ANNO 12 - N° 1 - Marzo/Aprile 2014 - Magazine di cultura, informazione e tempo libero - Poste Italiane - Spedizione in abbon. postale - D.l. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 N°46) art.1 comma 1 D.C.B. - GENOVA - nr. 594 anno 2006
MARZO - APRILE 2014 - E 3,00
LORETTA GOGGI
Presenta la sua autobiografia una regina dello spettacolo
IIT
Sulle colline di Bolzaneto il gioiello della ricerca scientifica
LUIGI BARILE
La grappa più premiata in festa a Silvano d’Orba
ALBARO
ANTONELLO
VENDITTI
«È venuto il tempo in cui la mia storia RIDIVENTA SPERANZA»
Dalle residenze estive di ieri all’eleganza di oggi, la storia del quartiere
GRACE KELLY
Da Philadelphia a Monaco, la donna dietro l’icona
CERAMICA
Albissola Marina e Albisola Superiore: una piccola Atene in riva al mare
La copertina
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Antenna blu. La Liguria da guardare.
Antenna Blu Television s.c.r.l. Sede legale Via Antonio Negro 13/10 16154 - Genova Tel. 0106045594 - Fax. 0106509024 Studio di registrazione Via Giardini Rodari 6a Tel. 0106509232 antennablutelevision@virgilio.it info@antennablu.it paolo.cavanna@alice.it PubblicitĂ e Marketing 0108592291
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Sommario Marzo/Aprile 2014
Direttore Responsabile Gabriele Lepri Direttore Editoriale Giordano Rodda
4/ Il ritorno al futuro
46/ In Turchia per portare aiuto
Il cantautore romano il prossimo 19 marzo al Teatro Carlo Felice di Genova: «È venuto il tempo in cui la mia storia ridiventa speranza»
Il viaggio di un medico genovese di origine palestinese nei campi profughi al confine tra Siria e Turchia
di Antonello Venditti
Editore RR Editori - Via Caffaro 7/2 16124 Genova - Tel. 0108592291
6/ Quando il lirismo della fede
Marketing Giulio Conchin lupo_190@libero.it - +393486523094
Loretta Goggi si racconta in “Io nascerò”: dal dolore può generarsi sempre la speranza
Anna Maria Solari amsori@libero.it - +393486502550 Progetto Grafico RR Editori
diviene libro
Hanno collaborato: Diego Anelli, Diana Bacchiaz, Silvia Barbagelata, Matteo Ceschina, Leo Cotugno, Gaby De Martini, Pamela Guarna, Dario G. Martini, Daniela Masella, Anna Proverbio, Marcello Rapallino, Mauro Ricchetti, Virgilio Pronzati, Gianni e Iskandar Risso, Anna Maria Solari, Matteo Sicios Stampa Grafiche Vecchi Srl Viale Kennedy 27 28021 Borgomanero (No) Internet rreditori@gmail.com Distribuzione Potete trovare InGenova e Liguria Magazine nelle edicole della provincia di Genova e nelle edicole più importanti di S. Terenzio, Lerici, Zoagli, S. Michele di Pagana, Portofino, Bogliasco, Arenzano, Cogoleto, Varigotti, Finalborgo, Laigueglia, Cervo, S. Bartolomeo al Mare, Diano Marina, Imperia, Pieve di Teco, S. Lorenzo al Mare, Taggia e inoltre nelle edicole di La Spezia (Piazza Caduti della Libertà, Piazza Verdi, Via del Prione, Piazza Garibaldi, V Via Garibaldi, Piazza Cavour), Sarzana (Via Gramsci), Chiavari (Piazza Mazzini, Corso Dante, Piazza Nostra Signora dell’Orto), Rapallo (Piazza delle Nazioni, Via S. Anna), Santa Margherita (Piazza Vittorio Veneto, Via Bottaro), Camogli (Via al Porto), Recco (Via Serreto), Varazze (Corso Matteotti, Piazza Dante), Celle (Via Colla), Albisola Superiore (Corso Mazzini), Albissola Marina (Via Billiati), Savona (Piazza Giulio II, Via Paleocapa, Piazza Mameli, Piazza Diaz), Vado Ligure (Via Aurelia), Spotorno (Via Garibaldi), Noli (Piazza Morando), Finale Ligure (Piazza Vittorio Emanuele II), Pietra Ligure (Via Matteotti), Loano (Via Aurelia), Borghetto S. Spirito (Corso Europa), Albenga (Piazza del Popolo), Alassio (Stazione FS, Via Garibaldi), Andora (Via Aurelia), Arma di Taggia (Via Blengina, Via S. Francesco), Sanremo (Piazza Colombo, Porto, Piazza Eroi Sanremesi, Corso Imperatrice, Corso Matuzia), Ventimiglia (Via della Repubblica), Ospedaletti (Corso Regina Margherita), Bordighera (Piazza Eroi della Libertà, Via Vittorio Emanuele, Piazza del Popolo), Lavagna (Piazza Cordeviola), Cavi di Lavagna (Piazza Sauro), Sestri Levante (Piazza Repubblica), Riva Trigoso (Via della Libertà) Registrato c/o il Tribunale di Genova il 18/11/2002 - N° 23/02
49/ Speciale casa e primavera 58
/ Genova, il quartiere di Albaro
8/ Giappone-Cina:
Da residenza estiva dei Genovesi più abbienti a quartiere residenziale ricco di attività, il profilo di Albaro è cornice ideale del panorama cittadino
Come cambia lo scacchiere internazionale in Estremo Oriente. Il Professor Marsonet a colloquio con Diana Bacchiaz
/ Val d’Aveto, paesaggi da Far West
tensioni in vista?
Grafica e impaginazione Barbara Macellari Servizi Fotografici Giulio Bardelli, Marcello Rapallino, Gianni Risso
ai rifugiati siriani
12/ IIT, l’eccellenza
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I cavalli selvaggi nel Parco dell’Aveto vivono in mezzo a una natura incontaminata
genovese
A Bolzaneto si trova uno dei più importanti centri di ricerca italiani, attivo dal 2005. Intervista con il Prof. Alberto Diaspro, vicedirettore dell’Istituto
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/ Tris d’assi per il Carlo Felice
Coinvolgenti e diversificati gli appuntamenti musicali del teatro Carlo Felice di Genova. In marzo ed aprile la stagione lirica e sinfonica presenta titoli importanti e scelte artistiche di grande rilievo
18/ Il vetro di Biot
La città del vetro in Costa Azzurra, dai negozi di cristalleria fino agli incanti di «Les Verriales»
30/ Lo spettacolo dell’inverno in Valbrevenna
Tra castelli, chiese e oratori, il fascino antico delle frazioni e dei paesi che punteggiano i crinali
36/ Albisola, capitale della ceramica
In visita ad Albisola ad una delle fabbriche storiche della cittadina, la Sangiorgio. Tutti i più grandi artisti sono passati da qui
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/ Grace Kelly da Philadelphia a Monaco”
Successo per From Philadelphia to Monaco: Grace Kelly, beyond the icon, inaugurata a ottobre alla presenza di Alberto e Charlene di Monaco
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/ Il MuSeL di Sestri Levante
Nello storico Palazzo Fascie, la storia della città rivierasca e un nuovo allestimento, «Bambini maestri di ecologia»
83/ Speciale Food 109/ Come cambiano Genoa e Sampdoria
Da Burdisso a Maxi Lopez, gli acquisti delle due genovesi per l’ultima parte di stagione
114/ ”L’affaire Picpus”
Dal 3 al 6 Marzo al Duse è in scena “L’affaire Picpus”, nato dalla collaborazione tra l’attore Enrico Bonavera e il regista Christian Zecca
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/ Bogliasco fa vincere l’Italia
Nella fotografia subacquea l’Italia e’ sempre al vertice internazionale. Dopo Marsiglia, nuovi successi anche in Costa Azzurra per merito dei sub bogliaschini
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/ A Bologna torna il mondo della subacquea
A marzo, a Bologna Fiere, torna Eudishow. Il programma della manifestazione è straordinariamente ricco e da non perdere per gli appassionati
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In copertina: Antonello Venditti
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DI
di Leo Cotugno
IL RITORNO AL FUTURO
ANTONELLO VENDITTI
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opo due anni esatti dalla sua ultima apparizione nella nostra città, Antonello Venditti sarà nuovamente a Genova. Fra i cantautori italiani più amati di sempre, Venditti fa tappa al Teatro Carlo Felice, unica data ligure della tournèe di “70-80, Ritorno al Futuro”, iniziato lo scorso 3 febbraio a Bologna: appuntamento per il 19 marzo, inizio fissato alle ore 21. Uno spettacolo dallo straordinario concorso di luci, effetti sonori, partecipazione coreografica. La data genovese sarà solo piccola parte di un vero e proprio show nello show che toccherà altre 22 città italiane, tra cui Milano, Firenze, Napoli e naturalmente Roma, con due date al PalaLottomatica. IL RICORDO NON SI CANCELLA – E’ l’artista in persona a commentare la scelta di questo nuovo spettacolo: «Ci sono momenti nella vita in cui il presente diventa passato ed il passato si trasforma in futuro. E’ venuto il tempo in cui la mia storia torna come speranza di non vissuto a riempire la nostra vita. Dico questo perché quarant’anni trascorsi insieme potrebbero costituire per tutti la nostra storia: ma le canzoni che l’hanno rappresentata e che riproporrò sono il nostro ritorno al futuro».
IL CANTAUTORE ROMANO IL PROSSIMO 19 MARZO AL TEATRO CARLO FELICE DI GENOVA: «È VENUTO IL TEMPO IN CUI LA MIA STORIA RIDIVENTA SPERANZA»
Motivi divenuti parte integrante dell’adolescenza dei nostri padri, albums che tutti ricordano, primo tra i quali “Sotto il segno dei Pesci” che conteneva le celebri “Sara”, “Eleonora”, “Roma Capoccia” e “Buona Domenica”. Al loro fianco i grandi classici: “Lilly”, “Bomba o non bomba”, “Notte prima degli esami”. Insomma, un colpo di teatro quasi inatteso dai fans di Antonello. «Un artista più profondo, che prende spunto dal finale del precedente tour di “Unica”, quando il pianoforte rimaneva solo al centro del palcoscenico dopo essere avanzato sul proscenio, e si assisteva ad un’esibizione più intima, in assolo allo strumento. Rivedrete il Venditti che aveva iniziato al Folkstudio, più profondo, più rockeggiante, con motivi mai eseguiti dal vivo e stranamente in linea con ciò che viviamo oggi». UN’ANIMA BIFRONTE – A cosa assisteremo nelle due ore e mezza di concerto al Carlo Felice? «Saranno presentati in acustico i successi degli anni Settanta ed Ottanta, da “Lo stambecco ferito” a “Mio padre ha un buco in gola”. Tutte quelle canzoni che non erano nella scaletta dei concerti rock, dall’animo più popolare e nella quale, solitamente, si evitano certe pesantezze» spiega Antonello Venditti. «Yn’anima bifronte del cantante, come il mitologico Giano della storia greca, ci sarà tanta partecipazione di pubblico anche e soprattutto al fine di recuperare canzoni importanti, quelle che se finivano prime in classifica, come
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La copertina accadde con “Lilly”, si poteva pensare anche ad un errore. Da una parte ci sono i motivi che suscitavano gli urletti ammirati delle folle, dall’altra quelli ispirati da un pensiero, e “Lilly” era uno di questi. Una canzone dall’impatto così forte che, se la suoni davanti al pubblico, poi è difficile uscirne». LA BAND – Nel concerto Venditti sarà affiancato dal batterista e polistrumentista Alessandro Canini, «mentre alle tastiere ci saranno Alessandro Centofanti e Danilo Cherni, con Amedeo Bianchi al sax ed il sottoscritto al pianoforte. Un concerto fatto per i ragazzi che non hanno mai ascoltato le canzoni scritte e musicate al Folkstudio, con il solo accompagnamento di un pianoforte a muro». Un concerto rigoroso, con canzoni mai sentite dal vivo. »Ebbene sì, in scaletta ci sarà anche “Grazie Roma”. Vengo da una lunga tournèe rock, “Unica”, che ha rappresentato una delle più belle esperienze della mia vita. Nel mio mondo artistico ho sempre avuto due anime, come appena accennato, la prima puramente rock, l’altra del pianoforte e voce. Tutto questo metterà in vita assieme alla mia band un’esibizione fondata sui valori sui quali mi sono educato negli anni Settanta. La difesa dei diritti, la valorizzazione delle donne, la voglia di rinforzare i vincoli culturali di un Paese in caduta libera. Sono fuori da ogni logica che mi porta a parlare di politica, già 15 anni fa si diceva che fossimo giunti alla quinta scelta della classe politica. Il livello di oggi è il più basso esistente». Significativa la data del concerto di Roma, al PalaLottomatica, l’8 di marzo, festa della donna. «Un incontro con tutti i miei fans per scavare assieme nel pensiero delle donne, spesso e volentieri maltrattate e messe ai margini della società». In quest’importantissima occasione Venditti festeggerà “live” i suoi 65 anni. LA SCALETTA IN PROGRAMMA – Ci saranno tutte le canzoni che lo hanno reso celebre sin dagli anni Settanta. “Mio padre ha un buco in gola”, sarcastica trasposizione della famiglia, “Eleonora”, “Sara”, Ci vorrebbe un amico” (a Bologna è stata dedicata a Lucio Dalla nella prima data della tournèe), “Notte prima degli esami”, “Lilly”, “Piero e Cinzia”, “Grazie Roma”. Finale dedicato alla politica, e chiusura con “In questo mondo di ladri”. Assolutamente da non perdere.
UNO DEGLI ARTISTI PER ECCELLENZA DELLA CANZONE D’AUTORE Antonello Venditti, all’anagrafe Antonio, è considerato a ragione uno dei cantati più prolifici e popolari della cosiddetta “Scuola Romana”. Nato nella Capitale nel 1949, debutta nel mondo discografico nel marzo 1972, condensando nel suo repertorio (oltre trenta milioni di dischi venduti in tutto il mondo) canzoni d’amore e di impegno sociale. Figlio di un ex sindacalista molisano e di un’insegnante liceale di greco e latino, Venditti è assurto agli onori della cronaca per avere sposato l’attrice Simona Izzo, dalla quale ha avuto Francesco Saverio, oggi apprezzatissimo doppiatore. Il suo primo successo è stato “Mio padre ha un buco in gola”, scritta e musicata nel 1970, nella quale appare una sarcastica visione caricaturale della famiglia, con il padre ferito alla gola da un proiettile vagante durante il secondo conflitto mondiale e la madre “che è professoressa, o meglio è una professoressa madre, mi ha dato sempre 4, anche se mi voleva bene”. A soli 14 anni scrive le prime canzoni, la più famosa di queste “Sora Rosa” assieme a “Roma capoccia” e “Lontana è Milano”. Dopo la maturità classica al Liceo Giulio Cesare, cui rimarrà sempre profondamente legato, si iscrive a Giurisprudenza all’Università La Sapienza di Roma, laureandosi nel 1973. La
laurea è stata ritirata solo nel 1999 nel corso di una lezione concerto nella quale c’è stata l’occasione per festeggiare i 50 anni di età. Formatosi musicalmente al Folkstudio, storica fucina di talenti nel quale tracciò alcuni importanti momenti artistici anche il grandissimo Bob Dylan, vive questo periodo al fianco di Francesco De Gregori e Giorgio Lo Cascio, testimoni musicali di un altro storico motivo di Venditti, “Sora Rosa”. Diviene un autentico virtuoso del pianoforte e con la collaborazione di Vince Tempera, inizia l’anno successivo la carriera di cantautore, con brani quali “L’orso bruno” e “Ciao uomo”. Tra i primi testi da paroliere anche “Ruba”, datata 1974 e portata sul palcoscenico da Mia Martini. Dopo una condanna a sei mesi con la condizionale per vilipendio alla religione di stato, nella canzone “A Cristo”, scritta tutta in romanesco, e la firma del nuovo contratto discografico con la RCA, Venditti sposa nel 1975 Simona Izzo giunge il primo grande successo con “Lilly”, cui però faranno seguito un biennio oscuro ed un secondo album, “Ullalla”, indubbiamente di talento – il punto di riferimento al pianoforte era Elton John – ma non apprezzato sino in fondo in chiave vendita. L’arrivo del nuovo produttore discografico Michelangelo Romano, già in sodalizio artistico con Roberto Vecchioni, segna indelebilmente la sua carriera, con “Sotto il segno dei Pesci” (1978) e “Buona Domenica” (1979) che raggiungono il primo posto sia nella classifica 45 che nei 33 giri. Con la separazione dalla Izzo e la fondazione della sua nuova etichetta Heinz Music pubblica gli albums “Sotto la pioggia” (1982) e “Cuore” (1984), cui faranno seguito “Venditti e segreti” (1986) e “Circo Massimo”, doppio lp dal vivo per ricordare i momenti calcistici più importanti della squadra del cuore, la Roma, vincitrice dello scudetto nel 1983 e finalista l’anno successivo in Coppa dei Campioni. Altre sue tappe da ricordare sono gli albums “Rocky Rambo e Sting” (1986) e “Centocittà”, composto in onore dell’attore ed amico Carlo Verdone, cui aveva regalato anche la colonna sonora del film “Troppo forte”. Nell’ultimo venticinquennale di attività ha registrato altri cinque long playing: “In questo mondo di ladri” nel 1988, “Benvenuti in Paradiso” nel 1991, “Tutti all’Inferno” (1995) , “Comunisti al sole” nel 2007 e “La ragazza del lunedì” due anni e mezzo fa.
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QUANDO
IL LIRISMO DELLA FEDE
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DIVIENE LIBRO
E’
una Loretta Goggi dominata da una non comune vitalità interiore la donna che si è confidata un pubblico attento e competente nella presentazione ufficiale di “Io nascerò” (Edizioni Piemme), il libro autobiografico che raccoglie tutte le tappe più importanti della sua straordinaria carriera artistica e che riassume quasi trenta intensissimi anni d’amore con Gianni Brezza, il coreografo-ballerino che ne divenne compagno nel lavoro e nella vita affettiva e, dopo averla sposata nel 2008, si sarebbe dimostrato marito premuroso ed insostituibile, sino alla sua morte avvenuta, a causa di un male incurabile, nell’aprile dell’anno scorso.
LA PRESENZA DI DIO – A Torino, dove l’opera è stata illustrata presso il salone del “Circolo dei Lettori”, location che ha fatto da tramite anche per la Liguria, Loretta si rivela accompagnata da un lirismo fideistico molto profondo. «Sono una donna nata e morta mille volte nell’arco della mia vita. Sono caduta e mi sono rialzata, sempre; ed ogni volta ho permesso a chi mi è stato vicino e a Dio di aiutarmi a rinascere». Un solo pensiero che vale 63 anni di vita , 50 esatti dei quali trascorsi nell’affascinante mondo dello spettacolo. La fede è sempre stata compagna indissolubile in ogni momento, felice o infelice esso fosse, di una delle più grandi showgirls mai esistite. Quando davvero Loretta Goggi ha sentito dentro sé la “vocazione”? «Dobbiamo tornare a quegli ultimi terribili giorni passati accanto a mio marito Gianni, che nella memoria sarà per sempre Giò – ricorda la Goggi. Quando è mancato, ha spento tutto, sono sprofondata nella disperazione più oscura, ma ho permesso alla mia famiglia, a mia sorella Daniela e a Dio di occuparsi di me». L’artista ha confidato questo suo riemergere soprattutto alle donne. «In uno stile semplice, diretto, che viene dal cuore. Non un granchè magari dal punto di vista compositivo, ma uno slancio di positività al di sopra di ogni attimo di sconforto, di ogni istante buio». QUELL’INFANZIA DORATA – Un libro autobiografico che regala una Goggi vera protagonista dei sogni di una donna. I più grandi sono stati realizzati durante l’infanzia, periodo nel quale già si manifestava l’inclinazione allo spettacolo della showgirl. «Avevo nove anni, la circostanza non era delle migliori: un forte attacco influenzale mi ha costretto a letto con la febbre. Ammalata, ho come unica compagna di quei lunghi pomeriggi la televisione, ed assisto a “Ragazza mia”, dove recitava Maria Letizia Gazzoni, una vera enfant prodige, assieme alla grande Lea Padovani. La regia è di Mario Landi, un dato che passa decisamente in secondo piano: decido che quella è la strada da percorrere, e accompagnata dai miei genitori mi presento al provino dello sceneggiato “Sotto processo”, per la regia di Anton Giulio Majano. Mi prendono, e mi sembra di volare». Ci sono altri momenti importanti di quest’infanzia dorata. «Mi ruppi l’anulare della mano destra perché chiuso nella portiera della nostra Fiat Seicento, e mio padre voleva che io studiassi pianoforte! Mi sento combattuta dalla voglia di mollare tutto, poi prevale il mio istinto di reazione, di voglia concreta di arrivare». Ma se si dovesse dire chi è oggi Loretta?
LORETTA GOGGI SI RACCONTA IN “IO NASCERÒ”: DAL DOLORE PUÒ GENERARSI SEMPRE LA SPERANZA 6 INGENOVA Magazine
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L’intervista di Leo Cotugno «Non trovo definizioni, penso di personificare l’eterna contraddizione. Ho imparato ad accettarlo, prima non ci riuscivo; mi spiego meglio, in passato mi sentivo sempre un po’ sballottata da me stessa, mi domandavo: perché penso una cosa e ne faccio un’altra?». LA SVOLTA DECISIVA – Quando Loretta Goggi abbia scelto di vivere di spettacolo lo si viene a sapere e comprendere per conseguenza. «Nel 1970, avevo vent’anni, è giunto il momento in cui una luce accende all’improvviso la tua vita. Più che vederla, questa luce la senti e la vivi. La mia luce, il mio bisogno interiore, era uscire dal guscio e salire sul palco. Due anni prima avevo recitato ne “La Freccia Nera”, la mia controfigura era Fiorella Mannoia. Quasi di rimbalzo sono giunte anche le imitazioni: ascoltavo moltissimo Mina, ma imparai tardi a tenere il fiato. Nel canto la prima cosa da fare bene è imparare ad usare il diaframma, canzoni come “Tintarella di luna” ed “Il cane di stoffa” mi avrebbero segnato tutta la vita». Un anno dopo, Loretta è al fianco del “mostro sacro” della storia degli imitatori: Alighiero Noschese. Eppure, nella giovane Goggi accade qualcosa di quasi inspiegabile. «Nonostante la fama ed il successo, sentivo dentro di me un profondo dualismo, realizzai all’improvviso che i rapporti esistenziali con me stessa non potevano essere in completa antitesi con quelli che avevo con il mondo. Convivevano due Lorette, percepivo che tutto ciò che il pensiero aveva avuto in comune con l’azione si andava dileguando, la vita interiore ristagnava passiva mentre quella sociale godeva di avvenimenti, scoperte e soddisfazioni che però non arrivavano più all’altra Loretta». Il conflitto dura ben nove anni. Dopo il trionfo di “Fantastico” nella prima edizione del 1979, l’incontro con Gianni Brezza. La Goggi è sull’orlo dell’incertezza totale dal punto di vista professionale. «Chiesi a Gianni: secondo te, quello che ho da parte, mi basta per smettere di lavorare? La sua risposta mi gelò: dipende da come vuoi vivere. Riattacco: ma io voglio vivere in modo normale. E lui di rimando: ma vivresti senza far niente? Penso che di questo passo ti toccherà andare avanti ancora per un bel po’». QUEL CLAMOROSO DIVORZIO – Loretta Goggi si è sempre sentita donna nel modo di pensare e di agire. Il suo orgoglio femminile, nonostante gli attestati di simpatia ed i trionfi anche nel mondo della canzone – nel 1981 sarà seconda a Sanremo con “Maledetta primavera”, che venderà un milione di copie – è attaccato dal maschilismo mediatico che campeggia ovunque. «In RAI si leggeva: “spettacolo condotto da Pippo Baudo, partecipa…, rivista musicale con Corrado, ospite d’onore…”. Decido di prendere tempo, quando, nel 1984, Canale 5 mi offre, direttamente nella persona di Silvio Berlusconi, la conduzione di “Hello Goggi”. Il clamoroso no alla televisione nazionale scatena Emanuele Milano, all’epoca il deus ex machina della RAI, che mi telefona e, dopo avermi domandato per filo e per segno i motivi di quel no, offre la controproposta: “Loretta, condurrai un gioco a quiz tutto al femminile”. Nasceva così Loretta Goggi in Quiz». CON GIO’ LITIGO ANCORA – Ventinove anni di grandissimo amore non svaniranno mai. Così come si apre, “Io nascerò” si conclude, quasi un lirico melodramma, nel ricordo di Gianni Brezza. «Era un lupo di mare, un vero
LORETTA, LA STORIA DEL VARIETÀ E DELLO SPETTACOLO Parlare di Loretta Goggi e di cosa abbia rappresentato nella più alta espressione della polivalenza sarebbe riduttivo per chiunque. E’ sufficiente riportare una frase del grande regista Luchino Visconti per comprenderlo: »Datemi Loretta e ne farò la nuova Liza Minnelli». Nata a Roma nel settembre 1950, la Goggi ha subito avuto la vocazione artistica della showgirl sin dalla sua infanzia, vissuta con i genitori all’ombra del canto. A soli nove anni partecipa al concorso “Disco Magico”, presentato dall’indimenticabile Corrado Mantoni assieme all’orchestra diretta da Gianni Feltrio: Loretta lo vince in coppia con Nilla Pizzi. Un successo che è quasi una predestinazione. La carriera di attrice della Goggi è anch’essa precocissima. Loretta sarà nel cast di molti altri famosi sceneggiati televisivi della RAI nei quali (chi non ricorda la fragile Cosetta de “I Miserabili”, oppure la Joanna della “Freccia Nera”, tra il 1964 ed il 1969?) interpreta personaggi dall’animo molto tormentato e bisognoso. Di questo primo decennio artistico sono anche: “Scaramouche”, in coppia con un altro enfant prodige del cinema, Roberto Chevalier, “Delitto e castigo” del 1963 e “La Cittadella”, dell’anno successivo, forse la sua interpretazione migliore vicino ad un indimenticabile Alberto Lupo. Dopo aver ffiancato attori del calibro di Ilaria Occhini, Paolo Stoppa, Rina Morelli, Gino Cervi e Domenico Modugno, Loretta si dedica per la prima volta al doppiaggio: è la voce del celebre canarino Titti nei cartoni della Warner Bros, dove il perfido Gatto Silvestro è invece doppiato da un altro mostro sacro del nostro varietà, Gigi Proietti. Cantante, attrice e, dal 1970, anche imitatrice, nello show televisivo Jolly, al fianco del Quartetto Cetra, Loretta ormai “buca” il video, costituendo con la sorella minore Daniela una delle coppie femminili più applaudite di tutta la tv europea. La sua terza grande performance da attrice è ne “E le stelle stanno a guardare”, altra riedizione a cura di Anton Giulio Majano dopo “Sotto Processo” e “I miserabili”, prima di iniziare anche la carriera di conduttrice. Suoi più affermati successi sono: “La Freccia d’Oro” nel 1970, “Caccia alla voce”e l’edizione 1972-73 di Canzonissima, sotto la guida di Pippo Baudo. Esplode la Loretta imitatrice straordinaria, alter ego al femminile dell’eccezionale Alighiero Noschese. Nel “mirino” della Goggi finiscono tutte le grandi della canzone italiana, Ornella Vanoni e Mina per prime, poi Caterina Caselli, Patty Pravo, e della rivista: Sandra Mondaini, Isabella Biagini, Rita Pavone. In quell’anno, dopo aver lanciato tormentoni musicali quali “Taratapunzi e” e “Mani mani”, si conferma soubrette di valore ormai internazionale nel varietà “Formula Due”, uno dei programmi televisivi più seguiti degli anni Settanta. Cinque anni di successi con Daniela saranno quelli tra il 1977 ed il 1981: il programma “Il Ribaltone” guadagna il premio Rosa d’Argento al Festival di Montreux in Svizzera. Un anno dopo – siamo nel 1979 - parte “Fantastico”, che la vede sulla scena ancora al fianco di Pippo Baudo e della giovanissima Heather Parisi, e c’è la consacrazione al Festival di Sanremo, con il brano “Maledetta primavera” che si classifica secondo e che venderà un milione di copie. Il 1979 è anche l’anno dell’amore per Loretta: sulle scene di lavorazione di Fantastico, la Goggi conosce Gianni Brezza, ballerino e coreografo, con cui convolerà a nozze dopo 29 anni di convivenza. Sarà la prima vedette italiana a lavorare per un’emittente televisiva concorrente, la prima soubrette ad avere piazzato sei hits nei primi cinque posti della hit parade: oltre a Maledetta primavera, “Il mio prossimo amore”, L’aria del sabato sera”, “Io nascerò”, “Oceano” e “Pieno d’amore”. Brezza sarà per Loretta compagno, marito, addetto stampa, ideatore e ispiratore artistico sino alla sua morte, avvenuta nell’aprile del 2011.
perfezionista – sottolinea Loretta -. Quando mi dissero che aveva un male incurabile e che non ci sarebbe stato scampo, soffrivo per lui perché speravo di aver fatto per lui tutto il possibile. Dopo mi sono spenta, non avevo voglia di niente, mangiavo una volta ogni 24 ore. Con Giò litigo ancora oggi a voce alta, come se ci fosse veramente: e quante volte sono tornata a sdraiarmi con lui su quella spiaggia a riconoscere le stelle e le costellazioni?».
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GIAPPONE-CINA: di Diana Bacchiaz
LA TENSIONE CRESCE P
rofessore, che cosa sta succedendo in Giappone? Confesso di provare un certo disagio leggendo i commenti dei giornali italiani ed europei – o almeno della stragrande maggioranza di essi – circa la netta vittoria di Shinzo Abe e del suo partito nelle recenti elezioni giapponesi per la Camera Alta. Ora il premier nipponico ha una solida maggioranza in entrambi i rami del parlamento, e questo potrebbe consentirgli di realizzare in tempi brevi e senza troppi ostacoli i punti chiave del suo programma. Si tratta, com’è noto, di un programma piuttosto controverso. Ed è
COME CAMBIA LO SCACCHIERE INTERNAZIONALE IN ESTREMO ORIENTE. IL PROFESSOR MARSONET A COLLOQUIO CON DIANA BACCHIAZ pure importante notare che la preoccupazione per l’esito di queste elezioni è assai più marcata in Europa che negli USA. Gli americani hanno capito che un Giappone forte può costituire un fattore di equilibrio nello scacchiere mondiale. Invece gli europei (e in particolare gli italiani) preferiscono sottolineare i rischi della possibile rinascita della potenza giapponese. Il fatto è che Abe punta su alcuni fattori i quali, secondo la vulgata corrente, sono l’antitesi del “politically correct”. Innanzitutto l’immissione massiccia sul mercato di cartamoneta. Tale fatto indebolisce lo yen e aumenta in misura considerevole l’inflazione, ma consente pure di rilanciare le esportazioni e, in generale, l’intera economia. D’altra parte i giapponesi non sono legati al carro di una federazione sovranazionale e possono fare ciò che vogliono con la loro valuta.
Torneranno le centrali nucleari? Abe non ha esitato a rilanciare il nucleare nonostante il disastro di Fukushima. E la gente lo ha seguito. L’arcipelago nipponico – proprio come la penisola italiana – è pressoché privo di materie prime. E’ meglio dipendere in toto dall’estero per le forniture energetiche oppure correre i rischi che le centrali nucleari comportano? Arduo quesito, senza dubbio. I giapponesi hanno opinioni opposte a quelle degli italiani in questo caso. Forse per la presenza di uno spirito nazionale che la sconfitta nella seconda guerra mondiale non ha mai spento. Da noi, dopo la medesima sconfitta, quello spirito è addirittura evaporato, e per trovarne le tracce bisogna usare il lanternino. Il primo ministro giapponese non ha nascosto la volontà di cambiare in maniera sostanziale la Costituzione, che fu scritta e imposta dagli Stati Uniti al fine di scongiurare la rinascita del militarismo. Ma, si sa, i tempi cambiano, e il 2013 non può essere equiparato al 1945. Come sono in questo momento i rapporti tra Giappone e Cina? Negli ultimi decenni il Giappone ha visto crescere a dismisura la potenza economica e militare della Cina, ha subito la concorrenza commerciale delle nuove “tigri asiatiche” come la Corea del Sud, e ha assistito impotente al lancio dei missili nordcoreani avendo quale unica protezione l’ombrello USA. A conti fatti Abe, e la grande maggioranza dei giapponesi con lui, si sono accorti che una Costituzione pacifista in modo così unilaterale non serviva più in uno scacchiere totalmente rinnovato e turbolento come quello dell’Asia attuale. Di qui il proposito di impostare una nuova politica di difesa rinnovando e potenziando le forze armate. E in questo campo il Giappone, come tutti sanno, vanta tradizioni solide e secolari. Fu il primo Paese asiatico in grado di sconfiggere una grande potenza europea come l’impero zarista. Nazione relativamente piccola, riuscì in breve tempo a occupare buona parte dell’immensa Cina (anche se allora era ben diversa da quella odierna). E i suoi soldati dilagarono in seguito nell’intera Asia, fermati infine dalla potenza americana solo a prezzo di enormi sforzi e grazie
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L’intervista al Professore CHI È MICHELE MARSONET
all’uso della bomba atomica. Ma un altro fatto va notato. La sconfitta militare non ha mai annientato lo spirito nazionale, e chiunque abbia avuto modo di visitare Cina e Giappone sa quanto siano diversi i due popoli. Quali sono le differenze più evidenti per noi occidentali? Grandi e cordiali commercianti i cinesi, riservati e piuttosto impermeabili all’influenza esterna i giapponesi. A Pechino le indicazioni stradali riportano quasi sempre la traduzione inglese, a Tokyo molto più raramente (con l’eccezione degli aeroporti). Tanti in Occidente e in Asia si sono scandalizzati per le visite di Abe e dei suoi predecessori al santuario shintoista di Yasukuni, nel quale sono sepolti i soldati dell’esercito imperiale caduti nei vari conflitti. Tra essi anche molti classificati come criminali di guerra e a volte giustiziati come tali. Ora cresce la stanchezza nell’opinione pubblica per questo continuo ricordo del passato imposto dai vincitori. Si preferisce sottolineare che le visite al santuario altro non sono che un omaggio dovuto alle anime dei soldati morti per la patria. Dal nostro punto di vista il Giappone è un Paese difficile da capire. Tuttavia il suo rientro nello scenario mondiale, e non solo sul piano economico come finora è avvenuto, può essere un punto di svolta nelle relazioni internazionali. A fronte della Cina in crescita esponenziale e degli USA che praticano una politica estera piuttosto incerta, la rinnovata presenza nipponica è in grado di riequilibrare un quadro che appare allo stato attuale piuttosto caotico. Senza dimenticare Pearl Harbor, è opportuno valutare i vantaggi di un nuovo multipolarismo in Asia e nel mondo. Resta il fatto che l’interesse per quanto avviene nell’estremo Oriente da noi è piuttosto scarso, tranne quando si parla dell’incredibile crescita economica della Repubblica Popolare Cinese negli ultimi decenni. Crescita che ha prodotto un parallelo aumento della sua influenza politica e la capa-
Si è laureato in Filosofia presso l’Università di Genova e in seguito all’Università di Pittsburgh (U.S.A.). Dopo la laurea ha svolto periodi di ricerca in qualità di Visiting Fellow presso le Università di Oxford e Manchester (U.K.), alla City University di New York e alla Catholic University of America (U.S.A.). E’ attualmente Professore Ordinario di Filosofia della scienza e di Metodologia delle scienze umane nel Dipartimento di Filosofia dell’Università di Genova. E’ stato Direttore del Dipartimento di Filosofia (2000-2002 e 2008-2011) e Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Genova (2002-2008), dal 1° novembre 2008 a oggi è Prorettore alle Relazioni Internazionali dell’Università di Genova. Il 9 ottobre 2012 è stato eletto Preside della Scuola di Scienze Umanistiche dell’Università di Genova per il triennio 2012-2015. E’ Fellow del Center for Philosophy of Science dell’Università di Pittsburgh. E’ stato Visiting Professor in molti atenei stranieri: University of Melbourne (Australia), University of Pittsburgh e Catholic University of America (U.S.A.), London King’s College, Leeds, Manchester, Hertfordshire, Stirling, Southampton e Middlesex (U.K.), Cork (Irlanda), Bergen (Norvegia), Siviglia e Malaga (Spagna), Friburgo (Svizzera), Lovanio (Belgio), Giessen (Germania), Varsavia e Cracovia (Polonia), Cluj (Romania), Malta, Valona (Albania), Reykjavik (Islanda). E’ Professore Onorario della Universidad Ricardo Palma di Lima, e nel 2009 ha ricevuto la Laurea Honoris Causa della Universidad Continental di Huancayo (Perù). E’ autore di 30 volumi e curatele, di cui 5 in lingua inglese pubblicati in Stati Uniti, Gran Bretagna e Germania, e di circa 250 articoli, saggi e recensioni in italiano, inglese e francese su riviste italiane e straniere. E’ giornalista pubblicista.
PRINCIPALI VOLUMI PUBBLICATI Introduzione alle logiche polivalenti, Abete, Roma, 1976 Logica e impegno ontologico, Angeli Editore, Milano, 1981 Linguaggio e conoscenza, Angeli Editore, Milano, 1986 La metafisica negata, Angeli Editore, Milano, 1990 Logica e linguaggio, Pantograf, Genova, 1993 Scienza e analisi linguistica, Feltrinelli, Milano, 1994 Introduzione alla filosofia scientifica del ’900, Studium, Roma, 1994. Science, Reality, and Language, State University of New York Press, ‘95 The Primacy of Practical Reason, University Press of America, New YorkLondon, 1996. La verità fallibile, Angeli Editore, Milano, 1997 Prassi e utopia. I limiti dell’agire politico, Studium, Roma, 1998 I limiti del realismo, Angeli Editore, Milano, 2000 Donne e filosofia, Erga, Genova, 2001 Liberalismo e società giusta, Name, Genova, 2001 The Problem of Realism, Ashgate, Aldershot-London, 2002 Logic and Metaphysics, Name, Genova, 2004 Conoscenza e verità, Giuffrè, Milano, 2007 Idealism and Praxis, Ontos-Verlag, Frankfurt-Paris, 2008 Elementi di Filosofia della scienza, CLU, Genova, 2008 I problemi della società multietnica, Ecig, Genova, 2008 Il mondo plasmato dai media, Ecig, Genova, 2009 Mercato libero o intervento statale?, Ecig, Genova, 2010 Scienza e religione sono incompatibili?, Ecig, Genova, 2011 Il pensiero utopico è oggi in crisi. Si può, tuttavia, vivere senza speranze e senza grandi mete da raggiungere?, Ecig, Genova, 2012 Può esistere l’uomo robot?, Ecig, Genova, 2013.
cità – prima sconosciuta – di influenzare i mercati finanziari internazionali. Eppure lo scacchiere del Pacifico sta diventando sempre più importante. L’hanno capito da tempo gli americani, e con la presidenza Obama l’attenzione è cresciuta ancor di più grazie al fatto che il 44° presidente USA è nato a Honolulu e nelle Hawaii ha trascorso parte della Il premier nipponico Shinzo Abe, esponente della corrente più conservatrice del Partito Liberal Democratico
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sua giovinezza. C’è tuttavia una novità assai importante in quest’area del mondo. Dopo l’avvento al potere di Shinzo Abe il Giappone, grande potenza economica ma Paese pressoché ininfluente sul piano militare, sta manifestando consistenti segni di risveglio anche da questo punto di vista. Il premier nipponico ha annunciato senza giri di parole che il principale obiettivo giapponese nei prossimi anni sarà quello di contrastare la crescente potenza cinese nel Pacifico.
L’esercito cinese
Si assiste quindi a una rinascita del militarismo giapponese? Di qui a dire che il vecchio militarismo di Tokyo sta tornando in auge il passo è breve, e alcuni quotidiani italiani hanno pubblicato articoli sul tema. In realtà le cose non sono così semplici poiché, dopo la disfatta subita nel secondo conflitto mondiale e le due bombe atomiche sganciate sul suo territorio, il Giappone è stato “occidentaliz-
zato” con la forza. I vincitori americani si sono proposti di cancellare una volta per tutte lo spirito nazionalista (e militarista) che da sempre lo connota. Hanno insomma voluto inculcare nella mentalità giapponese un pacifismo a tutto tondo e la fiducia che lo scudo USA sia sufficiente a proteggere la nazione da attacchi esterni. Il problema è che la tradizione militare del Sol Levante preferisce l’attacco alla difesa. Paese povero di materie prime, il Giappone ha sempre cercato di procurarsele con la forza, e ora si scopre – con una certa sorpresa - che nella cultura popolare nipponica sta rifiorendo l’immagine dell’esercito e delle forze armate in genere, capaci nella seconda guerra mondiale di conquistare buona parte dell’Asia e una grande estensione dello stesso territorio cinese in poco più di un anno. Non sembra quindi temerario concludere che l’orgoglio nazionale era solo sopito e non eliminato. Viene inoltre richiesta a gran voce l’abrogazione dell’articolo 9 della costituzione scritta proprio dagli americani, secondo il quale il Giappone rinuncia per sempre alla guerra, non dev’essere armato ed è tenuto a sostituire l’esercito con le cosiddette “Forze di autodifesa”. E’ stata sufficiente la contesa con la Cina per le piccole isole Senkaku (in cinese Diaoyu) per assistere a eventi imprevedibili sino a poco tempo fa. Nonostante l’evidente squilibrio delle forze, la marina e l’aviazione giapponesi hanno ripreso il largo rispondendo colpo su colpo alla sfida propagandistica della Repubblica Popolare, senza all’apparenza curarsi della loro inferiorità. Assai significativo al riguardo un episodio recente. Alla fine di ottobre 2013 la marina militare cinese ha organizzato nel Pacifico occidentale manovre su grande scala per verificare il proprio grado di efficienza, avvertendo – com’è nella prassi internazionale – gli altri Paesi dei pericoli causati da eventuali interferenze. Ciò nonostante una nave da guerra di Tokyo è entrata nell’area delle manovre senza muoversi per la loro intera durata, mentre aerei delle “Forze di autodifesa” nipponiche hanno monitorato costantemente i movimenti della flotta cinese. Chiaro l’intento di verificare, per l’appunto, il grado di preparazione dei cinesi. Quest’ultimi hanno a disposizione forze armate di grandi dimensioni e, a quanto pare, sofisticate sul piano tecnologico. Ma non sempre in ambito militare la numerosità corrisponde alla forza reale. Basti citare l’esempio dei tanti conflitti arabo-israeliani in Medio Oriente. Ed è probabile che il Giappone abbia puntato, viste le limitazioni imposte dai vincitori nel 1945, sulla qualità, mantenendo intatta la sua celebre scuola militare. Il corso futuro degli avvenimenti resta quanto mai incerto e imprevedibile. La Cina, come del resto molti analisti avevano previsto, si trova a fronteggiare problemi seri, non ultimo il rallentamento dell’economia. Il Giappone dispone dunque di spazi che soltanto un paio di anni fa erano impensabili. Difficile dire se un suo consistente riarmo possa rappresentare un pericolo come molti lasciano intendere, per la verità più in Europa che in Oriente. Sullo sfondo rimane la questione della politica estera americana, quanto mai enigmatica e ondivaga. Bisogna aggiungere che quanto sta avvenendo nello scacchiere del Pacifico è importante per motivi diversi da quelli menzionati da giornali e mass media in genere. Il sorvolo delle isole Senkaku (o Diaoyu se si preferisce l’accezione cinese) da parte dei B-52 americani, peraltro disarmati, ha il suo rilievo come atto dimostrativo. Ma non sorprende più di tanto la determinazione giapponese di difendere le isole. Alcuni l’attribuiscono al neonazionalismo di Shinzo Abe e del suo governo conservatore, scordando che l’orgoglio nazionale fa parte del DNA del Giappone. Non credo che un altro governo si sarebbe comportato diversamente in tali
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L’intervista al Professore circostanze. A differenza di alcuni commentatori, ritengo che l’occidentalizzazione non abbia stravolto i tratti essenziali del Paese come gli americani si erano proposti di fare alla fine del secondo conflitto mondiale. Come sta reagendo la Cina La Cina, abbandonando la tradizionale prudenza in politica estera, ha compiuto un gesto da “grande potenza” creando una zona assai vasta di identificazione e difesa aerea che include, non certo a caso, anche le Shenkaku-Diaoyu. Senza dubbio si tratta di una decisione arbitraria e non condivisa a livello internazionale. I successivi chiarimenti cinesi non hanno sortito effetti e l’atteggiamento americano, giapponese e di molti Paesi vicini è rimasto rigido. A ragione, si direbbe, visto che si tratta di una decisione unilaterale e senza alcun avallo da parte di una qualsiasi autorità internazionale. Il punto in fondo è questo: quanto è credibile la Cina come superpotenza militare? Certo i numeri sono impressionanti, e gli americani ancora ricordano l’improvvisa valanga dei soldati di Mao che quasi travolse fanti e marines USA in Corea. Le attuali forze armate cinesi hanno conservato i grandi numeri dotandosi inoltre di armamenti sempre più sofisticati, ultimo esempio il “Lijian” (Spada affilata), il primo drone da guerra invisibile “Made in China”. Ciò nonostante non è noto quanto esercito, marina e aviazione del colosso asiatico siano efficienti dal punto di vista operativo. I numeri, si sa, da soli non bastano, ed è spesso la qualità a prevalere sulla quantità. Come aveva puntualmente previsto Edward Luttwak, l’atteggiamento aggressivo della Cina ha subito causato il compattamento delle nazioni vicine. Non si parla soltanto del Giappone, rimasto in fondo avversario storico a dispetto degli intensi scambi commerciali. L’allarme coinvolge Corea del Sud, Taiwan, Filippine, Thailandia, Malaysia, Vietnam e perfino l’Australia che, pur lontana, ha interessi rilevanti nell’area. Senza ovviamente scordare gli Stati Uniti che godono ancora di una certa superiorità strategica in loco.Il controllo governativo dei mass media, in Cina, è pressoché totale, e ciò impedisce di capire se vi siano attualmente tensioni tra partito e forze armate e all’interno dello stesso partito (anche se qualche timido segnale ogni tanto trapela). Per la Cina, a questo punto, è difficile tornare indietro senza perdere la faccia, ma altrettanto difficile risulta andare avanti senza provocare un’escalation dagli esiti imprevedibili. Anche perché, come ho già rilevato in precedenza, non si hanno notizie certe circa la sua reale efficienza militare. E’ pericoloso il riarmo nipponico? Può darsi. Tuttavia un Giappone di nuovo forte dal punto di vista militare (e non solo da quello economico-commerciale) può costituire un fattore di equilibrio in Asia e non solo. Occorre notare che ogni Paese possiede un proprio spirito. Quello giapponese non è incline a chinare il capo agli avversari confidando soltanto sulla protezione altrui.
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Testo e foto di Anna Proverbio
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Morego, sulla collina di Bolzaneto, sorge l’Istituto Italiano di Tecnologia, una delle più importanti realtà tecnologiche d’Italia. Con i suoi 1200 impiegati di cinquanta differenti nazionalità l’IIT rappresenta un vero vanto per la nostra regione. Parte integrante dell’organizzazione nazionale dell’Istituto sono gli undici Centri IIT che si trovano presso realtà accademiche e scientifiche di eccellenza. Il Direttore Scientifico è il Prof. Roberto Cingolani. Il Prof. Alberto Diaspro, laureato in Ingegneria Elettronica, Professore di fisica applicata dell’Università di Genova è attualmente il vicedirettore dell’Istituto di Morego. Qui dirige il Dipartimento IIT di Nanofisica, anche se si occupa prevalentemente di microscopia alla nanoscala e
di nanobiotecnologie. A tutt’oggi ha pubblicato oltre 300 lavori scientifici, 4 libri internazionali, 10 brevetti ed ha tenuto circa 200 relazioni ad invito. Il prof. Diaspro nel 1998 ha realizzato il primo strumento italiano per la microscopia multifotonica; in seguito ha sviluppato il nanorobot e un anno dopo il primo nanoscopio ottico. A Genova, dove vive, ha promosso l’iniziativa «Caffè Scientifici: l’IIT si racconta» e la Mostra «Beyond Science: la scienza in uno scatto», concorso fotografico che l’IIT ha rivolto ai propri ricercatori per coinvolgerli in una riflessione sull’importanza della comunicazione della scienza verso il pubblico. Tutte le immagini selezionate dalla giuria sono state esposte in una mostra a Palazzo Ducale, che si è conclusa nel Gennaio scorso ed ha ottenuto un grande successo.
A BOLZANETO SI TROVA UNO DEI PIÙ IMPORTANTI CENTRI DI RICERCA ITALIANI, ATTIVO DAL 2005. INTERVISTA CON IL PROF. ALBERTO DIASPRO, VICEDIRETTORE DELL’ISTITUTO
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Tecnologia DIPARTIMENTI E LABORATORI DELL’IIT La struttura di ricerca, presso la sede genovese, è articolata in vari dipartimenti e laboratori:
Professor Diaspro, come vi trovate a Morego? In un primo tempo si era parlato di una sede a Quarto, nell’ex Ospedale psichiatrico. Indubbiamente dal punto di vista logistico Quarto sarebbe stato più vicino, tuttavia qui a Bolzaneto ci troviamo molto bene; la struttura è collegata a navette che partono dalla fermata della Metro di Brin ed arrivano all’Istituto.
• robotica avanzata (“Advanced Robotics”) • scoperta e sviluppo di farmaci (“Drug Discovery and Development”) • neuroscienze e tecnologie del cervello (“Neuroscience and Brain Technologies”) • robotica, scienze cognitive, del cervello (“Robotics, Brain and Cognitive Sciences”) • nanochimica (“Nanochemisty”) • nanostrutture (“Nanostructures”) • nanofisica (“Nanophysics’”’) • analisi di modelli e visione automatica (“Pattern Analysis and Computer Vision”)
A cosa era adibito prima questo moderno edificio? Il palazzo in un primo tempo era nato come carcere femminile, in seguito fu occupato dall’Agenzia delle Entrate ed infine divenne la nostra sede, con il vantaggio rispetto al complesso ospedaliero di Quarto di non avere alcun vincolo da parte della Soprintendenza. Pertanto all’interno dell’edificio si è potuto dividere lo spazio secondo le nostre esigenze. Ai piani superiori abbiamo gli uffici ed ai piani inferiori i laboratori. Quale è l’obiettivo principale del vostro lavoro? Senza dubbio la promozione dello sviluppo tecnologico del nostro paese, oltre all’alta formazione in ambito scientifico/ tecnologico. Quali sono i vostri principali campi di ricerca? Gli ambiti di ricerca del nostro Istituto riguardano sopratutto i contenuti innovativi della scienza per raggiungere le frontiere più avanzate della tecnologia moderna, con ampie possibilità applicative in molteplici settori: dalla medicina all’industria, dall’informatica alla robotica, alle scienze della vita, alle nanotecnologie.
Il Robot bambino
Quale è il modello organizzativo a cui si ispira l’IIT? Il nostro Istituto, fin dalla sua nascita nel 2003, ha optato per un sistema ispirato alle migliori esperienze nazionali e internazionali, perseguendo con efficacia il nostro programma che ha combinato un laboratorio centrale nutrito di scienziati di rinomata fama con un network di laboratori eccellenti che contribuiscono ad approfondire specifici punti del programma. Qual è l’età media dei vostri impiegati? Più o meno 34 anni. Assumete indifferentemente uomini e donne? Questa domanda, nel 2014, suona quasi incredibile… l’unica prerogativa che conta per essere assunto all’IIt è la preparazione unita alla capacità. Nel nostro Istituto non esistono discriminazioni, né per quello che riguarda l’appartenenza di genere, né per quel che riguarda il credo o la razza dei nostri impiegati.
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e di ottima qualità. La Casa della penna di Genova, gestita con professionalità e cortesia di Gabriele Benna, è quindi il luogo ideale dove trovare le penne, gli accessori e gli oggetti più alla moda e più sfiziosi nel settore della cartoleria ed articoli regalo, per poter soddisfare le richieste di un pubblico esigente, informato e particolarmente attento a qualità e raffinatezza.
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“Una buona zuppa è come una sinfonia dove la pentola è il teatro e ogni sapore, ogni colore, ogni ingrediente si esprime solo se in armonia con tutti gli altri.”
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di Daniela Masella
COINVOLGENTI E DIVERSIFICATI GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DEL TEATRO CARLO FELICE DI GENOVA. IN MARZO ED APRILE LA STAGIONE LIRICA E SINFONICA PRESENTA TITOLI IMPORTANTI E SCELTE ARTISTICHE DI GRANDE RILIEVO
TRIS D’ASSI PER IL CARLO FELICE M
adama Butterfly di Puccini, la drammatica storia d’amore tra Cio-Cio-San e Pinkerton, che in febbraio ha regalato forti emozioni, prosegue l’1 e il 2 marzo: poi sarà la volta de Le nozze di Figaro di Mozart, sarcastica rappresentazione della nobiltà settecentesca, che con i suoi vizi e le sue sregolatezze, magistralmente scritta
dal compositore tedesco, andrà in scena il 14, 15, 16 e 18 del mese. Direttore Johannes Wildner, regia Marco Spada, scene Tommaso Lagattolla, costumi Giovanna Buzzi e cast, attinto dall’Ensamble Opera Studio, fucina di giovani voci nazionali ed internazionali, talentuose e professionali che l’Ente, dopo innumerevoli audizioni, ha scelto, per dare
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Carlo Felice
un’ opportunità a tanti cantanti, di esibirsi in questo grande teatro e lanciarsi in altre produzioni del panorama lirico italiano ed estero. Mozart ebbe sempre un rapporto complicato e conflittuale con le figure istituzionali. Ispirato dalla commedia La folle journée di Beaumarchais, satira agrodolce della nobiltà francese del settecento oramai al tramonto, insieme al librettista Da Ponte, il compositore diede a quell’invitante lavoro una veste musicale in quattro atti, ancora più creativa, espressiva e dissacrante che mai. Magistralmente musicatia ottenne un grande successo rispetto alla fonte originale. Sorriso, dramma, azione, commozione, presunzione, smarrimento, rivendicazione sociale, amore, desiderio gli ingredienti principali, attorno ai quali ruota la storia sentimentale tra Figaro, umile servitore e la sua promessa sposa, Rosina, cameriera della contessa d’Almaviva a sua volta tormentata e tradita dal conte suo marito. Marco Spada, noto musicologo e critico musicale, con la sua formazione sa ben coordinare e tradurre in scena,il carattere dei personaggi e il messaggio che il capolavoro mozartiano vuole esprimere. Il 5 di aprile ritorna Puccini con La Bohème, repliche il 6, 8, 12, 13, 15 e il 16 dello stesso mese. Opera in quattro quadri, su libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, tratta dal romanzo Scènes de la vie de Bohème di Henry Murger, ebbe una gestazione abbastanza laboriosa per la difficoltà di adattare le situazioni e i personaggi del testo originario agli schemi e all’intelaiatura della partitura pucciniana. Debuttò con successo al Teatro Regio di Torino nel febbraio del 1896, diretta da un Toscanini appena ventinovenne. Dramma molto amato e conosciuto: arie indimenticabili, duetti emozionanti, musiche eccellenti in esse, invenzioni melodiche, armoniche e timbriche descrittive, dai desolanti accordi vuoti impressionisti alle volgari trombe da fiera stravinskiane. Passione, amore, romanticismo, avventura, povertà e ambizioni artistiche le varie componenti di tutta la trama, che si svolge attorno a quattro giovani scapestrati e a due donne molto diverse tra loro, l’indifesa Mimì e la brillante Musetta. I personaggi che vivono la cosiddetta vita di bohème, fenomeno realmente esistito della Parigi ottocentesca, senza regole e cliché, rincorrendo sogni e ideali nel loro microcosmo allegro e vitale, saranno costretti alla morale amara che la morte di Mimì, inesorabilmente porterà. Queste le caratteristiche di un’opera che al botteghino realizza sempre il tutto esaurito. Direttore Giampaolo Bisanti, regia Augusto Fornari, giovane attore e regista, scene e costumi del pittore genovese Francesco Musante, orchestra, coro e coro delle voci bianche del Teatro Carlo Felice. Mimì-Maite Alberala, Rodolfo-Teodor Ilincăi, Marcello-Roberto De Candia, Musetta-Alessandra Marianelli. Per quanto riguarda il calendario concertistico, quattro gli appuntamenti a cui non mancare: Il 21 marzo, Anfred Honec, direttore, Mario Brunello, violoncello, il 28 Andrea Battistoni direttore, Orchestra e Coro del Teatro Carlo Felice, l’11 aprile Wayne Marshall direttore, Stefano Bollani pianoforte e il 27 Andrea Battistoni direttore, Vadim Repin violino. daniela.masella@fastwebnet.it
NOTIZIE UTILI BIGLIETTERIA dal martedì al venerdì dalle ore 11.00 alle ore 18.00 sabato dalle ore 11.00 alle ore 16.0 BIGLIETTERIA SERALE E DOMENICALE: Spettacoli serali: UN’ORA PRIMA DELL’INIZIO Domeniche di spettacolo serale: dalle 18.00 alle 21.00 Domeniche di spettacolo pomeridiano: dalle 13.30 alle 16.00 BIGLIETTERIA: Tel.:(+39)010 589329; 010 591697 fax:(+39)0105381.335 e-mail: biglietteria@carlofelice.it” biglietteria@carlofelice.it Gruppi: (+39) 010 5381.305 e-mail: gruppi@carlofelice.it
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iot è un grazioso villaggio della Costa Azzurra, famoso per i suoi vetri e cristalli. Nel 1470 fu ripopolato dopo epidemie e guerre con 50 famiglie emigrate dalla Liguria occidentale, che ne divennero la maggioranza della popolazione. Ancora oggi diversi abitanti parlano il dialetto locale: la variante “Biot” del Figun. Terra di fantasia e creatività, Biot ha un eccezionale patrimonio artistico e storico. La presenza di artisti come Fernand Léger, il cui museo si trova ai piedi del villaggio, e Eloi Monod a Biot danno vigore alla tradizione del vetro soffiato, creando un panoramica artistico dinamico, che si ritrova nei negozi di
cristalleria, vasellame, ceramiche e gioielli. Biot resta una delle capitali del vetro in Europa. A Biot, la cultura costituisce un patrimonio comune. È una parte importante della vita locale che si combina con l’identità, la cordialità e l’apertura al mondo moderno. Mostre, spettacoli, conferenze, teatro, cinema, concerti e feste tradizionali: tutto l’anno, attraverso un programma ricco e variegato, servizi comunali e associazioni offrono eventi di qualità aperti a tutti gli spettatori. L’Ecomuseo Glass, membro della Fédération des Ecomusées et des Musées de société [Federazione degli
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Ecomusei e musei della Società], si propone di evidenziare e far conoscere la tradizione del vetro preservando un know-how, la tecnica del soffiato e bolle di vetro, con la raccolta di pezzi antichi, utensili e articoli in vetro artistico e incoraggiando presso una vasta opinione pubblica alla conoscenza della tecnica di soffiatura del vetro bollito. Attraverso dimostrazioni all’interno del padiglione un vetraio mostra tutte le fasi di lavorazione per la creazione di un pezzo di vetro, dalla raccolta del vetro fuso da apprendista “gamin” fino alla finitura dal maestro vetraio. In questo modo l’ecomuseo conserva l’autenticità di un’arte e dimostra l’importanza della tradizione vetraria in Provenza. Varie attrazioni vengono proposte ai visitatori del Museo per consentire di scoprire la tecnica di soffiatura del vetro. E poi ancora dimostrazioni in un vero e proprio laboratorio–sala dei vetrai, visite da soli o guidate, corsi di introduzione alla soffiatura del vetro e tanto altro. Nella Galerie Internationale du Verre di Serge Lechaczynsky ogni anno a vengono premiati artisti di fama internazionale; le loro opere sono esposte in questa straordinaria galleria., fondata nel 1977. Più di 30 anni dedicati all’amore dell’arte, l’eclettismo di espressione artistica attraverso il vetro, la regola del pittore, l’uomo e l’artigiano virtuoso su qualsiasi
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Costa Azzurra
teoria d’arte. Un amore costantemente rinnovato attraverso mostre permanenti, e, naturalmente, LesVerriales. I Verriales: un evento in sé, nato nel 1989, un rendez-vous anche per gli esteti che pensano di aver visto tutto. Ogni anno, il primo venerdì di luglio, sono in scena più di trenta artisti intorno a un tema sempre nuovo. Questa è l’occasione per scoprire creazioni uniche, opere create appositamente per questo evento dove l’eccellenza è all’insegna della qualità, diversità e creatività. Per Lechaczynski «Les Verriales non sono né una mostra collettiva né una serie di one-man show, ma monografie di giovani talenti accanto a grandi nomi, dove una sana concorrenza tra gli artisti spinge a sublimare per offrire il meglio ai collezionisti attenti. Gli artisti si misurano sul tema imposto che è spesso una costrizione, ma anche un modo per andare oltre la proprio visione, arricchire il proprio vocabolario artistico e spingere la creazione ai suoi limiti. La Galleria è anche parte di un approccio pedagogico per i visitatori: una volta a conoscenza delle tecniche di produzione, possono sentire che l’essenza dell’arte è anche l’idea, il concetto, l’artista stesso, come dice giustamente Ernst Gombrich: “L’arte non esiste, esistono solo gli artisti”.
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L’idea del dr. Massimo Ladisi era quella di creare una struttura polispecialistica adibita alla chirurgia estetica. Nel 2004 nasce la medical center, il primo poliambulatorio medico dedicato alla chirurgia estetica. Grazie alla professionalità e all’esperienza di numerosi specialisti, ogni inestetismo viene trattato e valutato in equipe alla ricerca della migliore soluzione. L’attenta analisi e la volonta di capire l’esigenze del paziente è la filosofia del gruppo. Ogni richiesta viene valutata e adattata alla fisionomia della persona scegliendo le tecniche e metodologie migliori. La scelta dei trattamenti viene effettuata dal team utilizzando le più adeguate metodologie allo scopo di soddisfare eventuali richieste. La nostra filosofia si basa su poche semplici regole e sulla serietà dei nostri professionisti. IL VALORE DELL’ESPERIENZA La scelta per ogni componente del team è senza dubbio data dalla propria esperienza sul campo, oltre ad un notevole riguardo per i propri aspetti caratteriali. Lo studio personalizzato perchè ogni richiesta viene valutata e adattata alla fisionomia della persona scegliendo le tecniche e metodologie migliori. I NOSTRI TRATTAMENTI La scelta dei trattamenti viene effettuata dal team utilizzando le più adeguate metodologie allo scopo di soddisfare eventuali richieste. PRODOTTI NATURALI Molta attenzione viene fatta alla continua ricerca dei prodotti più naturali disponibili sul mercato. La scelta quindi è verso prodotti assolutamente anallergici e biocompatibili con I nostri tessuti.
MedicalCenter S.r.l. © 2011 - Corso Torino 1/18 - 16129 Genova - Tel/Fax: 010 565546 www.massimoladisi.it . massimoladisi@gmail.com 26
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IL MODELLAMENTO DEL NASO:
LA RINOPLASTICA
LA RINOPLASTICA RIDEFINISCE IL PROFILO, CAMBIA L’ANGOLATURA E RIMODELLA LA PUNTA DEL NASO. SONO UN BUON CANDIDATO PER UN INTERVENTO DI RINOPLASTICA?
Si, se Lei presenta una o più delle seguenti caratteristiche: Il naso è troppo largo, gobba sul naso(visibile di profilo), naso troppo grande ( visto frontalmente), punta del naso che scende o s’ incurva, punta del naso che scende o s’ incurva, punta del naso troppo stretta o troppo larga, narici eccessivamente larghe, naso asimmetrico a causa di un trauma. È raccomandabile l’età minima di 14 o 15 anni per sottoporsi all’intervento e per i giovani di sesso maschile qualche anno in più. Questo perché il naso può non essere completamente sviluppato. Se Lei è adolescente il chirurgo vorrà essere certo che la decisione non sia stata influenzata da parenti o amici ma che questo sia il suo reale desiderio. Oltre all’accertamento del buono stato di salute, non servono altri requisiti per sottoporsi alla rinoplastica. La rinoplastica può essere abbinata ad altri interventi di chirurgia estetica. A volte i problemi respiratori possono essere corretti con la settoplastica. Il chirurgo La aiuterà a capire se è utile anche il modellamento dell’aspetto esteriore del naso o viceversa se, oltre al rimodellamento del naso, sia utile anche una settoplastica. È importante che Lei sappia esattamente come vuole il suo naso ed anche che non si possono fare miracoli. Persone già adulte o in ogni caso mature che si sottopongono alla rinoplastica rimangono sempre molto soddisfatte dai risultati.
VISITA PERSONALIZZATA
Durante la visita specialistica, Le verrà chiesto di puntualizzare esattamente le parti del viso che vuole rimodellare. Questo aiuterà il chirurgo a capire le Sue aspettative e valutare se sono realizzabili. Lei dovrà fornire informazioni sul Suo trascorso medico, sui medicinali che prende abitualmente e su eventuali difficoltà respiratorie attraverso le narici. È necessaria una visita approfondita dei tessuti interni del naso. Saranno accuratamente studiati la qualità della pelle e la grandezza e la forma del naso in relazione con gli altri lineamenti. In certi casi, può rendersi necessario abbinare una mentoplastica per bilanciare meglio il profilo del viso.
COSTI DELL’INTERVENTO
Durante la visita sarà fatta un preventivo personalizzato in relazione al caso specifico. Il costo comprensivo di tutte le voci di spesa varia a seconda del tipo d’intervento.
COME SI ESEGUE LA RINOPLASTICA
A causa di fattori specifici, le indicazioni trans- e postoperatorie così come i risultati qui descritti possono essere diversi. I cambiamenti che possono essere fatti
sono l’aumento o la diminuzione del profilo del naso, la riduzione in grandezza o larghezza, il restringimento delle narici, il cambiamento dell’angolatura tra naso e labbro superiore o il rimodellamento della punta. Le tecniche adottate variano a seconda degli obiettivi prefissati.Tutte le incisioni sono fatte all’interno del naso e di conseguenza non sono visibili. S’interviene sulle cartilagini e sulle ossa che formano la struttura del naso. Per permettere di rimodellare il naso, deve essere modificata a volte la posizione di certe ossa. Se è necessario ingrandire il naso si usa cartilagine propria. La pelle ed i tessuti morbidi si rimodellano sulla nuova struttura grazie alla loro elasticità.
COMPRENDERE I RISCHI
Ogni anno migliaia di persone si sottopongono alla rinoplastica ottenendo ottimi risultati. Fortunatamente, problemi rilevanti legati ad un intervento di rinoplastica si verificano di rado. Chiunque prenda in considerazione il fatto di sottoporsi ad u7n intervento chirurgico deve essere a conoscenza dei benefici e dei rischi che ne derivano. L’ argomento rischi e possibili complicazioni è soggettivo e viene discusso personalmente durante la visita. Grazie alle nuove tecnologie chirurgiche, anestesiologiche e di monitoraggio, molte delle possibili complicanze come infezioni, reazioni all’anestesia, problemi di coagulazioni, ecc. sono praticamente eliminate. Dopo una rinoplastica è possibile avere macchie sulla pelle ma questo è del tutto normale. A volte possono risultare necessari alcuni ritocchi per migliorare i risultati. Lei potrà contribuire alla riduzione dei rischi seguendo le istruzioni pre e post-operatorie fornite dal chirurgo.
MEDICAL CENTER Dott. Massimo Ladisi Corso Torino, 1/18 Genova Tel. 010 565546 Fax 010 565546 www.massimoladisi.it massimoladisi@gmail.com
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LE SPLENDIDE NOZZE DI SAVE & ANNA ALLA CHIESA DI SAN GIACOMO IL MATRIMONIO TRA SAVERIO LUCCARELLI E ANNA GUARINO, CON RICEVIMENTO A VILLA DURAZZO Testo di Gaby de Martini Le foto dell’articolo sono state scattate dagli ospiti del matrimonio con i loro telefonini.
La calamita bomboniera regalata dagli sposi agli ospiti
L’ANNUNCIO SUL PORTALE - Sul portale Zankyou, l’annuncio relativo al matrimonio Saverio Luccarelli - Anna Guarino: «Carissimi, è con grande piacere che Vi annunciamo il nostro Matrimonio!!! Qui troverete le informazioni che vi serviranno per partecipare a questo grande giorno. Un abbraccio. Save & Anna». È stato facilissimo entrare nel sito: un semplice click per confermare la presenza, uno per visualizzare la lista nozze, un altro per curiosare nell’album delle foto della bella coppia e ancora uno per le info per raggiungere Villa Durazzo e gli alberghi.
IL REGALO DI NOZZE: UN GOZZO - Testo dal sito: «Regalateci un sogno da condividere anche con Voi quando ci verrete a trovare! Abbiamo scelto un bellissimo Gozzo entrobordo diesel di 6,5 metri…... Per contribuire all’acquisto potrete usufruire del sistema già impostato…» Carta di credito, un click e fatto il regalo!
IL MATRIMONIO - 1 febbraio ORE 16,00, Chiesa di San Giacomo, Santa Margherita. Lo sposo, l’affascinante Saverio Luccarelli 35 anni, milanese, chirurgo oculista, in classico tight con cravatta gialla, emozionatissimo. La sposa, Anna Guarino, bellissima 29enne genovese, fasciata in uno splendido abito di seta e pizzo, con strascico di 4 metri, un modello esclusivo di Giuliani Couture, raggiante. Rigorosamente in tight i tre testimoni: Davide e Pietro Luccarelli, Luca Polli. Elegantissime le testimoni Agnese Schiaffino, Francesca Morino avvolta in stola di visone
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Eventi Il bellissimo gozzo scelto dagli sposi come regalo di nozze
e Francesca Nasturzio. Nella magica scenografica della chiesa barocca di San Giacomo a Santa, è iniziata l’elegante cerimonia. 2000 le rose utilizzate per le raffinate composizioni bianche e gialle delle balaustre e dell’altare e per i 16 metri delle bordure ai lati delle panche ideate per l’occasione da Benedetta Marcenaro e Laura Savio di Maiden. 200 metri i tessuti utilizzati per l’allestimento della chiesa tra tendoni di seta, passatoie, tappeti, drappeggi, cuscini, nappe, ecc… rigorosamente gialli, studiato da Amanda Casassa. IL Sì ALLE ORE 16,45 - Il fatidico «sì» viene finalmente pronunciato dagli sposi, emozionatissimi, occhi lucidi. Uno dei momenti magici immortalato nel servizio fotografico della nota Giovanna Gavarone. Ha celebrato il matrimonio Fra Enrico Arata, amico degli sposi: toccante e molto divertente la sua omelia. IL RICEVIMENTO - Ore 17,30 nella splendida Villa Durazzo a Santa Margherita. 300 gli invitati, per la maggior parte under 40, giovani, belli/e elegantissimi. Oltre ai soliti noti genovesi, molti milanesi, e svizzeri. Due ore la durata dell’aperitivo: aragosta in bellavista, finger food, ostriche, tartare di pesce e tanto altro. Alle ore 20,00 ci si sposta nei meravigliosi saloni affrescati per la cena. 24 i tavoli principescamente apparecchiati ognuno contraddistinto da nomi di vie di Genova e di Milano legate alla gioventù dei due sposi, da Spianata Castelletto a Viale Montegrappa. Il catering di Capurro ricevimenti è stato ottimo, raffinato, perfetto come sempre. ORE 21,30: LA TORTA - Terminato il banchetto nuziale, spostamento al piano terra per il taglio della torta: tre piani sovrapposti di candida glassa decorata con petali gialli e bianchi confetti, magnifica. Poi brindisi con gli sposi, discorsi, ringraziamenti. Dalle 22 musica e balli, alle 2,30, dopo danze sfrenate e champagne a fiumi, tutti a casa, dopo aver preso l’originalissima bomboniera calamita, creata da Gaby Fein per l’amica Anna, per terminare e ricordare il matrimonio di Save e Anna: un matrimonio davvero speciale. Preparazione dell’acconciatura della sposa
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LO SPETTACOLO D’INVERNO IN VALBREVENNA TRA CASTELLI, CHIESE E ORATORI, IL FASCINO ANTICO DELLE FRAZIONI E DEI PAESI CHE PUNTEGGIANO I CRINALI Testo e foto di Mauro Ricchetti
L
a Valbrevenna inizia a pochi chilometri da Casella. D’estate è come un lungo canale di un verde intenso e luminoso, stretto tra boschi e montagne; un territorio quasi nascosto, silenzioso e affascinante, disegnato intensamente da un susseguirsi di fasce, torrenti e cascate, dal fondovalle fino agli antichi casoni del Lomà e alle pendici dell’Antola. In autunno, la zona si colora di calde tonalità che variano dal giallo al rosso, al marrone che il sole, ormai meno intenso, fa brillare, mentre le foglie secche formano soffici tappeti lungo i quindici chilometri della vallata. Ma è tra dicembre e i primi di febbraio, quando la neve copre con un manto bianco montagne, alberi e colline, che
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Escursioni
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la vallata diventa spettacolare, quando le fasce gradonate che dal fiume salgono verso la montagna disegnano con linee sinuose i dislivelli dal fiume fino alle cime dell’Antola. Le cinquantadue frazioni – alcune ancora intensamente popolate, altre quasi abbandonate – punteggiano i crinali con tanti piccoli gruppi di case dove solitamente si può vedere una chiesa con il campanile aguzzo ed un piccolo cimitero. Da Molino vecchio, capoluogo di fondovalle, le frazioni appaiono come adagiate sulle colline fino alle creste dei monti, intervallate d’inverno dalle distese bianche dei campi e dei boschi degradanti verso valle. I piccoli gruppi di case sparse sono ancora in massima parte compatti realizzati in pietra, costruiti con la marna dell’Antola un tempo legata assieme dalla calce prodotta nelle fornaci locali. Molti camini delle case fumano ancora e per le strade si sente il profumo della legna bruciata e del pane appena sfornato. Il compatto manto nevoso sembra potenziare il silenzio ed i tetti delle umili abitazioni divenuti anch’essi bianchi, fanno apparire queste case ancora più inserite nell’ambiente. La neve infatti ricopre anche i nuovi interventi non sempre adeguati, mostrando solo il gioco dei volumi delle antiche costruzioni cosi come erano centocinquant’anni fa, quando gli abitanti erano oltre tremila, prima del grande esodo verso Perù e Argentina. Molti contadini che all’epoca emigrarono fecero anche fortuna, e anche se si inserirono molto bene nella società dei nuovi paesi, in fondo al cuore custodirono sempre desiderio di ritornare ai luoghi natii. Senarega, paese di fondovalle con il suo antico castello dei Fieschi, di recente completamente restaurato, è forse il borgo più interessante dal punto di vista architettonico ed ambientale della Valbrevenna. La neve rende davvero spettacolare il tessuto edilizio del borgo che dalle case basse e dal ponte medioevale sul torrente sale fino al Castello e alla grande Chiesa, in un susseguirsi di tonalità bianche e
grigie. Gli spigoli degli edifici sembrano quasi arrotondati dalla neve, in un’atmosfera ovattata, avvolta da un silenzio assoluto, che nonostante il freddo intenso e le gelate invita a restare. Il Comune di Valbrevenna riaprirà al pubblico il grande Castello e l’Oratorio completamente restaurati nei prossimi mesi dell’anno. Una occasione per far conoscere sia il piccolo maniero che l’antico borgo, patrimonio unico della
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Escursioni vallata rivolto ad un turismo sempre più attento a cogliere gli aspetti intatti del nostro ambiente ancora unico, sia d’estate che nella magica atmosfera dello spettacolo della neve. Armanda Navone, nel suo libro sulla Valbrevenna «Il sole sorge al tramonto», ha scritto: «Non un rumore, non una voce risalivano… ma in alto le vette si accentuavano nel cielo chiarito da un alone di delicatissima luce… puoi girare il mondo intero, ma un’aria così non la trovi di sicuro».
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In Genova Promotion LE PORTE BLINDATE SONO PORTE DI INGRESSO PER ABITAZIONI, UFFICI ED ESERCIZI COMMERCIALI STRUTTRATE PER GARANTIRE UNA ELEVATA SICUREZZA AI TENTATIVI DI EFFRAZIONE.
PORTA BLINDATA: SCELTA E ACQUISTO
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ono quindi elementi strutturali di una casa che fanno parte della cosiddetta “difesa passiva”, essendo create per evitare intrusioni, accessi non autorizzati di ogni genere e attacchi esterni da parte di malintenzionati. Per rendere più facile capire quale sia il loro livello di resistenza a scasso ed effrazione sono suddivise in sei “classi di sicurezza” e sono realizzate con materiali e accorgimenti costruttivi diversi a seconda del grado di protezione. Questo articolo permette al lettore di acquisire tutte le informazioni necessarie per scegliere la giusta porta blindata per la propria casa.
SCEGLIERE LA PORTA BLINDATA
Installare una porta blindata o, precisamente, una porta antieffrazione, all’ingresso della propria abitazione è già un’ottima difesa contro gli attacchi esterni di malintenzionati e ladri. Perché però sia veramente efficace nel proteggerci, una porta blindata deve essere scelta in base a diversi criteri e occorre anche conoscere quali sono le caratteristiche opzionali che è possibile trovare nelle porte blindate in commercio, in modo da scegliere la più adatta a noi e alla nostra abitazione.
ELEMENTI DELLA PORTA BLINDATA
Per poter essere antieffrazione e garantire sicurezza, una porta blindata è formata e rafforzata da alcuni elementi specifici, oltre agli elementi costitutivi basilari. Tali elementi sono: controtelaio, zanche incassate nella muratura, telaio, cerniere, eventuale coibentazione termoacustica, lamiera in acciaio esterna, lamiera in acciaio interna, longarone di rinforzo, serratura di sicurezza, cilindro di sicurezza, maniglia, aste di chiusura, deviatore di chiusura, doppia guarnizione di battuta, montanti di rinforzo. La serratura e il cilindro di sicurezza, le lamiere interne ed esterne, le zanche incassate nella muratura e i montanti di rinforzo sono gli elementi che garantiscono la sicurezza antieffrazione.
INSTALLAZIONE DI UNA PORTA BLINDATA
L’installazione della porta blindata è un’operazione fondamentale perché questa garantisca la sicurezza antieffrazione. Fissare il telaio al muro è fondamentale per assicurare la massima tenuta della porta ai tentativi di effrazione. In pratica porta e muro devono diventare un unico blocco monolitico, impossibile da distruggere con i sistemi utilizzati normalmente dai malintenzionati; per fare questo al bordo del telaio vengono saldate delle zanche di acciaio che penetrano nel muro di 10-15 cm, fissate con cemento a presa rapida. Se però la parete in muratura di per sé è fragile, magari di laterizio forato come nei condomini, può essere rafforzata internamente applicando intorno all’apertura della porta, per circa un metro lineare sui tre lati, una rete metallica elettrosaldata e collegata alla muratura esistente, alla quale viene fissato il controtelaio della porta; per applicare la rete elettrosaldata è necessario togliere parte dell’intonaco e poi rifarlo. In alternativa, per rinforzare murature in mattoni pieni o pietrame, si possono utilizzare dei prodotti consolidanti che si applicano a iniezione; questi sono realizzati con miscele cementizie e rinforzano la parete senza dover rimuovere l’intonaco. Quando si sta
acquistando un’abitazione in via di costruzione, è bene richiedere all’impresa l’applicazione in fase di costruzione di rinforzi delle pareti in prossimità delle aperture e per la porta d’ingresso. Per far installare correttamente una porta blindata è necessario rivolgersi al produttore oppure alle associazioni di categoria, che spesso mettono a disposizione sui propri siti web, gli elenchi delle aziende associate.
CLASSI DI SICUREZZA DELLE PORTE BLINDATE
Per capire quale grado di sicurezza può offrire una porta blindata, quest’ultima è solitamente dotata di una classe che ne certifica la qualità antieffrazione, secondo alcuni test eseguiti ad hoc su di essa. Secondo le norme Uni Env 1627 e successive, le classi di qualità di una porta blindata sono 6, costituite in ordine crescente di resistenza antieffrazione, in base al tipo di serratura e ad altre caratteristiche, come l’isolamento termoacustico. Per stabilire la classe di una porta blindata, questa è sottoposta a tre tipi di prove, secondo le norme europee in merito: resistenza al carico statico, resistenza al carico dinamico, resistenza all’attacco manuale. I macchinari utilizzati per le prove, effettuano simulazioni di vari tentativi di effrazione e in base ai risultati ottenuti, si stabilisce la classe di resistenza della porta.
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ALBISOLA,
CAPITALE DELLA CERAMICA IN VISITA AD ALBISOLA AD UNA DELLE FABBRICHE STORICHE DELLA CITTADINA, LA SANGIORGIO. TUTTI I PIÙ GRANDI ARTISTI SONO PASSATI DA QUI
testo e foto DI DIANA BACCHIAZ
L In alto s sinistra Giovanni Poggi mostra un vaso di Walter di Giusto; foto a destra con un vaso di Antonio Recalcati. Qui a fianco Giovanni Poggi è fotografato con una grande sfera di Nes Lerpa.
a storia delle Ceramiche San Giorgio sembra essere il copione di un film, o meglio la realizzazione del sogno di un ragazzo, Giovanni Poggi, che fin dall’adolescenza voleva fare ceramica e aprire una importante fornace. I presupposti ci sono tutti: Albisola è la capitale della ceramica e vanta una secolare tradizione artigianale, l’argilla è facilmente reperibile nelle località limitrofe, il clima ventilato si presta perfettamente per fare asciugare i manufatti che, in passato, venivano esposti “en plein air”. Alla determinazione del maestro vasaio Poggi ben presto si aggiunge la fantasia e l’estro dello scultore Eliseo Salino e la volontà di Mario Pastorino (quest’ultimo perseguirà poi altri obiettivi). La triade è fatta. La manifattura San Giorgio, così chiamata perché inaugurata proprio il giorno dedicato al Santo, apre nel mese di aprile 1958. Sono anni di grandi cambiamenti e di rilevanti novità sperimentali. “La piccola Atene in riva al mare”, come è stata affettuosamente definita dalla scrittrice-ceramista Milena Milani, vive un periodo ricco e vivace e diventa la protagonista assoluta nel mondo dell’arte. Nella fornace di Poggi approdano numerosi artisti di fama internazionale da Lucio Fontana, a Farfa (Vittorio Osvaldo Tommasini), Pinot Gallizio, Milena Milani, Aligi Sassu, Sandro Cherchi, Gianni Dova, Giannetto Fieschi, Emilio Scanavino, Gigi Caldanzano, Mario Rossello,
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Liguria artistica A sinistra piatto di Luiso Sturla. Qui a fianco un piatto di Peter Casagrande.
Emilio Tadini, Walter di Giusto. Soprattutto vanno ricordati, per l’importanza del sodalizio che si viene a creare all’interno della manifattura, il danese Asger Jorn che, nel 1959, realizzerà, con l’aiuto di tutti i collaboratori della fabbrica, un grande pannello ad altorilievo per lo Staadtgymnasium di Aahrus e il cubano Wifredo Lam, portatore delle correnti surrealiste attraverso il suo incontaminato universo figurativo. L’artista instaurerà con Poggi un vero rapporto di amicizia, rifiutandosi addirittura di lavorare in sua assenza. A breve tre grandi mostre commemoreranno tra Savona e Albissola il grande artista danese Jorn.
Qui a fianco scultura di Sandro Cherchi. Sotto un grande vaso di Aurelio Caminati. A sinistra in alto alcune opere esposte in negozio e sotto una sfera di Nes Lerpa.
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Giovanni Poggi con un grande vaso di Paolo Valle.
Oggi nell’atelier si può respirare un’aria stimolante che ha le sue radici nel passato, nella tradizione e nella continuità. Artisti che hanno già da tempo frequentato la fabbrica ritornano anche a distanza di molti anni. Ne costituisce un esempio particolarmente significativo il belga Serge Vandercam, che dopo un lungo periodo di assenza, frequenta assiduamente la fornace di Poggi per lavorare la creta. Tra gli artisti che ultimamente lavorano nel laboratorio citiamo: Giancarlo Bargoni, Pietro Bulloni, Luciano Fiannacca, Enzo L’Acqua, Giorgio Laveri, Marco Lodola, Vincenzo Marsiglia, Ugo Nespolo e Luiso Sturla. L’esperienza della creta affascina tutti, una forma espressiva che tutti i grandi artisti hanno amato. Il nostro caro Aurelio Caminati soggiornava interi periodi ad Albissola – famose erano le sue “litigate” con vari artisti – scatenando la sua potenza creativa. Esperienze analoghe si facevano con Picasso a Vallauris, in Francia, ma in Italia Albisola è la capitale e meta di grandi artisti, che dai paesi nordici vengono a lavorare per lunghi periodi come Serge Vandercam o Wilfredo Lam.
Alcune opere esposte in negozio.
Qui a fianco: Giovanni Poggi nello spazio espositivo. Nella colonna di destra: Piatto di Timour Lam. Sotto: Un piatto di Giorgio Moiso. Ultima foto in basso: alcune opere esposte in negozio.
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In alto vaso di Franz Hitzler con accanto la grande sfera di Nes Lerpa. Qui a fianco a sinistra un piatto di Eliseo Salino e il piatto di Sandro Cherchi.
Nelle foto a fondo pagina: piatto di Aurelio Caminati. Piatto di Franz Hitzler. Piatti di Asger Jorn.
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Qui sopra: Giovanni Poggi nello spazio espositivo. A destra in alto un piatto di Alfredo Sosabravo. Sotto: Alcune opere in esposizione.
Silvana Priametto con un vaso di Milena Milani.
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In alto veduta del negozio . Qui sopra grande piatto di Serge Vandercam.
A sinistra, dall’alto al basso: alcune opere esposte nello spazio espositivo. Una sfera di Alfredo Sosabravo. In primo piano sfera di Nes Lerpa e sfera di Kcho Qui a fianco piatto di Stefano D’Amico .
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alter Boj è un artista poliedrico nelle idee e nei suoi lavori. Spazia dalla ceramica a opere di natura tecnologica e monumentale come le installazioni artistiche luminose. Se vogliamo dare un riscontro a questo capolavoro, potrei dire che la sua natura nasce da una ricerca profonda del colore, nei giochi di ombre e luce delineati da diverse scale cromatiche dell’azzurro, dettando così una tecnica originale che nella realizzazione produce effetti di profondità e trasparenze con effetti di riflessi di luce che danno l’aspetto di acqua che fluisce nella parete. La tecnica è ben delineata sia nel progetto stilistico della realizzazione che nella ricerca e nello studio nel suo complesso. In definitiva quest’opera
S-VOLTA CELESTE
non è jazz istintivo, ma un progetto creativo ben studiato e ben definito dall’artista che percorre la sua caratteristica del suo stile inconfondibile e molto apprezzato. Grande grande opera contemporanea!”
L’ARTE DI VALTER BOJ
In questa pagina: in alto, “Opportunyt Ceramica” cm 80x8O. A fianco: “Stella”. A pagina 9: “Restaura Cielo”
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GRACE KELLY
DA PHILADELPHIA A MONACO SUCCESSO PER L’ESPOSIZIONE FROM PHILADELPHIA TO MONACO: GRACE KELLY KELLY, BEYOND THE ICON, INAUGURATA LO SCORSO OTTOBRE ALLA PRESENZA DI ALBERTO E CHARLENE DI MONACO AL MICHENER ART MUSEUM DI PHILADELPHIA, CITTÀ NATALE DI GRACE, E DA POCO CONCLUSA di Angela Valenti Durazzo foto © Palais Princier de Monaco
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l mito di Grace Kelly, celebrato nella città dove la grande favola della star hollywoodiana – musa di Hitchcock e poi principessa di Monaco – ebbe inizio, ha rappresentato una tappa particolarmente significativa ed attesa dell’esposizione itinerante inaugurata nell’estate del 2007 al Grimaldi Forum di Monaco e visitata in sei anni ed in molte capitali internazionali (tra cui Roma, ospite della Fondazione Memmo di Palazzo Ruspoli) da più di 800mila persone. Presenti all’inaugurazione Alberto e Charlene di Monaco. La principessa, che indossava un abito lungo bordeaux di Ralph Lauren, a sottolineare la continuità e la classe che unisce passato e presente, ha attirato le luci dei riflettori con il proprio stile e l’immancabile sorriso. Dopo l’inaugurazione Charlene si è recata a New York per assistere alla serata della Fondazione Princesse Grace-USA, con la proiezione del film di Alfred Hitchcock To Catch A Thief del 1955. E certamente la mostra di Philadelphia, realizzata in collaborazione con il Palais Princier e con il Grimaldi Forum, attraverso un viaggio tra vita pubblica e privata consacra il mito dell’eterea star americana, nata nel 1929 e scomparsa tragicamente nel 1982, che sposando Ranieri III seppe conquistare il cuore dei monegaschi fin dalla sua prima apparizione sulla Rocca nel 1956, diventando un’icona di stile mondiale. Con lei Cary Grant, Jackie Kennedy, Alfred Hitchcock, Maria Callas e altri scambiarono corrispondenze oggi divenute preziose. A lei Hermes dedica la celebre Kelly, borsa che porta il suo nome. La mostra ha sollevato il velo su oggetti e materiale d’archivio fino al 2007, data della «prima» monegasca, totalmente inediti, mostrando una storia ricostruita attraverso le immagini: le fotografie dei più grandi artisti del tempo, il favoloso guardaroba,
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Grandi eventi
gli abiti disegnati per lei da stilisti come Chanel, Dior, Yves Saint Laurent, i gioielli, le lettere, gli accessori, la sua carriera cinematografica, i momenti di semplicità familiare e le immagini simbolo della sua regale bellezza. Con queste parole, ben sintetizzando la figura di Grace principessa e attrice ma anche donna, il Principe Alberto ha concluso un breve tributo filmato «Mi auguro che attraverso l’esperienza di questa mostra - ha detto il sovrano di Monaco - si potrà intravedere la vera Kelly. La donna oltre l’icona. Mia madre».
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di Anna Proverbio
“S
ono partito il giorno di Natale» racconta il dottor Natour, medico olistico, ematologo, iridologo ed agopuntore, «per raggiungere Sanlìurfa, l’antica Edessa, città situata nel sud-est della Turchia, non lontana dal confine siriano e da Aleppo, dove sono stati allestiti dei campi per l’accoglienza per i profughi fuggiti dal regime di Assad”.
Perché ha deciso di passare le sue vacanze natalizie lavorando in un Ospedale turco? Da tempo sentivo l’esigenza di offrirmi come volontario per trasmettere le mie competenze nel campo della medicina olistica ai giovani medici che si adoperano per curare i rifugiati. Io sono di origine palestinese e conosco bene la
realtà di chi ha sofferto condizioni di vita particolarmente disperate. I profughi sono senza fissa dimora, hanno perso il lavoro, fonte di sostentamento e quindi si trovano a vivere in condizioni terribili, in balia dell’ingiustizia politica, ricevendo trattamenti che non rispettano la dignità umana. Perché ha scelto di andare in Turchia, piuttosto che in Africa dove vanno la maggior parte dei medici italiani che si offrono come volontari? Poiché sono nato ad Ararat, nello Stato di Israele, conosco perfettamente l’arabo, anche se in Italia e precisamente a Genova ho studiato medicina e dal 1995 ho ottenuto la cittadinanza italiana. Pertanto, quando sono stato contattato da un’associazione di medici onlus costituita per portare aiuto al popolo siriano che fugge dal regime di Assad, ho accettato con entusiasmo di andare ad insegnare ad un
IL VIAGGIO DI UN MEDICO GENOVESE DI ORIGINE PALESTINESE NEI CAMPI PROFUGHI AL CONFINE TRA SIRIA E TURCHIA
IN TURCHIA PER PORTARE AIUTO
AI RIFUGIATI SIRIANI 46 INGENOVA Magazine
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Solidarietà e medicina gruppo di giovani medici – quattro turchi e due siriani – l’agopuntura auricolare e la craniopuntura Hyamamoto, tecniche che consentono di alleviare numerosi sintomi dolorosi di qualsiasi origine, senza effetti collaterali. Se si riflette sul fatto che dall’inizio della guerra civile siriana i morti sono stati 130 mila e 9 milioni e mezzo sono state le persone costrette all’esodo, si può immaginare quanto sia necessario l’aiuto di medici volontari. Come si svolgevano i suoi corsi? Al mattino spiegavo la teoria ed al pomeriggio offrivo dimostrazioni pratiche, alleviando le patologie dolorose che affliggevano molti rifugiati. Le sue dimostrazioni sono state efficaci? Debbo dire che ho avuto grandi soddisfazioni: i giovani medici, estremamente motivati hanno imparato in soli sette giorni le varie tecniche, inoltre quasi tutti i miei pazienti si sono dimostrati così riconoscenti nei miei confronti offrendomi attestazioni di stima e simpatia che mi hanno ampiamente ripagato delle fatiche del viaggio. Ci racconti qualche caso particolare. Ad un paziente che aveva una scheggia conficcata nel cranio, così internamente da non poter essere operato, ho fatto passare il mal di testa che non gli consentiva di dormire da mesi. Ad un altro profugo sono riuscito a togliere il mal di denti che lo tormentava, infine ad altri rifugiati , ho alleviato i sintomi dolorosi dovuti a fratture agli arti non ben saldate e così via.
Se le fosse consentito parlare con le autorità competenti che cosa vorrebbe chiedere? Senza dubbio di attivarsi in tutti i modi per cercare di far cessare questo massacro. So che recentemente sono stati rinvenuti corpi di persone trucidate, orribilmente sfigurati dalle torture. E’ davvero intollerabile assistere senza fare nulla a questi crimini disumani.
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Textura lucis (foto di Alessandra Cevasco e Davide Marino)
di Alessandra Cevasco e Davide Marino
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utto ebbe inizio da un programma televisivo della RAI trasmesso una domenica del 2008, che raccontava la particolare attività dell’azienda De Martini situata nell’entroterra ligure, e più precisamente nell’entroterra di Chiavari, a Lorsica. Il progetto vero e proprio prese il via poco
tempo dopo dall’incontro con la famiglia, sapiente custode della tradizione ligure del tessuto damascato, e si pose sin da subito la finalità di mostrare, in chiave poetica, l’articolato e paziente processo che porta alla creazione dei preziosi lampassi e damaschi di Lorsica, famosi in tutto il mondo. La De Martini è un’azienda storica che stando ai documenti di casa nacque nel 1500, e continua tuttora ad essere gestita
A LORSICA É IN CORSO LA MOSTRA DI MARINO E CEVASCO DEDICATA ALL’ARTE DELLA TESSITURA.
INCANTATIONS
“TEXTURA LUCIS”
AL MUSEO DEL DAMASCO
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In Genova Promotion INFO MOSTRA: Museo del damasco Via Casali 109 - 16045 Lorsica (Ge) - Tel. 0185 95019 ORARIO: Sabato e Domenica dalle 15 alle 17 (dal 1/4 dalle 16 alle 18).
Dal progetto “Textura lucis” (foto di Davide Marino) dalla famiglia di generazione in generazione, di padre in figlio, lavorando nella stessa casa. L’arte della tessitura già dal ‘400 rappresentava una delle principali attività economiche della Repubblica di Genova, grazie alla disponibilità di materie prime che transitavano nel porto. Lo sviluppo del settore tessile genovese portò rapidamente alla nascita delle Corporazioni e il mestiere tessile divenne talmente prestigioso che si vietò l’emigrazione e l’esportazione di qualsiasi conoscenza e tecnica al di fuori delle mura della città, per concentrare nella Repubblica il monopolio. In risposta a queste restrizioni nacquero le tessiture nella Riviera di Levante e, nel borgo di Lorsica, paese situato nella Val Fontanabuona, s’intesificò la produzione del damasco e dei tessuti serici. Nel Cinquecento si contavano circa 1000 telai a conduzione familiare, e gli artigiani realizzavano tessuti pregiati e unici che adornavano le dimore delle sontuose corti europee. In ogni famiglia di Lorsica era presente almeno un telaio, e sul finire dell’Ottocento vi erano ancora concentrati 250 telai, principalmente situati nelle abitazioni. Questa illustre tradizione rimane ancor oggi viva grazie a questa azienda a conduzione familiare, il cui principale lavoro consiste nella tessitura del damasco di seta con l’antico metodo tradizionale. Questo è stato possibile grazie a Nicola De Martini, papà di Stefania, inventore e costruttore di un telaio apposito per produrre questa stoffa, un telaio unico al mondo e brevettato che riesce a riprodurre la stessa trama meravigliosa tessuta a mano nel ‘500. Questo fatto si può constatare nella Chiesa di Lorsica dove si trova un antico damasco identico a quello che viene prodotto tuttora. I tessuti creati con macchinari che si usavano quasi duecento anni fa, che il telaio industriale non riesce a produrre, sono prodotti artigianali nel vero senso della parola, e al tatto e alla vista hanno una marcia in più rispetto a tanti altri.
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La volontà tenace di perpetuare antiche tecniche e conoscenze oggi, in un mondo attuale super tecnologico e competitivo affidato quasi interamente alla produzione in serie, ha molto colpito l’attenzione dei fotografi Davide Marino e Alessandra Cevasco che, ognuno con la propria sensibilità e visione, hanno creato immagini capaci di esaltare il significato di una così rara e delicata realtà. Insieme ai due fotografi ha lavorato ad un breve e prezioso film documentario il regista ucraino Aleksandr Balagura che, con grande sensibilità, ha registrato la relazione tra vita e lavoro intrecciando momenti in immagini di grande bellezza e poesia. Davide Marino, memore degli stupendi ritratti che fece Vincent van Gogh nel Brabante del 1883-84 ai tessitori domestici di Neunen, anche allora ridotti di numero e ormai destinati a scomparire a causa della rivoluzione industriale, ha creato intense immagini di deciso taglio pittorico. Così ricorda quell’esperienza: “E’ stato un periodo di grandi motivazioni. Ricordo quella magica atmosfera con i rumori dei telai in funzione e la luce che penetrava e dava all’ambiente un’aspetto scenografico, teatrale. Ricordo che la Sig.ra Clelia si muoveva silenziosamente, intenta a governare le antiche macchine e la piccola Rebecca giocava fantasticando tra rotoli di seta. Passavamo ore ed ore a fotografare e il tempo sembrava scorrere più lentamente, perchè la gioia di cogliere quelle luci cancellava ogni fatica”. Alessandra Cevasco si immerge in questo luogo di ritmi e silenzi cogliendone attraverso il tempo sfumature sempre più sommesse e significative, che registra in simboliche e rarefatte immagini . “Ho avuto la fortunata opportunità di vivere, attraverso le fotografie che scattavo, una rarissima e delicata armonia tra persone e strumenti, in un luogo creativo che lega insieme tradizione e visione. Ho visto, in questo loro quotidiano e laborioso ordinare infinitesimi fili di luce in compiuti disegni, la porta devozionale che conduce alla creazione artistica. Credo che nulla più dell’infinito incrociarsi della trama e dell’ordito ci avvicini alla struttura fondamentale dell’esistenza, il simbolo universale della croce”.
STUDIO INCANTATIONS
Dal progetto “Textura lucis” ( foto di Alessandra Cevasco )
Vico San Giorgio 9-11r 16123 Genova - Tel. 010 2091855 www.incantations.it info@incantations.it
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ici «primula» e subito pensi alla primavera: la si vede far capolino con fiori di un bel colore giallo nei boschi, vicino a ruscelli, su terreni calcarei, alla fine dell’inverno subito dopo la scomparsa della neve, quando nei prati comincia a comparire l’erba verde. Le Primule accomunano due proprietà molto importanti: sono rustiche di facile impianto e molto decorative. I fioristi quindi si sono cimentati a creare un numero grandissimo di cultivar (soprattutto dalla subsp. sibthorpii o ibridi tra le varie sottospecie) variando la colorazione dei petali, la grandezza del fiore, la bellezza delle foglie, ma anche il numero dei petali o il suo disegno (fimbriato, arricciato, ondulato, frastagliato, ecc.). Il nome del genere (“Primula”) deriva da un’antica locuzione italiana che significa fior di primavera (e prima ancora potrebbe derivare dal latino primus). All’inizio del Rinascimento questo termine indicava indifferentemente qualsiasi fiore che sbocciasse appena finito l’inverno, ad esempio così si indicavano le primaverili margheritine (Bellis perennis – Pratolina). In seguito però il significato si restrinse come nome specifico (nel parlare corrente) alla pianta di questa scheda (chiamata alla fine “Primula comune”), e come nome dell’intero genere nei trattati botanici. Ildegarda di Bingen (Badessa Hildegard von Bingen, diventata santa e vissuta in Germania dal 1098 al 1179, studiosa di medicina) la consigliava come rimedio contro la malinconia: se la si portava sul cuore a contatto con la pelle avrebbe raccolto il vigore del sole di mezzogiorno. Le più conosciute specie spontanee della flora italiana vi sono la P. veris, nota col nome comune di primula odorosa o primavera odorosa, spontanea sulle prode dei fossati, sulle Alpi e gli Appennini, dove fiorisce alla fine dell’inverno, la P. vulgaris, comune nei boschi, nota col nome comune di primaverina, e occhio di civetta, la P. farinosa, dai fiori colorati di rosa o rossi, comune sulle Alpi. Le primule coltivate in piena terra desiderano esposizione semi-ombrosa e riparata, terreno acido e fresco, fertile e ben concimato con sostanze organiche; le specie coltivate in vaso richiedono locali freschi e umidi, luce solare filtrata, terriccio fertile, leggero e acido, concimate ogni 15 giorni con fertilizzante liquido, annaffiature abbondanti, le specie perenni vengono coltivate come annuali, scartandole dopo la fioritura. La moltiplicazione avviene con la semina sotto vetro o in ambiente fresco e ombreggiato, in terriccio di bosco sabbioso, utilizzando seme freschissimo, da aprile in poi, con fioritura nell’inverno-primavera successiva. Le cultivar vengono moltiplicate per via agamica, con la divisione autunnale dei cespi, o dei getti, anche se generalmente le primule malsopportano i trapianti, presentando scarse fioriture. Le specie esotiche che mal sopportano il gelo vengono coltivate in vaso nelle serre o negli appartamenti. tra le specie
rustiche, adatte alla decorazione di sottoboschi, prati e giardini umidi, segnaliamo la P. acaulis dai fiori giallo-chiari, la P. auricolacon foglie carnose e fiori gialli, la P. hirsuta dai fiori porporini e la P. elatior, con fiori di colore giallo o arancio riuniti in ombrelle, e numerose varietà con una vasta gamma di colori, dal giallo al rosso al blu. La primula è una pianta dalle numerose virtù medicinali. L’infuso, il decotto e lo sciroppo dei rizomi di P. veris, dall’odore anisato, raccolti da settembre a novembre, ripuliti ed essiccati al sole, hanno proprietà diuretiche, espettoranti e bechiche, vantano anche un’azione antiemetica, tonica del sistema nervoso, antireumatica e antidiarroica. Topicamente si utilizzano i rizomi freschi ridotti in poltiglia come impacchi sedativi. Inoltre, la polvere dei rizomi ha proprietà sternutatorie; il decotto per uso esterno di foglie raccolte da aprile a giugno avrebbe proprietà antireumetiche, antiartritiche e curative della gotta, e l’infuso e lo sciroppo dei fiori raccolti da aprile a giugno appena sbocciati e seccati all’ombra, vantano proprietà sudorifere, calmanti, anticonvulsive, bechiche e pettorali. L’infuso per uso topico dei fiori serve per impacchi antinevralgici e infine le giovani foglie consumate fresche, crude o cotte, hanno un’azione depurativa.
PIÙ DI CINQUECENTO SPECIE PER QUESTA PIANTA CHE COI SUOI COLORI VIVACI SEGNALA LA FINE DELL’INVERNO
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LE PAROLE SONO
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GENOVA, IL QUARTIERE QUARTIERE DI ALBARO Alessandro Magnasco, detto il Lissandrino (Genova, 4 febbraio 1667 - 1749): “Trattenimento in un giardino d’Albaro” Olio su tela, cm. 86 x 198
DA RESIDENZA ESTIVA DEI GENOVESI PIÙ ABBIENTI A QUARTIERE RESIDENZIALE RICCO DI ATTIVITÀ, IL PROFILO DI ALBARO È CORNICE IDEALE DEL PANORAMA CITTADINO testo e foto di Anna Maria Solari
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ncora oggi a Genova non si “va” ad Albaro, ma si va “in Albaro”. Ancor meglio, si “sale” in Albaro. E quando ci sei puoi scoprire, in un contesto ancora oggi residenziale, negozi, laboratori, attività che non avresti pensato di trovare. Un profilo alto ed elegante, quello della collina di Albaro, scelto non a caso in epoca tardo-rinascimentale per costruirvi le ville monumentali delle famiglie importanti. Come non rammentare il quadro realistico e fantastico del Magnasco? Alessandro Magnasco, detto Lissandrino, nacque a Genova nel 1667 e dipinse il “ Trattenimento in un giardino di Albaro” negli ultimi anni della sua vita nella città natale.
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Il dipinto fu probabilmente commissionato al Magnasco dalla famiglia genovese dei Saluzzo. Sappiamo che nel 1897 apparteneva alla signora Orsolina Rosa Vaccheri vedova Moro, che lo vendette al Comune di Genova per Lire 300. Attualmente è conservato nella galleria di Palazzo Bianco. L’opera raffigura un ricevimento in una villa di Albaro, una spensierata giornata trascorsa da un gruppo di patrizi in uno scenario gaudente, estremamente descrittivo e significativo del suo tempo. Sullo sfondo in basso si nota la pianura intorno al Bisagno, ripresa proprio dal colle d’Albaro. In Albaro il colore dominante è il verde, quello di ogni tipo di pianta, specialmente le palme, “riverenti”, come le chiamava F. Scott Fitzgerald. Ma in Albaro nessuno ti vieta, con l’eccezione neanche imperdonabile della larga dorsale di Via Albaro, di fare due rare esperienze odierne: quelle dei silenzi e del buon gusto. Perché c’è una piazza unica e un poco in salita, decisamente raffinata, come Piazza Leopardi, dove quasi non ci si rende conto che la sua quiete è dovuta all’essere racchiusa tra edifici dalla statura umana anziché da palazzoni invadenti. Ma basta girovagare senza meta per trovare i giardini e le ville, e ancora altri giardini con le creuze che già sanno di mare, così vicino. Il profilo di Albaro, alto ed elegante per il paesaggio naturale e le opere dell’uomo, per cinque secoli è degna cornice del panorama cittadino. Fino all’ Ottocento questo era il classico luogo di villeggiatura dei Genovesi più abbienti, che qui avevano casa e che d’ estate erano usi appunto a “recarsi in villa” per trascorrervi la stagione calda. Da più di centosessanta anni l’Istituto musicale Niccolò Paganini, dedicato al famoso musicista dal 1904, ma nato quale Scuola gratuita di canto con una scrittura privata tra Antonio Costa, compositore ed ispettore di palcoscenico al Carlo Felice, e Filippo Granara, impresario appaltatore delle stagioni dell’opera, ha creato tra la vita del quartiere e
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la città il diffondersi di cultura e di arte. Vi sono inoltre superbi palazzi e bellissima è la chiesa di San Francesco con le opere di G.B.Carlone, Ratti, Galeotti, Bernardo Castello, del Rubatto, del Procaccino, del Fiasella, di Anton Maria Maragliano etc. Sulla collina in via Albaro, un tempo Via Olimpo, si trova il Palazzo Bombrini, già De Podenas, detto Il Paradiso, dove si recava Lord Byron a scrivere durante la sua dimora nel Palazzo Brian , già Carrega e sul quale vi è una lapide commemorativa. L’armonica vitalità di Albaro e le suggestive impressioni che ancora oggi si possono provare visitandola, offrono possibilità di piacevole svago e acquisti: negozi, antiquari, boutiques alla moda, arredo per la casa e giardini, vintage, storici artigiani e le prelibatezze di antichi e nuovi ristoranti, bistrot e bar. Oggi ogni attività si rinnova al passo con i tempi e le proposte sono veramente stimolanti per scelta e competitività. Vi sono giornate nelle
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L’ANTICA CHIESA L’antica chiesa intitolata ai santi Nazario e Celso, oggi non più esistente, era ad una sola navata e della struttura originaria aveva solamente il nome. Di dimensioni ridotte rispetto alla precedente, era dotata di due cappelle ai lati ed un coro in pianta quadrata. Per essere meglio protetta dalle mareggiate, era stata costruita a ridosso dell’antica torre, detta dell’Amore, che non avendo più la funzione di guardia a protezione dagli attacchi dei predoni saraceni, funzionava da campanile per la nuova chiesa. La chiesa finì il suo tempo in conseguenza dell’apertura di corso Italia che cambiò fisionomia alla zona rendendola più aperta verso il Lido. Questa operazione urbanistica non snaturò comunque il carattere di quell’angolo di Genova nel quale rimangono ancora ben visibili le ville dei signorotti di un tempo.
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quali il parcheggio è offerto dai commercianti che danno il benvenuto a clienti e turisti con un’accoglienza davvero insolita per Genova. Il quartiere coinvolge nella sua vivacità ed allegria. Ogni giorno gli esercizi commerciali sono coesi tra loro nell’offrire prodotti e servizi che stimolano l’interesse e la curiosità del passante . Sartorie e boutiques confezionano ed espongono accessori e capi di classe, spesso ad un prezzo vantaggioso. Ad Albaro anche la sera è bello incontrarsi, mentre la storia fa capolino tra i palazzi, passeggiare tra il fruscio delle piante, andare al cinema o cenare in ottimi ristoranti in un quartiere dove tradizione e eleganza sono sinonimo di appartenenza.
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In Genova Magazine LA TORRE DELL’AMORE La Torre dell’Amore è una delle architetture più suggestive di Albaro. A causa della sua posizione, celata dalla folta vegetazione e nascosta com’è all’interno del nugolo di ville che si affacciano sul Lido d’Albaro (l’elegante stabilimento balneare fulcro della mondanità del corso Italia), è anche fra le meno conosciute. Situata nell’omonima via, è sconosciuta anche a molti abitanti del quartiere, tanto che la sua esistenza - peraltro tracciata sulle guide turistiche - ha avuto a lungo il sapore di una leggenda metropolitana. Ma la Torre esiste e in tempi recenti, adibita ad uso privato, è stata restaurata e restituita al primitivo splendore. La sua storia, in realtà, è davvero sconosciuta: alcuni storici l’attribuiscono di proprietà della famiglia Finamore (da cui il nome), che abitò a Genova fino alla prima metà del XVII secolo (ma lo stemma che appare sulla torre smentirebbe questa versione); altri sostengono che vi si celebrassero in passato matrimoni di rito civile (e anche questo fatto suffragherebbe il tenore del nome). Per ammirarla da vicino occorre in ogni caso sapersi districare nell’intrico degli ombrosi caruggi e creuze che costituiscono la trama delle creuze d’Albaro.
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Foto dei cavalli di Aurelio Schiaffino
I CAVALLI SELVAGGI NEL PARCO DELL’AVETO VIVONO IN MEZZO A UNA NATURA INCONTAMINATA
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PAESAGGI DA FAR WEST
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avalli selvaggi che corrono in branco su montagne incontaminate, tra prati, rocce, boschi. La Val d’Aveto presenta caratteristiche spiccatamente montane, dalle rocce emergenti all’abbondanza di acqua. Se il fiume Aveto, infatti, ha plasmato e dato il nome alla Valle, le montagne hanno contribuito a rendere il paesaggio unico e caratteristico. Qui si trovano alcune delle cime più suggestive dell’Appennino ligure: il Monte Penna (1735 m), con la sua estesa foresta demaniale, un tempo formata da abeti bianchi e faggi secolari ed oggi caratterizzata da faggi e conifere di varie specie, affiancato sul versante n-e dall’imponente guglia del Pennino e, sul versante nord, dalla conca della Nave, suggestivo avvallamento simile a una dolina, frutto di una faglia su cui ha agito l’erosione degli agenti atmosferici; il Monte Aiona (1701 m), caratterizzato da estesi pascoli sul versante tirrenico e foreste di faggio su quello padano. La
sommità si presenta come un ampio e arido altopiano da cui emergono rocce, spesso coperta da nebbie fittissime; il Maggiorasca (1799 m), vetta più elevata dell’Appennino Ligure e cima principale di un gruppo montano costituito da un’insieme di affioramenti rocciosi e paretine, intercalate a boschi e a manto erboso. A questo gruppo roccioso appartengono emergenze spettacolari come il Dente della Cipolla, aguzzo monolite diabasico ai cui piedi si apre l’ampia conca di origine glaciale detta Prato della Cipolla, il Monte Bue, montagna erbosa di formazione calcarea, la Rocca del Prete, imponente e suggestiva bastionata orientata a s-o, lunga circa 600 metri e interessata da alcuni ripidi e incassati canaloni e la bellissima cascata dell’Acquapendente. Gli ultimi due monti della catena del Maggiorasca sono il Croce di Martincano e il Tomarlo, quest’ultimo spartiacque tra la Val d’Aveto e la Val Ceno. E poi il Groppo Rosso, montagna tutta picchi e anfratti, che nei tramonti limpidi
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si colora di rosa per effetto della presenza di Sali di ferro e magnesio nella composizione mineralogica delle rocce. Numerosi rigagnoli e ruscelli danno vita al fiume Aveto che percorre tutta la vallata. La sua corsa verso la confluenza con il Trebbia è mutevole: nella piana intorno a Priosa scorre tranquillo, allarga poi il suo letto nel vastissimo pianoro alluvionale di Cabanne, aumenta la velocità nella forra del Malsapello e nel tratto ponte di Alpepiana-Salsomi-
nore scorre in uno spettacolare e profondo canyon. Le foreste demaniali e i laghi di origine glaciale ne fanno un ambiente montano di grande interesse e fascino, che per le sue caratteristiche strutturali e naturalistiche è rimasto incontaminato e inalterato. Per tali motivi e per le molte attrattive la Val d’Aveto è da sempre meta degli appassionati di alpinismo ed escursionismo, che possono effettuare un gran gran numero di itinerari e percorsi suggestivi.
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urbanistico, di conflitti, di progresso e cambiamenti sociali. Il Museo è dotato di un percorso espositivo ricco di exhibit multimediali ed interattivi. Il Museo Archeologico e della Città di Sestri Levante costituisce polo centrale del Sistema museale integrato di Sestri Levante e Castiglione Chiavarese. MUSEL – Museo Archeologico e della Città Palazzo Fascie Corso Colombo 50 (16039) Sestri Levante GE – Italy info@musel.it prenotazione@musel.it www.musel.it tel. 0039/185/478530
L’ALLESTIMENTO PIÙU’ BELLO
I ragazzi intenti nella preparazione dell’allestimento
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l MuSeL è il Museo Archeologico e della Città di Sestri Levante, con sede nello storico Palazzo Fascie, che ospita la Sezione Archeologica ed il Museo della Città. Nella sezione archeologica del MuSeL il visitatore viene coinvolto in una narrazione che descrive l’attività umana dalla preistoria alla romanizzazione. Numerosi i reperti illustrati, tra cui quelli della Valle Lagorara, la più ampia cava di diaspro a cielo aperto conosciuta in Europa, apprezzabile nel Museo anche grazie a suggestive riprese video. Nella sezione denominata Museo della Città la narrazione museale si concentra sulla storia di Sestri Levante e si sviluppa attraverso alcune specifiche tematiche: la nascita del borgo medievale, le famiglie nobiliari, la grande emigrazione di fine ‘800, e infine il ‘900. Particolare attenzione è dedicata alla narrazione del XX secolo, periodo di sviluppo industriale ed
Il giorno 8 Febbraio 2014 ha inaugurato nella sala mostre del MuSeL (Sestri Levante) una bellissima mostra dal titolo “Bambini maestri di ecologia”. Consiglio vivamente la visita. Ho avuto occasione di dare una piccolissima mano ai grandi allestitori e realizzatori delle opere esposte, i bambini delle classi elementari e medie dei plessi scolastici di Sestri Levante, nonchè dell’Istituto di Istruzione Superiore “G. Natta” “G.V. Deambrosis”. Vedrete quindi dei disegni che sono veri e propri capolavori, realizzati con impegno e maestria. Inoltre i piccoli-grandi maestri vi racconteranno, attraverso i pannelli e i video dell’esposizione, come creare nuova materia, rendendo il ciclo dei rifiuti a impatto 0. I bambini ed i ragazzi hanno infatti preso parte ad un progetto denominato “Compro rifiuti”, cominciato fin dall’inizio dell’anno scolastico e patrocinato dal Comitato Genitori Scuole, dal Comitato4valli e dal Comune di Sestri Levante, che ha come obiettivo la formazione di cittadini consapevoli del ciclo dei rifiuti e agenti nel concreto, in prima persona, per migliorarlo e considerare i rifiuti stessi come una risorsa. Per questo sarà particolarmente divertente e istruttivo leggere le “pagelle” che questi esperti del riciclo hanno dato a
di Matteo Sicios info@matteosicios.com
IL MuSeL
NELLO STORICO PALAZZO FASCIE, LA STORIA DELLA CITTÀ RIVIERASCA E UN NUOVO ALLESTIMENTO, «BAMBINI MAESTRI DI ECOLOGIA»
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Il Consulente Museale genitori e parenti su come si effettua la raccolta differenziata. Bello ed elegante il sistema espositivo realizzato con bancali di riciclo (tutto può divenire nuova materia). Sempre grazie al progetto pilota messo in atto sarà infine particolarmente emozionante vedere il pannello realizzato dalla scuola dell’infanzia sulla raccolta differenziata. All’uscita dalla mostra, arricchiti di preziose nozioni, è difficile non provare un senso di profonda inadeguatezza per non avere ancora messo in atto le iniziative promosse dai bambini di Sestri Levante con tanta tenacia. Il destino della Terra, per fortuna, è nelle mani di questi bambini e non nelle nostre. Per il video del progetto ZERO WASTE 2020: http://www.youtube.com/watch?v=adxq9Q_kaP4
Alcune delle opere esposte.
Una sala della Sezione Archeologica del Musel. Foto di Thomas Krueger, fornita dal Comune di Sestri Levante.
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a Residenza Sanitaria Assistita LA SERENELLA è una realtà presente sul territorio del Comune di Novi Ligure da molti anni. La Struttura, distribuita su 2.500 metri quadri, ha una capienza di 55 posti letto, di cui 10 convenzionati con la ASL di Alessandria; è articolata su tre piani e assicura la permanenza in stanze singole, doppie e triple, tutte con bagno in camera. Sono possibili inserimenti anche temporanei o post degenza ospedaliera. La Serenella offre ampi spazi comuni e di socializzazione sia interni che esterni, grazie alla sua collocazione in un parco attrezzato di oltre 6.000 mq. con alberi d’alto fusto e da frutta. Grazie all’assenza di barriere architettoniche i nostri assistiti hanno la possibilità di fruirne in piena libertà. La Residenza è in grado di ospitare persone Auto Sufficienti, Parzialmente Auto Sufficienti, e Non Auto Sufficienti. È comunque possibile, con un attento esame delle condizioni soggettive, valutare il ricovero di persone con gravi compromissioni cognitive e organiche. I servizi sanitari destinati alla persona che vengono erogati dalla Struttura sono di alta qualità a partire dal presidio infermieristico, costante durante tutto l’arco
della giornata, che garantisce agli Ospiti la certezza di un continuo monitoraggio delle loro condizioni fisiche. A questo si aggiunge la presenza di un medico di grande esperienza che è inoltre reperibile 24 ore su 24. Completa il quadro sanitario il servizio di fisioterapia garantito tutti i giorni e per tutti gli ospiti che possono partecipare direttamente o che hanno necessità di trattamenti al letto. E’ in corso la ristrutturazione di una grande palestra che conferirà a questo servizio un ulteriore strumento volto al mantenimento della migliore efficienza fisica. Il personale destinato all’assistenza ed alla cura della persona, oltre ad essere ovviamente presente nelle 24 ore, è di grandissima esperienza ed altamente qualificato in virtù dei continui corsi di aggiornamento e specializzazione a cui gli operatori partecipano. Il servizio di ristorazione è interno ed è gestito in una grande e moderna cucina, forte di cuochi esperti e capaci. La struttura, infine, offre un servizio di animazione quotidiano per intrattenere e rendere più divertenti ed interessanti le giornate dei nostri Ospiti oltre a favorirne la socializzazione e l’amicizia.
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food InGenova
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Nato a Genova nel 1972. Diplomato presso la Scuola Alberghiero Bergese di Genova. Durante gli studi, intraprende esperienze lavorative in diversi ristoranti genovesi, praticando tutte le mansioni. Pochi giorni, e cattura l’attenzione del famoso Chef Stefano Giorgi, al tempo presso l’Hotel Atlantico di Forte dei Marmi; trascorrerà cinque stagioni, con la mansione di Capo-partita, a stretto contatto con un mondo già di alto livello. Torna a Genova, per mettere in pratica, quanto imparato, e il risultato non tarda ad arrivare. Infatti esercita due anni, presso il ristorante Matahari di Genova (livello medio-alto), come Aiuto-Cuoco.
Un’altra esperienza presso l’Hotel Melograno di Spotorno (3 stellina grafica), con la mansione di gestire totalmente la cucina, quando arriva la grande occasione. Avviene l’incontro con il Dir. Adriano Lovati, il quale resta affascinato dalle enormi doti del promettente e intraprendente cuoco. Lovati lo introduce nel circuito del grande Gruppo Alberghiero francese Accor (III° gruppo del settore nel mondo, a livello d’importanza), dandogli la possibilità d’intraprendere il salto di qualità, presso la catena Hotel Novotel di tutta Italia. In tre anni, girando l’Italia, apprende tutti i segreti di grandi Chef, quali Alessandro Serni e Giovanni Parlati, carpisce e assimila le diverse peculiarità culinarie regionali.
Frequenta due corsi di pasticceria presso l’Istituto Etoille di Venezia, in rappresentanza del Gruppo Accor, “Torte Moderne”, tenuto dallo Chef Luca Mannori, e “Dessert da Ristorazione”, tenuto dallo Chef Emanuele Saracino. Nel 2004 apre con la moglie Elisa Arduini il Ristorante “The Cook” a Genova Nervi e nel 2010 gli viene assegnata dalla Guida Michelin “Una Stella”. Il ristorante è presente in tutte le maggiori guide Gastronomiche Italiane. Dal 2010 è ospite fisso della trasmissione “La Prova del Cuoco” di Antonella Clerici. Collabora con importanti aziende di catering e svolge diverse consulenze nel settore ristorativo. Partecipa come docente dal 2013 presso la Scuola internazionale di Cucina Alma. The
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Ricchebono
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Via
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Genova
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Tel.
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www.thecook.it
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ristorguida Il Golosone
Vuoi una cosa sfiziosa e gustosa? Vieni al GoloGolo sone e troverai tutto per il tuo palato. Pizza, focaccia, farinata e schiacciatine sono alcune delle proposte, per poi trovare anche papa sta fresca di nostra produzione accompagnata da tanti sughi e gustosissime torte di verdura per nn dimenticare il nostro favoloso castacasta gnaccio. Lavoriamo anche su prenotazione per buffet, compleanni, congressi, matrimoni, comunioni e rinfreschi... Da noi troverai qualità al giusto prezzo. Orario di apertura: Dal lunedì al venerdì 9.,00 19,30 Sabato 10,30 - 13.00 / 16.30 - 19.00 Domenica chiuso V. Innocenzo IV - 11r Tel 010821731 Cell 324 5309537
Enoteca Susto
Bottiglie, bottiglie e ancora bottiglie nell’Enoteca Susto di Vico Casana 24 Rosso, per più di cinquemila etichette. Vini e liquori pregiati, alcuni rari e introvabili, altri più usuali, provenienti da tutta l’Italia e dall’estero. Il negozio è stato aperto nel 1870 ed ha conservato gli arredi originali. D’epoca è il bancone nato per la mescita, le colonne, la pavimentazione e le scaf scaffalature di legno biondo che rivestono le pareti da terra fino al bel soffitto a volte che denota la
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data di costruzione del Palazzo: 1400. Nello stretto vicolo buio, dove le pietre, le colonne ed i portali raccontano la storia di Genova, l’antica bottiglieria Susto costituisce un magnifico esempio di negozio d’epoca. “Nella nostra Enoteca non vendiamo soltanto vini e liquori” racconta Marilena Marino Susto “anche se questa rimane la nostra specialità precipua. I prodotti che vanno di più in questo momento sono vini pregiati, champagne, liquori ma anan che golosità particolari che vendiamo nel nono stro negozio come salse da accompagnare pepe sci, carni e formaggi, marmellate artigianali con e senza zucchero, aceto balsamico, bottiglie di fogge e formati particolari contenenti oli ed
aceti aromatizzati al tartufo. In Vico Casana nn abbiamo soltanto l’Enoteca ma fortunatamente possiamo contare anche su sette cantine, dalle volte a botte ed i muri spessi in pietra, a cui si accede direttamente dal negozio con una scala di legno. Anche le cantine, come l’Enoteca, sono vincolate dalla Soprintendenza ai monumenti”. Una visita a questo tipico negozio consentirà di trovare regali speciali in grado di soddisfare gli intenditori più esigenti . Vico della Casana 24r - 16123 Genova tel. 010 24 74 570
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TRATTORIA
EDO BAR S
e un giorno vi venisse voglia di fare una puntatina a Sori, nella Riviera di levante al centro del Golfo Paradiso, per passeggiare lungo uno dei tanti percorsi panoramici sulle sue colline ricche di ulivi e di profumi mediterranei o godervi il sole primaverile sulla sua ampia spiaggia, non perdete l’occasione di fermarvi da Edo Bar, dove potrete gustare tutti i piatti tipici della cucina del levante genovese. Sori infatti è famosa per essere la culla delle trofiette al pesto, dei pansoti in salsa di noci e della famosa focaccia al formaggio. Ebbene, da Edo Bar potrete trovare tutto questo e tante altre cose in più come la miglior farinata della zona, i frisceu, le
TRADIZIONE QUALITA’ AL GIUSTO PREZZO panissette, il baccalà, lo stoccafisso, il castagnaccio, un’ampia scelta di torte di verdura (bietole, cipolle, zucca, pasqualina, porri e zucchine, verdure miste, riso), e poi il pesce come l’apprezzatissima frittura mista, i ravioli, i moscardini, i vari pesci al forno o alla piastra; per non parlare poi dei dolci come i pandolci, i canestrelli, le varie crostate alla frutta fresca o con le marmellate fatte con frutta della zona, la fichi e noci, la pere e cioccolato, la rustica, la torta al cioccolato, il tiramisù, la zuppa inglese, la millesfoglie. Anche il caffè, rigorosamente Illy, è di ottima qualità. Da sempre Edo punta alla qualità con un giusto prezzo. Edo Bar nasce a Sori in via Cairoli il 15 maggio del 1958 dal suo fondatore, Edo Benvenuto, che rileva una famosa osteria con cucina e la trasforma in qualcosa di innovativo per quei tempi: un bar, una trattoria ed una rivendita dei propri prodotti; in quel periodo infatti era considerato quasi una vergogna andare a comprare il mangiare già fatto, ma ben presto i Soresi ed i villeggianti apprezzarono la possibilità di comprarsi un bel piatto di minestrone o i ravioli o una frittura mista bella pronta da portare a casa. Edo viene aiutato nella sua impresa dai suoi familiari: il papà Simone, la mamma Enrica, i fratelli Franco e Ninni, la moglie Marisa; anche il figlio ed i nipoti, quando non sono gravati dagli impegni di scuola, danno una mano, come si usava in tutte le imprese familiari.
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In Genova Promotion
Il locale era piccolo ma accogliente e d’estate riusciva, attraversando la strada, a servire un discreto numero di tavolini all’aperto. Tutto questo fino al 1994, anno in cui l’attività si trasferisce nell’attuale sede vicino all’asilo ed alla piscina comunale. Si era prospettata per Edo ed i suoi familiari la possibilità di acquisire una proprietà che era stata dei Marchesi De Franchi (nobile famiglia genovese che aveva dato alla città anche diversi dogi: l’antico portale adiacente all’entrata del bar era l’ingresso della villa). Decisero quindi di trasformare la vecchia abitazione dei custodi nella sede del proprio locale, cercando di mantenere inalterate le caratteristiche della vecchia trattoria migliorandone però la funzionalità secondo le proprie necessità. Infatti nella nuova sede si è mantenuto il bar, usato soprattutto dai locali clienti per le partite di scopone pomeridiano, il negozio di rivendita dove si può comprare qualsiasi cosa prodotta dai tre forni a legna o dalla cucina, ed un’ampia sala da pranzo alla quale si è aggiunto per il periodo estivo un piacevole terrazzo all’aperto. Nella nuova sede è stato sviluppato di più il settore cucina ed i tre forni a legna, tanto che adesso invece di un forno ce ne sono tre dove in uno si cuoce la farinata, in un altro la focaccia al formaggio e nel terzo la pizza; quest’ultimo, al mattino, quando la temperatura è un po’ più bassa, viene usato per cuocere il pane, la focaccia, le torte di verdura ed i vari dolci. Anche la cantina è stata sviluppata visto che adesso vi è un’ampia scelta di vini e di birre di tutti i livelli cercando sempre di mantenere contenuti i prezzi. L’ultima innovazione è stata il parcheggio, situato sul tetto del supermercato Doro, che può essere usato dai clienti nell’ora di pranzo e di cena.
Via Mazzini, 5 - 16031 Sori (GE) Tel. 0185 700856 Chiusura il lunedì
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di Virgilio Pronzati
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Giorgio Soldati con la moglie Luisa e la figlia Chiara. La Famiglia Soldati ha fatto conoscere il Gavi nel mondo.
Italia è uno stivale pieno di vini per tutti i gusti e le tasche, un grande patrimonio vinicolo derivato da un altrettanto grande contesto ampelografico. Se a questo si aggiungono particolari condizioni pedoclimatiche, si spiega l’elevata qualità di gran parte dei nostri vini. Ben oltre 40 milioni di ettolitri di vino che hanno e continuano a dare un consistente contributo non solo alla nostra economia, ma anche alla salvaguardia dell’ambiente rurale, paesaggistico, storico e culturale. Al vertice dei vini Docg - Igp due regioni: Piemonte e Toscana. Dalla prima (come per la Toscana) grandi rossi blasonati e ottimi bianchi. Questi ultimi, in minoranza rispetto ai rossi, nel tempo si sono via via affermati nell’ambito non solo della ristorazione ma nelle case degli italiani. Presi come aperitivo, per accompagnare antipasti freddi e caldi di terra e di mare, primi piatti con ortaggi e di pesce, secondi piatti con basi appena accennate, sono ottimali. Non jolly, ma versatili e congeniali. Parlando di bianchi piemontesi è d’obbligo citare il Gavi (o Cortese di Gavi). Un vino con trascorsi liguri, derivato dall’autoctono vitigno cortese (dal termine dialettale courteis o uva courteisa) coltivato in 11 comuni dell’Alessandrino, con epicentro nel comune di Gavi.
L’UVA COURTEISA
Uva che un tempo era consumata anche a tavola per la sua piacevolezza, ma prettamente destinata alla vinificazione. Il suo nome è derivato dalle caratteristiche del vino: delicatamente profumato, di giusta gradazione alcolica, di equilibrata struttura e d’invitante beva, senza cadere nella semplicità. Umanizzandolo, è come una persona gentile, discreta, alla buona ma sicuramente intelligente. In un passato recente, è stato il vino bianco italiano tra i più presenti e conosciuti all’estero, in particolare nei pranzi o cene ufficiali che il Governo italiano offriva a Capi di Stato, ministri ed altri ospiti stranieri illustri. Non a caso, recentemente, è stato servito al G20 di San Pietroburgo, il Gavi Docg Bruno Broglia 2011. Decisamente una scelta azzeccata. Al contrario, come si è letto in un tweet di Enrico Letta, per il vino rosso è stato scelto un Bordeaux. Forse non sa che i nostri più blasonati rossi piemontesi e toscani sono ai vertici delle guide di settore e presenti nelle carte di ristoranti di fama mondiale.
I GENOVESI A GAVI
Chi per primo ha fatto conoscere il Gavi nel mondo è la famiglia Soldati, proprietaria della Tenuta La Scolca di Rovereto di Gavi, frazione considerata un vero e proprio cru dell’intera zona di produzione. La Scolca, dal suo inizio al presente, oltre che creare il proprio e legittimo reddito, ha valorizzato l’intero territorio, ha fatto proselitismo, facendo nascere e crescere molti dei migliori produttori gaviesi. Le vicende del Gavi sono strettamente legate a Genova. Gavi per secoli fu avamposto genovese. Il Novese col Gaviese appartenne per circa 50 anni a Genova. A riportarla in loco nel 1859 fu Urbano Rattazzi, importante uomo politico alessandrino. Fondata nel lontano 902 (i primi documenti dell’insediamento umano in loco risalgono a quell’anno), Gavi nei secoli successivi, come altri comuni, conobbe miserie e nobiltà. Una delle più grandi aziende di Gavi è la Tenuta Giustiniana che nel 1625 appartenne alla famiglia genovese Giustiniani. Negli anni fine ’70 e inizio anni 80 fu di proprietà del senatore genovese Carlo Pastorino. Lo stesso per altre aziende: nobili e ricchi genovesi avevano fatto erigere le loro tenute da usare come residenze estive o per particolari evenienze. Oggi quelle stesse tenute producono Gavi ed altri vini.
RICONOSCIMENTO, RESIDENZA, PATERNITA’ E TIPOLOGIE DEL GAVI
PER PRIMA LA FAMIGLIA SOLDATI, PROPRIETARIA DELLA TENUTA LA SCOLCA DI ROVERETO DI GAVI, HA FATTO CONOSCERE IL GAVI NEL MONDO
La prima denominazione, la Doc, il Gavi (o Cortese di Gavi) l’ottenne nel 1974 (DPR del 26 giugno del 1974), circa 40 anni fa, mentre la Docg gli fu conferita nel novembre del 2010. Con quest’ultima sono cresciute le tipologie ma è diminuita la resa delle uve per ettaro. La zona di produzione del Gavi Docg comprende i seguenti undici comuni in provincia di Alessandria: Gavi, Carrosio, Bosio, San Cristoforo, Parodi e parte dei Comuni di Novi, Serravalle, Capriata, Francavilla Bisio, Pasturana e Tassarolo. Il vitigno impiegato e il Cortese. La resa di uve per ettaro e gradazione alcolica: per i tipi Gavi Tranquillo, Frizzante e Spumante non deve superare i 95 quintali per ettaro, e l’alcol minimo 10,5%. Per
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UN VINO MOLTO... CORTESE 88 INGENOVA Magazine
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Enogastronomia la tipologia vigna la resa massima è di 85 quintali per ettaro con la stessa alcolicità. Mentre la Riserva e Riserva spumante classico il limite è di 65 quintali per ettaro con minimo 11% di alcol. Ecco le cinque tipologie: Gavi o Cortese di Gavi Tranquillo; Gavi o Cortese di Gavi Frizzante; Cortese di Gavi Spumante; Gavi o Cortese di Gavi Riserva e Gavi o Cortese di Gavi Riserva Spumante metodo classico. Il Riserva deve avere un anno d’invecchiamento di cui sei mesi in bottiglia. Il periodo d’invecchiamento decorre dal 15 ottobre successivo alla vendemmia al 14 ottobre dell’anno seguente. Mentre l’immissione al consumo è consentita dal1° novembre dell’anno successivo alla vendemmia. Il Riserva spumante metodo classico deve avere 2 anni d’invecchiamento di cui 18 mesi di permanenza sui lieviti, a decorrere dal 15 ottobre successivo alla vendemmia. Come per tutti i Docg, il Gavi nelle sue tipologie deve necessariamente essere imbottigliato nella zona di produzione.
I NUMERI E VOLTI NOTI DEL GAVI
La sua zona di produzione comprende circa 1.450 ettari in 11 comuni della provincia di Alessandria e la produzione si avvia a raggiungere il traguardo delle 12 milioni di bottiglie per il 2013 (erano 8 milioni nel 2002), un trend di crescita del 10% su base annua. Basti pensare che il 70% è esportato. Un dato di crescita dovuto in gran parte al continuo livello qualitativo raggiunto e, per l’opera di tutela del Consorzio del Gavi. Wine Spectator, la bibbia americana del vino, ha dato ben 90/100 al Gavi Lugarara 2011. Fatto positivo, la nascita in loco e l’insediamento di famiglie note o famose nel campo dell’economia come Bonomi (Fondo Investindustrial e presidente della Popolare Milano) e Giorgio Rossi Cairo (fondatore di Value Partners). Quest’ultimo, acquistando 10 anni fa La Raja gestita con i suoi figli, è produttore di Gavi.
