Martini, Daniela Masella, Niccolò Metti, Anna Proverbio, Marcello Rapallino, Mauro Ricchetti, Virgilio Pronzati, Gianni e Iskandar Risso, Anna Maria Solari, Matteo Sicios Stampa Grafiche Vecchi Srl Viale Kennedy 27 28021 Borgomanero (No) Internet rreditori@gmail.com Distribuzione Potete trovare InGenova e Liguria Magazine nelle edicole della provincia di Genova e nelle edicole più importanti di S. Terenzio, Lerici, Zoagli, S. Michele di Pagana, Portofino, Bogliasco, Arenzano, Cogoleto, Varigotti, Finalborgo, Laigueglia, Cervo, S. Bartolomeo al Mare, Diano Marina, Imperia, Pieve di Teco, S. Lorenzo al Mare, Taggia e inoltre nelle edicole di La Spezia (Piazza Caduti della Libertà, Piazza Verdi, Via del Prione, Piazza Garibaldi, Via Garibaldi, Piazza Cavour), Sarzana (Via Gramsci), Chiavari (Piazza Mazzini, Corso Dante, Piazza Nostra Signora dell’Orto), Rapallo (Piazza delle Nazioni, Via S. Anna), Santa Margherita (Piazza Vittorio Veneto, Via Bottaro), Camogli (Via al Porto), Recco (Via Serreto), Varazze (Corso Matteotti, Piazza Dante), Celle (Via Colla), Albisola Superiore (Corso Mazzini), Albissola Marina (Via Billiati), Savona (Piazza Giulio II, Via Paleocapa, Piazza Mameli, Piazza Diaz), Vado Ligure (Via Aurelia), Spotorno (Via Garibaldi), Noli (Piazza Morando), Finale Ligure (Piazza Vittorio Emanuele II), Pietra Ligure (Via Matteotti), Loano (Via Aurelia), Borghetto S. Spirito (Corso Europa), Albenga (Piazza del Popolo), Alassio (Stazione FS, Via Garibaldi), Andora (Via Aurelia), Arma di Taggia (Via Blengina, Via S. Francesco), Sanremo (Piazza Colombo, Porto, Piazza Eroi Sanremesi, Corso Imperatrice, Corso Matuzia), Ventimiglia (Via della Repubblica), Ospedaletti (Corso Regina Margherita), Bordighera (Piazza Eroi della Libertà, Via Vittorio Emanuele, Piazza del Popolo), Lavagna (Piazza Cordeviola), Cavi di Lavagna (Piazza Sauro), Sestri Levante (Piazza Repubblica), Riva Trigoso (Via della Libertà) Registrato c/o il Tribunale di Genova il 18/11/2002 - N° 23/02
58/ Gian Piero Alloisio e Giorgio Gaber amici per musica
Teatri pieni per “Il mio amico Giorgio Gaber”. Lo spettacolo di due strettissimi collaboratori di Gaber è un evento musicale e teatrale da non perdere
60/ I giovani conquistano il Tigullio: Carlo Bagnasco sindaco di Rapallo
Pozzani e Giovanni Ricciardi
Puntano a un nuovo “brand Tigullio” i giovani sindaci delle tre perle del Golfo
14/ Verso CasalEat: tante adesioni
La storia di un ordine cavalleresco di grande prestigio e dall’affascinante passato. Il Delegato della città è il Prof. Paolo Erasmo Mangiante
Il poeta e il violoncellista hanno dato vita a un’apprezzatissima kermesse nel Museo internazionale all’aperto delle sculture di Daniele Crippa
Grafica e impaginazione Barbara Macellari
50/ Spazio tempo: Siena 2014
Il Palio di Siena non è soltanto uno straordinario tuffo nel passato, ma anche l’historia nei musei delle contrade e l’eccellenza artistica dietro i Palii
e qualche anticipazione
A fine novembre la fiera-evento per tutta l’enogastronomia del Monferrato
18/ Salone Nautico: tra vela e gusto
Gli appassionati di nautica hanno un ulteriore motivo per visitare il Salone: il meglio della cantieristica e dell’enogastronomia italiane si incontrano
26/ Genova, shopping tra passato e futuro
Genova: paesaggio che sembra talvolta intatto, imponente, glorioso e marmoreo ma al tempo stesso desideroso dell’ imprevisto,
34/ Giovanni Origone
dipinge le colline del Gavi
Le opere del pittore genovese in mostra a Voltaggio e poi alla galleria «Il Punto» del capoluogo ligure
38/ Venezia, il premio è d’autore
Apparentemente non facili ma densi di sorprese i vincitori del Leone d’Oro e del Leone d’Argento alla kermesse veneziana
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/ Barack Obama e il presunto declino americano
Michele Marsonet parla del Presidente USA, della sua politica estera e del futuro degli Stati Uniti
62/ I Cavalieri Mauriziani a Genova
66/ Internazionale ma made in Italy: ecco il 54° Salone Nautico
La più grande kermesse nautica italiana continua sulla strada della riorganizzazione
84/ Murisengo, in scena sua maestà il tartufo
La 47° Edizione della Fiera Nazionale del Tartufo Bianco “Trifola d’Or” in programma domenica 16 e domenica 23 novembre nella “Terra del Tartufo”
90/ Calizzano, il ventennale del re porcino
Il 12 ottobre la manifestazione “Funghinpiazza” taglia il prestigioso traguardo alla presenza di innumerevoli espositori
118/ Disco Club, cinquant’anni ad alta fedeltà
Giancarlo Balduzzi, titolare del più famoso negozio di dischi di Genova, racconta in un libro la varia umanità di generazioni di appassionati
124/ Massimo Corradi, bis di vittorie a Zoagli
Il savonese vince il Trofeo Comune di Zoagli e il Trofeo Mares. A Paolo Battiato il Trofeo Madonnina del Mare
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In copertina: Monica Guerritore (foto di Marinetta Saglio)
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MONICA GUERRITORE: «CANTO LE PASSIONI ED I SOGNI DI TUTTE LE DONNE»
di Leo Cotugno
IL 4 NOVEMBRE AL POLITEAMA GENOVESE “MENTRE RUBAVO LA VITA” ASSIEME A GIOVANNI NUTI: COMMOSSO OMAGGIO ALLA POETESSA ALDA MERINI
C’
è uno sguardo ricco di lungimiranza e decisione, in Monica Guerritore. La grande attrice romana, dopo le innumerevoli esperienze cinematografiche e televisive, ha scelto da tempo un percorso artistico ancor più affascinante ed enormemente più impegnativo, quello del teatro. Lo ha fatto con la determinazione che da anni contraddistingue uno dei personaggi femminili più apprezzati dello spettacolo italiano, ma anche con semplicità non comune e la forza di volontà per ricominciare, dopo i terribili momenti trascorsi a lottare contro una malattia subdola che sembrava averla vinta alla distanza. MAI CEDERE ALL’INDIFFERENZA – Come si superano queste prove all’apparenza insormontabili?
Foto di Marinetta Saglio.
«Con la forza dell’amore – sottolinea la Guerritore – e opponendo un rifiuto categorico al vero male dei giorni nostri, l’indifferenza. Nessuna persona deve mai cedere al richiamo brutale della noncuranza, dell’insensibilità morale e materiale, dell’egocentrismo di massa». Uno spettacolo dal titolo emblematico, “Mentre rubavo la vita”, omaggio all’indimenticata poetessa Alda Merini di cui Giovanni Nuti, che affiancherà Monica Guerritore il prossimo 4 novembre sul palcoscenico del Politeama Genovese ed è stato compagno inseparabile di arte per ben sedici anni. «Parlare di Alda e di quanta energia abbia saputo sprigionare nel proprio essere e comporre è un vero onore per me. Nessuna donna, riprendendo il tema dell’indifferenza, resta impassibile davanti alla forza, all’energia libera, sensuale e colorata, vitale e propositiva della Merini» osserva la stessa Guerritore, che subito dopo sottolinea: «La musica di Giovanni Nuti rende travolgenti i suoi testi, io stessa ne rimango stupita. Al pubblico piacerà enormemente, ballerà, riderà e piangerà assieme a noi». ARTISTA ECLETTICA – Monica Guerritore ha affrontato questo nuovo lavoro, il secondo che la vedrà protagonista nelle vesti di cantante dopo lo straordinario successo di “End of the Rainbow” dedicato a Judy Garland nello scorso anno, con “intensità e carattere”. Lo stesso Giovanni Nuti non ha finito mai di ammetterlo, dopo la standing ovation tributata al duo lo scorso 10 agosto nella data del Festival La Versiliana di Marina di Pietrasanta. «Solo un’artista eclettica e sensibile come Monica può trasmettere a pieno l’intensità, l’ironia, il carattere, lo struggimento e la magica follia di una personalità immensa come quella di Alda Merini. Sentirla cantare per la prima volta i suoi versi sulle mie note è stato emozionante». In certo qual modo il “colpo di fulmine” artistico tra Monica Guerritore e Giovanni Nuti è iniziato proprio da quando l’attrice interpretava la Garland al Teatro Sistina di Roma. «Ho sentito due volte cantare Monica e per me è stata una folgorazione» attacca Nuti. Guerritore che spiega: «La collaborazione è nata dopochè è successo tutto molto all’improvviso, era destino che ci dovessimo incontrare». EMOZIONI IN MUSICA – “Mentre rubavo la vita” non è soltanto un omaggio artistico, ma un viaggio nei sogni e nelle passioni delle donne, che entrambi i protagonisti, in tournee già da quasi quattro mesi – prima data ufficiale lo scorso 9 luglio al Teatro Trianon di Napoli – non mancano di rivelarci in ogni sfumatura. «Proporremo uno spettacolo di circa 20 canzoni, ci saranno momenti di intensa emozione ma anche altri di estrema pazzia, insomma: sarà una serata indimenticabile e travolgente». Da non perdere le due intensissime interpretazioni della Guerritore ad inizio della seconda parte di spettacolo: “Quanto grande è il sapere del mare” e “Quelle come me” che Giovanni Nuti ha composto appositamente per Monica. «La Guerritore non smette mai di entusiasmarmi, comunica continua gioia e positività. Come tutti i grandi artisti, dentro è rimasta una bambina, non smette mai di meravigliarsi né di divertirsi, inoltre è talmente spirituale e carnale da ricordarmi Alda».
Foto di Sonia Rito
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L’intervista MONICA, ICONA DELLA SENSUALITA’ E POLIVALENTE DELLO SPETTACOLO
Foto di Sonia Ritondale
IL RICORDO DI ALDA MERINI – Cantare in poesia, recitare cantando. Un doppio mandato artistico che ha a supporto un contributo artistico immenso, quello di Alda Merini. Chiediamo a Monica Guerritore: musica e poesia costituiscono un binomio indissolubile, eppure al giorno d’oggi lei e Giovanni siete tra i pochi a proporre spettacoli di questo tipo… «Io credo semplicemente che la poesia sia cibo per l’anima – conclude l’attrice. – E proprio in questo momento storico i ragazzi hanno bisogno di nutrirsi di emozioni: i poeti sono per loro dei punti di riferimento. Alda Merini diceva sempre: “Una volta che sarò morta, dei poeti in Italia non se ne ricorderà più nessuno”, riferendosi ovviamente al grande Mario Luzi». Giovanni Nuti aggiunge: «Ribattevo ad Alda che non sarebbe stato così, ed infatti mi rendo conto che da quando non c’è più sono moltissimi i giovani che si sono avvicinati alle sue poesie e di conseguenza alla mia musica». La Guerritore e Nuti saranno accompagnati sul palcoscenico da una band di sei elementi composta da Stefano Cisotto, direzione musicale e tastiere; Massimo Ciaccio al basso, Daniele Ferretti al pianoforte, Massimo Germini alla chitarra, Sergio Pescara alla batteria, Simone Rossetti Bazzaro al violino. La parte musicale è arricchita da drammaturgia e testi di Monica Guerritore e da proiezioni video di Lucilla Mininno e Mimma Nocelli, che cura anche la regia. Lo spettacolo è nato da un’idea di Rossella Martini ed è prodotto da Sagapò Music e Tieffe Teatro.
Nata a Roma nel 1958, Monica Guerritore è una donna di carisma già in giovanissima età, quando esordisce nel cinema impegnato a soli diciassette anni ne “Il giardino dei ciliegi”, per la regia del grande Giorgio Strehler; ma ad appena 13 anni di età era già avvenuto il debutto dell’attrice romana di origine campano-calabrese: una piccola apparizione in “Una breve vacanza”, diretto dall’indimenticabile Vittorio De Sica. LA TRASPOSIZIONE AL RUOLO SCABROSO – Dopo una significativa interpretazione della passionale Elena in “Zio Vanya”, adattamento al romanzo dello Foto di Sonia Ritondale scrittore russo Anton Pavlovic Cechov, la Guerritore si lega artisticamente e sentimentalmente a Gabriele Lavia: la recita ne “I masnadieri” di Schiller è il prologo agli inizi della carriera teatrale e cinematografica, dove, sia nella prima che nella seconda saranno i ruoli femminili a farla da padrone. Ricordiamo Ofelia, Lady Macbeth e Giocasta, oltre alla Signorina Giulia sul palcoscenico. Sul grande schermo la sua sensualissima figura coincide con i ruoli scabrosi: di volta in volta è la nobildonna alla ricerca della felicità carnale perfetta in “Scandalosa Gilda” (1985); Vittoria, killer perdutamente innamorato sotto le spoglie di una prostituta di alto bordo in “Sensi” (1986), la procace aristocratica Valeria ne “La Venexiana” (1987) al fianco di Laura Antonelli, e l’enigmatica Patrizia nel film omonimo, “Fotografando Patrizia” (1988), nel quale viene affrontato
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ancora il tema del complesso di Edipo. Il sodalizio con Gabriele Lavia porta al successo solo nel 1997: è “La Lupa”, interpretato strepitosamente assieme ad un giovane Raul Bova, a fare della Guerritore l’indiscussa icona della femminilità italiana. L’attrice ed il regista però sono al termine di un rapporto sentimentale molto controverso e burrascoso che si risolverà con la separazione quattro anni più tardi. L’INCONTRO CON INGMAR BERGMAN – Monica Guerritore abbandona la via del cinema per scegliere con decisione il teatro. Nel 2001 ricopre il ruolo di Marianne in “Scene da un matrimonio” per la regia di Ingmar Bergman. «Una personalità magnetica, un vero perfezionista nel campo» ha sempre ammesso con fermezza. Nello stesso anno incontra Giancarlo Sepe ed è con lui in spettacoli di teatro-danza quali “Madame Bovary”, “Carmen” e “La Signora delle Camelie”. Parallelamente florida è anche la sua attività di attrice televisiva. Dal 1997, anno che la vede tornare sul piccolo schermo per sua decisione, è Costanza per la regia di Pierluigi Calderoni ed interprete struggente ne “L’amore oltre la vita”, datato 1999 ed ancora prodotto da Calderoni. Nel marzo 2004 la Guerritore ricopre il ruolo di Ambra in “Amanti e segreti” e due anni più tardi quello di Ada Sereni nel film “Exodus”, in due puntate. Tra le sue più applaudite
performances sul piccolo schermo il ruolo della madre di uno dei ragazzi uccisi nel film documentario sulla tragedia della Thyssen-Krupp, “La fabbrica dei tedeschi”. IL TEATRO – Ma è nel teatro che Monica Guerritore trova la sua via, anche come interprete, regista e drammaturga di spettacoli di grandissimo successo. Ricordiamo “Giovanna d’Arco” nel 2011 e “Dall’Inferno all’infinito”, lavoro per il quale le viene conferito il Premio Moriconi (25 febbraio 2011) come protagonista della scena. L’importante riconoscimento è stato assegnato all’artista per la sua forte personalità interpretativa e la passionalità dei suoi personaggi teatrali e cinematografici. Tra i suoi successi più grandi anche “Mi chiedete di parlare”, un testo su Oriana Fallaci da lei scritto ed interpretato che ha conquistato nel luglio 2011 il Festival di Spoleto. Nel febbraio 2013 la sua prima esperienza da cantante dal vivo con il musical “End of the Rainbow” di Peter Quilter per la regia di Juan Diego Puerta Lopez ed incentrata sulla figura della celebre Judy Garland.
Foto di Sonia Ritondale
Foto di Marinetta Saglio
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Il Consulente Museale
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n comune di poco più di duecento abitanti, un territorio montano, un paese posto in mezzo alla Val Trebbia, ancora in provincia di Genova. Ci sono quattro musei, una mostra permanente, uno spazio di ritrovo per i giovani messo a disposizione dal comune, monumenti al di qua ed al di là del fiume, racconti, storie, memorie e voglia di raccontarle a chi passa di lì. Io ci sono “capitato” e, in mezzo al verde dei boschi, ho trovato tutto questo. Un luogo armonico dove le vie del borgo ti conducono senza fatica a conoscere il Santuario di Nostra Signora di Montebruno, un edificio del XV secolo. Un fiore all’occhiello è il Museo di Cultura Contadina, uno dei più grandi e ricchi che abbia mai visitato, con collezioni di oggetti legati alla vita
agricola, artigianale e la ricostruzione di numerosi ambienti della casa contadina. Nel Santuario c’è anche il Museo del Sacro che custodisce oggetti legati al culto. Negli ambienti del Comune si trova il Museo della Legatoria, tra i pezzi esposti una taglierina e un tagliacartone Krause Leipzig della fine del XIX secolo, un tagliacarte, un mobile anni Trenta dove venivano custoditi i fogli di lavorazione. A completare le esposizioni il Museo “Orto della Parola”, dedicato alla poesia ed alla canzone d’autore e la mostra sul viaggio in mongolfiera di Sophie Blanchard, prima donna aeronauta che atterrò proprio a Montebruno il 15 agosto del 1811. L’invito è quindi quello di percorrere la strada statale 45 che da Genova raggiunge Piacenza e fermarsi in quest’oasi di belle cose da vedere e da sentire. I racconti, le storie e le memorie di un paese che vuole raccontarle perchè non siano dimenticate, ma amate da più persone possibili, vi aspettano a Montebruno, il paese-museo. Per informazioni: info@matteosicios.com
TRA LE MOSTRE ANCHE QUELLA DEDICATA A SOPHIE BLANCHARD, PRIMA DONNA AERONAUTA CHE ATTERRÒ IN MONGOLFIERA NEL BORGO DELLA VAL TREBBIA IL 15 AGOSTO DEL 1811
IL PAESE-MUSEO: MONTEBRUNO
di Matteo Sicios 7 INGENOVA Magazine
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RUFFO CASELLI DAL MICROCHIP ALLA SPIRITUALITA’ di Diana Bacchiaz
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uffo Caselli, il pittore ovadese considerato fondatore e caposaldo del cosiddetto Esistenzialismo Cibernetico, da anni dipinge robot fatti di microchip in ossequio alla sua visione di un’umanità che sembra comandata da programmi.
«Fin da piccolo – spiega lo stesso Caselli – mi insegnarono che Leonardo aveva previsto terremoti e sollevamenti della terra. Mi sono (lo dico con il dovuto rispetto) identificato con il suo pensiero al punto di voler continuare silenziosamente la sua opera. Qualcuno ha forse pensato che fossi matto. Ogni mia tela e’ un’”invenzione”, se vogliamo, naturalmente nel mondo dei sogni nel quale un artista si muove a suo agio: un’invenzione per migliorare qualcosa, ma soprattutto un programma mentale da assegnare ad un “robot”». Ruffo Caselli vive e lavora a Ovada, in provincia di Alessandria. Negli ultimi anni la sua pittura ha riscosso grandi successi anche oltreoceano ed è stata apprezzata come testimone di una nuova estetica: recentemente, negli Stati Uniti, è stata oggetto di dibattiti e conferenze in prestigiose scuole d’arte a cui hanno partecipato esponenti dell’arte e della cibernetica. Dice di Ruffo lo scultore Edmond Qushku di New York, studioso dell’Esistenzialismo Cibernetico: «Ruffo è il profeta della cibernetica. Nella sua pittura possiamo vedere il codice del ventunesimo secolo espresso in linguaggio tecnologico. Sulle sue tele, i temi della cibernetica vengono presentati con immagini e metafore che sintetizzano un cammino che va dall’antico Egitto fino al futuro». Cinquant’anni fa Ruffo aveva iniziato a dipingere uomini-macchina, robot somiglianti agli uomini, ponendosi molte domande, le stesse che il matematico americano Norman Wiener, fondatore della cibernetica, si era posto negli anni cinquanta. Weiner diceva: «Le macchine imitano il comportamento umano». Esattamente alla stessa conclusione era arrivato, in arte, Ruffo Caselli. Cibernetica, dal
L’ESISTENZIALISMO CIBERNETICO DELL’ARTISTA OVADESE, PRECURSORE DEI GRANDI TEMI, DALL’UOMO ROBOT AL RITORNO ALLA RICERCA INTERIORE 8 INGENOVA Magazine
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Liguria artistica
greco kybernetes, significa letteralmente arte del timoniere. È un ramo sviluppatosi nella scienza pura ed applicata che studia la trasmissione dei segnali di comando e di controllo nei circuiti elettrici, nei sistemi meccanici e anche negli stimoli degli animali. «Nei nostri giorni – dice Ruffo – assistiamo ad uno scambio sempre più veloce di informazioni, di idee e di pensieri. La tecnologia, nell’ultimo mezzo secolo, ha rivoluzionato la maniera di relazionarci: la relazione uomo-macchina è cambiata; la stessa relazione uomo-uomo è cambiata. Le macchine assomigliano sempre più a noi; vengono costruite a nostra immagine e somiglianza e noi assomigliamo sempre più a loro. Siamo mutanti. Allo sviluppo tecnologico non corrisponde un equivalente sviluppo spirituale. Gli umani, come le macchine, non sono capaci di atti di generosità o di altruismo, ecco perché dipingo spesso microchip angolosi all’interno delle mie figure dal cuore di silicio».
Sono proprio quelle figure eleganti, frutto di amare conNella pagina accanto siderazioni e geniali intuizioni che sono state capite e ap“Un muro divide prezzate dalla società cibernetica, un gruppo formato da ogni uomo”. matematici, scienziati, intellettuali e collezionisti d’arte che Qui sopra “L’uomo hanno presentato le opere di Ruffo Caselli a vari prestigiosi è solo”. simposi in America. Ne discutono ai convegni e su internet: la associazione per lo studio della Cibenetica propone nel sito www.cyberneticexistentialism.com una carrellata delle opere più significative dell’artista di Ovada. Ruffo Caselli è stato protagonista di mostre in tutto il mondo nei suoi ottant’anni di vita: da New York a Buenos Aires, solo successi. Due sue grandi tele sono entrate a far parte della “collezione permanente” del National Arts Club, il più importante e prestigioso club d’arte di New York. Le opere, una commemorazione dell’11 settembre 2001, erano state esposte ad una mostra dedicata ai poliziotti e La tela affianca ai vigili del fuoco della si intitola “11 settembre”.
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“Uomo senz’anima”
“Influnze cosmiche”
Grande Mela e messe all’asta di beneficenza, assieme ad altri dipinti di noti artisti contemporanei americani. Le tele di Caselli hanno riscosso vasti consensi da parte di un pubblico raffinato, composto dai più importanti galleristi ed esperti d’arte in America e sono state acquistate dal presidente del National Arts Club, Aldon James, figura di spicco nel mondo dell’arte. Il National Arts Club, la cui missione è quella di “Educare, stimolare e promuovere l’interesse per l’arte”, è stato fondato nel 1898 da Charles de Key, critico d’arte del New York Times, ospita importanti rassegne d’arte contemporanea, pittura, scultura, fotografia.Fra i soci del Club presidenti degli Stati Uniti, critici d’arte, intellettuali, artisti famosi, collezionisti d’arte internazionale. Nel 1976 il Governo Federale americano ha dichiarato la sede del National Arts Club, 15 Gramercy Park South, Edificio Storico Nazionale. Dice di Caselli il gallerista Lennox Rennie: «Ruffo Caselli è un artista assolutamente originale. È sempre stato fedele alla sua intuizione degli anni ’50: i microchip, silenziosi e sempre più piccoli, sono in ogni aspetto della nostra vita» Ma la sua grandezza Caselli la raggiunge in alcuni spettacolari “Cristi”, frutto di interiorizzazione sul cammino dell’uomo che riscopre il bisogno di trascendenza e di grande spiritualità, travalicando l’uomo robot senza anima, e nel ritrovamento finale della centralità ed equilibrio finale. Visitare il suo studio nel centro storico di Ovada è un evento emozionante e toccante, che in molti dovrebbero fare. Non ha prezzo dialogare con questo stupendo anziano, che dopo una vita di grandi successi negli USA, in Argentina, in Corea, rimane a vivere nella tranquilla provincia dell’Alto monferrato, dopo aver visitato la crudeltà dell’uomo nel terrorismo dell’11 settembre 2011.
Qui sotto la tela intitolata: “Ognuno è solo”
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Liguria artistica In questo scatto vediamo l’artista accanto ad uno dei suoi celebri crocefissi. Questo è intitolato “Spiritualità” .
Con il dipinto: “Uomo nella civiltà industrializzta”.
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PORTOFINO IMPAZZITA
CLAUDIO POZZANI E GIOVANNI RICCIARDI PER
di Diana Bacchiaz foto di Fabrizio Repetto e Diana Bacchiaz
IL POETA E IL VIOLONCELLISTA HANNO DATO VITA A UN’APPREZZATISSIMA KERMESSE NEL MUSEO INTERNAZIONALE ALL’APERTO DELLE SCULTURE DI DANIELE CRIPPA
eventi in Francia, Belgio, Giappone, Germania, Finlandia. Nel 2009 ha vinto il premio del Ministero dei Beni e Attività Culturali per la migliore manifestazione di poesia in Italia (Festival Internazionale di Poesia di Genova) e il Premio Catullo nel 2012 per la sua opera di diffusione della poesia in Italia e all’estero.Nel 2014 ha ricevuto il “Genovino” da parte del Comune di Genova per le sue attività culturali.Per le
Qui sopra Claudio Pozzani e Giovanni Ricciardi durante la kermesse. A fianco in basso, il sindaco di Portofino Giorgio D’Alia. Sopra: l’architetto Bruna Amirfiz e Franco Sumberaz
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ell’incanto del Museo internazionale all’aperto delle sculture di Daniele Crippa, il bel mondo si è ritrovato per un evento d’eccezione, la chiusura del 20° anno del Festival internazionale della Poesia diretto da Claudio Pozzani, con poesie inedite e l’accompagnamento del violoncello di Giovanni Ricciardi. La giornata di splendido sole ed un eccellente rinfresco offerto dal Marchese di Tagliolo Luca Pinelli Gentile hanno rallegrato questo incontro della mondanità internazionale. Intellettuali, poeti, musicisti, giornalisti, architetti pittori, industriali, tutti presenti a questa kermesse tra poesia e musica presentata dalla presidente di Liguria Cultura, la giornalista Diana Bacchiaz. Claudio Pozzani, poeta e romanziere (tradotto e pubblicato in oltre 10 lingue) nato a Genova nel 1961, ha creato e organizzato, oltre al Festival Internazionale di Poesia di Genova, la Stanza della Poesia di Palazzo Ducale, e numerosi
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Liguria poesia Il celebre pittore Franco Sumberaz, Daniele Crippa e Diana Bacchiaz. A fianco la scrittrice e poetessa Barbara Garassino.
Cristina Grasso famosa critica d’arte e gallerista con Cristina Crippa. sue attività culturali e le sue performance artistiche, il grande poeta e drammaturgo Fernando Arrabal lo ha definito “maestro dell’invisibile, aizzatore di sogni, ladro di fuoco: il suo cuore danza nell’alcova festante. Giovanni Ricciardi suona dall’età di sei anni e si è diplomato al Conservatorio Niccolò Paganini della sua città natale. La carriera solistica lo ha portato a suonare con prestigiose orchestre sinfoniche in molti teatri di tutto il mondo, fra cui quelli di Berlino, alle Canarie, a Madrid, a San Paolo e Campinas in Brasile, in Russia, Spagna, Portogallo e Bolivia. Ha inciso diversi CD su un repertorio molto vasto che va da Bach a Vivaldi, Pergolesi, Debussy, Fauré, Schumann, Brahms. La forza dei versi di Claudio Pozzani, la sua splendida recitazione e la sua voce inconfondibile, sono state ben sottolinate dalle vibrazioni del violoncello, con brani inediti di Ricciardi, sonate di Bach e Shostakovich. L’esuberante giovane sindaco di Portofino, Giorgio d’Alia, ha partecipato all’evento con la sua ben nota simpatia e allegria.
Giovanni Ricciardi con la console di Gran Bretagna, l’avvocato Denise Dardani.
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VERSO CASALEAT:
TANTE ADESIONI E QUALCHE ANTICIPAZIONE A FINE NOVEMBRE LA FIERA-EVENTO PER TUTTA L’ENOGASTRONOMIA DEL MONFERRATO
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asaleat non è andato in vacanza: la preparazione di quello che si preannuncia come il più grande evento enogastronomico del territorio è continuata a pieno regime per tutto agosto. Dopo la presentazione ufficiale avvenuta l’8 luglio al Castello di Casale, il quadro degli espositori e delle attività che animeranno il Palafiere di Casale il 22, 23 e 24 novembre (ma con apertura anticipata, vista la richiesta, alle 14 del 21) si sta componendo con un massiccio numero di adesioni sia per quanto riguarda le tante eccellenze nazionali sia per il panorama dei produttori Monferrini ai quali sarà destinata un’area specifica all’interno della fiera. Proprio l’interesse di tante realtà del Monferrato (le prime adesioni sono arrivate dal mondo del vino, dei panificatori, ma anche da associazioni, ospitalità alberghiera, ristoratori) è fonte di interesse e di idee da parte degli organizzatori. «Abbiamo trovato in Casale e nel territorio del Monferrato una cittadinanza attiva, ricca di idee e molto ansiosa di aprirsi al pubblico» spiega Giorgio Lippi, ai vertici dell’organiz-
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Food & Wine zazione di Casaleat. «Certamente il riconoscimento Unesco ha contribuito a “dare la carica” a chi si occupa di turismo, ma c’è anche una base di produttori, commercianti, operatori che sembra davvero ansiosa di avere un’occasione importante per valorizzare questo territorio. Un entusiasmo che sembra anche venire dalla nuova amministrazione di Casale Monferrato nella quale abbiamo trovato un fattivo spirito di collaborazione. L’impressione è che abbiamo offerto all’orgoglio monferrino un punto focale in cui aggregarsi. Davvero un buon auspicio per il successo della manifestazione che ci permette in questi giorni di pianificare anche il fitto calendario degli eventi che sono parte integrante della manifestazione». La passione caratterizza anche l’immagine simbolo della campagna pubblicitaria. «Stiamo preparando un evento dove protagonista sarà la passione di chi espone» continua Lippi. «A chi è un innamorato del proprio prodotto tanto da condividere ogni singolo dettaglio, offriamo la possibilità di dimostrarlo. Il gusto dei prodotti offerti frutto delle capacità e dell’esperienza di grandi interpreti diventa lo spettacolo del cibo: Show-cooking, WorkShop, Eventi speciali, Abbinamenti, Degustazioni, Dibattiti, Incontri, Presentazioni di libri,Magazine, Prodotti e lanci di nuove linee». Nel dettaglio qualche sorpresa per il pubblico si può già anticipare. “Avremmo ospiti diversi chef di fama, aree tematiche del gusto, degustazioni di ogni tipo, una serie viaggi guidati tra i sapori curati da grandi firme, una celebrazione ecumenica del sapore Monferrino attraverso una bagnacauda collettiva, un Bar Acrobatico, uno spettacolare spazio per la pizza e i prodotti da forno, fattorie didattiche, persino statue di cioccolato. Insomma lo spettacolo farà la vera differenza e la stiamo curando nei minimi dettagli. L’Agenda della fiera è piena di eventi speciali e noi stiamo facendo tutti gli sforzi possibili per creare una grande vetrina desinata a ripetersi annualmente, ma il programma non è chiuso, anzi: i prossimi giorni con le grandi manifestazioni legate al vino
NUMERI UTILI E RECAPITI 010.8601679 Organizzazione CasalEAT 324 7415848 www.casaleat.it Info@casaleat.it organizzazione@casaleat.it Ufficio Stampa: press@casaleat.it
che si svolgeranno a Casale saranno ancora più determinanti per stringere altri contatti e definire il nostro programma”. Per tutte le informazioni e gli aggiornamenti è attivo il sito www.casaleat.it dove è già partito il conto alla rovescia che scandisce i minuti mancanti all’inaugurazione.
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SALONE NAUTICO: TRA VELA E GUSTO GLI APPASSIONATI DI NAUTICA HANNO UN ULTERIORE MOTIVO PER VISITARE IL SALONE: IL MEGLIO DELLA CANTIERISTICA E DELL’ENOGASTRONOMIA ITALIANE SI INCONTRANO
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l Salone Nautico 2014 è ormai iniziato e c’è un’ottima notizia per tutti, operatori e visitatori che fino al 6 ottobre affolleranno stand e banchine della fiera genovese: tutta la rete di ristorazione durante i giorni della manifestazione sarà curata da Eataly, l’importante marchio che promuove e valorizza la qualità enogastronomica italiana. La collaborazione ha il suo cuore nel Food Court, elegante spazio allestito nel Sailing World, la nuova area dedicata alla vela e al turismo nautico, mentre numerosi street food corner localizzati in diversi punti chiave di tutta l’area espositiva offriranno ai visitatori il meglio del “cibo di strada” di qualità, interpretato in stile rigorosamente italiano. Il marchio Eataly ha, infatti, come primo obiettivo la valorizzazione dei prodotti tipici italiani favorendone la reperibilità e la distribuzione a prezzi sostenibili e raccontando la cultura del “mangiar bene” attraverso storie di persone e aziende che ne sono protagoniste.
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E così, se il cuore pulsante dell’esposizione saranno chiaramente le barche e l’acqua, il nuovo Food Court rappresenterà il centro del relax e del comfort. Qui, infatti, si svolgeranno eventi legati all’enogastronomia mentre, grazie alla collaborazione con Yamaha – strumenti musicali, varie jazz band si alterneranno per allietare visitatori e operatori in un’atmosfera glamour e conviviale al tempo stesso. “La collaborazione con Eataly si inquadra perfettamente nel programma di rilancio – dichiara Francesco Anton Albertoni, Presidente di Saloni Nautici SpA – e ci permette di mantenere fede a due punti fondamentali del nostro progetto: migliorare il sistema di servizi e infrastrutture, per rendere più gradevole l’esperienza di visita e valorizzare il Made in Italy attraverso partnership con le sue eccellenze più note e riconosciute”. Oscar Farinetti, fondatore e presidente di Eataly: “Siamo onorati di curare la ristorazione del Salone Nautico di Genova. È una bellissima occasione per mostrare con orgoglio due grandi eccellenze italiane: la cantieristica e l’enogastronomia, due asset fondamentali per il nostro Paese in Italia e nel mondo”. La collaborazione con Eataly rappresenta un’ulteriore testimonianza dell’intenso lavoro di riorganizzazione che il Salone di Genova sta portando avanti per promuovere il valore di tutto il comparto nautico italiano. Un’operazione che sembra raccogliere il gradimento del mercato confermato dal costante aumento delle richieste di esposizione da parte degli operatori e il considerevole numero di testate e buyer accreditati e attesi da tutto il mondo durante i giorni del Salone.
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Il Palazzo Lercari Spinola appartenente ai più prestigiosi palazzi dei Rolli, sorge nel cuore del centro storico, in Via degli Orefici,7, ed è inserito in un tessuto edilizio in cui è ancora possibile individuare frequenti elementi medievali.
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Prende il nome da due importanti famiglie genovesi che hanno impresso una traccia significativa nella vicenda politica, economica e artistica della città. Il palazzo, che conserva l’importante scalone voltato sino al secondo piano, compreso il solenne ballatoio, è arricchito da sculture di grande pregio e ospita affreschi d’indiscusso valore artistico, restaurati sotto l’attenta guida della Soprintendenza ai monumenti della Liguria. Di particolare pregio decorativo sono due sale affrescate a metà del XVI secolo, attribuibili ai fratelli Calvi, fino ad oggi rimaste inedite.
Al secondo piano un affresco raffigurante L’Allegoria della Pace, forse del Boni, un salotto con sfondati architettonici e lo stemma Spinola completano il valore artistico di un edificio la cui valenza è rimasta troppo a lungo sottovalutata.
È stato allestito un comodo ufficio vendite in Via degli Orefici, 31 rosso, nell’ex confetteria “Vedova Romanengo” del Palazzo Lercari Spinola. Tel. 010.247.01.25 orari: martedì-mercoledì-venerdì dalle ore 10:00 alle ore 17:00
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Nei sei piani del palazzo (dotato di due ascensori) sono previsti: al piano terreno spazi destinati ad attività commerciali, al piano primo e secondo prestigiose unità immobiliari con destinazione terziaria dove primarie società del panorama genovese e non potranno trovare una sede di altissimo livello, gli altri piani ospiteranno eleganti unità abitative, con tagli che vanno dai 32 mq. del monolocale al prestigioso appartamento di oltre 200 mq. mentre gli attici con splendide terrazze guarderanno i tetti di genova, tutte le unità sono realizzate con la stessa cura e attenzione ai dettagli, i materiali impiegati, tutti di prima scelta, uniti ad impianti tecnologici di ultima generazione sono in grado di garantire un elevato comfort abitativo. Le persone che sceglieranno di acquistare un immobile in Palazzo Lercari Spinola, oltre ad abitare in un immobile di pregio indiscusso, dove arte e riqualificazione si incontrano, si troveranno a vivere in un contesto artistico di rara bellezza. I muri delle case che affiancano i vicoli del centro storico genovese, raccontano la storia della città. I portali istoriati di ardesia scolpiti da abili artigiani lapidei, le statue delle Madonne che si affacciano agli angoli delle strade racchiuse nelle edicole votive, le facciate decorate dei nobili palazzi, le chiese medievali, costituiscono un immenso museo a cielo aperto, uno dei più grandi e belli d’Europa. Oggi il quartiere è una delle aree pedonali maggiormente frequentate di Genova, ricca – peraltro – di attività commerciali ed il palazzo Lercari Spinola è senza dubbio una prestigiosa opera perfettamente inserita in tale contesto. L’isolato di cui fa parte il palazzo è composto da tre edifici: il primo con accesso da Via degli Orefici 7, il secondo e il terzo da Via Conservatori del Mare 5 e 9.
Via degli Orefici 7
Edificio composto da sei piani fuori terra: al piano terreno sono previste attività commerciali, ai piani superiori prestigiose unità immobiliari a destinazione residenziale e uffici di rappresentanza affrescati.
Via Conservatori del Mare 5
Edificio composto da sei piani fuori terra: sono presenti al piano terra negozi, ai piani superiori appartamenti e tre unità open space ad uso ufficio al piano ammezzato.
Via Conservatori del Mare 9
Edificio composto da otto piani fuori terra: le unità immobiliari sono ad esclusivo uso residenziale, solo al piano terreno sono presenti due unità a destinazione commerciale.
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GENOVA
TRA PASSATO E FUTURO
Ê “GENES A BIEN CHOISIR” Civiltà di maschere si aprono in noi luoghi già visitati, cultura senza tempo. Apri i tuoi sensi esprimi la tua totalità trema rabbrividisci sei un’indomabile natura.
Anna Maria Solari, “ Teatro Carlo Felice”
testo e foto di Anna Maria Solari
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a magia di questa città che ha ispirato artisti di ogni epoca ed ha forgiato talenti conosciuti in tutto il mondo è ancora oggi intatta, come fosse stata protetta nel tempo dal mare e dai forti. Il visitatore rimane attratto dalla storia, dalle bellezze dei colori e della natura. E quando scopre gli innumerevoli Palazzi, il patrimonio artistico in essi contenuto, il labirinto di viuzze, creuze, piazze, piazzette, erte salite e rapide discese e si perde tra imponenti chiese, sculture, edicole e basso rilievi, resta rapito e affascinato. L’architettura presente ben rappresenta ogni periodo storico. Dopo il Medioevo con i palazzi con le logge e le facciate bugnate a strisce alternate in marmo bianco e nero, con le finestre alte, ogivali e monumentali, il Rinascimento dona a Genova le facciate colorate, i suoi portali e l’aria festosa che colpì Cattaneo e Piccolomini, cornice gioiosa dove la popolazione amava la vita spensierata tra poeti, musicisti e l’amore. Genova è una città da visitare senza fretta, da scoprire giorno per giorno con pazienza per ben comprendere anche la mentalità e lo spirito dei Genovesi e dei Liguri. Persone attente, talvolta schive, a tratti diffidenti, gente di mare, capaci però di resistere nelle difficoltà, di risorgere con atti pieni di coraggio, forti dell’esempio di personaggi che nella storia hanno compiuto atti eroici. Forse l’obbligato impegno alla difesa di un territorio così storicamente conteso ha permesso di consolidare e di prendere coscienza di una radicata forza ed un carattere volitivo che ha contraddistinto la natura della popolazione. L’abitudine a gesti semplici, come calde strette di mano, poche parole ma fatti concreti per stringere costruttivi sodalizi tra le attività commerciali, imprese di spedizioni e marittime, ne dimostrano ancora oggi la valenza nei secoli. La “Superba”, la Genova dei secoli XIII, XIV e XV appare in tutta la sua ricchezza di palazzi austeri e delle grandi chiese. Occorre però ricordare come in seguito alle sue traversie storiche Genova rimanga ritrosa agli incontri fuggevoli, perciò il turista non deve limitarsi allo spettacolo del porto o a quello dei palazzi e delle chiese, ma spingersi tra gli innumerevoli vicoli e tra le piazzette ricche di edicole e basso rilievi. Basterà, per esempio, sostare in Piazza Banchi e poi da Via Orefici, risalire verso De Ferrari, senza dimenticare uno sguardo a Piazza delle Vigne e vicoli adiacenti, trovandosi dopo pochi metri davanti alla facciata, indescrivibile nella sua magica semplicità , della chiesa di San Matteo.
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GENOVA: PAESAGGIO CHE SEMBRA TALVOLTA INTATTO, IMPONENTE, GLORIOSO E MARMOREO MA AL TEMPO STESSO DESIDEROSO DELL’ IMPREVISTO, IN ATTESA DI UNA SCOSSA, DI UN CAMBIAMENTO. “FARE SHOPPING” È QUASI D’OBBLIGO E LE ATTIVITÀ DEL CENTRO, DURANTE IL 54° SALONE NAUTICO SARANNO APERTE ANCHE NEI GIORNI FESTIVI, CON ORARI PROLUNGATI. Oppure da Banchi raggiungere il capolavoro di strada, restituita al passeggio dei genovesi e salvata dal brusio scomposto dei vicoli, che è Via San Lorenzo che in cima si allarga, come uno scenario, in Piazza Matteotti con il respiro che si amplia alla vista di tutto quello spazio improvviso, dopo le costrizioni dei vicoli, della grande piazza in salita con al fondo il chiarore neoclassico di Palazzo Ducale. Ma a questo punto il centro storico, quello vero, con i suoi odori a volte forti, con le mille edicole votive delle Madonne agli angoli e sopra i portali, è ormai alle spalle. Della meravigliosa Piazza Fontane Marose, denominazione dovuta alla presenza di fontane della quali si hanno documentazioni sicure del 1206, nel 1558 e nel 1849, si ammirano l’elegantissimo gotico Palazzo Spinola del XV secolo con la facciata a bande bianche e nere e le meravigliose quadrifore e nicchie nelle quali si trovano le statue dei principali rappresentanti della Famiglia Spinola; il Palazzo Negrone ed il Palazzo Pallavicini del XVI secolo, opera di Fiasella. Da qui si può proseguire e percorrere la cinque-seicentesca Via XXV Aprile o scendere nel cosiddetto «Salotto di Genova», Via Luccoli, nota per i bei negozi e le attività storiche ed ancora per gli antichi Palazzi con accanto case strette ed alte. Alla fine del Duecento furono qui ospitati il Re di Sicilia e nel 1305 Carlo, Duca delle Puglie. Ma solo dopo che si eresse la cinta detta “ del Barbarossa” che rese più sicura la zona, le più ricche famiglie di Luccoli poterono dedicarsi con tranquillità ai traffici commerciali. Qui costruirono le loro botteghe ed abitazioni, segno di potere e di ricchezza.
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I meno ricchi commissionarono edifici stretti, alti, senza portici e volte, che così oggi si trovano accanto a sontuosi palazzi. Anticamente la via proseguiva lungo l’attuale elegante ed esclusiva Salita Santa Caterina e culminava sulla cima dell’attuale Villetta Di Negro. Salita Santa Caterina infatti ha origini molto remote: prende il nome dal Convento di Santa Caterina di Alessandria, fondato nel 1228 e poi demolito nel 1798. L’arco dell’acquedotto, edificato nel 1462, passava sopra di essa e fu poi distrutto per costruire Via Roma. Lungo il percorso in salita si incontrano negozi antiquari, prestigiose boutique che espongono eleganti vetrine con marchi di alta qualità, a contorno di atri di storici palazzi delle più antiche famiglie genovesi. Molti i Palazzi dei Rolli presenti, costruiti tra il 1450 ed il 1664 circa che si susseguono lungo il percorso: Palazzo Pessagno che spicca per l’eccesso di decorazioni, Palazzo Costa, con in fondo all’atrio una bella fontana con un satiro in marmo, Palazzo Giorgio Spinola, Palazzo Spinola di Luccoli-Cervetto, Palazzo Luciano Spinola di Luccoli, Palazzo Spinola-Celesia che rendono la Salita una vera e propria perla di rara bellezza. Raggiungiamo la storica Via Roma con le sue costruzioni ottocentesche arricchite più che altrove di particolari decorativi ricercati (stucchi e marmi) destinati ad abitazioni alto borghesi o a studi professionali e negozi eleganti, e osserviamo il cinquecentesco palazzo Doria Spinola, sede della Prefettura. Se scendiamo la via in direzione del Teatro Carlo Felice, incontriamo la vasta Piazza De Ferrari, circondata da numerose costruzioni di particolare valore artistico quali
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Palazzo Ducale, Palazzo dell’Accademia, il Teatro Carlo Felice, Palazzo De Fornari, Palazzo De Ferrari Galliera ed altri ancora; percorriamo quasi tutta la Via XX Settembre, anticamente chiamata Via Felice e nel 1642 Via Giulia, di fronte al variopinto Mercato Orientale, e incontriamo Via Fiasella, detta anche Via degli Spina che fa parte oggi del quadrilatero della città. Un’elegante strada pedonale, dove passeggiare con serenità e fare shopping tra abbigliamento femminile e maschile ed accessori preziosi è consuetudine per i genovesi e i turisti. Lungo la via ogni hanno si realizza una iniziativa in collaborazione con l’Unicef per dare sfogo e gioco alla creatività dei bambini, un incontro il cui tema è la riqualificazione del colore sull’asfalto delle città. Genova insomma invita alla sua scoperta: le persone si intrattengono circondate dal bello, dal gusto di un fermento creativo nello svago dell’atmosfera contemporanea. Gli antichi o storici negozi nascondono probabilmente un segreto, perché riescono nonostante la trasformazione epocale nella quale viviamo, tra la concorrenza a volte sleale del mercato globale, a tramandare da generazioni l’attività, continuando con ingegno ad investire ed innovare. Atelier
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e boutique espongono con creatività i capi, spesso continuano l’attività sartoriale con il proprio marchio garantendo il classico o proponendo versioni originali, collezioni anche audaci ma raffinate per uomo, donna e bambino. Le animate vetrine, talvolta ricche di arredi storici ricercati sono sempre un invito ad entrare per provare e scegliere un look diverso: preziosi accessori, articoli ottici studiati con professionalità e competenza, capi di abbigliamento realizzati con abilità artigianale con la cultura del “bel vestire” e calzature esclusive, testimonianza dell’eccellenza di quel made in Italy apprezzato in tutto il mondo. Qui “Fare shopping” è quasi d’obbligo e le attività del centro, durante il 54° Salone Nautico, saranno aperte anche nei giorni festivi, con La tradizione e il “bon ton” si possono ammirare nei negozi del centro, nello stile ben delineato, nella proposta di uno shopping di qualità con marchi storici che mantengono una forte identità data dalla professionalità
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che non ostenta mai il nuovo a tutti costi, ma che sa ben elaborare qualità, ricercatezza e concretezza per innovarsi ai cambiamenti ed alle tendenze. Ancora oggi in ogni ora del giorno si aggira, nonostante i tempi non troppo spensierati, una folla affaccendata in compere che si riversa nei negozi della città e riesce ad impreziosire il proprio look trovando spesso anche la convenienza. L’investimento che le attività commerciali continuano è ancora oggi un vanto, un fiore all’occhiello, una chiara risposta dei privati nel cercare di mantenere un livello alto nella tradizione, nella qualità, uno sforzo concreto nell’affermare ancora un valore economico forte e chiaro dell’importanza del made in Italy. Chissà se ancora per il futuro, il motto, la definizione con cui Genova era conosciuta tra il 1500 e 1600 “ Genua abundat pecuniis” ci potrà aiutare a rafforzare le nostre radici, certi delle capacità nel commercio e nella piccola media impresa.
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teatro della tosse
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Potenza e risParmio:
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uando si acquista un’auto nuova, è lecito aspettarsi che questa sia perfetta in ogni dettaglio, e soprattutto al top delle sue possibili prestazioni. Eppure non sempre è così: minuscole tolleranze nella lavorazione e nell’assemblaggio, ad esempio, possono portare a rese inferiori negli accoppiamenti, nella fasatura, nell’equilibratura, con scompensi a catena che possono minare l’efficienza in modo sensibile. A tutto questo si aggiungano le strategie di vendita di molte case automobilistiche, che depotenziano elettronicamente molte versioni “entry level” capaci in teoria di prestazioni ben superiori anche a seconda del Paese di esportazione. Infatti a livello commerciale uno stesso motore uscirà, in tempi e luoghi differenti, con diverse “cavallerie” garantendo così alla casa la possibilità di ampliare la gamma della propria offerta. Per quanto riguarda invece il livello tecnico, il fatto che uno stesso motore verrà utilizzato a diverse latitudini e con diverse tipologie e qualità di carburante spingerà a una taratura delle centraline originali che sia un compromesso in grado di garantire al veicolo di funzionare con prestazioni simili in qualunque situazione. Ed è proprio su questi parametri che i professionisti possono intervenire per prestazioni “su misura”, senza mai compromettere la sicurezza del veicolo, la durata di tutte le parti meccaniche ed elettroniche e il rispetto delle norme anti-inquinamento. Il fenomeno del tuning si è molto diffuso negli ultimi anni tra le ditte specializzate proprio per andare incontro a queste esigenze. Gli interventi al motore e al sistema di scarico possono consistere, ad esempio,
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CON IL TUNING PROFESSIONALE È POSSIBILE MIGLIORARE LE PRESTAZIONI DEL MOTORE (COPPIA, POTENZA, MA ANCHE CONSUMI) IN TUTTA SICUREZZA, PER UNA GUIDA DAVVERO PIACEVOLE
nella semplice sostituzione del silenziatore o del filtro dell’aria con altro di tipo sportivo, o spingersi a livelli più tecnici, come la sostituzione degli alberi a camme, della frizione, del cambio, aggiunta di sistemi di sovralimentazione, rimappature della centralina del veicolo. Dagli esordi negli anni Sessanta negli Stati Uniti con Hot rod, T-bucket, Lowrider e marchi anche italiani come Abarth, la tecnologia ha permesso passi da gigante, e oggi strumenti sofisticatissimi di tuning come quelli prodotti dalla DimSport (il software di rimappatura Race Evo, la consolle per programmazione New Genius, New Trasdata per le operazioni dirette) permettono di personalizzare le prestazioni del motore con notevoli miglioramenti di resa. Se sui motori aspirati benzina si può arrivare a un incremento del 5% di potenza e del 10% di coppia, il tuning dà il suo meglio con i motori sovralimentati, sia turbo-diesel che turbo-benzina: grazie alla gestione di iniezione, anticipo, pressione turbo, tempo di overboost e così via si possono ottenere incrementi di potenza e di coppia fino al 25-30%. Non solo: si può anche risparmiare, poiché nei motori turbo-diesel l’incremento della curva di coppia permette di consumare molto meno carburante, un risparmio medio a parità di prestazioni del 10%. Si tratta ovviamente di interventi raffinati, che richiedono un avanzato know how ma che danno risultati eccellenti, con un lavoro sui parametri che non si limiti a garantire semplicemente “maggiore potenza” ma, in tutta sicurezza, consenta anche minori consumi e una superiore piacevolezza nella guida.
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ra i vitigni del Gavi, nel verde di prospere colline e tra un bicchiere e l’altro di buon bianco, nasce la pittura di Giovanni Origone. Con cavalletto e colori, assieme all’amico Natale De Luca – il suo sempre allegro amico e maestro, celebre artista genovese – eccolo addentrarsi tra le fasce dei preziosi grappoli, per fermarsi nel verde a dipingere en plein air, dal vero. Così nascono questi capolavori initimisti e poetici, con forme e colori ispirati dalla natura ma con un’interpretazione fortemente personale e notevoli connotazioni astratte.
di Diana Bacchiaz
Nato a Genova nel 1944, da sempre affascinato dalla pittura e da ogni forma artistica, inizia un percorso solitario e da autodidatta che sfocerà in una sua ricerca personale e poi nell’amicizia con il ben noto De Luca, che lo spingerà ad una maggiore ricerca informale. Il percorso di Giovanni Origone ha origine trent’anni fa: la sua anima poetica e sensibile è attratta dalla spirituale essenzialità di Morandi che studia con attenzione. Splendidi proprio alcuni studi sul pittore di Bologna, con tonalità azzurro-grigie di sottile e malinconica poesia, dove la trasparenza e la luce rappresentano il
LE OPERE DEL PITTORE GENOVESE IN MOSTRA A VOLTAGGIO E POI ALLA GALLERIA «IL PUNTO» DEL CAPOLUOGO LIGURE
GIOVANNI ORIGONE
DIPINGE LE COLLINE DEL GAVI
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Liguria artistica fondamento delle sue opere. Usare pochissimi colori è una sua particolare caratteristica che lo rende poetico e surreale: i soggetti non perdono in realismo ma acquistano sottile spiritualità e poesia. Origone assa quindi alla natura, con studi sul Cezanne impressionista. Abile nel ritrarre la forma e nell’uso del colore, estraendo dalla natura delle verdi colline spiritualità e interiorità, nei silenzi della campagna. È la luce che crea questa sintesi tra volume e spazio. I paesaggi sono, nella produzione di Origone, le opere più emozionanti: vi dominano le tonalità del verde, distese in infinite sfumature diverse, tra cui si inseriscono tenui tinte di un colore diverso. Sono paesaggi che nascono da una grande sensibilità d’animo e che cercano nella natura la serenità e l’equilibrio senza tempo. Ed ecco poi stravolgere il bagaglio di una vita e affrontare l’informale con forza e capacità tecnica, passare dalle piccole dimensioni alle grandi astrazioni informali ricche di di grigi e forti rossi. La bella mostra personale a Voltaggio è negli spazi della galleria «Il Castello», curata e presentata da Diana Bacchiaz, e ottiene un bel consenso di pubblico e di critica. Per ottobre altra grande mostra in programma alla galleria «Il Punto» a Genova.
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VENEZIA, IL PREMIO E’ D’AUTORE APPARENTEMENTE NON FACILI MA DENSI DI SORPRESE I VINCITORI DEL LEONE D’ORO E DEL LEONE D’ARGENTO ALLA KERMESSE VENEZIANA
di Nicolò Metti
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A Pigeon Sat on a Branch Reflecting on Existence.
on è un problema di domanda, perché il pubblico per questi film d’autore c’è eccome» dice il direttore della 71esima Mostra del Cinema di Venezia, Alberto Barbera. In effetti, lo scorso anno il Leone d’oro “Sacro GRA” ottenne incassi eccezionali, nonostante la limitata distribuzione. Anche quest’anno, però, si torna a notare una certa reticenza da parte dell’industria cinematografica nei confronti dei prodotti presentati alla Mostra. Il Leone d’oro, “A pigeon sat on a branch reflecting on existence”, ha da pochissimo trovato distribuzione; il Leone d’argento, “The postman’s white nights”, non sembra avere speranza di uscire nelle nostre sale. Il poetico documentario “The look of silence”, Premio Speciale della Giuria, uscirà in pochi cinema nella seconda settimana di Settembre. Insomma, nonostante sia difficile rintracciare la precisa causa di questo fenomeno, è evidente che l’appello di Barbera sia destinato a rimanere ancora inascoltato. Un motivo in più per godersi Venezia da vicino è proprio la coscienza di assistere a spettacoli rari e difficilmente reperibili. Personalmente, ho apprezzato molto la selezione dei film in concorso, ad eccezione del superficiale “Good Kill” e del giustamente criticato “Pasolini”. Una programmazione che trova il suo apice in apertura, con lo splendido “Birdman” di Inarritu, ed in chiusura, con i film premiati presentati nelle ultime tre giornate. Un po’ troppo variopin-
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Mostra del cinema ta, invece, la programmazione della sezione Orizzonti, a differenza delle Giornate degli Autori che assicurano sempre pellicole di qualità. Tramite la recensione dei film vincitori dei due maggiori premi, cerco di introdurre due opere apparentemente poco “digeribili”, che riservano forti emozioni allo spettatore volenteroso di coglierle. Sperando che questa volontà sia sempre maggiore e che, un giorno, il mercato non possa fare altro che adeguarvisi.
A PIGEON SAT ON A BRANCH REFLECTING ON EXISTENCE «Un piccione seduto su un ramo si riposa. E pensa. Pensa che non ha soldi». Cinismo, pessimismo dolceamaro e filosofia pura impattano così fragorosamente da giungere al Leone d’Oro della 71esima Mostra del Cinema di Venezia. “A Pigeon sat on a branch reflecting on existence” di Roy Andersonn è l’ultimo capitolo di una trilogia sull’essere umano e rappresenta un raro esempio di come l’arte cinematografica possa distaccarsi drasticamente dall’”entertainment” sovrano per dedicarsi quasi integralmente al puro raziocinio, alla spiegazione filosofica, alla libido del ragionamento. In realtà, la tecnica argomentativa del regista è ben chiara: utilizza sempre come punto di partenza alcuni fatti, alcune grandi ed innegabili caratteristiche della specie umana e, accentuandole sapientemente tramite l’ironia, ne mostra l’inutilità o, peggio, la nocività. Andersonn sostanzialmente dipinge; come un pittore che presta totale attenzione ad ogni parte della tela su cui stende la propria tempera, non lascia orfano di significato neanche un solo pixel di una sola inquadratura. Egli stuzzica semanticamente lo spettatore per due ore abbondanti, facendolo traslare con agilità e precisione dal particolare al generale, grazie ad una immensa abilità nella costruzione e messa in scena di diverse azioni all’interno di un unica inquadratura, sempre fissa. Andersonn ride e piange sopra alcune nostre ossessioni, imbastisce trentanove quadretti indimenticabili che esprimono, tramite una composizione dell’inquadratura minuziosa, un numero di significati e di ragionamenti davvero impressionante: il ritmo della narrazione a prima vista è molto lento ma, quando si comprende la portata filosofica e la quantità di intersezioni tra i vari temi, risulta sorprendentemente denso. Credo che al fine di comprendere i binari generali (cinismo, depressione ed ironia) su cui la pellicola viaggia sia fondamentale citare la prima inquadratura, in cui un uomo piuttosto anziano guarda nelle teche di vetro di un museo naturale alcuni animali imbalsamati. Andersonn propone allo spettatore un preciso modo di affrontare il film: con uno sguardo sbigottito e curioso, quell’uomo osserva il piumaggio di animali morti - altro non è che una “simulazione di vita” applicata meccanicamente su di uno scheletro inanimato allo stesso modo in cui lo spettatore vede aggirarsi per il film delle mummie che, al posto delle piume, si rintanano nelle bende in cui loro stesse si avvolgono. Convenzioni, stratificazione sociale, odio, falsità, prepotenza, depressione sono solo alcuni tra questi instabili rifugi che ci costruiamo per sfuggire l’essenza delle cose, la natura nuda, cruda e, per i più romantici o per i più artificiosi, deludente. La narrazione ha solo due personaggi come unici saltuari perni: un piagnucolone ed un serioso, amici e compagni di affari, girano la città tentando di vendere scherzi e maschere; «vogliamo aiutare la gente a divertirsi» ma a nessuno sembra interessare e loro finiscono sempre per litigare, accusandosi vicendevolmente di essere uno cattivo e l’altro troppo sensibile.
Andrej Končalovskij
L’esercito di zombie che li contorna sforna continuamente astrusi motivi per cui risulta impossibile godersi l’essenzialità di una burla: il lungometraggio è popolato da adulti invecchiati dalle occhiaie, il cui unico minimo comun denominatore è la reticenza ad apprezzare il dono della vita, sovrapponendoci convenzioni, depressione esistenziale o, semplicemente, malvagità. All’improvviso, però, una sequenza è dedicata a due bambine che si divertono con le bolle di sapone; spero che basti questo a far comprendere la finezza e delicatezza con cui Andersonn comunica. Molto interessanti, in particolare, sono due episodi riguardo all’aldilà e al tema della violenza. Uno dei venditori è ossessionato da una canzone che parla di un’anima che si ricongiunge ai propri genitori in cielo; «i miei genitori mi stanno simpatici ma non voglio incontrarli di nuovo» e «non riesco a smettere di ascoltarla», piagnucola continuamente. In un attimo, con una grazia fuori dal comune, il ter-
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di causa. Un’abilità che, evidentemente, non è stata notata dalla proiezione pubblica successiva alla premiazione. Sono proprio quei numerosi e presupponenti fischi, però, a testimoniare la mediocrità della maggior parte della specie umana di cui il film stesso parla; in questo modo, paradossalmente, viene elogiata la portata del contenuto della pellicola stessa. Persone schiacciate e compresse nella nullità dei loro artifici, nella macchinosità delle loro relazioni umane, nella povertà del loro mondo nascosto sotto un manto di convenzioni ocra e depressione blu (evidenti colori dominanti del film). Appena viene richiesto un passo avanti, una messa in gioco di alcuni di questi perni, il dissenso è garantito. Non c’è da meravigliarsi riguardo al ritardo con cui la pellicola ha trovato distribuzione nelle sale del nostro paese. Per fortuna, però, uscirà anche in Italia in data da destinarsi. La voce di Andersonn è forte e chiara; i fischi hanno simboleggiato delle mani che si tappano le orecchie, preferendo la superba ignoranza all’umile ragionamento. Spero, invece, che nelle nostre sale egli trovi spettatori pronti ad accoglierlo, magari non a comprenderlo del tutto (dopo due visioni, ritengo ne siano necessarie almeno tre o quattro per afferrare ogni passaggio ed ogni riferimento narrato) senza, però, mai mancare di rispetto ad un indubbio genio che proprio mostrando questa nostra ottusità ha meravigliato e deliziato la Mostra.
THE POSTMAN’S WHITE NIGHTS
The postman’s white nights.
rore della morte e la sua ineludibilità tartassante vengono mostrati allo spettatore; ad ogni tentativo di distacco dalle insopportabili catene della speranza metafisica, la nostra condizione esistenziale risponde con un’ossessione generata dalla paura. Successivamente, un altro quadro mostra un inquietante visione di una fornace che cuoce un gruppo di schiavi neri mentre una decina di personaggi altolocati (nel senso letterale: vengono dipinti in cima ad una scalinata) sorseggia un cocktail e li osserva. Il piagnone si sveglia e, sotto shock per l’incubo, si dispera del fatto che nessuno abbia mai chiesto scusa, anche lui stesso avrebbe dovuto farlo. Una coltellata entra nel petto dello spettatore, che coglie la generalità di brutalità come i genocidi e ne constata l’effettiva ininfluenza sul nostro costante e continuo modo di comportarci, partendo dall’individualità ed evitando qualsiasi tipo di attenuante o di giustificazione. Inoltre, viene denunciata una certa forma di ciclicità della storia nel momento in cui entrano in scena personaggi guerrafondai abitanti nel 1600; la violenza che procacciano non sembra differire per nulla dalla prepotenza a cui quotidianamente anche oggi assistiamo, nel piccolo di un evento quotidiano o negli evidenti conflitti armati che perpetuano. L’unico “difetto” che mi sento di constatare nella pellicola è l’eccessivo numero di balzi semantici tra argomenti esistenziali e constatazioni sociali; allo stesso tempo, siamo di fronte ad un discorso molto generale sulla specie umana, non mi sembra opportuno ricercare un’eccessiva chiarezza, piuttosto godersi maggiormente l’impressione complessiva sull’umanità che il regista rivela con maestria e cognizione
Il postino Lyokha è l’ultimo collegamento rimasto tra il remoto lago Kenozero (sud dell’Arkhangelsk, Russia) e la civiltà che galoppa sulle ali della tecnologia. Audacemente selezionato e diretto da Andrej Koncalovskij, è il protagonista di “The postman’s white nights”, meritato Leone d’argento alla 71esima Mostra del Cinema di Venezia. Lyokha si occupa di portare viveri e lettere tramite il suo motoscafo; in questo modo, mantiene frequenti contatti con la maggior parte dei pochi abitanti della città. Possiamo godere del caleidoscopio che fornisce il suo sguardo grazie, soprattutto, alla maniera diretta e genuina con cui quelle persone si rapportano prima tra di loro, secondariamente con il set cinematografico. Il rapporto camera/realtà o fiction/documentario è un tema di ampia ed attuale discussione; questa pellicola lo rimette in gioco, gettando spesso fumo negli occhi dello spettatore che si chiede quanto quelle persone che interpretano se stesse stiano recitando (vi sono solo due attori professionisti). Il cinema documentario è stracolmo di esempi in cui emerge la necessità di una grana molto fine per stabilire i differenti gradi di “documentarismo”. Giustamente, in conferenza stampa si è parlato di Flaherty: in modo simile a lui, il regista sembra richiedere agli abitanti del posto di esporsi, di raccontarsi tramite una storia dai contorni fiabeschi. Per fortuna, cercando di cogliere personaggi così poco appariscenti, il rischio di snaturarne le caratteristiche decade e l’esperimento è perfettamente riuscito. Inoltre, alla mia domanda riguardante l’eventuale interazione attiva degli attori durante la costruzione del proprio personaggio, la risposta del regista comunica implicitamente l’approccio: «E’ come un mosaico, va colto nel suo insieme; è stato difficile oranizzarne tutti i pezzi e richiede abilità». Senza superbia, egli sembra confessare la sua primaria influenza nel far emergere caratteri così precisi, sintetici e interessanti. Non si tratta, quindi, di un documentario che fotografa la realtà, ma di una fiction che cerca di enucleare le sue parti più significative, al fine di comprendere maggiormente la realtà stessa nella sua totalità rispetto a quanto faccia la sempli-
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Mostra del cinema
ce “impressione” lasciata dalla luce sulla pellicola. Apparentemente, la narrazione risente ritmi molto lenti, nella misura in cui le vere e proprie azioni che avvengono tra i personaggi sono molto ripetitive. Ritengo, però, che questo rappresenti un grande pregio della pellicola, in grado di lasciare il tempo necessario allo spettatore per mettersi in relazione con un contesto così particolare. Inoltre, l’introduzione e la descrizione di ogni personaggio è così fine da rimpolpare i momenti meno movimentati, conducendo lo spettatore ad un cauto e piacevole interesse. A tratti sembra quasi di invadere l’intimità di queste persone; conoscendole, ci si rende conto che non potrebbero mai giudicare questo fatto un intrusione in quanto non hanno nulla da nascondere. Persone molto dirette, soprattutto nelle relazioni umane («In questa casa non mi offrono del tè», proferisce il postino avviandosi ironicamente verso l’uscita di un’abitazione), non hanno problemi ad essere riprese così come sono, in quanto nei dintorni del lago Kenozero non sembra esserci nè il tempo nè il bisogno di “essere qualcun’altro”. «Ovviamente, “Bombolone” era davvero sempre ubriaco durante le riprese, altrimenti avrebbe smesso di essere interessante» dice il regista, a proposito di uno dei personaggi presentati, un tenero pensionato errante spesso riaccompagnato a casa per mano dallo stesso postino. Successivamente cita De Sica e Rossellini come primaria ispirazione di molte sue opere; in effetti, il parallelo con il neorealismo italiano è forte, soprattutto per quanto riguarda la narrazione della quotidianità e l’utilizzo di attori non professionisti. Dove, invece, si discosta maggiormente dal periodo d’oro del cinema italiano è il tipico simbolismo russo: una mosca chiusa da una finestra, un fantasma, un gatto Blu di Russia sono alcune delle metafore che contaminano il genere, distaccandolo maggiormente dal documentario ed aggiungendo alcuni forti e vibranti spunti soggettivi dell’autore. Egli stesso rivela di non sopportare la tendenza a ricercare un’interpretazione oggettiva riguardo a perni così metaforici; ad ogni modo, provo a fornire un mio personale pensiero riguardante il gatto che spesso spunta nelle vicinanze del protagonista durante momenti di isolamento. Credo che l’animale possa rappresentare sì la solitudine ma colta nella sua totale normalità, spuria da una visione della vita che gli abitanti di quel posto non incarnano riuscendo, perciò, ad accogliere con tranquillità anche i lati più bui dell’esistenza umana; siamo di fronte ad un gattino con gli occhi dolci, non ad una terrorizzante tigre. La semplicità di quel luogo e di quelle vite aiuta alcune grandi caratteristiche della nostra esistenza e della nostra vita sociale ad emergere, orfane di quella confusione e di quei timori che spesso accompagnano i nostri pensieri a riguardo. Vi è un tema su tutti dove, per nostra fortuna, la voce
dell’autore esce in maniera più distinta e fragorosa. Viene spesso evidenziato dai dialoghi come il servizio postale sia desueto, in confronto all’inarrestabile diffusione di Internet e delle nuove tecnologie. Il postino non manca mai di esprimere la convinzione che la posta verrà consegnata per sempre. «Ad esempio, il pane non si può spedire via Internet, chi ve lo porterebbe se non ci fossi io?». Egli lotta fino all’ultimo respiro, sgomita contro l’avanzare di un avversario forse troppo forte per non influenzare il micro-mondo, sociale e territoriale, a cui questi abitanti sono tanto affezionati. Poi, la distanza che li separa dalla civiltà è definitivamente annientata dal reattore di un missile che, all’improvviso, invade il cielo, lo schermo e la realtà, dilania il guscio creato fino a quel momento attorno a quel luogo, partendo verso lidi sconosciuti. Lidi che, una volta immersi in uno stile di vita all’insegna della semplicità, nessuno sente più il bisogno di conoscere. Con la citazione finale di Shakespeare ed il loro esodo nei titoli di coda, si aggiunge una luminosissima sfaccettatura ad un diamante già di per sé sfavillante. Il suo bagliore rimane impresso negli occhi dello spettatore e gli ricorda che, forse, il fumo di quella propulsione aerospaziale si è già drammaticamente posato sulle nostre palpebre. Incenerendo il valore della preziosa quotidianità, alimentando un antropocentrismo sempre più dilagante, tra le nostre mani rimane solo un ideale: il divin Progresso che, sbeffeggiando la nostra irrefrenabile fame di “canoscenza”, tutto promette e tutto toglie.
Andersonn con il leone d’oro.
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A COLLOQUIO COL PROF. MICHELE MARSONET:
BARACK OBAMA
E IL PRESUNTO DECLINO AMERICANO MICHELE MARSONET PARLA DEL PRESIDENTE USA, DELLA SUA POLITICA ESTERA E DEL FUTURO DEGLI STATI UNITI di Diana Bacchiaz
P
rofessore, qualcuno parla di un declino di Barack Obama oppure di un declino degli USA. Si ha un bel dire che l’America è in crisi, molti ne parlano da tempo. Si tratta però di vedere se è una crisi definitiva, tale da oscurare per sempre il suo ruolo nel mondo, oppure se stiamo solo assistendo a una temporanea eclissi causata, più che altro, dall’incertezza dell’attuale amministrazione in carica. Chi ha avuto modo di vedere il discorso in cui Barack Obama ha autorizzato l’intervento dell’aviazione USA in Iraq, è certamente rimasto colpito dal nervosismo del Presidente. L’espressione era cupa, il viso tirato, e solo l’abilità oratoria gli ha consentito di fare un discorso passabile.
Come trova il discorso ed il comportamento di Obama? Obama è stato definito il Presidente “riluttante”, e qualcuno ha addirittura usato un aggettivo più forte: “recalcitrante”. Vi sono in effetti ottime ragioni per ricorrere a simili espressioni. È infatti evidente che Obama si è deciso a ordinare l’attacco quando non era proprio più possibile rinviare. Tirato per i capelli, insomma. Ha pure cercato di attribuire all’operazione, per ora assai limitata, un carattere prevalentemente umanitario, mentre è chiaro che gli interessi in gioco sono soprattutto politici e strategici. Bloccare, se sarà possibile, l’avanzata dell’ISIS e aiutare i curdi. Salvare i non sunniti, che non sono soltanto i cristiani locali, è un obiettivo altrettanto importante; ma non pare lecito pensare che, da solo, avrebbe spinto gli USA a utilizzare la forza militare, sia pure in maniera limitata come dicevo poc’anzi.
Perché, dunque, la tesi di un’America in crisi definitiva lascia perplessi? Per il semplice motivo che, piaccia o meno, gli Stati Uniti sono tuttora l’unica potenza globale, l’unica in grado di effettuare un intervento bellico rapido a migliaia di chilometri di distanza dal proprio territorio nazionale. Conserva inoltre una superiorità tecnologica che è persino aumentata negli ultimi tempi, tale da scoraggiare ogni velleità di un confronto militare diretto inteso nel senso classico del termine. Guerriglia e terrorismo sono casi a parte, ed è proprio qui che gli avversari hanno sempre atteso gli americani al varco in questi ultimi decenni. Cosa è successo all’opinione pubblica dopo l’11 settembre 2001? Senza alcun dubbio l’attacco alle Twin Towers ha modificato in profondità l’atteggiamento dell’opinione pubblica statunitense nei confronti del cosiddetto “ordine mondiale”. E i sostanziali fallimenti nello stesso Iraq, in Afghanistan,
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Libia etc. hanno fatto sì che le tendenze isolazioniste siano nel Paese molto cresciute. In questo senso mette conto osservare che Obama, pur duramente attaccato da alcuni settori del Congresso e da gran parte dei mass media, è più in sintonia con la maggioranza dell’opinione pubblica americana di quanto fossero parecchi dei suoi predecessori. Eppure il ruolo internazionale dell’America non può essere trascurato, nemmeno da un Presidente recalcitrante. È la forza stessa degli avvenimenti a imporre l’agenda, e pazienza se chi siede al momento alla Casa Bianca è poco convinto. Nessun altro ha le risorse necessarie per intervenire nel caso di sconvolgimenti che potrebbero rivelarsi epocali, come quelli in corso a cavallo dei confini tra Iraq e Siria. E il “soft power”? Si è spesso parlato del “soft power” che l’America possiede a differenza delle altre potenze più o meno emergenti. Parlo dell’enorme influenza culturale che gli USA continuano a dispiegare in ogni parte del globo, dove per “cultura” s’intende qualcosa di più vasto dell’accezione classica del termine. In questo senso sono cultura tanto i grandi motori di ricerca quanto i fast food con McDonald’s in testa, sia gli atenei di eccellenza sia la musica pop e rock (con le varie appendici dei nostri giorni), senza ovviamente trascurare Hollywood. Visitando la Repubblica Popolare Cinese o il Vietnam, si vedono i giovani che adottano simboli e gesti tipicamente americani. E anche in molti Paesi islamici la tendenza è in atto, a dispetto dei divieti imposti dai governi. Attenderei quindi un attimo prima di parlare di “fine del secolo americano”, espressione ormai entrata nell’uso corrente. Può darsi che l’attuale intervento in Iraq, concepito in questo modo, si riveli inefficace, e a quel punto non si capisce bene quali sarebbero le successive mosse di Obama. Cosa si prevede per il dopo Obama ? È ovvio che l’avvento di un Presidente più deciso, e con una strategia chiara in mente, avrebbe l’effetto immediato di porre termine ai discorsi sulla presunta crisi irreversibile dell’America
Si è laureato in Filosofia presso l’Università di Genova e in seguito all’Università di Pittsburgh (U.S.A.). Dopo la laurea ha svolto periodi di ricerca in qualità di Visiting Fellow presso le Università di Oxford e Manchester (U.K.), alla City University di New York e alla Catholic University of America (U.S.A.). E’ attualmente Professore Ordinario di Filosofia della scienza e di Metodologia delle scienze umane nel Dipartimento di Filosofia dell’Università di Genova. E’ stato Direttore del Dipartimento di Filosofia (2000-2002 e 2008-2011) e Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Genova (2002-2008), dal 1° novembre 2008 a oggi è Prorettore alle Relazioni Internazionali dell’Università di Genova. Il 9 ottobre 2012 è stato eletto Preside della Scuola di Scienze Umanistiche dell’Università di Genova per il triennio 2012-2015. E’ Fellow del Center for Philosophy of Science dell’Università di Pittsburgh. E’ stato Visiting Professor in molti atenei stranieri: University of Melbourne (Australia), University of Pittsburgh e Catholic University of America (U.S.A.), London King’s College, Leeds, Manchester, Hertfordshire, Stirling, Southampton e Middlesex (U.K.), Cork (Irlanda), Bergen (Norvegia), Siviglia e Malaga (Spagna), Friburgo (Svizzera), Lovanio (Belgio), Giessen (Germania), Varsavia e Cracovia (Polonia), Cluj (Romania), Malta, Valona (Albania), Reykjavik (Islanda). E’ Professore Onorario della Universidad Ricardo Palma di Lima, e nel 2009 ha ricevuto la Laurea Honoris Causa della Universidad Continental di Huancayo (Perù). E’ autore di 30 volumi e curatele, di cui 5 in lingua inglese pubblicati in Stati Uniti, Gran Bretagna e Germania, e di circa 250 articoli, saggi e recensioni in italiano, inglese e francese su riviste italiane e straniere. E’ giornalista pubblicista.
RINCIPALI VOLUMI PUBBLICATI Introduzione alle logiche polivalenti, Abete, Roma, 1976. Logica e impegno ontologico, Angeli Editore, Milano, 1981. Linguaggio e conoscenza, Angeli Editore, Milano, 1986. La metafisica negata, Angeli Editore, Milano, 1990. Logica e linguaggio, Pantograf, Genova, 1993. Scienza e analisi linguistica, Feltrinelli, Milano, 1994. Introduzione alla filosofia scientifica del ’900, Studium, Roma, 1994. Science, Reality, and Language, State University of New York Press, New York, 1995. The Primacy of Practical Reason, University Press of America, New York-London, 1996. La verità fallibile, Angeli Editore, Milano, 1997. Prassi e utopia. I limiti dell’agire politico, Studium, Roma, ‘98. I limiti del realismo, Angeli Editore, Milano, 2000. Donne e filosofia, Erga, Genova, 2001. Liberalismo e società giusta, Name, Genova, 2001. The Problem of Realism, Ashgate, Aldershot-London, 2002. Logic and Metaphysics, Name, Genova, 2004. Conoscenza e verità, Giuffrè, Milano, 2007. Idealism and Praxis, Ontos-Verlag, Frankfurt-Paris, 2008. Elementi di Filosofia della scienza, CLU, Genova, 2008. I problemi della società multietnica, Ecig, Genova, 2008. Il mondo plasmato dai media, Ecig, Genova, 2009. Mercato libero o intervento statale?, Ecig, Genova, 2010. Scienza e religione sono incompatibili?, Ecig, Genova, 2011. Il pensiero utopico è oggi in crisi. Si può, tuttavia, vivere senza speranze e senza grandi mete da raggiungere?, Ecig, Genova, 2012. Può esistere l’uomo robot?, Ecig, Genova, 2013.
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quale potenza globale. Ormai da parecchio tempo si susseguono i tentativi d’interpretazione della politica estera di Barack Obama. I più critici affermano che si tratta di un’operazione assurda poiché, a loro avviso, l’attuale Presidente USA una politica estera non l’ha proprio, ed è quindi inutile porre degli interrogativi sulla sua natura. Altri, meno animosi, si limitano a rilevare la costante incertezza dimostrata dagli Stati Uniti sulla scena internazionale da alcuni anni a questa parte. Opinione del resto condivisa da larghi settori dell’opinione pubblica, sia in America sia all’estero. È pure comune il pensiero che a giudizi così negativi contribuisca in misura decisiva il peggioramento della qualità dello staff del Dipartimento di Stato. Tra John Kerry e Hillary Clinton, pur con tutti i difetti addebitati (a torto o a ragione) alla seconda, corre comunque una bella differenza. Può essere allora interessante registrare ciò che pensano al riguardo due guru del pensiero neocon: Edward Luttwack e Michael Ledeen (anche se il secondo rifiuta tale etichetta). Interessante perché si tratta di figure che si collocano sul versante opposto dello spettro politico rispetto a Obama, e talvolta i giudizi degli avversari sono più franchi
e diretti di quelli delle persone affini ideologicamente. Luttwak continua a ripetere cose che afferma da anni, in particolare dopo le “primavere arabe”. Per quanto riguarda il peggioramento dei rapporti con il mondo islamico, egli sostiene che “il 90% della politica americana nei Paesi musulmani è condivisa da tutti, o quasi, i cittadini statunitensi”. A suo avviso, in questa fase della loro storia gli islamici “preferiscono l’oscurantismo al progresso, e quindi rifiutano tutto quello che viene dall’America”. Ne consegue che gli USA debbono “abbandonare” quelle nazioni e lasciare che esse risolvano internamente i loro problemi, qualunque sia il prezzo da pagare, “limitandosi a far fuori i terroristi da lontano”. Parole che suonano quasi come una sorta di endorsement del democratico Obama, il quale ha deciso da un lato il ritiro anticipato dall’Afghanistan e, dall’altro, ha ignorato le esortazioni a intervenire militarmente prima in Siria e ora in Iraq. Più decise – ma anche più interessanti – le tesi espresse da Michael Ledeen, noto in Italia per la sua “Intervista sul fascismo” a Renzo De Felice. A suo parere Obama non è affatto ingenuo e sprovveduto come tanti credono, e la sua politica estera altro non sarebbe che la realizzazione pratica di un disegno teorico assai preciso. Partendo dalla premessa che l’attuale Presidente è un radicale di sinistra (nell’accezione americana del termine, ovviamente), Ledeen sostiene che “Obama vuole un’America più debole, più chiusa in se stessa, dedita solo ai suoi problemi economici e sociali interni. E, di conseguenza, vuole abbandonare il mondo al suo destino rinunciando a
incidere sugli equilibri globali”. Dulcis in fundo, lo storico dell’American Enterprise Institute afferma senza remore che proprio per tali motivi il Presidente “ha favorito in tutti i modi i nemici degli Stati Uniti, dai jihadisti agli ayatollah iraniani. Non si tratta di errori, bensì di scelte politiche ben precise”. Come sono allo stato attuale i rapporti con Israele? Si percepisce freddezza – o addirittura antipatia – nei confronti di Israele, alleato storico degli USA in Medio Oriente. Freddezza e antipatia che, com’è noto, sono del resto ricambiate da parte dello Stato ebraico. “Obama - conclude Ledeen - preferisce gli islamisti radicali e gli iraniani: una scelta dettata dall’ideologia” (quella della sinistra radicale USA). Una volta esaurita la sorpresa per parole così forti, alzi la mano chi non è stato sfiorato – almeno una volta – da sospetti analoghi. In effetti abbiamo un Presidente che non si comporta come gli altri, non importa se democratici o repubblicani. Di qui la sensazione che l’attuale inquilino della Casa Bianca sia una sorta di “alieno” (dal punto di vista americano, s’intende). Se così fosse, dovremmo per l’appunto smettere di attribuire a Obama le qualifiche di ingenuo e sprovveduto e iniziare a considerarlo una reincarnazione di Machiavelli, abile al punto da ingannare gran parte dei suoi concittadini per realizzare un piano strategico di grande respiro. Davvero possiamo crederlo? Ognuno è libero di esprimere il giudizio che preferisce. Per quanto mi riguarda, ritengo l’analisi di Ledeen da un lato interessante e dall’altro tirata per i capelli. Continuo insomma a pensare che le incertezze del primo presidente nero della storia USA siano reali, e dovute più alla sua personalità che alla sottile influenza di Niccolò Machiavelli. Èovvio però che, per evitare il declino, gli USA hanno bisogno di una leadership forte, altrimenti il potere militare, industriale e culturale conta ben poco. Obama ha ancora una sua leadership? Barack Obama è una figura amletica, con i suoi tentennamenti (si pensi alla Siria), con le retromarce cui ha ormai abituato il mondo. Non penso di dire cose nuove affermando che in questo momento agli Stati Uniti occorrerebbe un Presidente diverso. È pure giustificato chiedersi per quali motivi molti fossero entusiasti quando egli ottenne il suo secondo mandato sconfiggendo il repubblicano Mitt Romney. Che cosa aveva fatto per meritare la conferma? In realtà nulla di rilevante. Naturalmente Obama entrerà comunque nei libri di storia in quanto primo Presidente nero degli Stati Uniti d’America. Se si rammenta che Martin Luther King fu assassinato a Memphis nel 1968, e che a soli quarant’anni di distanza, nel 2008, Obama divenne Presidente, viene in mente una sorta di miracolo. In termini storici 40 anni sono niente, eppure tanto è bastato a questa grande nazione per superare quello che sembrava un problema insormontabile: il razzismo. Senza scordare il peso politico crescente della comunità nera che si esprime anche – ma non solo – attraverso la presenza di tanti suoi esponenti in cariche di massimo prestigio. Condoleeza Rice è un esempio, e tanti altri se ne possono citare. Non si venga però a dire Obama dev’essere ammirato e incensato solo per il colore della sua pelle, perché in quel caso si tratterebbe solo di un razzismo alla rovescia. La verità è che l’attuale Presidente non ha dato prova di possedere le capacità che tutti immaginavano celate dietro il celebre slogan “Yes we can”. Lo slogan è rimasto tale, invariato è il suo grande talento oratorio, e poi nient’altro. Di qui però a dire che la potenza americana è finita ce ne corre. Sarà sufficiente una presidenza meno incerta a rimetterla sulla strada giusta.
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LA MASTOPLASTICA RIDUTTIVA
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e donne che soffrono di ipertrofia mammaria, cioè di un un volume troppo grande del seno rispetto alla sua morfologia, possono ricorrere ad una mastoplastica di riduzione; tenendo presente che un seno cosidetto “normale” ha una distanza in diagonale tra la parte alta dello sterno e l’areola di circa 17-19 cm, si parla di ipertrofia quando questa supera i 23cm. Queste misure medie non sono da sole sufficienti a determinare la necessità di una correzione estetica; più il peso del seno è importante, più esso tende a cedere a causa della pesantezza stessa ed in alcuni casi importanti si può arrivare financo a parlare di invalidità sia fisica che psicologica. Sul piano fisico una ipertrofia mammaria provoca dolori e difficoltà funzionali: problemi respiratori, indolenzimento alla nuca, dolori alla schiena ed al collo dovuti al peso stesso del seno, difficoltà all’attività fisica con tendenza alla sedentarietà, costrizione a piegarsi in avanti per tentare di mascherare il seno troppo grande, accentuando così i dolori dorsali. A volte l’ipertrofia, oltre a favorire l’uso di reggiseni speciali che appiattiscono il seno, provoca difficoltà di natura psicologica o dei veri e propri complessi. Negli adolescenti, un seno molto grande è spesso vissuto in modo doloroso anche se ci sono difficoltà ad esprimere questo malessere; pur potendo intervenire già alla maggiore età, bisogna usare il massimo di precauzioni ed essere molto vigilanti sul piano funzionale, perchè i dotti galattofori, che conducono il latte al capezzolo, potrebbero essere danneggiati durante l’intervento, pur essendo esso meno traumatico nei soggetti giovani, in cui la pelle è più tonica ed elastica. Nelle donne in sovrappeso è importante praticare l’intervento solo al momento in cui esso si è stabilizzato, in quanto un dimagrimento post operatorio importante potrebbe provocare una diminuzione di volume del seno e farlo ricadere, così come un eccesso di peso dopo, potrebbe causarne un nuovo aumento di volume. Dopo una mastoplastica riduttiva, succede spesso che alcune donne perdano del peso e vedano la loro silhouette migliorare, non per effetto dell’intervento stesso, ma perchè, sentendosi meglio con sè stesse, avendo un seno armonioso ed essendo prive ormai dei dolori alla schiena, ricominciano a praticare una normale attività fisica. Per quanto riguarda la gravidanza, conviene attendere un anno dopo il parto prima di sottoporsi ad una riduzione del seno ed allo stesso modo, dopo l’intervento, si consiglia di attendere almeno un anno prima di una nuova gravidanza. L’intervento è realizzato in anestesia generale ed il ricovero dura da 1 a 2 giorni. Il chirurgo incide il seno sulla base dei disegni precedentemente realizzati in accordo con la paziente e toglie una parte di tessuto ghiandolare, di tessuto grasso e di pelle, rimodellando poi i tessuti rimanenti. Se le areole sono troppo larghe rispetto alla nuova forma del seno, si può ridurre il loro diametro. I tessuti asportati sono sistematicamente inviati ad un laboratorio di analisi per svelare la presenza di eventuali cellule anomale. Dopo l’intervento rimane sempre una cicatrice attorno all’areola ed una verticale a forma di T invertita nella parte inferiore del seno, in base al grado di ipertrofia e di cedimento dei tessuti o ptosi; la paziente viene comunque sempre precedentemente informata del
LA MASTOPLASTICA RIDUTTIVA, PIÙ COMUNEMENTE NOTA COME CHIRURGIA DI RIDUZIONE DEL VOLUME DEL SENO, È UN INTERVENTO DI CHIRURGIA PLASTICAESTETICA CHE CONSENTE DI MODIFICARE LA FORMA E LE DIMENSIONI DI UN SENO TROPPO GRANDE E CADENTE O DI CORREGGERE UN’ASIMMETRIA MAMMARIA, MIGLIORANDO L’ARMONIA DEL CORPO E IL PROPRIO SENSO DI AUTOSTIMA.
posizionamento delle cicatrici e della loro lunghezza. In effetti, unica responsabile della forma del seno è la pelle, non avendo esso strutture muscolari all’interno; per questo motivo è spesso impossibile avere delle piccole cicatrici quando bisogna asportare una quantità maggiore di pelle. L’apparizione di un edema e di alcune ecchimosi costituisce un fenomeno normale e temporaneo, così come è possibile una diminuzione di sensibilità dell’areola, anch’essa transitoria. Sara necessario indossare un reggiseno speciale contenitivo per circa tre settimane, giorno e notte, e poi ancora due settimane solo di giorno per dare la forma corretta e desiderata al seno operato.
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SPAZIO TEMPO:
SIENA
di Daniele Crippa
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IL PALIO DI SIENA NON È SOLTANTO UNO STRAORDINARIO TUFFO NEL PASSATO, MA ANCHE L’HISTORIA NEI MUSEI DELLE CONTRADE E L’ECCELLENZA ARTISTICA DIETRO I PALII
uello che accade da centinaia di anni a Siena non sarebbe nulla se il Concilio di Trento non avesse proibito la “caccia ai tori” che da secoli si teneva nello spiazzo situato dietro la via principale del centro storico di uno dei borghi più affascinanti d’Italia. Con l’abolizione della tauromachia si cominciò con le corse dei buoi che non convinsero per nulla la cittadinanza ed allora si pensò ai cavalli.
NASCEVA IL PALIO DI SIENA.
Lo spiazzo si trasformò in una piazza con una notevole pendenza per poter permettere a tutti i presenti di ammirare agevolmente la corsa che si teneva in un anello che la abbracciava per la totalità. Il successo fu immediato, il retro dei palazzi divenne, con le proprie finestre, indispensabile protagonista della vita di una città e nella piazza sorse una fontana affidata ad un grande dell’epoca: Iacopo della Quercia, che
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nel 1419, per 2200 fiorini d’oro, creò il luogo di incontro, il fulcro della vita senese per i 363 giorni di ogni anno, a parte i due della corsa. La piazza divenne cuore della città.
NASCEVA PIAZZA DEL CAMPO.
La forma confederata della città fu il seme che, germogliando, dette vita alle Contrade. Nei secoli le più piccole furono assorbite ed oggi sono diciassette quelle che si contendono il premio della vittoria, il Palio. La corsa viene combattuta da dieci contrade che a rotazione partecipano e che sono disposte a tutto pur di aggiudicarsi lo stendardo dipinto che rappresenta la devozione della città per la Vergine Maria. Una città che vive il proprio Palio all’unisono: anzi, senza il Palio il suo cuore non pulsa, non vive, non sarebbe Siena. Sono le Contrade il cui entusiasmo fa nascere la linfa, è il sangue che permette da secoli di essere un luogo unico nel mondo, irriproducibile ed incredibile. La salvezza di questa città che è ancor oggi un fantastico ed intonso borgo medioevale sono state e sono ancor oggi gli immobili di proprietà delle Contrade che posseggono quasi il cinquanta per cento di Siena tutta. Vi sono diciassette Musei; ogni Contrada ne possiede perciò uno, il quale racconta la propria historia ed esibisce i vari Palii conquistati ed è indispensabile punto di incontro per i suoi contradaioli che qui commentano la corsa passata e sognano per la futura. Per riunire centinaia, migliaia di persone nelle due cene che ogni anno vengono organizzate in strada in occasione delle due corse occorrono centinaia di metri quadri a disposizione per le (almeno) tre cucine che per due giorni deliziano i commensali. E che dire dei magazzini per i tavoli, le sedie e le vettovaglie indispensabili all’evento: tutti immobili di proprietà. È più che ammirevole il sapere che la Contrada acquista pure immobili con lo scopo assistenziale di ospitare i propri contradaioli indigenti ed assisterli in ogni loro bisogno, per una solidarietà che vive da secoli. Che dire della Chiesa sconsacrata acquistata dalla Chiocciola e trasformata in stalla utile ad ospitare due volte all’anno il cavallo prescelto per la corsa. Tutto ciò porta ad un positivo immobilismo ed ad una salvaguardia contro le speculazioni del mattone. Assistere per le strade i giorni precedenti la corsa è immergersi in un’atmosfera che coinvolge e ci fa da un lato com-
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prendere l’importanza delle tradizioni e dell’altro, per un attimo, illudere di essere non solo partecipi ma fare parte di secoli di storia – e che storia. Bisogna esserci per comprendere quei novantacinque secondi di incredibile corsa nei quali il tempo si ferma, tutto è possibile, tutto è in gioco e tutto è consentito. I cavalli per il Palio vengono estratti a sorte ma il fantino è oggetto di desiderio per ogni contrada. Blandizie, promesse e qualsiasi altro mezzo è permesso per accaparrarsi il migliore: chi non ricorda tutte le avventure contradaiole per avere il mitico Aceto, il miglior fantino di tutti i tempi a cavalcare il cavallo della propria contrada in un tutti contro tutti? Ancor
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Arte & cultura Tutte le interpretazioni di questo avvenimento così unico appaiono nel Palio che la contrada vincitrice possiederà per sempre ed esporrà nel proprio Museo. Si possono ammirare Palii antichissimi fino a quelli che artisti contemporanei di importanza internazionale anno voluto creare per sottolineare quanto ancor oggi sia la corsa più sentita e la più famosa al mondo. Io ne amo ricordare alcuni tra i tanti, tutti bellissimi: quelli Salvatore Fiume, Antonio Bueno, Bruno Ceccobelli, Fernando Botero e Jim Dine.
oggi dopo decine di anni si parla con orgoglio della fattoria regalata come premio al fantino che, conscio di non vincere, trattenne le briglie del cavallo dell’odiata contrada avversaria impedendogli forse una sicura vittoria. Un meritatissimo premio: anzi che orgoglio per la contrada riconoscere e poter premiare un atto così cavalleresco. Durante l’anno le donne senesi si dedicano a cucire le repliche perfette degli antichi costumi, delle bandiere e degli stendardi della propria contrada per la sfilata storica e la città tutta continua ad essere coinvolta dalla febbre del Palio.
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Carlo Felice
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opo la pausa estiva il teatro Carlo Felice riapre i battenti. Molte le novità in cartellone per una stagione ricca di titoli, eventi, concerti ed iniziative artistiche appassionanti e coinvolgenti: da Carmen alla Vedova allegra, e poi il ritorno atteso nel 2015 del Premio Paganini diretto dal maestro Fabio de Luisi, concorso noto in tutto il mondo per il suo valore. Andrea Battistoni, talentuoso e giovane direttore d’orchestra, ormai habitué apprezzato dal teatro genovese, condurrà più spettacoli e sinfonie prestigiose. La Carmen di Bizet, riproposta per la bellezza della regia di Livermore e l’intensità del melodramma, offrirà nuove recite, proprio perché mortificata dal dimezzamento dell’anno scorso, a causa dello sciopero dei lavoratori. Una stagione più lunga che si estenderà fino a luglio senza però gravare sui costi dei biglietti e degli abbonati, che potranno così godere di più debutti allo stesso prezzo. Il nuovo sovrintendente Maurizio Roi per le sue competenze amministrative ha già dimostrato polso e strategia; a capo della Fondazione Arturo Toscanini di Parma, l’Istituzione concertistico-orchestrale più importante d’Italia, ha ottenuto
IL SOVRINTENDENTE MAURIZIO ROI È STATO PRESIDENTE DELL’ORCHESTRA REGIONALE ARTURO TOSCANINI, DI CUI HA RISANATO LA SITUAZIONE ECONOMICO-FINANZIARIA
un determinante riconoscimento da parte dell’Eurispes, l’Istituto di studi politici economici e sociali: l’inserimento fra le 100 eccellenze italiane. Questo fa di lui un professionista necessario per la difficile e precaria situazione economica dell’Ente genovese. Tra bilanci in attivo, passivo o in negativo, e sponsor con cui collaborare, la vita artistica del Carlo Felice è sempre alla ribalta della cronaca, con articoli che lo danno in costante sofferenza. Speriamo che il duro e trasparente operato di tutta la direzione possa dare ottimi frutti, e che col tempo se ne parli unicamente in termini di successo artistico e musicale.
INFORMAZIONI UTILI BIGLIETTERIE TEATRO CARLO FELICE Tel.: (+39) 010 589329; 010 591697, fax: (+39) 010 5381.335 e-mail: biglietteria@carlofelice.it Gruppi: (+39) 010 5381.305 - e-mail: gruppi@carlofelice.it ORARIO BIGLIETTERIA: dal martedì al venerdì dalle ore 11.00 alle ore 18.00 sabato dalle ore 11.00 alle ore 16.00 BIGLIETTERIA SERALE E DOMENICALE: Spettacoli serali: UN’ORA PRIMA DELL’INIZIO Domeniche di spettacolo serale: dalle 18.00 alle 21.00 Domeniche di spettacolo pomeridiano: dalle 13.30 alle 16.00
RIAPRE IL “NUOVO” CARLO FELICE di Daniela Masella
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IL
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La ditta Cucchi Traslochi opera sul mercato da oltre sedici anni, specializzata nei seguenti servizi: traslochi, traslochi su Savona, nazionali, internazionali, abbinamenti in tutta Italia ed europei, logistica, pese pubbliche, spedizioni, imballaggi personalizzati, smontaggio e rimontaggio mobili, trasporti pianoforti, trasporto casseforti, trasporti materiale da ufficio, computers, macchinari, statue ed opere d’arte. Il materiale da imballaggio è sempre da noi fornito, pertanto il trasloco può essere “self-service” o “all inclusive”. La ditta Cucchi Traslochi effettua anche il servizio di noleggio piattaforme aeree con manovratore, noleggio camion con autista, noleggio elevatori, custodia mobili, fornitura personale per operazioni di traslochi, lavori pesanti, vendita di materiale da imballo, trasporto materiale di genere solido alla pubblica discarica.
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GIAN PIERO ALLOISIO E GIORGIO GABER AMICI PER MUSICA TEATRI PIENI PER “IL MIO AMICO GIORGIO GABER”. LO SPETTACOLO DI DUE STRETTISSIMI COLLABORATORI DI GABER È UN EVENTO MUSICALE E TEATRALE DA NON PERDERE PER CHI VOGLIA DAVVERO CONOSCERE IL “SIGNOR G” COME PERSONA a cura di Fabrizio Repetto foto di Serena Carminati
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gni volta che ne ha parlato in pubblico, Giorgio Gaber lo ha definito “il mio amico Gian Piero Alloisio”. A dieci anni dalla scomparsa dell’inventore del teatro-canzone, Alloisio ricambia l’affettuoso omaggio con un tributo specialissimo, accompagnato per l’occasione dal chitarrista storico della Band Gaber Gianni Martini. Gian Piero Alloisio ha lavorato per 14 anni con Giorgio Gaber come autore, Gianni Martini 18 anni come musicista. Entrambi hanno avuto modo di conoscerlo a fondo e come artista e come persona. In questo spettacolo sincero e diretto, pieno di aneddoti e di inediti pensieri “gaberiani” sulla politica, sulla religione, sull’amore e sull’arte, Alloisio canta e racconta l’amico scomparso nel 2003 coadiuvato da Martini che, nella parte finale dello spettacolo, smette i panni del musicista per indossare quelli del narratore. Il risultato è uno spettacolo emozionante e didattico insieme che travolge il pubblico con un’energia e un carisma in cui si riconosce la grande
lezione del Maestro scomparso. Commozione e irrefrenabile ilarità che hanno fatto dire ai moltissimi spettatori «questo è il vero teatro-canzone!». Le canzoni scelte per raccontare il Signor G. “visto da vicino” appartengono a periodi e stili musicali molto diversi, da “Torpedo blu” a “La libertà”, da “Barbera e champagne” a “L’illogica allegria”, da “Quello che perde i pezzi” a “Non insegnate ai bambini”. Canzoni leggere e canzoni profonde, rigorose e gentili, proprio come era Gaber. Gian Piero Alloisio ha partecipato al triplo cd della Fondazione Gaber “…io ci sono”; canta “La strana famiglia” che ha scritto nel 1988 con lo stesso Gaber e che presenta in una versione aggiornata. Alle chitarre, Gianni Martini.
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Liguria in musica GIAN PIERO ALLOISIO Gian Piero Alloisio è una figura centrale nella storia della canzone d’autore e del teatro-canzone. Nato a Ovada (AL) nel ’56, genovese d’adozione, esordisce nel 1975 con “Dietro le sbarre” spettacolo e LP dell’Assemblea Musicale Teatrale, cui fanno seguito nel 1977 “Marilyn” (ALT), nel 1979 “Il sogno di Alice” (EMI Premio Miglior Disco dell’Anno) e nel 2002 “La rivoluzione c’è già stata!” (ALT). Nel 1980 ha scritto con Giorgio Gaber, Francesco Guccini e Sandro Luporini Ultimi viaggi di Gulliver (Teatro Carcano) da cui è stato tratto l’album “Dovevo fare del cinema” (CGD). Alloisio, come Autore, ha vinto vari Biglietti d’Oro Agis per il maggior incasso Novità Italiana e per la sperimentazione. Dal 1981 al 1996 ha scritto prosa, canzoni e sceneggiature (4 film per la RAI) con Giorgio Gaber per Ombretta Colli (Una donna tutta sbagliata, Aiuto! Sono una donna di successo, Donne in amore) e per Arturo Brachetti (In principio Arturo). Giorgio Gaber usò per la prima volta la formula “Teatro Canzone” per lo spettacolo di Alloisio e Claudio Lolli “Dolci promesse di guerra”, del 1982. Con Geppy Gleijeses ha scritto Doktor Frankenstein Junior. Per la Fondazione Luzzati-Teatro della Tosse ha scritto, con Tonino Conte, prosa e canzoni per grandi eventi di teatro itinerante tra cui lo spettacolo cult Il Mistero dei Tarocchi. Il suo dramma storico I Templari, ultimo atto è stato trasmesso da Rai 2 (“Palcoscenico”) nel 2007. Con Maurizio Maggiani nel 2008 ha pubblicato per Feltrinelli il cd + libro “Storia della Meraviglia”. Nel 2009 ha scritto e diretto per il Teatro della Tosse Tutte le carte in regola per essere Piero, teatro canzone dedicato a Piero Ciampi. E’ stato per tre anni commissario artistico del Carnevale di Viareggio e ha fondato “Genova/Mediterraneo, Carnevale dei Popoli”. Direttore artistico dell’A.T.I.D., ha scritto, diretto e prodotto 37 spettacoli teatrali e musicali di massa con centinaia di Cittadini-Artisti, professionisti e amatoriali, con cui ha aperto il Festival di Teatro di Borgio Verezzi, il Festival di Teatro Medievale di Anagni e cinque Festival Gaber in Versilia (in ultimo, il 5 luglio 2013 a Camaiore : Le strade di notte, cui hanno assistito 10.000 spettatori). Per il Teatro Stabile di Genova ha scritto La musica infinita e L’Eco di Umberto (dedicati a Umberto Bindi, di cui ha scoperto e digitalizzato l’opera inedita). É autore di vari successi discografici per Francesco Guccini e Eugenio Finardi(ricordiamo “Venezia”, “Dovevo fare del cinema”; “Soweto” e “Musica desideria”), mentre con Giorgio Gaber ha scritto “La strana famiglia”, canzone con cui Alloisio partecipa al fortunatissimo triplo cd della Fondazione Gaber “… io ci sono”, con il Tributo di 50 grandi Artisti (2012). Con la canzone “King” ha partecipato a “Faber, amico fragile” (BMG 2002) doppio cd di platino della Fondazione De André. Nel 2012 è uscito il suo nuovo album “Ogni vita è grande” (ATID/Universal Music) che raccoglie 14 canzoni scritte per il teatro e, in esclusiva su iTunes, la versione aggiornata di “Silvio”, che termina con la celebre frase di Alloisio citata da Giorgio Gaber in un’intervista: “Non temo Berlusconi in sé, temo Berlusconi in me!”. La titletrack “Ogni vita è grande” , già cantata da Alloisio durante l’evento “One World, One Family, One Love” (RAI1 e Mondovisione) alla presenza del Papa Benedetto XVI a Bresso il 2 giugno 2012, è ora stata scelta da Gianni Morandi che l’ha inserita nel suo ultimo cd e l’ha cantata all’Arena di Verona il 7 ottobre 2013 (diretta Canale 5 e Radio RTL 102.5). Alloisio è ideatore e direttore artistico del primo Talent per Autori di canzoni “Genova per voi”, la cui vincitrice 2013, Federica Abbate, ha già ottenuto, come autrice, un Disco d’Oro. La finale dell’edizione 2014 sarà sabato 27 settembre alla Sala Trionfo del Teatro della Tosse di Genova. Due canzoni di Alloisio, in particolare, sono alla ribalta sulla stampa nazionale in questi giorni: Venezia, portata al successo da Francesco Guccini e citatissima in questo periodo di Mose, e Ogni vita è grande, incisa da Gianni Morandi nel suo ultimo album “Bisogna vivere” e presente nel suo Tour.
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I GIOVANI CONQUISTANO IL TIGULLIO:
CARLO BAGNASCO
SINDACO DI RAPALLO
PUNTANO A UN NUOVO “BRAND TIGULLIO” I GIOVANI SINDACI DELLE TRE PERLE DEL GOLFO di Diana Bacchiaz
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arlo Bagnasco è nato il 15 maggio 1977 a Genova. Sposato, due figli, laureato in Farmacia, ha iniziato ad interessarsi alla politica a 16 anni, distribuendo volantini per la campagna elettorale di suo padre, e dal 1995 è iscritto a Forza Italia. È infatti figlio d’arte: suo padre Roberto è stato con successo sindaco di Rapallo per due mandati dal 1995 al 2004, attualmente è Consigliere in Regione Liguria e punta alla presidenza della Regione nelle prossime elezioni. In ambito cittadino, gli esordi di Carlo Bagnasco nel panorama politico e amministrativo risalgono al 2006, come presidente dell’associazione Rea Palus. L’anno successivo si
è candidato per la prima volta alle elezioni amministrative, risultando eletto. Per cinque anni ha assunto l’incarico di consigliere comunale con delega alle Politiche animali. Alle elezioni amministrative 2012 è stato nuovamente eletto e ha svolto il ruolo di consigliere tra i banchi dell’opposizione fino al gennaio 2014. Il 25 maggio è sceso in campo in veste di candidato sindaco di Rapallo, con il sostegno di cinque liste civiche. È stato eletto sindaco l’8 giugno 2014 dopo il turno di ballottaggio che lo ha visto avere la meglio sull’antagonista Armando Ezio Capurro con ampia vittoria. Il primo gesto del nuovo sindaco è stato di aprire la porta del suo ufficio a tutti: chi ha bisogno e vuole parlare con lui lo trova pronto a dialogare e ascoltare. Tra i punti del suo programma Bagnasco intende occuparsi del decoro urbano, spiagge, servizi, parchi cittadini. Una bellissima spiaggia di San Michele è diventata spiaggia ripulita e spiaggia libera ben attrezzata, dove si va a fare il bagno senza pagare costosi stabilimenti balneari. Con orgoglio, Bagnasco ricorda che «abbiamo rinunciato a manifestazioni del calibro di Miss Italia per investire nella riqualificazione delle spiagge». Ma il cuore della sua proposta riguarda il turismo, per la creazione di un vero “brand Tigullio”: l’obiettivo è lavorare soprattutto sul comprensorio, in sinergia con Santa Margherita e Portofino. Sui siti di queste belle località del golfo compaiono molti eventi culturali in contemporanea delle tre cittadine. Basta competizione, le misure sono da prendere coralmente con gli altri due sindaci, con Paolo Donadoni, sindaco di Santa Margherita, e con Giorgio D’Alia, sindaco di Portofino, entrambi giovani ed entrambi profondamente convinti di questa intelligente collaborazione. Serve inoltre una strategia unitaria su rifiuti, infrastrutture e sanità. Un grande obiettivo di Bagnasco sono i parchi, ripuliti e ri-
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Il personaggio
ordinati, a misura di bambino. I più piccoli possono giocare in ambienti puliti e non più degradati con panchine o cestini per la spazzatura ordinati e in perfette condizioni. Inoltre verrà ripristinato il servizio di accompagnamento dei bambini a scuola. Il nuovo sindaco ben sostenuto a livello europeo dall’eurodeputata Lara Comi, che si vede spesso a Rapallo, e collabora intelligentemente con l’ex sindaco Mentore Campodonico, che a tutt’oggi ha un largo seguito, e pare punti ad un ruolo nazionale dentro Forza italia. Oltre alle capacità organizzative dal padre Roberto, Carlo Bagnasco ha ereditato l’amore per l’arte dal nonno Franco, ottimo pittore informale e scultore.
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I CAVALIERI MAURIZIANI A GENOVA LA STORIA DI UN ORDINE CAVALLERESCO DI GRANDE PRESTIGIO E DALL’AFFASCINANTE PASSATO. IL DELEGATO DELLA CITTÀ È IL PROF. PAOLO ERASMO MANGIANTE di Giuseppe Parodi Domenichi
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n occasione delle due processioni annuali del Corpus Domini e del Patrono S. Giovanni Battista, che si snodano dalla Cattedrale di S. Lorenzo verso le vie del centro, ormai da diversi anni – accanto ai neri abiti da chiesa con la croce bianca ottagona dei Cavalieri di Malta e ai bianchi mantelli ornati della croce rossa quintuplice di Terra Santa– è possibile osservare anche le rosse tuniche recanti la croce biancoverde dei Cavalieri Mauriziani, esponenti di una milizia cavalleresca di grande prestigio e dal passato storico tutt’altro che trascurabile. Siccome non poche persone si chiedono spesso chi siano, confondendoli il più delle volte con una Confraternita, sarà bene riportare qui qualche
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Liguria storica sommaria notizia sulla loro storia, rimandando eventuali approfondimenti alle pubblicazioni antiche e moderne che trattano la materia cavalleresca, dove quest’Ordine è sempre ampiamente descritto. Esso trae origine da due distinte entità intitolate ai due Santi: quella di S. Maurizio, fondata alla fine del 1434 presso l’Abbazia di Ripaglia dal Duca Amedeo VIII di Savoia, detto “il Pacifico” che si era ritirato colà con un gruppo di gentiluomini per condurre vita dedita alla preghiera e quella di S. Lazzaro, ancora più antica in quanto sorta in Palestina nel XII secolo con fini assistenziali e che successivamente adottò la regola di S. Agostino. L’unione delle due milizie fu attuata sal Pontefice Gregorio XIII Boncompagni, il quale, con la Bolla “Pro commissa” del 13 novembre 1572, ne ufficializzò il riconoscimento da parte della S. Sede e ne affidò il Gran Magistero al Duca Emanuele Filiberto di Savoia, detto “Testa di ferro”, con il diritto di trasmetterlo ai suoi successori quali Capi di Nome e d’Arme di Casa Savoia e, quindi, come patrimonio araldico della medesima, indipendentemente dal fatto di regnare o meno; con un successivo provvedimento del 15 gennaio 1573 lo stesso Papa unificò anche l’insegna tuttora usata. In forza di questo privilegio il Gran Magistero dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro è stato mantenuto dai legittimi successori del Duca, divenuti poi Re di Sardegna e Re d’Italia; nel 1946, dopo il passaggio dell’Italia dal regime monarchico a quello repubblicano, l’Ordine non si è per questo estinto, né è stato assorbito (come invece avvenuto per altri) dalla Repubblica, in modo tale che esso continua a far parte delle prerogative spettanti al Capo dell’ex Real Casa, che pertanto ha pieno diritto di conferirlo; ovviamente la sua fisionomia strutturale e gerarchica ha subìto variazioni nel volgere dei secoli e i Principi sabaudi hanno più volte apportato modifiche alle normative statutarie, anche per adeguarle ai tempi. Al pari degli altri Ordini oggi in attività, anche quello dei Ss. Maurizio e Lazzaro si articola in Delegazioni nazionali (all’estero) e regionali (in Italia). Per quanto riguarda la Liguria, la Delegazione locale, con sede a Genova, prese l’avvio negli anni ‘80 del secolo scorso ma inizialmente non ebbe successo poiché – forse un pò affrettatamente e superficialmente – fu affidata a persona dimostratasi del tutto inadeguata al ruolo ricoperto (e che fu poi definitivamente radiata); assunse quindi l’incarico l’Avv. Gian Marino Delle Piane, noto esponente del mondo forense e cultore di studi storico-cavallereschi, che vi attribuì una diversa impronta e che portò a compimento buone realizzazioni, fra le quali il restauro di una pala d’altare presso il Santuario di N.S. dell’Acquasanta (legato ai Savoia per il matrimonio fra il Re delle Due Sicilie Ferdinando II di Borbone e la Principessa, oggi Beata, Maria Cristina di Savoia, ivi celebrato il 21 novembre 1832). Dopo le sue dimissioni per impegni professionali, la guida della Delegazione passò al Gr. Uff. Marco Mazzola, imprenditore genovese altrettanto noto e stimato, che, circondato anche da un valido gruppo di collaboratori, estese ulteriormente l’attività: tra le iniziative da lui promosse il dono di una culla termica al reparto di neonatologia dell’Ospedale S. Carlo di Voltri e il restauro dell’organo nella chiesa parrocchiale di S. Giorgio di Bavari; intensificò anche il collegamento della Delegazione con il Gran Magistero, concretando due importanti traguardi di natura spirituale: attraverso chi scrive (con il beneplacito dei vertici) l’Ordine ebbe un Cardinale Alto Protettore, nella persona del porporato astigiano Giovanni Cheli, mentre l’allora Arcivescovo di Genova Card. Tarcisio Bertone concesse per le funzioni della Delegazione l’Abbazia di S. Maria del
Qui accanto un’immagine di Emanuele Filiberto. Nella pagina accanto: Vittorio Emanuele di Savoia e la Croce dell’Ordine Mauriziano
Prato, approvando anche la nomina del primo Cappellano nella persona di Mons. Giulio Adamini, già Preside del Capitolo Metropolitano e docente in Seminario. Oggi, dopo la prematura scomparsa del Gr. Uff. Mazzola, riveste l’incarico di Delegato il Prof. Paolo Erasmo Mangiante, figura di primo piano nel settore sanitario così come in quello del collezionismo d’arte, opportunamente coadiuvato dal Dott. Stefano Pietrafraccia; al defunto Mons. Adamini è succeduto Mons. Gianni Denegri, Cappellano Militare Capo della Guardia di Finanza. L’ingresso tra le fila dell’Ordine è, come si può comprendere, attuato con un certo criterio selettivo, che prescinde comunque dalle ideologie individuali, privilegiando piuttosto la figura morale e culturale del candidato, le sue benemerenze in campo filantropico e l’impegno verso il sostegno delle attività portate avandi sia a livello centrale che locale.
La chiesa di Santa Maria del Prato sorge nella zona di S. Francesco d’Albaro e precisamente all’angolo tra Piazza Leopardi e la Via Parini verso la quale è volta la facciata, mentre dalla piazza è visibile soltanto la disadorna fiancata nord, assai poco appariscente.
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PENSIONATI ITALIANI: SEMPRE PIU’ POVERI, SEMPRE PIÙU’ TARTASSATI A COLLOQUIO CON IL DOTT. STEFANO MARCHESE SULLE POSSIBILITÀ DI TRASFERIRE LA PROPRIA RESIDENZA ALL’ESTERO testo e foto di Anna Proverbio
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n un momento di grave crisi economica come quello che stiamo vivendo in Italia, sono gli anziani a dover sopportare un terzo del peso della pressione fiscale. Da recenti studi risulta che i pensionati italiani sono i più tartassati d’Europa; inoltre il potere di acquisto della loro rendita mensile viene ulteriormente indebolito dalla morsa delle imposte trattenute, superiori addirittura al prelievo fiscale imposto ai dipendenti. Chi percepisce pensioni minime è costretto a combattere una lotta quotidiana per far quadrare i bilanci mentre chi usufruisce di un budget discreto, è allarmato dalle notizie, subito smentite, di ulteriori prelievi sulla propria pensione. Uno studio della Confesercenti ha evidenziato il grande divario delle imposte che esiste tra l’Italia ed i paesi della Comunità Europea, ad esempi il pensionato italiano è soggetto ad un prelievo doppio rispetto a quello spagnolo, triplo rispetto a quello inglese, quadruplo rispetto a quello francese e incommensurabilmente superiore a quello tedesco. A questo punto molti anziani potrebbero essere tentati di trasferire la propria residenza in uno di questi paesi, per poter godere del trattamento fiscale ivi vigente. Per saperne di più ci siamo rivolti al dottor Stefano Marchese, commercialista esperto di fiscalità internazionale con studi a Genova e a Milano. Dottor Marchese, se alcuni pensionati italiani che si trovano in una condizione di grave indigenza decidessero di trasferirsi in paesi dove la vita è meno cara – Tunisia, Isole Canarie, Marocco, Colombia o Costa Rica e così via – per cercare di trascorrere, in discreta agiatezza, gli ultimi anni della loro vita, che cosa dovrebbero fare? Per prima cosa dovranno trasferire la loro
CHI È STEFANO MARCHESE Il dottor Stefano Marchese è iscritto all’Albo dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili dal 1986, è socio dello Studio Marchese, Grassi & Associati (Genova e Milano), specializzato in fiscalità europea ed internazionale, in diritto societario, nazionale ed internazionale, e in materia di trust. È anche socio dell’International Fiscal Association dal 1987 e socio benemerito dell’Associazione Magistrati Tributari. E’ stato vicepresidente della FEE (Federazione Europea dei Commercialisti), con delega alla fiscalità dal 2001 al 2008, di cui è stato presidente della Commissione fiscalità diretta dal 2001 al 2009. Inoltre è ’ stato consigliere del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC), per il periodo 2008-2012, con delega alla deontologia, alla fiscalità internazionale e agli affari europei. Dal 2008 è membro del gruppo di Esperti della Commissione europea per la modifica della direttiva sulla tassazione del risparmio. E’ autore di diversi articoli e libri, soprattutto in materia di diritto tributario, politica fiscale e trust; è relatore a congressi e conferenze, nazionali ed internazionali. Attualmente fa parte dello IESBA(International Ethics Standard Board Acomtans), organismo mondiale con sede a New York che ha l’incarico di scrivere il codice deontologico dei commercialisti e revisori nel mondo Parla correntemente l’inglese, il francese e lo spagnolo.
residenza nel paese prescelto, iscrivendosi all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero). La residenza dovrà essere effettiva e non meramente nominale o addirittura fittizia, infatti, assieme alla residenza occorrerà trasferire anche il domicilio, ossia il centro dei propri affari ed interessi. Inoltre sarà necessario essere residenti all’estero per almeno sei mesi ed un giorno nell’anno solare. Così facendo si diventa fiscalmente residenti nel paese estero prescelto e, in base alle convenzioni contro le doppie imposizioni, il diritto di tassare la pensione è del paese estero di residenza e non più dell’Italia (la convenzione è in vigore per Tunisia, Spagna, Marocco ma non per Colombia e Costa Rica, ad esempio). Questi Stati esteri di residenza, di solito, non tassano le pensioni degli stranieri che diventano residenti, o le tassano ad aliquote particolarmente ridotte. Quando invece non c’è la convenzione, fermo restando che la tassazione nel paese estero può essere particolarmente moderata o nulla, l’art. 23 del t.u.i.r. italiano prevede che la pensione pagata da un ente pensionistico italiano sia comunque tassata in Italia anche se versata ad un soggetto residente all’estero. Se un libero professionista pensionato avesse deciso di continuare a lavorare in Italia, si iscrivesse all’AIRE e trasferisse la propria residenza, ad esempio in Francia, dove potrebbe dimostrare di avere un’abitazione, potrebbe ricevere la sua pensione esentasse,e assolvere gli obblighi fiscali in Italia soltanto per il lavoro ivi svolto, visto che in quel paese le pensioni non sono soggette a tassazione? La risposta è no. Per beneficiare dello stato di “residente estero” ai fini fiscali non basta trasferire la residenza anagrafica, o vivere la maggior parte del tempo, all’estero, ma occorre trasferire anche il centro dei propri affari ed interessi, sia economici sia familiari. Pertanto, l’ipotesi formulata potrebbe funzionare soltanto se il pensionato avesse una attività in Italia e, contemporaneamente, una ben più importante attività lavorativa in Francia (il che dimostrerebbe che il centro dei suoi affari è in quel paese). Che cosa si deve fare per trasferire la propria residenza all’estero? Innanzitutto occorre avere accesso ad una abitazione, di proprietà o in locazione, quindi si deve ottenere la documentazione richiesta per il soggiorno all’estero, a seconda della legislazione di quel paese, inoltre bisogna recarsi al Consolato italiano del luogo di residenza per iscriversi all’AIRE. In più, se si vuole che la residenza estera abbia anche valenza fiscale, il soggetto deve organizzare i propri affari in modo tale che non si possa affermare che il domicilio in senso civilistico sia rimasto in Italia (ad esempio, il coniuge dovrebbe seguire il pensionato emigrante). Vi è differenza se si sceglie un paese che fa parte dell’Unione Europea rispetto ad uno che non ne fa parte? In generale, si può dire che in tutti i paesi dell’Unione Europea il cittadino italiano ha il diritto di risiedere, mentre trasferirsi in altri paesi può essere soggetto a maggiori o diversi requisiti. Inoltre, tutti i paesi dell’Unione Europea hanno stipulato con l’Italia una convenzione contro la doppia imposizione. Che cosa si perde e che cosa si acquisisce trasferendo la propria residenza all’estero? In generale non si perde nulla, salva l’iscrizione al SSN ( Servizio Sanitario Nazionale). Occorre quindi organizzarsi per l’accesso al sistema sanitario estero del nuovo paese di residenza, pubblico o privato a seconda dei casi e della qualità dei servizi prestati
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INTERNAZIONALE MA MADE IN ITALY:
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LA PIÙ GRANDE KERMESSE NAUTICA ITALIANA CONTINUA SULLA STRADA DELLA RIORGANIZZAZIONE CON L’OBIETTIVO DI TORNARE A ESSERE, IN TRE ANNI, IL SALONE DI RIFERIMENTO DEL DIPORTO EUROPEO
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orna il Salone Nautico, con progetti importanti (e un giorno in più per gli espositori). Per l’edizione di Ottobre 2014 le energie degli organizzatori saranno concentrate sul coinvolgimento diretto di operatori e stampa internazionali, sulla valorizzazione del Made in Italy e su un nuovo layout espositivo che dà grande importanza anche al mondo della vela. Tornare forte come prima, partendo dalla positiva esperienza dell’anno scorso, questo l’obiettivo del 54° Salone Nautico Internazionale di Genova in programma dall’1 al 6 di Ottobre 2014. Al termine dell’edizione passata l’apprezzamento degli operatori non era mancato grazie ai 115.000 visitatori, 750 espositori e più di mille imbarcazioni di cui 300 in acqua. Quello è stato solo il primo passo e si ripartirà da lì, dal nuovo corso simbolicamente segnato, un anno fa, dal red wall, per arrivare a un Salone completamente rinnovato, un Salone che ha voglia di rilancio e di
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riaffermarsi come la più importante kermesse europea di settore. Un obiettivo da raggiungere nell’arco di tre anni che ha nella forte vocazione internazionale il suo primo punto di riferimento. In quest’ottica, a partire dall’edizione 2014, verranno ospitati i principali buyer internazionali che nel Salone di Genova troveranno il luogo ideale, al centro del Mediterraneo, per creare la loro rete di relazioni e per poter toccare con mano il meglio della produzione nautica italiana. A loro sarà dedicata grande attenzione, a partire dall’allestimento di un’apposita area nel Padglione B in cui si svolgeranno incontri personalizzati. Attraverso inviti mirati, saranno poi coinvolte le principali testate giornalistiche di settore europee, americane, dei Paesi emergenti e del Middle East. Tra le novità, per rispondere alle richieste degli operatori, anche la durata di un giorno in più rispetto all’anno scorso. Il formato espositivo riprenderà alcuni punti di forza apprezzati nel 2013, a partire dallo spostamento del baricentro verso il mare, con la possibilità di effettuare facilmente le prove a mare e di avere molte più barche in acqua, più belle da vedere e anche meno costose da esporre. Grande attenzione sarà dedicata al mondo della vela, che avrà una nuova casa, il Sailing World. Un’area più estesa rispetto al passato che comprenderà l’intera darsena interna per esporre fino a 120 barche in acqua e oltre 6.000 mq di
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spazi a terra, lungo le banchine e sotto la tensostruttura, dove potranno esporre oltre ai cantieri e all’accessoristica velica, anche gli operatori del charter, della vela sportiva, del turismo nautico e della portualità, così come scuole vela e federazioni. Grande attenzione alla ristorazione di qualità: novità assoluta per la nuova edizione sarà il Food and Beverage Court, una piazza che ospiterà il meglio dell’enogastronomia Made in Italy, con operatori di altissimo livello. In generale ci si focalizzerà molto anche sui
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Salone Nautico miglioramenti dei servizi dedicati a operatori e visitatori per rendere più facile e più piacevole la permanenza al Salone. Nella passata edizione era stata molto apprezzata la scelta di separare in maniera evidente le varie fasce merceologiche: barche a vela, barche a motore, accessori, motori. Anche quest’anno si continuerà su questa strada. Oltre al Sailing World, tornerà il Power Village che ospiterà i motori, la darsena grande sarà destinata alle imbarcazioni a motore e il Padiglione B sarà riservato agli accessori e alle imbarcazioni pneumatiche e ai fuoribordo. L’anima del nuovo corso del Salone potrà poi contare su un forte investimento nella valorizzazione del Made in Italy. L’Italia è oggettivamente tra i luoghi migliori al mondo per il turismo nautico: il Salone genovese può rappresentarne la capitale e il primo veicolo per promuoverlo e farlo conoscere a un pubblico sempre più internazionale. L’eccellenza italiana ha certamente un punto di forza ideale nella nautica, da sempre sviluppatasi all’insegna della qualità e di una lontana tradizione. Al pari di settori come la moda, il design, l’enogastronomia, i gioielli, l’arte e l’architettura, ha tutte le carte in regola per rafforzarsi come motore di sviluppo dell’economia all’insegna della qualità Made in Italy.
