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Politicando: taglio dei parlamentari
Politicando di Armando Munaò
Gli italiani vogliono meno parlamentari
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Il referendum del 20 e 21 settembre 2020 è stato indetto per approvare o respingere la legge di revisione costituzionale dal titolo “Modifiche agli articoli 56,57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari” già approvata in Parlamento nell’ottobre del 2019 da tutti i partiti. Il nostro paese, dopo la vittoria del SI’, scende dal primo al quinto posto in Europa per numero di parlamentari, dopo Regno Unito (1.430 rappresentanti), Francia (925), Germania (778) e Spagna (616).
Il 20 e 21 settembre si è tenuto il referendum costituzionale (il quarto nella nostra storia repubblicana) che chiedeva agli elettori di esprimersi sulla riduzione di un terzo dei nostri rappresentanti alla Camera e al Senato. Di fatto gli italiani dovevano dare il loro parere su una modifica già approvata in Parlamento, ma sottoposta a referendum per le norme speciali che regolano le variazioni della nostra Costituzione. E gli italiani si sono espressi in maniera chiara e inequivocabile perché i SI’ sono stati il 69,5 per cento dei voti (17milioni 169mila) mentre i NO hanno ricevuto il 30,4 per cento (7milioni 500mila). L’affluenza è stata di circa il 54%. Per effetto di questo risultato dalla prossima legislatura i deputati passeranno da 630 a 400 e i senatori da 315 a 200. Fino ad oggi, ovvero prima di questo referendum che ha determinato la più importante modifica dell’assetto istituzionale nella storia della Repubblica italiana, nel nostro paese veniva eletto un deputato ogni 96 mila abitanti e un senatore ogni 188 mila. Con il taglio referendario ci sarà un deputato ogni 151 mila abitanti e un senatore ogni 302 mila. Inoltre, con la nuova riforma elettorale, saranno ridotti anche i parlamentari all’estero: da 12 a 8 i deputati e da 6 a 4 i senatori. E altra modifica riguarderà i senatori a vita nominati dai presidenti della Repubblica che dovranno essere massimo 5 e non più otto come prima. E’ importante precisare che quello cui sono stati chiamati ad esprimersi gli italiani era un referendum confermativo, ovvero si chiedeva loro, non di votare per eliminare una legge, bensì di approvare una riforma del testo costituzionale già vagliato da Camera e Senato. E in questo caso, a differenza dei referendum abrogativi, non era necessario raggiungere il quorum del 50% dei votanti, ovvero una soglia minima di voti per renderlo valido. Vinceva il risultato che avrebbe ottenuto il maggior numero di voti. E ha vinto il SI’. L’ultimo referendum, sul quale gli italiani sono stati chiamati a votare è stato quello del 4 dicembre 2016 (chiamato riforma “Boschi-Renzi”) che si concluse con una vittoria del “NO” al 59%. Tra le proposte bocciate, c’era il superamento del bicameralismo perfetto, in particolare la riforma del Senato e la riduzione del numero di senatori, l’abolizione del CNEL (Consiglio nazionale per l’economia e il lavoro), la ridefinizione del Titolo V parte II della Costituzione, con una riduzione delle competenze regionali e il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni.