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Cosa da mamma…e da papà: il babywearing

Cose da mamme... e da papà di Elisa Corni

Il babywearing: indossare il bimbo

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È sempre più facile vederli in giro: uomini e donne con strani zaini sulla schiena o addirittura appesi davanti che ospitano i loro bimbi. Sono le mamme portatrici e i papà canguri, genitori che fanno spesso di una pratica millenaria, quella del trasporto dei figli tramite fasce, marsupi e altri supporti, un’abitudine; quasi una filosofia.

Nel web ma non solo è noto come “babywearing”, letteralmente “indossare il bambino” ed è meno semplice di quanto sembri. Ma una volta entrati in contatto con questa pratica difficilmente i genitori se ne separano. Ci sono molti modi di “portare”, come dicono i genitori che praticano questa abitudine, ma tutti sono accompagnate da una serie di effetti positivi oggettivi e universali. Pensate che spesso l’uso di fasce è incentivato fin dalla nascita ad esempio per combattere la depressione post partum che a volte accompagna le neomamme. Questo perché il contatto fisico con il proprio bebé incrementa la produzione dell’ossitocina, l’ormone della felicità, con innegabili effetti su entrambi. Ma più in generale, diversi studi hanno evidenziato come la vicinanza fisica prolungata con mamma e papà aiuti a creare legami più profondi. Più in generale questa arte, perché tra legature particolari e fasce belle come dipinti è di questo che si parla, sta prendendo sempre più piede in contrapposizione a quella filosofia di genitorialità tradizionale che invitava le mamme a “non tenerlo in braccio che poi si abitua”. Novità per noi, molto meno per altre culture, come quelle africane che i loro bambini li portano sulla schiena da millenni. Ma il contatto fisico è uno degli elementi importanti per i primi periodi di crescita del bambino. Pensate al cosiddetto “pelle a pelle”, quel momento intimo e indimenticabile che segue immediatamente il parto e durante il quale la mamma può tenere per la prima volta il suo bimbo; e lo fa senza indumenti addosso. Questo nuovo stile di genitorialità che promuove attaccamento e contatto è spesso vincente ma non sempre. Non sempre fa i conti con chi, magari, di essere portato non ha voglia. Se esistono infatti bambini “cozza”, ovvero ad alto contatto e che pretendono la dose quotidiana di abbracci, è altrettanto vero che altri rifiutano qualunque forma di trasporto a contatto. In quel caso, purtroppo, è possibile che si debba arrendersi al fato. In ogni caso l’approcciarsi al babywearing deve essere accompagnato, proprio perché non si tratta di una pratica banale e automatica. Alcuni incroci di stoffa, le cosiddette legature, sono complesse e soprattutto con i bambini più piccoli è importante non costringerli in posizioni errate. Per questo il consiglio è di fare sempre riferimento ai consulenti, persone esperte, spesso produttori di supporti o rivenditori, genitori canguri loro stessi che vogliono diffondere il corretto portare. Corretto perché non tutti i supporti in commercio sono ergonomici, ovvero sono costruiti in modo tale da evitare posizioni scorrette - ad esempio è fortemente sconsigliata la posizione fronte mondo, ovvero con il bambino che guarda il mondo e non il busto del proprio genitore. Oppure il supporto di cui vi innamorate perdutamente potrebbe non essere adatto a voi o al vostro bambino. La prossima volta che incontrerete una mamma con il bimbo in fascia non siate ironici, non domandatele “respira”, perché potete starne certi non solo respira ma in quel momento potrebbe essere l’essere più felice della terra.

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