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n Corso Gastaldi, al 177/179 rosso, si trova «Focaccia e…», dove una sosta è quasi obbligata: una tappa dove l’accoglienza ed il sorriso sono di casa. Un vero e proprio «atelier del gusto» nel percorso strategico di collegamento tra la città ed il Levante di Genova. L’attività, creata nel 1999 dai genitori, continua con le figlie, all’insegna dell’innovazione per proporre tutte le bontà di una tradizione collaudata nei propri prodotti. Il negozio, completamente ristrutturato negli arredi e nei colori, offre, oltre al piacere di poter acquistare ogni genere di prelibatezze, la possibilità di gustarle comodamente seduti tra banconi dal design attuale ma in classico legno, o di poter ordinare il pranzo e riceverlo gratuitamente a domicilio. Per le occasioni speciali si organizzano rinfreschi e buffet, compleanni, battesimi e feste di laurea, o si confezionano prelibate torte, una variegata gamma di “Cake Design” con la collaborazione di una chef pasticcera diplomata Maestra d’ Arte. E’ sempre l’ora per uno spuntino genuino, ed ecco che non si può non entrare e farsi conquistare da ogni tipo di pane, vera bontà della natura: con i cereali, con le olive taggiasche liguri, con le noci, focacce alla salvia, alle patate, alle olive ed altri genuini e svariati gusti in grado di soddisfare ogni palato, anche il più esigente e sofisticato. Nella gastronomia si trovano tutti i piatti della tradizione ligure, dalle torte salate alle ricette antiche e tradizionali tramandate dalle nonne. La pizza profumata si può gustare in ogni ora del giorno in un ambiente giovane e dinamico tra gli abituali clienti della zona, medici, personale ospedaliero, impiegati di uffici, universitari, un momento di gradevole relax o una pausa alla vita frenetica di ogni giorno. I più golosi si lasciano tentare da croissant caldi e profumati, dolci di pasta frolla, meringhe e pasticceria secca. «La nostra cucina» dice la titolare «dà importanza e valore alla tradizione ligure e genovese ma riesce ad innovare predili-
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gendo i prodotti e quindi la qualità». L’amore e la passione per il lavoro contraddistinguono e rafforzano l’offerta delle squisitezze proposte ed anche i turisti possono scegliere di portare a casa un tocco di “gourmanderie per ricordare Genova e la Liguria.
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30 OCT- 2 NOV PARC CHANOT MARSEILLE
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inscriptions - informations sur www.underwater-festival.com
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AssociAzione itAliAnA per lA lottA Al neuroblAstomA o.n.l.u.s. PER LUI LA RICERCA È “SPERANZA DI VITA” DA OLTRE 20 ANNI: NON UNO SLOGAN MA LA PRIMA PIETRA DI UNA STORIA IMPORTANTE FATTA DI LACRIME, IMPEGNO, DETERMINAZIONE E SPERANZA Dalla piccola alice Grace ai bambini e alle famiGlie che riponGono la loro speranza nella ricerca scientifica.
Il simbolo dell’Associazione è il bambino con l’imbuto: il suo viso gioioso che emana simpatia e vitalità, la sua spontanea allegria rappresentano il cuore e lo spirito che da sempre la animano e la sostengono.
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al 23 luglio 1993, data storica in cui un gruppo di genitori disperati, che non volevano assistere impotenti alla sorte preannunciata dei propri bambini, e alcuni oncologi che li avevano in cura la fondarono, l’Associazione Italiana per la Lotta al Neuroblastoma O.N.L.U.S. si occupa incessantemente, quotidianamente, con dedizione, nella massima trasparenza, con senso etico e grandissimo impegno di raccogliere fondi per la ricerca scientifica. L’Associazione è membro aderente dell’Istituto delle Donazioni, il quale si pone come garante verso il donatore rassicurandolo che i fondi raccolti dall’Associazione vengono destinati correttamente agli scopi statutari. È riconosciuta dal mondo scientifico quale interlocutore di riferimento per il sostegno alla ricerca sul Neuroblastoma. È in stretta sinergia con la Fondazione, fondata nel 1998, che è partner di AIEOP, Associazione Italiana di Ematologia e Oncologia Pediatrica, la Società Scientifica che riunisce i centri di cura d’eccellenza a livello italiano. Il Neuroblastoma è la principale causa di morte per malattia in età prescolare ed è la terza neoplasia per frequenza, dopo le leucemie e i tumori cerebrali (dal 2006 l’Associazione si occupa anche di Tumori Cerebrali Pediatrici, sostenendo il Progetto Pensiero). In più di 20 anni l’Associazione e Fondazione hanno raccolto ed erogato oltre 19 milioni di euro alla ricerca scientifica. I risultati di questo impegno sono sotto gli occhi di tutti e sono di buon auspicio per arrivare a guarire i bambini ammalati. La scoperta del ruolo del gene ALK nella malattia è
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GRAZIE A TUTTI COLORO CHE CI SOSTENGONO IN TUTTA ITALIA. GRAZIE DI CONDIVIDERE CON NOI IL SOGNO DI CURARE TUTTI I BAMBINI AMMALATI! fra questi. ALK è un gene coinvolto nello sviluppo e nella progressione del Neuroblastoma. Oggi grazie all’Associazione, alla Fondazione e ai ricercatori, da esse sostenuti, si stanno studiando gli inibitori di questo gene e, a breve, i farmaci potranno essere oggetto di un protocollo di cura sperimentale sui piccoli pazienti. I progetti di ricerca realizzati e quelli attualmente in corso si svolgono oggi nei centri più autorevoli d’Italia: Istituto G. Gaslini di Genova, Istituto Tumori e Università di Genova, Fondazione Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, Ospedale Bambino Gesù di Roma, Università e CEINGE (Centro Interdipartimentale di Genomica e Biologia Molecolare) di Napoli, Università e CIBIO (Centro di Biologia Integrata) di Trento, e IRP - Fondazione Città della Speranza di Padova. L’Istituto Italiano della Donazione, di cui l’Associazione è socio aderente dal 2007, ne certifica l’assoluta trasparenza, il buon utilizzo delle donazioni raccolte e la correttezza dei processi gestionali.
Se volete avere maggiori informazioni sull’Associazione e sulle sue attività, e aiutarci a sostenere la ricerca scientifica per salvare i bambini visitate il nostro sito www.neuroblastoma.org oppure telefonateci allo 010/9868329: saremo felici di rispondere a ogni vostra domanda.
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ono partito il giorno di Natale» racconta il dottor Natour, medico olistico, ematologo, iridologo ed agopuntore, «per raggiungere Sanlìurfa, l’antica Edessa, città situata nel sud-est della Turchia, non lontana dal confine siriano e da Aleppo, dove sono stati allestiti dei campi per l’accoglienza per i profughi fuggiti dal regime di Assad”.
Perché ha deciso di passare le sue vacanze natalizie lavorando in un Ospedale turco? Da tempo sentivo l’esigenza di offrirmi come volontario per trasmettere le mie competenze nel campo della medicina olistica ai giovani medici che si adoperano per curare i rifugiati. Io sono di origine palestinese e conosco bene la
realtà di chi ha sofferto condizioni di vita particolarmente disperate. I profughi sono senza fissa dimora, hanno perso il lavoro, fonte di sostentamento e quindi si trovano a vivere in condizioni terribili, in balia dell’ingiustizia politica, ricevendo trattamenti che non rispettano la dignità umana. Perché ha scelto di andare in Turchia, piuttosto che in Africa dove vanno la maggior parte dei medici italiani che si offrono come volontari? Poiché sono nato ad Ararat, nello Stato di Israele, conosco perfettamente l’arabo, anche se in Italia e precisamente a Genova ho studiato medicina e dal 1995 ho ottenuto la cittadinanza italiana. Pertanto, quando sono stato contattato da un’associazione di medici onlus costituita per portare aiuto al popolo siriano che fugge dal regime di Assad, ho accettato con entusiasmo di andare ad insegnare ad un
IL VIAGGIO DI UN MEDICO GENOVESE DI ORIGINE PALESTINESE NEI CAMPI PROFUGHI AL CONFINE TRA SIRIA E TURCHIA
IN TURCHIA PER PORTARE AIUTO
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Solidarietà e medicina gruppo di giovani medici – quattro turchi e due siriani – l’agopuntura auricolare e la craniopuntura Hyamamoto, tecniche che consentono di alleviare numerosi sintomi dolorosi di qualsiasi origine, senza effetti collaterali. Se si riflette sul fatto che dall’inizio della guerra civile siriana i morti sono stati 130 mila e 9 milioni e mezzo sono state le persone costrette all’esodo, si può immaginare quanto sia necessario l’aiuto di medici volontari. Come si svolgevano i suoi corsi? Al mattino spiegavo la teoria ed al pomeriggio offrivo dimostrazioni pratiche, alleviando le patologie dolorose che affliggevano molti rifugiati. Le sue dimostrazioni sono state efficaci? Debbo dire che ho avuto grandi soddisfazioni: i giovani medici, estremamente motivati hanno imparato in soli sette giorni le varie tecniche, inoltre quasi tutti i miei pazienti si sono dimostrati così riconoscenti nei miei confronti offrendomi attestazioni di stima e simpatia che mi hanno ampiamente ripagato delle fatiche del viaggio. Ci racconti qualche caso particolare. Ad un paziente che aveva una scheggia conficcata nel cranio, così internamente da non poter essere operato, ho fatto passare il mal di testa che non gli consentiva di dormire da mesi. Ad un altro profugo sono riuscito a togliere il mal di denti che lo tormentava, infine ad altri rifugiati , ho alleviato i sintomi dolorosi dovuti a fratture agli arti non ben saldate e così via.
Se le fosse consentito parlare con le autorità competenti che cosa vorrebbe chiedere? Senza dubbio di attivarsi in tutti i modi per cercare di far cessare questo massacro. So che recentemente sono stati rinvenuti corpi di persone trucidate, orribilmente sfigurati dalle torture. E’ davvero intollerabile assistere senza fare nulla a questi crimini disumani.
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MURISENGO, IN SCENA SUA MAESTA’ IL TARTUFO LA 47° EDIZIONE DELLA FIERA NAZIONALE DEL TARTUFO BIANCO “TRIFOLA D’OR” IN PROGRAMMA DOMENICA 16 E DOMENICA 23 NOVEMBRE NELLA “TERRA DEL TARTUFO”
di Chiara Cane
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poco più di un’ora dal capoluogo ligure, il Basso Piemonte, terra storicamente riconosciuta come scrigno del funghi ipogei tra i più pregiati del patrimonio gastronomico italiano famoso in tutto il mondo, celebra domenica 16 e domenica 23 novembre, la 47° Edizione della Fiera Nazionale del Tartufo Bianco “Trifola d’Or”. L’appuntamento è a Murisengo, borgo antico meglio conosciuto come “Terra del Tartufo” dove, dal 1530, si rinnova il commercio del diamante grigio della cucina, in un ambiente bucolico della provincia di Alessandria, in cui la tradizione continua ad essere una sincera consuetudine. Tuber Magnatum Pico, tartufo bianco pregiato oppure ancora di Alba, sono i tre diversi nomi per definire l’unica varietà esistente di bianco, le cui massime proprietà organolettiche si apprezzano esclusivamente nel Basso Piemonte. Un fungo ipogeo che tra mito, storia, cultura e gastronomia ha attraversato secoli di storia per divenire, a fine degli anni ’30 del secolo scorso, il primo protagonista della tavola autunnale ed invernale, la più raffinata, che non teme confronti. Curiosità: Ricevuto in dono un tartufo bianco piemontese dall’albergatore
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In Liguria GLI OSPITI E LE PROPOSTE Anche per l’edizione 2013 sono attesi ospiti del mondo della cultura, delle arti e delle professioni dell’Italia che vale. A breve verranno resi i nomi degli ospiti dell’edizione 2014. Un parterre de roi ha caratterizzato l’edizioni precedente. Ecco il loro nomi: l’attore alessandrino Massimo Poggio, il dirigente d’azienda Gian Maria Gros Pietro, il sociologo e saggista Renato Mannheimer e l’ex attaccante granata Paolo Pulici. Tra le proposte, animazione per bambini e folklore musicale itinerante per tutto il giorno; domenica mattina e pomeriggio minicorso di falconeria in zona San Pietro e minitour con asinelli nel borgo antico e lungo la fiera. Passeggiate naturalistiche guidate nei luoghi del tartufo la mattina alle ore 10. Per tutto il giorno, mostra pittorica “Emozioni della Terra” in via Umberto I. Visite del castello millenario di Murisengo che fu dei principi alessandrini Guasco da Bisio. Interessanti la galleria in “rosa” con un curioso blasone che descrive discendenze ed intrecci della nobile famiglia alessandrina, la cappelletta a base ellittica progettata da Carlo Ceppi, la torre merlata elevata a 25 metri di altezza e le sale affrescate dal pittore monferrino Pifferi. Tra gli ospiti dell’antico maniero, il Re Vittorio Emanuele II durante le manovre militari del 1928 e, ancor prima, lo scrittore e patriota Silvio Pellico che, proprio a Murisengo, nel 1813 scrisse parte della commedia teatrale “La Francesca da Rimini”. Visite libere al mattino dalle ore 10 alle ore 12. Visite accompagnate il pomeriggio dalle ore 15 alle ore 18 (ingressi: ore 1 5,00 – ore 16,00 e ore 17,00). Servizio navetta non stop. Info www.fieradeltartufo.com
albese Giacomo Morra, l’attrice Marilyn Monroe disse “non ho mai mangiato niente di più eccitante”. Giacomo Rossini definì il tartufo bianco il “Mozart dei funghi” e così via nella storia furono e continuano ad essere moltissimi gli estimatori che gli attribuiscono le più singolari ed esaltanti qualità e caratteristiche. Il Tuber Magnatum Pico che nasce in primavera, cresce in estate e matura in autunno sprigionando l’intrigante profumazione che gli appartiene, viene consumato alla tavola nella stagione autunnale e fino a fine gennaio. Dopo l’estrazione dal terreno, grazie all’abilità ed all’esperienza dei trifolau (cercatori) accompagnati dai loro tabui (cani da tartufi), si conserva per circa 15 giorni, previi i dovuti accorgimenti. Due settimane in cui sprigiona una particolare profumazione che è un mix tra il profumo del miele commisto all’aglio ed al fieno. Trascorso tale periodo inizierà ad assumere un odore di ammoniaca: è il segnale che tradisce la perdita di freschezza.
Tra gli abbinamenti consigliati, il Tuber Magnatum Pico trova “la sua morte” migliore sulle uova al tegamino, sui tajarin all’uovo (pasta fresca), sulla battuta di carne cruda piemontese, sulle robiole fresche e su pochi altri piatti dal sapore genuino, ma non prevalente. Non ama abbinamenti a piatti troppo elaborati, predilige la semplicità della cucina piemontese purchè sia con prodotti di alta qualità. Il Tuber Magnatum Pico infine, a differenza dei tartufi neri, va lamellato crudo solo ed esclusivamente a piatto servito: è un sacrilegio cuocerlo. Questi solo alcuni dei principali segreti che caratterizzano il protagonista assoluto della tavola autunnale ed invernale piemontese. Per scoprirne molti altri non resta che andare a visitare una delle fiere Nazionali presenti nel calendario piemontese qual è quella di Murisengo che, nel tempo, ha conservato l’atmosfera del tempo che fu, a stretto contatto con gli usi ed i costumi dell’antico borgo monferrino. Ecco alcune anticipazioni sul programma: oltre cento gli espositori, tutti rigorosamente selezionati, tra i produttori di
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IL MENU A CHILOMETRI ZERO Presso il padiglione gastronomico curato dalla Nuova Proloco di Murisengo, verrà servito un menu a Km0 con prodotti targati Murisengo e tartufi De.Co. Ecco il menu: Salame cotto e crudo di Murisengo tagliato a coltello Carne cruda di fassone con tartufo de.co. Tris di formaggi piemontesi con miele e scaglie di tartufo de.co. Agnolotti con lamelle di tartufo de.co. Bollito misto piemontese con bagnetto verde e verdure Torta di nocciole a marchio Eccellenza Artigiana Piemontese Vini: Grignolino del Monferrato, Barbera del Monferrato e Moscato dolce Acqua del Sindaco.
Tartufi e Vini una terra di eccellenza è lo slogan che, di anno in anno torna a rappresentare Murisengo, espressione di sapori autentici e immutati. Oltre ai produttori locali, con le migliori etichette di Barbera, Grignolino e Freisa, durante le due domeniche di fiera, verranno allestiti banchi degustazione a cura di Onav Asti, con una proposta tra le migliori etichette regionali. Non mancheranno poi le degustazioni a calice di nettari di Bacco ad etichetta coperta. In premio, a chi indovinerà la tipologia di vino, la gradazione e l’annata, un tartufino bianco locale.
Tutti i prodotti della tavola saranno rigorosamente ed esclusivamente di produttori murisenghesi la cui tracciabilità sarà riscontrabile sul menu riportante, per ogni portata, i riferimenti del produttore con i relativi recapiti. Lungo la via del paese sarà altresì possibile ritrovare punti ristoro a piatto e a self service in piazza Lavazza con posti a sedere sotto ai gazebo. Nel palatenda di piazza della Vittoria servizio gratuito Coffe Break Lavazza dalle ore 10 alle ore 13,00.
qualità ed eccellenza certificata saranno presenti in fiera dalle ore 8 alle ore 18 di entrambe le domeniche. Lungo il centro storico del paese saranno presenti i Maestri dei Mestieri d’Eccellenza a marchio Eccellenza Artigiana Piemontese, i Presidi Slow Food, gli associati Coldiretti Piemonte e delle Regioni d’Italia oltre ai produttori locali con le specialità TargatoMurisengo. In particolare, la fiera murisenghese, garantisce la presenza di Tartufi Bianchi Pregiati (Tuber Magnatum Pico) a Denominazione Comunale (De.Co.), sia in acquisto nel palatenda di piazza della Vittoria, sia in consumazione presso il padiglione enogastronomico della proloco e presso i ristoranti locali segnalati dalla targa De.Co.. A maggiore garanzia del consumatore, tutti i tartufi acquistati in fiera verranno consegnati all’interno di sacchetti numerati e timbrati dal Comune per consentire al compratore di risalire al suo venditore in qualsiasi momento. Inoltre, il Centro Nazionale Studi del Tartufo, presente in fiera tutti gli anni, potrà garantire, gratuitamente e a richiesta, la qualità dei tartufi mediante il rilascio del certificato di qualità Iso 70006 e produrre informazioni in merito alla stagione, alle quotazioni ed alle caratteristiche.
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PREMIO LEIVI 2014, PREMIATI I MIGLIORI EXTRAVERGINI DEL LEVANTE LIGURE. MENO DELLA METÀ GLI OLI PARTECIPANTI RISPETTO ALL’ANNO PASSATO
RESISTE L’OLIO DEL LEVANTE LIGURE di Virgilio Pronzati foto Agosto Nella foto sopra l’onorevole Luca Pastorino premia Umberto e Carla Costa titolari della Soc. Agr. Santa Barbara per il migliore extravergine DOP.
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a ventesima edizione del Premio Leivi è stata caratterizzata da sobrietà, concisione e schiettezza, con interventi brevi e più concreti che nel passato, e lo stesso con le premiazioni. Ciò non limita l’importanza del premio, anzi conferisce maggiore autorevolezza alla manifestazione, confermandone l’unicità regionale. Ben pochi avrebbero pensato che il Premio Leivi arrivasse con successo a vent’anni di vita. Non è certo un caso se in questi vent’anni il livello qualitativo degli extravergini del Genovesato e Spezzino è costantemente aumentato. Il premio, oltre al miglioramento della qualità olivicola, ha garantito il rispetto e mantenimento dell’ambiente, preservandolo dalle speculazioni e dal degrado idrogeologico, finalità che a Leivi sono a tutti evidenti. Tornando alla manifestazione, dopo l’introduzione di Enrico Molini c’è stato il saluto e la presentazione del Premio Leivi 2014 da parte del Sindaco di Leivi Vittorio Centanaro. Nel suo schietto e apprezzato intervento, Centanaro ha rilevato le evidenti difficoltà economiche che oggi gravano sui comuni in genere, chiedendo il sostegno dei politici presenti e, soprattutto, ringraziava gli olivicoltori e i contadini in ge-
CLASSIFICA OLI DOP RIVIERA DI LEVANTE 1° Az. Agr. Santa Barbara - Santa Margherita Ligure - (Punti 7,90) premiata dall’Onorevole Luca Pastorino con Diploma, Medaglia d’Oro e tralcio d’ulivo in argento su ardesia. 2° Frantoio Solari Mauro - Leivi (Punti 7,50) premiato dall’Assessore Regionale Giovanni Boitano con Diploma e Ramo d’ulivo in argento su ardesia. 3° Az. Agr. Solari Massimo - Chiavari - (Punti 7,30) premiata dal Presidente della Sezione Agricola della Camera di Commercio di Genova Germano Gadina con Diploma e Ramo d’ulivo in argento su ardesia. 4° Olivicoltori Sestresi Sca - Sestri Levante - (Punti 7,10) premiata dal Consigliere Regionale Gino Garibaldi con Attestato di partecipazione e Medaglia d’argento. 5° Az. Agr. La Bilaia - Lavagna (GE) - (Punti 7,00) premiata dal Sindaco di Carasco Massimo Casaretto con Attestato di partecipazione e Medaglia d’argento.
nere per l’abnegazione con cui conducono le proprie attività. Sulla stessa falsariga gli interventi dei politici presenti. Quest’anno gli oli in concorso erano meno della metà di quelli presenti all’edizione precedente. Tra le cause, l’annata scarsa e l’andamento climatico non favorevole, e un solo produttore della provincia Spezzina. Dei 31 campioni presentati, di cui 6 DOP, ne sono rimasti in lizza solo ventiquattro. Dei sette campioni scartati due lampanti, quattro non idonei ai parametri DOP e un vergine. Un risultato non certo strepitoso, ma in parte positivo. Ad affermarlo il Capo Panel di tutte le edizioni del Premio Leivi Francesco Bruzzo: malgrado l’annata caratterizzata da difficoltà climatiche e di scarsa resa, la quasi totalità degli oli era di buona qualità, esprimendo un discreto equilibrio sia al naso che in bocca. La giuria era così composta: capi Panel: Maria Pio Costa Oli DOP e con Parametri DOP e Francesco Bruzzo Oli Extravergini con parametri DOP, Luigi Bellucci, Giovanni Bottino, Giorgio Botto, Sergio Carozzi, Antonella Casanova, Carla Casaretto, Francesco De Iorgi, Serena Bernardi, Claudia Olcese, Giuseppina Rizzo, Agostino Sacchi, Savina Vercellino. Le Autorità intervenute: Il Sindaco di Leivi Vittorio Centanaro, l’Onorevole Luca Pastorino, l’Assessore Regionale Giovanni Boitano, i Consiglieri Regionali Roberto Bagnasco, Gino Garibaldi e Giuseppe Maggioni, il Presidente della Sezione Agricola della Camera di Commercio di Genova Germano Gadina, il Sindaco di Carasco Massimo Casaretto, il Capo Area del Banco di Chiavari Paolo Sanguineti, il Presidente Regionale dell’A.N.M.I.L. Guido Magnoni, il Capo Panel Francesco Bruzzo, il Presidente dell’Ass. Nazionale Città dell’Olio Enrico Lupi, gli Assessori comunali Andreina Solari e Carlo Navone, la Consigliere comunale Roberta Podestà e il Presidente della Pro Loco Leivi Daniele Celle. Ringraziamenti ai partecipanti e a chi hanno contribuito alla buona riuscita del Concorso, alle Camere di Commercio di Genova e di La Spezia, al Banco di Chiavari, alla Pro Loco di Leivi presieduta da Daniele Celle, a tutti componenti il
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Food & Wine Panel di assaggio della Camera di Commercio di Genova, al dr Francesco Bruzzo Capo Panel, ai tecnici Davide Botto (C.I.A.) e Germano Gadina (Coldiretti), al dr Enrico Molini, al Banco di Chiavari per le coppe e, per le stesse, al signor Romaggi. Premi per i migliori oliveti dei vari Comuni (citando solo il primo classificato): Carasco: Domenico Lertora - Castiglione Chiavarese: Claudio Cafferata - Cogorno: Gianmaria Pini Moneglia: Sandro Botto - San Colombano Certenoli: Fulvio Lertora - Santa Margherita Ligure: Az. Agr. Santa Barbara Sestri Levante: Filippo Foresta - Zoagli: Carla Baroli. Leivi: 1° Daniele Celle premiato dal Sindaco Vittorio Centanaro con Diploma e decespugliatore 35 cc Kawasaki - 2° Lorenzo Solari premiato dall’Assessore comunale Carlo Navone con Diploma e contenitore inox da 100 litri - 3° Maria Pia Sanguineti premiata dalla Consigliere comunale Roberta Podestà con Diploma e forbice per potatura due metri - 4° Carlo Sanguineti premiato dall’Assessore comunale Andreina Solari con Attestato e forbice per potatura facilitata. Infine, Germano Gadina ha consegnato al Comune di Moneglia la Targa della Provincia di Genova, per il maggior numero di oliveti in concorso. Di seguito i premi speciali. Per il miglior olio extravergine di Leivi: Vittorio Sanguineti premiato per il terzo anno dal Presidente della Sezione Agricola della Camera di Commercio di Genova Germano Gadina con Ramo di ulivo in argento su ardesia. Per il concorrente più giovane: Fulvio Lertora di San Colombiano Certenoli, premiato dal Presidente della Sezione Agricola della Camera di Commercio di Genova Germano Gadina con Ramo di ulivo in argento su ardesia. Per il concorrente più anziano: Domenico Solari di Leivi premiato dal Presidente Regionale dell’A.N.M.I.L. Guido Magnoni con Ramo di ulivo in argento su ardesia e Coppa Ass. Invalidi del Lavoro. Per il miglior olio extravergine scelto da una giuria di giornalisti e ristoratori: Cooperativa Agricola Lavagnina di Lavagna premiata dal giornalista Virgilio Pronzati con Targa Pro Loco di Leivi. Un riconoscimento anche al Sindaco di Leivi Vittorio Cen-
CLASSIFICA OLI EXTRAVERGINI CON CARATTERISTICHE PER L’ATTRIBUZIONE DELLA DOP 1° Az. Agr. Merione Giorgio - Chiavari - (Punti 8,60) premiata dall’Onorevole Luca Pastorino con Diploma, Medaglia d’Oro e Ramo d’ulivo in argento su ardesia. 2° Vittorio Sanguineti - Leivi - (Punti 8,50) premiata dal Presidente della Sezione Agricola della Camera di Commercio di Genova Germano Gadina con Diploma e Ramo d’ulivo in argento su ardesia. 3° Cooperativa Agricola Lavagnina - Lavagna (GE) - (Punti: 8,35) premiata dall’Assessore Regionale Giovanni Boitano con Diploma e Ramo d’ulivo in argento su ardesia. 4° Az. Agr. Rue de Zerli - Ne - (Punti 8,20 ) premiata dal Consigliere Regionale Gino Garibaldi con Diploma e Coppa Regione Liguria. 5° ex aequo Massimo Solari - Chiavari - (Punti 8,00) premiato dal Capo Area del Banco di Chiavari Paolo Sanguineti con Diploma e Coppa Banco di Chiavari. 5° ex aequo Az. Agr. Attilia Torchiana - Sarzana - (Punti 8,00) premiata dal Presidente dell’Associazione Città dell’Olio Enrico Lupi con Diploma e Coppa Banco di Chiavari. 5° ex aequo Maggio Gabriella - Leivi - (Punti 8,00) premiata dal Consigliere Regionale Giuseppe Maggioni con Diploma e Coppa Banco di Chiavari. 6° Soc. Agr. Borgo degli Ulivi - Lavagna - (Punti 7,80) premiata dal Capo panel Francesco Bruzzo con Diploma e Coppa Banco di Chiavari. 7° ex aequo Armando Cafferata - Castiglione Chiavarese - (Punti 7,70) premiato dal Consigliere Regionale Roberto Bagnasco con Diploma e Coppa Ditta Romaggi. 7° ex aequo Marco Codebò - Chiavari - (Punti 7,70) premiato dal Sindaco di Carasco Massimo Casaretto con Diploma e Coppa Ditta Romaggi. Anche agli olivicoltori non premiati sono andati i diplomi di partecipazione.
tanaro, come Presidente della Giuria della critica esperta (Bruno Bini, Paolo Cavallo, Sergio Circella, Alex Molinari, Gianni Nocera e Virgilio Pronzati), premiato dal Vice presidente della Società Economica di Chiavari Francesco Bruzzo con la Menzione al Merito e Medaglia di Bronzo. Un plauso meritato a Elisa Folli di Entella TV per la brillante conduzione della manifestazione. Il Consigliere Regionale Gino Garibaldi premia Franca Damico.
Nella foto a sinistra il giornalista Virgilio Pronzati premia Giancarlo Guasco presidente della Coop. Lavagnina.