I GAVI A TAVOLA
Il tipo “tranquillo o fermo” con la sua freschezza e sapidità, esalta sia gli umori salsi del pesce cotto a vapore e al forno. Nel caso delle fritture di pesce e crostacei, trova l’ideale im-
piego il tipo “frizzante” che ne toglie o attenua l’untuosità. Lo stesso per frittate di patate, di cipolle e zucchini. Il tipo “vigna” di maggiore pienezza e persistenza tiene l’impegno con paste farcite (verdure, uova e formaggio, e di pesce), molluschi (polpo, calamaro e seppie) in umido al verde e pesci salsati. Se affinato in legno, possiede la struttura per accoppiarsi a pesci di mare alla griglia con salse, e raffinate e golose terrine di pesce. Il tipo “spumante” ottimo per aperitivo, con canapè, ortaggi in pastella e fritti, pesci freschi marinati. Col tipo Riserva Spumante metodo classico: ostriche e frutti di mare crudi, ovviamente senza limone. Può tenere, a parte il dolce, tutto un pranzo o una cena con piatti elaborati ma di equilibrata saporosità, come tortini d’acciughe, sformati di broccoli, di patate e radicchio, soufflé con ricotta ed erbe aromatiche. E ancora, con risotti e paste con frutti di mare, con zucchini col fiore con gamberetti, e branzino o orata al sale. Servire il tipo “tranquillo” e “frizzante” a 10°C in calici con stelo alto. Se i piatti sono molto caldi, servirli a 1 o 2 gradi in più, in modo da evitare lo shock termico. Il tipo “tranquillo” e “frizzante” sono ottimi anche con la pizza margherita, napoletana, pugliese e altre varianti con basi ittiche e vegetali. Non solo, anche con focacce col l’olio, le olive, la salvia e farinata. Per il servizio vale quanto già scritto sopra.
Nella foto in alto un bellissimo grappolo di Cortese. Qui a fianco: l’Enoteca del Gavi.
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LE NOZZE D’ARGENTO DEL PIATTO DI NETTUNO tare quanto mai importate per gli elementi nutrizionali e altre proprietà benefiche, che allontanano i rischi di malattie cardiovascolari e addirittura tumori. Consigli preziosi per mantenere la salute a tavola: su questo importante tema, nell’arco di cinque lustri, la Costi ha organizzato decine di convegni, tavole rotonde e corsi di cucina, coinvolgendo Istituti e Scuole Statali, mettendo in campo personaggi illustri della medicina, alimentazione e gastronomia come i proff. Leonardo Santi, Attilio Giacosa, Eugenio del Toma, Edilio Foppiani, Samir Sukkar, Nicola Pellegrino e lo chef Gian Paolo Belloni. Inoltre per meglio diffonderne il messaggio ha dato vita all’Associazione Piatto di Nettuno, dove i numerosi soci partecipano ad ogni sua iniziativa. Un lungo percorso di successo con tappe importanti, tra cui il convegno “Genova e la Liguria capitali della dieta mediterranea”, svoltosi nel Salone di Rappresentanza di Palazzo Tursi e siglato dall’intervento del famoso professor Eugenio Del Toma (professore emerito di dietologia all’Ospedale S. Camillo Forlanini di Roma, past-President e fondatore dell’Associazione italiana di Dietetica e Nutrizione clinica), col tema “Vivere senza diete, ma conoscendo le regoLa torta del 25° anniversario
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a giornalista Guglielmina Costi Monaci è riuscita in un’impresa che a Genova, e non solo, trova rari riscontri. Da sempre impegnata sul fronte dell’educazione alimentare, da oltre venticinque anni contribuisce a migliorare il comportamento a tavola di liguri e di altre regioni. Un exploit che adattato alle vicissitudini del nostro Paese farebbe gola alle nostre amministrazioni statali. Nell’ormai lontano 1989 la Costi creò il Piatto di Nettuno, campagna alimentare imperniata prima sul consumo di pesce, poi su altre basi alimentari. Il perché è presto detto. In quegli anni l’Italia nel consumo di pesce era il fanalino di coda d’Europa. A dispetto dei nostri 8.500 chilometri di costa, il pesce più conosciuto allora era quello d’Aprile. A parte la battuta, se il consumo di pesce nel nostro Paese è giustamente aumentato gran parte del merito va a Guglielmina Costi Monaci. Il pesce, in generale, è una base alimenGuglielmina Costi Monaci con i proff. Leonardo Santi e Samir Sukkar.
LA CELEBRE INIZIATIVA DI GUGLIELMINA COSTI MONACI HA FESTEGGIATO I SUOI VENTICINQUE ANNI 90 INGENOVA Magazine
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Enogastronomia le”, seguito dall’altrettanto interessante intervento del Dr. Giuseppe Samir Sukkar (Responsabile dell’ Unità operativa di Dietetica e Nutrizione Clinica dell’ Azienda ospedaliera universitaria San Martino di Genova). Non solo: anni prima aveva promosso l’iniziativa nazionale “La giornata della dolcezza”. Tappe più recenti in questo tour della salute dallo slogan quanto mai indicativo “Cura della salute, gioia della tavola, piacere dell’amicizia”, con l’esclusiva serata con protagonista la prescinseua, storica cagliata genovese. Teatro del convivio il famoso ristorante Zeffirino di Genova. Prima la presentazione di Guglielmina Costi Monaci delle finalità del Piatto di Nettuno, seguita dalla parte culturale dove il prof. Sukkar ha illustrato compiutamente le insospettate proprietà salutari della cagliata genovese. Guglielmina Costi Monaci è inesauribile. Appena termina un’iniziativa, ne realizza subito un’altra. Per diffondere informazioni corrette su questi temi e seguire un itinerario salutistico e altresì goloso, organizza quasi ogni mese serate enogastronomiche dove puntualmente, oltre all’aspetto rigorosamente scientifico-nutrizionale, si abbinano dei menu con piatti realizzati con i prodotti citati nella parte iniziale. In quest’occasione, l’obiettivo è stato puntato sull’olio extravergine di oliva, il più salutare e gradevole dei grassi alimentari. L’ultima creazione della dr.ssa Costi Monaci è il concorso gastronomico “Sapori dal vecchio e dal nuovo mondo”. Ossia una sorta del Piatto di Nettuno all’estero. Un evento promosso nel dicembre scorso e che si concluderà nei prossimi mesi, finalizzato a potenziare i legami sociali e culturali tra gli italiani e i latino-americani attraverso la cultura del cibo. E proprio per mantenere la salute a tavola, Guglielmina Costi Monaci da anni organizza il Controcenone: serata gastronomica-culturale, con piatti equilibrati ma golosi, che ripristino il nostro stomaco e fegato dagli eccessi alimentari fatti nelle festività di fine anno.
stino Calvi. Tra gli ospiti la Signora Santi moglie del prof. Leonardo, la dr.ssa Nelda Rota, il noto maestro Odo Tinteri, l’arch. Alessandro Casareto e il giornalista dr. Pietro Bellantone. A siglare il 25° anniversario del Piatto di Nettuno, una raffinata bomboniera (con confetti argentati) disegnata per l’occasione dal pittore Odo Tinteri. Ecco i piatti del menu (comprensivo della tabella calorica fatta dal prof. Samir Sukkar) del Controcenone, realizzati dallo chef del Bristol Biagio Cacciaguerra e dal suo staff, serviti da giovani e professionali cameriere guidati dal barman e maitre Paolo Gianni. Aperitivo di benvenuto con crostino di pane nero con mousse di baccalà, verdurine in pinzimonio, coni di carta assorbente con verdurine in pastella, mini tartare di salmone, grana con accanto mostarda e fichi, pane nero, pane ai cereali, grissini. Primo piatto: Raviolini di mare con demi-glace di gallinella al profumo di basilico. Secondo piatto: Pesce spada al forno aromatizzato alle acciughe di Monterosso con mosaico di verdure. Dolce: Torta di Nettuno. Il tutto sposato ai pregiati vini delle Cantine Lunae di Paolo Bosoni: Colli di Luni Vermentino, Colli di Luni Rosso Auxo e Millenium SQ Extra Brut.
Quest’anno la tappa più importante: Guglielmina Costi Monaci ha festeggiato le nozze d’argento col Piatto di Nettuno. In occasione del Controcenone tenutosi lo scorso 31 gennaio nell’elegante salone in stile liberty dell’Hotel Bristol di Genova, diretto dal dinamico Giovanni Ferrando, la Costi ha riunito gran parte degli illustri sostenitori e i molti soci che la seguono sin dall’inizio. Aprendo la serata, Guglielmina Costi Monaci ha voluto subito ringraziare tutti i presenti per il sostegno, la stima e l’amicizia ricevuti in tutti questi anni. Dopo una breve cronistoria del Piatto di Nettuno, ha passato il microfono ai suoi ospiti per gli interventi di rito. Primo di questi, non poteva essere diversamente, quello del prof. Leonardo Santi, già emerito presidente dell’IST di Genova ed eminente oncologo, seguito nell’ordine, da quelli del prof. Giuseppe Samir Sukkar responsabile dell’Unità operativa di Dietetica e Nutrizione clinica dell’Ospedale S. Martino di Genova e di Nicola Pellegrino specialista in ispezione di alimenti di origine animale, per la parte scientifica. Per quella enogastronomica è intervenuto il sommelier Mario Giacompol e chi ha scritto. L’ultimo intervento da parte dell’assessore alla Cultura del Municipio Centro Ovest, Ago-
Nella foto in alto Guglielmina Costi Monaci con i suoi ospiti mentre presenta l’evento. Qui a fianco il salone del Bristol gremito di ospiti
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L’Azienda
L’azienda è stata fondata da Agostino e Bice Parodi. Il primo impianto a vite risale al 1965 circa (Pigato). Attualmente la superfice produttiva è di circa 6 ettari. I terreni sono in prevalenza pianeggianti di natura sabbiosa/alluvionale, mentre la parte collinare è di tipo argilloso/calcareo.
La Cantina
La cantina ha una capacità globale di 900 ettolitri; la vinificazione per il Pigato avviene sia con la criomacerazione che con la pressatura soffice, seguite dalla separazione del mosto dalle bucce e la fermentazione a temperatura controllata (17/18°); per i vini Rossi (Rossese, Russu du Feipu e Granaccia) si utilizza il metodo tradizionale della diraspatura con fermentazione sulle bucce e rottura ripetuta del cappello mediante rimontaggio e ossigenazione. L’azienda in tutto il processo di vinificazione utilizza attrezzature in acciaio inox di recentissima introduzione, nonché metodologie e tecnologie aggiornate. L’affinamento avviene parte in vasi vinari in acciaio inox a controllo termico e successivamente in bottiglia prima della immissione sul mercato. I quantitativi in bottiglie sono oscillanti tra le 60 mila e le 70 mila. Il prodotto è essenzialmente consumato nel mercato nord con qualche “visita” all’estero (Gran Bretagna e Stati Uniti in particolare).
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PREMIATI I TRE BICCHIERI AL PALAZZO DELLA BORSA DI GENOVA di Virgilio Pronzati
NELLA LIGURIA DEI VINI EMERGONO DUE DATI CONTRASTANTI. IL PRIMO, NON POSITIVO, È IL CALO GRADUALE DELLA PRODUZIONE VINICOLA. IL SECONDO INVECE È DECISAMENTE CONFORTANTE: L’AUMENTO QUALITATIVO DEI VINI.
I PIATTI DEL BUFFET GENOVA GOURMET Acciughe e cozze ripiene (Eden); Cappon magro (Antica Hostaria Pacetti 1885); Cima genovese (Osteria della Fonte Buona); Torta di bietole e prescinseua e verdure ripiene (I Tre Merli). Cappellacci di zucca con salsa di pinoli (Da O Vittorio); Lasagnette al pesto con basilico genovese Dop (Zeffirino). Baccalà alla ligure rivisitato (Ristorante Benita); Tomaxelle (San Marco 1957). Baci di dama (Le Rune); Bavarese di castagne e cioccolato (Vitturin 1860); Pralina di cioccolato fondente con cuore di pesto al basilico genovese Dop su crema di mela, aneto e scorzette d’arancia (Antica Trattoria Lupo); Tiramisù di canestrelli al Moscato Golfo TigullioPortofino Doc (La Rose en table vino e desinare). Pane e focaccia (Istituto Alberghiero Nino Bergese).
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ggi si può affermare che i vini liguri complessivamente non sono mai stati così buoni. Continue cure nel vigneto e razionali attrezzature in cantina sono state determinanti per raggiungere questo obiettivo. Non a caso sempre più spesso i vini della Liguria sono ben evidenziati su pubblicazioni di settore e importanti guide, come quella del Gambero Rosso. A selezionare i vini liguri per la Guida Vini d’Italia del Gambero Rosso ci sono due giornalisti esperti del settore, Carlo Ravanello, docente nel corso sul vino promosso dalla Camera di Commercio di Genova e nei Corsi ONAV nonchè presidente della Commissione d’assaggio dei vini Doc della provincia di Genova, istituita dalla Camera di Commercio genovese, e Cinzia Tosetti, autrice di pregevoli articoli pubblicati su note testate nazionali e collaboratrice di Ravanello nei Corsi indetti dall’ente camerale genovese, con la collaborazione di Massimo Ponzanelli e della sua compagna. Quest’anno a conquistare meritatamente gli ambiti tre bicchieri solo sette vini di altrettante aziende. Rossese di Dolceacqua Doc 2012 di Terre Bianche - Dolceacqua (IM) Riviera Ligure di Ponente Doc Pigato U Baccan 2011 di Riccardo Bruna - Ranzo (IM) Riviera Ligure di Ponente Doc Pigato 2012 di Maria Donata Bianchi - Diano Arentino (IM) Riviera Ligure di Ponente Pigato Doc Cycnus 2012 di Poggio dei Gorleri - Diano Marina (IM) Cinque Terre Doc 2012 di Simone H. Bonanini di Riomaggiore (SP) Colli di Luni Doc Vermentino Etichetta Nera 2012 delle Cantine Lunae Bosoni - Ortonovo (SP) Colli di Luni Doc Vermentino Il Maggiore 2012 di Ottaviano Lambruschi - Castelnuovo Magra (SP) Come per lo scorso anno, la presentazione e degustazione dei vini premiati si è svolta in un’elegante ed esclusiva location: la Sala delle Grida del Palazzo della Borsa di Genova (di proprietà della Camera di Commercio genovese), maestoso esempio di architettura liberty, sorto nel 1912 per siglare l’importanza della struttura finanziaria genovese e il volume degli affari allora trattati. L’evento si è articolato in due tempi. Dalle 18 alle 21 la degustazione dei sette vini con 3 bicchieri e, dopo le 21, con una cena di numerose golosità tipiche genovesi realizzate per l’occasione dai ristoranti di Genova Gourmet, abbinate ai vini con due Bicchieri. Una ghiotta occasione che un folto pubblico di oltre centocinquanta persone non si è lasciata sfuggire. Alla riuscita serata, condotta brillantemente da Carlo Ravanello, spiccavano tra i molti personaggi presenti i membri di giunta e funzionari della Camera di Commercio di Genova Giacomo Rossignotti e Germano Gadina, Sergio Carozzi, Antonella Casanova e Vincenzina La Marca, Giorgio Bove presidente dei ristoratori genovesi dell’Ascom, Biagio Perez presidente dei ristoratori genovesi confcommercio, la preside e il vice preside del Bergese, d.ssa Greco e Falcone, la stampa con colleghi delle varie testate e molti produttori. La manifestazione è stata organizzata dal Gambero Rosso Liguria col patrocinio della CCIAA di Genova con la collaborazione di Genova Gourmet e dell’Istituto Alberghiero Nino Bergese.
I VINI DELLA SERATA Ecco i vini che hanno accompagnato i vari piatti realizzati dagli chef di Genova Gourmet e serviti dagli allievi dell’Istituto Nino Bergese: Cinque Terre Sciacchetrà Doc Tramonti 2009 e Colli di Luni Doc Vermentino La Cascina dei Peri - Arrigoni Riccardo. Riviera Ligure di Ponente Doc Vermentino 2012 e Riviera Ligure di Ponente Doc Pigato 2012 - Laura Aschero. Colli di Luni Doc Eutichiano 2012 e Colli di Luni Doc Vermentino Sarticola 2012 - Baia del Sole. Riviera Ligure di Ponente Doc Vermentino Aimone 2012 e Riviera Ligure di Ponente Doc Pigato Ma Renè 2012 - Bio Vio. Golfo del Tigullio-Portofino Doc Bianchetta Genovese U Pastine 2012 e Golfo del Tigullio-Portofino Doc Cimixa L’Antico 2012 - Bisson Colli di Luni Doc Vermentino Cavagino 2012, Colli di Luni Doc Albarola 2012 e Colli di Luni Doc Rosso Riserva Nicolò V 2006 - Paolo Bosoni. Riviera Ligure di Ponente Doc Pigato Majè 2012 e Rosso Pulin 2011 - Bruna. Cinque Terre Doc 2012, Cinque Terre Sciacchetrà Doc 2011 e SyrahCabernet Sauvignon 2001 - Buranco. Golfo del Tigullio-Portofino Doc Bianchetta Genovese Segesta Tigullorium 2012, Golfo del Tigullio-Portofino Doc Vermentino Segesta Tigullorium 2012 e Golfo del Tigullio-Portofino Doc Moscato 2012 - Bregante. Riviera Ligure di Ponente Doc Vermentino 2012 e Riviera Ligure di Ponente Doc Pigato 2012 - Cascina Nirasca. Riviera Ligure di Ponente Doc Pigato d’Albenga 2012 e Riviera Ligure di Ponente Doc Vermentino I Muzzazzi 2012 - Cantine Calleri. Colli di Luni Doc Vermentino Stemma 2012 - Conte Picedi Benettini. Riviera Ligure di Ponente Doc Pigato 2012, Riviera Ligure di Ponente Doc Vermentino 2012 e Ormeasco di Pornassio Doc Superiore 2011 - Fontanacota. Ormeasco di Pornassio Doc Superiore 2011 - Guglierame Nicola. Rossese di Dolceacqua Doc Galeae 2012 - Ka’ Mancinè. Riviera Ligure di Ponente Doc Pigato Via Maestra 2012 - La Ginestraia. Antico Sfizio 2012 - Maria Donata Bianchi. Maniero 2012 - Ottaviano Lambruschi. Riviera Ligure di Ponente Doc Pigato 2012 - Podere Grecale. Riviera Ligure di Ponente Doc Pigato Albium 2011, Riviera Ligure di Ponente Doc Vermentino V. Sorì 2012, Riviera Ligure di Ponente Doc Vermentino 2012 e Ormeasco di Pornassio Doc Peinetti 2012 - Poggio dei Gorleri. Cinque Terre Sciacchetrà Doc 2011, Vin dei Vecci e Passito La Rinascita 2011 - Samuele H. Bonanini. Rossese di Dolceacqua Doc Bricco Arcagna 2011 - Terre Bianche. Colline di Levanto Doc Bianco Costa di Macinara 2012 - Valdiscalve.
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ra i grandi distillati del mondo c’è un posto anche per la Grappa: prodotto tipicamente italiano nonché l’unico distillato che si può già bere appena uscita dalla serpentina. Cercando nel suo passato, l’etimo del suo nome risale al lombardo “grapa”, cioè graspo, a sua volta derivato dal tedesco “napf”, ossia nappo: ciotola o bicchiere. I friulani la chiamano “sgape”, in Piemonte è chiamata “branda” (termine ereditato dai francesi). Certamente antica ma non di nota data, la Grappa è stata inventata dalla gente del popolo. Umili origini ma gagliarda vitalità. Per secoli trovò proprio nella gente del popolo i suoi estimatori. Un tempo lontano gli intellettuali la snobbavano. Dante e Petrarca la trovarono abominevole (sic!), e così i nobili che amavano vini pregiati. Ma i medici gli riconoscevano potenti virtù. Nel ‘500 Pietro Andrea Mattioli scriveva al riguardo: “Meritatamente si può chiamare acqua di vita; aumenta et conserva tutte le cose che si pongono dentro da lei preserva et non si corrompono, così parimenti conserva la vita di coloro che l’usano di bere, togliendo dai corpi loro ogni putredine et custodisce e ripara, notrisce, difende et prolunga la vita. In più il suo vigore e calore naturale, rigenera, vivifica gli spiriti vitali, scaldando lo stomaco, conforta il cervello, acuisce l’intelletto, chiarifica la vista et ripara la memoria”. Partendo da queste affermazioni, gli acquavitai ambulanti di Roma, Torino o del Friuli, facevano facili vendite ai popolani. Già nel ‘600 sorgevano botteghe stabili per la vendita della Grappa. Nel 1779, Bartoldo Nardini aprì la famosa distilleriamescita a Bassano. I migliori suoi clienti, i battellieri del Brenta, diffusero la Grappa anche a Venezia, dove fu poi apprezzata anche dai nobili. Con la Grande Guerra, la Grappa scaldò membra e cuori dei soldati al fronte, infondendogli conforto e coraggio. Da
un ventennio, prodotta con tecniche più razionali e vinacce fresche di monovitigno, distillata in alambicchi discontinui a vapore, è salita ai salotti buoni della città. E oggi come ieri, Veneto, Toscana e Piemonte, sono alla leardeschip della produzione di Grappa di qualità. In quest’ultima regione, a Silvano d’Orba, piccolo centro attivo dell’Alessandrino, c’è l’antica distilleria “BorBar” di Luigi Barile, genovese e autore di grappe esclusive, ottenute da fresche e fragranti vinacce di Dolcetto d’Ovada. Bottiglie della sua Grappa di 30 anni
LA STRAORDINARIA GRAPPA DI LUIGI BARILE PROTAGONISTA ASSOLUTA A SILVANO D’ORBA. PREMIATI MONI OVADIA, CINZIA MONTEVERDI E FERDINANDO FASCE, CON IL RICORDO DI DON GALLO sono state acquistate dalla Camera di Commercio di Genova, per farne dono ai grandi della terra riuniti a Genova per il G8. Il grande Luigi Veronelli, assaggiandola, l’ha posta ai vertici. E siccome la classe non è acqua, la Grappa Barile oltre a conquistare “L’Alambicco d’Oro” (massimo riconoscimento nazionale), ha vinto anche la medaglia d’argento con la grappa bianca, nei concorsi mondiali di Bruxelles e Londra. Riconoscimenti ampiamente meritati, che Luigi Barile ha sempre festeggiato coinvolgendo centinaia di persone provenienti da mezza Italia. Un grappa Day che da anni, oltre alla Grappa, valorizza Silvano d’Orba e tutto il comprensorio di produzione del Dolcetto d’Ovada. Un festoso evento dove centinaia d’appassionati ed esperti del distillato nazionale, sono stati deliziati da una grande ed artistica torta di Bottaro & Campora ma, soprattutto, da assaggi di Grappa di cinque diversi millesimi, tra cui quel-
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stente e fine, con netti sentori di fiori di campo secchi, pesca bianca matura ed un po’ essiccata, e lievi d’erbe aromatiche e pepe bianco. In bocca è secca ma morbida, calda, di buona struttura e persistenza, con retrogusto di liquirizia. Grappa 1997-2012 - Invecchiata 15 anni - Alla vista è limpida e di color giallo ambrato. Al naso si presenta molto intensa, persistente, fine e composita, con netti sentori floreali di iris appassito, confettura di mela cotogna ed albicocca, corbezzolo essiccato e lievi di noce moscata e vaniglia. In bocca è secca ma morbida, calda, con lievissima e gradevole tannicità, di buona struttura e persistenza, con retrogusto di liquirizia e vaniglia.
la di trentasette anni, la prima ad essere stata prodotta. Non solo. Nell’ambito della festa, Barile premia ogni anno personaggi che col loro impegno hanno contribuito socialmente a migliorare piccole e grandi realtà non solo nostrane. Quest’ultima edizione è stata siglata da Moni Ovadia, artista di fama internazionale. Nel suo intervento il grande Ovadia ha raccontato alcuni straordinari momenti della vita dell’indimenticato don Gallo, definendolo “uno dei 36 giusti che reggono il mondo”. Presente nelle precedenti sette edizioni, don Gallo, amico fraterno di Luigi Barile, ha dedicato la sua vita agli ultimi. Gli altri premiati: Cinzia Monteverdi, imprenditrice editoriale che annovera tra le sue iniziative di successo l’aver cofondato e il Fatto Quotidiano con Antonio Padellaro, Marco Travaglio, Peter Gomez, Ferruccio Sansa e altri giornalisti, nonché presidente della società che produce il programma televisivo di Michele Santoro “Servizio Pubblico”. Grande amica di don Gallo quando era in vita, l’ha valorizzato aiutandolo a pubblicare alcuni libri e, soprattutto, organizzandogli una tournèe teatrale affinchè raccontasse al più vasto pubblico la storia della Sua comunità. Di seguito il prof. Ferdinando Fasce, docente alla facoltà di storia contemporanea dell’Università di Genova nonché scrittore, ricercatore e giornalista (essendo anch’esso di Certosa, ha avuto il privilegio di conoscere don Gallo) e chi ha scritto, per raccontare anno per anno le grappe d’autore di Luigi Barile. Per dare una mano alla Comunità San Benedetto, rimasta orfana del suo fondatore, c’è stata l’esposizione di tutti i libri scritti da don Gallo insieme a Vauro, Moni Ovadia, don Ciotti e altri, il cui ricavato è stato donato alla Comunità.
Grappa 1994 - Invecchiata 18 anni - Alla vista è limpida e di color ambrato-ramata. Al naso si presenta molto intensa, persistente, fine e complessa, con netti sentori di fieno di montagna, ciliegia sotto spirito, erbe aromatiche secche in particolare la menta e, lieve di radice di liquirizia e boisé. In bocca è secca ma morbida, generosa, di grande struttura e persistenza, con retrogusto di vaniglia e liquirizia. Grappa 1991 - Invecchiata 21 anni - Alla vista è limpida e di color ambrato carico con orlo tendente all’aranciato. Al naso si presenta con un ricco e ampio bouquet, fine e complessa, con netti sentori di pesca e uva sotto spirito, erbe aromatiche e fiori secchi di montagna, cuoio e piacevolmente boisé. In bocca è secca, discretamente morbida, di rara generosità, con piacevole vena tannica, di gran corpo e persistenza, con retrogusto di liquirizia e boisé. Grappa 1977 - Invecchiata 35 anni - Alla vista è limpida e di color ambrato con riflessi ramati. Al naso si presenta intensa, persistente, di grande finezza, complessa, con netti sentori di fiori di tiglio e acacia essiccati, piccoli frutti rossi selvatici maturi e sotto spirito, erbe aromatiche e lieve di zafferano, torba e boisé. In bocca è secca, discretamente morbida, calda, di equilibrata struttura e persistenza, con leggero retrogusto di liquirizia e note fruttate. Pronta ma di molta armonia.
APPUNTI DI DEGUSTAZIONE Grappa Barile Millesimo1976 - L’aspetto è brillante, di colore giallo ambrato vivo con netti riflessi dorato-ramati. All’olfatto si presenta di straordinaria intensità, persistenza e finezza. Profumi ampi, compositi, che spaziano dal floreale al fruttato con note speziate. Emergono i piccoli frutti rossi boschivi maturi e macerati nell’alcol, fiori gialli di campo essiccati, mandorla secca, vaniglia e zabaglione. E ancora, goudron, boisé e fieno di montagna. Al sapore è secca ma morbida, calda, con delicata e piacevole vena astringente, di decisa ma equilibrata struttura, con un finale di grande persistenza aromatica. Spiccano al retrogusto, le note fruttate, di liquirizia e di fieno di montagna. Grappa 2000 - Invecchiata 12 anni - Alla vista è cristallina e di color giallo dorato vivo. Al naso si presenta intensa, persi-
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Antica bottiglieria ENOTECA SUSTO Nel 2006 è stata dichiarata Bottega Storica A cura di Virgilio Pronzati
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ottiglie, bottiglie e ancora bottiglie nell’Enoteca Susto di Vico Casana 24 Rosso, per più di cinquemila etichette. Vini e liquori pregiati, alcuni rari e introvabili, altri più usuali, provenienti da tutta l’Italia e dall’estero. Il negozio è stato aperto nel 1870 ed ha conservato gli arredi originali. D’epoca è il bancone nato per la mescita, le colonne, la pavimentazione e le scaffalature di legno biondo che rivestono le pareti da terra fino al bel soffitto a volte che denota la data di costruzione del Palazzo: 1400. Nello stretto vicolo buio, dove le pietre, le colonne ed i portali raccontano la storia di Genova, l’antica bottiglieria Susto costituisce un magnifico esempio di negozio d’epoca. “Nella nostra Enoteca non vendiamo soltanto vini e liquori” racconta Marilena Marino Susto “anche se questa rimane la nostra specialità precipua”. Quali sono i prodotti vanno di più in questo momento? Assortimenti di vini pregiati, champagne, liquori ma anche golosità particolari che vendiamo nel nostro negozio come salse da accompagnare pesci, carni e formaggi, marmellate artigianali con e senza zucchero, aceto balsamico, bottiglie di fogge e formati particolari contenenti oli ed aceti aromatizzati al tartufo. Se si volesse fare un regalo importante? Per collezionisti ed intenditori consiglierei bottiglie di Cognac o whisky invecchiati da più di 30 anni, oppure grappe pregiate che noi offriamo in tantissime varianti, cesti assortiti contenenti vini e specialità in grado di accontentare i palati più esigenti per arricchire le tavol e stupire anche chi ha già tutto. E per un dono poco costoso, un semplice pensiero? Anche in questo caso la scelta che offriamo è molto vasta. Ad esempio proponiamo a dieci euro bottigliette di grappa spray per aromatizzare il caffè, oppure accessori per servire le bevande: bicchieri, cavatappi e tappi che eliminano l’aria, secchielli ed altri numerosi piccoli complementi.