Paolo Sanguineti del Banco di Chiavari premia Massimo Solari
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CALIZZANO,
IL VENTENNALE DEL RE PORCINO IL 12 OTTOBRE LA MANIFESTAZIONE “FUNGHINPIAZZA” TAGLIA IL PRESTIGIOSO TRAGUARDO ALLA PRESENZA DI INNUMEREVOLI ESPOSITORI PROVENIENTI DA LIGURIA, PIEMONTE E TOSCANA. PREVISTA L’ESIBIZIONE DI SERGIO CANOBBIO, VIRTUOSO DEL TRIAL
di Leo Cotugno
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ici Calizzano e immancabilmente tutti associano il vivace comune della Val Bormida alla celebrità del suo fungo. Il porcino, vero re delle tavole liguri d’autunno, è di stanza qui, sia nella più celebre varietà “Boleto edule”, ricercatissimo sin dalla fine di agosto, ed il “Boletus aereus”, familiarmente in dialetto savonese “Funzi moi”, il porcino nero o bronzino, comunque non meno ambito e stimato del suo noto parente. Dici Calizzano e non si può che finire a parlare di “Funghinpiazza”, la manifestazione fieristico-gastronomica che celebra il Re porcino: il 12 ottobre 2014 per tutta la Valle amante della grande cucina sarà un gran giorno, il ventennale
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In Liguria di un evento che attira espositori da tutta l’Italia limitrofa. Piemonte, Emilia Romagna, Toscana ed ovviamente Liguria, con oltre una ventina di nomi indigeni.
AMENITA’ E TRADIZIONE
A Calizzano, circa 650 metri di altezza nel cuore di una folta vegetazione composta da conifere e castagni (habitat ideale dunque per la proliferazione dei funghi) ci si arriva per due vie di comunicazione conosciutissime dai liguri e non solo. Ne abbiamo parlato con Stefano Martino, infaticabile curatore di “Funghinpiazza” a regia della Pro Loco del comune valbormidese. «Si arriva comodamente raggiungendo in autostrada Finale Ligure, quindi risalendo per circa 25 chilometri la statale n.490 del Colle del Melogno. L’altro itinerario, più breve e forse suggestivo, è quello di giungere in autostrada a Millesimo e quindi risalire la Statale del Lago di Osiglia attraverso i comuni di Acquafredda, Murialdo (frazioni Piano e Valle), Mereta». Da innumerevoli anni Calizzano è sinonimo di amenità e tradizione. «Il nostro Comune –ribadiscono alla Pro Loco – è inserito in circuiti turistici e commerciali e fa parte della Comunità montana Alta Val Bormida. La popolazione si rivolge soprattutto al capoluogo provinciale ed a Finale Ligure per il lavoro, i servizi e le strutture burocraticoamministrative non presenti sul posto». LA FESTA – Stazione di villeggiatura estiva, per il suo clima particolarmente salubre e mai soggetto a sbalzi significativi, Calizzano vive principalmente sulla piccola e media attività di manodopera, nella quale i funghi (lavorati sott’olio) hanno assunto un ruolo predominante. «Tanto è vero che ormai sono un’istituzione per il calendario delle nostre festività ed appuntamenti – spiega Stefano Martino – fittissimo di date da marzo ad ottobre. L’evento più importante, dopo la festa della Santa Patrono, Santa Maria delle Grazie, il 2 luglio, è proprio Funghinpiazza: celebriamo un ventennale ricco di storia, di gusto e perché no! anche di fascino, accorreranno moltissime persone anche dalle vicine province piemontesi di Cuneo, Alessandria e Torino, attratte dalla bontà del prodotto ma anche dalla bellezza della valle. Correlata a Funghinpiazza l’esibizione di un autentico virtuoso, il campione di trial Sergio Canobbio, presente a Calizzano con il suo team già lo scorso anno e per il ventennale mattatore dello spettacolo Firpo Trial Accademico: assolutamente da seguire con interesse».
IL PORCINO SI PRESENTA
dei pini, o Berten, è quello dalle dimensioni maggiori, essendo di cappello largo sino a 20 centimetri, con carne soda immutabile al taglio. E’ bruno ambrato e cresce prevalentemente sotto faggi e castagni. E’ ottimo come tutti i porcini, ma tuttavia un po’ meno stimato per il minor aroma della sua carne; nell’essiccamento assume una colorazione bruno-rossiccia che lo declassa rispetto agli altri. Infine il Boleto reticolato, che inizia a fare la sua comparsa già nei mesi caldi di maggio-giugno, protraendosi, in condizioni favorevoli, sino ai primi freddi autunnali. E’ una varietà particolarmente indicata per l’essiccazione». Non resta che partire. Tutti assieme appassionatamente, per l’incontro con Re Porcino.
Eccoci dunque a fare conoscenza con il vero protagonista della manifestazione. Bruno, panciuto, inconfondibile nelle fattezze. E dal sapore eccellente: signore e signori, il fungo porcino si presenta. «Il più noto è il Boleto edule, in dialetto “Funzo neigro” o “Funzo de castagna” o “servaelo”. Ha cappello di diametro compreso tra gli 8 ed i 16 centimetri, superficie glabra, un po’ viscida a tempo umido, di colore bruno-marrone, beige o fulvo-rossastro. Il gambo è pieno, breve e panciuto, un po’ più slanciato, clindrico o simile ad una clava. Commestibilità eccellente, può essere impiegato in cucina in tutte le maniere, conservato sott’olio o più opportunamente essiccato». Ancora Stefano Martino. «Varietà di porcini sono il Boletus aereus, il Bronzino, dal cappello leggermente più piccolo per dimensioni, da 8 a 12 centimetri, e tinta più scura, di forma convessa e regolare e superficie vellutata. Il gambo pieno e robusto, è bianco-bruniccio. Questo fungo cresce a fine estate-autunno, esclusivamente sotto latifoglie (castagni o querce), anche a breve distanza dal mare. Il Boleto
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A FABBRICHE DI VOLTRI LA VENTIDUESIMA SAGRA DEL BUGIANDU, LA PARTICOLARISSIMA POLENTA DI FARINA DI FRUMENTO E PATATE NATA OLTRE UN SECOLO FA
La cottura del Bugiandu
CIBI DI IERI, DELIZIE DI OGGI:
IL BUGIANDU
di Virgilio Pronzati
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angiare non è solo i modo di alimentarci: fa parte della storia quotidiana di ognuno di noi. Tutti o quasi si ricordano di un piatto mangiato in tenera età, e lo stesso capita da adulti. Il cibo, oltre a nutrirci, ci gratifica, ci fa socializzare ed evolvere. Da sempre è protagonista nelle opere di grandi pittori e scrittori. Fermo restando che la cucina di qualità è nata nelle case di persone facoltose, un mangiare più modesto, più semplice ma non meno buono, è stato per moto tempo sulle tavole dei meno abbienti: non necessariamente poveri ma contadini, operai e famiglie numerose. La necessità aguzza l’ingegno, e l’aringa e la patata hanno in parte evitato la carestia in Europa. La patata, in particolare, ha sostituito la rapa nel nostro Paese, e non c’è regione senza piatti che contengano i popolari tuberi. E nella cucina francese le patate trovano ampio spazio, grazie ad Antoine Augustin Parmentier, agronomo, nutrizionista e igienista francese. In Liguria, particolarmente nel Genovesato, nei primi anni dell’Ottocento c’è voluto l’impegno di don Angelo DondeTornitura del Bugiandu
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La frazione Fabbriche di Voltri. Nella foto accanto il taglio del Bugiandu col filo. ro di Roccatagliata, che durante messe e sermoni convinse i fedeli a nutrirsi anche di patate. Se nel levante genovese spicca la Baciocca, torta di patate e cipolle, nel ponente cittadino (o meglio a Voltri) c’è il Bugiandu, sorta di polenta di farina di frumento e patate nata oltre un secolo fa a Fiorino, minuscolo borgo montano dell’ampio entroterra di Voltri. Da oltre un secolo il Bugiandu è stato il mangiare delle genti più umili delle numerose e piccole località collinari dell’entroterra Voltrese, solcato dai torrenti Cerusa e Leira. Oggi si può trovare forse ancora sulle tavole di qualche famiglia di Fiorino e Sambugo (noto per i suoi deliziosi cobelletti), ma soprattutto a Fabbriche (borgo sviluppatosi nel 17° secolo per l’insediamento di iutifici, filande e cartiere) durante i quattro giorni della Festa dedicata a San Bartolomeo Apostolo, nell’annessa Sagra della polenta “Bugiandu”, giunta quest’anno alla 22a edizione. Nell’ultima decade di agosto, dal 22 al 25, centinaia di persone di tutte le età, provenienti dalle vicine località, Voltri e Genova, salgono a Fabbriche per gustarsi il Bugiandu. È una tradizione gastronomica che vanta oltre un quinto di secolo, ideata e realizzata dai fratelli Giampietro e Riccardo Parodi e Dino Ginogi, con la collaborazione di un gruppo di amici locali. Nella sagra, il Bugiandu è condito non solo con la tradizionale salsa d’aglio (saporita ma non piccante e ricca anche di pinoli), ma col tocco, con sugo di salsicce, col sugo di funghi e di noci (sarebbe interessante col pesto). Quest’ultimo è sicuramente tra i condimenti più congeniali, in quanto il Bugiandu è simile alla pasta delle trofie (gnocchi in genovese). Per i ghiottoni e guormand ci sono anche fo-
LA RICETTA DEL BUGIANDU (Per circa 7 chili e mezzo) 4 kg di patate a pasta bianca possibilmente delle montagne genovesi; 2 kg di farina di grano tenero; 4 litri d’acqua; 150 g di sale grosso marino; 120 gr di olio extravergine di oliva ligure. In un grande pentolone cilindrico e alto fare bollire le patate nell’acqua col sale. Togliere metà dell’acqua, aggiungere la farina, e continuare a far cuocere a lungo pestando al centro, con un bastone (simile a una mazza da baseball più piccola e con testa piatta) per eliminare i grumi e amalgamarle gli ingredienti. Aggiungere l’olio e continuare al far cuocere pestando e mescolando. Se il composto è poco morbido, aggiungere una parte dell’acqua rimasta. Raggiunta la cottura ottimale, senza più pestare e mescolare, lasciare ancora 5-6 minuti sul fuoco per farlo asciugare. Togliere dal fuoco e, ancor caldo, versarlo su una madia. Con le mani bagnate d’acqua fresca, tornire subito il Bugiandu, dandogli la forma del formaggio Grana Padano. Tagliarlo col filo a fette spesse un centimetro, porle nel piatto e condirle col sugo preferito. Se con salsa all’aglio e il pesto, abbinarci il Riviera Ligure di Ponente Pigato 2012 servito a 11°C in calici con stelo alto. Con salsa di noci abbinare il Golfo del Tigullio-Portofino Vermentino della medesima annata e servito alle stesse modalità. Con sugo di funghi (in rosso) sposarci il Golfo del Tigullio-Portofino Ciliegiolo e il Valpolcevera Rosso 2011, serviti entrambi a 16°C in calici con stelo medio. Con salsicce al sugo accompagnarlo con Pornassio 2010-2011 servito a 16-17°C nei calici prima citati. Salsa all’aglio (per 5 preparazioni di Bugiandu). 2 kg di Grana Padano grattugiato; 1 kg di pinoli di Pisa o nazionali; una testa d’aglio di Vessalico, dell’Astigiano o del Piacentino; 15 centilitri di olio extravergine di oliva ligure; un po’ d’acqua di cottura delle patate. Per piccole quantità si può usare al meglio il mortaio, mentre nel cutter si sminuzza finemente l’aglio con pinoli e olio. Sempre rimestando, aggiungere il formaggio e di seguito, un po’ d’acqua di cottura delle patate. La salsa dovrà risultare giustamente densa e cremosa.
Riccardo Parodi, Dino Ginogi, Giampietro Parodi e Giorgio Parodi
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Bugiandu con salsa d’aglio. Nella foto sotto il tavolo dei gourmet. caccine, tagliatelle col sugo, succulente salsicce alla griglia, braciole di vitello e manzo, trippe accomodate, formaggi e dolci casalinghi. Tutti (o quasi) rigorosamente fatti e serviti dai volontari dello staff della Sagra del Bugiandu, riconoscibili dalla classica maglia gialla. Una piacevole scampagnata fuori porta gradita da grandi e piccini, che vuol essere un motivo di cristianità per funzioni religiose di messe e rosari, vespri dedicati al Santo Patrono, e di socialità, con musica, canti, balli e gastronomia locale. In questa edizione c’è stato qualcosa in più. Tra i numerosi presenti, non sono mancati esperti enogastronomi e sommelier che, dopo l’assaggio alla cieca di pregiati vini, li hanno poi magistralmente abbinatoi al Bugiandu condito con diverse salse. Ecco il gruppo di gourmet e i migliori vini degustati: Pier Ugo Tammaro delegato Onav di Genova e presidente della Sezione Gastronomica dell’Università della Terza età di Sestri Ponente, Giancarlo Marabotti (con signora) del Direttivo della Condotta Slow Food Genova “Prof. Giovanni Rebora”, referente Alleanza Produttori-Ristoratorii e dei Presidi, nonché autore della provenzale Tapenade gustata col Bugiandu, e i bravi sommelier della Sezione Fisar Varazze, Brunello De Belhat, Riccardo Parodi e Giovanni Valentini con le rispettive signore. Da citare tra i vari vini, ll fresco, sapido e invitante Spumante Brut Metodo Charmat di Secondo Scanavino, un ottimo e armonico Colli Orientali Doc Pinot Bianco 2012 di Ermacora, un buon Morellino di Scansano Docg 2011 della Cantina Montecivoli, l’interessante Irpinia Rosso IGT 2009 di Montevetrano, un grande Brunello di Montalcino Docg 2003 di SassodiSole e, dulcis in fundo, l’aromatico e complesso Passito Doc Fior d’Arancio 2006 della Cantina Montegrande.
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UN INCONTRO RICCO DI FASCINO E SUGGESTIONE TRA I PIATTI REALIZZATI DA USHA SUBRAHMANYAM E SWAMINATHAN IYER E I BARBARESCO DI ALBERTO DI GRÉSY I cuochi indiani con Valeria e Pietro Bellantone Nella foto sotto golosità indiane e i grandi vini albesi
ALLA MARTINENGA
di Virgilio Pronzati
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PIATTI INDIANI E VINI ALBESI lla Martinenga di Barbaresco, la più prestigiosa delle quattro aziende agricole delle Tenute Cisa Asinari dei Marchesi di Grésy, gli eventi enogastronomici sono di casa. Molti dei più grandi chef nostrani e stranieri si sono esibiti in straordinari piatti, esaltati dai grandi vini aziendali di cui vertice sono i Barbaresco nelle versioni Martinenga, Camp Gros e Gaiun. L’ultimo evento, certamente inconsueto, è stato l’incontro della cucina indiana con i vini delle Tenute del Marchese di Grésy. Un confronto curioso e non facile, che ha visto in lizza i piatti, policromi e speziati, realizzati da Usha Subrahmanyam e Swaminathan Iyer, grandi e noti interpreti della cucina indiana, e i vini dal ricco bouquet, pieni, persistenti e di gran carattere di Alberto di Grésy, ambasciatore del Barbare-
sco e, non solo, nel mondo. All’arrivo degli eletti invitati, il benvenuto del patron Alberto di Grésy e gli appetitosi antipasti Pappadums e Vadams (cracker di lenticchie e frittelle croccanti fatte con lenticchie, peperoncini rossi, foglie di curry, assafetida e coriandolo, fritte in olio di girasole). Sennagapappu Vada (ceci secchi spezzettati, assafetida, curry, foglie di coriandolo e crema di peperoncino rosso, versione indiana del falafel mediorientale. Tomato Pachadi (pomodori Chana Dal (leguminosa tipica dell’India) e Shahi Tikka (Yogurt greco, aglio e ginger marinati. Assortimento di spezie masala e cotto in forno, tipico di Delhi e Punjab), abbinati ai tre freschi e sapidi Langhe Chardonnay, Sauvignon e Villa Giulia 2013. Poco dopo, con tutti comodamente seduti, Usha Su-
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Food & Wine La cantina d’invecchiamento con barriques
brahmanyam e Swaminathan Iyer servono in tavola una prima sequenza di piatti dai profumi compositi e sapori speziati: Shahzada ke Jhingri, Prince’s Prawns in Rich Mughlai Sauce: (cipolle, peperoncino verde, ginger, spezie, pomodoro, semi di coriandolo, peperoncino rosso Kashmiri, anacardi e panna, tipico delle regioni di Goa, Bengala, Kerala. South Indian Ramadan Curry - Chinese Long Aubergine and Potato Korma (salsa di cipolla e aglio, pomodorini, anacardi, salsa di semi di papavero, cocco fresco e yogurt. Tipico dell’India del sud. Thengai Sadam Tamilnadu Coconut Rice (latte di cocco fresco con l’aggiunta di semi di senape temperati - metodo di cucina indiano nel quale l’olio viene portato a temperatura molto alta e le spezie vengono aggiunte ad esso e fritte - lenticchie “urud” e peperoncino rosso, tipico delle regioni di Andhra e Tamilnadu. Bihari Subzi Labdar, Bihari Potato and Zuchini Curry (patate e zucchini, cotti lentamente per ottenere un sugo denso con origano indiano e cumino nero, tipico della Regione di Bihar; Nan Bread (pane indiano lievitato delle regioni dell’ India del Nord. Con questi piatti sono stati serviti due rossi di buon corpo ed equilibrio: il Dolcetto d’Alba Monte Aribaldo 2012 e il Barbera d’Asti Monte Colombo 2009 che, in gran parte, hanno tenuto e riequilibrato le percezioni dolci e piccanti dei vari piatti. Nella seconda parte, cinque preparazioni di cui una con carne d’agnello: Malabar Egg Curry (cipolle, ginger, aglio, latte di cocco, pepe nero fresco, semi di senape, peperoncino rosso e verde e curry, tipico delle regioni di Kerala e Sri Lanka. Nawabi Korma, Baron’s Lamb Korma (cipolle, misto di spezie comprendente cumino, coriandolo, cardamomo, cardamomo verde, bastoncini di cannella, chiodi di garofano, foglie di alloro, yogurt greco, brodo di agnello, pistacchio e mandorle, petto di agnello, tipico delle regioni di Punjab (sia Lahore che Amritsar) e Uttar Pradesh (Lucknow). Andhra
UN BREVE MA ESAURIENTE PROFILO DELLE TENUTE CISA ASINARI DEI MARCHESI DI GRÉSY Le Tenute Cisa Asinari dei Marchesi di Grésy, di proprietà della famiglia di Grésy dal 1797, nascono come cantina vitivinicola nel 1973 per volontà di Alberto di Grésy. I vigneti si trovano tra le Langhe e il Monferrato, luoghi notoriamente pregiati e rappresentativi della produzione vitinicola del Piemonte. Martinenga è il vero e proprio centro aziendale dove vengono conferite le uve provenienti dagli altri vigneti di proprietà e vinificate nel rispetto della tradizione e della natura, per ottenere vini di altissimo livello qualitativo con l’obiettivo di trasferire il più possibile fedelmente l’identità del vigneto in bottiglia. Un’ azienda in grado di produrre vini differenti adatti ad accompagnare l’intero pasto, ciascuno espressione tipica del carattere e della personalità del territorio di origine. Non solo. Grazie ad un attento lavoro in vigna e in cantina, oltre i vini rossi,anche i vini bianchi possono essere apprezzati anche diversi anni dopo l’imbottigliamento. Una visita a Martinenga, con una passeggiata nei filari, una visita alla barricaia e una sosta nella nostra sala degustazioni, spiega molto più delle parole. Le Tenute Cisa Asinari dei Marchesi di Grésy comprendono quattro aree di produzione situate nelle Langhe e nel Monferrato, luoghi di produzione dei più grandi vini piemontesi. Nelle Langhe, a Barbaresco presso Alba, Martinenga, territorio dalla tradizione antichissima, produce soprattutto uve Nebbiolo da Barbaresco D.o.c.g., ma anche uve Barbera e Cabernet Sauvignon; impianti più recenti riguardano Chardonnay e Sauvignon Blanc. Poco distante, in comune di Treiso d’Alba, Monte Aribaldo è sede di un vigneto atto a produrre uve Dolcetto d’Alba, Chardonnay e Sauvignon Blanc. Nel Monferrato, in Comune di Cassine, La Serra produce uve Moscato d’Asti D.o.c.g., Barbera d’Asti e Merlot (Monferrato Rosso) e Monte Colombo è una tenuta dedicata al Merlot e alla Barbera d’Asti.
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QUALCHE NOTA SULLA GASTRONOMIA DELL’INDIA La cucina indiana è caratterizzata da grandi varietà di stili regionali e raffinati, influenzati da religioni e tradizioni diverse. Diffuso l’uso di erbe e spezie; un esempio il garam masala, una mistura di spezie tipica della cucina indiana e pakistana: il significato del nome è spezia calda, bollente, anche nel senso di piccante. I prodotti alimentari di base sono il riso (in particolare nel sud e nell’est) e il frumento (soprattutto nel nord). Il riso può accompagnare sia i piatti principali che ad altri a base di carne, pesce, verdura e frutta secca. Dal frumento, ottime le diverse tipologie di pane che sono presenti sulle tavole indiane: focacce e piadine che ben si accompagnano con salse varie, burro e ricotta. Tra le spezie originarie del subcontinente indiano e ora consumate in tutto il mondo si segnala il pepe nero. Un esempio di dolce tipico a base di yogurt è lo shrikhand. È preparato tostando, macinando e miscelando alcune spezie tra cui la cannella, i semi di cumino, il coriandolo, i baccelli di cardamomo, i chiodi di garofano, i grani di pepe nero e la curcuma, ma ne esistono molte varianti, sia tradizionali che commerciali o casalinghe. Quelle già pronte possono essere composte d’ingredienti più o meno costosi, ad esempio peperoncini, aglio, polvere di zenzero, sesamo, semi di senape, finocchio e altri, molto spesso anche già tostati. Questo particolare, però, non ne aiuta la conservazione, anzi, la preparazione siffatta può perdere il suo aroma più rapidamente che quella domestica. Le spezie intere, che si mantengono fresche più a lungo nel tempo, possono venire macinate nel momento del bisogno con un mortaio o un qualsiasi macinino, anche elettrico. Anche l’ordine dei piatti è diverso da quello di altre cucine: sulle tavole indiane ci sono numerose portate che ognuno può scegliere liberamente. Le spezie rivestono un ruolo indubbiamente rilevante e importante, si presentano infatti, come uno degli elementi principali di questa cucina così aromatica e inconfondibile, molto gustose sono poi le carni arrostite, una delle cotture tipiche dell’India, parliamo a tal proposito di Kebab, Tikka e Tandoori, sempre accompagnate da miscele di spezie aromatiche e salse assolutamente gustose. Anche i dolci, come tutta la gastronomia indiana, si presentano con sapori e aromi speciali, pur essendo molto semplici nella realizzazione, si caratterizzano per la presenza di frutta fresca, con macedonie ed accompagnata da yogurt e deliziosi. Per quanto riguarda le bevande servite durante i pasti, sono consumati acqua minerale e una birra di produzione locale, mentre alla fine del pasto è diffuso l’uso del Chai, un tè molto forte che può essere servito con latte e zucchero, o in alternativa il caffè, che negli ultimi anni ha avuto una grande diffusione grazie alla presenza di nuove coltivazioni.
Coriander Rice (chutney, salsa di accompagnamento a base di foglie di coriandolo, peperoncino verde, ginger, aglio e cocco fresco, tipico della regione di Andhra. Fantasia di Usha, Spinach Raita (spinaci saltati nello yogurt con ingredienti temperati: olio di girasole, semi di senape, peperoncino rosso, pomodoro, semi di cumino e foglie di Curry, assafetida e cipolle, un piatto di fantasia, ispirato alla cucina di Andhra e del Punjab. Vankai Perugu Pachadi, Aubergine Yogurt Pachadi (melanzana arrostita in yogurt, con ingredienti temperati, specialmente cipolle, della regione d Andhra, accompagnati dal Nan Bread, pane lievitato dell’ India del Nord. Con questi piatti sono stati serviti dei grandi rossi che, sebbene prevaricassero sui piatti, erano godibil ed apprezzati da tutti i commensali. Per primo il Virtus 2005, un uvaggio di Cabernet e Barbera affinato in barriques, dall’intenso bouquet fruttato, con note minerali e speziate, secco e sapido, pieno ma snello e di buona persistenza. Di seguito due eccellenti Martinenga Gaiun del 2005 e 2001. Il primo ha espresso al meglio il vitigno ed il terroir: intensità, persistenza e complessità al naso, finezza, equilibrio e persistenza in bocca. Sul 2001 ci sarebbe da scrivere una pagina. Dal colore ancora granato e vivo, di grande finezza (rosa selvatica appassita, piccoli frutti rossi boschivi e sentori balsamici) e persistenza al naso. In bocca era di rara armonia: pieno ma snello, giustamente tannico, con finale lunghissimo. Dulcis in fundo con Chatrapati Kesar ka Shrikhand, Chatrapati Shivaji Saffron Yoghurt Desert (yogurt, formaggio Labneh mischiati con zucchero e zafferano, tipico dell’India del Nord) e Begum ki Badami Tukda - Baroness’s Almond Delight (Torta di mandorle biscottata con mandorle, zucchero e spezie, tipico della regione di Gujarat). Buoni gli abbinamenti col Moscato d’Asti La Serra del 2013 e L’Altro Moscato, un’ ottimo passito dall’intenso aroma varietale, ovviamente molto dolce ma per niente stucchevole.
Il marchese Alberto di Gresy con lo staff indiano
Il Vigneto Gaiun
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SPAGNA E PORTOGALLO TRIONFANO TRA I “VIGNAIOLI EROICI” DEL CERVIM 547 VINI PER IL di Virgilio Pronzati
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e il record dei vini partecipanti spetta al ventunesimo Concorso Internazionale dei Vini di Montagna, quest’edizione è da ricordare per la qualità dei campioni presentati. Dei 547 vini degustati e prodotti da 222 aziende, pochissimi quelli con lievi alterazioni o difetti. Un dato indicativo che conferma sia il rigore delle scelte che del livello qualitativo espresso dai produttori di ben dieci nazioni. Vini con spiccate caratteristiche varietali e del terroir che, prodotti in territori sicuramente vocati ma dalle caratteristiche orografiche estreme o difficili, non hanno riscontro con altri. Peculiarità che rende unico questo concorso creato e organizzato dal Cervim (Centro di Ricerche, Studi, e Valorizzazione per la Viticoltura di Montagna) con la collaborazione della Regione Valle d’Aosta e dell’Associazione Vinea (SierreSvizzera), della Sezione AIS della Valle d’Aosta e col patrocinio dell’OIV (Office International de le Vigne et du Vin). Come sempre, l’Italia con 312 vini si conferma la nazione più rappresentata, seguita in questa edizione dalla Spagna
22° CONCORSO INTERNAZIONALE VINI DI MONTAGNA. NOVITÀ ASSOLUTA IL KAZAKISTAN
Una delle cinque commissioni internazionali d’assaggio.
che, con 101 vini è la nazione straniera con il maggior numero di campioni partecipanti. Poi nell’ordine, la Germania con 57, la Svizzera con 33, Francia e Portogallo con 15, Kazakistan novità assoluta con 6, Austria con 4, Slovenia con 3, ultima l’Armenia con 1. Per quanto riguarda il nostro Paese, la Valle d’Aosta si riconferma al primo posto con 77 vini, seconda la Lombardia con 59 vini, ma prima con 26 cantine, terzo il Trentino con 42, seguito da Sicilia con 30, Veneto con 29, Alto Adige con 19, Liguria con 16, Toscana, Campania e Abruzzo con 9, Calabria 6, Piemonte 4 e Friuli Venezia Giulia 2. Ben 158 i vini premiati, rispettivamente con 6 grandi medaglie d’oro, 78 medaglie d’oro e 74 medaglie d’argento. A giudicare i 547 campioni anonimi, venticinque degustatori internazionali, selezionati anno per anno dall’organizzazione. Tre sedute d’assaggio con 5 diverse commissioni,
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Food & Wine IL CERVIM
IL MEDAGLIERE
Due parole sul Cervim presieduto da Roberto Gaudio e diretto da Gianluca Macchi con la segretaria Roberta Biondi. Il Centro di Ricerca, Studi, Sostegno, Coordinamento e Valorizzazione per la Viticoltura Montana, è un organismo internazionale creato nel 1987 sotto gli auspici dell’ O.I.V., l’Office International de la Vigne et du Vin, oggi Organisation Internationale de la Vigne et du Vin, con lo specifico compito di promuovere e salvaguardare la viticoltura eroica. Il Centro, regolato dalla legge della Regione Autonoma Valle d’Aosta n. 17 del 18 agosto 2004, ha sede in Valle d’Aosta e opera da sempre promuovendo studi, ricerche e convegni e assicurando la sua presenza in tutte le sedi istituzionali e di settore ove si affrontano problematiche legate alla viticoltura, facendosi il garante degli interessi della Viticoltura di Montagna e in forte pendenza, nonché delle piccole isole. A questo scopo il Comitato Tecnico Scientifico ha definito i criteri identificativi della viticoltura rappresentata. La coltura della vite nelle zone di montagna, in forte pendenza o delle piccole isole presenta delle caratteristiche peculiari:
Spagna: 2 Gran Medaglie d’Oro, 14 Medaglie d’Oro e 20 Medaglie d’Argento; Portogallo: 2 Gran Medaglie d’Oro, 5 Medaglie d’Oro e 1 Medaglia d’Argento; Italia: 1 Gran Medaglia d’Oro, 35 Medaglie d’Oro e 34 Medaglie d’Argento; Svizzera: 1 Gran Medaglia d’Oro, 6 Medaglie d’Oro e 6 Medaglie d’Argento; Germania: 12 Medaglie d’Oro e 10 Medaglie d’Argento; Austria: 2 Medaglie d’Oro e 2 Medaglie d’Argento; Kazakistan: 2 Medaglie d’Oro; Francia: 1 Medaglia d’Oro e 1 Medaglia d’Argento; Slovenia: 1 Medaglia d’Oro. Inoltre ben 14 i riconoscimenti speciali assegnati, tra cui la novità di quest’anno con il premio “Donna Cervim 2014”, assegnato all’azienda di proprietà di una donna, il cui vino abbia ottenuto il miglior punteggio.
• Condizioni orografiche che creano impedimenti alla meccanizzazione. • Vigneti dalle ridotte dimensioni, non sempre contigui e in molti casi con presenza di terrazzamenti. • Aziende agricole dalle superfici aziendali contenute e a prevalenza d’imprenditorialità non a titolo principale. • Necessità di grandi investimenti economici in caso di riformulazione di una viticoltura moderna. • Condizioni climatiche non sempre ottimali (es. fabbisogni idrici). • Tipologia differenziata di uve, con produzioni enologiche fuori dai modelli mondiali (prodotti di nicchia). • Vigneti situati in aree geografiche ad alta valenza paesaggistica e turistica. Commissari: Italia: Erwin Blass, Adriano Cappelletti, Gianni Cortese, Daniele Domeneghetti, Alessio Fraate, Andrea Gabbrielli, Gianni Giardina, Alberto Levi, Sergio Molino, Stefano Nera, Virgilio Pronzati, Luigi Roncador, Emanuele Serafin, Walter Webber. Spagna: Ricardo Gutierez, Ana Maria Martin Adild, José Martinez Alonso, Beatriz Soto Gonzales, Pedro Pino Perez. Germania: Stephan Reuter, Gerard Scholten, Arno Simonis. Svizzera: François Murisier, Samuel Panchard. Francia: Michel Bouche. Slovenia: Dusan Brejc.
Botte di rovere istoriata della Cave Cooperative di Donnas.
Vigne di Donnas. e nella pagina accanto nella foto a destra la punta del Monte Bianco.
di cui ognuna valutava circa 110 vini. Il loro giudizio complessivo sui vini degustati è stato oltremodo positivo, simile a quello della scorsa edizione. Come sempre molto curata l’ospitalità e i buffet di lavoro nell’Hotel Etoile du Nord di Sarre, sede delle degustazioni e le gradite cene: quella di benvenuto al ristorante Enoteca Ad Forum di Aosta, e quella tipica al ristorante La Kiuva ad Arnad. Significativa la visita e la degustazione nella Cave
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I PREMI PREMIO SPECIALE CERVIM 2014 Secondo le modalità stabilite dal regolamento del concorso, il Premio speciale “Cervim 2014” viene assegnato all’azienda di ogni Paese che ottiene il miglior risultato, calcolato dalla somma dei punteggi più elevati riferiti a tre vini, appartenenti a tre diverse categorie, che abbiano raggiunto il punteggio minimo di 80 centesimi in base al metodo di valutazione “Union Internationale des Oenologues”. Francia: L’etoile Cooperative – Banyuls Sur Mer (Pirenei Orientali) Germania: Weingut Zur Traube - Osann-Monzel (Mosella) Italia: Institut Agricole Regional – Aosta (Valle D’aosta) Spagna: Bodega Hoyos De Bandama – Las Palmas (Isole Canarie) Svizzera: Domainela Rodeline – Fully (Vallese) GRAN PREMIO CERVIM 2014 Secondo le modalità stabilite dal regolamento del concorso, il Gran Premio “Cervim 2014” viene assegnato al vino che ha ottenuto il miglior punteggio in assoluto. Spagna Vega Norte Vendimia Seleccionada Listan Prieto 2012 Sat Bodegas Noroeste De La Palma (Isole Canarie) PREMIO ECCELLENZA CERVIM 2014 Secondo le modalità stabilite dal regolamento del concorso, il Premio speciale “Eccellenza Cervim 2014” viene assegnato al miglior vino per paese che abbia partecipato con almeno 8 cantine. Italia: Veneto Igt Passito “Campo Delle Feste” 2008 – Azienda Agricola Sandro De Bruno Germania: Enkircher Steffensberg, Riesling Beerenauslese 2010 - Weingut RueffRöchling Spagna: Abona Do Malvasìa Barrica ‘’Testamento’’ 2013 - S. Coop. Cumbres De Abona Svizzera: Valais Aoc Petite Arvine “Heritage” 2013 - Philippe Varone Vins Sa
Da sinistra: Il Direttore del CERVIM Gianluca Macchi mentre presenta il 22° Concorso Internazionale Vini di Montagna, Stefano Cieli Presidente di VIVAL (Associazione Produttori Valle d’Aosta) e Alberto Levi, membro del Consiglio d’Amministrazione del CERVIM.
Coopérative de Donnas. Oltremodo interessante la visita al Museo dell’Artigianato Valdostano a Fenis. A sottolineare il successo della manifestazione, l’affermazione del Presidente del Cervim Roberto Gaudio: «Non possiamo che felicitarci con il fatto che i produttori di vini di montagna e in forte pendenza continuino a manifestare forte interesse e fiducia nel Cervim, che da oltre 25 anni lavora, per attestare la qualità di questi prodotti elaborati in condizioni particolarmente difficili».
PREMIO CERVIM FUTURO 2014 Secondo le modalità stabilite dal regolamento del concorso, il Premio “Cervim Futuro 2014” viene assegnato all’azienda, di proprietà o nella quale è presente in qualità di socio, un giovane viticoltore di età uguale o inferiore a 35 anni, il cui vino ha ottenuto il miglior punteggio. Italia: Marcoz Federico – La Crotta De Tanteun E Marietta – Aosta PREMIO CERVIM BIO 2014 Secondo le modalità stabilite dal regolamento del concorso, il premio “Cervim Bio 2014” viene assegnato al vino biologico o biodinamico che ha ottenuto il mi-glior punteggio, presentato in una qualsiasi delle categorie. Italia: Trentino Doc Gewurztraminer Biovegan 2013 – Cantina Aldeno Sca – Aldeno/Tn PREMIO CERVIM PICCOLE ISOLE 2014 Secondo le modalità stabilite dal regolamento del concorso, il premio “Cervim Piccole iIole 2014” viene assegnato al vino prodotto nelle piccole isole che ha ottenuto il miglior punteggio. Spagna: Vega Norte Vendimia Seleccionada Listan Prieto 2012 - Sat Bodegas Noroeste De La Palma (Isole Canarie) PREMIO DONNA CERVIM 2014 Secondo le modalità stabilite dal regolamento del concorso, il premio “Donna Cervim 2014” viene assegnato all’azienda, di proprietà o nella quale è presente in qualità di socio, una donna e il cui vino ha ottenuto il miglior punteggio. Svizzera: Claudineroduit–Domainelarodeline –Fully(Cantonevallese) Per l’elenco dei vini vincitori cliccare su www.cervim.org
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In zona centralissima, nel quartiere di San Fruttuoso, abbiamo creato una struttura, modernamente servita e arredata con camere climatizzate per ospitare nel migliore dei modi i nostri ospiti, e far loro trascorrere in modo piacevole e sereno le loro giornate genovesi. La residenza è concepita come una concreta risposta alle necessità del territorio in cui sorge, un servizio al cittadino e alle famiglie, un luogo di assistenza, aggregazione e attenzione, pensato per valorizzare e dare qualità alla vita degli ospiti. All’interno della struttura, viene garantita assistenza medica e infermieristica 24 ore su 24 e durante la giornata, gli ospiti vengono coinvolti in varie attività di animazione al fine di stimolare la socializzazione e incentivare le potenzialità di ognuno, migliorandone così la qualità della vita. Ecco solo alcuni dei nostri servizi: Camere Climatizzate, Fisioterapia, Palestra, Animatrice tutti i giorni, Dentista in sede una volta la settimana, Parucchiere e manicure una volta la settimana, Assistenza medica e infermieristica 24 ore 24.
L’animatrice geriatrica organizza quotidianamente attività ludico creative e comunicative al fine di coinvolgere gli ospiti e migliorarne così la qualità della vita creando aggregazione e mettendo in luce le potenzialità di ciascun ospite, valorizzando attitudini e scoprendo potenzialità espressive nuove promuovendo l’agio sul disagio e dando così un sostegno psicologico all’anziano, orientandolo alla realtà quotidiana. Si organizzano dunque feste, si festeggiano i compleanni, si coinvolgono gli anziani in giochi di società, cognitivi di stimolazione della memoria e di orientamento temporale. Si svolgono varie attività, musicali, teatrali grafiche creative legate alle stagioni. Ancora, abbiamo lettura del quotidiano, con commmento e dibattito da parte degli ospiti, visione di film con comprensione e dibattito ed inoltre è in preparazione un giornalino d’istituto curato dagli ospiti insieme all’animatrice e con il contributo di vari colleghi del personale.
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Antica bottiglieria ENOTECA SUSTO Nel 2006 è stata dichiarata Bottega Storica A cura di Virgilio Pronzati
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ottiglie, bottiglie e ancora bottiglie nell’Enoteca Susto di Vico Casana 24 Rosso, per più di cinquemila etichette. Vini e liquori pregiati, alcuni rari e introvabili, altri più usuali, provenienti da tutta l’Italia e dall’estero. Il negozio è stato aperto nel 1870 ed ha conservato gli arredi originali. D’epoca è il bancone nato per la mescita, le colonne, la pavimentazione e le scaffalature di legno biondo che rivestono le pareti da terra fino al bel soffitto a volte che denota la data di costruzione del Palazzo: 1400. Nello stretto vicolo buio, dove le pietre, le colonne ed i portali raccontano la storia di Genova, l’antica bottiglieria Susto costituisce un magnifico esempio di negozio d’epoca. “Nella nostra Enoteca non vendiamo soltanto vini e liquori” racconta Marilena Marino Susto “anche se questa rimane la nostra specialità precipua”. Quali sono i prodotti vanno di più in questo momento? Assortimenti di vini pregiati, champagne, liquori ma anche golosità particolari che vendiamo nel nostro negozio come salse da accompagnare pesci, carni e formaggi, marmellate artigianali con e senza zucchero, aceto balsamico, bottiglie di fogge e formati particolari contenenti oli ed aceti aromatizzati al tartufo. Se si volesse fare un regalo importante? Per collezionisti ed intenditori consiglierei bottiglie di Cognac o whisky invecchiati da più di 30 anni, oppure grappe pregiate che noi offriamo in tantissime varianti, cesti assortiti contenenti vini e specialità in grado di accontentare i palati più esigenti per arricchire le tavol e stupire anche chi ha già tutto. E per un dono poco costoso, un semplice pensiero? Anche in questo caso la scelta che offriamo è molto vasta. Ad esempio proponiamo a dieci euro bottigliette di grappa spray per aromatizzare il caffè, oppure accessori per servire le bevande: bicchieri, cavatappi e tappi che eliminano l’aria, secchielli ed altri numerosi piccoli complementi.
Ristorante “IL CAMINETTO”
via Olanda n.° 1 Diano Maina 18013 +39 0183 494700 cell . +39 346 4089875 www.ilcaminettodianomarina.it info@ilcaminettodianomarina.it
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Se un compratore desidera provare qualche vino? Volentieri lo accontentiamo: il nostro negozio ha il permesso di mescita e in certi periodi proponiamo ai clienti degustazioni di prodotti che le aziende fornitrici ci mettono a disposizione per questo scopo. Qui in Vico Casana avete soltanto l’Enoteca? Fortunatamente possiamo contare anche su sette cantine, dalle volte a botte ed i muri spessi in pietra, a cui si accede direttamente dal negozio con una scala di legno. Qui i vini trovano l’ambiente ideale per invecchiare ed acquistare corposità e sapore. Anche le cantine, come l’Enoteca, sono vincolate dalla Soprintendenza ai monumenti. Indubbiamente una visita a questo tipico negozio consentirà di trovare regali speciali in grado di soddisfare gli intenditori più esigenti e permetterà di scoprire un angolo di Genova suggestivo ed affascinante.
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L’
Istituto Alberghiero “Artusi”, paritario e legalmente Riconosciuto, è situato in Casale Monferrato. Dal 1976 a oggi ha già diplomato più di duemila allievi con una media di inserimenti nel mondo del lavoro superiore alla media degli Istituti Alberghieri regionali. Il corso di studio “Servizi per l’Enogastronomia e l’Ospitalità Alberghiera” si articola in due indirizzi: “Enogastronomia” e “Servizi di sala e di vendita”. Il percorso quinquennale porta gli allievi all’Esame di Stato e con la Maturità accompagna i ragazzi nel mondo del lavoro oltre ad aprire loro le porte dell’Università. L’Istituto dispone di tutte le attrezzature necessarie per distinguersi come scuola all’avanguardia e creare un clima sereno e costruttivo in cui gli allievi possono studiare e lavorare appieno, per una crescita didattica e formativa nel pieno rispetto dei programmi ministeriali. Dall’anno scolastico 2014/2015 abbiamo deciso di attivare il servizio di Convitto presso la Residenza Alberghiera situata in via Cavour, sempre in Casale Monferrato a dieci minuti dall’Istituto, così da poter rendere raggiungibile e fruibile il nostro Istituto anche a chi arriva da lontano e ha problemi a spostarsi con mezzi pubblici.
Oltre ad organizzare stage formativi presso prestigiosi partners del settore in tutta Italia, l’Istituto dispone di un vero servizio di Job Placement come supporto a tutti gli studenti iscritti per aiutarli nell’inserimento nel mercato del lavoro. L’orientamento in uscita dal percorso scolastico provvede a segnalare i nominativi dei propri diplomati a tutte le imprese del settore che da anni collaborano con il nostro Istituto per agevolare l’inizio della carriera professionale. Inoltre, una sezione dedicata, si occupa di allestimento e organizzazione di eventi con uno staff dedicato ai servizi di catering e banqueting.
L’ISTITUTO DI CASALE MONFERRATO HA ANCHE UN SERVIZIO DI JOB PLACEMENT PER SUPPORTARE GLI STUDENTI AIUTANDOLI A INSERIRSI NEL MERCATO DEL LAVORO
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Qui Genoa
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e Mandragora, speriamo di mandarne altri prossimamente. In passato abbiamo portato in prima squadra tantissimi giovani, da El Shaarawy a Lazarevic, passando per Cofie, Ragusa, Sturaro e Perin. Il Genoa infatti è una delle pochissime società in Italia che investe molto sul settore giovanile ed ogni anno moltissimi giovani si mettono in luce o con la prima squadra o in prestito altrove Negli ultimi anni la società rossoblù ha davvero fatto un ottimo lavoro facendo degli investimenti importanti. Prima con Donatelli e ora con Sbravati: il settore giovanile del Genoa negli ultimi anni è uno dei più forti settori a livello nazionale e non a caso si sono vinti tanti trofei. I media nazionali però danno poco risalto a questo dato di fatto: si pensa ad un calcio italiano in crisi, soprattutto a livello del serbatoio delle giovanili, ma nessuno dà risalto al Grifone che ogni fa grossi investimenti e porta in prima squadra diversi ragazzi.
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idio Corradi non è mai stato dimenticato dal pubblico rossoblù. Dopo aver contribuito alla promozione del Genoa al termine della stagione in C1, diventò un elemento cardine negli anni ’70 della squadra insieme a Silvestri, Simoni e Pruzzo. Ad oggi è l’unico calciatore assieme a Marco Rossi ad aver segnato con la maglia del Genoa in serie A, B, C1 e Coppa Italia. Nonostante l’addio al mondo del calcio giocato, Genova ed il Genoa gli sono rimasti sempre nel cuore e vanta un’esperienza di moltissimi anni tra nel file delle giovanile rossoblù coadiuvata da splenditi risultati e vittorie. Attualmente collabora con la Primavera guidata da mister Fasce. Sidio Corradi, un’altra nuova stagione ha preso il via: quale giudizio dai alla Primavera del Genoa? Reputo la squadra forte, credo che possiamo toglierci diverse soddisfazioni e giocarcela con tutti e sono sicuro che faremo tanta strada. La maggior parte dei ragazzi che fanno parte della rosa sono calciatori che erano negli Allievi Nazionali la passata stagione, li conosco tutti e io personalmente li seguo ormai da quattro anni. Abbiamo una squadra giovane con tanti ragazzi classe 1997 e 1998 eccetto per cinque o sei componenti che sono del 1996. Il neo-mister Fasce farà un ottimo lavoro e sarà coadiuvato dal sottoscritto e dalla presenza di De Prà, Minetto e Manganaro, solo per citarne alcuni. Come prevedi che sarà il campionato? Nel nostro girone ci sono tante squadre forti come Fiorentina, Juventus, Torino e Sampdoria: queste squadre sulla carta hanno ottimi organici, ma come ho detto prima credo molto nella rosa che abbiamo a disposizione con mister Fasce. Quale è il vostro vero obiettivo stagionale? Il nostro scopo è quello di portare la maggior parte dei ragazzi in prima squadra: questa è la nostra vittoria. Poi se vinciamo il campionato è ancora meglio e per noi sarebbe una grossa soddisfazione. Siamo ad esempio molto soddisfatti per aver mandato in prima squadra due ragazzi del calibro di Panico
A proposito di questo, dopo il pessimo mondiale della nostra nazionale in Brasile si è parlato molto dei settori giovanili che non sono curati a livello italiano: prevale sempre la voglia di avere in squadra calciatori già pronti e si vuole subito vincere. Qual è una tua opinione a riguardo data la tua trentennale esperienza con i giovani? Purtroppo come hai detto tu nella nostra nazione prevale ormai da tantissimi anni la voglia per una squadra di vincere senza dover aspettare: si comprano giocatori già pronti ed in passato purtroppo le grandi squadre spendevano milioni di euro sul mercato. Adesso è sotto gli occhi di tutti che le big del calcio italiano non investono più grosse cifre da dedicare al calciomercato, oppure chi decide di investire prima vende i migliori per avere la liquidità necessaria per poter portare a termine le operazioni. Purtroppo adesso si è arrivato ad un punto molto difficile: soldi ce ne sono pochi, il calcio in Italia peggiora e i settori giovanili sono deficitari. Solo il Genoa come ho detto prima è all’avanguardia. Di questa crisi ne risente anche la nazionale maggiore dato che non ha più il serbatoio proveniente dalle giovanili. Ricordo che molti anni fa l’Italia era come un esempio per le grandi nazioni del calibro di Spagna, Germania, Francia ed Inghilterra: ora ci hanno sorpassato. E noto che ci sono molto Stati che sfoderano grandi settori giovanili, come ad esempio il Belgio. Un altro problema da risolvere sono i troppi giocatori stranieri presenti nelle società. Si è ventilata l’ipotesi di fare una legge a riguardo, cosa ne pensi? Sarebbe una buona scelta che aiuterebbe le squadre a monitorare i giovani e soprattutto permetterebbe ai club di avere già i giovani maturati in prima squadra, ma penso sia molto difficile da attuare anche perché questa ipotesi entrerebbe in conflitto con l’operato dei procuratori e dei presidenti. La migliore idea al momento è quella di puntare sui nostri calciatori.
PARLA SIDIO CORRADI, CENTOTRENTA PRESENZE IN MAGLIA ROSSOBLÙ CONDITE DA BEN 37 RETI
«IL GENOA HA IL SETTORE GIOVANILE PIU’ FORTE IN ITALIA»
di Gabriele Lepri
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Qui Sampdoria di Pamela Guarna
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opo aver chiuso la carriera con la maglia della Carrarese nel 1998, Evani ha intrapreso la strada dell’allenatore delle giovanili del Milan fino al 2009 guidando Allievi Nazionali e Primavera. Attualmente è il selezionatore dell’Italia Under 20. Il cambio di società ha portato entusiasmo in casa Sampdoria: sono arrivati anche acquisti di spessore come Bergessio, Silvestre e Viviano, solo per citarne alcuni. Quale è la sua opinione in merito al mercato estivo blucerchiato? A mio giudizio il neo presidente Ferrero ha operato bene nel calciomercato. All’inizio molti tifosi erano scettici dal momento che faticavano a decollare le operazioni, poi dopo metà luglio tutto si è sbloccato. Bergessio a lungo corteggiato è approdato a Genova, è un buon attaccante con con Eder, Gabbiadini e Soriano può davvero segnare tante reti. A Catania ha fatto sempre bene. Viviano è desideroso di riscatto dopo l’annata in panchina tra le file dell’Arsenal: è un buon portiere e in Italia non ha mai demeritato. Silvestre, così come Viviano, è in cerca di riscatto dopo le esperienze negative milanesi: si tratta di un difensore forte e dotato anche di un buon senso del goal sulle palle inattive. Mihajlovic saprà senza ombra di dubbio sfruttarne le caratteristiche. Non dimentichiamoci poi di Romagnoli, un giovane importante che stimo parecchio in chiave futura anche per la nostra nazionale. Dove potrà arrivare questa Sampdoria anche in ottica di squadre che hanno perso giocatori importanti come Torino e Parma? L’obiettivo stagionale sarà quello di finire nella parte sinistra della classifica. Il mister e Ferrero sono persone ambiziose e credo che proveranno a raggiungere l’Europa League. Come diceva lei Torino e Parma hanno perso giocatori fondamentali come Immobile, Cerci e Parolo, potrebbero dunque non ripetere l’ottimo campionato della passata stagione, ma occorre fare attenzione perché ci sarà un Milan agguerrito e desideroso di tornare nell’Europa che conta e una Lazio che non potrà più ripetere campionati anonimi. Iblucerchiati se sapranno sfruttare al meglio ogni occasione potranno sicuramente lottare per l’Europa League. Ferrero sta portando e vuole portare entusiasmo, fare un buon campionato e raggiungere le coppe europee sarebbe un buon biglietto da visita.
Riuscirà quindi Mihajlovic a ripetere l’ottimo campionato come la passata stagione? Chiaramente non si dovranno tirare i remi in barca negli ultimi due mesi come accaduto la primavera scorsa a salvezza raggiunta… Sinisa è rimasto per migliorarsi, ha ottenuto le garanzie che ha chiesto a Ferrero e la rosa è stata rinforzata. Non dimentichiamoci che l’ex difensore della Lazio ha saputo rigenerare calciatori che sembravano persi, vedi ad esempio Okaka, arrivato con tanto scetticismo ma poi autore di tante reti, assist e grandi giocate. L’attacco della Sampdoria è forte, così come la difesa malgrado la perdita di Mustafi. Interessante è anche il centrocampo. Nella passata stagione il calo subito tra marzo e maggio può essere dovuto alla mancanza di motivazioni a salvezza raggiunta: lo scopo era salvarsi ed una volta raggiunto forse qualche giocatore non era più desideroso di sfornare grandi prestazioni. Questa stagione non penso che potrà accadere. La permanenza di Romero ha spiazzato tutti gli addetti ai lavori: come saprà gestire Mihajlovic il portiere argentino reduce da un ottimo campionato del mondo? Romero è un portiere che ultimamente ha dimostrato solo in nazionale il suo valore, ma se la Sampdoria negli ultimi due anni ha deciso di non puntare su di lui, oltre che per una questione economica, ci sarà un motivo. Così come il Monaco dove la passata stagione non è stato considerato come prima scelta. Mihajlovic saprà anche qui gestire la questione portieri, difficilmente Romero potrà essere titolare in questa squadra. La società, sicura del possibile addio dell’estremo difensore, si era cautelata prendendo Viviano evitando quindi possibili dualismi e togliendosi un ingaggio pesantissimo come quello del’estremo difensore argentino. A gennaio probabilmente verrà trovata un’altra soluzione. Capitolo giovani: attualmente sei il selezionatore dell’Italia under 20, dopo tantissima esperienza che hai accumulato sempre con le giovanili dell’Italia under 18-19 e nelle giovanili del Milan. Perché il calcio italiano che è in netta crisi non punta decisamente sui vivai come accade in altri stati? Purtroppo nel nostro paese si vuole vincere sempre fin da subito ed è quindi chiaro che le squadre puntano su giocatori già pronti e con una certa esperienza. Solo qualche piccolo-medio club punta sui giovani ma poi per esigenze di bilancio questi vengono venduti soprattutto all’estero per creare plusvalenze. Occorre si pensare alle esigenze di bilancio, ma una volta coperti i vari debiti si deve assolutamente rinvestire su altri giovani senza cederli. Solo così il calcio italiano può uscire dalla crisi che negli ultimi anni lo ha colpito, sia in chiave nazionale che in ottica europa. I modelli della Spagna e della Germania vanno utilizzati come esempio concreto e non solo a parole. Il calcio italiano ha perso troppi giovani importanti: da Verratti ad Immobile passando per Cerci. Occorre ripartire da zero e soprattutto i tifosi delle varie squadre italiane ed i media devono mettersi in testa che la propria squadra del cuore magari non potrà vincere tutto subito ma servirà tempo per permettere ai giovani di mettersi in luce.
PARLA ALBERIGO EVANI, EX CENTROCAMPISTA DELLA SAMPDORIA DAL 1993 AL 1997 CON LA QUALE HA VINTO LA COPPA ITALIA DURANTE LA STAGIONE 1993-1994
«QUESTA SAMPDORIA PUO’ RAGGIUNGERE TRAGUARDI IMPORTANTI» 111 INGENOVA Magazine
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GENOA E SAMP,
UN MERCATO DI QUALITA’ TANTI ACQUISTI PER LE DUE GENOVESI, CHE SI PRESENTANO AI BLOCCHI DI PARTENZA PROFONDAMENTE GENOA: RINNOVATE di Pamela Guarna
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a sessione 2014 dedicata al calciomercato estivo non è stata di certo esaltante e proficua per il calcio italiano. Pochissimi sono stati gli acquisti da parte delle big, tantissime invece sono state le cessioni per esigenze di bilancio. Il calcio italiano, così come l’economia, risente di una forte crisi che induce i club italiani a pensare prima al bilancio e poi ad eventuali acquisti. Un discorso a parte va però fatto per Genoa e Sampdoria capaci sì di cedere big importanti come Gilardino e Mustafi su tutti, ma anche di fare un mercato in entrata mirato, attento, di qualità e puntato sui giovani. Il campionato sarà molto lungo e sicuramente i frutti del mercato condotto da Preziosi e Ferrero coadiuvati dai loro collaboratori darà senza ombra di dubbio buoni risultati. Ecco un riepilogo degli acquisti e delle cessioni delle due squadre genovesi:
ACQUISTI:
Tachtsidis (centrocampista, Catania, poi ceduto all’Hellas Verona), Greco (centrocampista, definitivo, Livorno), Perotti (attaccante, definitivo, Siviglia), Rosi (terzino dx, Parma), Improta (attaccante, Chievo Verona), Ragusa (attaccante, Pescara), Sturaro (centrocampista, ceduto alla Juventus e ottenuto in prestito per un anno), Sampirisi (difensore, fine prestito, Olhanense), Matri (attaccante, prestito, Milan), Izzo (difensore, Avellino), Santana (esterno, fine prestito, Olhanense), Strasser (centrocampista, fine prestito dalla Reggina), Marsura (attaccante, Udinese), Rincon (centrocampista, svincolato), Falquè (trequartista, Tottenham), Pinilla (attaccante, definitivo, Cagliari), Edenilson (esterno destro, prestito, Udinese), Todisco (centrocampista, Lecce), Mussis (centrocampista, Copenaghen), Masala (centrocampista, Latte Dolce), Lestienne (attaccante, Club Brugge), Roncaglia (difensore, Fiorentina)
CESSIONI:
Tachtsidis (centrocampista, Hellas Verona), Motta (difensore, fine prestito, Juventus), De Ceglie (difensore, fine prestito Juventus), Cabral (centrocampista, fine prestito, Sunderland), Sculli (attaccante, fine prestito, Lazio), Calaiò (attaccante, fine prestito, Napoli), Matuzalem (centrocampista, svincolato), Biondini (centrocampista, Sassuolo), Jankovic (esterno, Hellas Verona), Tozser (centrocampista, Parma), Matuzalem (centrocampista, svincolato: ora al Bologna), Lazarevic (esterno, Chievo Verona), Lodi (centrocampista, Catania), Floro Flores (attaccante, Sassuolo), Centurion (esterno, Racing Avellaneda), Gilardino (attaccante, Guangzhou), Konate (attaccante, fine prestito, Krasnodar), Jara Martinez, attaccante, San Marino), Albertoni (portiere, Spal), Held (attaccante, prestito, Vigor Lamezia), Di Marco (centrocampo, prestito, Vigor Lamezia), Pasini (difensore, Pistoiese), Bouhali (centrocampista, Reggiana), Boakye (attaccante, Atalanta), Molinaro (portiere, Pistoiese), Vrsaliko (esterno destro, Sassuolo), Nadarevic (esterno, Trapani), Zima (portiere, Venezia), Vinetot (difensore, Lecce), Todisco (centrocampista, prestito al Mantova), Marsura (attaccante, Modena), Bizzarri (portiere, Chievo Verona), Cofie (centrocampista, Chievo Verona), Improta (attaccante, Bologna), Portanova (difensore, risoluzione del contratto), Ribas (attaccante, Cartagena)
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Liguria in campo SAMPDORIA: ACQUISTI:
Regini (Difensore, Empoli, Definitivo) Salamon (Difensore, Milan, Definitivo) De Silvestri (Difensore, Fiorentina, Comproprietà) Scappini (Attaccante, Grosseto, fine prestito) De Vitis (Centrocampista, Carpi, fine prestito) Romero (Portiere, Monaco, fine prestito) Laczko (Difensore, Padova, fine prestito) Juan Antonio (Centrocampista, Brescia, fine prestito) Fedato (Attaccante, Bari, fine prestito) Rizzo (Centrocampista, Modena, definitivo) Cacciatore (Difensore, Verona, Definitivo) Duncan (Centrocampista, Inter, Prestito) Campaña (Centrocampista, Crystal Palace, Definitivo) Bergessio (Attaccante, Catania, Definitivo) Viviano (Portiere, Palermo, Prestito) Marchionni (Centrocampista, Parma, Definitivo) Silvestre (Difensore, Inter, Prestito) Romagnoli (Difensore, Roma, Prestito), Mesbah (Difensore, Parma, definitivo), Djordjevic (Attaccante, Zenit, Prestito)
CESSIONI:
Maccarone (Attaccante, svincolato), Fiorillo (Portiere, Pescara) Maxi Lopez (Attaccante Catania, fine prestito) Sestu (Centrocampista, Chievo, fine prestito) Rodriguez (Difensore, Gremio, Prestito) Poli (Centrocampista, Milan, Definitivo) Icardi (Attaccante, Inter, Definitivo) Rossini (Difensore, Sassuolo, Definitivo) Biabiany (Centrocampista, Parma, Definitivo) Bjarnason (Centrocampista, Pescara, Definitivo) Savic (Attaccante, Losanna, Prestito) Martinelli (Centrocampista, Modena, Prestito) Martella (Difensore, Crotone, Definitivo) Celjak (Difensore, Benevento, Definitivo) Beltrame (Attaccante, Modena, Prestito) Berardi (Difensore, Leeds, Definitivo) Volta (Difensore, Cesena, Prestito) Mustafi (Difensore, Valencia, Definitivo) Renan (Centrocampista, Al Nasr, Definitivo) Piovaccari (Attaccante, Eibar, Prestito) Eramo (Centrocampista, Ternana, Prestito) Gavazzi (Centrocampista, Ternana, Prestito) Costa (Difensore, Parma, Definitivo) Gentsoglou (Centrocampista, Ergotelis, Definitivo) Salamon (Difensore, Pescara, Prestito) , Juan Antonio (Centrocampista, Parma, Definitivo), Campana (Centrocampista, Porto, Prestito)
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LO SBIANCAMENTO DENTALE UNA SOLUZIONE PER AVERE UNO SPLENDIDO SORRISO IN OGNI OCCASIONE
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denti non sono solo fondamentali per nutrici, ma sono una parte importantissima del nostro volto. Un bel sorriso è quanto di più affascinante si possa notare in una persona quando la si vede per la prima volta, perché trasmette sincerità, amicizia, buona disposizione. Ma che fare se il colore dei propri denti, magari per il vizio del fumo, non è esattamente bianco candido? Già i Fenici e i Romani praticavano lo sbiancamento dentale, con impacchi di cera e di urea, mentre nel Medioevo si arrivava a usare soluzioni acide o addirittura si limavano i denti per arrivare uno smalto di color bianco, indebolendo moltissimo un organo tanto importante. I primi trattamenti con perossido d’idrogeno risalgono alla fine dell’Ottocento, ma lo sbiancamento come lo conosciamo ora è una scoperta molto recente. Lo sbiancamento non è solo cosmetico, ma è spesso l’unica soluzione per rimediare a discromie dentali dovute a divere patologie. I prodotti che vengono utilizzatiper lo sbiancamento contengono quasi sempre perossido di idrogeno e perossido di carbammide, impiegati in varie concentrazioni a seconda della tecnica che si intende utilizzare e delle esigenze del paziente. Lo sbiancamento funziona grazie alla liberazione di ossigeno da parte del
perossido di idrogeno o di carbammide nel momento in cui viene posto a contatto con i denti. Queste molecole di ossigeno vanno a disgregare le molecole dei pigmenti responsabili della discromia, e dunque rendendole non più visibili. Lo sbiancamento dentale può essere effettuato, previa visita e valutazione dell’odontoiatra, sia presso l’ambulatorio odontoiatrico sia in modo più autonomo dal paziente a casa. Con lo sbiancamento effettuato in ambulatorio, direttamente dal dentista o dall’igienista dentale, si possono sbiancare sia i denti vitali che i denti devitalizzati. Lo sbiancamento dei denti vitali prevede l’applicazione sui denti di perossido di idrogeno ad alta concentrazione (circa 40%) per circa un’ora, da ripetere 3 o 4 volte a distanza di una settimana. Questa tecnica può essere associata all’uso di lampade o laser che vanno a coadiuvare l’azione del gel. Per lo sbiancamento dei denti devitalizzati in questo caso è necessario riaccedere alla camera pulpare del dente, praticando un foro sulla parete palatale del dente, in quanto il gel sbiancante va posizionato all’interno del dente stesso. Il clinico può decidere di lasciare in posa il gel per circa un’ora, per poi ripetere l’operazione a distanza di una settimana per altre 3-4 volte, oppure può lasciare il gel all’interno del dente e dimettere il paziente, per poi cambiare il gel a distanza di qualche giorno. Anche in questo caso, la pratica viene ripetuta 3-4- volte. Normalmente questa decisione viene presa in base alla gravità della discromia. Per lo sbiancamento di denti devitalizzati si utilizzano sia perossido di idrogeno che perossido di carbammide in varie concentrazioni, in base alle esigenze di trattamento. Lo sbiancamento dentale professionale è una pratica sicura per i pazienti, che non altera o rovina lo smalto dei denti ed inoltre permette una predicibilità di risultato molto elevata. Casi di ipersensibilità dentale si risolvono di norma nel giro di poche ore.