Ristorante “IL CAMINETTO”
via Olanda n.° 1 Diano Maina 18013 +39 0183 494700 cell . +39 346 4089875 www.ilcaminettodianomarina.it info@ilcaminettodianomarina.it
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Se un compratore desidera provare qualche vino? Volentieri lo accontentiamo: il nostro negozio ha il permesso di mescita e in certi periodi proponiamo ai clienti degustazioni di prodotti che le aziende fornitrici ci mettono a disposizione per questo scopo. Qui in Vico Casana avete soltanto l’Enoteca? Fortunatamente possiamo contare anche su sette cantine, dalle volte a botte ed i muri spessi in pietra, a cui si accede direttamente dal negozio con una scala di legno. Qui i vini trovano l’ambiente ideale per invecchiare ed acquistare corposità e sapore. Anche le cantine, come l’Enoteca, sono vincolate dalla Soprintendenza ai monumenti. Indubbiamente una visita a questo tipico negozio consentirà di trovare regali speciali in grado di soddisfare gli intenditori più esigenti e permetterà di scoprire un angolo di Genova suggestivo ed affascinante.
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MACELLERIA
“DA CLAUDIO” A
bbiamo intrapreso quest’attività nel 2011 e da allora la nostra parola d’ordine è sempre stata “qualità”: le carni di bovino, selezionate dal nostro esperto, provengono dalle migliori aziende agricole del Piemonte; offriamo pollame allevato a terra e conigli piemontesi di prima scelta, agnelli rigorosamente sardi, Gran Suino padano d.o.p. Il nostro punto di forza sono le specialità gastronomiche: cima alla genovese, fortemente richiesta dai ristoranti, ravioli di nostra produzione, fatti a mano secondo una ricetta tradizionale, puntina di vitello con carciofi, polpette, tramezzini di carne, roast beef, coniglio alla ligure, bollito in salsa verde, vitello tonnato, trippa in umido, lonzetta di vitello con patate, ragù, “fassona” battuta a coltello, servizi per barbecue. Con soli 5 € potete gustare a tutte le ore il nostro panino con hamburger di carne piemontese (bottiglietta d’acqua inclusa). Accettiamo ordinazioni e consegniamo anche a domicilio. Nonostante la crisi, la nostra passione ci fa guardare oltre, sicuri del nostro obiettivo di proporre sempre il meglio ai nostri clienti, per soddisfare il crescente bisogno di sicurezza, cordialità, bontà e genuinità.
MACELLERIA DA CLAUDIO Via Canevari 215R Genova Tel. 010810242 e-mail: bruna.alessandria@fastwebnet.it; areccomac.claudio@gmail.com sito web: www.macelleriadaclaudio.com www.facebook.com/pages/MacelleriaDa-Claudio/508404015886358?ref=hl
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GUSTO E PASSIONE AL RISTORANTE
L’APPRODO DI ARENZANO
TRA GRANDI PIATTI DI PESCE,IL RISTORANTE L’APPRODO DI ARENZANO DELLO CHEF GIOVANNI SCALA
a cura di Giulio Conchin
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ncora una volta con il ristorante “L’Approdo” di Arenzano lo Chef Giovanni Scala si aggiudica un ottimo giudizio per la sua cucina ligure. Non nuovo a questo tipo di riconoscimento, peraltro già dimostrato dal Premio eccellenza 2012 /2013 di TripAdvisor, lo Chef Giovanni Scala continua la sua onorata, quarantennale carriera aggiudicandosi anche il plauso del famoso enogastronomo ligure Virgilio Pronzati. Elegante ed accogliente con la sua nuova sala-pranzo inaugurata il 4 dicembre 2013 con un entusiasmante rinfresco rivolto alla sua pregiata clientela, il ristorante L’Approdo offre, con proposte culinarie nobilmente curate, ottimi menu a base di pesce e carne per un lunch di mezzogiorno che anticipa le squisitezze serali, ricche di sapori e prelibatezze preparate con maestria e passione dallo stesso Chef Giovanni Scala , in una location suggestiva dentro il porto turistico alla Marina piccola di Arenzano. Stessa attenzione per la carta dei vini, un scelta quantomai curata e ricca di etichette di tutto rispetto e nobiltà. Il ristorante L’Approdo, con i suoi suggestivi ambienti esterni riscaldati e la sala interna, è ideale per pranzi di lavoro e di famiglia o ancor meglio per una romantica cena a due.
RISTORANTE L’APPRODO Via Porto, 16 - 16011 Arenzano (GE) Tel. 010.407.74.08 e-mail: lapprodosrl@gmail.com
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DOLCEACQUA: IL PIÙU’ FRANCESE DEI VINI ITALIANI
PRIMA DOC LIGURE, IL DOLCEACQUA POTREBBE PROVENIRE DAL SUD DELLA FRANCIA, INTRODOTTO DAI SOLDATI DEI DORIA DURANTE LE FREQUENTI SCORRIBANDE FATTE IN PROVENZA. L’ULTIMA DEGUSTAZIONE IN ORDINE DI TEMPO A GENOVA, NEL SALONE DEL C.U.E. di Virgilio Pronzati
Castello di Dolceacqua: Paolo Massobrio conduce la degustazione dei Dolceacqua. Sopra, in questa pagina, Castello di Dolceacqua.
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ubino con riflessi granati, dal bouquet intenso e persistente, ampio, fine, con netti sentori di fragolina e mora di bosco, ribes nero e rosa selvatica, e lievi di erbe aromatiche e di umori boschivi; dal sapore secco e sapido, caldo, con piacevole vena tannica, pieno ma snello, di buona persistenza, con gradevole e tipico fondo amarognolo. Colore, profumo e sapore, ricordano buoni vini prodotti col Pinot Noir. Anzi, dalla descrizione potrebbe benissimo essere un Beaune Premier Cru. Niente di tutto questo. Le caratteristiche organolettiche si riferiscono ad un buon Dolceacqua Doc Superiore. Non sono ovviamente tutti così: magari. Sebbene sia stato il primo vino ligure a essere insignito della Doc nel lontano 1972, il suo percorso qualitativo è stato lungo e difficile. Ancor oggi, a quasi quarantadue anni dal riconoscimento ministeriale, una parte seppur limitata di Dolceacqua non è esente da difetti, evidenti in particolare all’esame olfattivo. Più frequenti, sentori di ridotto e, nei casi più gravi, di feccino. Troppo spesso, parlandone con i produttori, si sen-
te dire che il Rossese è un vitigno difficile. Il vino ottenuto dalle sue uve durante e dopo la fermentazione è facilmente soggetto a questi difetti. Lo stesso lo dicono i produttori di Pinot Nero e Dolcetto. Un ritornello sempre in voga tra i produttori meno bravi. Ritornando al Dolceacqua Doc, la sua zona di produzione comprendente 14 comuni in provincia di Imperia, con epicentro in Val Nervia, possiede un’orografia difficile con forti pendenze e caratteristiche pedoclimatiche diverse da comune a comune. Anche gli impianti sono diversi. Da tradizionale e diffuso alberello si passa a quello a spalliera e a cordone speronato. Sul vitigno si è detto di tutto e di più: il clone o meglio i cloni sono riconducibili al Rossese Nero di Ventimiglia (l’altro è detto di Campochiesa). Basti pensare che poco più di mezzo secolo fa, oltre quelli innestati su Rupestris du Lot, si usava innestare su viti ibride e di San Geneis, un vitigno rustico da uve da tavola. Ancor oggi ci sono in zona vecchi ceppi di Rossese pre-fillossera. Definito autoctono, in quanto non presente nelle altre regioni italiane, il Rossese potrebbe provenire dal sud della Francia, introdotto dai soldati dei Doria durante le frequenti scorribande fatte in Provenza. Al riguardo, la D.ssa Anna Schneider, docente di Ampelografia presso la Facoltà di Agraria dell’Università di Torino, considerata una dei massimi esperti di Ampelografia italiana, sostiene che il Rossese è il Tibouren sono lo stesso vitigno. La conferma da genoma e marcatori comuni. Dal Dolceacqua scritto passiamo a quello assaggiato. Il dinamico Pier Ugo Tammaro, delegato Onav per Genova e provincia, si è superato. L’ultima delle moltissime iniziative (degustazioni, viaggi studio in Italia e in Francia e cene didattiche) è stata appunto incentrata sul Dolceacqua. Ben sette i vini di altrettanti produttori, di cui quattro presenti, guidati da Filippo Rondelli, patron dell’Azienda Agrituristica Terre Bianche di Dolceacqua, da anni premiato dalla Guida del Gambero Rosso per i suoi Dolceacqua Doc. La serata aperta e presentata da Pier Ugo Tammaro nel salone del C. U. E. (Centro Unificato dell’Esercito) di Genova e gremito di soci e non, è proseguita con la proiezione di numerose slides sulla zona di produzione del Dolceacqua (orografia, terreni, vitigno, crus e storia del vino) illustrate sapientemente da Filippo Rondelli che effettuava la degustazione dei vini con assente il produttore corredandola con notizie sul produttore e l’azienda. Il primo a degustare e presentare il proprio vino è stato Maurizio Anfosso dell’Azienda Agricola Kà Manciné di Soldano, seguito da Alessandro Anfosso dell’Azienda Vitivinicola Tenuta Anfosso di Soldano, Nino Perrino Testalonga Dell’Azienda Agricola Testalonga e Filippo Rondelli dell’Azienda Agrituristica Terre Bianche di Dolceacqua.
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Enogastrononomia I GIUDIZI (MIEI) SUI VINI ASSAGGIATI: Degustazione Onav a Genova: da sinistra Nino Perrino (Testalonga), Maurizio Anfosso (Kà Manciné), Pier Ugo Tammaro, Alessandro Anfosso (Tenuta Anfosso) e Filippo Rondelli (Terre Bianche).
1° Dolceacqua Doc Galeae 2012 dell’Azienda Agricola Kà Manciné di Soldano - Alcol: 13,5% - Lotto: 01/13 G Alla vista è limpido, di colore rubino carico e vivo. Al naso si presenta intenso, persistente, con leggero ridotto e sentori floreali, fruttati, vegetali e speziati di rosa selvatica, mora, ciliegia durona e fragolina di bosco mature, lieve vegetale d’umori boschivi, erbe aromatiche e pepe nero macinato. In bocca è secco, fresco e sapido, caldo, con piacevole tannicità, di buon corpo e persistenza. 2° Dolceacqua Doc 2012 dell’Azienda Agricola Testalonga di Dolceacqua - Alcol: 13,5% - Lotto: 210/1 Alla vista è sufficientemente limpido, di colore rubino con orlo granato. Al naso si presenta molto intenso e persistente, un po’ penetrante, con sentori fruttati, vegetali e speziati di mora, ciliegia e corbezzolo maturi e un po’ macerati, umori di legni boschivi (castagno), erbe aromatiche secche e lieve di pepe bianco. In bocca è secco, abbastanza fresco e sapido, caldo, un po’ astringente, pieno e persistente. 3° Dolceacqua Doc Superiore 2012 dell’Azienda Agricola Foresti di Camporosso - Alcol: 13,5% - Lotto: 305 Alla vista è limpido, di colore rubino vivo. Al naso si presenta intenso e persistente, discretamente fine, con sentori floreali, fruttati e speziati di rosa selvatica e fiori di campo, mora, ciliegia e fragola mature, e lieve di erbe aromatiche e macis. In bocca è secco, morbido ma sufficientemente fresco e sapido, lievemente tannico, caldo, di equilibrata struttura e persistenza. 4° Dolceacqua Doc Superiore Du Nemu 2012 dell’Azienda Agricola Luca Dallorto di Dolceacqua - Alcol: 13,5% - Lotto: S1113 Alla vista è limpido, di colore rubino vivo. Al naso si presenta intenso e persistente ma non schietto, con sentori fruttati, vegetali e speziati di piccoli frutti rossi selvatici (mora, fragola e ribes nero) maturi, erbe aromatiche (timo e rosmarino) e pepe nero. In bocca è secco, fresco e sapido, caldo, leggermente tannico, di buona struttura e persistenza. 5° Dolceacqua Doc Superiore Barbadirame 2011 della Cooperativa Riviera dei Fiori di Dolceacqua - Alcol: 14% Lotto: 13088 Alla vista è limpido, di colore rubino scarico con riflessi granati. Al naso si presenta intenso e persistente, composito, fine, con sentori floreali, fruttati e speziati di rosa selvatica appassita, mora e fragolina di bosco giustamente mature, erbe aromatiche quasi secche, e lieve di vegetale-balsamico e pepe bianco. In bocca e secco, sufficientemente fresco, sapido, molto caldo, con leggera tannicità, di media struttura ma persistente. 6° Dolceacqua Doc Superiore Poggio Pini 2011 dell’Azienda Vitivinicola Tenuta Anfosso di Soldano - Alcol: 14% Lotto: 11/8 Alla vista è limpido, di colore rubino con orlo tendente al granato. Al naso si presenta molto intenso e persistente ma non schietto, con sentori fruttati, vegetali e speziati di piccoli frutti rossi selvatici (ciliegia, lampone e fragola) maturi e un po’ macerati, erbe aromatiche balsamiche e pepe nero. In bocca è secco, fresco e sapido, molto caldo, piacevolmente tannico, pieno ma snello, di buona persistenza.
7° Dolceacqua Doc Bricco Arcagna 2009 dell’Azienda Agrituristica Terre Bianche di Dolceacqua - Alcol: 13,5% - Lotto: A110BA alla vista è limpido, di colore granato scarico con orlo tendente all’aranciato. Al naso si presenta molto intenso e persistente, un po’ etereo, composito e complesso, abbastanza fine, con sentori floreali, fruttati, balsamici e speziati di rosa e iris appassiti, piccioli frutti rossi selvatici un po’ essiccati, erbe secche aromatiche e balsamiche, buccia secca d’arancia, cacao e liquirizia. In bocca è secco, appena fresco ma sapido, caldo, lievemente tannico, un po’ sottile ma discretamente persistente.
Vigneto di Rossese
COMUNI E CRUS DEL DOLCEACQUA Apricale; Baiardo; Camporosso: Luvaira, Migliarina, Pian del Vescovo, Trinceria, Monte Curto, Brunetti. Castelvittorio; Dolceacqua: Arcagna, Tramontina, Morghe, Rosa, Pozzuolo, Armetta, Ruchin, Cian da Marchesa, Peverelli, San Martino. Isolabona; Perinaldo: Curli, Savoia, Alpicella. Pigna; Rocchetta Nervina; San Biagio della Cima: Posaù, Luvaira, Nouvilla, Berna, Buscarra, Garibaudo, Crovairola. Soldano: Pini, Bramusa, Galeae, Beragna, Luvaira, Ferenghé, Foulavin, San Martino. Vallebona; Vallecrosia: Santa Croce. Ventimiglia: Piemattun, Roasso, Sette Camini. Alcuni numeri del Dolceacqua riferiti all’anno 2010: Vino prodotto: 223,55 ettolitri - Superficie vitata: 80,19 ettari - Resa ettolitri per ettaro: 38, 65.
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Eventi
LA CENA SOCIALE DELL’ASSOCIAZIONE NAZIONALE CARABINIERI DI CELLE LIGURE 38 ANNI DI VOLONTARIATO PER L’ASSOCIAZIONE NAZIONALE CARABINIERI DI CELLE LIGURE Nella foto a sinistra in alto il Luogotenente della Guardia di Finanza Sig. Giuseppe Caruso.
Qui a fianco il segretario dell’associazione nazionale carabinieri di Celle Ligure Sig Pastorino e il Presidente dell’associazione nazazionale carabinieri di Savona..
a cura di Giulio Conchin
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omenica 9 Febbraio 2014 l’Associazione Nazionale Carabinieri di Celle Ligure, nata nel Novembre del 1976, ha festeggiato con la tradizionale cena sociale l’anno 2014 e i suoi 38 anni di volontariato e presenza sul territorio cellese. La «cerimonia gastronomica» si è svolta nel noto ristorante 27 Food and Drinks in via Boagno 12, davanti al Palazzo del Comune della bella cittadina ligure. Tra i tantissimi partecipanti (più di sessanta persone tra le Associazioni di Celle e Savona) era naturalmente presente il primo cittadino di Celle, il Sindaco Renato Zunino, accompagnato dalla sua signora, il Presidente dell’Associazione Nazionale Carabinieri di
Nella foto a sinistra il Sig Sindaco di Celle Ligure Sig. Zunino Renato. Celle Ligure Michele Devola, ex Comandante della stazione dei Carabinieri di Celle Ligure, il segretario Pietro Pastorino, la segretaria Monica Perlo, il Presidente dell’Associazione Nazionale Carabinieri di Savona Gianbattista Sarra, il Vicepresidente Andrea Izzo, il segretario Elio Franza e i quarantova Soci (contando solo i partecipanti) con al seguito le relative mogli le indimenticabili Benemerite e la gradita presenza nella persona del Luogotenente Giuseppe Caruso del Corpo della Guardia di Finanza. Una cena sociale servita con la classica professionalità e maestria del ristorante 27, che si è aggiudicato anche quest’anno il plauso dei partecipanti, tra ottime pietanze a base di pesce e carne, vini bianchi della nostra riviera ligure e rossi del Piemonte.
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Pianeta calcio
COME CAMBIANO GENOA E SAMPDORIA DA BURDISSO A MAXI LOPEZ, GLI ACQUISTI DELLE DUE GENOVESI PER L’ULTIMA PARTE DI STAGIONE
di Pamela Guarna
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iassumiamo in questa tabella le più importanti operazioni di calciomercato condotte da Genoa e Sampdoria durante il mese di gennaio. Tra le file del Genoa spicca l’acquisto di Burdisso, mentre nella Sampdoria il ritorno di Maxi Lopez. Da registrare nessuna grande cessione per quanto riguarda i big tra le file del Genoa, nella Sampdoria lascia Bogliasco dopo diverse stagioni Nicola Pozzi, passato al Parma nell’operazione che ha portato Okaka a vestire i colori blucerchiati.
ACQUISTI GENOA: Motta, difensore in prestito dalla Juventus, Burdisso, difensore acquisto definitivo dalla Roma, Cabral, centrocampista in prestito dal Sunderland, De Ceglie, difensore in prestito dalla Juventus Sculli, attaccante in prestito dalla Lazio
CESSIONI GENOA: ACQUISTI SAMPDORIA: Maxi Lopez, attaccante in prestito dal Catania Okaka, attaccante acquistato definitiv. dal Parma Beltrame, attaccante in comproprietà con la Juventus Sestu, centrocampista in prestito dal Chievo verona
CESSIONI SAMPDORIA: Petagna, attaccante rientro al Milan per fine prestito Maresca, centrocampista ceduto definitiv. al Palermo Poulsen, difensore svincolato Eramo, centrocampista in prestito all’Empoli Gentsoglou, centrocampista in prestito allo Spezia, Gavazzi, centrocampista in prestito alla Ternana Barillà, centrocampista rientro alla Reggina per fine prestito Castellini, difensore ceduto definitivamente al Livorno Pozzi, attaccante ceduto definitivamente al Parma Fedato, attaccante in prestito al Catania
Tozser, centrocampista in prestito al Watford, Santana, esterno in prestito all’ Olhanense, Sampirisi, difensore in prestito all’Olhanense, Biondini, centrocampista in prestito al Sassuolo, Manfredini, difensore ceduto definitiv.al Sassuolo, Lodi, centrocampista in prestito Catania, Zè Eduardo, attaccante in prestito al Coritiba, Stoian, attaccante, rientro prestito al Chievo Verona
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«LA SAMP DI MIHAJLOVIC
di Gabriele Lepri
SI TOGLIERA’À PARECCHIE SODDISFAZIONI»
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no storico scudetto, tre Coppe Italia, una Coppa delle Coppe e una Supercoppa Italiana: Gianluca Pagliuca ha segnato una delle pagine più importanti della Sampdoria, ottenendo in otto stagione ben 198 presenze. Ha esordito in Serie A con la maglia della Sampdoria, dopo essere stato prelevato dalle giovanili del Bologna, a Genova nella partita Sampdoria-Pisa giocata l’8 maggio 1988. Fondamentali per lo scudetto dei blucerchiati furono le parate decisive di Pagliuca in campionato nello scontro diretto contro l’Inter, a San Siro, compiendo numerosi interventi prodigiosi e parando anche un rigore a Matthäus che permisero alla Sampdoria di vincere per 2-0. Nel luglio 2006 Pagliuca, ormai prossimo ai 40 anni, ritrova la serie A, firmando per l’Ascoli. La sua stagione termina dopo 23 partite: fermato da un infortunio, una volta guarito non ritrova posto in squadra, perché il tecnico Sonetti gli preferisce Eleftheropulos. Conclusa l’esperienza ad Ascoli, Pagliuca è rimasto senza contratto, di fatto terminando la sua carriera agonistica. Ritiratosi, ha intrapreso una carriera da opinionista e da telecronista per l’emittente italiana di Sky, per Mediaset Premium e per le emittenti bolognesi Radio Futurshow Station, prima, e Radio International, poi. Come valuta la campagna acquisti della Sampdoria? Ci sono stati pochissimi acquisti ma tante cessioni, come molti addetti ai lavori avevano preannunciato. A mio giudizio il direttore sportivo Osti e il Presidente Garrone hanno condotto un mercato molto preciso, senza sprechi e acquistando giocatori in un reparto necessitava di qualche ricambio, ovvero l’attacco. La Sampdoria non aveva grossi problemi nell’andare in rete, ma Mihajlovic chiedeva da tempo una prima punta in grado di segnare molte reti e anche per il suo gioco. L’esplosione di Eder con il mister serbo è sotto gli occhi di tutti, reti, assist, grandi giocate (fra le quali quella del derby), ma il brasiliano non è una prima punta anche se ha gonfiato molte volte la rete. Serviva una prima punta, è arrivato Maxi Lopez ed è un ottimo tassello per i blucerchiati. L’attaccante argentino conosce l’ambiente, è legato a Mihajlovic dopo la sua esplosione a Catania durante il girone di ritorno della stagione 2010 quando andò in doppia cifra, nello spogliatoio inoltre i senatori, e non solo, erano favorevoli all’arrivo del biondo attaccante. Mihajlovic è un grande motivatore, lo abbiamo potuto vedere in questi mesi, darà senza ombra di dubbio la giusta grinta a Maxi Lopez fino al termine della stagione. Inoltre è arrivato Okaka che può essere molto utile: è vero che ha giocato poco nelle ultime stagioni, ma io riprendo ancora una volta il discorso della motivazione del mister, tassello molto importante di questa rinascita della Sampdoria. L’ex punta della Roma avrà il suo spazio e sono convinto che farà molto bene. Poi è arrivato Sestu che può essere un buon rincalzo. Per quanto riguarda le cessioni hanno lasciato Bogliasco a mio modo di vedere tutti quei giocatori che non rientravano più nei piani di Mihajlovic ed inoltre la società ha risparmiato milioni di euro di ingaggi: il mister serbo voleva una rosa ben più ristretta per poter lavorare al meglio e adesso ha quanto ha richiesto alla società. E’ stato senza ombra di dubbio un mercato positivo malgrado qualche scetticismo: non c’era molto da cambiare in una squadra che con l’arrivo di Sinisa si è sollevata in maniera drastica e diversi giocatori hanno saputo tornare ad essere protagonisti, mi riferisco a Gabbiadini, Palombo, Da Costa, Soriano ed Eder in primis. Non le sembra però che manchino dei degni sostituti di Eder e Gabbiadini, qualora ce ne fosse la necessità? In caso di bisogno Mihajlovic sono sicuro che troverà comunque una giusta quadratura del gioco non abbandonando il suo credo tattico attuale, ovvero il 4-2-3-1. La rosa è di qualità e la Sampdoria dispone di giocatori validi anche in panchina. Soltanto la Juventus, la Roma e il Napoli possono permettersi di avere in panchina ricambi all’altezza dei titolari: Mihajlovic lavora molto sulla motivazione e sono sicuro che qualora ce ne fosse la necessità saprà senza ombra di dubbio ricavare il massimo da tutti. Capitolo portiere. Dopo qualche incertezza Da Costa è tornato su buoni livelli: giusto puntare sull’estremo difensore brasiliano malgrado l’idea Julio Cesar e l’esplosione
di Fiorillo in Coppa Italia contro la Roma? Secondo me la società ha fatto molto bene a confermare Da Costa: lo reputo un buon portiere, sicuro, affidabile e nelle ultime sfide è uscito dal campo sempre con voti molto positivi. Acquistare un nuovo portiere come Julio Cesar non sarebbe stato opportuno, ma non per le qualità del giocatore, ma bensì perché i blucerchiati hanno in rosa due portieri validi e spendere soldi sia di ingaggio che di acquisto per l’ex Inter non sarebbe stato proficuo. Fiorillo ha dimostrato di essere ancora un portiere valido quando è stato chiamato in causa all’Olimpico: a Livorno la passata stagione ha fatto molto bene, è ancora giovane e ha tutte le carte in regola per fare bene. Oltretutto è sampdoriano e questa è una grande motivazione per un giocatore militare nella propria squadra del cuore. Si dice che i giovani hanno bisogno di giocare quando hanno grandi qualità: Fiorillo non poteva però essere girato in prestito in qualche club della massima serie? A mio giudizio in serie A le squadre dall’ottavo posto a scendere (tolte ovviamente le prime della classe che sono ottimamente coperte da estremi difensori affidabili), hanno puntato fin dalla campagna acquisti estiva a portieri già con una certa esperienza nella massima serie, vedi Curci, Consigli, Puggioni, Andujar solo per citarne alcuni, oppure a portieri che nella cadetteria avevano fatto bene, ad esempio Bardi nel Livorno. Non c’erano dunque squadre alla ricerca di un giocatore tra i pali e scendere nuovamente di categoria per Vincenzo non sarebbe stato proficuo. Merita la serie A. Infatti è arrivata la chiamata della Juventus che attualmente ha il giocatore in comproprietà con la Sampdoria. Marotta ha fatto un buon colpo, conosce il ragazzo fin dai tempi delle giovanili blucerchiate: il dirigente bianconero sta pensando al futuro e questa è stata una mossa intelligente. La Juventus ha in pugno migliori giovani in circolazione, da Berardi a Immobile, passando per Gabbiadini e Fiorillo La rimonta di Mihajlovic ha portato la Sampdoria in una zona più tranquilla in classifica e il girone di ritorno è iniziato: i blucerchiati posso aspirare a qualcosa di più? Io penso che prima di tutto Palombo e compagni dovranno raggiungere la salvezza, assolutamente ala portata della squadra. Visto l’andamento delle squadre che si trovano negli ultimi posti in classifica penso che la quota salvezza questa stagione sia inferiore ai fatidici 37-38 punti, presumo che con 34 o 35 punti ci si possa salvare. Una volta raggiunta la matematica permanenza nella massima serie Mihajlovic potrà, a seconda della situazione in cui si troverà la squadra, provare qualche meccanismo tattico diverso e togliersi qualche altra grande soddisfazione magari concludere il campionato nella parte sinistra della classifica e arrivare tra le prime dieci, per poi programmare al meglio la prossima stagione in moda da essere protagonisti.
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«VORREI TORNARE A GIOCARE IL DERBY DI GENOVA CON IL GRIFONE» di Gabriele Lepri
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árcio Rafael Ferreira de Souza, meglio conosciuto come Rafihna, ha giocato solo una stagione con la maglia del Genoa, quella del 2010-2011. Malgrado i soli dieci mesi passati sotto la Lanterna il calciatore brasiliano ha lasciato ottimi ricordi ai tifosi rossoblù. La nostra redazione, in virtù dei tre anni ormai trascorsi dalla sua rete che decise il derby, ha deciso di contattare in esclusiva il giocatore ex Genoa. Sono passati ormai tre anni dalla sua cessione dal Genoa al Bayern Monaco: che ricordi ha ancora del Grifone? Ho ancora bellissimi ricordi che porto dentro il mio cuore e la mia testa. Sono stato solo una stagione a Genova, ma è stato un anno bello soprattutto in virtù della mia rete segnata nel derby del 16 febbraio 2011 alla Sampdoria. A proposito del derby, che ricordi ha di questa importante stracittadina? Il Genoa però a differenza di tre stagioni fa ha perso questa volta contro la Sampdoria, in virtù della rete messa a segno da Maxi Lopez. Ho visto che purtroppo il Grifone è uscito sconfitto dal campo contro la Sampdoria, è andata male, speravo che andasse diversamente e che segnasse di nuovo Matuzalem che è brasiliano come me, oppure Antonelli che reputo come mio fratello. Andrà meglio la prossima volta. Per quanto riguarda i ricordi mi fa ancora molto piacere essere
CON LA MAGLIA DEL GRIFONE RAFIHNA DISPUTO 34 GARE E SEGNANDO 2 RETI. ATTUALMENTE MILITA NELLE FILE DEL BAYERN MONACO ALLENATO DA GUARDIOLA
menzionato ancora oggi dai tifosi genoani per il mio bellissimo goal realizzato ormai tre anni fa. Ho ancora dei ricordi stupendi inerenti a quella partita, ho parlato della mia rete anche qui in Germania sia ai miei compagni che ai giornalisti della tv e della carta stampata. Quel goal per me è stato una grande gioia e lo porto sempre nel mio cuore. Il gol in un derby è sempre importante, ricordo di aver fatto un bel tiro dai trenta metri, ho segnato e abbiamo vinto grazie a questa mia conclusione. Tutti i tifosi del Genoa spesso mi scrivono sempre per questa rete indimenticabile, sono felice per questo, sono contento di essere entrato nella storia del derby e per la Sampdoria non è stato un bel ricordo. Ricordo anche che ogni volta che ero in qualche strada di Genova tantissimi tifosi genoani mi fermavano per congratularsi con me. Anche se sono in Germania ricordo con piacere tutto questo, mi manca questa partita, ho avuto la fortuna di vincere due stracittadine. Il Genoa di Gasperini sta disputando un buon campionato dopo un brutto avvio di stagione… Penso che il Presidente e tutto lo staff hanno fatto molto bene a riportare Gasperini al Grifone: lui è un ottimo mister, molto preparato, ho avuto la fortuna di lavorare con lui e l’ho detto ai miei mister che ho avuto qui al Bayern Monaco, prima Heikens e adesso Guardiola. Mi piace molto come allenatore, prepara molto bene le partite, lavora molto sulla tattica, sugli schemi, sulla fase offensiva, sugli esterni, porta molti giocatori in rete. È la seconda volta che al Genoa e sta facendo molto bene. Il Genoa ha fatto una grande scelta a puntare su di lui in questo campionato e anche per le prossime stagioni. Sogna un suo ritorno al Genoa? E magari rivivere un derby da protagonista? A me piacerebbe ritornare in rossoblù, quando sono andato via sia Preziosi che suo figlio Fabrizio mi hanno detto che per me la porta del Genoa è sempre aperta. Ho fatto moltissimi amici a Genova, per me il Grifone è come una famiglia, ho lasciato tantissime persone speciali. Può darsi che possa ritornare in futuro e magari segnare di nuovo per portare il Genoa alla vittoria. Io sono il re dei derby, ho avuto la fortuna di segnare in tutti i derby che ho giocato, in Brasile contro il Coritiba ed in Germania contro il Borussia Dortmund e il Norimberga.
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«IL GENOA HA CONDOTTO UNA CAMPAGNA ACQUISTI INTELLIGENTE» PARLA COSIMO FRANCIOSO, UNO DEI BOMBER DEL GENOA PIÙ PROLIFICI DI TUTTI I TEMPI di Pamela Guarna La rete su punizione sotto la Gradinata Nord durante il derby
del novembre 2001 è ancora impressa nelle menti di tutti i tifosi rossoblù: Cosimo Francioso grazie a quel meraviglioso gol permise al Genoa di battere la Sampdoria. Realizzando 65 reti in 132 presenze con la maglia rossoblù (media 0.49 gol a partita) è stato uno dei bomber del Genoa più prolifici di tutti i tempi, insieme a Diego Milito (0.59 gol a partita, ma con ancora la stagione da concludere), Tomas Skuhravy (0.36 gol a partita) e Roberto Pruzzo (0.40 gol a partita). Brindisi e Grottaglie sono state le sue ultime squadre da calciatore in serie D dopo le cinque stagioni nel Genoa. Il Genoa si è rinforzato nella sessione invernale di calciomercato: diversi acquisti di qualità sono arrivati, nessuna cessione importante. Quale è la sua opinione a riguardo? Il Grifone ha condotto una campagna acquisti molto positiva, la società ha agito bene. Sono state fatte operazioni di mercato condivise con mister Gasperini. Il tecnico del Genoa penso sia soddisfatto di come Preziosi gli abbia migliorato la squadra. A differenza delle passate stagioni nessun pezzo pregiato è stato ceduto: tutti i big sono rimasti, Gilardino su tutti, ma anche Antonelli. Questo è un dato che va sottolineato. Lei che è stato un grande attaccante: il Genoa in attacco poteva acquistare qualche altro giocatore? Oppure il reparto avanzato è ben assortito? Penso che sul mercato italiano non c’erano giocatori liberi che potevano far fare il salto di qualità. Il Grifone ha fatto bene ad agire sul calciomercato italiano, eccetto Cabral che è arrivato dalla Premier League: Preziosi per riparare alle ultime stagioni un po’ troppo sofferte ha deciso di puntare su giocatori già collaudati per il campionato italiano e non a troppi calciatori che magari non erano ancorano pronti per l’Italia. È stato fatto un sondaggio per Giovinco e Quagliarella, ma entrambi i giocatori hanno deciso di restare alla Juventus: qualora fossero arrivati uno dei due calciatori il Grifone sarebbe stato al top in attacco, ma quando un calciatore sceglie di non spostarsi per diverse ragioni occorre cambiare i piani. Gasperini ha saputo trovare altre soluzioni in attacco come quella di schierare Antonelli, autore già di diverse reti pesanti in questa stagione. Nel reparto offensivo a mio modo di vedere
il Genoa è ben completo avendo una grande punta come Gilardino e altri giocatori validi come Fetfatzidis, Konatè e Sculli. Non dimentichiamoci poi di Centurion e di Calaiò che sul finale di stagione potranno dare ancora una mano: Gasperini saprà senza ombra di dubbio tornare a far esaltare le loro qualità: il mister piemontese è un grande conoscitore di calcio e sa ricavare il massimo con ciò che lavora. E poi c’è Bertolacci, un giocatore che io stimo molto: si tratta di un calciatore rapido, capace di girare attorno alla punta centrale Gilardino o Calaiò e supportarla a dovere. L’ex giocatore del Lecce oltre che ad essere un buon finalizzatore può anche fornire diversi assist. De Ceglie, Motta, Burdisso e Cabral: quale tra questi nuovi giocatori l’ha impressionata di più? Tutti i giocatori che mi ha citato, quando sono stati chiamati in causa, hanno fatto bene, qualcuno ha giocato di più, qualcuno di meno, ma nel complesso sono soddisfatto. Senza ombra di dubbio Burdisso sta mettendo al servizio della squadra esperienza e fisico, ha vinto tantissimi titoli sia in Italia che in Europa. De Ceglie e Motta erano nell’organico della Juventus e in passato hanno disputato stagioni di livello, Cabral può essere invece la sorpresa. Può il Genoa ottenere più di una semplice e tranquilla salvezza? Assolutamente sì, Gasperini ha ereditato una squadra in grave difficoltà dalla gestione Liverani, ha trasformato la squadra risollevandola decisamente in classifica: penso che la squadra di Preziosi possa piazzarsi nella parte sinistra della classifica al termine della stagione. Parlare di Europa League è troppo, magari il prossimo anno. Ci sono infatti tutti i presupposti per programmare una stagione 2014-2015 decisamente con un vero obiettivo: un buon organico alla base, un ottimo mister, giovani in prestito che si stanno mettendo in luce, ma anche il desiderio di Preziosi di voler tornare a togliersi grosse soddisfazioni come i primi anni dal ritorno del Grifone nella massima serie… Io presumo che al di là degli ultimi errori Preziosi ogni anno vuole partite per disputare stagioni importanti. Sono convinto che prima o poi accadrà e spero a breve. Questa stagione è molto importante per gettare le basi per la prossima. Purtroppo Pippo Spagnolo è mancato alla luce dei suoi cari inaspettatamente: Lei che ha avuto modo di apprezzarlo che idea si era fatta del grande tifoso rossoblù? E’ venuto a mancare un pezzo di storia importantissima per il Genoa. L’anno scorso quando ero venuto a Genova Pippo mi aveva detto che non stava molto bene, poi ho saputo che si era ripreso ed ero molto felice. Nei mie anni di militanza nel Genoa ho potuto constare che si trattava di una persona splendida, amava il Genoa, i suoi tifosi, i suoi ragazzi come amava chiamarli lui, sapeva diffondere in tutti i giocatori la sua genoanità e voleva fare capire a tutti cosa significava giocare nel club più antico e gloriosi d’Italia.
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Qui Samp di Filippo Montalatici
segnato alla prima gara e ha regalato la vittoria alla Samp, mi immagino quanto siano stati felici i tifosi.
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suberante, fantasioso, letale in campo, timido e schivo nella vita privata. L’estro e il carattere di Gaetano Vasari sono due facce della stessa medaglia, prezioso ricordo di tutti i tifosi blucerchiati che per tre stagioni si sono entusiasmati ammirando i suoi dribbling, i suoi assist e i suoi gol. Vasari ha accettato di raccontare la sua esperienza in blucerchiato commentando anche temi attualissimi come l’arrivo di Mihajlovic e ovviamente la vittoria nella stracittadina. Vasari, partiamo dal derby. Si aspettava una Sampdoria capace di conquistare i tre punti? Non ho guardato il Palermo che giocava in posticipo per guardare il derby che è sempre una partita emozionante, perciò l’ho voluta vedere a tutti i costi. Mihajlovic da quando è arrivato ha cambiato proprio la Sampdoria, sta giocando un buon calcio, si parla di salvezza ma secondo me può arrivare anche in zona Europa League. Si aspettava un Maxi Lopez così decisivo da subito? Maxi Lopez avendo già giocato nella Samp conosce il pubblico e l’ambiente; secondo me è un ottimo giocatore anche se non ha avuto molta fortuna. Non mi aspettavo che sarebbe stato da subito deciso però ero sicuro che avrebbe disputato una buona partita fin dal derby. Ha
Tornando indietro nel tempo, che ricordi le ha lasciato l’esperienza in blucerchiato? Per me indossare quella maglia ha sempre rappresentato la realizzazione di un sogno perchè era una delle squadre più titolate d’Italia. L’ambiente stupendo, il pubblico eccezionale. L’unico rammarico è non aver conquistato la Serie A che era l’obiettivo prefissato. Nell’ultima stagione avevamo otto punti di vantaggio sulla quinta in classifica, poi in otto partite facemmo solo tre punti e la promozione svanì, peccato, sarebbe potuta cambiare anche la mia carriera. Due anni indimenticabili anche a Cagliari dove al primo colpo centrò la promozione in A... Oltre alla promozione, l’anno successivo battemmo le big del campionato come Inter, Juve, Milan, Roma, facemmo veramente un grande campionato e io sfiorai anche la Nazionale: due anni indimenticabili. Cagliari è stata una tappa fondamentale della mia carriera. Lei ha avuto modo di conoscere Iachini sia come come compagno di squadra nel Palermo che come allenatore nel Cesena. Da tifoso dei rosanero però, come giudica l’operato del mister? Sono un tifosissimo del Palermo, sin da quando con mio padre da bambino andavo allo stadio e da tifoso posso dire che Iachini è una persona che si fa voler bene in tutti i sensi, esattamente come lo era da giocatore e da allenatore. E’ un’ottima persona e un ottimo allenatore, riesce ad infondere molta carica. E’ un mister che può guidare una grande squadra, dove è andato si è sempre fatto apprezzare per la sua grinta.
«INDOSSARE LA MAGLIA DELLA SAMP PER ME E’ STATO UN SOGNO» GAETANO VASARI PARLA DELLA SUA ESPERIENZA IN BLUCERCHIATO E DEL RECENTE DERBY 113 INGENOVA Magazine
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Teatro della Corte
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di Francesca Torre
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iprendendo il discorso interrotto con il precedente spettacolo del solo Bonavera del 1998, “Naso all’aria”, il riferimento di base de “L’affaire Picpus” è “Il naso” di Nikolaj Gogol, tratto da “I racconti di Pietroburgo”, mentre il finale trae liberamente spunto da Bulgakov e Kafka: si è dunque immaginato come i due autori rispettivamente di “Cuore di cane” e “La metamorfosi” avrebbero concluso la storia. Siamo di fronte ad uno spettacolo fantastico, surreale, in cui letture e ricordi si mescolano liberamente, rendendo concretamente l’idea di un teatro che parte in un modo e arriva in un altro. Esemplificativa di questo discorso è già la scelta del nome del protagonista, Picpus: solo in un secondo momento Bonavera dice di essersi ricordato di “Signé Picpus”, uno dei gialli della serie del commissario Maigret, il cui personaggio principale indossa pure lui un cappotto. Dalla Russia ci si ritrova dunque catapultati nella cultura francese. Si racconta della sparizione del naso di Picpus, il quale non intende tornare, nonostante il suo proprietario si affanni per cercarlo: la vicenda ha infatti inizio in un commissariato, dove si denuncia la scomparsa. Mentre il naso ha acquistato una vita propria e si afferma con tutte le qualità sconosciute a Picpus, il chirurgo plastico non riesce a ricostruirglielo né la polizia a ritrovarlo, il protagonista trova consolazione nella letteratura: i riferimenti sono a Sterne, Machado, “Pinocchio” e il “Cyrano” di Rostand. A partire dall’archetipo del “naso”, inteso come simbolo dell’individuazione di una persona, il tema centrale sembra appunto essere quello della trasformazione dell’essere umano, rappresentato dall’assessore Kovalev del racconto di Gogol (il “Picpus” di Bonavera) al Gregor Samsa che si sveglia scarafaggio in Kafka e al cane Pallino trasformato in Poligraf Poligrafovic Pallinov nel romanzo di Bulgakov. I personaggi sono ben 13, tutti interpretati da Bonavera con altrettanti nasi che li caratterizzano. Determinante la scelta di non mettere al centro della scena il protagonista, bensì i personaggi intorno a lui, accompagnati da un ambiguo Narratore. Il percorso tortuoso e surreale si completa nell’epilogo. Tornando all’idea ispiratrice, “Il naso” è un racconto satirico, che prende di mira la burocrazia russa, aspetto peraltro presente anche in tutta l’opera di Bulgakov: da qui sorge spontaneo pensare ad una possibile attualizzazione, ma questa operazione è lasciata in mano agli spettatori, poiché non ci sono riferimenti precisi all’Italia di oggi. Il racconto è stato trasformato in una pièce divertente,
DAL 3 AL 6 MARZO AL TEATRO DUSE È IN SCENA “L’AFFAIRE PICPUS”, SPETTACOLO CHE NASCE DALLA COLLABORAZIONE TRA L’ATTORE ENRICO BONAVERA E IL REGISTA CHRISTIAN ZECCA
istintiva e “destabilizzante”. Lo spettacolo è stato prodotto in collaborazione con la “Quinta praticabile” ed già andato in scena a Genova al teatro “Instabile”, sede della nota scuola di recitazione, nell’aprile scorso e durante tutto l’anno in molte realtà teatrali italiane. L’inserimento nel cartellone dello Stabile di questa stagione è sicuramente un traguardo importante per una rappresentazione così originale, messa in scena da Enrico Bonavera, allievo di Ferruccio Soleri, formatosi nel teatro di ricerca (l’“Odin Teatret” di Eugenio Barba), apprezzato attore della Commedia dell’Arte (celebre Arlecchino nell’“Arlecchino servitore di due padroni” del Piccolo di Milano), insegnante di teatro, docente al DAMS di Imperia e vincitore nel 2007 dell’“Arlecchino d’oro”. La regia è di Christian Zecca, attore e regista teatrale e cinematografico e insegnante presso la “Quinta praticabile”.
INFO Regia: Christian Zecca Scene e costumi: ZEBO, Neva Viale Maschere: Cesare Guidotti Realizzazione marionetta: Daniele De Bernardi Luci e fonica: Pietro Striano Personaggi e interpreti: Enrico Bonavera
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NELLA FOTOGRAFIA SUBACQUEA L’ITALIA E’ SEMPRE AL VERTICE INTERNAZIONALE. DOPO MARSIGLIA, NUOVI SUCCESSI ANCHE IN COSTA AZZURRA PER MERITO DEI SUB BOGLIASCHINI
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BOGLIASCO FA VINCERE L’ITALIA
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Testo di Ilva Mazzocchi Foto di Gianni Risso
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i è svolto con grande successo dal 6 all’8 dicembre, nel Palais des Congres di Antibes Juan-les-Pins, l’importantissimo Festival International de l’Image Sous-Marine et de l’Aventure Méditerranea, organizzato magistralmente dall’Office de Tourisme e des Congres d’Antibes - Juan-les-Pines e dall’ Equipe Cousteau. Nel corso delle tre riuscitissime giornate nel Palais des Congres, completamente ricostruito, si sono tenute esposizioni fotografiche, proiezioni, seminari, stage di fotografia subacquea con immersioni in mare, battesimi subacquei, mostre e tanto altro. Secondo una tradizione pluriennale, anche quest’anno i fotografi subacquei italiani hanno conseguito risultati veramente entusiasmanti, cogliendo vittorie e piazzamenti Nella pagina accanto: di prestigio. Nei diaporama e audiovisivi ha vinto con pieno pulizia dentale, merito Andrea Pivari con una suggestiva e intrigante storia Massimo Corradi.
di amori fra creature del mare. Alle sue spalle, a un solo punto, si è piazzato il savonese Massimo Corradi, leader del CICASUB ASD Bogliasco Seatram , con un breve documentario sul relitto della petroliera Haven. Nelle serie di 10 immagini digitali, categoria Master, ha vinto David Salvatori su Domenico Roscigno. Nelle serie di cinque immagini, categoria Open, strepitosa doppietta di Davide Lombroso primo davanti a Flavio Vailati, entrambi del CICASUB Bogliasco Seatram; 5° Alessandro Schiasselloni di Rapallo. Fra le centinaia di stampe, tutte esposte perfettamente nei vari saloni del Palais des Congres, l’italiano Domenico Roscigno, nel Master Mediterraneo, ha sbaragliato tutti con un’eccezionale foto di Pesce San Pietro. Nei Master altri mari ha vinto una bellissima istantanea di quattro otarie realizzata da Gregory Lecoeur. Per l’Open altri mari ha vinto uno squalo di Frederic Fedorowsky. La manifestazione si è svolta sotto l’abile regia di Baudouin Varenne. La giuria internazionale era composta da André Ruoppolo, Valerie Ferretti, Settimio Cipriani e dal nostro Gianni Risso. Ospiti d’onore del Festival, Madame Francine Cousteau, vedova del Comandante Jacques Yves e Presidente della Fondazione Cousteau, e il navigatore solitario Stéfane Narvaez con il suo sloop Shark 47 reduce dal suo grande exploit: il giro del mondo al contrario, in 250 giorni, senza scalo e navigando soltanto con la forza del vento e dell’energia solare.
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A BOLOGNA TORNA IL MONDO DELLA
SUBACQUEA
A MARZO, A BOLOGNA FIERE, TORNA EUDISHOW. IL PROGRAMMA DELLA MANIFESTAZIONE È STRAORDINARIAMENTE RICCO E DA NON PERDERE PER GLI APPASSIONATI
Ultima edizione svoltasi a Bologna.
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Umberto Pelizzari con Elena Stecher Miss Modella Fotosub e una standista.
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ornerà a Bologna dal 14 al 17 marzo Eudishow, la grande fiera della subacquea internazionale con più di cento espositori e un «mare» di eventi collaterali davvero interessanti per gli appassionati e gli operatori di tutte le specialità subacquee. Dopo alcune edizioni della fiera dei sub Dive che si svolse alla Fortezza da Basso e Firenze, dal 1992 Eudishow si svolge annualmente a rotazione fra varie città: Verona, Roma, Bologna, Genova e Milano. Quest’anno la manifestazione si terrà nuovamente a Bologna Fiere, nel padiglione 36, per 11.000 metri quadri di superficie. Gli espositori saranno oltre cento, tra cui tutte le didattiche subacquee, l’editoria specializzata e i siti web, compreso il ligure www.apneaworld.com tanti Diving Center anche liguri, molte delle aziende più importan-
ti, comprese Mares, Technisub, Aqualung, Apeks, Suunto, Whites, OMER, Dive System, Ocean Reef. Fra le novità da segnalare la nuova didattica superspecializzata Spearfishing Academy di Gabriele Delbene di La Spezia e la presentazione con filmati e foto della avveniristica piscina profonda Y-40 dell’ Hotel Millepini, che sarà inaugurata in aprile a Montegrotto Terme; avrà il pozzo profondo ben 40 metri e sarà riempita d’acqua termale, un vero record mondiale. Fra gli eventi collaterali sicuramente da non perdere i master della subacquea, i concorsi Eudi Movie e Photo Eudi con esposizioni e premiazioni, l’Università Foto e Video, le dimostrazioni in piscina e tante novità fra le attrezzature. Sui due palchi ci saranno decine di appuntamenti fra i quali segnaliamo l’incontro FIPSAS con la nazionale di fotografia subacquea; “Pesca in apnea: quale futuro” a cura della FIPIA, Umberto Pelizzari e Apnea Academy con il nuovo libro “Allenamento specifico per l’apnea”; con Apneaworld. com e Apnea Italia; le immagini del nuovo record mondiale di bacio profondo in apnea; il Premio di Laurea intitolato a Rossana Maiorca; a cura di Spearfishing Academy e apnea world.com le immagini del record mondiale di cattura in apnea di Gabriele Delbene. Gli orari: dal 14 al 16 dalle 9 alle 18.30 e lunedì 17 dalle 9 alle 14. Costo biglietto ingresso euro 15 alle biglietterie; on line 10 euro. Ingresso unico Michelino. Per info: www.eudishow.eu; info@wudishow.eu; tel 039-879832
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P O ST S CRI PTUM
UNO SPETTRO SI
aggira tra gli intellettuali italiani: la metafora del Paese. Strisciante, insidiosa, lusinghiera. Come si può resisterle? Crolla un pezzo di Pompei semiabbandonata a sé stessa – vuoi non leggerci l’incapacità di valorizzare i nostri veri tesori, mentre i Neroni in suv strimpellano beati nei festini al Twiga, al Billionaire o similare ritrovo cafonal? La Costa Concordia, guidata da una parodia dell’italiano trafficone delle barzellette, si sfracella sugli scogli: ed ecco servito prêt-à-porter il tramonto di un popolo senza più una guida capace di condurlo in un porto sicuro (più tardi il nostro, tornato all’isola del Giglio per un sopralluogo, ci terrà a precisare: ero emozionato, ma non ho pianto). Michela Murgia, a proposito di un libro di Marcello Fois: «quella casa paterna è metafora del Paese che stiamo vivendo». Gianfranco Rosi trionfa a Venezia: «Il Grande Raccordo Anulare metafora del Paese». La monnezza a Napoli: metafora del Paese. Frazioncina appenninica senza la banda larga: metafora del Paese. Tesoro, siamo rimasti senza lo zucchero: metafora del Paese. Con la complicità della comunicazione in simultanea dei social network c’è stato anche un malizioso incidente diplomatico, quando all’inizio dei lavori per raddrizzare la Concordia diecimila penne preparavano vibranti lirismi sull’Italia che ce la fa e che se collabora arriva dappertutto. Enrico Mentana: «Vediamo chi sarà il primo gonzo, politico o giornalista, a usare la Costa Concordia come metafora, per frasi geniali tipo “ora raddrizziamo la nave Italia”». L’ignaro Roberto Saviano, due minuti dopo: «Dietro la morbosità dei media nell’osservare le operazioni all’isola del Giglio, forse, c’è qualcosa di più profondo della speculazione sul disastro celebre. Sembra muoversi
un impronunciabile sogno da subcosciente: se si raddrizza la nave, simbolo di un paese alla deriva che lentamente affonda, c’è speranza magari che si raddrizzi l’Italia e che torni a galleggiare». Un tempismo che neanche a provarci cento volte. Col giusto campanilismo è doveroso rilevare, Concordia a parte, che una piccola catastrofe allegorica l’abbiamo avuta anche noi. Deraglia il treno ad Andora spezzando in due la regione per mesi e si può tirare fuori di tutto: la locomotiva Liguria che si è fermata, l’incapacità di vederci finalmente collocati in un contesto europeo (le comunicazione bloccate con la Francia), perfino la salvezza che può arrivare solo dal mare (la chiatta Mariotti con le cinque gru Vernazza che ha rimosso i vagoni). Anche Maurizio Crozza, nel suo monologo sanremese non propriamente scevro da retorica e luoghi comuni, non si è risparmiato dal dedicare qualche minuto all’incidente ferroviario più celebre degli ultimi tempi. Troppo forte il simbolo. Grande bellezza, grande disastro. Ecco: no. Dopo un po’ – in verità dopo non molto – il gioco mostra la corda. Il beau geste della massima sentenziosa, del paragone fatto calzare a forza diventa un alibi tanto comodo quanto poco efficace. Perché se il problema si muove sui binari del già visto allora anche la soluzione finirà con l’essere ricercata nei vecchi schemi collaudati – e il più delle volte fallimentari. Cancellare il sermone, guardare al problema e non alla metafora, ecco: quello sì che sarebbe rivoluzionario. Uno sguardo scientifico, non ombelicale, all’essenza delle cose. In attesa che qualcuno non individui, nel mese in meno che c’è voluto rispetto alle stime per rimuovere i vagoni, i chiari segni della Liguria che riparte. Nel qual caso siamo fritti. Giordano Rodda giordano.rodda@gmail.com
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