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om’è nato il Diario di Disco Club? E’ una domanda che mi è stata rivolta spesso da quando è uscito il libro. In realtà è stato tutto molto casuale. Una sera dell’anno scorso (per la precisione il 13 febbraio) ho pubblicato sul gruppo e sulla pagina facebook del negozio il resoconto di quello che era successo quel giorno. Non pensavo di continuare e invece questo si è trasformato in un appuntamento quotidiano fino al 31 maggio di quest’anno e, in seguito alle insistenze dei lettori del facebook-diario, in un libro. Ne ho fatto stampare 100 copie e pensavo di avere esagerato, invece siamo arrivati alla quarta edizione». Il mondo visto da Disco Club è un microcosmo rappresentativo di generazioni che si sovrappongono con i gusti classici e quelli più modaioli. Appare subito chiaro che la Cultura Rock fa la voce grossa. Per «classica» si intende il progressive-rock, che l’Italia ha avuto il merito storico di scoprire ed inseguire decretandone il successo mondiale. Le meteore spinte dalle majors hanno a loro volta svezzato file di giovani davanti alla vetrina del negozio di Via S. Vincenzo, un vero punto di riferimento e un ritrovo centralissimo. Mescolati insieme col passar del tempo si sono succeduti freak, eroi underground degli anni ’70 e ’80, metallari, punk e new waver. Un variopinto pubblico che si è fuso senza problemi con l’architettura moderna del grattacielo di Brignole.
DISCO CLUB,
CINQUANT’ANNI AD ALTA FEDELTA’ GIANCARLO BALDUZZI, TITOLARE DEL PIÙ FAMOSO NEGOZIO DI DISCHI DI GENOVA, RACCONTA IN UN LIBRO LA VARIA UMANITÀ DI GENERAZIONI DI APPASSIONATI Di Fabrizio Repetto Si percepisce l’importanza del locale anche dalle storiche fotografie in bianco/nero dei Beatles a Genova nel 1965, precisamente l’anno di fondazione di Disco Club. Oggi è rimasto l’unico negozio di dischi in città. Genova, conosciuta per la sua scuola di cantautori, si fa qui più internazionale ed aperta. Tra gli scaffali è possibile rintracciare le tendenze all’avanguardia delle vere capitali della musica: Londra ma anche svariate città d’oltreoceano. Per un attimo ci si puo’ ritrovare un po’ ovunque in compagnia dei grandi nomi, delle etichette indipendenti e delle multinazionali discografiche. Se fiumi d’inchiostro hanno incanalato i gusti musicali, solo l’esperienza sonora diretta è veramente in grado di aprire le personali porte della percezione per approcciarsi al mondo. Da qui sono passate le stagioni più strampalate ma nulla appare mutare, neppure l’arredamento minimale e funzionale per una ricerca che può durare ore e mezze giornate per un pezzo raro, un must introvabile o da prenotare in Olanda per poi ritirare successivamente. Per ammissione del titolare Giancarlo, è raro anche trovare normalità nel negozio. L’ umanità che lo frequenta assiduamente diventa protagonista del diario di Disco Club inizialmente sul social network Facebook e adesso disponibile come libro, sottotitolato “memorie di un dischivendolo”. Il
successo incredibile riscontrato sui social newtork ha infatti portato all’inevitabile passo successivo: il libro autoprodotto che sta andando a ruba. Giorno dopo giorno vengono descritti con particolari minuziosi gli avvenimenti notevoli tra gli appassionati frequentatori del negozio-cult. I Clienti peggiori sono melo-onanisti, a volte vengono trattati male a causa dei loro comportamenti scorretti. Spesso vengono espulsi dal negozio ad insindacabile giudizio del titolare. Giancarlo infatti arriva ad ipotizzare la creazione di una “Casa di Riposo Discoclub” dove tutti vivranno felici, contenti e Rock’n’Roll. Ti ricordi la prima volta in cui sei entrato da Disco Club? Cercavi un disco in particolare o eri lì per caso? Che atmosfera si respirava in quel periodo in negozio? Il negozio ha aperto il 19 dicembre 1965, era una domenica; quel giorno sono andato allo stadio a vedere SampdoriaInter (triste giornata: 0 - 5); solo il giorno dopo, passando dall’altra parte della strada, mi sono accorto della sua esistenza. C’erano già le casse esterne e, sentendo la musica, ho attraversato e ho fatto il primo giro della mia vita discoclubiana. Quindi ero lì per caso e, mi dispiace deluderti, l’atmosfera era quella di un normale negozio di qualsiasi genere, tipo quella del venditore di tappi per imbottigliare il vino, che era trenta metri dopo. Deluso, vero? Sai, gli anni ‘60 sono stati forse anche troppo mitizzati e il mio predecessore era un commerciante nel vero senso della parola: dava del lei a tutti (e all’epoca l’età media era di circa vent’anni e non più di cinquanta come adesso), pelo sullo stomaco (per farti cambiare un vinile visibilmente ondulato, dovevi sperare in qualche raccomandazione speciale), ricarico massimo possibile (più del 100%, contro il 30 scarso attuale): non per niente era chiamato «l’aguzzino»… A un certo punto, da aiutante che eri, ti si è presentata la possibilità di diventare il nuovo titolare. Perché hai deciso di essere tu Disco Club? Ai tempi avevi un lavoro sicuro, se non ricordo male, che hai inevitabilmente dovuto lasciare: ti assumeresti lo stesso rischio oggi? «Disco Club» lo sono diventato dal primo gennaio 1984. Prima ero un semplice cliente e dal 1972 al 1976 aiutante esterno. Anche lì l’aguzzino era bravissimo a sfruttarmi: facevo gli ordini, servivo, lo sostituivo quando andava in ferie, facevo la rivista Pop Records e quindi seguivo la relativa vendita per corrispondenza, tutto questo nei ritagli di tempo del mio mestiere primario: bancario. I Gufi all’epoca cantavano ironicamente “Io vado in banca / stipendio fisso / così mi piazzo / e non se ne parla più”; il 31 gennaio 1982 decido di rinunciare allo stipendio fisso, la banca non faceva per me, dimissioni col capo del personale, che, togliendosi gli occhiali, mi guarda e: «Balduzzi, è sicuro di quello che fa? Però l’ammiro, è la prima volta che mi capita che uno si licenzi». Sicuro? Sì, all’epoca sì, adesso non so se lo rifarei. Che cos’era ‘Pop Records’? Di partenza, nel 1972, una lista di dischi per la vendita per corrispondenza, con poche recensioni. Nei due anni successivi è diventata una vera e propria rivista, da quattro a otto pagine, poi a sedici, trentadue e infine sessantaquattro, uno dei primi mensili specializzati italiani. Io ne ero il direttore, tra i collaboratori dell’epoca molti hanno preso il volo: Enrico Ghezzi alla Rai col suo Blob, Renato Tortarolo al Secolo XIX, Flavio Brighenti a Repubblica, Massimo Poggini a Max, Riccardo Bergerone a Rai3 Piemonte, Alberto Campo a Musica (poi XL) di Repubblica, Alberto Cantù critico di musica classica, Paolo Cherchi Usai responsabile di una biblioteca cinematografica a New York prima e a
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Genova in musica Canberra poi, Umberto Rossi critico cinematografico, Francesco Pincione responsabile di Film-story. Insomma, un vero e proprio trampolino di lancio. Negli ultimi quindici anni abbiamo assistito a una crisi del mercato discografico dovuta all’avvento di Internet e delle nuove tecnologie. Quanto realmente può dire di averla avvertita un negozio di dischi eticamente e tecnicamente indipendente come il tuo? Sicuramente l’ho avvertita, ma l’età media della mia clientela mi ha aiutato a resistere (non sono molto portati per le nuove tecnologie) e infine ho cercato di sfruttare a mio favore i mezzi che l’uso della rete mi mettevano a disposizione. Ci sono miei ex colleghi che hanno chiuso il negozio senza avere mai usato il fax: io il fax non lo uso da più di quindici anni sostituendolo con la posta elettronica e, soprattutto, con i database di grossisti internazionali che consentono di avere dischi altrimenti in Italia irreperibili. Le varie sfortune che hanno colpito gli altri negozi della città, in primis l’alluvione del 2011 che ha determinato la chiusura di Orlandini e segato le gambe alla Fnac, hanno inevitabilmente portato al negozio qualche cliente in più. La maggior parte di essi, però, ha mediamente gusti un po’ più commerciali rispetto a ciò che metti in vetrina di solito. Come gestisci questa sorta di conflitto ‘etico’? Ho lo scaffale della vergogna, dove campeggiano Ramazzotti, Pausini, Mengoni, Amoroso, One Direction e, persino, Moreno! Ogni tanto mi dimentico di averli e, rispondendo a una richiesta, dico “No, non ce l’ho”, salvo poi girarmi e vederli lì, alla mia destra, che mi prendono in giro: “Scemo, hai perso una vendita”. La crisi del disco, dal tuo osservatorio, può dirsi arrestata? Si dice sempre che quando si tocca il fondo si può solo risalire, questo può valere anche per la crisi del disco. Del resto prendiamo come esempio la nostra città: a Genova all’inizio del duemila potevi trovare quarantacinque negozi di dischi, ora sono solo otto (di cui quattro aperture postume al 2000): peggio di così penso che sia difficile. Come riuscite a resistere all’imperversare del digitale e alla concorrenza dell’e-commerce, Amazon in testa? Tenendo in vita i vecchi clienti. E intendo proprio “tenere in vita”, perché ormai ho una sfilza di pensionati che continuano a comprare i dischi che già avevano dagli anni ‘70 in vinile, poi in cd normale degli anni ‘80, poi in deluxe edition e ora in cofanetti, magari con pezzi scartati all’epoca, perché ritenuti scadenti; devo quindi badare alla loro salute, non per niente mi circondo di una notevole schiera di dottori, tra loro anche qualche psicanalista (di cui uno infantile: invecchiando spesso si ritorna bambini) e uno psichiatra. Vendete cd e LP, sia nuovi che usati. Che mercato hanno, in percentuale? È vero che il vinile è in continua risalita rispetto al cd? Se facciamo il confronto con gli inizi degli anni 2000, è chiaro che la percentuale d’aumento dei vinili è esagerata, anche perché si è partiti da un livello di quasi zero. A livello d’incasso assoluto però si rimane ancora a un 90% dei cd, con progressivo miglioramento dei vinili, anche perché negli ultimi tempi hanno scoperto il fascino del vinile anche parecchi giovani e, a sorpresa, tra loro parecchie ragazze, genere quasi sconosciuto in negozio fino a pochi anni fa.
DAL DIARIO Un cliente mi chiede un disco in vetrina, esco quindi per prenderglielo, qui m’imbatto in uno strano personaggio: sui cinquant’anni, sdentato, dalla postura un po’ piegata e non so fino a che punto sobrio, sigaretta in mano: «E’ una bomba», mi dice, riferendosi alla canzone che sta suonando in quel momento, «avrà successo, te lo dico io e io di musica me ne intendo. Sai da quanto la seguo? Da sette anni!». Marito e moglie con cagnolino davanti alla vetrina; lui, «Come mai non ha messo fuori i dischi di Sanremo?», lei «Li avrà dentro, entriamo a chiederglielo», il cagnolino «Bau bau bau» e li trascina via. Anziana signora: «Scusi, ha un cd di Giacomo Leopardi?». Signora di mezza età fan dei Queen. «Sto cercando qualche dvd dei Queen». «Mi è rimasto solo l’ultimo, Hungarian Rhapsody». «No, grazie, il concerto di Bucarest ce l’ho già». «Ciao, sono Devid». Gli chiedo «David?». «No, no, proprio Devid». Ed io: «Ma si scrive Devid?». «No, si scrive David, ma si legge Devid». «Ah, sei di origine inglese?». «No, calabrese». «Ok». Una cliente entra col marito e mi dice: «Dammi l’ultimo cd di Enrichetto». «Enrichetto?». «Sì, ormai lo chiamo così», e ridendo contenta, spiega: «Eric Clapton». Il marito invece compra l’inedito di Hendrix, e lei «Sai come lo chiamo quello?». Ci provo: «Gimmetto?». «Ma no, lo strimpellatore!». Cliente di vecchia data, che compra (si fa sempre per dire) quasi esclusivamente Emerson e Jethro; si aggira per un po’ in negozio, poi si avvicina alla cassa, «Ma dove li tieni i cd di Emerson, Lake e Palmer? Nella K non li ho visti». «K???». «Sì, Keith». Signora della terza età (e mezzo). «Senta, ho una richiesta particolare, vorrei l’Adagio di Albinoni, però cantato da Albano». A questo nome (il secondo Alb) mi viene un brivido. «No signora, non tengo musica classica... e non tengo Albano». E lei, uscendo: «E lo so, la musica di qualità non si trova più». «Quanto è?». «Ventitré euro». «L’età di Cristo». «No, solo 23, non 33». «Appunto, se è morto a 33, ne avrà avuto prima anche 23, no?». «Gian, sono Antonio, ti è mica arrivato quel cd di Pino Daniele che non si trova?». «Eh no, non si trova». «Lo so, ma lo sai che io cerco i dischi che non si trovano; se per caso lo trovi, mi telefoni per dirmi che l’hai trovato?». Pochi giorni fa ho venduto un disco di jazz a un vecchio cliente, oggi entra e: «Gian, questo cd non funziona, parte, fa qualche rumore, ma poi si blocca; l’ho provato anche sul computer. Guarda un po’ tu», me lo passa, lo tiro fuori e guardo se ha qualche segno; non ne ha, ma… «Con che cosa l’hai provato?». «Eh, beh, col mio lettore cd». «È questo il problema: è un dvd». Parliamo del telefono. Non ho mai avuto un buon rapporto con lui: proprio per questo Roby, il ferramenta, ha definito Disco Club come il primo negozio con lo scazzo alla risposta. Coppia di mezza età, guardano la vetrina, poi entrano. «Abbiamo visto che c’è una raccolta di Burt Bacharach». «Sì, un cofanetto con sei cd oppure un disco doppio». Glieli mostro, il marito li guarda e «Ma scusi sono tutte cantate da lui o da altri?». «Bacharach non canta». «Ah, quindi da altri?», conclude deluso e se ne va. Signore di mezza età, «Dove posso trovare i biglietti per il concerto di Katie Melua a Saarbrücken?». Nel pacco in arrivo dall’Olanda c’è un cd per Capitan Achab, quello dei We All Together. Danilo Jazz gli chiede: «Ma chi sono questi?» ed ecco la perla: «La cosa più vicina ai Beatles che abbia mai partorito il Perù». Richiesta, «Scusi, c’è una diatriba con i miei amici: la canzone Popcorn è dei Pink Floyd, vero?». Per poco svengo e questa non gliela lascio passare. «Si sarebbero vergognati a morte di fare una cosa del genere!». Il mio sdegno non lo convince. «Eppure io sono sicuro che era dei Pink Floyd». Due ragazze: non entrano in negozio, ma guardano la vetrina, sento che dicono «non ne conosco quasi nemmeno uno di questi cd, come fa a non chiudere questo negozio?». A dire il vero questa frase l’ho già sentita più di una volta; decido quindi di fare un cartello da mettere in vetrina – «Lo so non conosci nessuno dei dischi che sono in vetrina, ma è proprio per questo che sono ancora aperto» –, lo scrivo, lo espongo e me ne vado a mangiare. Un altro dei misteri che avvolgono le morti delle rockstar ha trovato oggi la sua spiegazione. Da un paese vicino ad Alessandria arriva un sessantenne. «Mi serve qualche disco di quelli che piacciono ai giovani». «Ha qualche indicazione?». «Ma sì, sono ragazzi sui trenta/trentacinque anni (a quanto pare l’asticella della giovinezza si è alzata negli ultimi tempi); magari qualcosa dei Beatles o dei Led Zeppelin». Lo accontento con una doppietta di Rolling Stones (un altro gruppo di quelli che piacciono ai giovani), e lui rilancia, «Anche qualcosa di quello grande e grosso morto di a i di esse (aids)». non era grande e grosso, ma io ci provo con »Freddy Mercury?». «No, no, era americano, adesso c’è la figlia». «Canta?». «No, ma c’è». Dove sia non lo sapremo mai, ma finalmente un lampo gli illumina la memoria e giulivo urla «Elvis Presley!». Ecco la rivelazione: Elvis aveva problemi di ipertensione, un’arteriosclerosi coronarica, danni al fegato, assumeva una quantità esagerata di sonniferi e di eccitanti, ma a farlo morire è stato l’aids.
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nstallare una porta blindata o, precisamente, una porta antieffrazione, all’ingresso della propria abitazione è già un’ottima difesa contro gli attacchi esterni di malintenzionati e ladri. Perché però sia veramente efficace nel proteggerci, una porta blindata deve essere scelta in base a diversi criteri e occorre anche conoscere quali sono le caratteristiche opzionali che è possibile trovare nelle porte blindate in commercio, in modo da scegliere la più adatta a noi e alla nostra abitazione. Per capire quale grado di sicurezza può offrire una porta blindata, quest’ultima è solitamente dotata di una classe che ne certifica la qualità antieffrazione, secondo alcuni test eseguiti ad hoc su di essa. Secondo le norme Uni Env 1627 e successive, le classi di qualità di una porta blindata sono 6, costituite in ordine crescente di resistenza antieffrazione, in base al tipo di serratura e ad altre caratteristiche, come l’isolamento termoacustico. Se una porta di classe 1 resiste a uno scassinatore che utilizza soltanto la forza fisica per tentare di aprire o divellere la porta (adatta quindi a porta caposcala con rischio normale o come porta di magazzini contenenti merce di basso valore intrinseco), una porta di classe 6 resiste a uno scassinatore elettrico che usa anche attrezzi elettrici ad alta potenza (ed è quindi perfetta per banche, gioiellerie, impianti nucleari, ambienti militari, ambasciate). Dal cilindro e dalla serratura dipende la sicurezza di una porta blindata, perché anch’essi devono essere dotati di sistemi di antieffrazione. Anche serratura e cilindro poi, devono essere certificati se devono essere installati su porte blindate certificate a loro volta. Il cilindro, per essere certificato e quindi considerato di sicurezza, in base alla norma Uni En 1303:05, deve rispondere a determinati requisiti di durata e resistenza agli attacchi. In particolare gli intagli presenti sul cilindro devono definirne la cifratura unica della chiave, nonché devono essere presenti dispositivi antitrapano, dispositivi antistrappo e dispositivi antimanipolazione. Quando cilindro e serratura sono privi di certificazione, devono però essere qualificati, cioè dimostrare
attraverso una serie di test, che possiedono i requisiti stabiliti dalla norma Uni Env 1627, anche in funzione della classe di resistenza della porta a cui appartengono. In generale, per proteggere un appartamento in condominio è necessaria una classe 2, se si possiedono molti beni di valore e l’appartamento è signorile è necessaria una porta anche di classe 3; per abitazioni unifamiliari e villette invece sono consigliate le classi 3 e 4. Non tutte le abitazioni infatti necessitano dello stesso livello di protezione: la scelta della porta adeguata è condizionata dai fattori di rischio effettivo di quella particolare abitazione, anche a seconda di cosa vi è in essa contenuto.
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l fine di scegliere un seggiolone non solo bello, comodo e pratico, è necessario e fondamentale che il dispositivo assicuri la massima sicurezza al bambino. Scegliete un modello con una base ben stabile e abbastanza larga che non si sposti facilmente per i movimenti del bimbo e non scivoli. Anche il telaio, che sia di plastica, legno o alluminio, deve esibire una indubbia solidità e nessuna giuntura che potrebbe cedere a colpi o scossoni, oltre ad essere arrotondato, privo di spigoli e angoli che possano fare male al bambino e causargli delle lesioni. Il sistema migliore di chiusura è la cintura a cinque punti, come quella del passeggino, che impedisce al bimbo di cadere in basso, scivolando in giù con il corpo. Per questo alcuni modelli hanno anche un supporto di plastica o legno o una fascia di stoffa che separa le gambe e si collega poi con la cintura per evitare “voli” imprevisti.
Controllate anche che la parte davanti che funge da tavolino sia affidabile, sicura e che si possa cambiare posizione con le braccia laterali (più vicino o più lontano) a seconda delle necessità del bimbo che cresce. Comodo, semplice e affidabile sono le tre qualità essenziali per un seggiolone. È utile anche il poggiapiedi che aiuta il bimbo, soprattutto all’inizio, a stare seduto in modo corretto e a non stancarsi troppo. Una delle caratteristiche principali del seggiolone è la facilità per pulirlo dopo un pasto. La maggior parte delle sedie sono dotate di un sedile in vinile che può essere facilmente ripulito. Fate attenzione al fatto che non ci siano troppe cuciture e fessure. Il cibo e le briciole vi si incastrerebbero di certo. Inoltre, scegliete un seggiolone che abbia un vassoio removibile, in modo da agevolare le operazioni di pulizia. Infine, non dimentichiamo che il seggiolone va usato solo per il momento dei pasti del piccolo o della famiglia e mai senza la presenza di un adulto. Una brutta abitudine è anche quella di usarlo per tenere il bimbo “fermo” e tranquillo, castrando la sua sana voglia di esplorare. E, alla lunga, potrebbe anche causare il rifiuto del seggiolone da parte del piccolo.
TUTTI I CONSIGLI PER NON SBAGLIARE L’ACQUISTO DI UNO DEGLI ACCESSORI PIÙ IMPORTANTI PER IL BAMBINO
SCEGLIERE IL SEGGIOLONE
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RINO SGORBANI
IL SAVONESE VINCE IL TROFEO COMUNE DI ZOAGLI E IL TROFEO MARES. A PAOLO BATTIATO IL TROFEO MADONNINA DEL MARE
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i sono conclusi felicemente il 5 agosto a Zoagli, con un grande successo tecnico e di pubblico, i festeggiamenti per la Madonnina del Mare. La manifestazione è entrata nel vivo alle 18 in Piazza XXVII con le premiazioni dei due concorsi internazionali di fotografia subacquea più longevi ed interessanti d’Italia, organizzati dal Comitato Madonnina del Mare e dal Comune di Zoagli. Per il Trofeo “Madonnina del Mare”, giunto alla XVIII edizione ha colto una chiara vittoria Paolo Battiato di Genova con un suggestivo primo piano della statua della Madonnina del Mare che è posta sul fondale antistante la cittadina del Golfo del Tigullio alla profondità di 9 metri. Ottimo secondo posto per il sub padovano Gianfranco Aponte. Per il tema “Ambiente” alla XI edizione ha vinto meritatamente il Trofeo Comune di Zoagli e Trofeo Mares Massimo Corradi, pluricampione italiano di safari fotosub e team leader del CI.CA.SUB Seatram – Diveross di Bogliasco. Corradi ha presentato una bellissima ravvicinata con un gambero pulitore sul muso di una murena. Alle spalle del campione si sono classificati Paolo Scalfo di Massa Carrara e Aldo Boglia di Novate Milanese. Nella scia dei primi si sono piazzati altri 30 concorrenti, tutti con ottime immagini realizzate nei fondali del Mar Tirreno e in particolare nei
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pressi della Statua di Zoagli e dell’AMP di Portofino. Fra gli stranieri prima assoluta Gabri Muller (Svizzera) e secondo Giovanni Pezzi (Croazia). Vincitori delle Menzioni speciali: “Comportamento” la spigola di Pierluigi Colangelo; “Emozione” il relitto della Haven di Rino Sgorbani; “Carpe Diem” l’eccezionale istantanea di Flavio Vailati di Milano che ha colto al… volo un cormorano sott’acqua e “Umorismo e creatività” di Ruggero Caravita di Milano con la sua opera “Alla scoperta di un nuovo percorso”. Hanno fatto parte della qualificata giuria Mario Calabresi, direttore del quotidiano La Stampa, Veronica Frassinetti, Sub Comm. Prefettizio a Zoagli, Sandro Galli, Pres. Comitato Madonnina del Mare, Remo Sallo, fotografo freelance, e Gianni Risso, giornalista e fotografo subacqueo. Hanno collaborato al montepremi il Comune di Zoagli, Comitato Madonnina del Mare, Mares, Foto Leone, Europhoto, Sun Line strumenti sub, IRECO, Edit. La Mandragora, Grand Hotel Bristol Resort & SPA e Hotel Zoagli, Seterie Cordani e Seterie Gaggioli, MareSport Rapallo, www.apneaworld.com, FIPSAS, Banco di Chiavari, CARIGE, DIVEROSS, NIMAR, European DC By Scubaser, Style Diving e Tortuga Diving Portofino. Da ricordare che nella mattinata del 5 agosto il Comitato Madonnina ha consentito a quasi duecento persone di ammirare la statua dalla superficie con l’utilizzo del batiscopio e con la preziosa assistenza del Tortuga Diving Portofino.
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PIERLUIGI COLANGELO
STEFANIA CORRADI
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ALDO BOGLIA
E A FINE OTTOBRE TUTTI A MARSIGLIA Si avvicina per tutti gli appassionati di fotografia e video sub e per tanti amanti del mare l’appuntamento più atteso dell’anno: il Festival Mondial de l’Image Sous Marine, in programma per il terzo anno nella grande città di Marsiglia. L’evento, di portata mondiale, festeggerà la sua 41ª edizione dal 30 ottobre al 2 novembre prossimi nel Centro Esposizioni e Congressi del Parc Chanot. Un montepremi di oltre 30.000 euro è a disposizione delle centinaia di partecipanti ai concorsi che hanno la bellezza di 30 diverse tematiche. I temi più importanti di quest’anno sono fotosub, videosub sub, editoria, siti web, pubblicità e per la prima volta ci sarà anche la categoria per film realizzati con smartphone, fuori e sotto’acqua. Possono partecipare amatori e professionisti e persino i ragazzi. Per tutte le info vedere su www.underwater-festival.com; per info in italiano scrivere a info@apneaworld.com. Come sempre anche quest’anno www.apneaworld. com e il nostro giornale In Genova e Liguria Magazine avranno uno stand per incontrare i tanti amici italiani e stranieri. Gianni Risso
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NON C’ERAVAMO
ancora abituati all’idea della ripresa che ci è scappata via dalle mani. L’ha detto Draghi, lo si è visto nei poco lusinghieri dati nostrani sulla produzione industriale (e il PIL, e la disoccupazione – e il portafogli, anche e prima di tutto). Analisti/economisti/editorialisti si producono nel cercare “la ricetta contro la crisi”, gli “ingredienti per far ripartire l’economia”. Il cibo, appunto. Expo 2015, che della sospirata ripresa doveva essere il volano, si era inserita al volo nella metafora gastronomica: «nutrire il pianeta, energia per la vita». Che è, sì, soprattutto la scommessa di un pianeta autosufficiente dove nessuno soffra la fame, ma anche altro. Spulciando la guida sul tema della manifestazione si legge: «Ogni religione, cultura o Paese prevede riti e liturgie di consumo che trovano in questa sede lo spazio per essere narrate, condivise e vissute. I Partecipanti saranno dunque incoraggiati a proporre un’articolata offerta di food & beverage, che rispecchi le proprie eccellenze e tradizioni». A parte la reazione campanilista che si scatena nel leggere subito prima del giusto richiamo alle “proprie eccellenze e tradizioni” e lo slang yuppie di “food & beverage”, quando poi si parla anche di amatriciane e panzerotti, è chiaro che la strategia è sempre più definita: via alla promozione delle due uniche cose che ancora tirano nel Belpaese, la moda – con un made in Italy più di creatività che di proprietà, François Pinault insegna – e il cibo. Il food, cioè. Sì, ce ne sarebbe un terzo, il famoso cinquanta-per-cento-del-patrimonio-artistico-mondiale, ma siamo realisti: se Darwin ha ragione, a meno di un radicale cambio di rotta nella conservazione dei nostri beni culturali gli stranieri disposti a rischiarsi un mattone tra capo e collo a Pompei saranno sempre meno (e magari animati da intenzioni
poco edificanti, come la coppia statunitense che si stava candidamente portando a casa un capitello). Dal cibo, del resto, arrivano alcune tra le storie di successo più popolari degli ultimi anni, per tacer dell’invasione dello chef televisivo. Eataly (Oscar Farinetti) e Grom (Federico Grom e Guido Martinetti) saranno a Genova i partner di questo Salone Nautico, il tentativo di unire un’eccellenza indiscussa a un’altra che al momento non se la passa troppo bene. La ricetta di Farinetti per uscire è chiara: export, export al cubo. Oppure 800 per tre. «Noi abbiamo 800 miliardi che spendiamo, i consumi, 800 sono i miliardi della spesa pubblica, 400 sono i miliardi delle esportazioni. Bisognerebbe portare in pari questo numero: 800, 800 e 800». Non tutto però è rose e fiori: 800 sono anche gli euro al mese che Eataly paga i suoi commessi interinali per 40 ore di lavoro, e proprio il gelato di Grom recentemente è finito sotto i riflettori per alcune insolite clausole “meteorologiche” del contratto con i dipendenti, forse per far fronte a un’estate che non c’è stata. Intanto, per patrocinare il nostro food & beverage (o come diceva quel tale, cose da beive, cose da mangiä), è stato presentato il menu tipico regionale certificato, ispirato all’esperienza di Genova Gourmet e con il marchio che si chiamerà, appunto, Liguria Gourmet. Tra i piatti patrocinati al recente “Agricoltura in piazza” al Porto Antico: trofie al pesto, minestrone, condiggiun, polpette di cabannina al tocco, stoccafisso brandacujun, cappon magro, sacripantina. Secondo l’assessore all’Agricoltura della Regione Liguria, Giovanni Barbagallo, Liguria Gourmet potrà essere «la nostra ‘bandiera’ anche in occasione di Expo Milano 2015». Si ritorna sempre lì, a Milano, all’Expo: nell’attesa di sapere se saremo tra quelli che devono nutrire o essere nutriti.
Giordano Rodda giordano.rodda@gmail.com
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capurroricevimenti.it
Villa lo Zerbino.
Esclusiva, per tutti. A GENOVA, RICEVIMENTI SI DICE CAPURRO.
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Casal L o
S p e t t a c o L o
d e L
g u S t o
meglio esserci che pentirsi di non esserci stato.
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CasalEat: una kermesse-evento dedicata al grande pubblico, ai produttori di eccellenze, ai ristoratori e agli operatori del settore, per mettere in tavola il meglio che queste splendide terre hanno da offrire. Un appuntamento imperdibile da segnare sul calendario per tutti coloro che amano le delizie d’italia. Il Palafiere di Casale Monferrato ospiterà nei suoi oltre diecimila metri quadrati centinaia di stand dove si potrà curiosare alla ricerca di sapori sconosciuti o dimenticati, per degustare grandi materie prime e specialità e, perché no, portarsi a casa gli straordinari ingredienti per una cena speciale. Grandi ospiti da tutta Italia arriveranno ad animare l’evento con incontri dedicati a chi vuole saperne di più sulla tradizione del cibo e del territorio, lezioni di cucina e straordinari momenti di show cooking dal vivo: e poi ancora conferenze, premiazioni, degustazioni guidate, per un calendario fittissimo e sempre diverso. Vi aspettiamo a Casale.
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